Estratto - All'ombra di un filo d'erba - Cosmo Iannone Editore

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prima cordonatura obbligata sul margine del disegno

Il testo è corredato da schede didattiche di comprensione e di approfondimento tematico. Esercizi di scrittura creativa e funzionale accompagnano e completano il percorso di lettura attiva.

PREZIOSO all'ombra di un filo d'erba

Trascorrevo le ore davanti all’albero di Natale, nell’ascolto di quella melodia infinita che solo io sentivo cantare dagli angeli, scesi sulla terra per me, nelle notti stellate del gelido inverno ed accampatisi nei campi ricoperti di neve. Mille storie si componevano nella mia mente, mille favole, mille pensieri d’amore; non avevo bisogno di niente e di nessuno perché sapevo inventare tutto quello che poteva appagarmi e farmi compagnia. Nel gioco della memoria, l’infanzia è il luogo incantato delle Sirene, è il paradiso dai colori indelebili e dai profumi inebrianti che restituiscono le radici profonde del nostro essere, viatico necessario per l’affascinante e impegnativo viaggio dell’esistenza.

Maria Assunta Prezioso

All'ombra di un filo d'erba

Quattro passi nel testo Lettura tecnica del testo poetico Atelier Letterario Scriptorium

www.cosmoiannone.it

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ISBN-978-88-516-0131-7

Cosmo Iannone Editore


PRIMA PARTE

Tra le pieghe della nostalgia, intatti ed eterni, i colori della meraviglia, i profumi dello stupore, le voci dell’allegria.



Capitolo primo Scheda p. 106

Ho aperto gli occhi fra i campi di papaveri. Sterminati, splendenti, colorati campi di papaveri che si rincorrevano all’infinito, di collina in collina, di duna in duna, fino ad incontrare il mare. Miliardi di piccole corolle di fuoco che terminavano il loro viaggio sulle rive dell’Adriatico, ad un passo dalle acque azzurre, trasparenti come veli di vergini vestali. Il vento accarezzava dolcemente le corolle, fragili come le ali di una farfalla ed esse fremevano al tocco delicato, dondolavano sull’esile stelo, tremavano, gioivano, godevano come amanti sfiorate da una mano leggera e appassionata. Io seguivo il viaggio di quell’onda rossa, immobile ed estasiata nella corta camiciola di seta rossa, che dondolava al vento proprio come le corolle dei papaveri. Fermavo i miei passi sulla riva di quel mare amico e ne ammiravo l’immensità. L’immensità dell’acqua che varcava confini a me sconosciuti, che viaggiava libera fino a toccare lembi di terra lontani, misteriosi, accattivanti; acqua che andava ad accarezzare altri lidi, acqua che rispecchiava cieli diversi, sotto i quali nascevano e si rincorrevano papaveri di altri colori. Il mare amico mio, immenso e sconfinato; il mare la passione, il brivido, la trepidazione; il mare il primo orizzonte sul quale viaggiava la mia libertà; il mare la mia culla; il mare il mio primo grande, indimenticabile amore dagli occhi blu.


Ed io, trasparente fantasma di seta rossa, sul segno di confine tra terra, acqua e cielo, cercavo istintivamente il nocciolo dell’esistenza, l’anima del mondo, la Verità. E su di me e sui miei pensieri il tempo passava. Passava senza ombre, senza angoscia. Tempo senza limiti, senza giorni né ore, senza alba né tramonto, infinito e profondo… come il mare. Quando tutti i papaveri avevano svuotato i campi del loro colore, le spighe erano mature ed inondavano le distese con l’oro del loro frutto. La mia pelle era ormai bruciata dal sole e stinta la camiciola di seta rossa, che andava a vestire lo spaventapasseri che troneggiava nei campi e sogghignava come un clown. Che fa di notte lo spaventapasseri, quando non ci sono passeri da spaventare? Dorme. Chiude gli occhi e dorme; dorme con le braccia tese, appena coperte dalla camiciola rossa. E il mare che fa senza i papaveri da accogliere, senza il fantasma di una bambina che sosta sulle sue radici? Il mare cammina, attraversa gli stretti che dividono le terre e va ad incontrare gli altri mari del mondo. Non ha valigie il mare, e viaggia libero, onda su onda. I colori illuminavano l’aria e festeggiavano la vita, meravigliosa sequenza di emozioni sempre nuove. Erano i primi piccoli anni della mia esistenza e non c’era passato, né ricordi; tutto si muoveva come in una danza, nel magico mistero di un avvento.


