il Bàcaro a n d à r
p e r
g u s t o
Distribuito in Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige Numero 1 | APRILE | MAGGIO | GIUGNO 201 1
TR I MESTR A L E | A nn o I
in primo piano
salute in tavola
cibo e luoghi
tradizioni
La pasta alimentare, un miracolo italiano dalle origini lontane
Meglio il burro o la margarina? I consigli dell’esperto
Frittura di pesce, dolce ricordo? Il caso di Caorle
Tarquinio Marini malgaro e i formaggi di malga
p. 04
p. 07
p. 11
p. 19
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l mondo della stampa è come una foresta intricata, dove gli alberi sembrano tutti uguali, e non ci sono punti di riferimento. Senza orientamento, è facile perdersi. Per uscire dalla foresta, per arrivare al miglior prodotto possibile, bisogna sapere come muoversi. Assistere i nostri clienti nei minimi particolari, dando importanza ad ogni loro esigenza, è questo il nostro metodo per tracciare quel sentiero. La via più sicura ed affidabile, verso il miglior risultato.
{sommario} 3 | L’Editoriale
la pasta alimentare
5 | La ricetta di benvenuto: tagliolini fior di bosco
7 | Salute in tavola:
burro o margarina?
C
23 | Natura e benessere:
14 | Luoghi da vedere:
24 | Bacheca UCET:
la frittura di pesce
Portogruaro città d’arte
16 | A proposito di...:
alcool o vino?
19 | Tradizioni da custodire:
i formaggi di malga
tare avanti e riscoprire (con l’ausilio di esperti, storici e ristoratori locali) costumi, piatti, mestieri e usi legati alla propria storia territoriale, alle origini dei popoli dai quali discendono o di quelli che li hanno frequentati o dominati contaminandone la cultura. Ed il triveneto riflette in maniera emblematica quanto accade a livello nazionale, con una varietà ed una quantità di appuntamenti che è impossibile catalogare tutti (non basterebbe un intero numero della nostra rivista per farlo, ci limitiamo nelle pagine successive a segna-
il Bacàro
NUMERO 1 | APRILE | MAGGIO | GIUGNO 2011
Supplemento a: www.Portogruaro.Net del 25/07/2011 Reg. Trib. di Venezia - n. 10 del 05/05/2006 Iscrizione al ROC n. 17423 Distribuito gratuitamente nelle regioni Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige Direzione e redazione: via Spalti, 7 - 30026 Portogruaro (VE) Tel. e Fax 0421 280444 Email: info@il-bacaro.it
11 | Cibo e territorio:
4 | In primo piano:
he l’Italia fosse uno tra i più bei Paesi del mondo non siamo di certo noi i primi a dirlo, ma che fosse anche uno tra quelli con le più vaste e disparate tradizioni culinarie ed enoiche non sempre ce lo ricordiamo, forse perché fa parte della nostra quotidianità. E quale momento migliore del periodo estivo per dare spazio a tutte le usanze e le ricette provenienti dalla tradizione contadina, marinara o montana che, attraverso le feste paesane, le rievocazioni storiche, le sagre popolari, ripropongono piatti tradizionali legati non solo alla stagionalità dei prodotti ma anche all’unicità dei luoghi, della fauna e degli orti? Così fioriscono, sempre più spesso ed ovunque, comitati di quartiere, di parrocchia, di cittadini, o associazioni enogastronomiche, il cui scopo principale è quello di por-
le erbe officinali
• Conf. dei Dogi • Circolo Enogastronomico Alto Adige • Imperial Castellania di Suavia • Conf. “La Caminaza”
30 | L’officina degli eventi
larne alcuni di particolare interesse) ma che offre al turista e al locale l’opportunità di vivere dei momenti conviviali, sani e originali scoprendo o riscoprendo i piaceri della vita e della tavola di una volta. Così si passa dalla rievocazione storica in costume d’epoca, alla festa del prodotto tipico, alla sagra del piatto tradizionale, alla fiera mercato. Tutti modi per gustare e mantenere vive storia e cucina, tradizioni e tipicità, per non dimenticare le origini e la genuinità delle quali siamo eredi. Vincenzo Zollo
editoriale Direttore responsabile: Maurizio Pertegato Direttore editoriale: Vincenzo Zollo Direttore esecutivo: Leandro Costa Caporedattore: Federico Guerrini In redazione: Giovanni Cargnello, Deborah Cuzzolin, Elisa Damian, Claudia Riccardi, Silvano Rodato, Sebastiano Saviane Nessuna parte di questa pubblicazione può essere utilizzata in alcun modo, incluse le inserzioni pubblicitarie che sono di proprietà dell’editore che ne vieta la riproduzione anche parziale con qualsiasi mezzo. Manoscritti, fotografie e disegni anche se non
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giovedì 25 agosto ore 20.00
Gran Galà dei Sapori Beach 2011 la buona cucina anche in vacanza Bibione Ristorante Skorpios Piazzale Zenith
PORTOVECCHIO di Portogruaro
tradizionali festeggiamenti
dal 19 al 28 agosto
pubblicati, non si restituiscono. L’editore lascia agli autori degli articoli l’intera responsabilità delle loro opinioni, garantisce la riservatezza dei dati forniti e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione, scrivendo o telefonando alla redazione. Rimane inoltre a disposizione di altri eventuali aventi diritto di copyright su testi o immagini che non è stato possibile contattare. Realizzazione Grafica: Studio Idee Materia Stampa: Centro Stampa Puiatti © Copyright 2011 VISYSTEM EDITORE via Spalti, 7 - 30026 Portogruaro (VE) Tutti i diritti riservati
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{in primo piano}
in collaborazione con Prof. Silvano Rodato, docente e nutrizionista
La pasta alimentare
un miracolo italiano M
arco Polo nel suo famoso libro “Il Milione” racconta che nel reame di Fansur, c’era una grande meraviglia “che ci àn farina d’àlbori, che son albori grossi e ànno la buccia sottile, e sono tutti dentro di farina; e di quella farina si fan molti mangiar di pasta e buoni, e di più volte ne mangiai”. Si volle far credere quindi che la pasta, quella che intendiamo noi, provenisse dalla Cina e sia stata importata a Venezia da Marco Polo. Il che, secondo molti dati e studi storici, non sembra corrispondere al vero e questa non è altro che una leggenda metropolitana inventata dagli americani per promuovere il consumo della pasta fatta con la farina di frumento, tanto più che a quel tempo i cinesi non conoscevano questo cereale, mentre risulta vero che facevano una pasta preparata
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con la farina di riso di cui la Cina ha una antichissima tradizione e una grande produzione portata avanti sino ai giorni nostri e anche riproposta alle nostre tavole. La pasta è un alimento preparato con la semola di farina di diverse qualità e tipi, al quale vengono date numerose forme e preparata attraverso diverse tecniche di cottura e quindi condita con salse, sughi ed altri alimenti. Con la preziosa consulenza del prof. Silvano Rodato, docente di scienza degli alimenti e noto nutrizionista, relatore in un Convegno fra Circoli enogastronomici tenutosi a Villa Braida di Zerman indetto dalla Confraternita Dogale della Marca di Mogliano Veneto, andiamo a conoscere da vicino questo prezioso alimento, apprezzato in tutto il mondo, per scoprire le sue origini e le sue qualità nutritive.
Oggi sappiamo che... l’origine della pasta è una storia lunga almeno 3000 anni. Le prime tracce storiche di questo alimento sono state rinvenute in una tomba etrusca, sotto forma di strumenti per la sua fabbricazione e cottura di pasta. Notizie sulla pasta le ritroviamo dalla parola greca laganon che era usata per indicare un foglio grande e piatto di pasta tagliata a strisce. Da laganon deriva il laganum latino che Cicerone cita nei suoi scritti. E il cuoco dell’antica Roma Apicio nei suoi testi parla di qualcosa di simile alle lasagne, “lagane e sfoglie di pasta” che venivano cotte al forno insieme al condimento ed al liquido di cottura, cibi che conquistarono l’Impero Romano. Certamente la pasta era conosciuta nei paesi arabi dove ancora oggi si parla di “makkaroni” e sono stati quasi sicuramente gli arabi stessi ad inventare la pasta
secca usata nei loro lunghi spostamenti nel deserto. Il geografo arabo Al-Idrisi, in un antico testo del 1150, racconta di aver visitato una zona di Palermo con “case e molti mulini” (Travia, un paese a 30 km da Palermo) in cui si fabbrica tanta pasta in forma di fili, che viene esportata in tutte le parti, nella Calabria e in tanti paesi musulmani e cristiani anche via navi. Questa pasta era chiamata itrya che in arabo significa “focaccia tagliata a strisce” e questo documento è considerato la prima testimonianza storica scritta sulla pasta. A Genova, nel 1279 nasce la “pasta legale” . A tale anno risale la citazione “ufficiale” della pasta. Nell’inventario notarile (tale Ugolino Scarpa) descrive gli effetti lasciati da un marinaio defunto, fra i quali risulta anche una (preziosa) “bariscela plena de macaronis” (cesta piena di macchero-
ni). Un documento del 1244 e uno del 1316 attestano la produzione di pasta secca in Liguria. Tra il 1400 ed il 1500 si diffonde in questa regione la produzione artigianale dei “fidei” (pasta nel dialetto locale), sancita dalla nascita, nel 1574 a Genova, della Corporazione dei Pastai. A Napoli, mentre la crescita demografica aggrava la situazione alimentare della popolazione, la diffusione della gramola e l’invenzione del torchio meccanico avvenuto nel XIV secolo, consentono di produrre pasta a basso costo. Così come per molti anni a venire la pasta diventa elemento di base dell’alimentazione popolare. E la vicinanza del mare a Napoli, come in Liguria e Sicilia, facilita l’essiccazione, processo che consente la sua conservazione per un lungo periodo di tempo. I primi pastifici Alla fine del XVI secolo comparvero i primi pastifici a Gragnano, città favorita da particolari condizioni climatiche fra cui una leggera umidità nell’aria che portava ad una lenta essiccazione della pasta, specie i maccheroni che erano esportati in tutto il mondo che venivano appesi ad essiccare all’aperto, nel centro città creando un suggestivo paesaggio. Apparvero anche i primi documenti ufficiali che attestano la nascita di pastifici in località diverse. Nel 1740 la città di Venezia concede a Paolo Adami la licenza di costruire il primo pastificio ed i macchinari erano abbastanza semplici, consistenti in una pressa di ferro azionata da alcuni giovani ragazzi. Nel 1763 il Duca di Parma Don Ferdinando di Borbone, concede a Stefano Lucciardi di Sarzana il diritto di privativa per dieci anni, per la produzione di pasta secca “all’uso di Genova”
nella città di Parma. Le paste forate o piene, lunghe o corte fino al XVII-XVIII secolo si mangiavano con le mani a differenza delle lasagne che, secondo i suggerimenti del trecentesco “Liber de coquinia” si consigliava di usare un “punctorio ligneo”. Solo alla fine del XVIII secolo in Italia si inizia a mangiare la pasta con l’uso di una forchetta. Nel 1830 arriva il pomodoro Agli inizi dell’800 la pasta incontra il pomodoro; prima la pasta era mangiata senza condimento o al massimo con il formaggio. Bisogna attendere il 1778 perché Vincenzo Corrado nel suo “Cuoco galante” parli per la prima volta della “salsa di pomodoro”, ma senza che si pensi ancora a usarla per condire. Il merito per aver “lanciato” il pomodoro è comunque tutto italiano. Francesco Leonardi, grandissimo cuoco che servì per oltre cinquant’anni le più grandi corti europee, nel 1790 scrisse un grande manuale di cucina “L’apicio moderno” e fu il primo grande cuoco ad usare stabilmente i pomodori, combinando la pasta con un sugo preparato usando pomodori privi di semi fatti sobbollire assieme a un fritto di cipolle, sedano, aglio e basilico che a tutt’oggi costituisce la classica ricetta di pasta alla napoletana. Questa ricetta di salsa bollita era divenuta così famosa da essere venduta sulle piazze del meridione d’Italia, per condire i maccheroni.
