il Bàcaro | andàr per gusto

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il Bàcaro A N D À R

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DISTRIBUITO IN VENETO, FRIULI VENEZIA GIULIA E TRENTINO ALTO ADIGE CON IL PATROCINIO DI ASSOCIAZIONE DELL’ARTIGIANATO E DELLE IMPRESE MANDAMENTO DI PORTOGRUARO

NUMERO 7 | ANNO III

IN PRIMO PIANO

ALIMENTAZIONE

TRADIZIONI

MESTIERI

La storia della pizza dalle origini ai nostri giorni

A tavola con il cuore, contro il colesterolo

Due passi nell’enogastronomia veneta

“Giovini Veneziani” rilanciano la viticoltura

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{sommario} 11 | Due passi in Veneto:

3 | L’Editoriale

speciale tradizioni regionali

4 | In primo piano:

pizza story

8 | Alimentazione: a tavola con il cuore

10 | Ricetta di benvenuto:

vellutata di ai mat

15 | Sapori e tradizioni:

S

NUMERO 7 | ANNO III Supplemento a: www.Portogruaro.Net del 25/10/2013 Reg. Trib. di Venezia - n. 10 del 05/05/2006 Iscrizione al ROC n. 17423 Distribuito gratuitamente nelle regioni Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige Direzione e redazione: Borgo San Gottardo, 55 - 30026 Portogruaro (VE) Tel. e Fax 0421 280444 Email: info@il-bacaro.it

20 | Mestieri e territorio: giovini veneziani

22 | Bacheca Ucet:

16 | A proposito di vino:

l’Ucet in fiera

alimento in salute

23 | L’officina degli eventi

che si manifestano con differenti sintomi (nausea, vomito, diarrea, febbre, reazioni cutanee, calo di peso, disidratazione) e sono causate da diversi agenti patogeni, per lo più batteri, virus e parassiti. Secondo l’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), negli ultimi anni le principali fonti di epidemie sono state causate da uova e ovo-prodotti, pesci e derivati. Il numero di epidemie causate da alimenti di origine vegetale è invece in diminuzione. I casi di Salmonella sono diminuiti, mentre sono aumentati quelli di Escherichia Coli (un batterio comune nell’intestino dell’uomo e degli animali) responsabile di intossicazio-

il Bacàro

i bácari

formaggio imbrjago

Attenzione a ciò che mangiamo

ono in arrivo le feste natalizie e con esse, come ogni anno, il rischio di intossicazioni alimentari (in Europa se ne contraggono ben 40.000 ogni anno). I dati più recenti ci dicono che nel 2011 ne sono stati riportati 5648 focolai, rispetto i 5276 del 2010. L’Italia è il secondo stato, tra quelli analizzati, con maggior numero di segnalazioni (dati EFSA, European Food Safety Authority). Si tratta di sindromi causate dall’ingestione di cibi contaminati da sostanze tossiche o micro organismi patogeni, in quantità sufficienti da provocare un’infezione. Sono note nel mondo più di 250 tossinfezioni alimentari,

18 | Variazioni storiche:

ni legate al consumo di carne poco cotta, latte crudo e formaggi a latte crudo. “I cibi cotti sono più sicuri – spiega la Dott. ssa Michela Barichella, Direttore della struttura di dietetica e nutrizione clinica presso gli Istituti Clinici di Perfezionamento di Milano – perché la maggior parte dei microrganismi e delle tossine non resiste a temperature superiori ai 60-70 gradi; grande importanza rivestono le condizioni in cui i cibi sono mantenuti durante le varie fasi di conservazione: la catena del freddo, ad esempio, previene lo sviluppo e la moltiplicazione di alcuni microrganismi”. A tal proposito c’è da ribadire, e non è la prima volta che lo facciamo, che è sempre preferibile consumare

Direttore responsabile: Maurizio Pertegato Direttore editoriale: Vincenzo Zollo Direttore esecutivo: Leandro Costa Caporedattore: Federico Guerrini In redazione: Carlo Bontempo, Manuela Caminada, Deborah Cuzzolin, Vito Digiorgio, Mario Sandron, Giulio Serra, Maurizio Tonizzo Nessuna parte di questa pubblicazione può essere utilizzata in alcun modo, incluse le inserzioni pubblicitarie che sono di proprietà dell’editore che ne vieta la riproduzione anche parziale con qualsiasi mezzo. Manoscritti, fotografie e disegni anche se non pubbli-

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prodotti D.O.P (ad esempio per i formaggi citiamo il Grana Padano) e di filiera corta perché sono controllati su tutta la rete, danno maggiore sicurezza di stabilità, e di questi tempi aiutano sicuramente nel bilancio familiare contro la crisi. Meglio acquistare, dunque, i prodotti presso negozi di fiducia, in particolare d’estate, perché anche una piccola disattenzione nella catena del freddo può esporre il cibo ad un maggiore deterioramento. Vincenzo Zollo

cati, non si restituiscono. L’editore lascia agli autori degli articoli l’intera responsabilità delle loro opinioni, garantisce la riservatezza dei dati forniti e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione, scrivendo o telefonando alla redazione. Rimane inoltre a disposizione di altri eventuali aventi diritto di copyright su testi o immagini che non è stato possibile contattare. © Copyright 2013 VISYSTEM EDITORE Borgo San Gottardo, 55 - 30026 Portogruaro (VE) Tutti i diritti riservati

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{in primo piano}

Pizza story L

a cucina da sempre ha un ruolo importante nella storia, nello sviluppo e nella cultura dei popoli ed è in questo contesto che anche la pizza fa parte della grande tradizione culinaria italiana, essendo il prodotto che più di tutti identifica la gastronomia napoletana nel mondo. La pizza è diventata un emblema del nostro Paese, simbolo “made in Italy” famoso quanto la Ferrari, gli stilisti di moda, attrici come Sofia Loren e cantanti come Andrea Bocelli e come lo è stato Luciano Pavarotti. I suoi colori poi identificano visivamente la nostra bandiera, con il verde del basilico, il bianco della mozzarella ed il rosso dei pomodori. Mi è capitato di leggere qualche pagina del libro La cucina napoletana (1977) in cui Jeanne Carola Francescani scri-

