il Bàcaro | andàr per gusto

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il Bàcaro a n d à r

p e r

g u s t o

N u m e r o 0 | g e nn a i o | f e b b r a i o | m a r z o 2 0 1 1

T RIME S T RA L E | Ann o I

da visitare

a proposito di...

confraternite ucet

tradizioni

La Venezia Orientale ed il suo straordinario ambiente naturalistico

Etilometro? No, grazie. Dubbi degli esperti sul suo funzionamento

La Confraternita dei Dogi di Riviera del Brenta

La ricetta della “renga” nella tradizione concordiese

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l mondo della stampa è come una foresta intricata, dove gli alberi sembrano tutti uguali, e non ci sono punti di riferimento. Senza orientamento, è facile perdersi. Per uscire dalla foresta, per arrivare al miglior prodotto possibile, bisogna sapere come muoversi. Assistere i nostri clienti nei minimi particolari, dando importanza ad ogni loro esigenza, è questo il nostro metodo per tracciare quel sentiero. La via più sicura ed affidabile, verso il miglior risultato.


{sommario} 3 | L’Editoriale

4 | In primo piano:

8 | A proposito di:

etilometro, no grazie!

16 | Bacheca UCET 18 | A pranzo da:

12 | Arte & Vino: in America Trattoria Zentil con “Confidenza” 5 | La ricetta di benvenuto: 14 | Paesaggi di casa nostra: 20 | Tradizioni: la “renga” concordiese all’origine del gusto

risi e bisi

6 | Da visitare:

la Venezia Orientale

B

acaro. Un termine familiare che evoca ricordi gioviali, soprattutto ai più attempati, ora ormai quasi in disuso. Era il tipico nome che si utilizzava per definire a Venezia, ma poi in tutto il triveneto, quei locali dove si faceva mescita di vino e di “cicchetti” (piccoli spuntini) da degustare in piedi. Ma il nome ha la sua origine ancora prima quando i Bacari, piccoli vignaioli e vinai, giungevano a Venezia con una botte di vino sulle spalle e qualche prelibatezza casereccia in tasca da servire agli avventori in Piazza San Marco, all’ombra del campanile, per mantenere il vino fresco e non farlo inacidire. Da lì poi anche il nome “ombra” per definire un buon bicchiere di vino della casa. É proprio da qui che siamo voluti partire nel concepire questa nuova rivista, non vi era nome più azzeccato che

numero 0 | gennaio | febbraio | marzo 2011

Supplemento a: www.Portogruaro.Net del 20/04/2011 Reg. Trib. di Venezia - n. 10 del 05/05/2006 Iscrizione al ROC n. 17423

Distribuito gratuitamente nelle regioni Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige

21 | Erbe officinali 23 | L’officina degli eventi

15 | Vitovska e Glera:

due grandi recuperi

definisse appieno le nostre intenzioni e fosse parte comune della tradizione di tutte e tre le venezie. il Bacàro si occuperà infatti di storia e cultura enologica e gastronomica, di tradizioni alimentari, di geografia e tipicità, di salute e benessere, di tutto ciò che è ricollegabile al mondo degli alimenti e dei loro luoghi, rivolgendosi ad un ampio territorio che ha origini e tradizioni comuni seppur oggi diviso in tre distinte regioni: Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. E per farlo non si poteva che cercare di mettere insieme una squadra d’eccezione, formata da giornalisti e studiosi qualificati. Ma abbiamo voluto anche degli esperti in tradizioni culinarie, il meglio del settore, l’UCET - Unione Circoli Enogastronomici del Triveneto: una associazione che fa capo a venti confraternite enogastronomiche

il Bacàro

Direzione e Redazione: via Spalti, 7 - 30026 Portogruaro (VE) Tel. e Fax 0421 280444 Email: info@il-bacaro.it

il Carso

distribuite tra Veneto, Friuli e Trentino A.A., che ha valutato positivamente il nostro progetto e lo ha approvato all’unanimità nella sua ultima assemblea, e che ci supporterà quindi in questo cammino. Proprio all’UCET ed alle sue attività sarà quindi dedicata una rubrica su questo giornale, perché si possano mantenere e rivalutare le tradizioni delle nostre terre. Dunque, via! Comincia una nuova avventura che ci auguriamo possa essere un valido strumento di confronto, di crescita e di recupero e che riservi tante soddisfazioni a noi e ai nostri lettori. Buona lettura!

Direttore responsabile: Maurizio Pertegato Direttore editoriale: Vincenzo Zollo Direttore esecutivo: Leandro Costa Caporedattore: Federico Guerrini In redazione: Claudio Fabbro, Confraternita I Dogi, Tito Cuccaro, Elisa Damian, Franco Mariuzza, Sebastiano Saviane, Enrico Santinelli Nessuna parte di questa pubblicazione può essere utilizzata in alcun modo, incluse le inserzioni pubblicitarie che sono di proprietà dell’editore che ne vieta la riproduzione anche parziale con qualsiasi mezzo. Manoscritti, fotografie e disegni anche se non

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Vincenzo Zollo EDITORE

editoriale

pubblicati, non si restituiscono. L’editore lascia agli autori degli articoli l’intera responsabilità delle loro opinioni, garantisce la riservatezza dei dati forniti e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione, scrivendo o telefonando alla redazione. Rimane inoltre a disposizione di altri eventuali aventi diritto di copyright su testi o immagini che non è stato possibile contattare. Realizzazione Grafica: Studio Idee Materia Stampa: Centro Stampa Puiatti © Copyright 2011 VISYSTEM EDITORE via Spalti, 7 - 30026 Portogruaro (VE) Tutti i diritti riservati

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{in primo piano} di Leandro Costa

All’Origine del Gusto S

appiamo che nell’antichità la scelta del cibo dipendeva essenzialmente dalle risorse vegetali ed animali che offriva il territorio e l’uomo poteva soddisfare le proprie necessità alimentari quotidiane attraverso la caccia, la pesca e le piante vegetali spontanee. L’alimentazione si è poi diversificata in relazione all’ambiente ed al clima in cui vivevano i popoli che, nel corso dei secoli, attraverso

una lunga fase d’apprendimento e accumulo di esperienze e conoscenze, hanno imparato ad addomesticare gli animali selvatici, diventando allevatori, e a coltivare i vegetali, in particolare i cereali e legumi, diventando anche agricoltori. Cosicché le popolazioni esistenti hanno migliorato la loro disponibilità di risorse alimentari e favorito l’incremento demografico, con la conseguente necessità di ricercare nuove terre da coltivare e da pascolare. Non solo

l’ambiente e il clima, ma anche i modelli religiosi hanno successivamente definito usanze, costumi e tradizioni del cibo selezionando la specie di animali da allevare e delle piante da coltivare. È accertato quindi come

no integrati dal consumo di carne di selvaggina, ma anche da un cospicuo consumo di frutti selvatici o semicoltivati come fragole, more, nocciole, ghiande, e anche mele, pere, fichi, prugne ed uva. Tracce di vinaccioli fan-

nell’antichità

la scelta del cibo dipendeva essenzialmente dalle risorse vegetali ed animali che offriva il territorio e l’uomo poteva soddisfare le proprie necessità alimentari quotidiane attraverso la caccia, la pesca e le piante vegetali spontanee la dieta degli antichi avi fosse rappresentata dal consumo di cereali, come il grano, il farro e l’orzo, coltivati sin dal X secolo a.C. in Siria, Turchia, Iran e Palestina (tracce rinvenute di questi cereali, probabilmente selvatici, sono datate 19.000 anni fa); tali alimenti veniva-

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no presumere che dall’uva di vite selvatica e anche coltivata, gli antichi abbiano fatto un succo di mosto lasciato fermentare che ha dato origine alla bevanda del vino. Da reperti archeologici, documentati da resti di paglia e cariossidi fossilizzati, è stato accertato che all’incirca 7000 anni fa, la coltivazione dei cereali era esercitata in Puglia e Basilicata, per poi espandersi in Sicilia,


