iBoo Magazine - Maggio 2014

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n째 32 Maggio 2014 periodico free press

FASHION BLOGGER

A tu per tu con Chiara Nasti

DESIGN

Baldessari e Baldessari

MUSIC

Levante si racconta

TRAVEL

Alla scoperta della Thailandia




INDICE

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CHIARA NASTI FASHION BLOGGER BALDESSARI E BALDESSARI

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LA RAGAZZA DAI CAPELLI ROSSI CHEF RUBIO

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LEVANTE SI RACCONTA L’ARMADIO DEL DELITTO

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LA STILISTA ANGELA PAPAGNA EVENTI MUSICALI IN EUROPA


IBOOmagazine

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MOSTRA FRIDA KAHLO I PRERAFFAELLITI A TORINO

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MARTIN CASTROGIOVANNI BEAUTY

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COUNTING THE RICE IL MONDO IN PILLOLE

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LA TIMIDEZZA IL FASCINO DELLA THAILANDIA

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IBOOmagazine

EDITORIALE

VIRGINIA CIMINA’

La voce degli occhi

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li occhi. Senza dubbio il principale organo di senso dell’ apparato visivo. Catturano luce, immagini e storie di vita vissuta che indelebilmente vengono impresse nella memoria. Dagli occhi traspare l’ anima più pura della persona senza inganno alcuno. Raccontano sempre. Parlano, brillano, scrutano, piangono, amano, tanto da non controllarne le emozioni. Gli occhi nella musica, dall’ Armageddon degli Aerosmith, a quelli orientali di Daniele Silvestri passando per quelli di Betty Davis, cantati da Kim Carnes. Gli occhi nella poesia da Dante Alighieri che decanta la “gentilezza e l’ onesta” della sua amata Beatrice, agli occhi chiusi di Pablo Neruda nei versi di “Non solo il fuoco”. Gli occhi sono in continuo movimento, alla ricerca di nuove emozioni e nuovi stati d’animo. Nel sonno si muovono a ritmo forsennato per immaginare, sperare e desiderare una via d’uscita dalla vita reale. Gli occhi sono lo specchio dell’anima, pieni di vita e di storia.

DIRETTORE RESPONSABILE Virginia Ciminà HANNO COLLABORATO Mario Degl’Innocenti Martina Di Donato Chiara Gallo Francesca Lori Virginia Maloni Enrico Morisco Riccardo Sada EDITORE Diamond Media Group s.r.l. Via C. Levi, 1 Sant’Omero (TE) Tel. 0861 887405 redazione@diamondgroup.it IBOO MAGAZINE È una testata registrata presso il Tribunale di Teramo al n.546 del 08/11/2005 GRAFICA Diamond Media Group s.r.l. STAMPA Arti Grafiche Picene s.r.l. PUBBLICITA’ info@diamondgroup.it RESPONSABILE TRATTAMENTO DATI Dlgs 196/03 Virginia Ciminà Riservato ogni diritto e uso. Vietata la riproduzione anche parziale



CHIARA NASTI FASHION BLOGGER E’ di Napoli la regina più giovane del web. I grandi marchi la inseguono FRANCESCA LORI


VITA DA BLOGGER

Quest’avventura è nata per caso. Amo la moda, ho iniziato a coltivare la mia passione e l’idea di aprire un blog in cui condividere le mie idee e le mie giornate con altre ragazze e ragazzi è venuta da sé, naturalmente. Raccontaci la tua giornata tipo… La mia giornata è quella di una ragazza normale della mia età. Certo come si dice “prima il dovere e poi il piacere” quindi prima la scuola e poi il divertimento con gli amici e la palestra quando ho tempo.

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hiara Nasti più che una semplice blogger é una teen fashion blogger. La seconda in Italia per popolarità e in assoluto la più giovane, 16 anni, è riuscita in poco tempo a conquistare migliaia di fan e le aziende di moda. Occhi verdi, capelli castani, labbra carnose! Sei la teen fashion blogger più giovane… raccontaci come è nata quest’avventura..

Nel tuo blog Chiaranasti.com condividi i tuoi outfit con migliaia di fan e seguaci… Le ragazze della tua età ma anche le più adulte prendono spunto dai tuoi outfit…parlaci del tuo stile. Non è uno stile specifico, cerco sempre di trovare degli outfit che rispecchino la mia personalità, che siano adatti a me. Penso a questo quando vado a fare shopping. Cosa non deve mancare nel tuo armadio e nel tuo beauty…. Nel mio armadio non può mai

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mancare un capo cool per la sera da sfoggiare nelle grandi occasioni. Nel mio beauty non può mai mancare un lipgloss che dà sempre un tocco di luce in più. Sei testimonial di molti marchi famosi come riesci a conciliare scuola e lavoro? È difficile perché ci sono tanti impegni e cerco di non trascurare nulla, ma con una giusta organizzazione e determinazione si può fare tutto. Qual è la particolarità che ti permette di differenziarti dalle altre? Credo la semplicità, come ho scritto nel mio blog non pretendo di dare consigli o lezioni a nessuno, mi piace l’idea di essere in contatto con persone che hanno la mia stessa passione. Che consiglio daresti a tutte quelle ragazze giovani che sognano di potersi lanciare nel mondo della moda? Avere il coraggio di seguire sempre il proprio sogno, senza scoraggiarsi mai.



Courtesy of TOP STUDIO I Parrucchieri Nereto


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DESIGN


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Baldessari e Baldessari

Vincitore di premi nazionali di Architettura, lo studio Baldessari e Baldessari realizza progettazioni di interni e di esterni in cui vengono miscelate l’originalità e lo stile moderno con un elemento di vecchia data come il legno

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ensibilità estetica, gusto ed innovazione sono gli elementi che fanno grandi le opere dello studio Baldessari e Baldessari. Un esempio della loro arte è racchiuso in una delle opere che li ha portati al successo: la Molletta. Una creativa interpretazione di un oggetto di uso quotidiano adibito a panca o a tavolo esposto nel negozio Gucci di Brera a Milano. Quali sono i vostri principi guida in fase di progettazione? “I nostri principi vengono dall’influenza degli ambienti creativi che frequentiamo e sono quelli del rigore carichi al tempo stesso di ironicità. Realizziamo progetti disparati, dal packaging alla progettazione di insediamenti residenziali, all’architettura di retail, uffici, alla progettazione di allestimenti espositivi sia per eventi culturali che fieristici, ma anche design di prodotto e grafica. In tutti i campi vengono applicate le stesse idee simmetria ed equilibrio delle parti che concor-

FRANCESCA LORI rono a formare l’insieme. Ogni progetto richiede molto impegno e disponibilità al dialogo e al confronto, che avviene sempre in maniera stimolante attraverso schizzi, disegni tecnici e render che sviluppiamo con bravi collaboratori.” Curate allestimenti di mostre in Italia e all’estero, avete partecipato a diversi concorsi: “Una sedia italiana per gli Usa”, nel 1991 al “Premio Alcan per l’uso dell’alluminio nell’ambiente costruito” ed al concorso internazionale Trau per la progettazione di una workstation. Nel 2007 vi siete classificati al primo posto nel “Concorso di nuove sperimentazioni di arredo per esterno” al Sun Rimini 2007 e nel 2013 il premio Pida nella sezione concept alberghieri. Raccontateci questa esperienza… “Realizzare un allestimento bello è prova di sensibilità estetica ed anche etica; tale attività deve fare da sfondo ma anche da supporto discreto ed elegante dell’opera esposta. L’allestimento deve essere pensato per es


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DESIGN

sere montato in poco tempo ma deve raggiungere gli obiettivi della comunicazione ed emozionare il visitatore. Qui torna utile l’aver frequentato le platee ed i palchi dei teatri, le invenzioni sceniche teatrali sono di grande ispirazione. Anche l’aver allestito le mostre di Fortunato Depero sia in Italia che all’estero ci ha aiutato molto ad orientarci e spingerci verso la sperimentazione di soluzioni allestitive dinamiche e colorate. L’altra prova centrale per il nostro studio è la partecipazione ai concorsi di progettazione che ci ha valso qualche riconoscimento”. Vi occupate inoltre di progetti d’architettura d’interni, progettazioni pubbliche e private nel settore residenziale ed industriale, come restauri di palazzi storici. In quale progetto avete potuto esprimere al meglio la vostra creatività e la vostra innovatività? “In ogni creazione c’è innovazione tecnologica, creatività, ironia e funzionalità. Un armadio nascosto nelle boiserie, uno specchio barocco sopra il blocco di una cucina grand chef, uno spazio doccia benessere ben arredato, un’opera d’arte posizionata in ambiti non usuali. Il gioco degli ossimori.”

Avete realizzato la panca Molletta. Vi va di raccontarci come ha preso vita questo progetto e le varie fasi realizzative? “Ogni giorno abbiamo conferma che le nostre mollette sono diventate un best seller. Un pezzo ironico e pop che abbiamo realizzato dal piacere di vedere un oggetto di uso comune nelle nostre case. Abbiamo reinterpretato ironicamente un pezzo di design anonimo, gli abbiamo donato un altro significato (panca o tavolo basso). Da un altro oggetto di uso comune abbiamo tirato fuori Arianna, una lampada a sospensione di legno di ciliegio e alluminio disegnato per Pallucco che fa rifermino all’arcolaio, un utensile tradizionale a noi molto caro.” Secondo voi, qual è il valore aggiunto che sta dando l’architettura italiana nel panorama internazionale? Dove invece ha ancora tanto da imparare? “Una capacità propria dell’architettura italiana è quella di attraversare “ crossando” tutta l’area della progettazione, “dal cucchiaio alla città” appunto. Si stanno avendo, a nostro avviso, delle prove di alta qualità” Ci dareste qualche anticipazione su progetti futuri o attualmente in corso di realizzazione?

“Nel mondo dell’architettura ed architettura d’interni, i due progetti recenti di hotellerie, che abbiamo avuto modo di sviluppare sulle due straordinarie coste del Lago di Garda, ci hanno permesso di proporre una nostra visione d’intervento light di riqualificazione di strutture alberghiere. Grandi rivoluzioni e cambiamenti ma con piccoli innesti risolutivi che tengono viva la tradizione familiare”. L’esperienza ci ha regalato la soddisfazione del riconoscimento del 2^ premio al “Premio Internazionale d’architettura PIDA 2013 di Ischia”. Nel mondo del design gli ultimi pezzi presentati al Salone del Mobile in particolare il sofà-divano “Casablanca” per Adele C, il tappeto “Colossal” per cc-tapis e i tavolini-servitore “Tribù” per De Castelli che avranno una declinazione ampia delle relative collezioni. Sul tavolo, altre interessanti ipotesi di progetto come per esempio una nuova collezione di corpi illuminanti connotati dalla forte presenza del cristallo per la ricerca di un nuovo significato contemporaneo; un nuovo complesso residenziale, il restyling di una headquarter industriale, un nuovo pack.


“Un pessimista vede la difficoltà in ogni opportunità; un ottimista vede l'opportunità in ogni difficoltà.” Winston Churchill

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VITA DA BLOGGER

La ragazza dai capelli rossi

Federica nel suo blog dà consigli di bellezza e moda. Ma il suo sogno nel cassetto è di diventare una giornalista affermata

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bbiamo incontrato Federica Cimetti, una ragazza di 28 anni che della sua passione per la moda ne ha fatto un vero lavoro. Federica non solo è solo una fashion blogger che dà consigli nel suo blog “la ragazza dai capelli rossi”, ma è anche una beauty editor, fashion editor e il suo sogno è quello di ventare una giornalista professionista. Pronta a dare sempre il consiglio giusto alle sue lettrici ed è per questo che il suo blog è molto seguito ed amato.

