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TOP UNIVERSITY
di Giulia Agresti e Margherita Arena
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Edusogno è una startup che aiuta gli studenti nell’orientamento e nel processo per entrare nelle più prestigiose università al mondo grazie a studenti ed ex studenti provenienti dalle migliori top universities. Il fondatore è Domenico, con cui abbiamo avuto il piacere di parlare, il quale è stato inserito da Forbes nella lista dei 100 under 30 più influenti d'Italia nel 2020; attualmente sta svolgendo un dottorato di ricerca all’Università di Oxford. Il suo percorso di studi è iniziato al Politecnico di Bari per poi trascorrere quasi un anno negli Stati Uniti frequentando il Massachusetts Institute of Technology e Harvard University, inoltre ha ottenuto un Master of Research all’Università di Cambridge e un Master of Science all’ETH Zürich.
Come è nata l’idea di Edusogno?
In realtà devo dire che è nata abbastanza a caso: nel 2019 mentre studiavo a Cambridge avevo la sensazione che mancassero informazioni soprattutto in Italia riguardo a queste tematiche, cioè come si faccia a studiare all’estero e a studiare in un’università prestigiosa. Me ne sono accorto proprio dalla mia esperienza personale: ogni volta che venivo in Italia passavo più tempo a spiegare ad amici e conoscenti come funzionasse l’università all’esterno di quanto ne passassi ad andare in giro spensierato. Ho pensato dunque di mettere su una startup che si occupasse di divulgare informazioni così da dare una strada ai ragazzi che magari non sanno bene quale direzione prendere. Sempre nel 2019 abbiamo creato questa piattaforma sui social e c’è stata una forte risposta da parte del pubblico. Il progetto è cresciuto, così abbiamo anche iniziato a prendere un po’ di ragazzi nel nostro team: ora siamo sei membri fissi e una ventina di tutor che ci aiutano con le lezioni, con il supporto degli studenti. Nel futuro continueremo a crescere, o almeno spero.
Hai studiato a Cambridge. Hai sempre voluto frequentare una Top University?
No, da piccolo non sapevo neanche fosse possibile andare a studiare all’estero, è una cosa che ho scoperto dopo. Infatti dopo aver frequentato un normalissimo liceo scientifico statale ho studiato alla triennale di Bari, la mia città d’origine, e all’epoca appunto non ero nemmeno a conoscenza delle opzioni delle università estere. Quindi no, sicuramente non è un sogno che mi porto dietro da sempre. Hai mai avuto dei ripensamenti? Università di Cambridge Io sono una persona che si scoccia abbastanza presto delle cose in generale, quindi se sto più di un tot di anni o mesi nello stesso posto mi stanco. Dopo aver passato gran parte della mia vita a Bari non ce la facevo più, nonostante la città mi piaccia tantissimo e tutti i miei amici siano a Bari. Sono sempre contentissimo di tornarci, però credo che dopo essermene andato ho imparato anche ad apprezzare le cose che avevo prima e a cui non facevo caso. Quando vivi sempre nello stesso posto vedi solo le cose negative, mentre in Inghilterra ad esempio mi è mancato moltissimo il risotto con patate e cozze.
Alcuni degli studenti del nostro liceo sono interessati a fare la domanda di ammissione a una Top University. Secondo te qual è la prima cosa da aver presente prima di intraprendere questo percorso?
Secondo me la prima cosa da tenere presente sono le date: per quanto uno possa essere bravo non può fare la domanda di ammissione se non rispetta la scadenza, ovvero entro quando va inviata la candidatura. Dopo aver capito la data da tenere in considerazione devi iniziare a lavorare con la prospettiva di capire quanto tempo ti serve per preparare il test di ingresso, il personal statement, i documenti e quanto altro. Serve una buona pianificazione (che se vogliamo è anche l’aspetto più facile), per cui è necessario avere la testa sulle spalle. Dopodiché c’è la costruzione di un curriculum in cui inserire le proprie competenze. Andare a studiare al MIT non è la stessa cosa di andare al Politecnico di Milano: c’è una richiesta molto più alta e ci sono molti più concorrenti, perciò entrare è molto più difficile. Nelle top universities inoltre oltre al voto contano anche le esperienze extracurricolari che uno ha fatto.
Qual è secondo te la maggiore differenza tra un’università italiana e una estera?
Questa è una bella domanda. Innanzitutto i soldi. Questa sicuramente è una differenza enorme: si parla di endownment, cioè di patrimonio dell’università, ad esempio Stanford ha un endowment di 15 miliardi di dollari. Ovviamente questo patrimonio dà un margine di manovra estremamente ampio: se uno studente del MIT deve comprare una high speed camera (una telecamera per fare riprese ad alta frequenza che costa 60-80 mila dollari) per svolgere un esperimento lo può fare senza troppi problemi. Ricordo che quando studiavo al MIT vidi due signori entrare con un trolley - erano vestiti con giacca e cravatta e sembravano usciti fuori da
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Man in Black - aprire un trolley con dentro un apparecchio che costa intorno ai 100 mila dollari: un’università che ha un budget molta alto schiocca le dita e compra quello che vuole. Nelle università italiane per fare una cosa del genere devi andare a pregare il rettore, il quale dice di no perché quei soldi magari servono per riparare il parcheggio. Quindi sicuramente è come prima cosa una questione di soldi. Poi c’è un discorso di attrazione del capitale umano, ovvero il MIT ha la fila dei giovani più brillanti della terra che vogliono laurearsi lì perché sanno che troveranno l’environment giusto: tutte le persone che stanno lì sono di altissimo livello, tanto che i ragazzi sono estremamente stimolati. Ripeto, io ho fatto la triennale a Bari, università in cui mi sono trovato benissimo, ma il tipo di tessuto sociale è completamente diverso.
