Iboo Magazine - aprile 2015

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INDICE

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FILM DOCUMENTARIO DI AMY WINEHOUSE LEO ZAGAMI: DA DJ A SCRITTORE UNA GRANDE FAMIGLIA CON GIORGIO MARCHESI LA BUONA USCITA PIOTTA PRESENTA IL SUO ULTIMO DISCO “NEMICI” AMAURYS PÉREZ DALLO SPORT ALLA DANZA E NON SOLO ARTE IN MOSTRA EGITTO PER TUTTI IL MONDO IN PILLOLE I MILLE COLORI DI MALTA CHE COS’È LA SINDROME DELLA FIRST LADY? ALLA SCOPERTA DEL PADIGLIONE ZERO DI EXPO BEAUTY MANIA









trasmettere al lettore? “Il messaggio è quello della consapevolezza e del risveglio per il comune lettore ma anche per l’artista che non vuole più farsi prendere per i fondelli da questo sistema orwelliano”. Leggendo i tuoi libri spesso risulta che il vero protagonista sia Aleister Crowley l’inventore dell’occultismo moderno. In che modo quest’uomo ha influenzato la musica? L’influenza che ha avuto nella musica rock e pop in passato sta avendo o potrà avere effetti anche sulla musica dance? “Crowley non ha influenzato le arti durante la sua vita ma solo dopo la sua morte, divenendo poi un’influenza nefasta su tutto e tutti grazie ai suoi discepoli, soprattutto californiani, che, a partire dagli anni ‘50 e ‘60, trovandosi nel posto giusto al momento giusto, hanno potuto diffondere il verbo del loro Maestro lanciando il suo progetto iniziatico; o meglio... contro-iniziatico su scala globale, infiltrando anche la Massoneria che è ormai spesso nelle loro mani. La sua influenza va ben oltre la musica rock: basta ascoltare Fabri Fibra oppure guardare le felpe indossate da Jay Z con indosso il suo motto del ‘Fa’ ciò che vuoi’. Crowley è ormai considerato da costoro il guru per eccellenza della ribellione e perfino la musica techno preceduta dalla acid house ha nel suo dna la presenza sua e dei suoi

seguaci. Forse qualcuno dovrebbe studiarsi la storia della cultura rave o indagare sulle fondamenta di alcune mitiche etichette della techno: rimarrebbe stupito da quello che potrebbe trovare in relazione al celebre Mago nero inglese e agli illuminati. Io cerco in parte di far capire tutto questo nel mio libro ma ce ne vorrebbero molti altri per approfondire ulteriormente la cosa”. Guardando i video musicali e concerti capita sempre più spesso di imbattersi in simbologia massonica in qualche modo legata agli Illuminati. Ci sono dei messaggi reali che gli artisti vogliono trasmettere oppure molti di loro usano tutto questo soltanto come espediente per aumentare la loro visibilità? “Le etichette discografiche, e sto parlando ovviamente delle multinazionali, sono nelle mani della Massoneria, di quella più tradizionale; le più piccole e indipendenti spesso sono collegate a fan o membri di sette legate invece al cosiddetto milieu crowelyano. È ovvio che in questo contesto ci siano anche degli artisti che lo fanno per visibilità. Ma prevalentemente si vuole