Calabria, nel Centro Italia e Toscana, mentre un tipo di cereale di grano tenero, lo spelta, comparve nel Nord Est, in cui trovò clima e terreno ideale per essere prodotto. Se ne deduce che i cereali, come i legumi, le fave e i piselli sono stati per certo tutti prodotti destinati all’alimentazione umana e quindi i più coltivati. Una tradizione antichissima è quella della pastorizia, esercitata da intere popolazioni che si sono dedicate a questo tipo di attività in cui gli animali addomesticati si nutrivano pascolando nell’ambiente naturale. Animali caprini, bovini, suini, equini che davano carne, latte e formaggi, lana; prodotti che i pastori, per la maggior parte nomadi, barattavano con le comunità agricole che producevano riso, orzo, segala, miglio, legumi, frutta e verdura. La pastorizia e l’agricoltura si sono in parte fuse con l’allevamento: i buoi che si dedicavano al lavoro nei campi contribuivano a migliorare la qualità e aumentare la quantità della produzione agricola grazie al loro intervento ed al letame usato da fertilizzante nei campi. L’allevamento di animali addomesticati è stato introdotto all’incirca 8.000 anni prima di Cristo, costituendo una gran fonte alimentare fondamentale per la stessa esi-

stenza dell’uomo. La pastorizia, ai tempi nostri, è limitata ad alcune specie di animali e a specifici territori ed è esercitata in varie forme; come l’alpeggio di bovini ed ovini, che si fa nel periodo estivo nei ricchi pascoli di collina e montagna; la transumanza che è il percorso inverso dei bovini dai monti alle stalle di pianura, dove continuano a produrre latte; e la monticazione degli ovini, che nel periodo invernale vanno alla ricerca di pascoli nelle zone meno fredde. Gli allevamenti di tipo intensivo sono diffusi in zone collinari e montane dove gli animali vivono all’aperto con un ricovero notturno. Vi sono poi quelli semi estensivi con gli animali che vivono in stalle di media grandezza, in ispecie ovini e bovini da latte per produrre formaggi e poi l’allevamento estensivo per lo più riservato ai bovini cresciuti in grandi stalle moderne per produrre carne da macello. Caccia, pesca, allevamenti ed agricoltura fanno parte integrante della storia della nostra Regione Triveneta e nella sua attuale economia che propone una ricca filiera alimentare di prodotti tipici ed originali dai quali si ricava una cucina semplicemente gustosa, delicata e ricercata che andremo a visitare e riscoprire.

{la ricetta di benvenuto}

Risi e bisi della tradizione Fa parte della cultura gastronomica veneta, è molto antico, probabilmente di derivazione bizantina, di importazione veneziana e diffusosi rapidamente nell’entroterra. La preparazione di questo piatto, considerato una via di mezzo fra minestra e risotto, è molto facile e richiede pochi ingredienti che, se sono ben scelti, ne fanno un piatto molto gustoso e saporito.

Ingredienti (per 6 personE) gr. 600 piselli sgranati gr. 250 riso carnaroli gr. 45 pancetta magra gr. 45 burro dl 5 olio e.v.o. 3 spicchi di scalogno 1 cucchiaio di prezzemolo tritato gr. 45 montasio vecchio grattugiato brodo, sale e pepe q.b

Preparazione In una casseruola soffriggere e rosolare assieme i piselli con lo scalogno e prezzemolo tritati; cuocere per circa 15 minuti e poi unire il riso, mescolare delicatamente salare e pepare, aggiungere la pancetta tagliuzzata e cuocere a fuoco lento aggiungendo il brodo preparato con i bacelli dei piselli. A fine cottura mondare con il burro, incorporare il formaggio e servire in tavola la minestra badando che sia brodosa.

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{da visitare}

il paesaggio della VENEZIA ORIENTALE Un territorio con un ambiente naturalistico di straordinaria composizione

È

disegnato fra il fiume Livenza, che lo separa a occidente dalla provincia di Treviso, e il fiume Tagliamento, ad est, che segna il confine con la Regione del Friuli Venezia Giulia. Nella pianura scorrono fiumi e canali di risorgiva, come il Reghena ed il Lemene, le cui acque a nord, verso la Pedemontana, sgorgano dal sottosuolo formando piccoli laghetti in mezzo alla campagna, assumendo talvolta la forma di fontanelle; si raccolgono poi nei fossati e si allargano verso il mare Adriatico diventando navigabili; ampie distese verdeggianti e boschive, terreni un tempo paludosi, desolati e selvaggi ora bonificati e

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ben coltivati; una suggestiva area di valli lacustri che si estendono verso la laguna adriatica che incrocia la storica via di comunicazione acquatica della Litoranea Veneta. All’interno della Venezia Orientale abita una popolazione laboriosa per buona parte risollevatasi dalla miseria patita per secoli, che ha ridisegnato la campagna rendendola fertile di cereali, di vigneti, di ortaggi e frutteti, e sviluppato tante attività commerciali, artigianali ed industriali fra cui, lungo il litorale Adriatico, un importante movimento turistico balneare in Caorle, antico centro di pescatori, e Bibione grande città di vacanza sorta nell’immediato

dopoguerra. Più distante dal mare e ai bordi delle aree paludose, erano tracciate storiche vie di comunicazione, come la Via Annia, costruita dai romani nel 131 a.C. che collegava i centri della costa dall’antica Adria ad Altino, Padova, fino ad Aquileia, e più tardi Julia Concordia sorta presumibilmente nel 42 a.C. e la Postumia che incrociava con la via Annia dopo il fiume Livenza, costruita poco più tardi, partiva da Genova, attraversava la pianura Padana dirigendosi verso Oderzo ed Aquileia. Sono due fra le più antiche vie stradali del nord est della penisola italica parzialmente resistite fino ai giorni nostri, che sono risul-

tate fondamentali per lo sviluppo rurale ed economico del nostro territorio; difatti lungo i loro tracciati sono sorti e si sono sviluppati importanti centri urbani che hanno esercitato commerci verso le città di Venezia, Treviso e Trieste dalle quali hanno assorbito parte della loro identità culturale, come quella della lingua. La città di Portogruaro è ubicata proprio al centro di importanti vie di comunicazione stradali, autostradali e ferroviarie e anche fluviali come il Lemene che sino a due secoli fa’ è stato fondamentale per trafficare con Venezia i prodotti dell’entroterra. Portogruaro rimane un importante centro commerciale ed è anche città d’arte


e di studi. Nella campagna circostante si producono i pregiati vini di Lison, cereali ed allevamenti di bovini verso Giussago Lugugnana, La Salute di Livenza. Lungo il fiume Lemene, a ridosso di Portogruaro, sulle ceneri dell’antica cittadina romana Julia, è sorta Concordia Sagittaria, ricca di reperti archeologici e monumentali e con una fiorente agricoltura. Più a sud verso il mare, lo sviluppo stradale si è realizzato solo dopo le grandi opere di bonifica del ‘900: le vie di comunicazione erano unicamente quelle fluviali o lungo gli argini dei fiumi e canali, perché le rare stradine erano continuamente inondate da acque paludose e ritenute poco sicure. Questa situazione ambientale ha fatto sì che Caorle ed il suo territorio fino a pochi anni fa mantenessero una loro forma di vita legata ai prodotti della laguna e delle valli; anche oggi conservano intatta la loro identità ed il loro fascino primordiale. A ridosso del fiume Livenza il grosso centro urbano di Santo Stino di Livenza si è sviluppato verso la strada Triestina e fino alla antica Postumia ai confini con Annone Veneto che a sua volta confina con Pramaggiore. Tutti e tre i Comuni sono al centro di una vasta campagna che si estende oltre Lison con più di duemila ettari disegnati a vigneto, in cui sono insediate decine di moderne aziende vitivinicole che producono pregiati vini a Doc e Docg con il Lison classico, mentre nel nord est altri importanti centri comunali quali Cinto Caomaggiore, Gruaro, Teglio Veneto, Fossalta di Portogruaro sono nel mezzo di una fiorente campagna che produce cereali, ortaggi e frutta, una qualificata attività artigianale della lavorazione del legno, del marmo,

del ferro, dell’’edilizia, della meccanica; paesi dai quali, in tempi meno recenti, sono partiti tanti emigranti in cerca di fortuna e che si sono affermati in ogni latitudine del mondo grazie alla loro arte, ai mestieri e alla loro onestà e serietà professionale. Nella Frazione di Villanova di Fossalta, nell’immediato dopoguerra, la famiglia Gaetano Marzotto ha costruito un centro industriale ed agricolo rivoluzionario che ha prodotto un cambiamento epocale del territorio.