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La storia ci racconta che la pizza, da cibo povero e frugale consumato dai ceti poveri napoletani, è assurto a cibo popolare mangiato anche dalla borghesia, allorquando tale pizzaiolo Raffaele Esposito, nel giugno del 1889, ebbe l’onore di servire una pizza a Sua Maestà la regina d’Italia, Margherita, quella che “mangiava il pollo con le dita” ve: “non c’è bisogno di dire come si fa una pizza, descrivere gli esperti vaneggiamenti del pizzaiolo perché il panetto di pasta (lievitato col “crisceto” di pane) venga appiattito perfettamente rotondo e più sottilmente al centro che ai bordi e gli altri rapidi gesti coi quali vi sparge in misura controllata pomodoro, formaggio, mozzarella, e vi versa l’olio; il colpo secco con il quale la pizza, prima trasferita sulla pala, viene fatta scivola-

re nel forno a giusto calore, e poi rigirata perché ogni settore venga direttamente esposto al calore, e il bordo si punteggi di bollicine bruciacchiate e quindi, con altro abile colpo, ripresa sulla pala scivoli poi nel piatto e venga posta ancora sfrigolante davanti al cliente che in attesa che si sbollenti, la giudica con gli occhi, da intenditore ne controlla cottura e condimento pregustandola e, se è un esperto, se la piega poi in quattro, a


libretto, e classicamente se la mangia con le mani”. La storia ci racconta che la pizza, da cibo povero e frugale consumato dai ceti poveri napoletani, è assurto a cibo popolare mangiato anche dalla borghesia, allorquando tale pizzaiolo Raffaele Esposito, nel giugno del 1889, ebbe l’onore di servire una pizza a Sua Maestà la regina d’Italia, Margherita, quella che “mangiava il pollo con le dita”. La regina apprezzò talmente tanto la pizza che mandò a chiedere, tramite il Capo dei Servizi di Tavola della Real Casa, come si chiamasse quell’alimento preparato con pomodoro, mozzarella e basilico. Don Raffaele con tempestività rispose “Pizza Margherita in onore di sua Maestà”. Da lì iniziò non solo la fortuna di don Raffaele ma della pizza, tanto che non c’era turista arrivando a Napoli che non si sottoponesse all’esperienza della pizza. La pizza poi varcò i confini napoletani dopo la seconda guerra mondiale, allorquando molti italo-americani, per mantenere un filo di una tradizione, la esportarono oltre l’oceano aprendo pizzerie accanto ai ristoranti italiani, mentre nel Nord Italia ad aprire le tante pizzerie furono gli emigranti napoletani in cerca di fortuna. Allo stato attuale il marketing della pizza è letteralmente esploso ed ha conquistato tutto il mondo: Cina, Giappone, Russia e tutta Europa, Americhe e Oceania; ovunque sono proliferate pizzerie, una vera e propria globalizzazione della pizza. Qualcheduno che opera nel settore della pizza rimane anche timoroso di questo fenomeno, temendo il rischio di una invasione di pizze e pizzaioli che trasformino il nostro Paese da esportatore in importatore come è successo ad altri prodotti; basta verificare quanti sono i cinesi, marocchini, egiziani, tunisini ecc. che gestiscono pizzerie in Italia, non solo quelle tradizionali, con servizio ai tavoli, ma anche esercizi delle pizzerie al taglio e da asporto e consegna a domicilio; addirittura alcune catene di fast food si sono convertite in pizzerie. È un vorticoso giro di affari che sfiora i quindici miliardi di euro ed occupa oltre centomila addetti. È stato creato pure un segmento della pizza “pronta” ed “industriale”, os-

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sia prodotti finiti o semilavorati da riscaldare o rifinire o cuocere, venduti attraverso i canali della grande distribuzione organizzata. Insomma un vero fenomeno internazionale in cui pizzerie e pizza sono state incorporate molto spesso nei tradizionali ristoranti, aggiungendo il prodotto alla lista dei loro menu, dimostrandosi in tal senso una vera àncora di salvataggio per le loro attività. Questa forma di globalizzazione della pizza ha creato di conseguenza una miriade di “American, Russian, Japanese, Chinese, European styles”. Praticamente ogni nazione la declina secondo le proprie tradizioni e interpretazioni. Per i napoletani veraci è una vera indignazione. Aggiungiamoci poi una notizia abbastanza recente: Il Gambero Rosso, la nota rivista di gastronomia italiana che recensisce i migliori

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Ciononostante non dobbiamo rinnegare le qualità delle pizze che giornalmente ci propongono le pizzerie della nostra città, qualora ci garantiscono la preparazione con prodotti di qualità e meglio ancora, con prodotti di filiera locale ristoranti italiani, considera migliore la pizza sfornata nella terra della polenta e realizzata con il grano macinato sulle rive dell’Adige Nell’ultima edizione del Gambero Rosso, infatti, è stata inaugurata la sezione dedicata alle pizzerie: nessun locale napoletano compare però ai vertici della speciale classifica. Ma la pizza napoletana dov’è finita? Orbene, a difesa di questo prodotto nazionale, è intervenuta la Comunità Europea che ha inserito nel paniere dei prodot-

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ti riconosciuti come Specialità Tradizionale Garantita (STG) la “Pizza Tradizionale Napoletana”. Il marchio permette di distinguere qualsiasi altra pizza che non sia conforme al disciplinare di produzione, il quale sostanzialmente prevede che: la Pizza deve avere diametro non superiore ai 35 cm, il bordo rialzato fra 1 e 2 cm e nel condimento solo pomodori pelati, mozzarella di bufala campana Doc


o mozzarella Stg, aglio, un filo d’olio extravergine d’oliva, sale e foglie fresche di basilico. E ancora: “La cottura dovrà avvenire esclusivamente in forni a legna e appena uscita dal forno la pizza dovrà avere una consistenza insieme morbida ed elastica, facilmente piegabile a libretto. Ma soprattutto la si potrà riconoscere dal suo odore caratteristico, profumato e fragrante. Senza dimenticare che non potrà essere congelata o surgelata o posta sottovuoto per una successiva vendita, e non dovranno mancare i controlli lungo tutta la catena di produzione”. La pizza napoletana Stg, oltre al disciplinare di produzione, dovrà avere una denominazione propria (es. “Pizza napoletana tradizionale”) che la distinguerà dalle altre pizze senza il riconoscimento del marchio Stg. La pizza napoletana marchiata Stg è garantita quindi contro ogni forma di contraffazione perché non potrà essere indicata con tale nome se è preparata con ingredienti importati dall’estero, vale a dire con cagliate provenienti dall’Est Europa invece della tradizionale mozzarella, pomodoro cinese invece di quello nostrano, olio di oliva tunisino e spagnolo e farina canadese o ucraina che sostituisce quella ottenuta dal grano nazionale, all’insaputa dei consumatori. Ciononostante non dobbiamo rinnegare le qualità delle pizze che giornalmente ci propongono le pizzerie della nostra città, qualora ci garantiscono la preparazione con prodotti di qualità e meglio ancora, con prodotti di filiera locale. E a tal proposito ci risulta che la stessa federazione delle Pizzerie Italiane abbia lanciato la proposta di valorizzare le diversità culturali e tradizionali delle Pizze delle Regioni Italiane, che dovrebbero essere suddivise in Classica, Focaccia, alla Pala, Schiacciata e al Taglio, conferendo così massima evidenza alla ricchezza della varietà, dei sapori e delle ricette.