FRANCESCA LORI Raccontaci un po’ di te.. Come è iniziata questa avventura ? La Ragazza dai Capelli Rossi nasce nel 2010, in concomitanza con la scelta di specializzarmi in Scienze della Moda e del Costume. Sentivo l’esigenza di esprimere le mie idee e, perché no, trasferire agli altri le conoscenze acquisite in Facoltà. Il bello del blogging è proprio questo, esprimere noi stessi e confrontarci con i lettori, è un’esperienza che mi ha fatta crescere molto. Il progetto nel corso degli anni si è evoluto e, con l’introduzione delle sezioni beauty capelli e nail


VITA DA BLOGGER

art, oltre agli outfit e agli eventi, da semplice blog personale è diventato un blogzine multi tematico. Il tuo blog “La ragazza dai capelli rossi “ha riscontrato ottimo successo sui social, per esempio su Facebook, dove vanti oltre 15 mila fan…come ci si sente? Sono contentissima di questo traguardo, rappresenta il riscontro tangibile alla passione e all’impegno che mi accompagnano sempre in questa avventura! Molti pensano che il blog sia solo un hobby (e per alcune colleghe è così) ma per me è un autentico lavoro, con tanto di impegni, scadenze e appuntamenti. Spesso conciliare tutto questo con la vita “offline” non è semplice, ma le soddisfazioni che ne derivano valgono decisamente i sacrifici, soprattutto quando leggo le e-mail ed i messaggi delle mie followers che ringraziano per una specifica review o per le dritte sullo shopping: non c’è nulla di più appagante! Dai consigli di outift, beauty, ca-

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pelli….parlaci del tuo stile. Cosa non deve mai mancare? Questa è la domanda che nessuna fashion/beauty addicted vorrebbe ricevere, per noi niente è superfluo! (Come giustificherei altrimenti gli armadi che scoppiano???) Scherzi a parte non potrei mai rinunciare ad un paio di jeans, un blazer nero, un paio di ballerine, una semplice t-shirt bianca e una borsa capiente. Potrà sembrare banale ma è l’outfit adatto a tutte le occasioni di vita quotidiana, dalla mattina alla sera. Nel beauty case non può mancare la BB cream, il mascara ed il rossetto, i tre cosmetici che porterei con me sulla famosa isola deserta!

proprio stamattina! Oltre che per scaramanzia, al momento non posso parlarne, ma posso anticiparvi che si tratta di una grande catena di abbigliamento lowcost…! Oltre alla moda c’è qualcos’altro che ti appassiona? A questa domanda risponde il mio lato nerd: amo tutto ciò che riguarda la tecnologia ed internet. Mi diletto nel disegnare siti web, ma anche nel montaggio video e nella creazione di animazioni. Sono tutte esigenze nate per gestire al meglio il blog, ma si sono trasformate presto in vere e proprie passioni, complice anche il mio impiego in una società di informatica!

Ti definisci una fashion beauty blogger. Cosa consiglieresti alle nostre lettrici per l’estate?

Progetti per il futuro? Prossime collaborazioni?

I trend per questa estate sono molti, ma generalmente consiglio sempre alle lettrici di scegliere quello che realmente si addice al loro stile e al loro fisico. Credo non ci sia cosa peggiore del seguire sì i trend, ma con capi che non valorizzano il nostro corpo. Questa estate però c’è un trend che rivoluziona il mio pensiero perché sta bene a tutte ed è tremendamente chic: il kimono. Le ragazze alte e slanciate possono optare per la versione lunga fino al ginocchio, quelle più basse invece possono orientarsi verso quello lungo fino ai fianchi. La cosa importante è che sia ultra colorato e leggero! Per il makeup il discorso è analogo, è sempre bene scegliere prodotti che valorizzino i punti forti e nascondano quelli deboli. L’estate ci viene in soccorso perché la pelle abbronzata è già bellissima: un velo di terra illuminante, un ombretto shimmer e un lipgloss nei toni dell’arancio saranno più che sufficienti per ottenere un makeup fresco e luminoso! La proposta di collaborazione che vorresti ricevere ? La proposta di collaborazione che vorrei ricevere l’ho ricevuta

Al momento sto cercando di investire tutte le mie energie nella realizzazione del sogno della vita: diventare a tutti gli effetti una giornalista. Al momento sono fashion e beauty editor per GrouponMag e per Vain Magazines, ma spero presto di poter scrivere anche per riviste cartacee. Ho lavorato per raggiungere questo obiettivo con lo studio e le specializzazioni, e lavoro tutt’ora per aumentare le esperienze sul campo. Inoltre sono una ferma sostenitrice del motto “Volere è potere”: niente potrà fermarmi!


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PEOPLE

IL CUOCO CHE FA META IN TV Chef Rubio, l’uomo dello street food, il Gipsy della cucina, lo chef errante a caccia continua di sfide e storie

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utti lo conosciamo per essere il cuoco meno impostato della tv, anzi lo conosciamo come uno schietto, verace e combattente: baffo in su, tatuaggi che raccontano la sua vita e sguardo sincero … è talmente unico non si può non capire che si tratta di Chef Rubio, al secolo Gabriele Rubini. E’ da poco iniziata la seconda stagione di “Unti e Bisunti”, il programma che lo scorso anno lo ha portato al successo, è diventato un fumetto, ha scritto un libro ( di cui in realtà non si prende i meriti) e in tutto ciò continua a girovagare per le strade d’Italia a caccia della sfida perfetta. Perché nonostante si sia diplomato all’Alma (Scuola Internazionale di Cucina Italiana n.d.r.) lui preferisce la strada, la gente e le storie che essi hanno da offrire piuttosto che le stelle Michelin.

MARTINA DI DONATO


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PEOPLE

Rubio, come ti sei avvicinato alla cucina? In origine eri un giocatore di rugby, giusto? “ Ho giocato a rugby per molto tempo, ma era più una passione che una professione. Mi sono avvicinato alla cucina sin da piccolo, poi crescendo ho iniziato ad incuriosirmi sul perché dei sapori”. Quindi ami più gli odori della cucina che le mischie in campo? “E’ nella natura umana sentire la mancanza delle cose che non si hanno più, quindi ora che cucino ti dico che mi mancano le mischie e l’odore del campo, ma se giocassi ti direi che mi mancherebbero gli odori della cucina. Sono così, siamo così. E’ normale”. Lo scorso anno hai debuttato su “Unti e bisunti”, un programma itinerante in cui riproducevi piatti tipici di particolari zone. C’è stato un piatto in cui hai trovato più difficoltà? E perché chiamare così un programma di cucina? “ C’è stata un po’ di difficoltà nella preparazione di quasi tutti i piatti, nell’individuare come veniva preparato e con cosa, ma non ce n’è stato uno in particolare che mi abbia sconfitto. Il nome è stato scelto dalla produzione. Volevamo chiamarlo ”Sporchi, brutti e cattivi” ma c’era già il film! In genere con l’espressione unti e bisunti si intende qualcosa di sporco, voleva essere un nome ironico, dato che di unto in questo programma c’è poco. Niente in realtà! A dicembre, dopo “Unti e bisunti”, hai iniziato la conduzione di “Il cacciatore di tifosi”, in cui reclutavi persone per farle avvicinare al mondo del rugby. Selezionavi chiunque, dalla massaia allo studente. Come hanno reagito i partecipanti? “ Abbiamo deciso di reclutare persone di varie fasce di età, e tutti hanno reagito nel migliore dei modi, certo inizialmente quando veniva spiegato l’intento erano un po’ restii, ma una volta indossata la divisa e scesi in campo sembrava che volessero


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fare solo quello. Sono stati tutti entusiasti” Dalle donne sei considerato un “belloccio”, nel senso positivo del termine. Ma tu come ti vedi? Senti di rispecchiare l’idea del “bello e rude”? “ No. Io faccio la mia vita, la conduco nel modo più normale e naturale possibile, se non avessi fatto questo mestiere avrei avuto sicuramente meno consensi dal pubblico femminile, ma non mi sento affatto di ricoprire un ruolo o di rispecchiare un’idea” Se dovessi invitare una donna a cena cosa le prepareresti? “ Sicuramente mia arrangerei il più possibile: cucinerei con quello che c’è nel frigo e se non ci dovesse essere niente, allora prenderei la mia ragazza e la porterei … a fare la spesa con me. Però le preparerei sicuramente qualcosa di semplice” Qual è secondo te il miglior modo di mangiare un cibo? “ Con le mani, è chiaro. In Occidente usiamo la forchetta per cultura, ma questo è un ponte e ci allontana molto dal cibo. Mangiare con le mani crea un rapporto più intimo tra cibo e corpo. Certo, non è che se vado a ristorante mangio con le mani, ma potendo scegliere preferirei non usare la forchetta!”. Sei diventato anche un fumetto, infatti è da poco uscito “ Food Fighter”, sceneggiato da Diego Cajelli , scritto insieme a Stefano Ascari e disegnato da Enza Fontana e Giuseppe Lo Bocchiaro. Spiegaci il progetto? Come è stato vedere la tua faccia in versione fumetto? “ Sono stato contattato da Giuseppe Di Bernardo e mi ha esposto questa idea. Il mio ruolo era quello di spiegare cosa volessi raccontare, di chi volessi parlare e da lì la realizzazione. La storia è quello di un povero diavolo che si trova a dover combattere contro delle multinazionali. E’ una metafora di quello che sta accadendo, è una storia attuale e chi non dovesse capirla è perché in

fondo fa parte esso stesso di quel sistema che lo divora giorno per giorno. Dietro la storia c’è un significato molto forte. Per quanto riguarda il vedere la mia faccia diventata un fumetto inizialmente ero un po’ imbarazzato, ma poi mi sono sciolto, poi Enza ha fatto veramente un ottimo lavoro. Ha ripreso le mie espressioni e le ha disegnate benissimo”.

“ Asia e Medio Oriente. Sono popolazioni che mangiano per gusto e non dimenticano l’impatto che il cibo ha sul corpo e sulla salute. Non dico l’Italia perché noi pur potendo non lo facciamo, anzi, ci stiamo americanizzando sotto questo punto di vista: il tasso di obesità infantile è in crescita. Abbiamo tante potenzialità ma siamo discontinui”.

Visto che nel fumetto vesti i panni di un supereroe, ti chiedo qual è il tuo supereroe preferito? “Mi sono sempre riconosciuto in Dylan Dog per qualche atteggiamento, per le idee. Lo leggo da quando ero ragazzino, ce li ho tutti.” E’ da poco uscito anche “ UNITI E BISUNTI. Viaggio nell’Italia dello street food” edito da Sperling & Kupfer in collaborazione con Discovery Italia e Pesci Combattenti. “ Si, il libro racconta alcune delle avventure legate al programma ed è stato scritto in un momento molto complicato, io ero sempre in viaggio per registrare, è stato un lavoro duro, ma grazie ad Arianna che ben interpretava i miei racconti tutto ciò è stato possibile.”

Hai scelto di andare in mezzo alle persone. Quanto è importante per te la relazione sociale? “ Tanto. Le persone sono tutto, e quello che volevamo era andare tra le persone che non hanno voce e che non vengono ascoltate. Nel programma infatti oltre al cibo c’è anche la storia delle persone”.