Il lavoro nelle fabbriche è stato distribuito fra migliaia di famiglie: zuccherificio, linificio e cotonificio, vetreria, saponificio, latteria e cantina e poi ancora, un grande allevamento bovino per la produzione di latte e carne ed una radicale opera di bonifica dei terreni in parte paludosi che ha prodotto una florida agricoltura. Villanova è diventato un moderno centro abitato dagli operai ed impiegati delle fabbriche con ogni tipo di servizio sociale, sanitario, culturale, religioso e ludico. Le Indu-

strie Marzotto nel corso degli anni hanno avuto alterne fortune e allo stato attuale comprendono pochi settori produttivi per scelte aziendali e di mercato. Ai margini del fiume Tagliamento, dalle macerie dell’ultima guerra mondiale è risorta S. Michele al Tagliamento, territorio ricco di coltivazioni ortofrutticole, che comprende anche Bibione cittadina balneare che produce una grande industria turistica. Caorle, S.Stino di Livenza, Annone Veneto,

duzione e consumo animale e vegetale, hanno accertato che nella Venezia Orientale l’origine del gusto nasce da una cucina che si muove fra le tradizioni di sapori schietti e genuini legati alle risorse primarie della sua terra, al suo ecosistema lagunare, fluviale e vallivo, alla sua evoluzione sociale, esibendo una propria inventiva nello sfruttare i prodotti tipici ed originali come il mais, il riso, gli ortaggi come i fagioli , le patate, le varietà di pesci di laguna,di fiumi e canali, di mare dell’Alto Adriatico, della selvaggina di valle di pelo e di piuma, le carni di allevamento bovine, suine ed animali da cortile, formulando tante proposte di particolare inventiva che disegnano un panorama completo e fra i più importanti ed interessanti a livello europeo. Lungo i percorsi del territorio incontriamo il cibo locale che un tempo costituiva essenza di vita della povera gente e che ora è tradizione; come anche il cibo dei privilegiati nobili e borghesi grandi proprietari terrieri di un tempo che prediligevano la cucina della moda dettata da storici cuochi. Cuochi e

queste zone conservano ancora oggi intatta la loro identità ed il loro fascino primordiale Pramaggiore, Concordia Sagittaria, Portogruaro, Cinto Caomaggiore, Gruaro,Teglio Veneto, Fossalta di Portogruaro, S.Michele al Tagliamento, nel loro insieme costituiscono il Mandamento di Portogruaro e territorialmente la Venezia Orientale Gli aspetti ambientali, sociali ed economici del territorio rilevati attraverso l’ ampia documentazione bibliografica esistente e l’accurata ricerca sulla sua pro-

ristoratori dei tempi nostri completano un quadro straordinario di arte culinaria, attraverso tante proposte con l’uso dei prodotti tipici ed originali della filiera locale, in un susseguirsi di sapori e profumi che esprimono la tradizione di un popolo che dal cibo fonte di necessità ha creato una ricercata e rinomata rete di attività culinaria apprezzata ben oltre i confini regionali.

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{a proposito di...}

Etilometro? no grazie

Art.186 e 186 bis del nuovo Codice della Strada (guida in stato di ebbrezza)

D

opo un lungo iter burocratico durato oltre due anni, dal mese di agosto 2010 sono entrate in vigore le nuove norme del Codice della Strada che hanno ulteriormente inasprito le sanzioni per chiunque guidi un veicolo in stato di ebbrezza. Il provvedimento è stato definitivamente approvato dal Senato italiano a maggioranza, senza alcun voto contrario. Questi interventi governativi tendono a colpire soprattutto l’alcol che insieme alla stanchezza e alla distrazione, è considerato la maggior causa degli incidenti strada-

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li, spesso mortali. E’ stato ridotto il limite di tasso alcolemico nel sangue consentito al guidatore da 0,80 g/l a 0,50 g/l ed azzerato per i neo patentati da meno di tre anni e per i guidatori di professione, quali gli autisti di automezzi pubblici, tassisti e camionisti che prima di porsi alla guida di un automezzo non devono bere alcun goccio di alcol se non vogliono incorrere in pesantissime pene, fra cui il ritiro della patente ed il licenziamento per giusta causa nel caso di incidente, e devono stare molto attenti addirittura a non succhiare caramelle balsamiche, cioccola-

tini o bere sciroppi contro la tosse, usare spray nasali, che solitamente contengono alcol. I guidatori che non sono neo patentati o autisti di professione, se superano lo 0,50 g/l di tasso alcolemico nel sangue, subiscono sanzioni pesanti che variano secondo lo stato di ebbrezza accertato dalle forze dell’ordine tramite l’etilometro, e fissate dal codice della strada in fasce che vanno dallo 0,50 fino a 0,80 g/l, oltre 0,80 fino a 1,50 g/l ed oltre l’1,50 g/l. Le ammende pecuniarie partono da 500 ed arrivano fino a 6.000 euro; è pure prevista nei casi più gravi la sospen-

sione della patente di guida fino a due anni, l’arresto fino ad un anno e anche la confisca del veicolo. Queste pene si aggravano nel caso l’autista trovato in stato di ebbrezza provochi un incidente stradale o sia alla guida di un veicolo intestato ad altre persone. Sempre con l’obiettivo di limitare i danni del bere, le norme del nuovo codice della strada vietano la vendita di alcolici nei locali pubblici dalle 3 di notte fino alle 6 di mattina, con deroghe previste solo per Ferragosto e Capodanno. Stretta più severa per gli autogrill che non potranno vendere superalcolici a partire dalle


22 e anche i ristoranti sono obbligati ad avere un etilometro da mettere a disposizione dei clienti, per una prova prima di mettersi al volante. Questa è una breve e parziale sintesi delle principali sanzioni previste dal nuovo codice della strada. Premesso che ognuno di noi deve essere responsabile a non mettersi alla guida di un veicolo se non è fisicamente e psichicamente a posto, o perlomeno se non ha ingerito alcol superiore al limite previsto dalla legge, ritengo che le nuove regole del codice della strada siano state dettate in un clima di neoproibizionismo da talebani provocato dalle numerose pagine di cronaca nera dei mass media che hanno raccontato e commentato all’inverosimile, secondo costume, in tanti programmi e talk show della televisione, ma anche sui giornali e riviste, reali episodi dalle conseguenze drammatiche sulle strade di guidatori ubriachi e delle stragi del sabato sera di giovani sotto l’effetto di alcol, droga e decibel di musica, alimentando la percezione da parte dei cittadini che la causa principale degli incidenti e delle morti sull’asfalto fossero le bevande alcoliche. Questo concetto è entrato giocoforza nella mente della maggior parte della popolazione alla quale, invece, non sono state indicate o documentate in giusta misura le altre e più frequenti cause degli incidenti che non fanno, probabilmente, “audience”: velocità, sorpassi, traffico, droga, stress, ansiolitici, decibel di musica, distrazione, spavalderia, ecc. Tanto si è detto che si è quasi costretto il legislatore, a furor di popolo, a cimentarsi a legiferare, regolamentare e ordinare nell’intento di limitare la vendita e somministrazione di alcol e ridurre gli incidenti stradali.

alcol e vino Quali sono stati gli effetti di questi interventi lo dicono le statistiche che sotto certi aspetti sono state corrette e altre negative, a tal punto che nell’ambiente politico, sociale ed imprenditoriale si sono formati due schieramenti del pro e del contro. Da una parte si afferma che, a seguito dell’intervento della patente a punti, della diminuzione della soglia dell’alcol a 0,50 g/l, dell’inasprimento delle pene, dei controlli con l’etilometro e anche con il ritiro della patente, si è raggiunto l’ obiettivo di ridurre il numero degli incidenti stradali che, in questi ultimi dieci anni, hanno subito un calo dell’ 8%, diminuzione degli incidenti del 27% con un risparmio di vite umane del 40%. Nell’altro schieramento ammettono che con tutte queste restrizioni sia logico ottenere un calo degli incidenti, anche se nello stesso periodo si registra un aumento del parco veicolare intorno al 18%; sostengono che è giusto aumentare i controlli sulle strade tramite le forze dell’ordine, ma ritengono che le proibizioni non servono e si ravvede la necessità di intervenire a livello preventivo, educativo e formativo, così come sostiene Enrico Stoppani, presidente della FIPE (Federazione Italiana Pubblici esercizi). “L’alcol è un fenomeno sociale vero e grave - afferma Stoppani- che va affrontato con responsabilità, perché tocca soprattutto la parte più importante della società, rappresentata dai giovani, patrimonio del nostro futuro. La nostra posizione contraria ai divieti è sempre e solo stata tradotta come espressione di un interesse di parte. I divieti non servono! Lo diciamo noi, ma anche altri più autorevoli e neutrali

esponenti della società civile (scienziati, medici, psicologi, magistrati, etc.), che invitano a percorrere le strade di approfondimento dei veri motivi del disagio giovanile, che non nasce al bar, ma cresce nelle famiglie, nell’educazione, nei cattivi esempi che arrivano dalla TV, nel modo di vivere la parte più bella della vita, con una gioventù spesso impigrita e appiattita nel benessere, senza ideali, passioni, obiettivi e vere relazioni sociali. Incominciamo ad educare i giovani, responsabilizzandoli da subito, coinvolgendo tutti i protagonisti del problema (famiglie, scuola, educatori, istituzioni pubbliche, anche noi), rafforzando il sistema dei controlli e solo allora, valutati i risultati, interveniamo anche con i divieti, che solo allora avrebbero un significato.” Secondo i dati forniti dalla FIPE che ha promosso un’ampia ricerca sulle cause degli incidenti stradali sulle strade, risulterebbe che l’alcol ne è responsabile solo per il 3% di cui al primo posto si trova il consumo di superalcolici per il 79% ed all’ultimo posto il vino per il 10%. Sono dati confermati anche dalle statistiche in possesso dalle forze dell’ordine le quali indicano che le cause degli incidenti stradali derivano per il 96% a inconvenienti, per il 2% ad avarie e solo per il 2% allo stato psico-fisico del conducente con infrazioni a suo carico che vedono al primo posto l’eccesso di velocità, al secondo il mancato rispetto della precedenza, poi la guida distratta ed infine l’ebbrezza da alcol. Nel contesto di questi provvedimenti è stato fortemente penalizzato il vino la cui cultura - acclarata dalle Associazioni dei viticoltori italiani - ha radici antiche ed è il frutto di una realtà conta-