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{alimentazione}

Dott. Maurizio Tonizzo Responsabile SS Patologia Vascolare e Stroke Team Ospedale San Vito al Tagliamento

A tavola con il cuore...

S

tudi specifici come il Multiple Risk Factor Intervention Trial (MRFIT) e lo studio di Framingham hanno confermato che esiste una correlazione tra livello di colesterolo presente nel sangue e malattie cardiovascolari. Tale correlazione è definita “continua e crescente”, implica cioè che ci sia una riduzione del rischio coronarico in conseguenza di una riduzione della colesterolemia, qualunque sia il valore di partenza della stessa. Sul piano epidemiologico, la correlazione tra aumento dei livelli del colesterolo plasmatico ed aumento della probabilità di eventi coronarici è chiara e definita. La maggior parte degli studi condotti, infatti, mostra come al crescere della colesterolemia totale si associ un progressivo aumento del rischio di tali malattie. Tale reazione, in particolare, appare priva di un livello “soglia”: non esiste, infatti, alcun valore della colesterolemia al di sotto del quale la correlazione con il rischio di eventi coronarici venga

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meno. Gli studi più recenti dimostrano che controllare il tasso di colesterolo è utile per larghissimi strati della popolazione nei Paesi come l’Italia. Perché? Perché, in altre parole, la “natura” non ha selezionato

meccanismi efficaci per mantenere il tasso di colesterolo nel sangue al livello ottimale per il nostro benessere? Il motivo, probabilmente, è che è successo qualcosa che la “natura” non aveva previsto.


INVECCHIAMENTO E MALATTIE CRONICO DEGENERATIVE

L’invecchiamento della popolazione si associa alla comparsa di malattie cronico degenerative (aterosclerosi, neoplasie, demenze). Il motivo principale è che, probabilmente, l’evoluzione non ha “progettato” l’organismo umano per vivere così a lungo. L’evoluzione è preoccupata della continuazione della specie e non del singolo individuo. In un’ottica evoluzionistica, quindi, non è rilevante che noi diventiamo sovrappeso o obesi (come non è rilevante che diventiamo ipercolesterolemici o ipertesi). I nostri meccanismi di difesa da queste condizioni, pertanto, non sono stati probabilmente selezionati in modo efficiente.

IL RUOLO DEI FATTORI DI RISCHIO SI MODIFICA SE VARIA LA DURATA DELLA VITA

Avere il “colesterolo alto” non sarebbe di fatto pericoloso se la durata media della vita fosse di 40-50 anni. Più la vita si allunga, più un fattore di rischio ha tempo di “fare danni”. L’allungamento della vita aumenta progressivamente le nostre responsabilità personali nei confronti di noi stessi e della società in termini di salute. Ma c’è di più. In sintesi i termini del problema sono i seguenti: - inappropriatezza genetica a gestire la nostra “lunga vita”; - crescente effetto dei fattori di rischio delle malattie degenerative; - presenza di una “evoluzionistica zavorra” non più favorevole ed utile; - difficoltà di controllare i meccanismi che danno piacere.

PERCHÉ FARE PREVENZIONE?

Quando il danno vascolare si è instaurato (sia che si tratti di infarto del miocardio che di ictus) i processi riparativi consistono nella formazione di tessuto cicatriziale e non di tessuto cerebrale o cardiaco. Gli interventi di prevenzione sono rivolti a proteggere il tessuto che è ancora normale per fare in modo che resti tale. Capite bene quindi che il detto “prevenire è meglio che curare” è quanto mai appropriato. Le malattie vascolari sono favorite dai cosiddetti “fattori di rischio” che lentamente nel tempo causano danni irreversibili alle strutture vascolari. Quali sono gli obiettivi della prevenzione?

Uno dei piaceri della vita, oltre al gusto del mangiare, è il benessere personale. Docce idromassaggio, bagni, mosaici, pavimenti e cucine. Il tutto seguito da anni di esperienza nella progettazione e nel realizzo chiavi in mano. Ambienti accoglienti e funzionali per vivere al meglio la tua casa.

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1. Assistere i soggetti a basso rischio cardiovascolare affinché permangano in questa situazione per tutta la vita ed aiutare quelli a rischio cardiovascolare globale elevato a conseguire una riduzione del rischio. 2. Ottenere le stesse caratteristiche delle persone che tendono a mantenersi in buona salute, cioè: 2.1 Non fumare 2.2 Scegliere cibi sani 2.3 Attività fisica: 30 minuti di attività fisica moderata al giorno 2.4 IMC <25 kg/m2 evitando l’obesità centrale 2.5 PA <140/90 mmHg 2.6 Colesterolo totale < 190 mg/dl 2.7 Colesterolo LDL < 115 mg/dl 2.8 Glicemia < 110 mg/dl.

Ricetta di

benvenuto

proposta dalla “Union de Ladin de Agort”

Vellutata di

“ai mat” (aglio orsino)

ELEMENTI CHE INCIDONO SULLA LONGEVITÀ Stile di vita (50%) Modo di vivere “più sano” che assicuri un sufficiente livello di benessere psichico e fisico. Fumo Attivo e passivo aumenta il rischio da 2 a 3 volte. Il rischio cardiovascolare declina dopo 2-4 anni di astensione. Si evita un ictus ogni 26 soggetti che smettono di fumare. Alcool L’eccessivo consumo (più di 2 bicchieri di vino al dì o superalcolici) causa ipertensione arteriosa e aumenta il rischio di ictus e di infarto del miocardio (fino a 3 volte). Attività fisica Un’attività fisica moderata e costante riduce il peso corporeo, aumenta il “colesterolo buono” e riduce quello “cattivo”, migliora il controllo della glicemia nei diabetici, migliora il tono dell’umore. Quale esercizio fisico? Praticare le attività che migliorano le funzioni delle articolazioni e favoriscono lo sviluppo delle masse muscolari, come la ginnastica aerobica; le attività che favoriscono la resistenza allo sforzo fisico come la bicicletta, camminare a passo veloce oppure ballare.

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INGREDIENTI:

aglio orsino, cipolla, patate, burro ed olio di oliva, panna fresca, pancetta.

PREPARAZIONE:

Affettare mezza cipolla e l’aglio orsino e far soffriggere con l’olio. Pelare, fare a cubetti le patate e aggiungerle al soffritto; coprire il tutto e portare a cottura. Aggiungere il burro e la panna, frullare e regolare di sale. Servire la vellutata in una ciotola con dei cubetti di pancetta fatti saltare in padella e delle gocce di aglio orsino frullato nell’olio (n.b. se la vellutata risultasse poco densa, aggiungete della fecola di patate).