Qual è stato il tuo percorso, come ti sei ritrovato a condurre un programma televisivo? “ Avevo un canale su youtube, “Fishechip”, in collaborazione con il mio amico Michele Fontolan, mi hanno proposto la conduzione di un programma televisivo e io ho accetto.” A tuo avviso qual è la nazione che mangia meglio?

C’è qualcosa che speri ti venga chiesto quando vieni intervistato ma che non ti chiedono mai? “ Le cose che vorrei dire sono tante, ma per molte questioni non posso dirle tutte in un’intervista. Mi piacerebbe però poterci scrivere un libro”




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MUSIC

Levante

SI RACCONTA

Dal singolo fortunato “Alfonso” che le ha dato la notorietà alla bravura che l’ha portata a calcare molti palchi importanti Martina DI DOnato

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laudia Lagogna, al secolo Levante, è una delle belle scoperte degli ultimi tempi. La sua voce graffia il cuore e non te la levi più dalla testa. Nata in Sicilia, a Caltagirone, ma trasferitasi a Torino da adolescente ha in mano la chitarra da quando aveva 11 anni e a 13 aveva già il suo primo contratto discografico. Ispirata dai grandi della musica come Tori Amos, Jenis Joplin, ma anche Meg e Carmen Consoli, a 27 anni ha già conquistato gran parte del pubblico italiano. Il boom c’è stato la scorsa estate con una canzone che parlava di un Alfoso, una festa da dimenticare ed una frase che sicuramente è stata filosofia di vita di parecchie persone. Da lì non si è più fermata. Facendo un passo indietro lungo un anno vediamo Levante ( chiamata così sin da piccola da

una sua amica influenzata dal film “Il ciclone”) affacciarsi al grande pubblico con un singolo che, né chi vi scrive né l’autrice, ama definire tormentone. Alfonso, infatti era la storia triste di una ragazza che si sente sola seppur si trovi circondata di persone. Ed è proprio grazie ad Alfonso che arriva il successo prima su youtube e poi la proposta che tutti aspettano. Levante è stata chiamata ad aprire i concerti di un grande della musica italiana come Max Gazzè. “Sono stata molto onorata di suonare con Max- racconta Levante- lui è una persona meravigliosa, è degno di essere definito artista, ha un’umanità infinita. Dopo ogni concerto, quando il pubblico al massimo del divertimento lo chiamava per il bis, lui divideva la scena con me ed insieme cantavamo Alfonso”. Dopo il “Sotto casa tour” Levante ha tentato di percorrere la strada verso Sanremo “Non amo i ta-


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lent show- continua Levante- ma Sanremo rappresenta un sogno per ogni artista e quindi ho provato, ma non è andata bene”. Poco male diremmo, visto che proprio mentre il Festival andava in onda lei incideva il suo primo album “Manuale distruzione”. Frutti di un duro lavoro durato anni e somma di tanti dolorosi passi in avanti, è da qui che nasce il nome basato su giochi di parole “Nella vita spesso l’esperienza viene dalla sofferenza, che se da un lato ti distrugge dall’altro ti forma, esattamente come un manuale d’istruzione”.In queste 12 tracce sono raccontate delle storie personali di Levante, ma anche storie di amici, alcune sono state scritte in momenti complicarti, come “Sbadiglio” in cui il “silenzio catartico” non è altro che la fine di un sentimento che probabilmente non c’era mai stato. Altre invece sono state scritte da amici ed è il caso “Nuvola” scritta da Alberto Bianco.

Anche la copertina dell’album ha una sua storia particolare. “L’11 gennaio sono tornata a casa, in Sicilia- dichiara Levante- perché avevo bisogno del mio passato. Come sempre mi sono messa a rovistare negli armadi ed ho trovato il vestito da sposa di mia madre. Sono andata in terrazza e lì ho avuto l’ispirazione, quella doveva essere la copertina. Volevo qualcosa che rappresentasse l’inizio e la fine e cosa c’era di meglio del vestito che nel 1975 dava inizio all’amore dei miei genitori e delle mura che hanno visto la fine dopo la scomparsa di mio padre?”. Ed ecco un’altra idea riuscita. Il disco va bene e lei è fiera. “Dopo una gavetta passata ad accettare di fare cose che non rispecchiavano le mie idee- sottolinea Levante- avevo voglia di raccontare una storia e ci sono riuscita. Sono riuscita a dire esattamente quello che volevo e


Photo Alessandro TREVEs come volevo. Non rinnego nulla del mio passato, anche le esperienze sbagliate servono e a me sono servite a capire cosa non volevo”. Quindi è iniziato il suo tour che l’ha portata a cantare davanti al suo pubblico in tutta Italia confessa “non sai che gioia quando canti le tue canzoni e tutti urlano a squarcia gola. Devo dire che quando arriva il ritornello di Alfonso mi sembrano tutti molto entusiasti di urlare che vita di..!”. Ma Levante ha calcato anche un palco che piace ai cantanti: quello del concertone del Primo Maggio. “il pubblico di Piazza San Giovanni non è proprio un pubblico facile- evidenzia Levante- perché è diverso da un concerto. Lì ci sono anche fans che aspettano il proprio artista preferito, ma devo dire che è andata più che bene. E’ stata una sensazione bellissima, poi il tema di quest’anno era quello di portare sul palco la propria storia ed io l’ho fatto. Sono salita sul palco in maniere solenne, sia nell’abbigliamento che nell’esibizione fino a quando ho avuto voglia di tirare fuori tutta la grinta. Inoltre devo ringraziare i fantastici musicisti che mi hanno accompagnato sul palco quel giorno e per tutto il tour: Alberto Bianco,

Daniele Celona, Federico Puttilli, Alessio Sanfilippo e Riccardo Parravicini ”. Levante è salita sul palco per raccontare la sua storia. La triste storia della scomparsa del padre che ha voluto ricordare con una scritta sul braccio. Messo da parte il primo maggio, Levante ha ripreso il suo tour e nel frattempo continua a scrivere per il suo secondo album che uscirà a breve. Ma non ci sono solo canzoni nella sua vita, infatti è stata scelta come testimonial per il marchio di una stilista torinese e per un marchio di scarpe. “ per certi versi sono molto timida- confessa Levantead esempio non riesco ad accettare i complimenti. E’ più forte di me,ma davanti alle telecamere non mi imbarazzo, anzi sin da piccola come tutti i bambini creativi amavo essere al centro dell’attenzione e mi esibivo per tutti. Ora che ho avuto l’occasione di farlo sul serio posso dire che mi sono divertita e rimasta anche molto colpita dal fatto che non mi abbiano scelto perché sono una modella ma perché sono un personaggio”. “Sono veramente felice di essere riuscita ad esprimermi come volevo in tutte le mie canzoni- conclude Levante- credo che tutto nella vita vada fatto con sinceri-

tà e dignità, anche gli errori che si commettono sono preziosi se vengono fatti con coerenza. Non ho mai smesso di credere nel mio grande sogno. Nonostante io abbia sofferto, pianto, abbia sbattuto la testa contro il muro più e più volte non mi sono mai arresa, credo sia un fattore di sincerità con se stessi e con gli altri. La coerenza paga e io oggi posso dire che non rimpiango assolutamente nulla del mio percorso artistico e personale”. E da quella festa di cui raccontava poco più di un anno fa ne ha fatta di strada Levante con la sua chitarra e la sua voce ha raccontato la sua storia con lucidità e sincerità, una storia che poi in realtà è anche un po’ la storia di ognuno di noi!



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VITA DA BLOGGER

L’Armadio del Delitto Cècile, una ragazza francese che vende vestiti vintage della zia Cecilia su Etsy. Nel suo blog condivide i suoi outfit con le ragazze che adorano rubare nell’armadio della nonna Martina DI DOnato


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écile, da dove nasce la tua passione per il vintage? La mia famiglia è molto vintage. Sono cresciuta con il fascino della vita parigina di mia nonna negli anni ’20, con i racconti di quanto mio nonno fosse bravo a ballare lindy hop negli anni ’30, con le avventure in giro per l’Europa delle mie zie negli anni ’50. Tutti i vestiti, le valigie di pelle, gli oggetti di ogni genere legati a questi racconti sono conservati nella casa di famiglia, una villa Belle-Epoque con carta da parati a fiori che dà sulla Manica, nel nord della Francia. Anch’io però da piccola, negli anni ’80, ero già vintage: mia mamma considerava la moda dei decenni passati più graziosa di quella degli anni ’80 e indossavo i vestitini anni ’70 delle mie cugine o i maglioncini anni ’50 dei miei zii. Insomma ho sempre viaggiato nel tempo! Come ti venuta l’idea di creare un blog? E perché chiamarlo “L’armadio del delitto”? Sono francese, e fino all’età di 21 anni non parlavo l’italiano. Nel 2009, quando ho creato il mio blog L’armadio del delitto, lavoravo per una rivista di wrestling e volevo migliorare il mio italiano scritto. Così ho deciso di aprire un blog per invogliarmi a scrivere con regolarità. Avevo bisogno di parlare di cose più femminili del wrestling e ho cominciato a parlare di moda vintage. Ci te-

nevo però a dare al mio blog un nome interessante, che facesse più pensare ad un film misterioso che a un banale pomeriggio di shopping. E così mio marito ha proposto questo nome! Quali sono gli argomenti che affronti? Su L’armadio del delitto, parlo di moda e cultura vintage, stile francese, fotografie belle e cosmetici naturali con tanti indirizzi e link di negozietti vintage o marche retrò ed etiche. Dò anche dei consigli su come scovare dei capi vintage nei mercatini delle pulci, come indossare i vestiti della nonna e sembrare giovane comunque e dove andare a ballare swing o rock’n’roll, sempre con un tono leggero ed ironico. C’è un personaggio in particolare da cui prendi inspirazione? Le avventure dei miei nonni mi hanno influenzata molto, ma ho anche la memoria piena di film vecchi, di romanzi della metà del Novecento, e più semplicemente di foto di blogger vintage di tutto il mondo. Inoltre ammiro molto le mie amiche vintage. Perché, secondo te, il vintage è diventato moda? Penso che la gente abbia ancora un po’ di buon senso. In passato, ogni oggetto, ogni bene era prezioso. E poi è diventato normale nella società occidentale comprare cose pessime ma economiche per buttarle e ricomprarle. Recuperare degli oggetti belli ma vecchi in realtà è una cosa naturale che tutti hanno

sempre fatto. Ma secondo me questa non è la sola ragione: la metà del Novecento è stata una delle epoche più creative da sempre nel campo della moda, ma anche del design, della musica, del cinema e così via. Le creazioni dell’epoca sono molto apprezzate oggi e hanno un ottimo rapporto qualità prezzo. Daresti alle nostre lettrici un consiglio per un outfit vintage estivo? Niente di più semplice: prendete un abitino svasato ma stretto in vita: è un taglio che sta bene a tutte le donne e che mette in risalto il punto vita e nasconde eventuali chili di troppo nella parte bassa del corpo. Se è retrò o vintage è meglio, ma potete trovare dei tagli del genere anche nelle grandi catene (attenzione alla qualità del tessuto però). Aggiungete una borsetta retrò a tracolla, delle scarpe con tacchi non troppo alti e un paio di accessori di vostra scelta: cappello di paglia, collana romantica o cintura sottile. Di sera aggiungete un bel rossetto rosso e voilà! Sotto ogni pagina che scrive nel suo blog c’è la traduzione in francese. Come mai? Generalmente si tende a tradurre in inglese. Sono francese, ma vivo in Italia, e passo da una lingua all’altra in continuo. L’armadio del delitto mi assomiglia!