SECONDA PARTE

Ho assaporato gocce di nettare e di ambrosia. E tanto basta per una vita intera.



Capitolo primo Scheda p. 154

In un mattino d’autunno mi svegliai nel Paese delle Fate. Mi sollevai sulle punte dei piedi per guardare dalla grande finestra dell’ingresso, per scrutare quel posto del quale non sapevo nulla. Al di là dei vetri poteva esserci tutto ed io ero terribilmente affascinata dall’ignoto, da ciò che non conoscevo, dalla sorpresa di trovarmi di fronte cose meravigliose o terrificanti, il bello o il brutto, il buono o il cattivo. Poggiai le mani sul davanzale interno, così da tenermi ferma e… vidi la nebbia, una nebbia fitta ed impenetrabile, densa e palpabile; una presenza tangibile, concreta, della quale non conoscevo l’esistenza. Ebbi la sensazione di essere caduta in una tazza di latte. Ebbi quasi paura, perché la nebbia può portare con sé pericoli e spiriti, può nascondere i fantasmi, che hanno la stessa natura della nebbia, può offuscare la luce e creare barriere, può creare miraggi e confondere, può fare smarrire la strada. Mi feci coraggio e l’affrontai. Dalla nebbia emergevano poche cose: la punta di un campanile, la chioma di un albero, il tetto di qualche casa, un comignolo …e poi nulla! In basso c’era solo ovatta, soffice schiuma fatta di aria. Capii subito che in quel nulla avrei dovuto inventare, creare, progettare: forme, personaggi, paesaggi, colori, situazioni. La sfida era grande ed il gioco mi piaceva. Quella notte mi concentrai sul mio futuro, che mi appariva


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senza limiti di tempo nĂŠ di spazio, un immenso foglio bianco da disegnare e colorare. In quel modo esorcizzai i fantasmi del passato, di un passato molto prossimo, che mi attiravano in una spirale di ricordi giĂ colmi di struggente nostalgia.


TERZA PARTE

I ricordi non sono il passato. Sono solo l’altra faccia del presente.

Era il tredici dicembre, Santa Lucia, e ancora una volta cambiai paese, cambiai casa, cambiai giardino: avevo sette anni e nel giardino era sbocciata una rosa rossa. Mio padre la raccolse e la donò a mia madre.



Capitolo secondo Scheda p. 176

La mia nuova casa era molto grande e aveva un ampio terrazzo coperto, dal quale potevo vedere tutto il paese arroccato alle pendici della grande montagna. Sulla montagna ogni giorno scoprivo un particolare: una torre antica, una chiesetta diroccata, una masseria immersa in un boschetto, un uliveto circondato da macerie. Molti campanili svettavano fra i tetti delle case del borgo antico e io li confondevo, non riuscivo a collocarli correttamente, a riconoscerli. Ogni giorno fissavo nella mente un gruppo di case, le finestre e i balconi, i comignoli, i tetti dalle tegole annerite dal tempo; dovevo fare mio tutto ciò che mi circondava per avere una idea chiara del mondo nel quale avrei dovuto vivere. Mia madre mi aveva detto che in quella casa, in quel paese, avremmo vissuto molto a lungo, forse per sempre. Questa sicurezza mi consentiva di affezionarmi con maggiore intensitĂ alle cose e alle persone. Cominciavo a percepire la vita come un viaggio ed avevo bisogno di sapere che lo avrei condiviso fino alla fine con le stesse persone, fra le stesse pareti, davanti alla stessa montagna, attraversando le stesse strade e gli stessi vicoli, fra gli stessi orti, vedendo scorrere la stessa acqua. La precarietĂ mi aveva sempre fatto paura ed ero felice al pensiero che avrei potuto veder crescere un albero, che avrei riconosciuto l’odore delle stagioni, che avrei visto rifiorire gli stessi fiori nella stessa aiuola, che mi sarei fatta grande con gli stessi amici.


Fu per questo che quel Natale fu molto bello, perché pensai che negli anni futuri si sarebbe perpetuata quell’atmosfera, che l’avrei sentita arrivare, l’avrei riconosciuta, l’avrei sentita mia. Cominciavo a sentire la bellezza dell’appartenenza. Adesso potevo chiedere a qualcuno di addomesticarmi e potevo io stessa addomesticare qualcuno o qualcosa, senza l’angoscia di un nuovo addio, di un nuovo sofferto ricordo. L’inverno fu mite, anche se a gennaio cadde la neve a ricoprire tutto. Anche le rose.