ALLA SCOPERTA DELLE TRADIZIONI E MANIFESTAZIONI ENO-GASTRONOMICHE, RURALI ED ARTIGIANE DELLA REGIONE

Confraternite delle Dolomiti

Unite nel segno delle tradizioni e tipicità locali

La farina di mais rosso feltrino, il formaggio Piave dop, la birra del Centenario Pedavena, sono stati i prodotti tipici ed originali protagonisti della Prima Festa delle Confraternite delle Dolomiti Bellunesi, svoltasi domenica 16 giugno 2013 a Santa Giustina (BL) prima e Pedavena poi (BL). I padroni di casa, la Confraternita Feltrina e delle Dolomiti La Caminaza, hanno avuto il compito principale dell’organizzazione, coadiuvati dalla Confraternita del Capitaniato de Agort di Agordo, dall’Ordine Cavalieri di San Martino di Belluno e dalla Confraternita del Formaggio Piave di Cesiomaggiore. Una grande festa a cui hanno aderito oltre venti Confraternite Enogastronomiche provenienti da Triveneto e Lombardia, facenti parte dell’Unione Circoli Enogastronomici del Triveneto (Ucet) e della Federazione Italiana Circoli Enologici (Fice), con i rispettivi presidenti Leandro Costa e Mario Santagiuliana. Le Confraternite sono state accolte nel piazzale del restaurato “Casèl de Salzan” con una sontuosa colazione di benvenuto a base di specialità del Parco delle Dolomiti Feltrine e Bellunesi. Il mais rosso, una specialità autoctona da poco riscoperta ed ora prodotta dall’Azienda “La Campagnola” dei f.lli Da Lan, è stato descritto da SilvaProgetto realizzato dall’U.C.E.T. con il contributo della Regione Veneto

no Cossalter, tecnico agrario di “Veneto Agricoltura”. I semi originali del mais rosso sono stati recuperati da Pro Specie Rara negli anni 70-80, presso degli anziani che lo coltivavano ancora per il proprio fabbisogno. La visita al Molino didattico di Salzan, che ha le macine alimentate dalla corrente dell’omonimo corso d’acqua, ci ha regalato la farina integrale del mais rosso con la quale si prepara una polenta particolare, profumata, cremosa e saporita che ben si accompagna con il “pastin”, lo “schiz” e la carne di selvaggina. Molte sono state le interviste ai rappresentanti delle Confraternite, tutte raccolte in un documentario promozionale, in cui ognuno presenta la propria attività statutaria nonché i prodotti tipici del loro territorio. Di particolare importanza è stato l’intervento del dottor Franco Maria Zambotto, primario di Pneumologia all’Ospedale di Feltre, emerito Accademico della Cucina Italiana, che ci ha descritto le peculiarità gastronomiche del territorio delle Dolomiti Bellunesi, soprattutto le varie qualità del formaggio, con un omaggio particolare al Piave DOP, prodotto dalla Società Cooperativa Lattebusche, con latte vaccino proveniente dalle vallate bellunesi: un formaggio a pasta cotta, duro,

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proposto in cinque stagionature, completo sotto il profilo nutritivo perché contiene aminoacidi essenziali, calcio e fosforo; facilmente digeribile perché nel corso della stagionatura modificazioni biochimiche rendono grassi e proteine facilmente assimilabili. Nella cucina povera ma sana della montagna bellunese, il formaggio Piave rappresenta oggi come per il passato l’espressione di una tradizione fatta di sapore e genuinità. Il pranzo delle Confraternite si è consumato nel “Salone degli elefanti” della Birreria Pedavena con un tipico menu di specialità gastronomiche tipiche, preparate da Lionello, titolare della più grande birreria d’Italia: carne salada con insalatina di asparagi e fiori di zucca ripieni, vellutata di flan del Piave dop con crema di fagioli giallet, risotto di bruscandoli e morlacco del Grappa, gnocchi di mais con ricotta affumicata, filetto di maialino alla birra Pedavena con polenta di mais rosso, formaggio Piave dop con miele di montagna e altro ancora. Ogni piatto è stato accostato ad un vino doc Lison Pramaggiore, ma anche alla “Birra del Centenario” preparata con prodotti a km zero, che è stata spesso preferita al vino, per il suo gusto aromatico e leggermente amaro che ha reso gradevole il cibo e stimolato l’appetito, con l’anidride carbonica contenuta nella sua schiuma ed il basso contenuto alcolico. La birra, oltre ad aver reso più digeribile il cibo, ha piacevolmente dissetato i commensali in questa caldissima domenica di fine primavera. Con la cerimonia dello scambio di doni, si è chiusa questa prima manifestazione voluta dalle Confraternite Bellunesi, nell’ambito delle attività culturali dell’Ucet: un’esperienza felice che sarà riproposta in futuro anche dalle altre confraternite sparse nel vasto territorio del Triveneto.

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Progetto realizzato dall’U.C.E.T. con il contributo della Regione Veneto


Radicchio, salame, bigoli, peverada, tiramisù...

Piatti tipici trevigiani per la Dogale della Marca

In questa pagina mai avrei voluto parlare della scomparsa di Vito Marton, amico e presidente della Confraternita Dogale della Marca di Mogliano Veneto, deceduto lo scorso mese di luglio. Nonostante la malattia arrembante, Vito Marton è stato in grado di realizzare, insieme ai suoi stretti collaboratori, l’ultima sua festa, l’Incontro Ucet per festeggiare il XXV° anno di fondazione del suo Circolo, lo scorso 17 marzo 2013. Ho conosciuto abbastanza bene Vito Marton ed ho avuto modo di ammirarne la sua vitalità e intelligenza. Una persona equilibrata, estroversa, originale e mai banale, ricco di cultura, fondatore, poi segretario e anche presidente nei cinque lustri del sodalizio enogastronomico Moglianese, che ha rappresentato in ogni occasione con competenza e passione. Un lungo periodo in cui lo si ricorda promotore, organizzatore e coordinatore di tanti incontri conviviali ricchi di motivazioni storiche e culturali della buona tavola della marca trevigiana. Rammento la partecipazione alla sua ultima festa e lo stile con cui ha affrontato la sua malattia, forse consapevole di ciò che sarebbe potuto accadere, anche se dentro di lui la speranza è rimasta accesa fino all’ultimo. La dignità con cui ha sa-