dina tramandata nei secoli, fatta di fatica e di lavoro, di perseveranza e di sacrifici, fonte di benessere se consumato in modo responsabile, proprio come afferma la scienza medica. Lo stesso Luca Zaia Governatore del Veneto, ex Ministro delle Politiche Agricole ha sempre sostenuto che la causa degli incidenti stradali non va ricercata nel consumo di vino, bensì nei superalcolici, nelle distrazioni come quella di usare il telefono alla guida, o fumare guidando, o l’assunzione di droghe e anche psicofarmaci: situazioni delle quali se ne parla e ci si interroga poco. Anche il noto dietologo Giorgio Calabrese sostiene che bisogna combattere tutti gli abusi, che il maggior responsabile degli incidenti stradali non va ricercato nel vino bensì nei superalcolici, e molte volte nell’accoppiata alcol, stupefacenti e la stanchezza di rimanere alzati fino alla mattina. Sostiene il prof. Calabrese che bisognerebbe fare prevenzione educando i giovani attraverso l’educazione alimentare, partendo dall’asilo nido. Certo è che l’inasprimento delle sanzioni del codice della strada riguardanti la guida in stato di ebbrezza, contenute negli articoli 186 e 186 bis, hanno fortemente penalizzato il comparto della produzione vitivinicola italiana, che sappiamo essere la prima in Europa e fra le più importanti nel mondo, e anche i ristoranti in cui oramai quasi più nessuno osa bere il vino pasteggiando per il terrore di superare la fatidica soglia alcolica dello 0,50 g/l ed essere sottoposti al giudizio dell’etilometro da parte delle forze dell’ordine, come devono farne a meno coloro che hanno un bere consapevole e sano e accompagnano il buon vino al buon cibo.

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Entra nel Castello di Roncade, alla scoperta dei vini e della tradizione, in un leggendario scenario tra mito e realtà.

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l’etilometro Come è stato detto, lo stato di ebbrezza del guidatore di un veicolo viene accertato tramite l’etilometro, uno strumento in dotazione alle forze dell’ordine, omologato per misurare la concentrazione alcolemica contenuta nel sangue attraverso l’analisi del fiato. L’alcol ingerito si distribuisce in tutta l’acqua corporea per essere quasi totalmente metabolizzato dall’organismo; solo una piccola parte viene eliminata con le urine, il sudore e con l’aria che si espira attraverso la quale viene misurata la concentrazione dell’alcol nel sangue con lo strumento dell’etilometro e quindi determinare se è stato superato il limite di alcolemia minimo fissato dal codice della strada, pari a 0,5 grammi (la concentrazione alcolemica è fissata in g/l, cioè grammi per litro di sangue). Il problema che molti si sono posti è quello se il ricorso all’etilometro sia un metodo preciso o meno per la rilevazione dell’alcol nel sangue! Secondo il legislatore, analizzando la quantità di alcol etilico espulso con la respirazione si può misurare il livello di alcolemia.

La proprietà più importante dell’etanolo per cui può essere rilevato nell’espirazione umana è che quando il sangue contenente l’alcool attraversa la zona dei polmoni espelle attraverso la respirazione parte di esso, che è sempre proporzionale alla quantità presente in quel momento nel sangue. Secondo alcuni scienziati l’etilometro è uno strumento che non misura l’esatta concentrazione alcolica nel sangue dell’individuo sottoposto al controllo; ritengono che commetterebbe errori fino ad un margine di un grammo per litro e sostengono che il valore reale della concentrazione di alcol nel nostro sangue sia dello 0.6 anziché di 1 grammo per litro; una percentuale che può fare la differenza in quanto a conseguenza di legge, perché si può essere stati dichiarati in stato di ebbrezza quando non lo si è o si può subire la confisca dell’auto oltre la denuncia. Pur ammettendo che la prevenzione verso la guida in stato di ebbrezza è un dovere sacrosanto che va incoraggiato per evitare gravi incidenti, questi ricercatori e docenti in importanti Università, sostengono che la determinazione del

tasso alcolico presente nel sangue attraverso la misurazione di quello presente nel fiato, tramite i moderni etilometri, si basa su una pseudo-scienza del tutto inaffidabile e non veritiera. Basterebbe solo ricordare -sottolineano - che per passare dalla concentrazione di alcol nel fiato a quella presente nel sangue si moltiplica per un fattore uguale a 2100 per tutti e in qualsiasi condizione, mentre è scientificamente assodato che tale valore può variare da 1200 a 3400, a seconda della persona e delle condizioni fisiche e ambientali. Se cosi è, se una persona avesse un valore basso, l’etilometro lo condannerebbe benché del tutto innocente. Essi ritengono pure che l’alcol presente nel fiato non proviene dagli alveoli polmonari, come asserito dall’etilometro, ma dalle mucose delle vie aeree; ne deriva che è praticamente indipendente dal tasso alcolico presente nel sangue. Una fra le diverse e più recenti notizie che ci è capitato di leggere è quella riportata sul quotidiano “Il Gazzettino” di Mercoledì 22 dicembre 2010 “Assolto, l’alcoltest aveva sbagliato. Un automobilista ventottenne di Mestre è

cosa dicono gli esperti

Secondo alcuni scienziati l’etilometro è uno strumento che non misura l’esatta concentrazione alcolica nel sangue dell’individuo sottoposto al controllo

stato assolto dall’accusa di guida in stato di ebbrezza: ha dimostrato che il livello alcolico accertato prima con l’etilometro, non corrisponde a quello evidenziato dall’esame del sangue al quale decise di sottoporsi in ospedale per dimostrare la propria innocenza. Il

Giudice Fabio Moretti ha disposto la trasmissione degli atti alla Prefettura. Per la Polizia il guidatore aveva bevuto molto (il tasso accertato dall’etilometro era 0,89 g/l, mentre in ospedale risultò in meno 0,30 g/l. Il consulente della difesa ha spiegato che il tasso effettivo non poteva essere superiore all’ 0,60 g/l.” Se le cose stanno così, è logico che anche noi possiamo nutrire qualche dubbio sull’esatta funzionalità degli etilometri in dotazione delle forze dell’ordine e non possiamo che auspicare che quanto prima ci sia un intervento che elimini questa confusione e diffidenza e ci faccia superare la psicosi provocata da questo famigerato strumento. Negli Stati Uniti, ad esempio, sembra stiano tornando ai vecchi metodi, proprio quelli stabiliti dal nostro vecchio codice, che dà la possibilità alle forze dell’ordine, attraverso dei test psico fisici, di verificare le capacità di guida, le condizioni dei riflessi, l’attenzione e reattività e quindi stabilire se una persona è in grado di guidare o meno. Uno strumento indicato, come suggeriscono alcuni studiosi e specialisti, potrebbe essere il riflessometro! Aspettando che qualcosa nel merito si muova, non possiamo che sperare che dell’etilometro non se ne faccia un uso smodato ed esagerato, pur consapevoli che per evitare qualsiasi guaio non si deve bere alcolici se si deve guidare un veicolo. Se dovesse capitare di trascorrere una serata trasgressiva al ristorante, ricordiamoci di farci accompagnare a casa da un guidatore sobrio; è il modo più sicuro per evitare l’esame del temuto e contestato etilometro.

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{Arte & Vino}

in America con “Confidenza”

P

inot Grigio e Refosco, due nuovi vini che ritraggono in etichetta il quadro “Confidenza” del pittore e filosofo sanstinese Antonio Boatto, sono stati presentati di recente nella città della Grande Mela alla cantina “Grotto” del famoso ristorante italiano di Manhattan “Isle of Capri”. Due splendidi vini di “facile beva” e di “tutto pasto” con una giusta complessità di profumi e sapori minerali e di fruttato che creano confidenza sorseggiandoli in compagnia e che ben si armonizzano con tanti piatti della nostra tradizione. La nuova linea dei vini di Casa Geretto ha ottenuto moltissimi consensi alla presentazione a New York; molti i presenti, attori, artisti e personaggi del jet set internazionale, della politica e della finanza che hanno apprezzato i “confidenza” ed il connubio del vino con l’arte. Casa Geretto ha iniziato pure un tour di eventi denominato “Aperitivo in confidenza” nelle principali città del triveneto. Flavio e Antonio Geretto ce lo presentano come “Un vino affascinante che non inganna e non delude ideale per convivialità e gusto di stare insieme. Un Refosco e un Pinot Grigio, uniti da una facilità di beva, una giusta complessità di profumi e sapori fruttati e minerali, con una sensazione finale molto piacevole. Bevendo questi vini si crea “confidenza”, il piacere di bere un bicchiere in compagnia e di stare insieme, come sembrano stare in perfetta