trasmettere al pubblico, anche in maniera inconscia, il messaggio degli illuminati legati al male e ad Aleister Crowley, cioè al ‘Fa’ ciò che vuoi’. Un messaggio che spesso e volentieri porta a delle conseguenze molto spiacevoli per gli artisti che esagerano e vengono sfruttati per le loro debolezze dai vari manager e discografici”. Durante la tua carriera da dj ti è capitato di fare da messaggero per la massoneria a personaggi importanti. Le discoteche frequentate dai vip, come lo Studio 54 a New York, venivano utilizzate da massoneria e servizi segreti per questo scopo? “Io arrivavo di solito a metà settimana nella città in cui dovevo tenere il mio set. Avevo così il tempo di partecipare a incontri di Loggia e familiarizzare con i vari Fratelli o Sorelle dei vari Ordini nei primi giorni, per cui nel weekend arrivavo per la mia serata di punta dopo aver già fatto il mio lavoro di messaggero per conto dei vari Gran Maestri e di oratore nelle varie logge. Potevo quindi a quel punto indirizzare con una certa familiarità anche eventuali messaggi occulti a coloro che avevano l’iniziazione necessaria per capire quello che stavo dicendo o trasmettendo anche musicalmente. La musica si adatta molto bene a trasmettere messaggi in codice. Sicuramente allo Studio 54, come in molti altri locali, i servizi segreti e una certa Massoneria hanno sempre abusato di certe situazioni per promuovere sia la droga del momento che di cogliere in fallo il protagonista delle elezioni politiche per poi ricattarlo. Ho notato che questa modalità era in uso anche nell’Ordo Templi Orientis”. Parlaci in breve dell’importanza della musica con la frequenza a 432hz e di come un produttore al giorno d’oggi possa provare a fare delle produzioni in questo modo senza sbattere contro il muro delle major discografiche.

“Un tema complesso ci pone di fronte a un vero e proprio complotto ai danni della musica effettuato negli ultimi cento anni senza che nessuno abbia detto niente. Si tratta fondamentalmente di una distorsione voluta attraverso un’accordatura sbagliata degli strumenti sul La a 440Hz. Uno standard erroneo che dovrebbe invece essere basato sul La a 432Hz. Ma vista la complessità della cosa invito tutti gli interessati, inclusi i dj, ad approfondire la cosa sia con il mio libro che quello del musicista e autore Riccardo Tristano Tui ovvero ‘432Hz: La Rivoluzione Musicale’. Vedrete che si tratta di un qualcosa di molto importante per il futuro stesso della musica”. Il ballo crea una sorta di rituale esoterico, come dici tu nel libro “portatore di benessere e di energie positive”. Con l’avvento dell’EDM e dei grandi eventi la gente balla di meno e assiste di più. Perché? “Festival ed EDM sono l’ennesima trovata per aggregare i giovani per sfruttare poi la loro energia eggregorica. Cosa significa tutto ciò? Che l’eggregora, forma pensiero che si sviluppa in un gruppo di persone, incide. In questo caso basta notare i simboli usati

nei recenti megaraduni di elettronica per capire cosa vogliono trasmettere ai giovani. È un tributo di occhi omniveggenti e simboli degli iIlluminati che sono i controllori del sistema e della sua Matrix”. Sei stato il primo a organizzare un concerto dei Prodigy in Italia. “Fu per un rave che feci, nel lontano ‘90 o ‘91, non ricordo bene l’anno, a Rieti, con Andrea Pelino, divenuto famoso per il suo DC10 a Ibiza. A parte il fatto che pagammo Liam e soci solo 400 pound, davvero pochissimi anche per quei tempi, devo ricordare che loro erano fan di Anton LaVey, di cui parlo molto nel mio ultimo libro. LaVey è stato il fondatore della Chiesa di Satana. Una mattina lui e la sua band vollero essere lasciati in Piazza San Pietro per assistere alla Messa del Papa e far benedire se stessi e i propri strumenti musicali. Trovo questo un aneddoto perlomeno interessante e anche molto divertente visto la poca coerenza del gruppo che, dopo aver mostrato pubblicamente il proprio lato ‘malvagio’ nel rave, avrebbe voluto farsi perdonare dal Santo Padre”.