{la ricetta di benvenuto}
Tagliolini fior di bosco Ingredienti (per 6 personE) un granso poro bollito e spolpato, gr. 300 di vongole sgusciate, gr. 60 polpa di scampi sgusciati a crudo, 6-8 fragole, sale, pepe, 1 spicchio d’aglio, olio e prezzemolo; ½ kg. di tagliolini all’uovo, 1 calice scarso di vino.
Preparazione Fare un soffritto d’aglio ed aggiungervi la polpa del granso poro, gli scampi e le vongole sgusciate, sfumare in fuoco basso bagnando con vino pinot bianco; aggiungere le fragole tagliate a pezzettini, un pizzico di prezzemolo tritato, salare e pepare. Spadellare con i tagliolini cotti al dente e servire caldo accompagnando con vino Pinot Bianco giovane.
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Largo alla tecnologia Nei primi anni del ‘900 l’essicazione artificiale in ambienti condizionati porta la tradizione della pasta a diffondersi in tutte le regioni e si comincia a parlare di Industria della pasta. Il grano più amato dai pastai era il Taganrog, l’insuperato grano duro proveniente dalla Russia. Nel porto di Taganrog, in Crimea, venivano imbarcati quintali e quintali di grano destinato ai pastai liguri e napoletani. Nel 1917 Fereol Sandragne brevetta il primo sistema di produzione continua e nel 1933, con l’invenzione della pressa meccanica continua, i fratelli Braibanti di Parma eliminano le saste (o gli scarti o sfridi) tra le operazioni di impasto, gramolazione e trafilazione, migliorando così anche la qualità e l’igiene del prodotto. Il primo censimento dell’industria italiana della pasta, nel 1937, quantifica la capacità produttiva nazionale in 12,5 milioni di quintali, mentre la produ-
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zione effettiva è attorno ai 6 milioni di quintali. La pasta e la dieta mediterranea Il Dipartimento americano dell’Agricoltura ha utilizzato il simbolo della piramide per sintetizzare graficamente le necessità di un’alimentazione sana e corretta che, manco a dirlo, riflette in pieno le caratteristiche della dieta mediterranea. Alla base della piramide si collocano i cereali di cui la pasta costituisce un alimento fondamentale. La pasta è facile e “pulita” da preparare; è economica, toglie la fame reale e quella psicologica, non ha scarto e non è deperibile. Ma quanta energia è contenuta in una porzione standard di pasta? 100 grammi di pasta contengono: carboidrati complessi (amidi) al 70-75%; proteine
La pasta fresca
Per questo tipo di pasta è consentito l’uso della farina di grano tenero. L’umidità massima non può superare il 30% ed il termine fresca si riferisce solo in contrapposizione a secca in quanto nella preparazione viene eliminata la fase di essiccamento.
al 10-13%; acqua al 12% circa; fibre al 2-3%; vitamine B1-B2-PP e sali minerali. L’apparato calorico di 100 grammi di pasta scondita è di 36 grammi di calorie. Il gran vantaggio della pasta, e dei carboidrati in genere, è quello di rifornire il nostro organismo di energia pulita. In questo gruppo di alimenti i grandi assenti sono infatti i grassi, accanto ad alcuni aminoacidi essenziali di origine animale e le vitamine A, C e D. Ma l’industrioso popolo di affamati contadini, pastori, pescatori e piccoli artigiani del nostro paese ha ovviato alla carenza di questi ultimi,
creando grandi piatti unici in cui si associano i componenti della pasta a quello dei legumi secchi (pasta e fagioli, pasta e ceci); del pesce con varie spolverate di erbe aromatiche (pasta con le sarde, innumerevoli zuppe di pesce e condimenti a base di crostacei e frutti di mare); del pomodoro e del parmigiano; dei broccoletti e salsiccia, e via dicendo. La pasta non ha controindicazioni di sorta e, lungi dal far mettere su pancia, al contrario è una buona alleata nei casi in cui si debba perdere peso, perché induce sazietà e regola le funzioni intestinali.
{Salute in tavola}
meglio il burro o la
margarina? Di recente si è tenuta una conferenza sulle proprietà e qualità nutritive dei generi alimentari di uso comune; un noto relatore evidenziava quanto fosse importante per i consumatori prestare attenzione all’etichetta delle confezioni, la quale fornisce importanti informazioni sulle caratteristiche, provenienza, qualità ed ingredienti del singolo prodotto
L
eggere l’etichetta È dello scorso 18 gennaio 2011 l’approvazione da parte della Commissione Agricoltura alla Camera del disegno di legge che rende obbligatorio riportare in etichetta anche l’indicazione del luogo di origine o di provenienza dei prodotti; in particolare è stabilito che l’etichetta deve riportare: quale sia l’ingrediente caratterizzante; se vi siano tracce di OGM; il luogo da cui provengono i prodotti non trasformati o il luogo dell’ultima trasformazione per quelli trasformati. Leggere l’etichetta è quindi la prima precauzione che tutela i consumatori dalle frodi alimentari e tran-
quillizza l’acquirente sulla possibilità di indicazioni ingannevoli come dichiarazioni false sulla provenienza, la qualità e composizione dei cibi e peggio ancora, manipolazioni della data di scadenza. Sono vietate, ad esempio, affermazioni di determinate proprietà come quella di essere un prodotto curativo, genuino e naturale che sono (o dovrebbero essere) caratteristiche comuni di tutti gli alimenti. Il relatore della conferenza consigliava, fra l’altro di verificare in etichetta se prodotti come dolci, pasta frolla, biscotti, merendine, contenessero burro o margarina perché, secondo lui, fra i due vi sono delle sostanziali differenze salutistiche. Con-
fesso che la mia conoscenza in proposito era abbastanza limitata. Supponevo che la margarina fosse più indicata per la preparazione di alcuni alimenti e dolci perché più digeribile, dato che proviene da oli vegetali, e il burro si prestasse bene in cucina perché dona al cibo sapore e gusto, anche se è più difficile da digerire. Sappiamo bene che nella dieta moderna si pone molta attenzione al contenuto di grassi, alle calorie e al colesterolo nel cibo e poiché sono argomenti di forte attualità, mi sono preso la briga di approfondire il tema attraverso la storiografia dei due prodotti e la lettura delle opere di alcuni medici, specialisti ed esperti, interpellando pure un esper-
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to di biologia nutrizionale per avere un’informazione più dettagliata e precisa. Il burro e la margarina La nomenclatura indica il burro come derivato del latte che si ottiene dalla lavorazione della crema di latte, ovvero dalla panna. Per ottenere un chilogrammo di burro occorrono mediamente 23-25 kg di latte. Secondo la legge deve avere un aspetto compatto ed uniforme ed alcuni requisiti chimici fisici ed organolettici. Ha un colore bianco se prodotto in inverno e giallo paglierino in estate, dovuto al diverso tipo di alimentazione delle mucche da latte e ad un incremento della vitamina A di cui è ricco. Ha un buon contenuto di sali minerali ed abbondanti grassi per cui è un alimento energetico (contiene mediamente l’8285% di grassi animali), anche se il suo apporto calorico è inferiore a quello degli olii. Per contro, ha un alto contenuto di colesterolo. È molto
il Consiglio dell’esperto
Tutto ciò premesso, ricorriamo al parere di uno esperto che ci rassicuri sulla giusta scelta del prodotto da usare in una corretta alimentazione quotidiana, rivolgendo alcune domande sull’argomento a Claudia Riccardi, nota professionista ed esperta biologa nutrizionista
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usato in cucina per conferire particolari aromi al cibo dato che mantiene molte delle ottime caratteristiche del latte da cui deriva. I suoi particolari grassi a “catena corta” hanno la caratteristica di sciogliersi ad una temperatura di 30 ° C; inferiore, cioè, a quella del corpo umano. Questo lo rende facilmente digeribile e rapidamente assimilabile e quindi può essere utile per chi conduce una vita attiva, per bambini, ragazzi e per chi pratica sport che necessitano di una immediata disponibilità energetica. Per sfruttare al meglio le sue doti deve essere utilizzato crudo o fatto sciogliere su cibo caldo; se fritto, è altamente tossico. Teniamo comunque presente che il burro comporta una digestione molto più laboriosa dei carboidrati (per uno sportivo è molto meglio, ad esempio, un piatto di pastasciutta o un cucchiaio di miele). I grassi sono dei preziosi nutrienti, ma devono essere assunti nelle giuste
quantità. In un corretto regime alimentare c’è spazio per tutti gli alimenti ma è necessario tenere sempre presente qual’è il “fabbisogno calorico giornaliero”. Da alcuni anni è stato introdotto in commercio un prodotto considerato un surrogato del burro che, secondo la pubblicità è alimento migliore perché non contiene colesterolo e non è fatto con grasso animale. Questo prodotto è la Margarina che ha una consistenza tra il solido ed il cremoso preparata con grassi vegetali (olio di soia, di girasole, di colza, di semi di palma, ecc.) per la maggior parte saturi. Originariamente la margarina era prodotta attraverso un processo di cristallizzazione frazionata in un miscuglio di grassi vegetali e latte acido. È stato scoperto poi che era più facilmente ed economicamente vantaggioso produrla attraverso un processo di idrogenazione dei grassi vegetali, che così diventano più solidi e meno deperibili, ma che produce una certa quantità di acidi trans nocivi per la salute, perché sono quelli che fanno letteralmente lievitare il colesterolo cattivo LDL. Le margarine ne possono contenere mediamente dal 5 al 30%, ma i produttori assicurano che in quelle moderne le quantità di acidi trans sono trascura-
bili se non assenti. Al di là di questi distinguo, resta molto importante il controllo delle etichette per verificare se è indicata la presenza di grassi idrogenati (trans) e non solamente l’indicazione del contenuto di oli vegetali che provoca qualche dubbio. La margarina viene impiegata largamente nei prodotti biologici per vegetariani o vegani (quelli che scelgono uno stile di vita che esclude cibo di origine animale e loro derivati come il latte, uova, burro, ecc.), per persone che hanno problemi di colesterolo o presentano l’intolleranza al latte/lattosio, in sostituzione al più consueto burro di latte vaccino del quale presenta caratteristiche tecniche molto simili. È molto adoperata infine nei prodotti convenzionali di scarsa qualità perché ha un costo nettamente inferiore al burro di latte vaccino e a qualunque altro tipo di grasso.
che opera in appoggio a diverse strutture nel territorio della Venezia Orientale fra cui il Poliambulatorio Leonardo di Giai di Gruaro, lo studio medico associato di Concordia Sagittaria e l’erboristeria “L’elisir” di San Stino di Livenza.