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PEOPLE

Sof’ja Andreevna Bers

Uno stile urbano e raffinato creato dall’interesse, dalla curiosità e dalla fantasia della giovane pugliese Angela Papagni

ENRICO MORISCO

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aureata in lingue e letterature straniere conserva il suo grande sogno: creare una nuova eleganza street chic attraverso la sintesi delle diverse forme d’arte e delle culture. La linea di abbigliamento e accessori è sinonimo di ricerca, di creatività, ma soprattutto di unicità, esclusività, garantendo uno standard qualitativo alto con prezzi accessibili. Alla base di Sof’ja Andreevna Bers c’è proprio l’idea di proporre solo accessori artigianali e abbigliamento sartoriale in capsule collection. Il progetto Sof’ja Andreevna Bers, inoltre, funge da observer e raccoglie preview sui trend futuri. Sof’ja difatti non è solo brand, ma un percorso multi-sensoriale e multi-disciplinare tra stili e ideologie, il tutto esplicitato in un’unica interpretazione di forme e concetti, ridando vita anche all’ormai saturo concetto di vintage. Quando hai compreso che era proprio questa la strada che volevi percorrere “da grande”? L’idea di realizzare abiti è sempre stata in me, seppur in forma embrionale, sin dalla mia infanzia e adolescenza. Non sono totalmente nuova nel settore. Mi sono sempre occupata di tessuti, di cucito, ho sperimentato, ho provato a fare ciò che le donne della mia famiglia facevano da tempo. Mi sono occupata di moda e di trend per anni, portando avanti segretamente que-


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sacralità dei semplici momenti ed è quello che poi tento di trasportare in Sof’ja Andreevna. Mi lascio trasportare dalle frasi, dalle descrizioni, in primis da quelle della vastità della natura e della cultura russa; dalla stessa Sof’ja Andreevna Bers, una donna passionale, sensibile, forte e fragile al tempo stesso, colta, devota, tenace; da qui anche il logo e il nome del brand. E poi la memoria, la nostalgia, il ricordo: elementi che mi permettono di riproporre quello stile a volte urbano e a volte sognatore, visionario. Quando si crea generalmente si ha un punto focale, una visione sto progetto in contemporanea alle mie lauree. Il momento in cui si è concretizzato, la nascita, è avvenuta qualche mese prima della mia seduta di laurea magistrale. Quando ci si occupa di cultura russa e moda, e quando soprattutto si studiano figure forti ed enigmatiche come Sof’ja Andreevna Bers, moglie di L. N. Tolstoj, è facile sintetizzare il tutto in un unico prodotto. Quale è stato il primo capo che hai creato? Per chi? Istintivamente, mi vengono in mente gli abiti realizzati per la Barbie, icona pop indiscussa. Torno seria. Il primo capo realizzato, e che mi ha permesso di dar vita seriamente al progetto, è stata una t-shirt in cotone bianco con una croce ortodossa in un tessuto floreale posizionata al centro. Avevo questa idea in mente da tempo e ho deciso di esplicitarla in occasione di un evento in cui ho esposto per la primissima volta i miei capi. C’è un guru della moda a cui ti ispiri? Non proprio, non mi fossilizzo su un designer in particolare. Seguo i trend e sono per la sperimentazione. Preferisco mescolare gli stili e i capi in modo del tutto autonomo piuttosto che essere una spettatrice passiva. Mi lascio ispirare dalle cose, dalle sensazioni, dalle immagini. Mi ispira la

d’insieme che varia da persona a persona, il tuo da dove nasce? Sof’ja Andreevna, come precedentemente raccontato, è la sintesi di tutti i miei interessi personali, di ciò che ha sempre occupato la mia mente, una amalgama che permette di dare sfogo alla mia creatività. Sono laureata in letteratura russa, sono affascinata dall’iconografia e da come questi concetti tradizionali possano vertere verso un nuovo utilizzo inusuale e innovativo nel mondo contemporaneo. Cerchiamo, inoltre, di non trascurare affatto la moda maschile. Crediamo sia importante offrire una valida alternativa. Purtroppo, in giro c’è una tale monotonia e poca offerta per gli uomini. Il nostro sco-

po è proprio quello di tentare di colmare questa lacuna proponendo dei capi e degli accessori irriverenti. Parlaci della collezione, da come nasce il primo capo ad esempio, che generalmente è la linea di congiunzione di ogni capo… Ecco, è qui che ci lasciamo ispirare dai nostri stati emotivi. Personalmente curo la parte donna del brand Sof’ja Andreevna, mentre Valerio si occupa della parte menswear. Per la stagione P/E 2014 abbiamo rivisitato i 90s, abbiamo giocato con la nostalgia e con l’iconografia di quegli anni. Ci siamo lasciati trasportare dalle big bubbles, dalla Coca Cola dei fast food americani, dai colori dei gelati della nostra infanzia. E poi dal grunge: crop top, shorts e pantaloni e gonne a vita alta. Per l’uomo, invece, crediamo nei volumi e nelle lunghezze rivisitate, nelle geometrie nette create dalla contrapposizione cromatica del bianco e del nero ed infine nell’eleganza delle linee pulite. Cos’è per te la soddisfazione? A volte, con mia grande sorpresa e piacere, riconosco i nostri capi per strada, capi che entrano a far parte delle vite di chi li indossa. Ecco la vera soddisfazione. Immagino sempre poi di poter apprendere le occasioni in cui vengono indossati, dove la per


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sona va o cosa fa ogni volta che li ha addosso. Rivalità, la conosci o l’hai conosciuta? Sicuramente l’ambiente della moda ha delle difficoltà per chi intraprende questa avventura. Capita a volte di doversi scontrare con una realtà dura, specialmente quando lavori molto sulla promozione dei capi o organizzi eventi. L’importante è conservare la propria spiritualità e una grande dose di pazienza e non lasciarsi tangere da fattori esterni. Guardare al lavoro altrui toglie tempo al proprio e bisogna restare sempre concentrati. C’è una persona che ti ha incoraggiata in questo progetto lavorativo? Valerio, oltre alla persona che lavora attivamente su Sof’ja Andreevna e al Vlab Store, è colui che mi ha fatto rendere conto del potenziale che c’era in me. Probabilmente mi ha aiutata a liberarmi di alcuni vincoli e a lasciar parlare la mia ispirazione. Fondamentali per me sono state le persone a me vicine, alcune amiche e la mia famiglia: loro fungono da consiglieri nei momenti di stress lavorativo e da tester quando un nuovo capo viene alla luce. Hai piani per il futuro lavorativamente parlando? Non posso immaginare di poter smettere di occuparmi dei miei due progetti, del Vlab Store e di Sof’ja Andreevna. Siamo costantemente a lavoro su entrambi i fronti, in store e sulla creazione dei capi. Vogliamo comunicare il nostro modo di essere e di operare, vogliamo prenderci cura dei nostri clienti, vogliamo essere attenti alle loro esigenze. Il Vlab store, inoltre, è nascosto dal circuito cittadino più commerciale proprio per preservare l’unicità delle scelte che propone, è per questo che vogliamo continuare a crescere e a lasciarci stimolare. L’ambiente viene costantemente rinnovato, oltre che nell’offerta merceologica, anche negli spazi in base alla nostra ricerca

quotidiana. Siamo molto eclettici in questo: non seguiamo le tendenze più commerciali e ci occupiamo del costante monitoraggio dei trend. Se potessi essere qualcun altro chi saresti? È una domanda curiosa, specialmente per una donna che opera in questo settore. Qualcuno potrebbe lasciarsi incuriosire dalla vita professionale di noti designer o delle muse della moda. Onestamente, dovendo pensare ad uno scambio di vite non saprei quale icona scegliere. Sono troppo curiosa di sapere come si svolgerà il mio percorso di crescita lavorativa. Se avessi un superpotere lo useresti? Se sì, come? Il filosofo Émile-Auguste Chartier ha scritto “L’uomo si annoia del piacere ricevuto e preferisce di gran lunga quello conquistato”. Ho pensato al dono del teletrasporto per potermi muovere più facilmente, alla moltiplicazione per creare duplicati fisici di me stessa ed essere più operativa, all’invulnerabilità per essere immune dai problemi di salute o alla chiaroveggenza per prevedere il futuro, ma non voglio lasciarmi tentare. Preferisco attendere che tutto si realizzi. Il tuo segno zodiacale? Sono totalmente uno Scorpione, purtroppo o per fortuna. Lo è anche Valerio. Sarà per questo che amiamo e ci occupiamo delle stesse cose? Cosa vorresti dire ai lettori di iBoo Magazine? Sarei felice se fossero rimasti incuriositi dall’universo Sof’ja Andreevna e Vlab Store



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É l’ora del festival

La stagione dei grandi eventi è ormai nel pieno del suo fermento. La scelta è sempre più ricca di nuovi ed esclusivi eventi e l’attenzione in tutta Europa è alta. Dagli appuntamenti sulle spiagge assolate sino ad arrivare ai paesaggi urbani, è il momento di unire relax a viaggi, musica e intrattenimento RICCARDO SADA

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migliori festival europei si fanno avanti. Sulla cartina sono posizionati qua e là, in Austria ma anche in Lettonia, in Germania e nella terra di chi detiene il primato di numero di appuntamenti, ovvero la Croazia; senza contare la vecchia cortina dell’est come la Polonia e la Serbia, e senza dimenticare di andare su, a nord, sino all’Olanda. Si chiamano Snowbombing, Positivus, Melt! e Time Warp, The Garden Festival, Off Festival, Exit e Amsterdam Dance Event. E a carattere internazionale sono davvero il massimo in relazione agli spettacoli offerti. Se la stagione dei grandi eventi è ormai dietro l’angolo, quale modo migliore se non entrare già in un cli-

ma di festa. Dalle vacanze al sole sino ai rifugi montani, c’è un festival per tutti. Per un’esperienza unica, accompagnata dai suoni innovativi, indie band, dj set, visual, arte e installazioni, oltre che musica dai più grandi artisti del momento, da oggi sino ad autunno ci sarà da viaggiare e da ballare, da rilassarsi e da cantare. Insomma, da divertirsi. Lasciati alle spalle ad aprile il Time Warp di Mannheim, che ha festeggiato il suo ventesimo compleanno, e lo Snowbombing di Mayrhofen, forte di una location fatta di Spa lussuose, luoghi segreti sulle montagne e interminabili sciate, si possono già fare le valigie per la costa dalmata dell’Adriatico.