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armonia bene insieme i tre volti ritratti nel quadro riportato in etichetta frontale; “Confidenza” è il nome dell’opera del pittore e filosofo sanstinese Antonio Boatto, che da il nome a questi due vini. Non è stata casuale la scelta di questi due vitigni: il Pinot Grigio è di gran lunga il vino bianco del Nord Est più famoso all’estero, e quello di Casa Geretto vanta in particolare numerosi riconoscimenti. Il Refosco, nobile uva autoctona a bacca rossa, è il vitigno che da sempre la casa vinicola ha posto come proprio prodotto bandiera. Dal “Diario Metafisico” l’aforisma che appare in retro etichetta: “Se il piacere di un bicchiere d’acqua dipende dalla sete, il piacere di un bicchiere di vino dipende dal vino”. Meglio di così non si poteva esprimere il concetto di questo vino che oltre a New York dove è avvenuta la presentazione ufficiale lo scorso giugno (2010), e in Italia, sarà presto distribuito anche a Toronto in Canada, a Cleveland in Ohio, a Miami in Florida e a Londra. E’ proprio a San Stino, davanti a un buon bicchiere di Refosco, che è nata l’idea. Casa Geretto da molti anni crede nell’importanza del connubio vino, arte ed ecologia – afferma Flavio Geretto, presente all’evento di New York- ma questa iniziativa con Boatto è quella cui teniamo di più, perché è un amico, è sanstinese e ha già eseguito negli USA un numero rilevante di opere. La sua arte come il nostro vino è bevibile

“ Confidenza” la nuova linea di vino della “Casa Geretto” di S. Stino di Livenza (VE) sbarca con successo a Manhattan – New York.

e non beverina, con un occhio di riguardo all’ambiente, al colore. Questo vino, per la casa veneto-friulana, segna anche l’inizio di una nuova filosofia “del rispetto consapevole della natura” . La “Confidenza” con l’ambiente è sempre stata oggetto di attenzione per la famiglia Geretto che oggi sente l’esigenza di un forte impegno in questo senso, nella consapevolezza che, anche piccole cose, possono aiutare a garantire un futuro “vivibile” alle generazioni future. Questi due vini sono stati bonificati senza l’utilizzo di frigoriferi per il controllo della temperatura, filtrati senza l’utilizzo di farine fossili. Durante il periodo di stabilizzazione precedente all’imbottigliamento non vengono utilizzati additivi chimici se non dosi leggere di anidride solforosa. Particolarmente curate anche le scelte relative al packaging: bottiglie in vetro leggero, di minore impatto ambientale e tappi sintetici prodotti con polimeri particolarmente adeguati ad un facile riciclo nella produzione di altre materie plastiche, scatole di cartone proveniente da carta riciclata. “Vendendo molto all’estero abbiamo ottenuto apertura e collaborazione dai nostri importatori che hanno accettato di programmare consegne e ritiri dei nostri vini in modo da sfruttare i viaggi nei mesi meno caldi senza essere costretti ad utilizzare container refrigerati.” Anche il vino come un opera d’arte, dice Antonio Boatto, è un’emozione senza bisogno di parole.



{paesaggi di casa nostra}

di Claudio Fabbro, agronomo ed enologo, giornalista, scrittore

Altipiano di straordinaria composizione calcarea ai cui piedi scorre il fiume Isonzo, teatro di cruenti battaglie nella “Grande Guerra” e ora ricco di vitigni che producono vini di particolare aroma e sapore

IL CARSO

I

l “Carso” è un altopiano che si eleva nella parte orientale della provincia di Gorizia, limitato con un terreno di circa 5.400 ha. di superficie, compreso tra il confine con la Slovenia, il tratto terminale del Vipacco fino alla sua confluenza nell’Isonzo, il corso di quest’ultimo, fino a Sagrado e la linea ferroviaria che da questo si dirige a Trieste. Si tratta dell’ultima parte del vasto altopiano calcareo che si estende ai piedi del cordone montuoso che costeggia, a sinistra, la valle del Vipacco. Di tale cordone ricade nel “Carso goriziano” il primo rilievo, il monte San Michele che raggiunge quota 274 m.s.l.m. Questo terrazzo carsico, ai cui piedi l’Isonzo ha scavato il tratto mediano del suo letto di pianura e che si affaccia ad ovest sul monfalconese, si mantiene a quote comprese fra 100 e 150 m.s.l.m. Sotto il profilo

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geologico esso si fa risalire al Cretaceo superiore ed è costituito prevalentemente di calcari. In modo più specifico vi si possono rilevare facies disposte quasi parallelamente in fasce con decorso Est-Ovest. La prima di queste è formata da calcari di color chiaro talvolta sub cristallini e ricchi di fossili (senoniano); in essa si eleva il monte San Michele. La seconda è costituita di calcari grigi e chiari, spesso cristallini e brecciati, ricchi di rudiste; vi ricadono ad occidente, Sagrado e Fogliano, che ne segnano rispettivamente il limite nord ed il sud. La fascia successiva, di maggior profondità, va gradualmente ampliandosi verso oriente, cosicché

mentre ad ovest i suoi confini settentrionali e meridionali sono compresi rispettivamente fra Fogliano e monte Sei Busi, ad est sono rappresentati da Visintini e dalle sponde nord del lago di Doberdò; essa risulta formata da calcari lastroidi e compatti, grigi, spesso bituminosi. L’ultima fascia è costituita da calcari compatti e lastroidi grigi e nerastri spesso bituminosi e calcari dolomitici grigi, lastroidi, cristallini, fortemente soggetta ai “fenomici carsici”. I prodotti del disfacimento del substrato calcareo, trasportati dal vento, lasciano infatti affiorare spesso la roccia madre, impedendo la minima vegetazione. Dove questa ha potuto trattenersi

forma orizzonti di spessore esiguo (20-30 cm.). Accumuli più profondi di tali terreni, le così dette «terre rosse carsiche», si riscontrano solo in corrispondenza delle doline dove superano anche 1 metro di spessore. Distribuite senza un’apparente legge, queste doline costituiscono vere e proprie oasi nella desolazione del paesaggio. Oltre che in esso, accumuli consistenti di terre rosse si riscontrano con particolare frequenza lungo il vallone di Doberdò, tra Gabria e Doberdò, quasi parallelamente al confine di Stato. Caratteristica fondamentale delle «terre rosse» è la straordinaria ricchezza di particelle colloidali e la scarsità di sabbia. Malgrado l’alto contenuto di argilla, agli effetti agrari questi terreni sono da considerarsi leggeri e fortemente soggetti alla siccità. La relativa fertilità di questi terreni trova infatti un limite nella disponibilità di acqua e non già perché scarseggiano le precipitazioni, quanto per la permeabilità del sottosuolo. I terreni, per l’esiguità dello spessore non trattengono l’acqua, non c’è capillarità, non sono in grado di mantenere una vegetazione arborea rigogliosa. D’estate, per il surriscaldamento delle rocce si verifica forte evaporazione. Si allontanano da questa tipologia generale le zone dove i terreni sono più profondi, nelle doline e lungo il vallone di Doberdò.


{recuperi dal passato}

di Tito Cuccaro, sommelier ais e assaggiatore onav

Vitovska Non si conoscono le origini della Vitovska e non ne esiste traccia in altre regioni del Mediterraneo; di conseguenza può essere considerata a ragione come vitigno autoctono: la Vitovska è un vitigno ben adattato al territorio, rustico, capace di sopportare sia le fredde raffiche invernali della bora, che la siccità della stagione calda; è diffuso nella provincia di Trieste e nella vicina Slovenia. Il suo nome ha origini slovene, forse dalla località di Vitovljie; in un libro di recentissima pubblicazione sulla Vitovska, Stefano Cosma formula la suggestiva ipotesi che il nome derivi da Vitez, cioè Cavaliere, forse un ricordo del vino dovuto come tributo dai contadini verso i Cavalieri feudatari. Nello stesso libro Luca Toninato enumera i diversi sinonimi del vitigno come Garganija, Vitovska Garganija, Organca, Verganka, Grganka, Malvazija s piko, Beli refosk: non ha nulla a che fare con la veneta Garganega. La Vitovska è un vitigno a bacca bianca (con un puntino marrone sull’acino che la rende subito riconoscibile), che produce un vino che incuriosisce, moderno per la sua finezza ed eleganza, moderatamente alcolico, dal profumo fruttato, vinoso, con sentori di pera William, di mandorla e talvolta di salvia. Il colore è giallo paglierino chiaro, il sapore è leggermente acidulo e sapido, presenta un buon corpo e un retrogusto amarognolo. La Vitovska, anche se riscoperta da pochi anni e il Terrano costituiscono i vini più tipici della DOC Carso. La Vitovska si accompagna bene con antipasti magri, sia di carne che di pesce,

ma pure con pesce, crostacei, frutti di mare; è adatto ad essere consumato anche fuori pasto. La temperatura ideale per presentarlo è sui 10°- 12° C.