Dal punto di vista della resa, di gusto, sapore e consistenza dei cibi, la soluzione migliore è il burro. Da un punto di vista salutistico risulta sempre migliore il burro: è vero che si tratta di un alimento ricco di grassi saturi (48%) e di colesterolo (250 mg/100g), però i grassi saturi trans che si formano nella idrogenazione degli oli vegetali,
necessaria per produrre la margarina, sono molto più pericolosi per la salute: il nostro organismo non è in grado di distinguerli dai più salutari acidi grassi polinsaturi e li utilizza come tali. Dato che non hanno le stesse proprietà dei grassi polinsaturi, questo “errore” causa notevoli alterazioni cellulari. Bisogna poi prestare attenzione al fatto che
Signora Claudia, secondo Lei, è meglio usare burro o margarina?
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molte delle margarine presenti in commercio sono in realtà costituite da una miscela di oli vegetali e di grassi animali; in questo caso, naturalmente, il contenuto di colesterolo non è pari a zero. Inoltre, differentemente da quel che si crede e che viene pubblicizzato, la margarina comunque contiene grassi saturi (circa 27%), in quanto gli oli da cui è prodotta, principalmente palma e cocco, pur essendo di origine vegetale sono molto ricchi di grassi saturi. Nell’ottica, dunque, di realizzare un’alimentazione più genuina e “vera”, la margarina rappresenta il prototipo del prodotto industriale: ottenuto processando olii di scarsa qualità, ma molto a buon mercato, addizionato a coloranti e conservanti, con un contenuto di vitamine, in particolare A e E e di calcio inferiore rispetto al burro. Perciò una piccola quantità di burro, di buona qualità, magari biologico, può benissimo far parte di una alimentazione bilanciata ed equilibrata. Quale di questi due è preferibile usare in cucina? Come diceva, cucinare il burro lo rende meno digeribile, friggerlo o cucinarlo ad
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alte temperature per lunghi periodo comporta la produzione di sostanze tossiche. Questo però vale per tutti i tipi di grassi e oli, compresa la margarina. L’olio extravergine di oliva è il condimento che produce questi composti tossici alle temperature più alte, per questo è consigliato come “grasso da cottura”. Dunque sia per il burro che per la margarina è meglio il consumo a crudo. Quale dei due apporta maggiori calorie? Secondo le tabelle di composizione degli alimenti dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN), l’apporto calorico di 100 g di burro è 758 kcal e di 100g di margarina è 760 kcal. L’apporto calorico è molto simile e anche la percentuale di lipidi è la stessa: circa l’84%; è quasi nullo il contenuto di carboidrati e trascurabile quello di proteine. È dunque da sfatare il mito che vede la margarina nelle vesti del condimento “dietetico”. Ma la margarina essendo vegetale, non è più leggera del burro? Trattandosi di oli, comunque anche se di origine vegetale, l’apporto calorico è consi-
stente: sono alimenti costituiti principalmente se non esclusivamente da grassi. Chi ha problemi di colesterolo, come dovrebbe regolarsi? Sarebbe meglio evitare entrambi gli alimenti sostituendoli in tutte le preparazioni con un buon olio extravergine di oliva, magari spremuto a freddo (deve essere indicato in etichetta) che vanta numerose proprietà salutari, dal potere antiossidante molto elevato, alla capacità di incrementare i livelli di colesterolo buono (HDL) nel sangue e di abbassare quelli del colesterolo cattivo (LDL). Le persone con problemi di colesterolo devono prestare attenzione anche a tutti quei prodotti che contengono burro e/o margarina o oli vegetali (soprattutto olio di palma e cocco) quali: prodotti da forno, merendine, croissant, dolci confezionati… Per le persone intolleranti al lattosio, la soluzione è la stessa: utilizzare come condimento a crudo e in cottura olio extravergine di oliva. Qual è quindi il suo giudizio finale? La nostra alimentazione, e soprattutto quella dei nostri
bambini, è infarcita di questi “prodotti industriali” il cui unico vantaggio è un costo di produzione molto basso, legato alla scarsa qualità delle materie prime utilizzate (costo basso che non si riflette molto sul prezzo al consumatore!). Numerose evidenze scientifiche stanno cominciando ad incolpare questo tipo di dieta detta occidentale, di quel aumento di diverse patologie degenerative, quali diabete e patologie cardiocircolatorie, che caratterizza la nostra società.
Un velo di burro sulle fe t t e b i s c o t t at e ogni tanto a c o l a z i o n e, u n a fe t t a d i c i a m b e l l a fat t a i n c a s a dalla nonna, è sicuramente u n ’ a l t e r n at i v a p i ù s a l u t a r e. Come per ogni cosa, il segreto è n o n e s a g e r a r e.
{cibo e territorio}
Frittura di pesce
Le nuove regole europee limitano pesantemente la possibilità di pescare moscardini, seppie, sarde e altre prelibatezze alla base di molta cucina locale, mandando in crisi l’industria ittica e la ristorazione di molti centri dell’Adriatico. Il caso di Caorle.
dolce ricordo?
Q
dualche tempo addietro mi è capitato di seguire una trasmissione televisiva che documentava la pesca con la paranza, praticata abusivamente di notte da alcuni pescatori nella costa dell’Adriatico meridionale attraverso l’uso della tradizionale rete a strascico e dei turbosoffianti, in acque situate ben al di quà dei limiti marini stabiliti dalle vigenti norme. Il pescato poi era tranquillamente venduto ai mercati rionali ed a qualche ristorante locale: seppioline, calamaretti, telline, bianchetti, rossetti e altro, in barba alle nuove disposizioni di legge stabilite dalla Comunità Europea. Intervi-
stati dal cronista, i pescatori si giustificavano affermando che quello era il loro mestiere da sempre, senza il quale avrebbero stentato a sopravvivere. Sappiamo che da circa un anno ormai è entrato in vigore il Regolamento Mediterraneo approvato dalla Commissione Europea che stabilisce nuove regole per la pesca di determinate specie marine, che può essere praticata usando solo reti con maglie più larghe; si passa da maglie di 25 millimetri a 40 e si cambia la forma delle reti che da romboidi sono quadrate per evitare il restringimento, rendendo così impossibile, ad esempio, la cattura di calamaretti
e rossetti. Nel regolamento vengono inoltre fissate nuove distanze di pesca dalla costa non inferiori a 1,5 miglia per le reti gettate sotto costa e non inferiori alle 0,3 miglia per le draghe usate nella pesca alle bivalve, come le telline. La ratio di queste regole è quella di tutelare tutte le piccole specie che sono a rischio di estinzione e che costituiscono il nutrimento di pesci adulti. “Sono provvedimenti che penalizzano una radicata tradizione gastronomica italiana - sostengono molti ristoratori - niente più prelibatezze della nostra costa Adriatica, come quella della frittura e dei Moscardini di Caorle così speciali ed unici
da essere tutelati ad I.g.t., di notorietà internazionale”. Proprio Caorle, cittadina balneare di antiche tradizioni marinare, ha una sua specifica pesca e i pescatori sostengono che è scientificamente comprovato come i prelibati moscardini che crescono a pochi metri dalla costa caorlotta abbiano una vita molto breve, circa un anno, per cui non potranno mai essere catturati con le nuove reti a maglie più larghe. Stesso discorso per le acquarelle, che sono la base della frittura di paranza: anche da adulte mantengono piccole dimensioni. La pesca a strascico è praticata da oltre il 70% dei pescatori locali che adottano imbarcazioni di piccola e media stazza non attrezzate per la pesca in alto mare; se ne deduce quindi che questi divieti colpiscono pesantemente la categoria dei pescatori caorlotti come quelli delle altre marinerie del veneziano e del vicino Friuli ma anche di tutta Italia che complessivamente conta un comparto del 5% circa di pescatori specifici. La crisi di questa attività ittica è piombata pesantemente fra
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loro; un vero disastro per i pescatori in quanto si sa che nell’Alto Adriatico la pesca è costituita per oltre il 50% da pesci di piccola taglia. Nell’ambiente si afferma criticamente che le nuove regole imposte dalla Commissione Europea dovevano applicarsi solo ai mari molto profondi come gli Oceani e non al mare Adriatico che per sue caratteristiche assomiglia ad un grande lago. La cronaca quotidiana ci racconta delle tante proteste da parte dei pescatori delle marinerie italiane che hanno presentate istanze al Governo e chiedono interventi atti a valorizzare il lavoro dei pescatori che rischiano di scomparire, vittima di una situazione che favorisce i grandi gruppi della distribuzione ittica a scapito dei possessori della piccola flottiglia. Quindi dovremmo dire addio ai succulenti piatti di moscardini, calamaretti, seppioline, zòtoeti, sardoni, cannolicchi, bianchetti, frittura di paranza? Forse sì, sempre ché, anche da noi, non siano catturati abusivamente, il che è difficile dato lo spietato controllo delle forze dell’ordine che vigilano costantemente le coste dell’Alto Adriatico e i monitoraggi costanti anche nei ristoranti, con tanto di pesanti sanzioni pecuniarie e penali per i trasgressori. Per i buongustai è un grido di dolore veder scomparire tante antiche tradizioni culinarie vanto della nostra ristorazione: grido di dolore che parte da Chioggia, Venezia e da tutta la marineria della nostra provincia in cui anche la seppia è considerata elemento fondamentale ed imprescindibile della cucina locale con la quale sono stati creati capolavori come le seppioline in umido con polenta, il risotto di seppie e col nero di seppia, l’insa-
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lata di seppie e tanto altro. Specialità che costituivano motivo di attrazione per i turisti della domenica che, prima del ritorno a casa dalla gita al mare, si riversavano nelle osterie e trattorie dei centri marinari come Caorle e Marano e consumavano la mitica frittura mista con polenta brustolada, i folpetti, sfòi, zotoèti e seppioline in umido, e pure i ristoranti marchiavano i loro menu con l’immancabile aperitivo di prosecco e anguèle, le insalatine di seppie e verdurine, moscardini olio e prezzemolo, telline saltate in padella, ecc. Specialità note ed apprezzate nei paesi d’oltralpe e dai turisti, che scelgono le loro vacanze sulle nostra spiagge attratti anche dalla tipicità e freschezza della cucina. Specialità della filiera locale che era una vera attrazione per i tanti avventori che riempivano le osterie dell’entroterra nei giorni di mercato per uno spuntino di pissigoe, zotoèti e vino locale. A Caorle la frittura si riesce ancora a trovarla, perché sfruttano l’interno della vasta laguna dove sembra non ci siano restrizioni. Però - dicono i ristoratori locali - questo pescato costa sempre più caro perché sta diventando una rarità. La pesca di que-
ste specie ittiche - sostengono d’altra parte alcuni nativi - è stata troppo sfruttata, senza dar tempo alla riproduzione che diventa sempre più difficile, per cui è giusto che siano state applicate queste nuove regole, almeno fino a quando non si ripopoli la fauna della nostra costa. “Le seppioline che si pescano ora – sottolinea un ristoratore caorlotto - anche se più sviluppate, sono tenerissime e gustosissime e coprono comunque il fabbisogno dei ristoranti senza ricorrere a prodotti di importazione che non hanno niente in comune con il pescato locale”. Lo stesso è per le cozze, le vongole e le passere. Cambia così parte della cucina tradizionale, per necessità, pur rimanendo tipica attraverso il pescato di laguna e di mare che offre una abbondante varietà: passerini, gozzi, cefali, volpine, branzini, sanpiero, sarde e tanto altro che fanno di Caorle un rinomato centro balneare con una cucina fresca di filiera tipicamente veneziana. Ci teniamo una riflessione finale: la Comunità europea forse ha fatto bene
ad intervenire per scongiurare il pericolo di estinzione di queste specie. Non si capisce perché non abbia agito allo stesso modo per molte altre che corrono il rischio di scomparire dalla mappa della fauna come, ad esempio, il tonno rosso ed il pesce spada che nel Mediterraneo viene costantemente saccheggiato attraverso i ritmi incalzanti della pesca industriale praticata legalmente e illegalmente.