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PEOPLE

Giorgio MARCHESI il volto buono di Una Grande Famiglia

Volto amato della tv nostrana, tra fiction e mini serie tv, attore di talento capace di passare dal teatro al cinema sempre con ottimi risultati, Giorgio torna protagonista con una delle serie di Rai Uno più amate e seguite.

foto: Mirta Lispi total look FENDI

Fascino indiscutibile, Giorgio Marchesi è uno dei giovani attori della nuova generazione che sta raccogliendo consensi di pubblico e critica per i tanti ruoli interpretati. Dal reporter ne Un Medico in Famiglia, ruolo che lo ha portato alla ribalta del grande pubblico, fino a Raoul de Una Grande Famiglia che è tornata su Rai Uno, Giorgio ha portato sul piccolo schermo alcuni dei personaggi più amati degli ultimi tempi, ma è sempre pronto a nuove sfide. Perché nella vita, l’importante è rimanere sempre se stessi e coltivare la propria passione per la recitazione senza mai far spegnere la fiamma.

DI LORENA CACACE











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IBOO SPORT

foto: F.R. Gargiulo

Il grande pubblico ha imparato a conoscerlo prima ballando, poi viaggiando e ora cimentandosi in prove sempre più ardite, ma Amaurys Pérez è sulla cresta dell’onda da molto tempo. Fisico scolpito da ore e ore trascorse in piscina, sorriso travolgente e fascino indiscutibile, Amaurys è stato protagonista di programmi televisivi di grande successo. Nel 2013 lo abbiamo visto nelle vesti di ballerino a “Ballando con le Stelle” su Rai Uno, in coppia con Veera Kinnunen. L’anno dopo, con la moglie Angela, ha partecipato alla terza edizione di Pechino-Express su Rai Due, scatenando qualche critica nel pubblico ma riuscendo ad arrivare in finale. Oggi ritorna negli studi della rete ammiraglia della Rai con la seconda edizione di “Si può fare”, travolgendo tutti con la sua simpatia e le capacità nel superare le diverse prove. La sua prima vita è però in piscina, con i compagni di squadra (dal 2012 gioca per la Acquachiara) e della Nazionale, con cui ha conquistato i traguardi più belli. Con il Settebello ha vinto l’oro mondiale a Shangai e l’argento olimpico a Londra 2012 e oggi continua a vivere la passione e l’amore per la pallanuoto, dividendosi tra studi televisivi, vasche e l’amore per i suoi bambini. Con grandi progetti per il futuro. foto: F.R. Gargiulo

Sei alla tua terza esperienza televisiva con “Si può fare”: come sta andando? “È un’esperienza molto bella. All’inizio non me lo sarei aspettato, ma ora mi sto divertendo molto e me la godo tutti i lunedì. Devo dire che in qualche prova ho avuto parecchie difficoltà e anche qualche paura. Se ripenso al tappeto elastico, mamma mia. È stata forse la prova più difficile: sono molto alto e ogni volta che ci salivo, vedevo il tappeto sempre più lontano. Alla fine è andata: diciamo che ci ho provato” Rispetto alle altre trasmissioni tv a cui hai partecipato, cosa ti piace di più? “La cosa che mi diverte e piace di più è l’appuntamento serale, quando arrivi nello studio e devi essere pronto a sfidare gli altri e anche te stesso. Ho apprezzato anche il mettermi a confronto con discipline così diverse e lontane dalla mia. Il casting, lo staff: tutto è esagerato, perfetto. Ridiamo molto, ci divertiamo davvero tanto. È stata un’esperienza davvero bellissima e divertente.”


DA I SA LOTTI TV ALLE PISCINE, PASSAN D O P ER IL B A NCON E D I UN P UB, TUTTA LA TRAVOLGENTE SIMPA T IA E IL CARISMA DEL PALLANUOTISTA CHE ST A CON QUISTAN D O I CUOR I DEI TIFO SI E N O N SOLO.