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The Garden Festival Sito internet: www.thegardenfestival.eu Quando: dal 2 al 9 luglio Dove: Tisno, Croazia Chi si esibisce: Derrick Carter, Francois K, Levon Vincent, Bicep, Ewan Pearson, Soul Clap, Prosumer, Axel Boman, Seven Davis Jr, e altri ancora. Consigliato per le spiagge baciate dal sole e le feste su barche con musica house, disco e funk. Il festival fondatore della scena estiva croata torna quest’anno in una perfetta cornice per il pubblico: un’atmosfera intima accoglierà artisti da tutto il mondo. I party sulla spiaggia avranno un clima più rilassato mentre quelli sulle barche o nei club presenteranno un incredibile numero di dj internazionali house e Disco. Exit Sito internet: www.exitfest.org Quando: dal 10 al 14 luglio Dove: Novi Sad, Serbia Chi si esibisce: Disclosure, Rudimental, Damon Albarn, Carl Cox, Skrillex e altri. Consigliato per le feste a getto continuo in un’antica e storica fortezza locale; grandi i nomi che si cimenteranno nella leggendaria Dance Arena dove si terranno esclusivi back2back. Vincitore del premio “Miglior Grande Festival” durante gli European Festival Awards, l’Exit è nato 14 anni fa. Fondato da tre studenti, è stato la risposta al regime di Milosevic di fine anni Novanta. Situato nella fortezza di Petrovaradin a Novi Sad, in Serbia, offre un gran numero di generi musicali e di palcoscenici collegati da pittoresche strade di ciottoli, mura e gallerie. Quest’anno tra gli artisti ci saranno Damon Albarn, Disclosure, Skrillex e tanti top dj. Da urlo

il faccia a faccia sonoro tra Carl Craig e Green Velvet. Melt! Sito internet: www.meltfestival.de Quando: dal 18 al 20 luglio Dove: Ferropolis, Germania Chi si esibisce: Portishead, Dixon, Jungle, Four Tet, Haim, Metronomy, Panda Bear, Mano Le Tough e tanti altri. Consigliato a chi ama ballare sino all’alba e vuole conoscere i più interessanti artisti dell’anno. Torna il Melt!, sempre nella “Città del Ferro”, a due ore di macchina da Berlino. L’appuntamento attrae ogni anno i veri intenditori di musica elettronica, grazie alla sua innovativa line-up. Enormi macchine industriali prendono vita nella notte in un incredibile show audiovisivo. Quest’anno aspettatevi grandiose performance da grandi nomi come Portishead, Dixon e Jeff Mills. Positivus Sito internet: www.positivusfestival.com Quando: dal 18 al 20 luglio Dove: Salacgriva, Lettonia Chi si esibisce: Bastille, Ellie Goulding, MO, Kraftwerk, The 1975 e altri ancora. Consigliato per il suo paesaggio unico, con coste mozzafiato e musicisti in vetta alle classifiche. È il più grande festival di musica e arte nei Paesi Baltici. Si celebra nella pittoresca cittadina di mare di Salacgriva, in Lettonia. È il Positivus, che quest’anno ospiterà anche la Red Bull Music Academy in uno dei suoi tre palcoscenici principali combinando perfettamente grandi nomi internazionali e artisti emergenti. Il festival offre anche attività di arte e danza. Off Festival Sito internet: www.off-festival.pl

Quando: dal 2 al 4 agosto Dove: Katowice, Polonia Chi si esibisce: Belle and Sebastian, Fuck Buttons, Holden (live), Neutral Milk Hotel e altri. Consigliato per chi vuole vivere un’esperienza da festival elitario grazie a cui scoprire artisti internazionali alternativi, audaci ed eclettici. Per gli amanti della musica indie ed alternativa, per chi opta per un mood lussureggiante che solo la Valle dei Tre Laghi di Katowice, in Polonia, può dare, ecco Off, il festival che incarna uno stile di vita che va controcorrente. Gli organizzatori sono dei veri esperti nel campo della musica innovativa e lo dimostrano i James Holden e Belle & Sebastian in cartellone. Amsterdam Dance Event (ADE) Sito internet: wwww.amsterdam-dance-event.nl Quando: dal 15 al 19 ottobre Dove: Amsterdam, Olanda Chi si esibisce: tutti gli artisti della dance, dalla A alla Z Consigliato per: chi ama le maratone di 24 ore fatte di feste e seminari. ADE è l’unico modo per finire in bellezza la stagione dei festival. La città di Amsterdam viene presa in ostaggio dalla musica elettronica per cinque giorni e cinque notti. Più di 80 discoteche partecipano al più grande “Club Festival” del mondo, con oltre 200 dj internazionali che suonano di tutto, dalla house alla techno, dal bass trap alla trance. Gli aspiranti dj qui possono fiorire grazie al programma quotidiano ADE Playground che offre incontri per discutere di tecnica, poi dibattiti e prestazioni dal vivo.


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ARTE

Frida Kahlo Autoritratto con collana di spine, 1940 Olio su tela, cm 63,5 x 49,5 Herry Ransom Center, Austin ©Banco de México Diego Rivera & Frida Kahlo Museums Trust, Mexico D.F. by SIAE 2014

FRIDA KAHLO: TRA DOLORE E RIVOLUZIONE “Pintaria el dolor, el amor y la ternura”. Il mito di Frida Kahlo, icona di forza, coraggio e dignità

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lle scuderie del Quirinale di Roma, dal 20 marzo al 31 agosto 2014 la vita della pittrice, FridA Khalo sarà esposta attraverso la mostra curata da Helga Prignitz- Poda. Magdalena Carmen Frieda Kahlo y Calderòn, meglio nota come Frida, è stata una scrittrice, pittrice e sostenitrice della rivoluzione messicana. “Sono nata con la rivoluzione. Diciamolo. E’ in quel fuoco che sono nata, portata dall’impeto della rivolta fino al momento de vedere il giorno. Il giorno era cocente. Mi ha formato per il resto della vita. Da bambina crepitavo, da adulta ero fiamma. Sono proprio figlia della rivoluzione, non c’è dubbio, e di un vecchio dio del fuoco adorato dai miei antenati”. Frida era nata il 6 luglio 1907 a Coyoacàn, ma lei amava dire

MARTINA DI DONATO di essere nata nel 1910 ( l’anno in cui iniziò la Rivoluzione messicana). Terza, di quattro figlie, il padre desiderava darle un nome tedesco e così fu: Friede in tedesco vuol dire pace. Frida Kahlo aveva una stravagante personalità, mostrata sin da giovane, anche attraverso il rifiuto della convenzionalità. Nel periodo scolastico si legò ad un gruppo di studenti che sosteneva il nazional socialismo, nello stesso periodo inizia a dipingere, quasi per gioco. A 18 anni un terribile evento le cambierà per sempre la vita: l’autobus con il quale stava tornando a casa da scuola finì schiacciato contro un muro. Frida riportò gravi danni alla colonna vertebrale, al femore, alla gamba sinistra e in altri punti del corpo. Passò molto tempo a letto con il busto, annoiata dall’immobilizzazione, decise di iniziare a dipingere. I genitori decisero di regalarle un letto a baldacchi-

no con sopra uno specchio, così Frida poteva osservarsi bene e iniziare a creare i fantastici autoritratti che faranno la storia della sua pittura. Ma il dolore causato dall’incidente non fu l’unico dolore che Frida dovette affrontare nella sua vita: appena essersi ripresa, decise che i suoi quadri non dovevano rimanere chiusi in una stanza, per questo si recò da Diego Rivera, un illustre pittore al quale si rivolse per un giudizio critico. I due si trovarono in sintonia e Diego decise di prenderla come sua allieva. Da lì a poco, inevitabilmente, i due si innamorarono e nel 1929 convolarono a nozze ( alla cerimonia era presente solo il padre di Frida), dando vita ad una delle storie d’amore più travagliate di sempre. “ Ho subito due gravi incidenti nella mia vita … il primo è stato quando un tram mi ha travolto e il secondo è stato Diego”, questa


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frase racchiude a pieno tutta la sofferenza che Frida ha riversato in questo amore. Frida morì di polmonite bronchiale il 13 luglio del 1954, dopo una vita all’insegna dell’ amore, della sofferenza, della tristezza, della delusione e soprattutto all’insegna della passione. Indubbiamente Frida ha segnato un’epoca e poi un’altra ancora, diventando così una vera e propria icona della cultura messicana, ma non solo. Osannata in tutto il mondo e sotto ogni forma si può definire percorritrice della cultura femminista e grande esempio di forza e coraggio, la sua storia è così conosciuta tanto da diventare soggetto di una pellicola Hollywoodiana del 2002. La mostra al palazzo alle Scuderie del Quirinale è formata da 40 opere che racchiudono al meglio la sua pittura, legata al suo mondo, al suo Messico, rappresentato con elementi tradizionali come il simbolo di Ollin, ma anche il suo mondo interiore, ben descritto nei suoi famosi autoritratti, come “Autoritratto con vestito di velluto” del 1926 oppure “Autoritratto con collana” dipinto nel ’40 e mai fin’ora esposto in Italia. Fra le altre opere è esposto anche il meraviglioso dipinto dal titolo “L’amore abbraccio dell’universo, la Terra (Messico), io, Diego e il signor Xòlotl” (1949) che rappresenta al meglio la misticità di Frida e la sua sconfinata volontà di riuscire a far conciliare il suo cosmo con quello dell’amato Diego Rivera. La mostra espone le varie tappe del suo percorso artistico, dal Surrealismo al Realismo magico. E’ la storia a tappe della vita di una donna che ha fatto dell’arte la sua espressione imprimendo su di una tela i momenti di grande tristezza o quelli di grande passione, che lo spettatore riesce a cogliere ed lì che si attua la magia di quella donna che iniziò a dipingere quasi per caso. La mostra proseguirà al Palazzo Ducale di Genova, con un’esposizione dal titolo “ Frida Kahlo e Diego Rivera” ( dal 20 settembre al 15 febbraio 2015).

Frida Kahlo L’amoroso abbraccio dell’Universo, la Terra (Messico), io, Diego e il signor Xolotl, 1949 Olio su tavola, cm 70 x 60,5 The Jacques and Natasha Gelman Collection of the 20th Century Mexican Art and The Vergel Foundation , Cuernavaca © Banco de Mexico Diego Rivera & Frida Kahlo Museums Trust, México D.F. by SIAE 2014

Frida Kahlo Moses o Nucleo Solare, 1945 Olio su tavola, cm 61 x 75,6 Collezione privata © Banco de México Diego Rivera & Frida Kahlo Museum Trust, México D.F. by SIAE 2014


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ARTE

John Everett Millais, Ofelia, 1851-52, olio su tela, Courtesy Tate, London 2014

BELLEZZA MALINCONICA

I Preraffaelliti a Palazzo Chiablese, Torino

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uanto hanno influenzato il XX secolo i cosiddetti confratelli Preraffelliti e quanto sono in realtà conosciuti dal grande pubblico? Difficile a dirsi. Un’occasione imperdibile per conoscere meglio questi artisti, dunque, quella presentata il 19 aprile scorso presso Palazzo Chiablese di Torino nata dalla collaborazione tra il Sole 24 Ore e la Tate Gallery di Londra. Un’opportunità che il nostro Paese non poteva lasciarsi sfuggire e che è stata prontamente colta dall’Assessore Maurizio Braccialarghe e dal Direttore Generale dei Beni Culturali Mario Turetta. Dopo aver attraversato i continenti questa splendida collezione inglese infatti si ferma per un’ultima tappa proprio in Italia, quell’Italia che tanto aveva ispirato la fantasia e la creatività della Confraternita dei Preraffaelliti. Nati ufficialmente dall’incontro tra Dante Gabriel

CHIARA GALLO Rossetti e William Holman Hunt negli anni successi al 1848, questi pittori “ribelli”, sfuggivano la società del tempo, rifugiandosi all’interno di un’arte fantastica, sognata e simbolica, la quale rinnegava l’accademismo successivo all’idealista Raffaello. Un movimento nato e conclusosi in gran Bretagna negli anni in cui il motore della Seconda Rivoluzione Industriale girava a pieno ritmo, sfornando meraviglie della tecnica e orrori delle nuove metropoli. Attraversando i corridoi di Palazzo Chiablese, è impossibile non collegare mentalmente l’immagine dell’Ofelia di John Everett Millais alla celebre opera teatrale di Shakespeare, o la Beata Beatrix di Dante Gabriel Rossetti alla musa ispiratrice di Dante Alighieri. Un percorso di settanta opere che si sviluppa in sette sezioni all’interno delle quali vengono illustrate le principali tematiche che caratterizzarono questa ristretta cerchia di artisti. Si passa dalla rappresentazione di scene tratte dall’opera e dal

teatro, come nella trasposizione di Lear e Cordelia di Ford Maddox Brown, per ammirare poi alcuni capolavori rivolti ad un pubblico in origine privato che ritraggono episodi biblici o religiosi come in Ecce Ancilla Domini! di Dante Gabriel Rossetti, a cui seguono alcuni dei suoi più celebri lavori quali Proserpina o l’Amata, per giungere infine all’ormai quasi simbolista Edward Burne-Jones, autore dei quadri Vespertina Quies o Amore e il Pellegrino, con i quali termina la mostra. Un’esperienza artistica che si farà conoscere nel XX secolo grazie allo stile Liberty, ma le cui cortesi e tuttavia seducenti donne, le illusorie fughe dalla realtà, il romanticismo soffuso, hanno sedotto nel tempo artisti del calibro di Gustav Klimt, scrittori quali John Ruskin, musicisti quali i Bauhaus o i Cure. Registi, pittori addirittura stilisti, si sono ispirati ai loro paesaggi e alle loro dame, portando con sé quella malinconica bellezza, adatta ad ogni luogo e tempo.