Dunque: t e l l i n e, seppioline ed acquarelle: no To n n o r o s s o e pesce spada: sì. Mah!
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{luoghi da vedere, sapori da gustare}
città d’arte, di cultura e di tradizioni culinarie
P
ortogruaro è Comune importante situato ad est della Venezia Orientale, ai confini con il Friuli Venezia Giulia. Adagiati su verdeggiante e fertile pianura, il capoluogo e dintorni sono percorsi da molti corsi d’acqua di risorgiva che si dirigono verso il mare Adriatico gettandosi nella suggestiva laguna di Caorle che dal mare risale verso l’entroterra. Portogruaro è bagnata dal Reghena e dallo storico fiume Lemene, l’antico Romatino, che costituisce una secolare via di navigazione fluviale che si collega alla Litoranea Veneta e quindi alla Laguna di Venezia e di Marano. Nel suo insieme il territorio è composto da un ambiente artistico e naturalistico incantevole, suggestivo e straordinario. Proprio la sua posizione strategica, al centro di importanti vie di comunicazione del nord est dell’Italia, ha fatto sì che Portogruaro diventasse una città ricca di commercio, di storia e di cultura, abbellita da maestosi palazzi di stile gotico veneziano, da caratteristici sottoportici lungo le vie del centro, dal Liston, da siti, piazzette e romantici percorsi scolpiti lungo le sponde del Lemene e con un museo con tanti reperti che testimoniano il suo antico e glorioso passato. E’ città di studio in cui convergono migliaia di studenti che frequentano i vari Istituti scolastici e l’Università; è pure sede estiva di un corso internazionale di Musica a cui partecipano musicisti
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Portogruaro che provengono da ogni dove ed allestiscono concerti nel nuovo teatro “Russolo”, nelle monumentali chiese e storici palazzi, addirittura nelle moderne e spaziose Cantine sparse nel territorio di Lison. La lussuriosa campagna che circonda la città è disseminata da migliaia di filari di viti che producono vini a doc e docg, frutteti e prodotti orticoli tipici ed originali, allevamenti bovini e suini, che favoriscono una cucina con tante peculiarità gastronomiche. Antonio Bertoncello, Sindaco confermato di Portogruaro, appassionato cultore della buona tavola e sostenitore di molte iniziative artistiche e culinarie nel territorio, afferma che arte e cultura, enogastronomia, commercio ed eventi sono gli “ingredienti” sui quali l’Amministrazione Comunale investe per promuovere la città di Portogruaro e valorizzare le sue particolarità ed eccellenze. L’offerta turistica territoriale, cogliendo la straordinaria occasione rappresentata dal
turismo costiero, è infatti un fattore fondamentale dello sviluppo locale. La cucina veneta, i percorsi enogastronomici, i vini Doc Lison Pramaggiore, i percorsi storico, culturali e archeologici, i monumenti e le opere d’arte della nostra città – sostiene il Sindaco – costituiscono un patrimonio naturale da salvaguardare, valorizzare e potenziare nell’ottica di uno sviluppo economico sostenibile. La sinergia anche con le Associazioni economiche e di categoria e gli operatori commerciali contribuisce a realizzare molte delle iniziative di valorizzazione del turismo legato al territorio, nei suoi aspetti storici e in quelli naturalistico-culturali ed ambientali. Intendimento del Sindaco di Portogruaro è quindi quello di far conoscere le bellezze, i prodotti tipici, l’attrattività della nostra città, come primo passo per mantenere forti le tradizioni in un’area strategica e importante come la nostra. Nel corso dell’anno Porto-
gruaro ospita numerose iniziative enogastronomiche; si ricorda la più nota “Terra dei Dogi in festa”, una grande festa dedicata al vino prodotto nel territorio, nella seconda domenica di maggio. Degne di nota sono le serate a tema culinario promosse dalla Ristolemene, una associazione formata da un gruppo di ristoratori del portogruarese idealmente uniti fra loro dal fiume Lemene che attraversa le località dove abitualmente operano. La meta finale di questa “unione di ristoratori” – sostiene Massimo Zanon, presidente dell’Ascom mandamentale e della Confcommercio del Veneto – è quella di valorizzare la cultura del cibo locale assieme ai suoi pregiati vini, partendo dalla riedizione di antiche ricette, ormai desuete. In questo percorso sono coinvolti numerosi Partners ed istituzioni locali che intendono affermare e promuovere un antico patrimonio gastronomico custodito nei secoli nel ricco e suggestivo territorio della Venezia Orientale che offre molte specialità orticole, carni pregiate di bovini, suini ed animali da cortile, pesci di fiume, di valle e di mare. Una ricca ed invidiabile scelta di specialità “di filiera corta” che arricchisce le tavole dei tanti ed invitanti ristoranti e trattorie del territorio. Un motivo in più – sostiene Massimo Zanon – per gustare la città di Portogruaro ed il suo territorio fino in fondo con l’arte, la cultura, la buona tavola ed il buon vino.
Un consiglio utile per incontrare la buona tavola? Sicuramente allo storico “Ristorante alla Botte” che si trova all’uscita dell’autostrada verso Portogruaro sinonimo di garanzia per chi ama la tradizione della cucina dell’entroterra veneziano e anche della bassa friulana: piatti semplici e caserecci, preparati con ingredienti naturali e freschi della ricca filiera locale, che si accompagnano perfettamente alla vasta selezione di vini del territorio, da consumarsi in un ambiente tranquillo, elegante ed ospitale. Da più di quarant’anni la responsabile della cucina del Ristorante Alla Botte è Alma Bortolussi, che propone tante ricette custodite nel tempo, che traggono ispirazione dalla tradizione del ter-
ritorio e dai prodotti di orto stagionali raccolti direttamente sul campo, dai ruspanti animali da cortile, dal pescato fresco di fiume e di mare. Alma e tutto lo staff della cucina del Ristorante Alla Botte, garantiscono sulla identità e tipicità dell’antica gastronomia veneto-friulana legata alla stagionalità e alla storia dei loro piatti. Ricette e segreti che non si esauriscono mai e che si tramandano alle nuove generazioni, riviste ed attualizzate, ma mai così innovative da perdere il gusto ed il sapore unico dell’essenza del ‘500 veneziano fino ai giorni nostri. Il Ristorante Alla Botte è altamente qualificato ad organizzare accurati servizi per Cerimonie, Pranzi Nuziali, Meetings di Lavoro, Feste ed Eventi.
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30026 Portogruaro • Viale Pordenone, 46 (Venezia) • Italy • Tel. +39 0421 760122 r.a. • Fax +39 0421 74833 www.allabotte.it • allabotte@allabotte.it
{a proposito di...}
di Giovanni Cargnello, unico consigliere scientifico del Consiglio nazionale per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura (CRA)
Bere con moderazione:
“Alcool”o“Vino”? Ricerche e riflessioni varie su questo fondamentale interrogativo
N
el corso di una riuscitissima e benemerita manifestazione popolare, la “Ethical food & wine…& living” svoltasi a Conegliano nel 2007, nell’ambito di “Conegliano con gusto” promossa dalla Amministrazione Comunale, Club dello Strappolo, Confraternita Accademia Colle di Giano, ASL 7, Polizia Municipale, Arma dei Carabinieri, UCET, sono state effettuate indagini sull’etilometro e riflessometro, dalle quali è emerso che non esiste alcuna relazione tra il tasso alcolico rilevato con l’etilometro ed i “riflessi” del conducente, anche per tassi alcolici nettamente superiori a quelli previsti dalla normativa. Basandosi su questi indizi si è dedotto che non è tanto importante elevare le percentuali massime di alcool nel sangue previste dalla normativa, quanto agire per una adeguata azione culturale a 360 gradi di tipo preventivo coinvolgendo tutti, comprese le scuole, e perseguire solo i conducenti che risultassero essere veramente una possibile
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dalla manifestazione “Ethical food & wine…& living” emerge:
non esiste alcuna relazione tra il tasso alcolico rilevato con l’etilometro ed i “riflessi” del conducente, anche per tassi alcolici nettamente superiori a quelli previsti dalla normativa...