Con Pechino Express invece c’è stato qualche malumore in più nei confronti tuoi e di tua moglie: cos’è successo secondo te? “Innanzitutto devo dire che mi è piaciuta molto come esperienza: il viaggio, entrare in contatto con altre culture così diverse e conoscere tante belle persone. Credo che sia stato l’ingresso a competizione in corso a creare qualche malumore. Quando è arrivata la proposta e soprattutto quando mi hanno proposto di partecipare con mia moglie ho colto al volo l’occasione. Non è stata una scelta facile, visto che abbiamo dovuto lasciare i nostri bambini. Alla fine ne è valsa la pena.” Cosa vi ha lasciato come coppia questa esperienza? “È stata una cosa bellissima. Trovarci a gareggiare insieme è stato come vivere la nostra vita, come facciamo ogni giorno. Ci poniamo degli obiettivi da superare insieme e andiamo avanti insieme, fianco a fianco. Alla fine ce la siamo goduta. Quando torniamo a quel periodo e ricordiamo cosa abbiamo fatto, ci mettiamo a ridere e ci sentiamo fortunati per aver visto dei posti meravigliosi. Abbiamo conosciuto gente meravigliosa e ci sentiamo spesso: Emiliano, La Pina, Romina, Roberta , tutti. Quando ci troviamo nelle diverse città ci organizziamo sempre, ci vediamo a cena e ci divertiamo molto. Dal mondo della pallanuoto professionale alla tv e allo spettacolo: come è nata questa passione? “È nata quasi per caso. Mi hanno dato la possibilità e io l’ho colta al volo. L’ho fatto soprattutto spinto dalla curiosità, per vedere un mondo totalmente diverso dal mio. Non tutti magari riescono a vivere bene l’approccio con le telecamere, il mettersi in gioco davanti a milioni di persone; a volte la timidezza può frenare. Al momento a

Amaurys

PÉREZ

di Lorena Cacace

fascino italiano in salsa cubana me diverte e mi piace. Mi trovo a mio agio davanti alle telecamere e mi sto godendo questo momento.” In effetti non sembri molto timido, anzi. Sei molto solare e allegro, a tuo agio. È stato così anche quando hai posato per un ormai noto servizio fotografico senza veli? “Quello è stato difficile (ride ndr). Lì è uscita tutta la mia timidezza: posare nudo in uno studio fotografico davanti a così tante persone non fa per me. C’è chi ce la fa, io non lo rifarei, anche se mi sono arrivati molti complimenti.” L’essere diventato un personaggio pubblico ha cambiato un po’ la tua vita? Com’è ora il rapporto con il pubblico e la popolarità? “Direi bello. Mi fermano spesso per strada, mi fanno complimenti, scattano selfie e foto. È una cosa che fa sempre piacere.” La tua prima professione però rimane la pallanuoto: come hai iniziato la tua carriera? “A otto anni, a Cuba. Pian piano sono cresciuto e con il tempo ho iniziato ad avere sempre più ambizioni, traguardi da raggiungere. Questo mi ha spinto a continuare con sempre più impegno tanto che sono arrivato a grandi risultati quasi senza rendermi conto. So che la pallanuoto è considerato uno sport minore, ma per me è un vero amore e la passione ti spinge sempre ad andare oltre, a cercare nuovi obiettivi e a essere più ambizioso.” Cosa ti ha dato lo sport nella vita? “Ha cambiato il mio carattere di sicuro, lo ha forgiato. Lo sport di gruppo rispecchia la vita. Tutti i giorni conosci altre persone e devi imparare a interfacciarti con tutti. È come essere al lavoro: fai parte di un team, ci sono