Glera Come per la Vitovska anche per la Glera è difficile risalire alle origini di questo vitigno, che si può considerare autoctono in virtù

VITOVSKA E GLERA, due grandi recuperi

G r a z i e a d u n p a z i e n t e l av o r o di recupero e di valorizzazione da parte di alcuni produttori vitivinicoli della provincia di T r i e s t e , s o n o s t at e s o t t r at t e all’oblio due pregevoli varietà au t o c t o n o d i u ve: la Vitovska e la Glera

della sua presenza nella zona; riscoperto e recuperato in tempi recenti ad opera di alcuni appassionati viticoltori, che hanno creduto nella sua potenzialità, possiede già un promettente futuro. Poco esigente ed adattabile, cresce sui pendii sistemati a pastini, difficili da coltivare, del costone triestino tra S. Croce e Miramare, in particolare sotto Prosecco e Contovello o sopra Roiano: qui trova terreno, clima ed esposizione particolarmente favorevoli, che gli permettono di esprimere al massimo la sua tipicità. Se ne ricava un vino di un bel colore giallo paglierino, di profumi intensi, anche se delicati, che ricordano la pera, l’acacia e il glicine, con un sapore pieno, aromatico e gradevolmente fresco. Le sue caratteristiche organolettiche ne consigliano l’abbinamento con cibi leggeri, ma può diventare anche un ottimo aperitivo. La glera presenta una curiosa somiglianza ampelografica con il famoso Prosecco, che viene coltivato nelle colline di Valdobbiadene e Conegliano. Qualcuno ha formulato l’ipotesi che nel Medio Evo questo vitigno, originario della zona di Prosecco, sia stato trapiantato in quelle zone del Veneto, dove ha trovato un “habitat” tale, da produrre un vino dalle caratteristiche organolettiche adatte alla preparazione di vini frizzanti e di ottimi spumanti. Tuttavia la Glera, nonostante la similitudine ampelografica dei due vitigni, presenta caratteristiche organolettiche diverse. La Glera va servita ad una temperatura attorno ai 9° 10° C.

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U.C.E.T.

Unione Circoli Enogastronomici del Triveneto Veneto - Friuli Venezia Giulia - Trentino Alto Adige

L’

UCET è un’associazione che annovera una ventina di confraternite enogastronomiche residenti nella macroregione triveneta (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige) unite da un comune scopo culturale tendente a valorizzare il proprio territorio con i suoi aspetti storici ed ambientali, i prodotti tipici ed originali, la cucina, i vini, usanze e consuetudini, le tradizioni. Inoltre, propone un proprio calendario annuale di incontri singolarmente organizzati dai circoli associati, che obbligatoriamente impongono momenti culturali con conferenze, visite, degustazioni e altro di importanza territoriale, ed il pranzo sociale con piatti della tradizione preparati con prodotti della filiera locale in giusto accostamento con vini del Triveneto.

Ogni attività dell’UCET viene svolta senza perseguire alcun lucro ed interesse personale. È attivo in rete il sito www.ucet.it appositamente predisposto per consentire a chiunque di visitare con un semplice “click” le pagine di presentazione dei Circoli e conoscerne i programmi, la galleria fotografica sulle manifestazioni organizzate, attingere notizie e leggere le pubblicazioni periodiche, collegarsi direttamente con l’Associazione per avere informazioni sul territorio sotto l’aspetto artistico, turistico e produttivo, sulla filiera locale, vini, cucina tipica e ricette tradizionali ed anche ottenere suggerimenti ed indicazioni sulla enogastronomia triveneta. Per quanto possibile, persone esperte ed informate saranno liete di rispondere.

Incontri 2011

Va l o r i z z i a m o l’enogastronomia riscoprendo anche gli antichi valori culturali...

Leandro Costa PResidente UCET

CONFRATERNITA

TEMA INCONTRO

LOCALITA’

DATA

Confraternita I Dogi

Ciliegie e cucina Vicentina

Marostica (VI)

25 aprile

Imperial Castellania di Suavia

40 anni di storia

Soave (VR)

15 maggio

Circolo Enogastronomico Alto Adige

25° di fondazione Specialità altoatesine

Termeno (BZ)

29 maggio

Confraternita La Caminaza

Storia della cucina feltrina

Feltre/Pedavena(BL) 5 giugno

Cernida Naonense

Festa degli uomini e Cucina friulana

Castelcosa S. Giorgio d. Rich.da (PN) 2 agosto

Confraternita della Sopressa

Colli Asolani e il Covolo di Tiziano

Asolo / Covolo (VI) 18 settembre

Confraternita Ca’ delle Rondini

Sapori entroterra veneziano

Mirano (VE)

9 ottobre

Confraternita della Trippa

Specialità piemontesi

Moncalieri (TO)

16 ottobre

Ordine Cavalieri San Martino

L’antica Fiera di San Martino

Belluno

13 novembre

Enoclub Portogruaro

35° di fondazione Festa delle Associazioni

Portogruaro (VE)

20 Novembre

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{le confraternite associate all’ucet} Unione Circoli Enogastronomici del Triveneto (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige)

Confraternita dei Dogi Riviera del Brenta (Venezia) Socio fondatore u.c.e.t.

Consiglio Direttivo Presidente

Luigi Nisato Coordinatore

Gianfranco Gardellin Cassiere

Graziella Ariani Gran Maestro

Giovanni Pavan

Noi Dogi siamo quelli che c r e d o n o n e l l ’ a m i c i z i a , n e l l a t r ad i z i o n e, n o n c o m e s t o r i a a n t i q u at a , c o m e c u l t o d i u n p a s s at o c h e n o n p u ò t o r n a r e , m a t r a d i z i o n e c h e v a d i fe s a e s a l v at a p e r a l l o n t a n a r e i l p e r i c o l o d e l l a c a n c e l l a z i o n e d i u n p at r i m o n i o c u l t u r a l e i m m e n s o. Am i a m o i l v i n o b u o n o, l o vo g l i a m o o n e s t o. Am i a m o m a n g i a r e s a n o e b u o n o con il vino in giusto accostamento e vogliamo che la nostra terra, i l Ve n e t o , d e b b a e s s e r e a m at a

Calendario delle Attività • Festa delle Confraternite il 25 aprile • Corsi di enogastronomia per assaggiatori di olio d’oliva e miele • Incontri con personalità del settore storico archeologico del Veneto • Serate enogastronomiche con abbinamento cibo-vino • Servizio vini in manifestazioni regionali e nazionali in cui viene servito solo il vino veneto con contributo a favore della lotta contro il cancro • Cena degli auguri in dicembre • La Confraternita è iscritta alla Comunità Alpe Adria come ente culturale ed organizza assieme al G.E.T di Trieste, ad anni alterni, l’incontro delle città del mare Venezia - Trieste • La Confraternita è gemellata con il Circolo Enologico Alto Adige di Bolzano ed annovera, avvalendosi dei Consoli e Palati Sapienti per le Regioni Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Piemonte, Lombardia, Liguria, Lazio e Toscana

Segretario

Massimo Minto

Nel prossimo numero di questo giornale saranno disponibili le cronache degli eventi realizzati nella prima parte dell’anno dalle confraternite Ucet.

Il Gran Consiglio

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{a pranzo da}

Si colloca nell cuore storico della Iulia C o n c o r d i a , b a g n at a dalle acque del f i u m e Le m e n e

Concordia Sagittaria/Ve - Via Roma, 90 - Centro Storico Tel. 0421 394083 - Fax 0421 390129 - www.hoteliuliazentil.it - hoteliulia@libero.it

L

a Trattoria Zentil, già vecchia Osteria paesana situata nella centrale via Roma di Concordia Sagittaria, da un paio d’anni è stata completamente rinnovata e modernizzata, ampliata con un comodo ristorante ed un raffinato Hotel, assumendo

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il nome di “Trattoria Caffè Zentil - Hotel Iulia” La gestione dell’importante locale è stata affidata ad un personaggio molto noto, ammirato e benvoluto della ristorazione del veneto orientale: Vincenzo Morutto, affiancato dalla Signora Fabiola. Vincenzo è chef di provata capacità maturata attraverso anni di esperienza, iniziando come praticante di cucina in molti ristoranti nei centri balneari di Bibione e Lignano, di villeggiatura montana in Val Badia e Val Gardena ed altri affermati ristoranti dell’entroterra veneto come “La Colomba” di Pieve di Soligo e “Il Mat-

terello” di San Michele, arricchendosi di esperienza professionale a fianco di importanti cuochi; la sua passione ed interesse verso l’arte culinaria lo ha condotto a scalare le posizioni diventando in poco tempo aiuto cuoco ed infine chef di èlite. Il matrimonio con Fabiola lo ha stimolato poi a gestire in proprio e con successo un proprio ristorante a Lignano Sabbiadoro e a Portogruaro, dove si è consacrato definitivamente cuoco di qualità, in ciò aiutato dal suo comportamento cortese, disponibile ed ospitale, nondimeno dal fare grazioso e sorridente della Signora Fabiola. Il locale di Concordia si affaccia sulla centrale via