minaccia per la collettività e per se stessi nella guida di un automezzo. Altri studi hanno pure dimostrato la non correlazione tra i risultati dell’etilometro e quelli rilevati nel sangue relativamente al tasso alcolico: questi ultimi sono risultati sempre inferiori a quelli rilevati con l’etilometro. Ciò premesso, facciamo alcune riflessioni e considerazioni su vari aspetti riguardanti l’assunzione dell’alcool, la produzione ed il consumo del vino. Secondo una diffusa opinione il vino deve essere bevuto con moderazione; addirittura c’è chi sostiene che la giusta misura è quella di mezzo bicchiere di vino a pasto: è una sentenza generalizzata che non tiene conto, invece, della tipologia del vino: se si tratta cioè di vini salutistici, fisiologici, a bassa e bassissima gradazione alcolica, della realtà globale generale e contingente dell’individuo e all’aspetto sociale, economico, culturale, etico, meta-etico. Qualcuno afferma che fra non molto il “vino” incontrerà le stesse problemati-
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che delle droghe e che l’alcool fa più danni di molte droghe. Se ciò corrisponde a verità, per contro noi sosteniamo che il vino non è alcool e l’alcool non è il vino. Il vino non è solo alcool, ma molto di diverso e molto di più dell’alcool e allora bando ad ogni scorretta, non esaustiva ed inaccettabile informazione, comunicazione, demonizzazione e strumentalizzazione. Anche noi diciamo che l’alcool fa male alla salute, ma il buon vino no, e lo abbiamo accertato attraverso le numerose attività e ricerche da noi condotte in molti anni (oltre dieci) e con successo in tal senso. Facciamo poi presente che sotto l’aspetto salutistico e culturale e secondo usi e consuetudini, esistono sane tendenze, o mode, come quella di “acidificare” l’acqua col vino, del vero “Spritz”, la dealcolizzazione del vino e la produzione di vini a bassa e a bassissima gradazione alcolica (previste dalla normativa), la produzione di mosti (“vini”) parzialmente fermentati e posti sul mercato con gradazione alcolica anche inferiori ai due gradi, o di quattro, o di sei gradi alcolici (1 Grado e Mezzo per natura, Due Gradi, Spumante dei Cavalieri, Calice dei Templari da dessert, ecc.), per finire con i cosiddetti “vini” senza alcool e la realizzazione di prodotti del vigneto posti in commercio con nomi di fantasia (eminasjn, isabella ice) a bassissima (0,5) gradazione alcolica, senza dimenticare la viticoltura come fonte di energia alternativa, e di altri prodotti e risorse. Da tempo noi riferiamo che si deve bere con moderazione e consapevolezza riferendoci all’alcol e non al vino, in quanto riteniamo che siano due cose completamente diverse; non solo a livello
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concettuale, ma anche e soprattutto per la diversa ricaduta sotto l’aspetto salutistico, tecnico, economico, sociale, esistenziale, etico per l’intera filiera del settore, tutti aspetti che vanno collegati fra loro in modo armonico così come previsto dalla così detta “Grande Filiera”. Secondo quest’ultima riflessione, se vogliamo, risolvere armonicamente e nella globalità i problemi “salutistici” legati all’alcool ed ottenere la salute del corpo, della mente, della patente, del portafoglio, del produttore, del trasformatore, del commerciante, del consumatore e perché no dell’anima; insomma se vogliamo la “salute” di tutta la filiera che parte dal vigneto e arriva fino al vino, al consumatore, al territorio e anche oltre e nel contempo risolvere i problemi legati alla nostra realtà socio-produttiva vitivinicola, è indispensabile allineare la produzione a quella della nostra realtà in cui la grande maggioranza dei consumatori preferisce vini con caratteristiche anche diverse dai così detti vini di “qualità storica” la cui produzione classica deve comunque continuare ad esistere e va sempre migliorata, ma limitata alle reali esigenze del produttore. Questa “qualità classica” condiziona ancora troppo le guide del settore ed ancora peggio chi conferisce medaglie ed onorificenze varie che normalmente vengono ancora assegnate senza tener conto di altri fattori e valori (tecnici, economici, sociali, esistenziali, etici, “MetaEtici”) come invece ad esempio previsto dal nostro algoritmo informatizzato (scheda) C.IM.E.C. - Cima Imprenditoriale Economica di Conegliano - che tiene conto del prodotto (qualità sensoriale prevista dalla
normativa), del produttore (profitto), del consumatore (qualità sensoriale percepita dal consumatore) e prezzo, ai quali vanno aggiunti i classici valori, (qualità aggiuntive) percepiti dal consumatore e volendo anche i valori universali (“Grandi” valori secondo la “Grande” Filiera). Per cui non andrebbero premiati i vini di “qualità organolettica classica” che magari fanno “ fallire” l’imprenditore, ma quelli che possiedono una “qualità” (“Grande Qualità” che non è quella complessiva) che tenga conto non solo della qualità organolettica classica, ma anche e soprattutto di altri indici e valori (valori grandi o universali secondo la Grande Filiera)! Riteniamo quindi che una cospicua parte del “Vigneto Italia” deve urgentemente essere modificata, impostata e gestita in modo diverso, tale da soddisfare in tempo utile (e siamo molto in ritardo), le mutate esigenze del mondo coinvolto a vario titolo che, tra l’altro, richiede prodotti del vigneto anche diversi dal vino di qualità classica, non sincero, alcolico, pesante, non fisiologico. E di questo chi fa le guide e/o premia i vini e conferisce onorificenze varie dovrebbe assolutamente tener conto, come viene tenuto conto nel nostro algoritmo informatizzato (CIMEC. Filosofia) indicato nella scheda CIMEC che andrebbe ulteriormente diffusa da noi se vogliamo conferire il migliore valore alle guide, ai riconoscimenti, ecc. Noi diciamo inoltre bando
ad ogni azione corporativa a difesa dell’inaccettabile e sosteniamo invece di concretizzare un ventaglio di produzioni del vigneto in completa armonia con le reali esigenze di tutti i componenti della filiera viticola, la quale, ovviamente, va oltre a quella vitivinicola. Quindi riteniamo di fondamentale importanza queste prime ricerche e riflessioni perché non condividiamo il pensiero di chi sostiene solamente di “bere con moderazione vino”, confondendo l’alcool col vino e/o l’alcool col non vino secondo l’attuale normativa e/o con gli altri prodotti del vigneto quali ad esempio i prodotti in commercio con bassa e bassissima gradazione alcolica, (0,5 – 2 – 4 – 5 – 6 gradi alcolici) per finire con i cosiddetti “vini” senza alcool e con innovativi “succhi” e “gelatine” d’uva. Pertanto sottolineiamo che chiunque afferma che si deve “bere vino con moderazione e consapevolmente” oltre a non essere esaustivo, concorre in modo determinante e scorretto ad aggravare la preoccupante e drammatica situazione del settore viticolo e vitivinicolo e non solo, ma anche del territorio e della intera filiera, consumatore e mondo intero compresi, con gravissime ripercussioni a livello tecnico, economico, culturale, sociale, esistenziale, etico e meta-etico. Paradossalmente noi diciamo “bere tanto tanto buon vino e bere consapevolmente e con moderazione alcool”.
{prodotti e tradizioni da custodire} di l.c.
Q u a s s ù n o n gh’è gas, ma solo fogo vivo p a r fa r fo r majo; niente mangime par le vache ma s o l o e r b a c he qua sora no manca, e tuta la me’ s p e r i e n s a d e casèr.
Tarquinio Marini malgaro e i formaggi di malga
L
Lui ha 82 anni e non li dimostra e nella sua vita è stato, da sempre, allevatore di vacche, casaro e malgaro nell’Altopiano di Asiago. Un giorno di qualche mese fa, all’insaputa dei famigliari, Tarquinio Marini è partito dal suo Paese di Carmignano ed è salito ad Asiago per partecipare all’asta, indetta, secondo antiche consuetudini dalla Comunità dell’Altopiano dei Sette Comuni, con cui assegnano in affitto le malghe e gli alpeggi. L’asta, naturalmente, l’ha vinta lui, anche se non si sa se c’erano concorrenti; quello che importa è che Tarquinio Ma-
rini, nonostante la sua veneranda età, può continuare la sua attività di allevatore, malgaro e casaro per altre sei stagioni nella “sua” malga che si trova in una delle più splendide e suggestive zone d’alpeggio di tutto l’Altopiano. Per onor del vero i suoi figli non è che l’abbiano presa proprio bene; considerando l’età del padre avrebbero voluto che si fermasse con loro in pianura dove svolgono attività di agricoltori e allevatori in modo più che sufficiente a condurre una vita dignitosa e onesta; il loro papà poteva, a buon diritto, fare la vita di paese, giocare
alle carte in osteria, raccontare ai giovani e non le sue storie di vita fra i monti e all’estero e scroccare qualche “ombra” di vino ad amici ed astanti che lo considerano quasi mito e monumento storico e quindi starsene a casa sua ben servito da figli e nuore. E invece lui niente di tutto questo. Tarquinio ama talmente tanto la montagna e il suo mestiere di malgaro che non avrebbe mai rinunciato a salire in malga con la sua mandria di vacche, a costo di finire la sua vita proprio lassù, in quella che considera la sua terra, vicina al cielo. I suoi figli che hanno compreso
questo suo amore atavico, lo seguiranno lo stesso, magari a turno, per affiancarlo nel lavoro per tutto il periodo dell’alpeggio, accompagnati dai due fedelissimi cani che non si capisce di che razza siano, ma sono talmente intelligenti e ben addestrati da essere capaci di fare i guardiani di mandria, tant’è che con un fischio del padrone, spingono le vacche verso la stalla per due volte al giorno. Tarquinio è una istituzione per tutto l’Altopiano, perché è il più anziano dei malghesi in attività; ha frequentato malghe in tutto l’Altopiano, da Marcesina al Vezzena dove da diversi anni, in lo-
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calità Larici, tortuose ed accidentate strade e stradine conducono a Malga Dosso di Sotto che si trova ad una altezza di 1.650 metri, nel mezzo di una vasta distesa prativa ondeggiante, l’altopiano più suggestivo e incontaminato, alpeggio coronato dalle foreste di larice e di pino mugo di alta quota. Prati ricchi di foraggio, ogni tanto una pozza colma di acqua naturale dove va ad abbeverarsi la mandria (e le marmotte che escono dai boschi). La sua è una mandria di circa 150 mucche che producono abbondante quantità di prelibato latte con il quale Tarquinio produce il formaggio Asiago ed il formaggio Vezzena, oltre al burro, ricotta e la “Tosella”. I suoi formaggi sono marchiati con il numero della malga e la data di produzione, e sono tantissimi i privati e i turisti come me, che, ben conoscendo le qualità del Tarquinio casaro,