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IL PILONE RE DELL’ASADO Il pilone della nazionale italiana di rugby ci racconta dei suoi impegni fuori e dentro il campo, con e senza la palla ovale. MARTINA DI DONATO

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otrebbe sembrare un orco, e forse un po’ lo è, ma solo sul campo, perché fuori Martin Castrogiovanni è altro. Fuori è una persona socievole, che ama stare in mezzo ai bambini e sorridere alla gente. Fuori è il fidanzato che cucina, il padrone che gioca con il suo cane e il ragazzino che gioca con la playstation sul divano. E’ un ragazzo che ama la correttezza ed il rispetto per gli amici, per chi indossa la maglia di un altro colore e per le regole. E’ da poco uscito nelle librerie “L’ovale rimbalza male” (Giunti Editore), un libro in cui tu, Gon-

zalo Canale e Sergio Parisse raccontate la vostra storia con il rugby e come questo vi abbia portato ad essere ciò che siete. Ti chiedo allora quanto e come ha influito il rugby nella tua vita. “Il rugby e’ stato fondamentale nella mia vita, da quando avevo 18 anni vivo per questo sport e grazie al rugby ho fatto delle scelte di vita che probabilmente nessun’altra attività mi avrebbe permesso di fare. Ho vissuto in tre paesi differenti e conosciuto tantissime culture, mi ha insegnato il vero valore dell’amicizia e del rispetto per gli altri e per il migliore. Credo che questi valori mi serviranno per sempre”.


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Cosa c’è dietro la durezza del rugby? “Come ho già detto dietro a questa durezza ci sono una miriade di valori. Siamo una squadra e siamo sempre uniti per gli stessi obiettivi, capire cosa vuol dire sacrificio e’ una delle parti più importanti”. Qualche tempo fa sei stato protagonista di un bellissimo spot pubblicitario in cui cercavi di intrufolarti in squadre di pallavolo e ginnastica ritmica, come dimostrazione della vicinanza a tutti gli atleti che hanno partecipato alle Olimpiadi del 2012 e soprattutto a quelli che non hanno partecipato, come voi. Infatti il rugby è uno sport che attualmente non è presente tra gli sport Olimpici, anche se nel 2016 verrà reinserito. Perché secondo te non viene considerato uno sport Olimpico? “Soprattutto per una questione tempistica: non e’ fisicamente possibile giocare due partite in una settimana. Una settimana e’ il tempo minimo necessario per recuperare dalle “botte” prese durante uno scontro di rugby”. Sei nato a Paranà in Argentina, ma le sue origini sono italiane. Hai giocato per il Leicester, squadra inglese, ora giochi in Francia con la squadra Tolone. Ma qual è il posto dove scappi appena puoi? “Appena posso scappo sul Montello, una collina vicino a Treviso dove ha vissuto la mia ragazza e tutt’ora vive mia suocera. E’ un posto stupendo immerso nel verde dove spero davvero di poterci andare a vivere quando finirò di giocare a rugby. Questo e’ un avvertimento per i fratelli di Giulia che sono gelosissimi di quella casa!!” Da pilone della Nazionale italiana a fidanzato e a breve marito. In quale ruolo ti senti più bravo? “Da pilone posso esprimermi al 200%!! Ho sempre l’arbitro che mi rompe ma a casa Giulia fa da

arbitro”. La tua fidanzata, Giulia Candiago è anche lei una sportiva, è stata campionessa di sci. Qual è la cosa che ti colpisce maggiormente di una donna? “Delle donne mi colpisce la loro forza. Le mamme sono incredibili, si dedicano ai loro figli senza chiedere niente a nessuno e trovano sempre energie nuove per dedicarsi ai loro figli anche quando arrivano da giornate intere di lavoro. Sono incredibili”. C’è una differenza nel modo di vedere il rugby in Argentina o in Inghilterra o in Francia? “Il rugby e’ sempre rugby. Ci sono tecniche d’allenamento diverse o tecniche di approccio alle partite diverse ma posso scommettere che non appena metti piede in campo ovunque tu sia, ti viene in automatico quello che devi fare”. hai due ristoranti italiani a Leicester, insieme al rugbista irlandese Geordan Murphy. Come ti sente in versione chef? Qual è il piatto che più ami preparare, magari per Giulia? “Mi piace cucinare, anche se da quando sono in Francia mi dedico molto meno. Preferisco approfittarne delle giornate di sole che chiudermi in cucina come facevo in Inghilterra perché pioveva sempre. Il mio piatto forte rimane sempre e comunque l’asado. Anzi io sono IL RE DELL’ASADO” Nel 2009 durante una festa tenutasi dopo la competizione “Sei nazioni” c’è stato uno spiacevole episodio con il giocatore francese Chabal. Sembra che Lui abbia infastidito la tua fidanzata e come risposta ad un tuo suggerimento ad allontanarsi hai ricevuto un pugno. Nella vita come reagisci alle aggressioni fisiche o verbali? “Quella vicenda e’ stata gonfiata dai giornali perché in realtà

non e’ successo nulla di tutto ciò e forse perché sono una testa calda allora tutti si sono inventati delle storielle. Sto imparando con il tempo a non farmi prendere la testa non appena mi affrontano, alcune volte ci riesco altre sono piu’ istintivo ma fortunatamente quando succede qualcosa sono in un campo da rugby e posso sfogarmi”. Cosa provi prima di un match? E quando ti scontri con i temibili All Blacks? “Prima della partita faccio sempre gli stessi passaggi, mai niente di diverso perché devo ritrovare al meglio la concentrazione e la sicurezza in me stesso. Che siano gli All Blacks o l’ultima squadra in campionato i pensieri sono sempre di dare il massimo”. Hai un particolare rito scaramantico primo di scendere in campo? “Devo sempre entrare camminando in campo e passare la linea bianca di bordo campo con il piede sinistro”. A fine giugno terrai un camp a Jesolo con i ragazzi che vogliono avvicinarsi al rugby. Cosa ti aspetti da questa esperienza? “L’obiettivo e’ cercare di trasmettere il più possibile lo spirito del rugby ma divertirsi e’ la parola d’ordine per loro e anche per me! Spero chiaramente che ci sia una grande partecipazione perché io adoro i bambini e mi invento qualsiasi cosa quando sono con loro”. Sei spesso ospite in programmi televisivi, lo scorso anno sei stato anche ospite al Festival di Sanremo, secondo te come mai sei così amato dal pubblico? “Credo che sia perché sono così come mi vedono tutti in tutti i momenti della mia vita. E perché rimango sempre e comunque un cialtrone”.


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os’ hanno in comune il fulcro dell’attivita economica svizzera e la nota performer Marina Abramovich? Apparentemente nulla. È proprio a Ginevra tuttavia che l’artista si è concessa al pubblico per uno dei suoi famosi workshop, all’interno del quale i partecipanti hanno preso parte per la prima volta all’esercizio “Counting the rice”. Abbiamo chiesto all’artista torinese Ella Marciello, quali sono state le sue impressioni sull’esperienza a cui ha preso parte. Innanzitutto come ne sei venuta a conoscenza? Ho saputo di “Counting the rice” qualche settimana prima del suo inizio. Istintivamente ho deciso di andarci. Il workshop si è tenuto presso il Centro d’Arte Internazionale di Ginevra e si è svolto nella giornata del 3 maggio scorso. Non sapevo esattamente cosa aspettarmi. Avevo letto di “Counting the rice” e lo conoscevo come uno degli esercizi di “Cleaning the house”, basati sulla concentrazione, la forza di volontà e l’introspezione. L’esercizio in questione chiedeva per l’appunto di contare il riso. Perché il riso? Perché, come ha annunciato Marina una volta arrivati tutti i partecipanti, ripetendo un gesto così semplice più e più volte, quel gesto perde di significato acquistandone un altro. Esso diventa tempo, galassia, universo. Di fronte ad ognuno di noi, riso e lenticchie aspettavano di essere contate. Dotati di carta e penna, tutti hanno dato il via alla propria personale sfida di concetrazione che sarebbe durata di lì a sei ore. Anche io inizio a dividere, conto in gruppi di cento, tengo nota dei bianchi, dei neri, e poi di nuovo, da capo, in file ordinate. Il pensiero acquista quindi una profondità diversa, il tempo si dilata e la mente comincia il suo viaggio: una bolletta da pagare, un amore che è finito, quelle mail da scrivere e mio padre che solo verso i trent’anni ha ini-

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ziato a smettere di volermi capire... La concentrazione non passa nemmeno per un istante, tra emozioni violente e pensieri della vita ordinaria. Lo scopo è quello analizzare la propria coscienza e il modo attraverso cui suddividiamo il mondo in categorie, lo affrontiamo e con quale profondità d’animo affichè esso diventi sempre più simile al nostro modo di essere. Il gesto si trasforma in automatismo ed eleva la mente. Ho terminato il conto con 4854 lenticchie e 6670 chicchi di riso.

tela o su un foglio di carta. Ho iniziato a sperimentare, trovando posto a metà strada tra l’informale, l’espressionismo astratto e la pittura materica. Non sono interessata alla forma. Sono interessata al contenuto, alla materia, alla sensazione. I miei lavori sono basati sulle emozioni che provo mentre dipingo, su ricordi, su connessioni o interazioni umane. Cerco sempre di entrare in contatto con il fruitore e di emozionarlo attraverso l’espressione della mia arte.

Cos’ è che ti ha colpito di più di Marina? Ciò che mi ha colpito di più è la sua capacità di dominare lo spazio in cui si inserisce e la serenità che riesce a comunicarti attraverso gesti che solo in seguito sei in grado di comprendere. È esattamente come avevo pensato che fosse.