Roma, proprio di fronte al pontile sul fiume Lemene in cui attraccano le tradizionali imbarcazioni di acqua dolce, le batèe e le caorline, ed ogni tanto il “Lunardo” il burcio adattato al trasporto di turisti che provengono da Caorle a visitare i monumenti e siti storici dell’antica “Julia” costruita dai romani all’incirca nel 42 a.C. all’incrocio della via Annia con la via Postumia. Entrando nel bar, una grande parete rappresenta in stile “naif” scene di vita paesana di un tempo e la Signora Fabiola ti accoglie con uno stuzzichino di baccalà, o verdurine od altre sfiziosità da accompagnare ad un buon vino Lison Pramaggiore; si respira da subito il piacere


dell’ospitalità e semplicità della nostra gente e ti senti immediatamente a tuo agio! Vincenzo invece, se non è in cucina, la mattina è occupato a visitare orti e campi per acquistare direttamente dalla produzione verdura e frutta locale fresca, e il mercato del pesce di Marano e Caorle per scegliere di persona il pescato. E questa è una importante caratteristica della cucina di Vincenzo: è semplice, genuina, raffinata da un tocco della sua genialità,

zancolle, vongole e peòci. La sua esperienza maturata in montagna gli consente di preparare anche gustosi primi e secondi con carne e verdure, per quanti non scegliessero il pesce, affettati e formaggi di qualità come i prosciutti affumicati di Sauris e prosciutto di San Daniele, il montasio , la casatella nostrana, ecc; vari salumi (salami, ossocolli, pancette, salsicce, cotechini) sono fatti preparare artigianalmente per il suo ristorante. Nella

e soprattutto i prodotti sono sempre freschi, tanto che è un degno sostenitore della filiera locale e della cucina a chilometri zero, in cui non esiste alcuna forma di inquinamento. La sua cucina è volutamente stagionale e predilige il connubio fra le erbe e verdure ed il pesce di fiume e dell’Alto Adriatico non disdegnando le classiche grigliate amate in ogni latitudine. E perciò branzini, orate, seppie, sogliole, scampi, San Pietro e tanto altro fanno parte del menu quotidiano. Vincenzo poi è unico nel preparare i “guazzetti”, i canestrelli in scottadeo, l’insalata di polipo, il “bisato in tecia coi àmui”, la “tenca in umido”, i tagliolini col nero di seppia e ancora i tanti risotti della tradizione locale, coi vidisòni, coi s-ciopetini, col pavarièl, coi spàrasi, anche assieme ai frutti di mare come le cappesante, gamberoni, maz-

elegante e comoda sala del ristorante, si ammira in bella vista, una distesa di pasta fresca in vari formati, nonché i gustosi tipici dolcetti secchi veneziani preparati settimanalmente, i zaèti, i bussolà i esse, che solitamente chiudono il pasto con uno dei tanti pregiati vini della sua carta. Per quanti vogliono trascorrere un fine settimana immersi nell’arte della storica cittadina veneziana, ricca di antichi reperti romanici da visitare, sede diocesana del Vescovo e della cattedrale di Santo Stefano martire con un Battistero paleocristiano, non devono mancare di accomodarsi all’Hotel Iulia ed intrattenersi nella Trattoria Zentil sia per assaporare le sfiziosità dell’antica Osteria che le specialità dello chef Vincenzo, fra l’altro vincitore del Concorso per il miglior baccalà e della “renga d’oro” della edizione 2011.

Vincenzo e Fabiola vi invitano a degustare l e p r e l i b at e z z e m a r i n a r e di Caorle e Marano a c c o m p a g n at e a l l e deliziedell’orto d e l Ve n e t o O r i e n t a l e ,

il tutto con brindisi del n o s t r o Li s o n P r a m a g g i o r e e p e r c o n t i n u a r e i l s o av e s o g g i o r n o , l ’ H o t e l o f fr e 14 stanze con tutti i c o m fo r t d e l l a s u a c at e g o r i a (connessione internet, pacchetto business, p a r c h e g g i o p r i v at o , terrazza bar, accessibile anche via fiume). . 19


{tradizioni}

di Enrico Santinelli

L’

Europa dell’alto Medioevo, per quanto riguardava la pesca e la conservazione del pescato era divisa verticalmente in due parti: zona del merluzzo e zona dell’aringa. Nei secoli di mezzo l’aringa, o King Herring, fu la voce più importante del settore ittico conserviero, dato che viene consumata immediatamente dopo la pesca o conservata sotto sale e a volte affumicata dopo la salatura. La pesca della aringa diede origine a vere e proprie potenze commerciali, come la Lega Anseatica che, intorno all’anno 1200 fece diventare questo pesce una vera e propria unità di base, come oggi l’oro all’oncia; in Francia sono stati trovati atti notarili dove la moneta di scambio è stata l’aringa; nella Regione dello Champagne un vigneto venne affittato per mille aringhe l’anno. L’aringa arriva a Venezia intorno all’anno 1450, quasi di pari passo al più nobile baccalà o stoccafisso la cui storia è cosa nota. Proprio l’ammiraglio genovese divenuto veneziano, Giovanni (Zuan) Caboto nel corso delle sue spedizioni nei mari del nord, quasi fino a 60 gradi di latitudine, scopri ampie zone di pesca abbondantissima delle aringhe, tanto che il re di Inghilterra Edoardo VII che ne trasse vantaggi, lo ricompensò con una ricca pensione. Venezia, nei secoli abbaglianti del suo vigore, era il centro focale delle terre conosciute. Stato di confine, regina del commercio tra occidente ed oriente, porta del mondo tra il Barbaresco, il Levante ed il Ponente, ebbe modo di sfruttare anche il ricco commercio

20 .

Aringa e tradizione concordiese

La ricetta della “renga” concordiese è custodita dalla Confraternita dea Renga (Concordia Sagittaria –VE) Ingredienti: aringa affumicata e/o salata (pezzatura da 300/350 grammi) da mettere a bagno in acqua corrente per q.b. Immergere la rènga in acqua molto calda e far sbollire per 3-4 minuti, toglierla dall’acqua e, a caldo, levare la pelle, la testa e la coda se presenti nella pezzatura. Adagiare il resto della rènga in carta assorbente e, dopo qualche ora, diliscarla aprendola longitudinalmente partendo dalla coda. Mettere i filetti così ricavati in un vassoio e coprirli con olio di semi, guarnendo con grani di pepe nero e aromi particolari della tradizione segretamente conservati dalla confraternita. La rènga andrà servita adagiando i filetti su fette di polenta abbrustolita.

delle aringhe. Questo fino al ‘700 quando il mondo comincerà a guardare altrove, a Parigi, Inghilterra, Olanda. A Concordia Sagittaria la storia sembra procedere quasi in contemporanea con quella di Venezia essendo storicamente provato che il commercio della “renga” è stato qui esercitato per sei sette secoli e dato che il suo consumo nel

territorio è stato accertato in abbondanza. Un paragone con Venezia, naturalmente, che inorgoglisce ma che riguarda soltanto il commercio dell’aringa, perché, per il resto, quivi c’era solo miseria. I racconti sulla aringa a Concordia si sprecano ancora adesso: “Ricordo che me nona tacava ‘na renga sul camin e tuti noantri se andava

a tociàr..”(Mi ricordo che mia nonna legava con uno spago una aringa nella cappa di un focolare che così si affumicava e noi tutti di famiglia andavamo ad attingerla con la polenta…). Racconti che è affascinante ascoltarli anche se la loro sequela è sempre la stessa. Pur con diverse sfumature, trasudano di profumi dei tempi oramai andati, di immagini che ricordano mani consunte dal lavoro, volti insecchiti dagli occhi stanchi e disillusi degli adulti e di quelli curiosi, affamati e speranzosi dei bambini. Lo sviluppo del commercio della aringa salata ed affumicata è andato nel corso dei secoli a coprire praticamente tutta l’Europa, arrivando nelle Russie e anche oltre. Come pure negli Stati Uniti del Nord America si sviluppa un abbonante commercio di aringhe “Allis Shad” e “Twaite Shad” – Alosa americana - sempre della famiglia dei clupeidi, ma di acqua dolce, pescate nei fiumi dove risalivano per deporre le uova. Ai tempi nostri, rispetto all’800 in cui si pescavano milioni di pezzi, siano purtroppo arrivati ad una raccolta “di nicchia” simile a quella della pesca dello storione nei fiumi del trevigiano. Ai giorni nostri ci piace mantenere un giusto e doveroso interesse a ricordare anche l’aringa, prodotto ittico che fa parte della storia e della cultura gastronomica concordiese; tanto è che abbiamo creato un’associazione culturale che custodisce la memoria “dea renga” e della sua ricetta tanto cara e amata per secoli e ancora proposta in tutte le osterie, trattorie e ristoranti della cittadina ogni anno nel giorno delle “Ceneri”.


