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Buste paga “fantasma”: così una cooperativ

ome far “sparire” 78 mila euro in un solo giorno da una cooperativa, oltretutto senza fini di lucro? Il “gioco” non è difficile. Secondo quanto abbiamo scoperto con una nostra inchiesta giornalistica, la cooperativa con sede a Pomezia, che presta servizio nel settore dei rifiuti, avrebbe messo in piedi un “giochino” che avrebbe consentito di far “dissolvere” in un solo giorno ben 78 mila euro, centesimo più, centesimo meno. Ma ecco cosa è successo. La richiesta di dimissioni

Nel dicembre del 2019, 78 dipendenti della cooperativa pometina vengono “invitati” da quello che almeno formalmente è un consulente esterno, ma che in realtà si interfaccia con il personale per qualsiasi tipo di problematica, a dimettersi. Il motivo è il passaggio a un’altra società del gruppo, che li assumerà dal giorno successivo alle dimissioni. Le date sono tassative.

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Dovranno andare al centro per l’impiego e presentare il licenziamento volontario con decorrenza 31 dicembre 2019. Il lavoro nelle nuove società (verranno infatti smistati in diverse cooperative) avrà come data di inizio il 1° gennaio 2020, anche se, effettivamente, i dipendenti inizieranno a prestare servizio il giorno seguente, dal momento che il 1° è festivo.

COSA E’ SUCCESSO

78 lavoratori di una cooperativa di Pomezia vengono ‘invitati’ a dimettersi entro il 31 dicembre 2019 per essere poi riassunti da un’altra società. Il nuovo lavoro inizia il 2 gennaio poiché il 1° è Festa: ma proprio per quel giorno vengono emesse buste paga (relative alla precedente azienda) anche fino a 3.000 euro. Soldi che però ai dipendenti non sono mai arrivati. Che fine hanno fatto?

La scoperta

I 78 dipendenti lavorano, ognuno per le proprie competenze, per tutto il 2020. Inizia il 2021 e, intorno alla fine di marzo, ricevono la Certificazione Unica (CU) relativa all’anno precedente da parte del nuovo datore di lavoro. Ma – sorpresa – quando si recano a fare la dichiarazione dei redditi, risulta anche un’altra Certificazione Unica. Si tratta della CU della cooperativa per la quale non lavorano più ormai dal 31 dicembre del 2019. Lo

Il licenziamento, che sarebbe dovuto partire dal 31 dicembre 2019, in realtà non è stato trasmesso per quella data all’INPS. Di conseguenza il1 gennaio 2020 i lavoratori, a loro insaputa, risultavano ancora dipendenti della precedente società stupore è enorme, pensano a uno sbaglio. Ma non è così. La “vecchia” cooperativa, infatti, che fa parte di un gruppo unico che muove i vari lavoratori, nonostante abbia spostato i dipendenti da un’altra parte a partire dal 1° gennaio 2020, chiedendo appositamente ai lavoratori di presentare le dimissioni con data 31 dicembre 2019, non ha comunicato all’Inps (e di conseguenza all’Agenzia delle Entrate) la fine del rapporto da quella data. La data inviata è stata invece quella del 2 gennaio 2020. Il 1° gennaio è così risultato come lavorativo per tutti e 78 i dipendenti, per i quali è stata fatta una busta paga, inviata all’epoca all’Inps ma mai ai lavoratori. Gli importi variavano a seconda delle persone. Chi poco più di 300 euro, chi addirittura 2.000. Una donna, oltretutto in maternità, si è ritrovata per un solo giorno

La cooperativa pometina, operante nel settore dei rifiuti, avrebbe messo in piedi un “giochino” per far dissolvere nel nulla quasi 80mila euro una busta paga di quasi 3 mila euro. Sempre a lei, per lo stesso mese, è stata fatta una busta paga relativa a un congedo di maternità di circa 4.500 euro. Peccato che la signora, come tutti gli altri, non abbia visto un solo centesimo. Le buste paghe più alte, tolte quelle della donna in maternità, sono state di un dipendente italiano part-time, che nella giornata di Capodanno avrebbe guadagnato 2.069 euro (ovviamente mai ricevuti) e di due dipendenti stranieri, che nella stessa giornata avrebbero guadagnato, anche loro senza mai percepirli veramente, 2.210 e 1.960 euro, seguiti da buste paga da 1.924 e 1.918 euro. Buste paga che nessuno ha mai visto e quindi mai contestato all’epoca dei fatti.

I lavoratori si sono ritrovati il 730 aumentato dopo aver ricevuto la Certificazione Unica relativa all’anno precedente: in alcuni casi hanno dovuto pagare anche il Fisco proprio perché la busta paga “fantasma” aveva fatto lievitare i loro redditi

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