prato, di muschio, di frutta matura; sapori cremosi e via via marcati e leggermente pungenti, affumicati, tostati, nocciolati. Il notissimo Asiago, erede del Vezzena, ha una sua esclusiva: è prodotto con latte parzialmente scremato, con sapore morbido, dolce e delicato da giovane; il d’Allevo invece diventa leggermente piccante ed ha una sua spiccata personalità e tipicità. Il Vezzena ha una sua storia secolare pari ai pascoli da cui deriva; è formaggio a pasta semidura e semicotta, prodotto partendo da latte di vacca crudo, parzialmente scremato per affioramento, di sapore molto gustoso e aromatico, dovuto al latte assai profumato della produzione di malga. La stagionatura avviene in freschi magazzini o scantinati con umidità elevata. La durata minima di maturazione per essere consumato come formaggio da tavola è di 6-8 mesi, mentre con una
ogni giorno partono dalla pianura veneta e trentina e salgono nella sua malga a comperare i suoi formaggi (e non solo) che per certi versi sono rari se non unici per i loro profumi e sapori intensi e persistenti che derivano dai foraggi di quei prati incontaminati in cui le mucche al pascolo si nutrono tutto il giorno. Formaggi che profumano di erba fresca e sfalciata, mescolata a fiori di
più lunga stagionatura di 1524 mesi, è ottimo come formaggio da grattugia. Il lavoro di malgaro per Tarquinio, così come per gli altri, dura una stagione che va da giugno fino a settembre, dopo di chè si rinnova il rito della transumanza con il ritorno a casa a piedi, accompagnando la mandria delle vacche fino a Carmignano, in un percorso di circa cento chilometri attraversando
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Asiago, Conso e giù verso Marostica, oltre il fiume Brenta; il suo arrivo in paese una volta era atteso dalla popolazione con la banda musicale e a casa sua si faceva festa per una settimana. Per la verità questo antico rito della transumanza non lo si fa più da un paio di anni a causa del traffico stradale; ecco che un altro pezzo della nostra storia se n’è andato! Ricordiamo la figura Tarquinio Marini come rappresentativa di un po’ tutti gli altri malgari dell’Altopiano di Asiago che conducono all’incirca una ottantina di malghe e che hanno reso famosi i formaggi come l’Asiago, il Vezzena e lo Stravecchio di malga; un’attività che dà certamente soddisfazioni anche economiche, ma che trova pochi riscontri fra i giovani che scelgono strade più facili e comode. Quella del malgaro rimane una figura simbolo delle nostre montagne, che si
omogeneizzare i gusti, un valore aggiunto per il settore lattiero caseario del Veneto, una valorizzazione per il territorio, un modo per difendere la montagna. L’alpeggio è praticato pressoché in tutta la macro regione del Triveneto. Nei Monti della Lessinia e nel Monte Baldo i malgari producono l’omonimo formaggio (il primo fiore ed il normale); il Cansiglio è noto per le sue produzioni casearie biologiche; nel Grappa si producono il pregiato Bastardo, formaggio semigrasso dal sapore delicato e dolce con profumi erbacei e vegetali che invecchiando assume il sapore di piccante e sapido, il Morlacco, un formaggio molto particolare preparato secondo l’uso dei Morlacchi, un popolo nomade emigrato nel XIII secolo dal Mar Caspio: è formaggio prodotto con latte crudo, solitamente intero, a pasta morbida cotta con una occhiatura detta
coniuga con una economia tipica, tradizionale e biologicamente diversa, che crea pure un commercio del turismo e un antidoto contro i tentativi di globalizzare ed
“o c chio di pernice” ed ha un aroma tutto particolare. Una sfiziosità è il Morlacco “increà” coperto con l’argilla di Possagno e posto a stagionare sotto uno strato di sabbia. E poi la Caciotta, formaggio fresco prodotto con latte vaccino pastorizzato intero e caglio liquido,
con pasta molle dal sapore delicato e dolce, con sentori di erbaceo e vegetali. Nel Parco delle Dolomiti Bellunesi si produce un formaggio con latte vaccino intero, il Nostrano grasso e semigrasso che nell’Agordino viene chiamato “Ciasèl”, ed il Schiz, freschissimo, che si mangia cotto in padella con burro e sale. Speciale è il formaggio Pecorino prodotto con latte ovino di due razze autoctone: la pecora Alpagota e la Lamonese cresciute nei pascoli di altura e prodotti nelle malghe locali, una qualità peculiare preparata secondo ricette tramandate da generazioni. In Friuli Venezia Giulia, le malghe sono una componente importante che caratterizzano il paesaggio culturale delle montagne della Carnia, del Canal di Ferro, della Val Canale e del Gemonese e sono la testimonianza di un passato fatto di un duro lavoro e sacrificio. In queste malghe si producono tante qualità di formaggi preparati con latte vaccino o caprino, ricotte fresche ed affumicate, formaggelle e caciotte. Fra le particolarità ricordo il “Formadi frànt” che è un impasto fra formaggi diversi
le malghe...
sminuzzati del tipo “latteria” di diverse stagionature, sale, pepe, panna e latte. E poi il “cuincir”, formaggio cremoso di colore bianco dal caratteristico odore pungente, prodotto in Val Canale; il “Monte Re” formaggio di Monrupino, pasta color paglierino, con occhiatura piccola e dal caratteristico gusto del latte caprino, a volte leggermente piccante. Il formaggio prodotto sulle malghe del Trentino viene genericamente chiamato “Nostrano di Malga”. In realtà, ogni malga produce un suo formaggio con caratteristiche irripetibili. È quindi difficile fare delle classificazioni e questo vale per tutti i formaggi prodotti in tutte le malghe dell’intero Triveneto. Fra i tanti prodotti nelle Valli di Fiemme e Fassa, i più apprezzati sono i nostrani di malga “a crosta lavata” che vengono costantemente inumiditi con acqua salata che conferisce un caratteristico ed intenso aroma, mantenendoli consistentemente morbidi nonostante una lunga stagionatura; il
nell’Alto Adige sono all’incirca 1.500 ed ognuna possiede un pezzo della natura più pura, verdi e ricchi pascoli in cui crescono allo stato brado pregiate qualità di mucche da latte
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“Puzzone di Moena” il “Caprino di Cavalese”, la “Tosela” di Primiero e i “nostrani al miele” tutti con il sapore di malga. Nelle malghe della Val di Sole e della Val di Non, si produce un formaggio prodotto con latte intero di una sola mungitura, a pasta morbida e di forma più piccola del nostrano, con un peso di circa 3 Kg. A Storo si produce un altro famoso e ricercato formaggio: il Bagoss, formaggio a pasta dura e a lunga stagionatura. In diverse zone del Trentino vengono prodotti anche formaggi di capra: i “Caprini di malga” ottenuti con il latte di due mungiture ed ha la forma di formaggelle che possono essere molto diverse fra di loro. Il più famoso è comunque il Vezzena prodotto sull’altopiano del Vezzena, di Lavarone e Folgaria che ha le caratteristiche di quello precedentemente descritto. Nell’Alto Adige le malghe sono all’incirca 1.500 ed ognuna possiede un pezzo
della natura più pura, verdi e ricchi pascoli in cui crescono allo stato brado pregiate qualità di mucche da latte con il quale si produce formaggio che, secondo una antica tradizione, viene lavorato a mano ed esclusivamente partendo da latte allo stato naturale e senza aggiunta di componenti chimici. In qualche provincia del territorio triveneto, la tradizione dell’alpeggio che unisce l’attività di allevamento zootecnico e casearia, ha favorito la creazione di strutture agrituristiche di malga che forniscono anche servizi di ristorazione e pernottamento, oltre, naturalmente, di vendita diretta dei prodotti caseari. In questo modo i conduttori di questi alpeggi possono incrementare le loro entrate. Ciononostante, i malghesi andrebbero incoraggiati ed aiutati per la loro scelta di vita allo scopo di salvaguardare la qualità della lavorazione di tutti i prodotti preparati in maniera genuina ed artigianale.
{la rubrica di Elisa e Seba}
di Elisa Damian e Sebastiano Saviane - Ordine Cavalieri S. Martino (BL)
Natura e benessere
le erbe officinali LA SALVIA
Appartiene alla famiglia delle Lamiaceae, di cui fanno parte anche la menta, la melissa, il rosmarino. L’origine della stessa parola salvia deriva dal latino “salvus” che significa sano, salvo o dalla parola sempre latina “salus” che significa salute.
Proprietà: la salvia è considerata nella tradizione popolare un tonico generale con proprietà antidolorifiche, antisettiche e digestive. Impiego: I bagni fatti con le foglie di salvia macerate nell’acqua rinforzano i tessuti muscolari. Dei gargarismi con un decotto di salvia sono indicati per tonsilliti o infiammazioni della gola. Le foglie strofinate nei denti per renderli più bianchi. Avvertenze: Controindicate per persone nervose o persone che allattano. L’olio essenziale va somministrato in maniera corretta e non eccessiva in quanto può risultare tossico per il sistema nervoso. Infuso: L’infuso della salvia è utile per la digestione e la favorisce, combinata con camomilla o timo può esser un valido aiuto alle infezioni delle prime vie respiratorie.
LA MENTA PIPERITA
Appartiene alla famiglia delle Labiateae e ne esistono più di 600 varietà. I fiori della menta piperita sono piccoli, di colore roseo, violaceo, talvolta anche bianchi.
Proprietà: ricca di olio essenziale, di resine, di sostanze amare e digestive, è dissetante e rinfrescante, antifermentativa, antispasmodica e leggermente analgesica. Impiego: essicata sparsa sul cibo agevola la digestione; gli infusi di foglie e fiori sono ottimi rinfrescanti, dissetanti e digestivi. I gargarismi con l’infuso son utili per disinfettare la bocca. Avvertenze: non assumere dosi eccessive. Infuso: le foglie e i fiori vengono utilizzati per le proprietà spasmodiche, coleretiche e carminative, favorisce la digestione e sembra essere utile per sedare i dolori intestinali e evitare fermentazioni.
ricetta:
Orzotto alla salvia con prosecco Extra Dry Ingredienti per 4 persone: 200 gr di orzo, 1 cipolla di Troppa, 2 carote, 20 foglie di salvia sminuzzate, 1 bicchiere di prosecco extra dry, sale q.b., brodo vegetale q.b. Preparazione: Tagliare la cipolla e le carote a dadini, unire la salvia e fare imbiondire il tutto. Aggiungere l’orzo e farlo tostare, salarlo e bagnarlo con il bicchiere di prosecco extra dry; non lasciandolo totalmente evaporare, aggiungendo poco a poco il brodo vegetale fino a ultimare la cottura. Variante: mettere una tazza di acqua fredda, una bustina di zafferano che andrà aggiunta a metà cottura. Vini in abbinamento: prosecco extra dry.
Consigli dello chef: la qualità della salvia è quella a foglia larga in quanto si presta di più alle composizioni di piatti e risulta più digeribile
ricetta:
Insalata mista con pere e menta Ingredienti per 4 persone: 1 casco di lattuga, 4 carote, 150 gr di fagiolini lessi, 3 pere, 30 foglie di menta, olio, sale e pepe q.b. Preparazione: lessare i fagioli in acqua e bicarbonato, fatto ciò farli raffreddare e nel frattempo lavare l’insalata, pelare le pere e tagliarle a fette, pelare e tagliare le carote alla julienne. Prendere una terrina e unire i fagiolini, l’insalata strappata a mano, le carote, le pere e le foglie finemente tritate; condire con olio sale e pepe. Variante: introdurre nell’insalata 3 yogurt alla pera, darà un gusto più estivo, ottimo quando si torna dalla spiaggia.