puto affrontare il momento più difficile è stata un capolavoro di insegnamento per tutti. Paul Auster scriveva: “Un giorno c’è la vita. Tutto è com’era prima e come sarà sempre. Passa da un giorno all’altro pensando ai fatti suoi, sognando solo il tempo che ancora gli si prepara. Poi, d’improvviso, capita la morte”. Caro Vito, sarai per sempre nei nostri ricordi! Per quanto riguarda la Festa del XXV° compleanno della Confraternita Dogale della Marca, si è svolta il 17 marzo nella città di Treviso, in cui le Confraternite si sono ritrovate il Piazza dei Signori, dove è stata servita una gustosa colazione di benvenuto con specialità trevigiane, nei caratteristici sottoportici. Purtroppo la giornata è stata funestata da una temperatura fredda e dalla pioggia che ha limitato il programma della visita guidata al centro storico di Treviso e quindi le Confraternite si sono ritrovate nella storica Trattoria “Due Mori”, un locale nato nel 1400 come “Caneva” e trasformatosi nel tempo in Trattoria. Il locale si è distinto nei secoli per la qualità e tipicità dei suoi piatti, alcuni dei quali sono stati riproposti nel Convivio delle Confraternite: tortino al radicchio rosso di Treviso, radicchio marinato, salame cotto; pasta e fasioi, bigoli co l’anara; faraona

còea peverada, el tiramisù; ogni piatto è stato accostato ai pregevoli vini della Marca. Al termine del Convivio si sono susseguiti gli interventi dei rappresentanti delle Confraternite presenti, del presidente della Fice Mario Santagiuliana, del presidente dell’Ucet Leandro Costa che ha consegnato un attestato di benemerenza al sodalizio trevigiano per i meriti da loro acquisiti nel campo della promozione enogastronomica del territorio. Con lo scambio di doni ed il saluto del presidente Vito Marton, si è celebrata una bella giornata di festa in onore della lusinghiera attività della Confraternita Dogale della Marca.

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Soave e l’intronizzazione delle nuove castellane

Le Nobili Castellane e i Generosi Spadarini si sono ritrovati domenica 19 maggio 2013 per la 42^ cerimonia di intronizzazione, non tra le torri merlate del Castello Scaligero, ma nell’antico Palazzo del Capitano sede municipale di Soave, gentilmente messa a disposizione dal Sindaco prof. Lino Gambaretto. Il tempo inclemente ci ha tenuti in centro storico, dove le Confraternite ospiti, le autorità e i neo eletti hanno potuto conoscere così un nuovo angolo di Soave. Sbandieratori, trombe e tamburini sono stati di cornice, creando un’atmosfera medioevale e spensierata e vivacizzando il nostro grande vino Soave. Quattro sono state le Castellane investite che si sono distinte: Anna Dal Fiume responsabile del Consorzio tutela del Soave, Adriana Franche titolare della cantina Villa Canestrari, la giornalista Maria Cristina Ferri e la coreografa della Fondazione Arena Maria Grazia Garofoli. Gli spadarini insediati a loro difesa sono stati invece: l’Assessore Provinciale all’agricoltura Luigi Frigotto, Daniele Salvagno titolare del famoso frantoio Redoro di Mezzane, il consigliere comunale nonché Presidente degli enotecnici del Veneto occidentale Luigino Bertolazzi e il Direttore Generale dell’Ente Fiere di Verona Giovanni Mantovani. L’Imperial Castellania di Suavia, alla presenza del Presidente della Fice Mario Santagiuliana, si è gemellata alla Confraternita della Tavola Veneta. Le Presidenti Maria Antonietta Favero e AnnaLisa Mancini si sono scambiate pergamene, doni e promesse di amicizia e sostegno al buon bere e mangiare. Ha concluso la giornata un gustoso pranzo a base dei prodotti di questa zona, asparagi, piselli, maialini, conigli e fragole. Un bicchiere del Nostro prelibato e inimitabile Recioto ha coronato l’ameno convivio. A tutti i partecipanti un riconoscente grazie e un arrivederci al 2014.

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Progetto realizzato dall’U.C.E.T. con il contributo della Regione Veneto


{storia e tradizioni} Manuela Caminada

Il formaggio ubriaco

eredità della Grande Guerra in tavola?

S

ono iniziate le celebrazioni dell’Anniversario della Grande Guerra, un evento che ha cambiato il mondo. Il Veneto è stato terreno di grandi battaglie le cui tracce si trovano facilmente. Basta fare un giro lungo il fiume Piave o sulle pendici del Monte Grappa per trovare le trincee e le testimonianze del passaggio dei soldati. Ci sono altre eredità che la guerra ci ha lasciato e alcune le portiamo in tavola ancora oggi. Leggende locali raccontano infatti che durante la Prima Guerra Mondiale i contadini veneti, nel tentativo di salvare i loro preziosi formaggi dai saccheggi dei soldati austroungarici, presero l’abitudine di nascondere le forme sotto le vinacce, gli scarti della lavorazione dell’uva. Scoprirono presto che il formaggio

non solo non si rovinava ma, al contrario, acquisiva un aroma nuovo. Nasce così la storia del Formaggio “Imbrjago”, ubriaco. Verità o leggenda non è dato sapere! Certo è diventato uno dei formaggi della tradizione veneta grazie alla tenacia di alcuni produttori che ne hanno perpetrato e migliorato la ricetta, tra cui ad esempio la Toniolo Casearia, che ha sede sulle pendici del Monte Grappa dove questi racconti sono nati. Questa Azienda ha fatto del suo formaggio ubriaco uno dei formaggi più amati e lo ha chiamato PerBacco® Toniolo. Il segreto sta nel fatto che il PerBacco, dopo aver stagionato per 18 mesi su assi di legno, riposa per alcuni mesi in tini di vino rosso, autoctono ma rigorosamente top-secret. Non solo: il vino viene sostituito con

regolarità, cosi da fare in modo che il formaggio ne assorba aromi e proprietà. Il risultato è un formaggio dal sapore deciso e aromatico, dolcemente piccante, con un retrogusto d’uva del tutto unico. Si riconosce al primo sguardo per la sua crosta di colore rosso scuro, liscia e regolare grazie al tempo trascorso nel vino. La pasta con l’ubriacatura assume invece una consistenza particolare ed un colore più chiaro, paglierino o quasi bianco. Il PerBacco è ottimo cosparso di miele d’acacia o accompagnato con vini rossi invecchiati ed importanti. Per il suo gusto accattivante e piacevole ha collezionato apprezzamenti e premi in tutto il mondo, tra cui il prestigioso World Cheese Award del 2007.