In qualche modo le idee di Marina hanno influenzato il tuo lavoro? Ho un progetto in via di realizzazione, che si chiama “Are you present?”. Nasce ispirandosi alla performance “The Artist is Present” di Marina Abramovic, presentata al MoMa di New York nel 2010, in cui l’artista per tre mesi ha permesso a persone comuni di sedersi su una sedia di fronte a lei, rimanendo in silenzio e in contemplazione. Traendo spunto da queste persone, ho concepito le tele. Sono ritratti del breve passaggio di una consapevolezza nuova ed antica, quella della transitorietà dell’uomo; momenti di emozioni violente eppure silenziose e semplici, come il gesto sottovalutato di prendere posto davanti a qualcuno e di scambiare con esso parte di se stessi. L’obiettivo di questa serie di lavori è l’introspezione, intesa come studio dell’animo umano ad un nuovo punto di svolta: quello delle relazioni che intercorrono tra individui.

Cosa ha rappresentato “Counting the rice” per te? Difficile riassumere in poche righe ciò che quest’esperienza mi ha trasmesso. Sicuramente mi ha condotto ad esplorare una dimensione molto profonda di me stessa e, al contempo, ad accettare che l’umiltà di un gesto così piccolo possa nascondere la chiave di accesso ad una forza di volontà e ad una consapevolezza che troppo spesso mettiamo da parte. Se dovessi incontrare di nuovo l’artista cosa le chiederesti? Uno dei punti del Manifesto di Marina Abramovic recita: “An Artist has to learn to forgive”, un artista deve imparare a perdonare. Le chiederei di svelarmi se lei ci è riuscita e come. . Parlaci un po’ di te e della tua arte Ho sempre avuto molto da comunicare. L’ arte per me è una necessità, un bisogno intrinseco. Sono sempre stata appassionata di Letteratura e Filosofia, oltre che di Arte, e queste passioni mi hanno permesso di trovare un equilibrio connesso con il concetto di spazio che fosse su una

Dopo il workshop di Ginevra il tuo punto di vista in merito all’artista è cambiato? Non so se il mio punto di vista sia cambiato, direi piuttosto che si è ampliato. Quello che so con sicurezza è che molto può essere capito in un giorno qualunque, compiendo un gesto qualunque seduta tra perfetti estranei.


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IL MONDO IN PILLOLE

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IL MONDO

UN’ESPOSIZIONE “HAPPY” A PARIGI Cantante, produttore, musicista, stilista e adesso anche artista, William Pharrel non ne perde una. Il 27 maggio è stata inaugurata al Marais di Parigi la mostra di arte contemporanea del poliedrico Pharrel. 49 opere il cui tema principale è il mondo femminile così come nel suo ultimo disco “GIRL”. L’opera è visitabile fino al 25 giugno.

LA CHITARRA CHE VALE MIGLIAIA DI DOLLARI George Harrison è stato una delle icone degli anni ’60 soprattutto grazie al suo gruppo “The Beatles”. Ma come ogni mito anche la sua luce sembra non spegnersi mai. Lo scorso 21 maggio, infatti, è stata battuta all’asta la sua Rickenbacker 425 del 1962 per 657 mila dollari. Pensare che George l’acquistò per meno di 500 dollari nel 1963. Un vero affare insomma!!

JUSTIN TIMBERLAKE VINCE I BILLBOARD Il cantante statunitense Justin Timberlake ha vinto il Billboard Music Award, uno dei premi musicali più prestigiosi. All’ex componente del gruppo pop ‘N Sync sono stati assegnati il premio come “Artista dell’anno” e altre 7 statuette. Chissà se ai tempi della sua apparizione al “Mickey Mouse Club” se lo sarebbe mai aspettato?

DALL’ALBA AL TRAMONTO, LA SERIE From dusk till Dawn è la serie rivelazione tratta dall’omonimo film di Robert Rodriguez, che oltre ad aver prodotto la serie ha girato anche alcuni episodi. La storia dei terrificanti fratelli Gecko è trasmessa su El Rey Network. In attesa che venga trasmessa anche in Italia!


O IN PILLOLE LA TECNOLOGIA NON SI ARRESTA MAI La Microsoft ha inventato una nuova applicazione che permetterà di tradurre in tempo reale le conversazioni su Skype. L’applicazione prende il nome di “Skype translate” e dovrebbe approdare sul mercato a fine anno. Quindi se volete videochiamare qualcuno ma avete il problema della lingua, niente paura, la tecnologia ha pensato anche a questo!

LA MOSTRA CHE NON TI ASPETTI All’ONO Arte di Bologna dal 15 maggio al 14 giugno sarà esposta una mostra dal titolo “Daft Punk: French Touch” in cui sarà ripercorsa la straordinaria carriera del duo francese a partire dal 1992, anno in cui Guy Manuel de Homem-Christo e Thomas Bangalter si sono uniti. Da allora il gruppo non ha smesso di sfornare pezzi di successo.

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MAYA ANGELOU UNA VITA DA POETESSA La poetessa Maya Angelou è scomparsa lo scorso 28 maggio all’età di 86 anni. Nata a St. Louis, è stata attivista nella lotta per i diritti civili accanto a Malcom X e a Martin Luther King. Ha vinto numerosi riconoscimenti, tra gli ultimi ricordiamo la Medaglia presidenziale della Libertà assegnatagli nel 2001 da Barack Obama.

MEHDI GHADYANLOO E I SUOI MURALES L’artista iraniano Mehdi Ghadyanloo sta ricoprendo di murales la città di Teheran, donando un tocco di gioia alle pareti spoglie e grigie degli edifici. Le immagini davvero spettacolari con effetto 3D stanno incantando tutto il mondo.


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DIALOGO

QUANDO L’ESSERE TIMIDI CI CONDIZIONA IL SUCCESSO SOCIALE E L’APPROCCIO CON IL PARTNER? Vi sentite persone introverse, forse riflessive e timorose rispetto a chi mostra coraggio, spirito d’iniziativa e determinazione? VIRGINIA MALONI *

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gnuno di noi ha un proprio temperamento e modi di agire, ma la differenza tra una personalità temeraria ed una più timida va ricercata non soltanto nella costruzione della individualità, e quindi la storia del soggetto, le sue relazioni primarie ecc, ma anche nel funzionamento del sistema nervoso centrale. Infatti, per circoscrivere le peculiarità dell’introversione/estroversione dobbiamo fare riferimento all’in-

terazione complessa tra fattori genetico-biologici ed ambientali. Lo dimostrerebbe l’esito di uno studio di un gruppo di ricercatori della Fondazione Santa Lucia dell’Università la Sapienza di Roma. Lo studio mette in relazione le dimensioni del cervelletto e le caratteristiche del carattere: cervelletto piccolo/personalità introversa e viceversa. Normalmente tale organo è deputato alle funzioni motorie e cognitive e grazie a questa ricerca se ne rilevano le funzioni emotive. La timidezza però non è per forza un difetto, come la persona


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estroversa non è per forza migliore di quella più chiusa. Dipende dal grado di percezione che la persona ha di se stessa e come questo le condiziona l’approccio con gli altri. Molto spesso si associa la persona timida a quella problematica e ansiosa, ma non è proprio cosi. La paura di essere fuori luogo e inadeguati, non coincide con la timidezza. Sicuramente la persona timida sente delle difficoltà in maniera più amplificata, ma ha anche delle peculiarità importanti, come per esempio la maggiore e più prolungata capacità di attenzione e di ascolto verso l’altro. Questo rende le persone timide più propense ad accogliere l’altro e a conservare un maggiore ricordo emotivo della relazione. Gli estroversi sono coloro che sicuramente si imbattono nelle situazioni senza pensarci due volte e gioiscono all’idea di stare al centro dell’attenzione. Si sentono più sicuri e gestiscono meglio le critiche e lo stress rispetto ai timidi, i quali, anche se più sensibili e vulnerabili, risultano però essere più ponderati e con maggiori capacità di concentrazione. Sarà dunque vero che l’estroversione è il segreto per avere successo nella vita? Forse non è sempre così. La rivista statunitense “Time” dichiara che una personalità timida in un’azienda riesce a prendere le decisioni migliori per l’azienda stessa: “le persone più chiuse hanno forse meno contatti personali, meno amici e meno conoscenze. Magari le loro cene di lavoro sono meno affollate e conviviali ma riescono ad avere rapporti molto profondi e duraturi e a ottenere il meglio da questa situazione”. Ed ecco un breve esempio di grandi manager che, pur essendo (moderatamente) timidi sono riusciti a diventare dei numeri uno: Bill Gates che magari affronta le platee solo in pochi e ben centellinati casi. Sicuramente anche i social network hanno aiutato i timidi a uscire allo scoperto e a comunicare maggiormente quando non si ha il coraggio di farlo apertamente. *Psicoterapeuta

Alcuni suggerimenti per affrontare la timidezza: 1) Accettare me stesso: Accettare la convivenza con la propria timidezza è il primo passo per non creare un nemico dentro di noi. La cognizione del proprio modo di essere è importante e vi favorirà nell’affrontare situazioni più pesanti. Un esempio potrebbe essere ironizzare su se stessi, del tipo “scusate se parlo cosi, tanto ma la timidezza questa sera ha deciso di mantenere la riservatezza…”. In questo modo si crea subito un clima di empatia e goliardia. 2) Nelle situazioni di riuscita sociale (lavorative, di carriera) è meglio essere ferrati su alcuni argomenti di discussione leggera, che possano essere condivisibili dagli altri, in tal modo avremo una chance in più per non andare in palla. Facciamo anche delle domande agli altri, di condivisione generale, cosi che siamo preparati prima ai contenuti 3) Anche se siete abituati a pensare, prima di parlare, esercitatevi a parlare sapendo che potreste essere interrotti. L’interruzione non significa giudizio sfavorevole. 4) Non giudicate migliori le caratteristiche degli estroversi, ma solo diverse; 5) Non cercate di imitare gli estroversi, vi sentireste più inadeguati. Vestite i vostri panni e vedrete che vi sentirete più liberi.

BIBLIOGRAFIA: Stengel R. (2012). What if Introverts Ruled the World? Time, Monday, Feb 06, 2012 Mobbs D., et al., (2005). Personality predicts activity in reward and emotional regions associated with humor. Pnas 2005; 102:16502-1656. Manara F. (1997). Timidezza. Sperling & Kupfer Editori, Milano, 1997.