Secondo te la Brexit influenzerà o ha influenzato le domande di ammissione o comunque la capacità per uno studente europeo di entrare?
Sicuramente c’è stato un impatto fortissimo che non so fino a quando durerà. Forse in futuro le università riusciranno ad abbassare i prezzi, ma dubito che torneranno ai livelli europei di prima. L’Inghilterra continua ad essere la meta di studenti da tutto il mondo e prima noi Europei eravamo gli unici a pagare tasse più basse. Infatti il rate europeo era uguale a quello inglese, diverso invece dal rate overseas, che aumenta del 200-225%. Tutti i paesi fuori dall’UE già pagavano il rate overseas, quindi non credo ci sarà un grande calo di domande di ammissione. Non so come la situazione si svilupperà in futuro: potrebbero esserci comunque degli aggiornamenti e magari il prezzo non rimarrà così alto ad oltranza.
Secondo te è conveniente frequentare una top university all’estero se una persona ha intenzione di lavorare in Italia?
A mio avviso è un’esperienza di arricchimento culturale che prescinde da tutto, per esempio Mario Draghi ha fatto il PHD al MIT e adesso lavorerà in Italia. È chiaro che per un ragazzo che vuole andare a lavorare all’estero, o negli Stati Uniti, diventa un po’ un must perseguire un titolo di studi in altri paesi. Anche a me per esempio piacerebbe tornare in un futuro in Italia, sono un fan del lifestyle italiano, ma non ti toglie nulla studiare in un altro paese, anzi amplia i tuoi orizzonti. Io se fossi americano andrei sicuramente a studiare o a fare un master in Europa. Secondo me è una cosa che prescinde anche dalla qualità dell’università - ovviamente è meglio se si tratta di una top university - ma è un’esperienza incredibile.
Uno dei punti più complicati, almeno per gli Italiani, per entrare nelle top university è la lingua. Quali sono i tuoi consigli per arrivare ad un livello alto di Inglese?
La cosa importante da sapere è che per andare a studiare all’estero non si deve avere un livello chissà quanto alto di Inglese: serve il C1. Io faccio sempre questo esempio: è un po’ come quando prendi la patente B: la patente la prendi, Università di Oxford
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prendi la patente B: la patente la prendi, ma sei scarsissimo a guidare, stai tutto sulla destra, becchi tutti gli specchietti e ti servono cinquanta manovre per parcheggiare. Ecco quello è il C1, fai ancora errori di grammatica e non ti vengono le parole, però riesci a sopravvivere. Quindi prendere il C1 non è così difficile: ovviamente bisogna applicarsi e studiare per l’esame, però è fattibilissimo a mio avviso. Tutti i ragazzi del liceo potrebbero prendere il C1 se a scuola si facesse più conversazione, però nella scuola italiana si fa “solo” letteratura e questo non aiuta.
La preparazione di uno studente liceale italiano è adeguata per poi continuare gli studi in una top university?
Secondo me sì, anzi i ragazzi italiani sono molto introspettivi, studiano molte materie classiche, come lingue classiche o filosofia, che comunque ci aiutano molto, materie che negli Stati Uniti sono inimmaginabili (forse un alunno può decidere di fare storia un anno, a piacere, e studia il Boston Tea Party e poco altro, ma non sanno niente di storia e filosofia è un elective). Sicuramente a livello di background umanistico noi siamo molto più preparati della media. A livello di hard skills, come matematica, invece no, e siamo particolarmente scarsi in computer science. Quindi per i ragazzi che vogliono fare STEM, come me (io sono un ingegnere aerospaziale, sto facendo un dottorato di ricerca in questo campo) è un po’ più complicato. Alla fine però sono tutte cose che si possono recuperare e studiare da soli: diciamo che la scuola è un po’ una scusa, ora con internet scrivendo “come programmare in Python” si trovano già molti corsi. Quali sono i requisiti fondamentali per riuscire ad entrare in una top university?Dipende da cosa si vuole studiare e cosa interessa. Per esempio se si vuole fare international relations forse è importante fare volontariato, se invece vuoi fare aerospace engineering è più importante fare le Olimpiadi di Matematica. In linea di massima un buon insieme di skills tecniche, ovvero essere bravi nelle materie che poi ti serviranno nel campo di studi, e di attività extracurricolari, che possono essere sport, volontariato, attivismo politico, associazionismo, la partecipazione a summer schools e qualsiasi cosa che arricchisce il curriculum. È chiaro che all’interno di ciascuna di queste cose che ho detto ci sono vari livelli: tra un ragazzo che fa volontariato nella parrocchia dietro casa, con tutto il rispetto, e uno che diventa, dico una cosa a caso, responsabile under 18 del WWF, è ovvio che l’ultimo abbia più rilievo.
Ci sono aspetti negativi nello studiare all’estero?
Sì, in generale vivere all’estero non è che sia una passeggiata di salute, nel senso che stai uscendo dalla tua zona comfort: 9 su 10 ti trovi in un posto in cui fa freddo, si mangia male e alla gente non importa delle persone che la circondano. Ci sono tantissime cose che sono difficili da superare, però ho anche questa sensazione: se sono troppo tranquillo o rilassato vuol dire che sto sbagliando qualcosa; se sei troppo nella tua zona comfort, nel tepore del letto di casa tua, vuol dire che non stai crescendo. Per crescere bisogna comunque trovarsi in una situazione in cui ci sia un po' di pepe, senza sapere con certezza che cosa succederà, così da sperimentare qualcosa di nuovo e poter dire proprio: “sto crescendo”.