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{a proposito di vino}

Vino alimento in salute C

ome sappiamo, il vino è una bevanda molto antica le cui origini si accompagnano a quelle della nostra civiltà e la sua evoluzione qualitativa è cresciuta di pari passo con il miglioramento delle nostre abitudini alimentari, tanto da essere considerato un alimento salutistico e nutrizionale. Inizialmente, il vino era ritenuto una bevanda idroalcolica e come tale tutti gli studi erano indirizzati sugli effetti fisiologici e nutrizionali dell’alcol contenuto, suo costituente principale. Successivamente l’attenzione è stata rivolta ai suoi aspetti qualitativi che contengono alcuni composti fenolici con proprietà farmacologiche. Queste sostanze polifenoliche sono gli an-

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tociani che attraverso le molte sperimentazioni del vino su batteri e virus, hanno accertato la loro proprietà di combinarsi con le proteine batteriche ostacolandone la riproduzione ed esercitando quindi una azione antibatterica. Gli antociani sono fortemente presenti nelle bucce dell’uva a bacca rossa, sono i coloranti delle uve estraibili con la vinificazione ed hanno proprietà antiossidanti e protettive nei confronti delle malattie cardiovascolari. Proseguendo nel suo percorso migliorativo, attualmente sono in atto delle ricerche accurate per ottenere un vino con una composizione fenolica equilibrata che trovi una giusta collocazione nell’alimentazione moderna. Ma vi

sono molte altre sostanze importanti contenute nel vino, fra cui i tannini che sono stati anche loro soggetto di tante sperimentazioni, per esempio quella effettuata una trentina di anni fa in Canada, in cui i medici hanno riscontrato che il vin brulè preparato con vino rosso, ha una forte azione antivirale dovuta alla presenza dei tannini. Da un’altra sperimentazione sui batteri è stato pure dimostrato che il virus della poliomielite, a contatto con il vino rosso, si è completamente inattivato dopo alcune ore. Quindi, citando Jacques Masquelier, “grazie ai tannini e agli antociani, il vino può essere considerato un profilattico eccezionale nel campo dell’igiene alimentare” (Natural products as medicinal agents, Hippokrat, Verlag,


1981). Citiamo anche l’affermazione del direttore dell’Istituto di Farmacologia e Farmacoterapia all’Università degli Studi di Milano, dott. R. Paletti, che considera il vino non solo una semplice bevanda, ma addirittura un farmaco che possiede delle proprietà di prevenzione e di terapia. “Il vino rafforza anche le difese organiche ed è uno strumento dietologico, sicuramente attivo nella lotta contro i tumori maligni” (L. Businco). Grazie alla prevenzione degli agenti antiossidanti presenti nel vino rosso le formazioni cancerogene vengono efficacemente prevenute, come riporta anche il bollettino di “The American Cancer Society”. Una Università di Chicago ha evidenziato che il resveratrolo, componente chimico presente ad alte concentrazioni nel vino rosso, ha un’attività antinfiammatoria e chemioterapica sul cancro. Nondimeno il vino bianco ha effetti antibiotici grazie all’azione svolta dai leucoantociani che appartengono alla famiglia dei polifenoli. Secondo studi effettuati dalle Università di Milano e di Pisa, è stato provato che due sostanze naturali presenti nel vino bianco, il tirosolo e l’acido caffeico, riescono a diminuire l’infiammazione responsabile di malattie come l’artrite reumatoide e l’osteoporosi. Quindi vino bianco o rosso, che può essere usato anche per situazioni diverse dal classico consumo che accompagna il pasto quotidiano; vino come complemento alimentare naturale legato alla tradizione mediterranea, utile per la protezione di alcune patologie. Naturalmente consumato con parsimonia, senza esagerare.

Un po’ di storia della vite

e del vino Mario Sandron

C

ome è ovvio l’origine certa del primo grappolo d’uva che abbia generato il primo bicchiere di vino si perde, come si usa dire, nella notte dei tempi. Da varie fonti, la datazione più probabile dell’esistenza di vigne si colloca tra i 10.000 e gli 8.000 anni fa, in quella zona definita come regione del monte Ararat oggi suddivisa tra Armenia, Iran e Turchia, dove Noé approdò con la sua Arca. Arca che secondo un testo mesopotamico recentemente scoperto a Ninive già trasportava grandi giare contenenti vino, assieme ad altre contenenti birra e olio. A partire da quella zona e da quella collocazione storica, la presenza del vino si fa sempre più frequente e sempre più si estende la sua presenza sul mondo civile di allora. Dalle pendici del monte Ararat la viticoltura si estese rapidamente in tutti i fertili territori circostanti: numerosi infatti i reperti archeologici ritrovati a testimonianza dell’esistenza del vino e di un suo esteso e florido commercio. Dal Turkmenistan ad AKTepe e a Naurazga-Tepe alla ittita Ivriz, alle città sumere del bacino dell’Eufrate e via via nel tempo fino ad approdare alla civiltà Egizia che scoprì il vino attorno al quinto millennio A.C. e che da allora offre numerosissime testimonianze della grande importanza che il vino ebbe anche in quella civiltà. Naturalmente il vino era allora riservato ad una ristretta classe di privilegiati e rilevante era la sua presenza in cerimonie religiose e riti ufficiali. Il vino era parte integrante delle offerte funerarie che accompagnavano il grande viaggio del nobile defunto, al punto che nel complesso cerimoniale Egizio serviva anche a ripulire le viscere dei defunti prima che venissero rimessi nella cavità addominale. Il vino allora era di più alta gradazione alcolica e di conseguenza di grandi ubriacature. La più celebre di tutte, almeno a noi note, ci è riportata dalla Bibbia nel IX capitolo della Genesi ed è stata immortalata da Michelangelo: Noè, appena approdato con l’arca sulle pendici del monte Ararat, si prese una colossale “sbronza”.

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{variazioni storiche} di Leandro Costa

I Bàcari, tra ombre e cicheti U

na volta erano molto diffuse queste Osterie, chiamate Bàcari, in cui si sostava per assaporare ombre e cicheti, vale a dire calici di vino con stuzzichini, per lo più consumati in piedi o seduti su uno sgabello di fronte al bancone delle mescite, spuntini frugali di mezza mattinata, una specie di “mordi e fuggi” gastronomici, per soddisfare certi languorini della fame, ma anche un’alternativa economica alla trattoria per il pranzo di mezzogiorno. L’origine del Bàcaro si fa risalire ai tempi in cui Venezia fu annessa al Regno d’Italia, ed è l’ultimo nato fra i locali che si erano diversificati nel nome secondo le loro funzioni: le caneve (cantine) e frasche erano locali dove il vino era venduto al minuto; ai bastioni o magazeni si praticava l’usura e si potevano cedere in pegno degli effetti in cambio di