Consigli dello chef: la qualità di menta per fare da mangiare è quella crespa in quanto ha un gusto più tonico e meno forte della sorella piperita più indicata per infusi . 23
{le confraternite associate all’ucet} Unione Circoli Enogastronomici del Triveneto (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige)
Torchiato di Fregona
Confraternita dei Dogi Riviera del Brenta (Venezia)
eletto vino Dogale 2011 d e l l a C o m fr at e r n i t a I Dogi
Via Miranese, 21 Mira (VE) Tel. 041 23272
Quasi duecento commensali presenti fra ospiti e rappresentanti delle Confraternite UCET alla tradizionale “Festa Dogale” organizzata dalla Confraternita dei Dogi della Riviera del Brenta. Sede della Festa è il rinomato ristorante “La Rosina” nella città murata di Marostica, posto sulle prime rampe verso l’Altopiano di Asiago. Una magnifica giornata condotta con maestria e sapienza dal Gran Maestro Giovanni Pavan che ci accompagna in un percorso di degustazioni, iniziato a mezza mattina con “puìna e casia, sopressa, cicioi e melata e vin Serpino”, di conoscenza del territorio con la Conferenza sulla “Ciliegia di Marostica i.g.p.”, e prima del pranzo, il piatto di benvenuto “Risi e bis col vino Tai bianco” e, naturalmente, di amicizia con l’incontro di tanti confratelli che condividono questa cultura. Il pranzo non poteva che essere una esaltazione di profumi e sapori con i prodotti originali del marchio vicentino e veneto, finemente
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preparati dagli chef del rinomato ristorante: asparagi rosa, bianchi e verdi preparati insieme a carpaccio, formaggio dell’altopiano di Asiago, trotine del Brenta, l’immancabile baccalà mantecato e alla vicentina con polenta, accostati al vino Tai Bianco, Vespaiolo, Palladio e dulcis in fundo, il dolce Putana con un austero “Torchiato di Fregona” da uve Prosecco, Verdiso e Boschera, della Azienda Agricola Tomasi Francesco di Fregona, che è stato eletto “Vino Dogale 2011”. Il Signor Tomasi, presente alla festa, è stato premiato con l’ambito “Copricapo Dogale” simbolo della Confraternita dei Dogi. Alla fine, un’ovazione generale è stata attribuita in primis ai Dogi organizzatori e poi ai camerieri per il servizio professionale in tavola, ai cuochi ed al titolare del rinomato ristorante ed ai sommelier del GET di Trieste, gentilmente prestatisi per l’occasione per l’amicizia che li unisce al Circolo ospitante.
{le confraternite associate all’ucet} Unione Circoli Enogastronomici del Triveneto (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige)
N at u r a e b e l l e z z e d e l l ’ A l t o Ad i g e F e s ta d e l l a C o n f r a t e r n i ta Enogastronomia Alto Adige di Bolzano
Circolo Enogastronomico
Alto Adige Bolzano (BZ)
Viale Amedeo duca d’Aosta, 46 39100 Bolzano Tel. e Fax 0471 281235 Cell. 347 712 3888 circoloenoaltoadige@yahoo.com
Diario di viaggio Un pullman carico di rappresentanti delle confraternite Ucet in viaggio verso il Tirolo.
romantica passeggiata ai bordi della lussureggiante collina tirolese.
Venerdì 27 maggio: incontro con il sindaco di Termeno dott. Werner Dissertori che ci dà il benvenuto con un corroborante calice di Gewurztraminer e ci illustra la realtà sociale, politica ed economica del territorio. Un intreccio di culture e tradizioni storiche in giusto equilibrio fra tedeschi, italiani e ladini che vivono in un territorio felice. Visita al museo etnografico della cittadina, ricco di reperti che documentano l’arte contadina ed artigiana di questa gente. Pranzo conviviale al ristorante Plattenhof a degustare le specialità gastronomiche: speck, ravioli pusteresi, canederli al formaggio di malga, canederli di speck, goulash, strudel e torta di mirtilli, il tutto accompagnato da vino Gewurztraminwer, Schiava e Lagrein. Un turbinìo di sapori e sensazioni piacevoli! Visita alla Cantina Terlan, una grande struttura in stile moderno con tecnologie avanzate, adagiata e ben integrata nel mezzo di un grande anfiteatro di vigneti. Cena e pernottamento al Tirolerhof di Tirolo. Tanti complimenti al titolare, il signor Walter Plaseller, per l’ospitalità, il servizio, la cortesia e disponibilità, la tipica e genuina cucina. Sabato 28 maggio: immersi nelle meraviglie dei giardini del Castello di Trauttmansdorff. Accompagnati da una guida che ci illustra le variopinte e lussureggianti fioriture, piante mediterranee, continentali ed esotiche che formano uno stupendo anfiteatro di boschi, giardini, terrazze, ruscelli e laghetti di piante acquatiche, con un corollario di paesaggi fiabeschi della valle e delle montagne innevate intorno a Merano. Pomeriggio dedicato alla visita del monumentale e storico Castello di Tirolo, raggiunto attraverso una
Domenica 29 maggio: Incontro con il Circolo Enogastronomico Alto Adige, ospiti della rinomata Distilleria Roner di Termeno. Nell’ampia terrazza della Azienda, il Circolo Alto Adige accoglie le numerose Confraternite convenute all’importante appuntamento che festeggia il 35° anniversario della loro fondazione con una ricca colazione di benvenuto di prodotti tipici come speck, insaccati contadini, formaggi di malga e i vini alto atesini. La Distilleria Roner è adagiata e ben integrata fra frutteti e vigneti soleggiati di Termeno; il titolare della rinomata azienda del signor Gunther Roner, mastro distillatore, ci accompagna in una visita guidata, soffermandosi fra alambicchi e caldaie e raccontare che da ben tre generazioni la sua famiglia si dedica alla produzione di pregiate grappe e distillati di frutta, usando i segreti dell’arte della distillazione tramandati da padre in figlio, in combinazione con procedimenti delicati e tecnologie moderne e la ricerca di materia prima fresca e selezionata. “Solo così – sostiene Gunther Roner – si ottengono prodotti eccezionali che si distinguono per la loro genuinità, naturalezza, morbidezza ed intensità dei profumi ed aromi che ben si prestano ad essere assaporati goccio per goccio per la gioia dei sensi”. Il pranzo conviviale, tipico e raffinato, in giusto accostamento con vini tirolesi, si è rivelato un insieme di piacevoli sensazioni organolettiche; una nota di distinzione la merita la “ zuppa di vino bianco di Terlano” e il “distillato di pera Williams, con frutto mignon” servita in chiusura del simposio e che ha preceduto il saluto finale del presidente del Circolo Alto Adige Luciano Peron con il tradizionale scambio dei doni con tutte le Confraternite convenute. Al presidente Luciano Peron e Segretario Giovanni Gottardo, e a tutti i collaboratori del Circolo, va il ringraziamento dell’Ucet per la collaborazione ed ospitalità ricevuta nei tre giorni trascorsi in Alto Adige e tanti complimenti per il bellissimo incontro.
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{le confraternite associate all’ucet} Unione Circoli Enogastronomici del Triveneto (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige)
F e s t a i n u n s o av e p a e s a g g i o c o n l’ I m p e r i a l C a s t e l l a n i a d i S u av i a
Imperial Castellania di Suavia Soave (Verona) Via Chiesa, 1 37038 Soave (VR) Tel. 045 7680017-7680147 Fax 045 7513079
Aldo Lorenzoni, Direttore del Consorzio Tutela Vini Soave, in un tratto del suo libro dal titolo “Un paesaggio Soave”- Ed. PeruzziMestrino (PD) - descrive così il territorio: “… c’è qualcosa di incantevole in queste colline; esse si saldano alla pianura con teneri raccordi, cosicché si direbbe che non v’è paesaggio, più, e meglio di questo, fatto per gli uomini, per le loro esigenze, le loro propensioni, il loro fare e il loro costruire. Paesaggio “veneto” in ogni caso, che trova qui, in questa collinarità, così fisicamente addolcita, il suo volto più felice…” Nel cuore di questo paesaggio, fra le torri dell’antico maniero di Soave, ogni terza domenica di maggio, si rinnova la cerimonia della investitura della Imperial Castellania di Suavia, la confraternita enoica consociata all’Ucet, composta da sole donne, che conferiscono gli ambiti titoli accademici di Castellane e di Spadarini a personaggi che si sono distinti nel mondo della cultura, dello spettacolo, della imprenditoria e della vita pubblica, i quali diventano messaggeri del biondo nettare di Soave, e si impegnano a promuovere l’immagine del territorio e dei suoi vini. Domenica 15 maggio, la Confraternita nata nel 1971 ha riproposto per la quarantesima volta la cerimonia delle investiture con la spettacolare presenza di ben 28 confraternite enogastronomiche del triveneto, di altre regioni italiane
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ed europee addobbate nei loro tipici paludamenti, con l’esibizione di figuranti, trombettieri, tamburini e sbandieratori in costumi medioevali, e la presentazione di personaggi di prestigio ai quali sono stati concessi i titoli di nuove Castellane e nuovi Spadarini, rievocando l’epoca dorata del Castello Scaligero di Soave, quando “la Castellana era la principessa Imperatrice d’Antiochia, moglie di Federico della Scala, la dama che, secondo una diffusa tradizione popolare, decretò di riconoscere i meriti e le virtù delle più illustri nobildonne e damigelle del tempo. Conferendo loro l’ambito titolo di “Castellana di Suavia”, le autorizzava a fregiarsi di una tracolla damascata, cui era appesa la chiave del Castello, simbolo del potere sulle terre di Suavia. Purtroppo Giove Pluvio ha impedito che la cerimonia si svolgesse nel suo luogo naturale fra le torri del castello; tutta la manifestazione si è trasferita quindi nella bella sede della Cantina di Soave “Borgo Rocca Sveva” situata in un caratteristico antico borgo ai piedi del Castello. L’Imperial Castellana AnnaLuisa Mancini ha consegnato la “Chiave delle Terre di Suavia” alle neo Castellane, la giornalista Camilla Nata, il Pro-Rettore dell’Università di Verona Bettina Campedelli, la Presidente della Proloco Regina Minchio, l’Assessore al Sociale Nazzarena Resi, l’olimpionica Sara Simeoni e la Vice Presidente delle Donne del Vino d’Italia Nadia Zenato. Invece lo “Spadino” a difesa delle Castellane è stato consegnato ai neo Spadarini, il fotografo Giò Martorana, il giornalista Stefano Lorenzetto, il Prof. Giovanni Pizzolo e l’Avv. Guariente Guarienti. Nel pranzo, ottimo, innaffiato dal prelibato vino Soave, sono state gustate prelibatezze del territorio e anche i “Suevi”, biscotti ideati da Lorenzo Simeoni in onore della Castellania, ideali da abbinare allo splendido Recioto di Soave D.O.C.G. Si è consolidata così più che mai tra botti e bottiglie la tradizione che lega la Donna al Vino Soave “atto a vellutar la morbida pellagione, gli eburnei seni e a conservar eterna giovinezza!”