Schede didattiche


Prima parte


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CAPITOLO II

L’infanzia è piena di luce, colori e allegria. Misteriosamente, tutto si fonde in un’unica sensazione di felicità. Anche la notte, come tutta la vita, è carica di mistero ed il buio restituisce un’intimità con se stessi che fa scoprire aspetti nuovi e insospettabili del nostro carattere.

QUATTRO PASSI NEL TESTO Individua nel testo le immagini che si riferiscono alla luce e quelle che si riferiscono al buio. Inseriscile nella tabella sottostante. Continua l’esercizio sul quaderno. IMMAGINI DI LUCE

IMMAGINI DI BUIO


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Dopo aver compilato la tabella, rispondi alle seguenti domande: Quali sono le immagini prevalenti? Quale conclusione puoi trarre?

LA NOTTE Il buio della notte stimola la fantasia e lascia campo libero all’immaginazione. Che cos’è la notte? È una metafora? Una fase del giorno? Un momento della vita? La notte può assumere diverse connotazioni. Sottolinea sul testo tutte le parole e le immagini che si riferiscono al termine notte. Esempio: NOTTE = PAURA DELLA MORTE = = = Continua sul quaderno.

SCRIPTORIUM

Scrivi le tue riflessioni sul tema della notte/buio. Come vivi questo momento della giornata? Racconta il tuo momento di buio.


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Componi un testo poetico, a partire dalle parole/espressioni scelte alla rinfusa sul testo. Scegli la modalità del verso. Puoi eventualmente scegliere un’altra batteria di parole. 99 Danzano miliardi di stelle 99 Stella del mattino 99 Batter d’ali degli angeli 99 Uomo indifeso 99 Nuvole su di me 99 Finestra sul mondo Esempio. Scelgo l’espressione «Nuvole su di me» Nuvole su di me Quando non so decidere E il tempo passa malgrado me Nuvole su di te Se non sai capire il perché La stella del mattino, Danzando tra miliardi di stelle, Non venga giù a prendersi un caffè.


SECONDA PARTE


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CAPITOLI VI-VII

L’esperienza dell’asilo segna un altro passaggio importante nella breve vita della protagonista. Vive questa esperienza come un abbandono e perciò, all’inizio, è recalcitrante, ma poi deve rassegnarsi al dovere di tutti i bambini di quell’età.

QUATTRO PASSI NEL TESTO Capitolo VI A che cosa viene paragonato l’asilo? La mamma invoglia la bambina ad andare all’asilo. Come?

Come reagisce quando scopre l’inganno?

Quale espediente trova Nicola per distrarla mentre l’accompagna?

Qual è il momento più brutto dell’asilo?


166

Cerca sul vocabolario e trascrivi negli spazi vuoti: 99 Lusinga 99 Torpore 99 Trafelato 99 Mestizia Capitolo VII Quale incidente accade all’asilo? Perché la malattia che ne segue è piacevole? Quali riflessioni finali concludono il capitolo?


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Il testo è corredato da schede didattiche di comprensione e di approfondimento tematico. Esercizi di scrittura creativa e funzionale accompagnano e completano il percorso di lettura attiva.

PREZIOSO all'ombra di un filo d'erba

Trascorrevo le ore davanti all’albero di Natale, nell’ascolto di quella melodia infinita che solo io sentivo cantare dagli angeli, scesi sulla terra per me, nelle notti stellate del gelido inverno ed accampatisi nei campi ricoperti di neve. Mille storie si componevano nella mia mente, mille favole, mille pensieri d’amore; non avevo bisogno di niente e di nessuno perché sapevo inventare tutto quello che poteva appagarmi e farmi compagnia. Nel gioco della memoria, l’infanzia è il luogo incantato delle Sirene, è il paradiso dai colori indelebili e dai profumi inebrianti che restituiscono le radici profonde del nostro essere, viatico necessario per l’affascinante e impegnativo viaggio dell’esistenza.

Maria Assunta Prezioso

All'ombra di un filo d'erba

Quattro passi nel testo Lettura tecnica del testo poetico Atelier Letterario Scriptorium

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