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un vino di pessima qualità (il vin da pegni); nelle malvasie si vendevano i vini provenienti al di fuori dei confini di Venezia; le furatole erano locali di bassa qualità in cui si consumava cibo e vino a prezzi bassissimi e si giocava a carte; dal fritoin si mangiava frittura di pesce servita su fogli di carta da cucina arrotolati a forma di cono e poi si andava a bere l’ombra de vin nell’Osteria accanto. Di tutte queste forme di Osterie, sembra che il Bàcaro sia nato per caso, allorquando un commerciante di Trani stabilitosi a Venezia dopo aver terminato il servizio militare in marina, aprì un locale per vendere a buon mercato il vino proveniente dalla sua terra di origine. Un gondoliere assaggiò questo vino rimanendo piacevolmente stupito, lo battezzò vin da bàcaro, cioè un vino da fare baldoria, coniando, senza immaginarlo, un nome destinato a durare

nel tempo. Bàcari si chiamavano anche vignaioli e vinai, che arrivavano a Venezia dalla campagna con un barile di vino per venderlo in Piazza San Marco assieme a piccoli spuntini, ed il bicchiere di vino che bevevano era chiamato ombra, perché i venditori del vino seguivano l’ombra del campanile per proteggere il vino dal sole. Il vino e cibo che rimaneva invenduto era poi commercializzato a basso costo nei locali indicati con il nome di “Bàcaro” e “Furatole”. Bàcaro è un locale dall’aspetto semplice, con qualche tavolo e sedie di legno scuro, come il bancone, con l’immancabile vetrina che sfoggia tanti cicheti esposti in bella vista. Si prende un cicheto al volo accompagnato da un’ombreta di vino; se in compagnia ci si siede al tavolino e si ordina una cichetada - un misto di cicheti di vario genere - accompagnati sempre dall’immancabi-


le vino, magari ordinando un’intera bottiglia da dividerla con gli amici. Ai tempi nostri i Bàcari così descritti

sono diventati cosa rara; molti hanno assunto una forma diversa, moderna e globalizzata, una via di mezzo tra il classico bar e la trattoria, in cui comunque ritrovi il piacere di assaggiare crostini di specialità tipiche della nostra tradizione culinaria: nervetti con cipolla, fagioli e cipolla, seppioline grigliate, polipetti, alici marinate, sarde in saor, renga, mezzo uovo sodo con acciuga, crostini con baccalà mantecato, frittatine con schìe, polpettine di carne e di pesce, polenta e baccalà in umido. Dunque al giorno d’oggi i Bàcari non sono più dei posti trasandati e spartani come invece lo erano una volta, ma i cicheti rimangono un vero e proprio rito gastronomico e costituiscono una simpatica e gustosa alternativa di mangiare al solito ristorante.

Bàcaro è un locale dall’aspetto semplice, con qualche tavolo e sedie di legno scuro, come il bancone, con l’immancabile vetrina che sfoggia tanti cicheti esposti in bella vista.


{mestieri e territorio} di Giulio Serra

Nella terra del Lison - Pramaggiore arrivano i

Giovini Veneziani S

ono tutti ragazzi e ragazze tra i 20 e i 40 anni, studiano enologia o lavorano nelle aziende di famiglia, vivono nel territorio di Lison-Pramaggiore e hanno una forte passione in comune: l’amore per il vino e per le sue antiche tradizioni. Loro sono i Giovini Veneziani, un gruppo di enologi, vignaioli ed enotecnici amanti della propria terra e dei doni che porta in grembo. Domenica 13 ottobre 2013 si sono presentati al pubblico, dando vita alla prima edizione di Degusta Giovine, una giornata dedicata al Lison DOCG e al Refosco dal peduncolo rosso.

MA PER QUALE MOTIVO QUESTI NOSTRI GIOVANI HANNO DECISO DI UNIRSI DANDO VITA AI GIOVINI VENEZIANI?

Lo chiediamo a tre dei protagonisti: Andrea Masat dell’azienda vitivinicola Ornella Bellia; Tommaso De Stefano, enologo della Santa Margherita; Alessio Piazza dell’azienda agricola

20 .

Piazza Angelo e Paolo. «Spesso – dicono – nella nostra zona si critica il fatto di non promuovere abbastanza i nostri prodotti enogastronomici, tra cui il vino. Ma ancor di più si critica giustamente il fatto di non fare squadra. Pensiamo che un gruppo di giovani possa capire ancor di più il bisogno di unirsi sotto a un marchio comune, dato il periodo non facile per l’economia tutta. Oltretutto, si

potranno introdurre idee giovani, diverse dalla solita logica di pensiero e contornate dalla voglia di mettersi in mostra e tramandare così la tradizione del proprio territorio. Ecco perché ci siamo voluti rappresentare con un leone di San Marco, di stile giovane ma che rappresenta pur sempre la neo formata doc Venezia: denominazione su cui le aziende del territorio dovrebbero sempre più puntare».


COME NASCE LA GIORNATA DI DEGUSTA GIOVINE?

«La giornata di Degusta Giovine – spiegano – nasce prima di tutto grazie alla collaborazione con la Pro Loco di Pramaggiore, che ci ha aperto da subito le porte per interagire con la Festa del Piopparello. Per quanto riguarda il nostro gruppo, Giovini Veneziani, è un’importante occasione perché pensiamo che la cultura del saper bere bene e in particolare del saper bere i vini del proprio territorio insieme a tutti gli altri prodotti enogastronomici locali debba partire dai giovani verso i giovani. Sarà un’occasione per far capire alla gente che è sempre meglio un buon bicchiere di Lison DOCG piuttosto che le bevande superalcoliche che tanto vanno in questi tempi».

CON QUESTA CRISI IL RITORNO AI CAMPI È UN DATO DI FATTO. RITENETE CHE POSSA ESSERE UN SETTORE SU CUI “SPINGERE” PER POTER USCIRE DA QUESTO BRUTTO PERIODO?

«Sempre più – rispondono – si sta assistendo a un ritorno dei giovani del territorio nel settore agricolo. Sarà anche per un calo che hanno avuto gli altri settori ma pensiamo si stia capendo solo ora come è antica e qualitativamente importante la nostra tradizione vitivinicola. È un settore che ora sta offrendo ampio spazio non solo dal punto di vista operativo ma anche dal punto di vista commerciale. Molte sono le aziende che hanno partecipato con un proprio giovane alla manifestazione di Degusta Giovine, segnale positivo perché oltre alla vocata terra della zona doc Lison Pramaggiore si può ben capire che c’è una tradizione o meglio una passione che si tramanda di padre in figlio. Ma ancor più entusiasmante è l’accoppiata che è stata fatta a questa manifestazione con giovani diplomandi o laureandi in enologia uniti ai titolari di aziende che magari hanno figli troppo giovani o non ne hanno». Il Bacaro a Degusta Giovine - YouTube

https://www.youtube.com/watch?v=hWOOaKHuywI

Utilizza il seguente QR Code con il tuo smartphone o tablet per visualizzare il video della giornata. http://kaywa.me/Tn7no

Download the Kaywa QR Code Reader (App Store &Android Market) and scan your code!

o s s o r un o c i t auten


{ UCET } Unione Circoli Enogastronomici del Triveneto

Ucet

Unione Circoli Enogastronomici del Triveneto CONSIGLIO DIRETTIVO PRESIDENTE

Leandro Costa VICE PRESIDENTE

Luigi Nisato SEGRETARIO

Franco Polo CONSIGLIERI

Maria Luisa Anoè Ugo Da Lan Rosangela Da Roit Marco Dal Castello Mario Ferrero Vittorio Peron Sebastiano Saviane REVISORI DEI CONTI

Renato Fagotto Enrico Santinelli Vincenzo Zollo

Via Cavour, 21/a 30026 Portogruaro (VE) Tel. 0421 72244 Cell. 338 6389500

22 .