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Il punto di partenza di un itinerario in Thailandia non può che essere Bangkok, per ragioni logistiche e culturali Mario degl’Innocenti TAT Rome Office

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’consigliabile, prima di affrontare un itinerario in Thailandia del Nord, spendere 2/3 giorni nella straordinaria capitale del Paese dei Sorrisi e godere delle sue numerose attrattive culturali e religiose: il Palazzo Reale, che ospita il tempio buddhista Wat Phra Keo con la veneratissima statua del Buddha di Smeraldo; il Wat Pho e la sua antichissima scuola di massaggi thai; i mercati galleggianti lungo i khlongs, i celeberrimi canali; le vie dello shopping e la sua Chinatown. Una volta calati appieno nello spirito thai, i visitatori saranno

Foto concesse dall’Ente Nazionale per il Turismo Thailandese pronti a proseguire e a godersi le tappe del loro itinerario nella Thailandia del Nord, la regione più autentica e antica del Paese. Dalla capitale si possono scegliere i più svariati mezzi di trasporto: da un volo interno all’autobus passando per i taxi, ma il percorso più affascinante per dare inizio ad un itinerario in Thailandia del Nord è probabilmente il treno che percorre, in giornata o durante la notte, gli 800 chilometri che separano Bangkok da Chiang Mai, la “Rosa del Nord”. Proprio da Chiang Mai cominciano tutti gli itinerari per scoprire il Nord del Paese: quest’antichissima città, seconda solo a Ban-

gkok per importanza e popolazione, ospita tra le sue mura e nei suoi dintorni, centinaia di templi buddhisti molto importanti e venerati dalla religione thai. Immancabili mete in questo senso sono il Wat Phan Tao, interamente in legno contiene centinaia di sacre immagini di Buddha e il Wat Phra Singh, dall’interno riccamente decorato che ospita la statua di Buddha maggiormente adorata a Chiang Mai. Facilmente raggiungibile da Chiang Mai, e tappa obbligata è il monte Doi Suthep, sede di un Parco Nazionale dove, tra spettacolari cascate e un’immensa varietà di flora e fauna,


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sorge uno tra più venerati templi buddhisti di tutta la Thailandia: il dorato Wat Phrathat Doi Suthep domina Chiang Mai offrendone un panorama mozzafiato. Proseguendo lungo l’ itinerario, si raggiunge Chiang Rai: anch’essa ospita bellissimi templi buddhisti quali il Wat Phra Kaeo, dove venne rinvenuta la statua del Buddha di Smeraldo, ed il Wat Rong Khun (il Tempio Bianco). Ma il suo principale fascino sta nell’essere attraversata dal fiume Mekok , navigabile sulle tradizionali long-tail boats (le tipiche imbarcazioni dalla lunga coda) ammirando scenari naturali unici fino a raggiungere il cuore più autentico della Thailandia del Nord, la visita alle etnie indigene di questa regione prevalentemente montuosa e collinare quali gli Akha, i Lisu con le loro vesti multicolori, e i Karen celebri come l’etnia delle donne-giraffa per via degli alti collari a spire metalliche da loro indossati. Un luogo veramente magico è la

città di Mae Hong Son, che si trova a circa 1000 chilometri a Nord di Bangkok, è la seconda provincia più settentrionale della Thailandia e gode di un clima fresco durante tutto l’anno. Il territorio di questa provincia, attraversata dal fiume Pai, è prevalentemente montuoso. Questi territori posti ad una certa altitudine sono spesso avvolti da un velo di foschia che quando si dirada svela un paesaggio verdeggiante. Particolarmente degne di nota a Mae Hong Son sono le terme d’acqua calda che si trovano nei dintorni di Pai e vicino alla montagna di Doi Mae U Kho. Durante il mese di novembre , è un tappeto di meravigliosi girasoli (Dok bua Tong), che donano a questo ricco paesaggio verde un’allegra pennellata di colore. Non molto distante è il Parco Nazionale di Nam Tok Mae Surin, dove si trovano impressionanti cascate alte 80 metri da cui deriva il nome del parco. Per gli amanti della montagna, degli

splendidi panorami, delle verdi vallate e degli sport all’aperto come il rafting e le escursioni in montagna, questa regione è la meta ideale. Costituisce un’ottima base di partenza per la visita delle tribù delle montagne. Spostandosi un po’ più ad Est è possibile, inoltre, toccare il punto più settentrionale del Paese presso la cittadina di Mae Sai, confine e facile punto d’accesso al Myanmar ed alla regione del cosiddetto Triangolo d’Oro. Per concludere l’ itinerario in Thailandia del Nord bisogna raggiungere il vero gioiello storico e artistico di questa regione: le rovine dell’antichissima città di Sukhothai, prima capitale del regno Thai, sono classificate Sito Patrimonio dell’Unesco grazie alla loro maestosa bellezza. Il Parco storico di Sukhothai ospita numerose vestigia di edifici e templi buddhisti che fino ad oggi sono state rinvenute: si possono ammirare aggirandosi a piedi o con le tante biciclette a


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noleggio, gustando le ultime immagini dell’itinerario del Nord , l’anima antica di questo paese. THAILANDIA CENTRALE La Thailandia centrale è formata da ventidue province e comprende la capitale Bangkok: un itinerario che preveda questa zona dell’antico Siam non può non cominciare proprio da qui. Metropoli che fonde in se stessa gli aspetti più tradizionali e quelli più moderni, affascina proprio per questo. Non bisogna lasciarsi spaventare dalle idiosincrasie e dai forti contrasti, Krung Thep, la Città degli Angeli va vissuta per essere compresa. E’ bello iniziare l’ itinerario della Thailandia centrale in maniera originale a bordo dei cosiddetti Tuk Tuk, veicoli a tre ruote che trasportano i visitatori ovunque vogliano in città: merito dei guidatori, esperti conoscitori di ogni aspetto di questa babele affascinante. Esuberante, Bangkok è il simbolo dello sviluppo moderno e presenta un paesaggio di svettanti grattacieli in cui trovano la loro sede uffici;

alberghi di classe mondiale che offrono comfort di lusso, sfavillanti centri commerciali ad otto piani con strutture mozzafiato e centri massaggi mastodontici; ristoranti trendy che servono le famose specialità speziate thailandesi, come le altre grandi cucine dell’Est e dell’Ovest, eleganti coffee shop, disco-palestre, negozi specializzati per ogni tipologia di prodotto, folklore. Ed ancora luoghi di intrattenimento dove ammirare spettacoli di danze tradizionali, incontri di Muay Thai e discoteche tra le più mondane della Thailandia. Nessuna altra località dell’Asia è rivale di Bangkok per la sua eccitante vita notturna anche se questa città offre molto più degli scintillanti disco-bar e pub. Teatri, cinema ultramoderni, spettacoli culturali e sbalorditivi shows riempiono le serate dei visitatori. Stupefacente, nel mezzo di questo mondo dinamico e moderno, Bangkok riesce a preservare il suo retaggio culturale di alto livello. I tetti e le svettanti gu-

glie del Palazzo Reale e dei suoi molti storici templi – Tempio del Buddha di Smeraldo, dell’Aurora , del Buddha d’Oro e di tantissimi altri templi evocativi -, presentano al visitatore un mondo di classica meraviglia orientale. Contenuti tra i monumenti di Bangkok ci sono i tesori artistici e culturali della nazione, ciò che caratterizza la terra e la gente. L’influenza del passato non è limitata ai monumenti più importanti, ma pervade la vita quotidiana. Il mercato dei fiori o le file di monaci vestiti color zafferano che giornalmente fanno la questua, presentano una scena inalterata dello scorrere del tempo. I grandi palazzi di recente costruzione aggiungono meraviglia a tutto ciò e ad altre visioni. Ma la Thailandia centrale non è solo Bangkok. A circa settanta chilometri a Nord c’è Ayutthaya, città vecchia di quattrocento anni . Un tempo fu la grandiosa ed inespugnabile capitale del Regno del Siam ed oggi è stata dichiarata Patrimonio dell’Uma-


nità dall’Unesco. Il XIII ed il XIV secolo sono da attribuire allo stile Khmer: ne sono testimonianza gli imponenti templi Wat Mahathat, Wat Phrarat e il Wat Ratchaburana. Intorno al XVI secolo si è imposto lo stile Sukhothai che caratterizza il Palazzo Reale mentre l’ultimo stile è quello che si può ammirare nel tempio Wat Chai Wattanaram, stile che riprende gli edifici Khmer. Un itinerario della Thailandia centrale offre quindi molte opportunità per osservare e capire la cultura locale. Un’altra interessante città della Thailandia centrale è Lopburi. Qui si resta sorpresi di vedere scimmie in giro per la città: sono lasciate libere e gli abitanti del posto ne vanno molto fieri. Il tempio principale della città è un mirabile esempio di architettura Khmer. Basta una giornata per apprezzare in tutte le

sue sfaccettature questo luogo. La provincia di Kanchanaburi è invece perfetta per tutti coloro che amano la natura: foreste rigogliose, cascate e bellezze naturali incantevoli permetteranno di alternare l’itinerario della Thailandia centrale tra città e natura. Qui ci si rilassa circondati dal verde dei tanti parchi nazionali nei quali è diviso il territorio: i più frequentati sono quelli di Erawan e Sai Yok ma anche i restanti offrono bellezze da vedere: Thong Pha Phum, Si Nakharin, Chaloem Ratanakosin e Khao Laem. La Thailandia rimane un paese tropicale e un itinerario nella Thailandia centrale deve infine tener conto del clima. Il periodo migliore per andare è quello della stagione secca che va da novembre ad aprile. Tra dicembre e gennaio inizia a fare un po’ più fresco ma comunque le minime

non scendono al di sotto dei 16°. Come tutta la Thailandia anche questa zona risente dell’umidità che caratterizza un po’ tutta la nazione: una giacca impermeabile è sempre consigliabile! THAILANDIA DEL SUD La Thailandia del Sud offre un itinerario fatto soprattutto di mare. Striscia di terra bagnata a Est dal Golfo del Siam e a Ovest dal Mare delle Andamane, è la meta preferita da chi, a una vacanza, chiede principalmente riposo e bellezza. Formata da quattordici province, vanta coste lunghissime visto che entrambi i lati sono bagnati da un mare stupendo che ospita molte isole. L’entroterra offre invece un panorama completamente diverso fatto di foreste e natura. Proprio per questa ambivalenza la Thailandia del Sud permette di pro-


grammare un itinerario dedicato al mare e uno alla flora e fauna locale: molti i safari organizzati tra queste montagne, fiumi e parchi, alcuni anche molto caratteristici come quelli a dorso d’elefante. La meta più famosa della Thailandia del Sud è sicuramente Phuket, la cosiddetta Perla del Sud. Un itinerario in questa zona del paese difficilmente esula da un soggiorno in questa splendida località. Essendo l’isola thailandese più grande, offre veramente molto per i viaggiatori e per le loro esigenze. La bellezza di questi luoghi salta subito agli occhi. Un mare dalle sfumature azzurrine a secondo della profondità, circonda isole e isolotti ricoperti da una vegetazione lussureggiante per un effetto paradisiaco. E ancora palme da cocco, alberi della gomma e spiagge bianchissime che aspet-

tano solo di essere esplorate. Patong Beach è la spiaggia più famosa dell’isola: oltre al mare, offre molte e diverse occasioni di svago, dallo shopping ai locali notturni. C’è poi la spiaggia più lunga di Phuket, quella di Mai Khao e ancora il Parco nazionale Sirinat con altre spiagge incantevoli: Nai Thon, Nai Yang, Mai Khao e Sai Kaeo. Ed ancora Kata, Karon e Surin Beach. Un’altra meta da inserire in un ipotetico itinerario nella Thailandia del Sud è Krabi, perfetta come base per scoprire le tante località che si trovano lì intorno. Famosa la spiaggia di Ao Nang così come interessanti sono le isole di Koh Dam, Koh Poda, Koh Jam, Kho Kai e l’incredibile lingua di sabbia fra due baie il Thale Waek. Se si decide per questo itinerario bisogna evitare di prenotare durante la temuta stagio-

ne delle piogge che interessa i mesi da maggio a settembre. Se poi ci si vuole immergere un po’ nella natura allora è irrinunciabile la visita del Parco Nazionale Khao Phanom Bencha famoso per le sue splendide cascate e dei canyon di Ao-Thalane. Nella provincia di Krabi c’è poi Phi Phi Island, una delle località della Thailandia del Sud che mantiene un forte fascino e per questo attira sempre molti turisti. La ragione è semplice: l’isola è perfetta sotto ogni punto di vista. Il mare è limpido, la sabbia bianchissima e soffice, la natura che circonda il tutto è lussureggiante e la barriera corallina che la circonda è stupenda da osservare attraverso immersioni e snorkeling.


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