Soave Superiore docg “Il Casale” annata 2009 3 bicchieri Gambero Rosso (Vini d’Italia 2011) Corona Touring Editore (Vini buoni d’Italia 2011)
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{le confraternite associate all’ucet} Unione Circoli Enogastronomici del Triveneto (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige)
Confraternita Enogastronomica Feltrina e delle Dolomiti “La Caminaza” Feltre (Belluno)
F e l t r e e P e dav e n a f r a a r t e e b i r r a Monastero dei Santi Vittore e C o r o n a - An z ù Il benvenuto | Il Giubileo | Le Investiture
Al Chiostro del Monastero giungono le delegazioni delle Confraternite. Sontuosa colazione di prodotti feltrini: pane casereccio, formaggio Piave vecchio e malga, insaccati di casa, radicchio Santa Giustina in agrodolce, minestrone di fagioli Lamon e vini di Casa Geretto
Via dei Tigli, 12 32035 Santa Cristina (BL) Tel. 0437 858072 Cell. 347 1508404 Fax 0437 857035 info@dalanugo.it
Santa Messa nella antica ed artistica Cattedrale dei Santi Protettori della Città di Feltre con l’Indulgenza Plenaria concessa dal Santo Padre Benedetto XV°
L’investitura dei due Nuovi Cavalieri della “Caminaza” Antonio e Flavio Geretto e foto di gruppo
28 .
Il Pranzo Conviviale alla “Birreria Pedavena” con il menù di Lionello: profumi e sapori nella tradizione del Parco Dolomiti
A P E RT O D A L L E 1 0 . 0 0 A L L E 0 2 . 0 0 • C H I U S O I L L U N E D Ì L U G L I O E A G O S T O S E M P R E A P E RT O • F E R I E 1 0 G I O R N I A D I N I Z I O N O V E M B R E
Cucina aperta:
D A L M A RT E D Ì A L V E N E R D Ì D A L L E 1 2 : 0 0 A L L E 1 5 : 0 0 E D A L L E 1 8 : 0 0 A L L E 2 4 : 0 0 S A B AT O E D O M E N I C A D A L L E 1 2 : 0 0 A L L E 2 4 : 0 0
Musica dal vivo:
T U T T I I G I O V E D Ì , V E N E R D Ì , S A B AT I E D O M E N I C H E
V I A L E V I T T O R I O V E N E T O , 7 6 • 3 2 0 3 4 P E D AV E N A ( B L ) T E L . 0 4 3 9 . 3 0 4 . 4 0 2 • FA X 0 4 3 9 . 3 0 4 . 6 6 3 • E M A I L L A B I R R E R I A @ L I B E R O . I T
{officina degli eventi}
Piccole Città Storiche del Veneto data
NOME / MANIFESTAZIONE
DESCRIZIONE
luogo
comune
Piazza Matteotti ore 21 Caorle ingresso libero
prov.
4 agosto
Miss Venezia
Sfilata di moda
4 agosto
Artigianando
Esposizione di prodotti dell'artigiana- Piazzale Dolomiti TAI to artistico del Piemonte Lombardia dalle ore 09.00 alle ore Veneto Friuli 19.00
Pieve di Cadore
BL
5 agosto
Festa sull'aia
Rassegna di trattori d'epoca. Manifestazioni espositive collaterali e stand Aeroporto di Montagastronomico con degustazioni di gnana -Zona Palù prodotti tipici locali
Montagnana
PD
07 agosto
San Gaetano
Festa religiosa, folkloristica e ricreativa con giochi e maestoso spettacolo pirotecnico finale
Zona commerciale di Via Eridania tra Occhiobello/S.Ma ria Maddalena
Occhiobello
RO
5 - 7 agosto
Sagra della Valcalda
Tradizionale sagra paesana
Loc. Valcalda
Recoaro Terme
VI
8, 9, 10 agosto
musica e ballo mercatini e Sagra di San Lorenzo Giochi, stand enogastronomici
Sottocastello
Pieve di Cadore
BL
12 - 17 agosto
Sagra di San Rocco
Zona Impianti Sportivi Mirano - Frazione Campocroce
VE
14 agosto
“...Il Castello Societa Rocca di Monselice orsussurra...i fantasmi la visite guidate notturne con degli amanti carraresi ganizza percorso sonoro tra leggenda e realtà”
Castello di Monselice. Ore: 21.30. Posti limitati, Monselice prenotazione consigliata. Tel.: 0429 72931
PD
14 - 15 agosto
Festa dell'acqua
Vie del Centro, tutto il giorno
VI
Tradizionale festa con rievocazione dei fasti del termalismo
Recoaro Terme
18a edizione del Minipalio sabato 20 e 29a edizione del Palio dei Cento domenica 21 - Serie di gare tra le dieci Agordo centro - "BROI" Agordo contrade della città
20 e 21 agosto Palio dei Cento 21 agosto
Festa Patronale
Mercato dell’antiquariato
Mercatino compra e vendi
Lungolago Riva Cornicello
Bardolino
VE
BL VR
Festa dedicata al mondo dell'agricoldal 26 agosto Festa e del- tura con mercatini, stand gastronomi- Noale - Centro Storico Noale al 4 settembre dell’agricoltura la famiglia contadina ci, musica, eventi a tema
VE
dal 26 agosto 18a Festa al 5 settembre dell'Agricoltura
VE
Folklore
Area impianti Sportivi
Mirano
27 agosto
Caccia al tesoro e Spriz Party
Caccia al tesoro a squadre, spriz party impianti sportivi di via Carbonara di e musica S. Giovanni Battista Rovolon
PD
28 agosto
Raduno dei "VECI DEL CADORE"
Raduno degli Alpini per commemorare il 57^ anniversario della ricostritu- Piazza Tiziano zione delBTG Alpini Pieve di Cadore
Pieve di Cadore
BL
28 agosto
Fiera degli uccelli e degli animali da cortile
A cura di Pro Loco Montebelluna
Montebelluna
TV
Parco Manin e Piazze del Centro dalle ore 5,00 alle ore 13,00
* il presente elenco è un riassuntivo di tutte le reali manifestazioni disponibili, stillato operando anche una selezione per data rispetto all’uscita di questa rivista. L’elenco completo ed aggiornato, anche per i mesi successivi, è consultabile su www.piccolecittastoriche.it
{eventi}
Mellame e Arsiè
Paesi che vai, tradizioni che trovi
M
ellame è una piccola Frazione del Comune di Arsiè (BL), posta sopra una altura di oltre 450 metri, incastonata nel mezzo delle Dolomiti Feltrine, fra prati e boschi, una natura lussuriosa, verdeggiante ed incontaminata con suggestivi sentieri che conducono alle malghe di alta montagna. Gli abitanti che ci vivono nelle tipiche case di pietra rossastra raccolte attorno alla Chiesa di San Martino sono 250, ma una volta se ne contavano tre volte di più, costretti poi a migrare in Sudamerica e nelle grandi città di pianura in cerca di occupazione, perché l’agricoltura, l’allevamento e i lavori artigianali non erano sufficienti per vivere. In questo suggestivo borgo è nata l’associazione “Casèl de Melam”, all’insegna della promozione e dei momenti di aggregazione. Come ci spiega il suo presidente, Faustino Mores, l’associazione
ha lo scopo di tenere vive le vecchie tradizioni del territorio e mantenere un legame con le famiglie dei migranti che conservano atavici ricordi dei luoghi di origine. “Il “Casèl de Melam” – racconta Mores - è la vecchia latteria turnaria, unica testimonianza storica rimasta nella piccola frazione, dove abbiamo allestito il Museo dell’Arte Casearia, il primo del territorio arsedese; è una testimonianza di quando l’agricoltura e l’allevamento erano elementi di sostegno per le famiglie. Vogliamo addirittura avviare una piccola attività artigianale, con il contributo degli studenti dell’Istituto Agrario di Feltre, e tornare a “far formai al casèl”. Ci stiamo inoltre proponendo come esempio di gastronomia tipica ed originale del territorio assieme alla “Strada dei Formaggi e dei Sapori delle Dolomiti Bellunesi” con cui siamo associati”. Con queste prospettive gli amici del Casel de Melam e la comunità locale organizzano importanti appuntamenti che richiamano migliaia di persone dalla Valbelluna, dal Feltrino e dal territorio del Grappa e tanti emigranti che qui vengono a trascorrere le loro vacanze. La Festa di San Lucio (12-16-17-23-24 LUGLIO) Patrono dei Casari e dei formaggiari, propone dimostrazioni sulla produzione di formaggi, mostre, sfilate con antichi costumi, degustazione di formaggi del Casèl e delle Malghe e di prodotti tipici del Parco delle Dolomiti, concorsi di pittura e concerti musicali.
Un avvenimento culturale e di festa paesana da gustare per intero, fra le vie del piccolo e suggestivo borgo di Melame. Gli amici del Casèl de Melam saranno presenti alla 345^ FIERA DELLE ANIME ad Arsiè, che ricorre nella terza domenica di ottobre. La Festa-Fiera delle Anime, venne ufficializzata con bolla del Papa Alessandro VII il 15 ottobre 1666 e da allora ogni anno si svolge ad Arsiè. Fino ad un recente passato coincideva con la chiusura dell’alpeggio e divenne la data del più grande mercato del territorio con il commercio e baratto di prodotti agricoli, artigianali, alimenti alpestri, di animali e vestiario. L’associazione Casèl de Melan sarà presente il sabato sera per proporre “El Pendolon” una antica, gustosa e ricercata ricetta della frazione di Mellame; è la riscoperta di un tipico cibo dagli antichi sapori che una volta i contadini consumavano nel periodo invernale e che si portavano appresso durante gli alpeggi. Una polenta che ha come ingredienti principali le patate di Cesio, lardo di maiale macinato, prezzemolo tritato, e che si accosta alla salsiciotta arrotolata di Arsiè e vino rosso corposo. Il sapore del “Pendolon” deriva soprattutto dalla qualità della patata di Cesiomaggiore, molto ricercata per la sua bontà, genuinità e salubrità, che in questo caso viene coltivata dall’AZIENDA AGRICOLA ZANOLLA ARDUINO che sarà presente il 15 ottobre alla manifestazione.
AZIENDA AGRICOLA
ZANOLLA ARDUINO
Appuntamenti e tradizioni da conservare che arricchiscono la nostra Regione che ha un particolare rapporto con il passato.
MarSiai di Cesiomaggiore (BL)
cuore del Parco delle Dolomiti, che coltiva i terreni con metodo tradizionale, tanti prodotti orticoli e frutta stagionali, venduti direttamente in Azienda
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