L’Ucet alla FIERA D’AUTUNNO

A SAN DONÀ DI PIAVE SAN DONÀ DI PIAVE (4/7 OTTOBRE)

La presenza delle Confraternite UCET alla Fiera del Rosario, svoltasi dal 4 al 7 ottobre 2013, è stata un successo incredibile, destando molta curiosità ed interesse verso il numeroso pubblico di visitatori che si sono accostati al nostro grande stand, coreograficamente firmato da tanti vessilli, paludamenti, stendardi, striscioni e altro dei nostri Circoli, con una lunga fila di tavoli per servire assaggi di cibi e pregiati vini. È stata una lunga “passerella” del gusto, con rinomati cuochi in rappresentanza delle Confraternite, che si sono esibiti nella preparazione di gustose sfiziosità culinarie, ognuna delle quali è stata accostata a pregiati vini del territorio: pasta e fagioli di Lamon, risotto (con riso vialone nano del Paradiso) al tastasal, risi e tochi (con riso carnaroli), cichèti da bàcaro (baccalà e aringa affumicata), trippe alla veneta, tortellini burro e salvia, pastìn bellunese e il tortelon de Belun, stracotto d’asino ed altro; e poi degustazione di molti prodotti tipici ed originali come lo speck Igp Alto Adige, la grappa bio trentina, gli esse e bussolà da forno, gli affettati come salame e soppressa, mortadella con radicchio tardivo trevigiano,il linguàl,la birra Pedavena, il radicchio in agrodolce, marmellate e succhi speciali. A completare il programma, una deliziosa lezione-degustazione sulla cioccolata a cura di Giovanni Pavan, con accostamento ad un Rebecca Raboso passito; una lezione del Maestro Casaro Riccardo Zanchetta con degustazione della

casatella trevigiana Igp, del Montasio Dop e formaggio imbrjago; la presenza del Gourmet internazionale Ezio Marinato campione del mondo di panificazione e la sua lezione sul pane e lievito madre; proiezioni continue sulle attività delle confraternite e mostra di riviste e libri a cura del nostro editore Vincenzo Zollo della rivista “Il Bàcaro”, a significare l’importanza della comunicazione nel settore turistico, dell’agro-alimentare e viticoltura. «Sarebbe lungo elencare afferma il presidente Leandro Costa - tutte le ditte, aziende, ristoranti, amici che ci hanno concesso la loro preziosa ed indispensabile collaborazione, base del successo; sarà mio dovere ringraziarli singolarmente in modo ufficiale, per intanto ricordo la direzione della fiera che ci ha concesso lo spazio, i tanti confratelli che hanno collaborato alla gestione dello stand, in particolare l’onnipresente Mario Ferrero, i relatori, le numerose Aziende vitivinicole ed altre che ci hanno offerto i loro prodotti, gli amici cuochi ristoratori che si sono alternati a presentare e far degustare le loro prelibatezze ad un pubblico attento ed incredulo di tanto ben di Dio».


O

{officina degli eventi}

PICCOLE CITTÀ STORICHE DEL VENETO DATA

NOME / MANIFESTAZIONE

DESCRIZIONE

LUOGO

COMUNE

PROV.

20 NOVEMBRE

L'Arte Romana

Arte Imperiale

Patronato Duomo

Piove di Sacco

PD

22-23-24 NOVEMBRE

Festa Olio

Promozione del prodotto con manifestazioni e degustazioni

Centro

Illasi

VR

23 NOVEMBRE

Apertura della "Rocca Pisana"

Visita alla Rocca

Rocca Pisana

Lonigo

VI

24 NOVEMBRE

Domenica ecologica

Mercato di prodotti biologici e a “Km. zero”, artigianato locale, vecchi Centro storico e mestieri, riciclo e recupero materiali, giardini del Castello attività didattiche per l'ambiente, Carrarese visite guidate e monumenti aperti

Este

PD

24 NOVEMBRE

Mercatino dell'usato e Esposizioni di oggetti, cose usate e antiquariato antiche, hobbistica

24-30 NOVEMBRE E 1 DICEMBRE

Fiera di Sant'Andrea

25 NOVEMBRE

Zona commerciale di Occhiobello Via Eridania

RO

Antica Sagra delle Oche e degli Stivali

Centro Storico

Portogruaro

VE

Incontri Naturalistici

Scopriamo il Po con itinerari a cavallo

Centro Parrocchiale Via Gorizia S.Maria Maddalena

Occhiobello

RO

27 NOVEMBRE

Officina dei materiali

Esperienze manuali dedicate al saper conoscere, fare e creare con le mani

Sala Convegni Spazio Culturale laFogliaeilVento

Soave

VR

30 NOVEMBRE

Festa "A lume di candela"

Esposizione di banchetti con prodotti tipici, artisti in piazza e giochi per bambini

Piazza Vittorio Emanuele

Negrar

VR

30 NOVEMBRE

Mercatino

Hobbistica e antiquariato

Piazza Mazzini

Monselice

PD

DAL 30 NOVEMBRE AL 6 GENNAIO

Villaggio di Natale bel Bosco degli Elfi

Una vera e propria foresta incantata Centro storico con proposte di intrattenimento Via Roma per bambini e famiglie

Portogruaro

VE

08 DICEMBRE

Fantasia di Natale Mercatini di Natale Raduno Moto Babbo

Manifestazioni Natalizie

Centro Storico

Mirano

VE

08 DICEMBRE

Mercatinoale

Tradizionale Mercatino dell'Antiquariato

Piazza Castello

Noale

VE

15 DICEMBRE

Mercatino dell'AntiquAriato

Mostra mercato oggetti del passato

Piazza Martiri della Mirano Libertà e vie adiacenti

VE

22 DICEMBRE

Corsa dei Babbo Natale

Corsa non competitiva, migliaia di Babbi Natale tra le vie delle Città

Centro Storico

Noale

VE

24 DICEMBRE

Ciara Stea

Comitato Quartiere Aldo Moro

Piazza Aldo Moro

Mirano

VE

* il presente elenco è un riassuntivo di tutte le reali manifestazioni disponibili, stillato operando anche una selezione per data rispetto all’uscita di questa rivista. L’elenco completo ed aggiornato, anche per i mesi successivi, è consultabile su www.piccolecittastoriche.it


Villaggio di Natale nel Bosco degli Elfi

Portogruaro CENTRO STORICO NELLA SUGGESTIVA CORNICE DI VIA ROMA

30 Nov 2013 06 Gen 2014 con il patrocinio di

Comune di Portogruaro

si ringrazia per la collaborazione


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