regole da rispettare, obiettivi da perseguire e per questo serve coesione. La pallanuoto mi ha anche insegnato quanto significhi fare sacrifici, stringere i denti e andare avanti: mi ha soprattutto fatto capire quanto sia importante rialzarti dopo le sconfitte”. Qual è stata la più grande soddisfazione sportiva? “Due su tutte: l’oro mondiale e l’argento alle Olimpiadi. Devo dire che la vittoria più bella è stata quella ai Giochi Olimpici. Si partecipa ogni 4 anni e già arrivare lì è difficile: essere in quegli stadi e impianti è un’emozione bellissima, non ti dico salire sul podio. È stata una gioia incredibile, la soddisfazione più grande dopo tanti anni di sacrificio”. Sei nato a Cuba ma ora sei naturalizzato italiano e hai difeso i colori azzurri nelle più importanti manifestazioni sportive. Cosa ne pensi delle polemiche che spuntano ogni tanto per gli oriundi nella Nazionale di Calcio? “Io mi guardo dentro e mi sento italiano. Difendere e rappresentare una bandiera e una nazione è una cosa speciale: se ho tutte le qualità che vengono richieste, perché non dovrei farlo? Succede in tutte le nazioni. Solo nel calcio scoppiano queste polemiche. Forse è per il periodo difficile che attraversano gli Azzurri: quando abbiamo vinto i Mondiali nel 2006 c’era Camoranesi e non c’è stata alcuna polemica.” Essendo di origine cubana, avrai seguito l’evoluzione dei rapporti tra Cuba e Stati Uniti: cosa pensi di questo nuovo corso? “Credo che sia davvero una bella cosa. Spero che sia la svolta e la fine di tanti anni di blocco economico. Dai racconti di mia mamma, so che è un momento atteso da 50 anni: sull’isola stanno cambiando tante cose e sono fiducioso che questa volta possa essere quella buona”.

Tv, spettacolo, pallanuoto, sport: cosa ti riserva il futuro? foto: F.R. Gargiulo

“Spero molte belle cose. Intanto ho iniziato una nuova avventura nel mondo imprenditoriale. Con mio cognato Francesco Rende e il mio compagno di squadra Valentino Gallo, abbiamo creato un birrificio artigianale, Birra Zion, e un pub. È una cosa che mi appassiona molto. Ogni birra ha il nome di una divinità cubana della religione Yoruba: volevo dare il mio tocco e così abbiamo abbinato ogni santo a una birra in modo che rispettasse le sue caratteristiche. Ci stiamo muovendo a piccoli passi in un mercato difficile che per me è nuovo, ma stiamo avendo belle soddisfazioni. Dopo aver conosciuto questo mondo, mi sono sentito preso in giro dalla birra industriale. Il mio sogno è che tutto questo possa diventare marchio vincente, come il leone che abbiamo scelto per il nostro logo. Mi sono preso molte soddisfazioni con la tv e la pallanuoto, adesso questa è una nuova sfida e io non mi tiro mai indietro”.




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EGITTO IBOO CULTURA

per tutti

Chiara Gallo

L’ultimo granello di sabbia nella clessidra montata in piazza San Carlo a Torino è sceso e il Museo d’Antichità Egizie ha finalmente aperto le sue porte nuove di zecca al pubblico di tutto il mondo. Il 31 marzo scorso il Direttore Christian Greco e la Presidente Evelina Christillin hanno infatti inaugurato le suggestive sale che si dislocano su quattro piani di visita. Il carattere sempre più internazionale del museo si evince anche dalle numerose spiegazioni tradotte in ben sei lingue che accompagnano il visitatore alla scoperta della storia, della cultura e dell’arte egizia. L’Egizio di Torino rappresenta un viaggio che ricopre un arco di tempo che scorre dal 400 a.C. fino al 700 d.C., dai primi insediamenti lungo la valle del Nilo fino all’occupazione romana e oltre. Molti gli scenari ricostruiti che fanno parte della lunga storia del Museo come la tomba di Kha, di Nefertari o la cappella di Maia, scoperte dal grande direttore Eugenio Schiaparelli agli inizi del ‘900. La caratteristica fondamentale che contraddistingue le innovazioni interne degli ambienti, tuttavia, non guarda al passato, bensì al futuro, con numerose scelte di alta tecnologia e ricostruzioni in 3D grazie alle quali il visitatore può essere maggiormente coinvolto durante il percorso. L’inaugurazione, presentata ad un mese da Expo 2015, non è assolutamente casuale. La città sabauda ha ancora una volta voluto essere al centro delle novità, cercando di rimanere al pari con la sua vicina Milano. Riuscendoci. L’ambizione degli addetti ai lavori non è stata solo quella di rilanciare una struttura già ben avviata, ma di rimanere sempre in contatto con il pubblico, anche durante le opere di rinnovo. Da qui la scelta di lasciare aperto almeno uno spazio espositivo contemporaneamente alla prosecuzione dei lavori. Un progetto andato a buon fine e che ora sta premiando il Museo. Reperti di altissimo valore, tombe millenarie e un percorso dettagliato, ma non per questo semplicemente didascalico, affascinano e avvicinano al mistero dell’antico Egitto. L’impegno e la passione di tutti coloro che hanno lavorato al progetto rappresentano il cuore e le fondamenta degli allestimenti di via Accademia delle Scienze. Si presenta un polo culturale molto interattivo, in grado di attrarre adulti e bambini, esperti del settore o semplici appassionati. In un momento come quello attuale, denso di distruzione e scempio per le antichità africane e orientali, questo è sicuramente un esempio della tenacia di chi non si arrende e non vuole abbandonare il nostro grande passato a sè stesso e alla guerra.