{la rubrica di Elisa e Seba}

le erbe officinali le piante e i loro principi attivi

C

entinaia di migliaia di anni fa le piante impararono ad utilizzare l’energia atomica attraverso i fotoni solari per effettuare la fotosintesi clorofilliana, un processo complesso di elaborazione di sostanze nutrienti per la pianta stessa. L’organizzazione vegetale si compie dunque con la perdita e l’eliminazione di ossigeno.

Dai raggi solari la pianta trae l’energia necessaria per i processi di sintesi organica, costruendo combinazioni di complessità elevata e di natura instabile. Con la luce solare, l’aria, l’acqua e i minerali, l’albero può vivere centinaia e persino migliaia di anni. Le piante sono le dirette interlocutrici del Sole e ne trasformano l’energia fotonica mediante la clo-

rofilla, che è simile, nella sua struttura molecolare, all’eme della nostra emoglobina. Il processo vegetale rappresenta dunque il meccanismo centrale attorno al quale gravita tutta la vita terrestre (F. Piterà, Manuale di Gemmoterapia clinica, De Ferrari). I principi attivi che sono contenuti nelle piante in quantità differenti a seconda delle stesse sono

sostanzialmente i seguenti e se ben utilizzati possano essere ottima fonte di integrazione per il nostro sistema corpo e per la conservazione del benessere personale dell’individuo. Il loro utilizzo però è raccomandabile sempre con cautela e attenzione, meglio se sotto consiglio dello specialista che ne conosce sia il valore positivo che le eventuali controindicazioni.

Di seguito illustriamo brevemente i maggiori principi attivi delle piante e la loro sede di “azione” sul corpo umano: Gli alcaloidi I glucosidi I tannini Gli olii essenziali Le sostanze amare Le vitamine I minerali Le mucillagini

hanno effetto sul sistema nervoso, rilassano fino alla paralisi, hanno anche azione analgesica componenti da dosare con attenzione, sono generalmente organo specifici sono proprietà astringenti, disinfettanti, protettivi delle pareti dei vasi sanguigni, antibatteriche per la pelle hanno proprietà antibatteriche, antisettiche, riscaldanti, virustatiche, balsamiche, riscaldanti, rilassanti, antinfiammatorie hanno proprietà digestive, carminative, colagoghe, coleretiche, aperitive, digestive, tonificanti, equilibranti, stimolano fegato, cistifellea, e pancreas sono biocatalizzatori importanti nelle azioni del metabolismo. hanno importanti funzioni osmotiche e di scambio metabolico, attivatori enzimatici, contribuiscono al riequilibrio elettrolitico del corpo, e dei fluidi organici proteggono le mucose del corpo, delle vie respiratorie e dell’apparato digerente

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TIPOLOGIE DI PREPARAZIONI PIU’ COMUNI Le piante possono essere assunte dall’uomo in varie modalità, a seconda sia del bisogno delle stesse, che della preferenza personale, che della maggiore o minore efficacia di un sistema di preparazione rispetto ad un altro, che della parte utilizzata della pianta stessa. Pertanto si differenziano: Il decotto L’estratto secco L’infuso cipi Il macerato Il macerato glicerinato ci Gli olii essenziali La tintura madre

per radici, cortecce, rizomi, per le piante resinose e di cui è difficile estrarre i principi attivi. Si fa bollire la parte della pianta interessata per un tempo determinato (generalmente dai 5 minuti ai 30 minuti)e poi la si lascia macerare per dell’altro tempo (circa 10 minuti). concentrazioni differenti di “droghe” in forma di polvere secca. di solito per fiori e foglie e per quelle piante che attraverso l’ebollizione perderebbero i loro prinattivi, perché delicati e non resistenti alle alte temperature. Si prepara facendo bollire l’acqua e terminata l’ebollizione si spegne il fornello e si versa l’acqua sopra fiori e foglie,e si lascia riposare circa 5-15 minuti per poi filtrarla bene. si prepara lasciando macerare in acqua fredda la droga per lungo tempo dalle 24 ore a dei giorni a seconda del tipo di preparato e della ricetta che si segue. Poi va filtrato accuratamente estratto di gemme, o giovani germogli o radichette, ricchi di ormoni, enzimi, proteine e acidi nuclei-

sostanze volatili in soluzioni altamente concentrate, generalmente ottenuti per distillazioni in corrente di vapore. si ottiene per macerazione di piante fresche in alcol, filtraggio, e procedimenti successivi per otte-

La raccolta delle piante va effettuata preferibilmente di mattina, non si devono raccogliere piante bagnate, preferibilmente non vanno lavate, ma strofinate con panno umido. Le radici e le cortecce vanno raccolte in autunno quando la pianta è in quiescenza. Le foglie prima della fioritura, i fiori a uno a uno appena sbocciati, i frutti solo completamente maturi e i semi poco prima della maturazione completa. CONSERVAZIONE: generalmente si consiglia di conservare le piante in sacchetti di carta o di tela o in recipienti di vetro scuro, conservati al buio, in ambiente fresco ma non umido. AVVERTENZE: la virtù curativa delle piante dipende dalla quantità di principio attivo e dalla tipologia dei principi attivi contenuti in essa, questi possono essere, in dosi controllate, utilizzati a fini terapeutici, risultano però pericolosi in dosi non idonee e in associazioni errate o per incompatibilità della persona. L’utilizzo delle erbe è buon aiuto per disturbi che non rappresentino stati patologici conclamati. In caso invece di disturbi gravi e patologie si consiglia di rivolgersi a medici ed esperti prima di assumere qualsiasi tipo di composto o prodotto fitoterapico. La seguente dispensa è esclusivamente a titolo informativo, vuole essere solo un’introduzione che desti curiosità per coloro che vogliano approfondire e conoscere meglio il mondo delle piante officinali.

CONSIGLI IN CUCINA:

Risotto al tarassaco e salsiccia

Ingredienti per 4 persone: 250 gr di riso, 4 salsicce, gr.150 di tarassaco, 1 scalogno, 1/2 bicchiere di vino bianco secco (Pinot o prosecco fermo), sale q.b. Procedura: soffriggere lo scalogno, aggiungere il riso,il tarassaco (precedentemente lavato e tagliato a pezzi), le salsicce sbriciolate. Quando il tutto assumerà un colore dorato (dovuto dalla tostatura del riso) introdurre il vino bianco e un pizzico di sale. Ultimare la cottura con l’aggiunta di brodo vegetale. Consiglio dello chef: per dare al risotto un tocco in più si può mantecare con 100 gr di casatella trevigiana, appoggiando così ad un gusto tendenzialmente amaro una nota di dolce.

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{officina degli eventi}

7a EDIZIONE

Terre dei Dogi in Festa 6, 7 e 8 maggio 2011 Venerdì

SABATO E DOMENICA

SABATO

DOMENICA

ore 17.00 Palazzo Municipale Sala Consiliare • Convegno- talk con rappresentanti di Enti, Istituzioni, Associazioni economiche e culturali • Presentazione del nuovo logo Lison DOCG • Degustazione prodotti tipici del territorio

dalle ore 09.00 Via Garibaldi e Via Seminario • Esposizione artigianato e prodotti

ore 10.00 Palazzo Municipale Sala Consiliare • Proiezione del film “Stagioni e Salotti sul Lemene”

Negozi aperti tutto il giorno

6 maggio

ore 19.00 Apertura stands ore 21.00 Centro Storico • concertini di gruppi musicali a cura dell’Associazione Musicale Music Village

7, 8 MAGGIO

dalle ore 11.00 •Apertura stands, degustazioni e mostre dalle ore 14.00 alle 18.00 Piazzetta Pescheria • Caorline dell’A.S.D. Voga Concordiese a disposizione del pubblico per una breve escursione sul Lemene Museo Archeologico •Ingresso gratuito nei giorni 6 – 7 – 8 maggio, con visite guidate

7 maggio

ore 11.30 • Corteo verso il Centro Storico dalle ore 11.00 fino a sera • letture, laboratori creativi per bambini, spettacoli, selezione “Terre dei Dogi in Festa” per il miglior abbinamento vino - cibo, convegni, mostre, concerto con gruppi locali ore 21.00 Piazzetta Pescheria Ballo libero per tutta la popolazione con intermezzo di Spettacolo di Danza Sportiva

Terre dei Dogi in Festa è la rassegna enogastronomica del Veneto Orientale ed è anche un’occasione importante per conoscere il territorio e la sua storia, con alcune iniziative dedicate ai bambini, ai Musei, al Fiume Lemene.

8 maggio dalle ore 9.00 Piazzetta Pescheria • Mercato del pesce dalle ore 10.30 alle 12.00 Caorline dell’A.S.D. Voga Concordiese a disposizione del pubblico per una breve escursione sul Lemene dalle ore 11.00 fino a sera • degustazioni, convegni, concertini , laboratori di animazione per bambini, Corteo dalla Villa Comunale a Piazza della Repubblica con balli e musica del ‘700 con gli Amici del Carnevale di Venezia ore 22.30 Piazzetta Pescheria Attrazioni pirotecniche sul fiume Lemene

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