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ARIA SOTTILE

Era l’impresa ritenuta impossibile da tutti. Ma l’8 maggio 1978, Reinhold e Peter Habeler compirono l’incredibile: arrivarono in vetta all’Everest alle condizioni prefissate, ovvero senza ossigeno. Era la prima volta nella storia. I due rimasero sulla vetta, a 8848 metri, per circa quindici minuti; tempo di scattarsi una foto, girare un breve video, esultare per l’impresa appena compiuta e lasciare in cima uno spezzone di corda ed una batteria scarica della cinepresa per dimostrare di essere arrivati fino a lì. Non erano certo uomini comuni; Reinhold Messner è, ad oggi, l’alpinista più famoso al mondo. È stato il primo uomo al mondo a scalare tutti i quattordici ottomila della Terra. Il primo, con Habeler, a conquistare l’Everest senza ossigeno. Il primo a salire su un ottomila in solitaria, il Nanga Parbat. È stato il primo a scalare l’Everest in solitaria, sempre senza ossigeno. Primo, con Hans Kammerlander, a realizzare un concatenamento di due ottomila: Gasherbrum I e II. Primo a superare il sesto grado di arrampicata. Ha effettuato oltre 100 spedizioni e 3.500 ascensioni, di cui circa 100 sono prime assolute. Il 10 aprile del 2010 ha ricevuto il Piolet d’Or alla carriera, considerato il massimo riconoscimento alpinistico a livello mondiale. Peter Habeler afferma, in un’intervista: “La difficoltà più grande di salire in cima all’Everest senza ossigeno era quella psicologica, perché non sapevamo cosa volesse dire, nessuno l’aveva mai fatto. Non sapevamo se saremmo sopravvissuti e ammesso che ce l’avessimo fatta, se saremmo riusciti a tornare giù. L’unica possibilità era andare e provare”. “Era tutto un grande interrogativo – racconta Habeler -, l’unica possibilità era andare e provare. Messner era un compagno molto forte, ci conoscevamo da tempo e questo era molto importante: lui conosceva me, io conoscevo lui e alla fine la fortuna è stata dalla nostra. Scalare con lui era assolutamente divertente”. “Ci dicevano che eravamo matti con tendenze suicide – ha ricordato in un’intervista Messner – con la nostra impresa abbiamo smentito la scienza, che sosteneva che oltre gli 8.500 metri fosse impossibile resistere, che saremmo di certo morti. Noi, invece, siamo saliti a quasi 8.900 metri, per poi scendere al campo base sani e salvi”. “Sapevamo che gli sherpa avevano raggiunto gli 8.000 metri senza ossigeno e che una spedizione svizzera negli anni ’50 era andata oltre il Colle sud. Alla fine si trattava di aggiungere altri 500 metri. Messner e io avevamo pensato che sarebbe stato possibile farlo con la luce, senza zaini, avendo fiducia in noi stessi e andando piano” ha ricordato Peter Habeler in occasione del conferimento del premio WOP per il suo contributo al mondo dell’alpinismo a Bilbao, nel 2018. “Prima di iniziare a scalare ero più spaventato, ma mentre guadagnavamo quota mi sembrava di scalare sulle Alpi. Non ho più pensato ai problemi di ossigeno e mi sono concentrato su ogni passo che facevo. Aspettavo il momento in cui sarei diventato un po’ pazzo, aspettavo, aspettavo, ma quel momento non è mai arrivato“.

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