“Un pessimista vede la difficoltà in ogni opportunità; un ottimista vede l'opportunità in ogni difficoltà.” Winston Churchill

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VIAGGI

foto: Clive Vella

Malta è l’isola più grande dell’arcipelago che prende il suo nome. Vanta la densità di popolazione maggiore d’Europa, con i suoi 1300 abitanti per km². Situata a 90 km dalle coste sudorientali della Sicilia, è stata per secoli la meta ambita di molti popoli, grazie alla sua posizione strategica nel Mediterraneo, a metà strada tra l’Europa e l’Africa. I vari popoli che si sono succeduti, fino al 1974, anno della fondazione della Repubblica di Malta, hanno lasciato il loro segno, ancora oggi visibile, nei tesori architettonici, culturali e culinari. Tutti i colori del Mediterraneo sono concentrati nell’arcipelago: il verde della macchia mediterranea, il giallo intenso delle piante di limone, i tramonti rosso fuoco sul blu del mare, mentre la sabbia diventa dorata. Anche una semplice passeggiata nei sentieri delle isole diventa un’esperienza emozionale; i profumi di timo, rosmarino, lavanda e menta donano un senso di pace e serenità. Valletta, la capitale di Malta, è considerata una città-museo perché offre al visitatore una notevole quantità di bellezze artistiche e architettoniche: dai palazzi barocchi ai grandi teatri, dalle maestose cattedrali alle piccole e deliziose cappelle. Il capolavoro dell’architettura barocca, la Concattedrale di San Giovanni, è situato in St. John Square. L’imponente ma sobrio edificio contiene l’unica opera firmata da Caravaggio: la Decollazione di San Giovanni Battista. Il dipinto si trova sul fondo dell’Oratorio ed è firmato F. Michelangelo (F. sta per fratello, in quanto Caravaggio fu nominato Cavaliere di Grazia dall’Ordine di Malta). Mdina, l’antica capitale in epoca romana, è conosciuta come la “Città del Silenzio” per l’assenza di rumori, soprattutto di notte, creando un aspetto mistico e surreale. Malta racchiude anche un Patrimonio Mondiale dell’Umanità, l’unico tempio

