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STORIA DI PAROLE

S!ria di parole

di Sarrie Patozi e Marta Suppa

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La lingua italiana possiede un numero enorme di vocaboli di cui quotidianamente facciamo esperienza. Che sia per scrivere, che sia per parlare l’uomo deve necessariamente usufruirne. Eppure, non sempre siamo a conoscenza dell’origine e dell’etimologia dei termini che gradualmente sono entrati a far parte del nostro lessico. In questo articolo andremo ad analizzare alcuni dei saluti italiani, così comuni ma al tempo stesso poco conosciuti: ciao, ehi, salve e buongiorno. Ciao: è un termine veneziano entrato nella lingua italiana solo nel corso del Novecento. Deriva da s'ciao, dal tardo latino sclavus, traducibile come "(sono suo/vostro) schiavo". Si trattava di un saluto reverenziale, attestato anche nelle commedie di Carlo Goldoni. Ne La Locandiera, ad esempio, si può leggere del Cavaliere di Ripafratta che si congeda dalla scena con “amici, vi sono schiavo”.In seguito, a partire dall'Ottocento s’ciao si diffuse come saluto informale in Lombardia: qui subì quella mutazione fonetica che lo portò ad assumere la forma che oggi conosciamo, ciao. Sarà poi questa forma a diffondersi per tutta la penisola. Cominciò poi a penetrare anche nella lingua italiana, tanto che nel Dizionario della lingua italiana Tommaseo scriveva che persino i Fiorentini incominciassero ad utilizzare tale formula.Se si fa attenzione si può addirittura notare che il ciao coesiste con altre forme marcate diastraticamente: ciau, cià, cià-ciao. Ehi: è un’esclamazione ripresa direttamente dall’inglese “hey”. Talvolta scritto in modo erroneo senza “h” (“ei”), che invece non si può omettere. Originariamente era usata per attirare l’attenzione di qualcuno in tono di confidenziale saluto ma anche in modo poco educato, ora è diventato un saluto comune tra i giovani. Lo si usa sovente anche per rispondere al saluto di una persona familiare e con la quale, ad ogni modo, si ha un rapporto stretto. Può essere rafforzato in ehilà. Buongiorno: è un saluto composto da “buon” e “giorno”. I termini hanno un'etimologia latina: “giorno” deriva dal tardo latino diŭrnum, dall’aggettivo diurnus, derivato di dies. “Buono” deriva dal latino “bonus”. Questa è una formula di saluto più formale di ciao. Può essere utilizzata all’inizio di un’interazione comunicativa, e talvolta si riscontra nelle formule miste come “ciao, buongiorno”. Questo termine si usa come saluto augurale al mattino o prima che sopraggiunga la sera: infatti, il momento della giornata in cui si passa da buongiorno a buonasera varia in senso diatopico. In Toscana, per esempio, ci si saluta con buonasera già dal primo pomeriggio, in Sardegna la buonasera si dà dopo aver consumato il pranzo, indipendentemente dall’ora. Un termine affine a quello sopra descritto è buondì che dovrebbe però essere rivolto a interlocutori coi quali si ha almeno un minimo di confidenza. Salve: deriva dal verbo latino salvere che vuol dire “essere in salute”. Traducendo letteralmente questo saluto dal latino, potremmo usare una formula come “salute a te”. Era spesso associata a vale, “addio” nella formula di commiato vale atque salve, “addio e stai bene”, mentre già nell'italiano rinascimentale si documentano casi che testimoniano la divisione delle due formule. Nel tempo la formula si è cristallizzata e il suo significato, quello di saluto, non contiene in sé alcuna formula di buon augurio, perdendo di fatto il legame etimologico. Lo si usa in qualsiasi momento del giorno, in apertura o in chiusura di conversazione.

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