di Valentina Fiorà

MALTA E I SUOI MILLE COLORI Un paradiso nel cuore del Mediterraneo preistorico sotterraneo visitabile al mondo: è l’Ipogeo di Hal-Saflieni. La struttura fu scavata nella roccia, tra il 3600 e il 2500 a. C. e si sviluppa in tre livelli, nei quali si trova il santuario e la necropoli a ben 12 metri di profondità, dove sono stati ritrovati scheletri dal cranio dolicocefalo. Nella cava di Ghar Dalam, a Birzebbugia, sulla costa sud di Malta sono state ritrovate le prime tracce di vita umana, risalenti a circa 7.400 anni fa. Per le strade di Malta, i negozi specializzati offrono visite guidate alla scoperta dei sapori tipici maltesi: il caffè, i biscotti e la marmellata di arance fatta in casa. Il miele maltese è molto pregiato ed è conosciuto e apprezzato fin dall’antichità. La sua tonalità ambra e il particolare retrogusto di timo e limone lo rendono il gioiello della gastronomia di Malta. Non a caso i Romani diedero all’isola il nome di Melita, che significa “dolcezza di miele”. Il pane locale è la ftira, una ciabatta rotonda con un buco al centro; l’impasto è soffice e ricco di mollica. È il tipico cibo da strada, da consumare in qualsiasi momento della giornata. Si può farcire con pomodori, olio d’oliva, cipolle, peperoni, basilico e formaggio. Un altro gustoso street food è il pastizzo, la tipica sfogliatella di ricotta maltese. La ricetta del formaggio di Gozo è tramandata di generazione in generazione. Prodotto sia a pasta molle sia stagionato, il formaggio prevede l’utilizzo esclusivo del latte di pecora, arricchito da spezie ed erbe. Oltre ai vini bianchi e rossi, Malta vanta altre bevande tipiche, come la cisk, la birra maltese e il Kinnie, la tradizionale bevanda amara non alcolica, i saporiti liquori locali, come il bajtra liqueur (liquore al fico d’India) e il carob liqueur (liquore alla carruba). Malta vi aspetta venerdì 28 e sabato 29 maggio per il Malta International Food Festival, la rassegna internazionale dedicata alla cucina. Chef professionisti prepareranno i piatti tipici della cucina americana, asiatica, italiana, spagnola, araba e maltese, nell’area dei fossati, intorno alle mura restaurate di Mdina. Potrete gustare vini maltesi e internazionali e godervi gli show cooking, spettacoli e musica dal vivo, sui due palchi allestiti all’interno dell’area espositiva. L’apertura è prevista per le ore 18 e l’ingresso è gratuito per tutti.

foto: Mario Galea foto: Clive Vella



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EVENTI 41

un unico impatto visivo. Un progetto che unisse sinergicamente arte, design, architettura e cultura. Ad accettare la sfida il curatore Davide Rampello e l’architetto Michele De Lucchi. Insieme hanno dato forma e struttura ad un padiglione dalle proporzioni non indifferenti, composto da molteplici elementi che simboleggiano la natura, l’alimentazione nel corso dei secoli, l’elevazione sociale e il continuo divenire dell’essere umano. All’ingresso un grande archivio che ricorda i luoghi della cultura rinascimentale, una biblioteca composta da tanti cassetti quanti sono

gli alimenti, gli animali o le pratiche alimentari che hanno da sempre arricchito la nostra tradizione nutritiva. La struttura, alta come tutto il padiglione, affonda le sue radici nel terreno, come una sorta di albero della saggezza umana, si slancia verso l’alto, diramandosi ai lati verso il resto dell’ambiente di Expo. Una metafora di come la sperimentazione, l’immaginazione e la cultura non

conoscano limiti fisici, ma si trasformino, si compongano di nuove informazioni, esperienze e innovazioni tecnologiche, conducendoci verso ulteriori ed infinite possibilità. All’interno


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EVENTI

del Padiglione Zero sono riprodotti vari ambienti naturali come i Colli Euganei e le acque calde affioranti di Abano e Montegrotto. Opera centrale ed importantissima quella realizzata da Riva 1920, Pangea, un tavolo di 80 metri quadri, progettato da Michele De Lucchi ed ispirata al supercontinente che in origine teneva unite tutte le terre emerse. Un simbolo che rappresenta uno dei principali obiettivi di Expo, quello di saldare l’unione tra i Paesi attorno al tema universale del cibo. Questo capolavoro ci propone di fermarci a riflettere, di tornare indietro nel tempo, quando non esistevano confini, pregiudizi e differenze etniche e sociali, quando tutto ciò che veramente contava era il nutrimento e la sopravvivenza di ogni essere umano. Al Padiglione Zero passato, presente e futuro si intrecciano, lasciano spazio all’immaginazione, ma ci trasportano verso la consapevolezza che l’unione fa la forza e che il nutrimento non significa solo cibo, ma cultura, tradizione, passione e solidarietà fra popoli.

Expo?

Ripartiamo da Zero


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