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IL NOME DELLA ROSA

di Giovanni Cavalieri

Il nome della Rosa è un romanzo dello scrittore e accademico Umberto Eco, pubblicato nel 1980 e tradotto in più di quaranta lingue in tutto il mondo.

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TRAMA

Quando Adso da Melk, giovane monaco benedettino, e il suo maestro Guglielmo da Baskerville, frate francescano ed ex inquisitore, arrivano in un’abbazia sperduta nelle Alpi piemontesi, scoprono che è appena accaduto una disgrazia: un monaco è morto cadendo dalla finestra della biblioteca. Guglielmo, che è inizialmente venuto al monastero per gestire un incontro tra i Francescani e gli emissari del Papa di Avignone, Giovanni XXII, si dedica alle indagini. Da lì in poi si susseguono altri sei omicidi che, come il primo, ruotano intorno alla biblioteca del monastero, ricca di antichi manoscritti. Dall’altra parte l’inquisitore Bernardo Gui accusa ingiustamente degli omicidi due frati, per poi condannarli a morte. Tuttavia, sapendo che non sono loro i colpevoli, Guglielmo prosegue le indagini per conto suo, aiutato dall’allievo Adso, arrivando a un’incredibile scoperta sul colpevole e sul movente degli omicidi.

RECENSIONE

Possiamo considerare la biblioteca come la protagonista della storia: intorno a questa, infatti, ruotano le principali vicende del romanzo. In particolare i sette omicidi che avvengono nell’abbazia orbitano intorno al possesso di un libro, il secondo volume della Poetica di Aristotele, dedicato alla commedia e al riso. La ricerca del libro di Aristotele può essere vista come una metafora della ricerca della verità, a cui l’uomo ambisce, ma che non sempre riesce a raggiungere. Il romanzo è inoltre ambientato in un contesto storico perfettamente ricostruito, ossia quello del Trecento. L’anno in cui si svolge il romanzo, il 1327, è segnato dal trasferimento del Papa ad Avignone, in Francia. Tale evento porta poi a uno scontro tra il Regno di Francia e il Sacro Romano Impero, le due grandi potenze dell’epoca. E proprio in questo contesto sono inserite le vicende del romanzo, nel quale vengono presentati alcuni personaggi realmente esistiti, quali l’inquisitore Bernardo Gui; altri invece, come lo stesso frate Guglielmo e Adso, sono ispirati solo in parte a personaggi storici esistiti realmente. Il libro di Eco è un giallo entusiasmante, con una trama ben costruita e capace di immergere il lettore in un’atmosfera buia e tormentata, ma caratterizzata anche da un grande fermento culturale, in cui i monaci (gli intellettuali dell’epoca) conservano con avidità antichi manoscritti e discutono arditamente all’interno dei monasteri.

BORIS

di Giovanni G. Gori

“Boris” è una serie TV andata in onda dal 2007 al 2010 e sceneggiata da Mattia Torre, Luca Vendruscolo e Giacomo Ciarrapico.

Premessa: Come vi sarete sicuramente accorti leggendo sopra, questa recensione sarà molto atipica se paragonata alle precedenti, perché andrà a parlare di una serie televisiva e non di un film. L’augurio resta quello di stimolare in chi legge un pizzico di interesse su opere diverse, ma sempre profonde e originali. E questa sarà una recensione molto “italiana”…

TRAMA

Chi è Boris? Boris altri non è che l’inseparabile pesciolino rosso di René Ferretti (un Francesco Pannofino che definire impareggiabile è poco), il regista della Fiction “Gli occhi del cuore 2” . Sul set di Cinecittà arriva lo stagista Alessandro (Alessandro Tiberi), che si ritrova catapultato in un gruppo di attori e tecnici le cui debolezze, rappresentate con una comicità intelligente come poche, simboleggiano, in qualche modo, le debolezze dell’Italia e degli Italiani. Troviamo in primis il “Divo” Stanis La Rochelle (Pietro Sermonti), narcisista che si atteggia a grande attore hollywoodiano, e la “Star” Corinna Negri (Carolina Crescentini), definita da René “Cagna maledetta” perché priva di qualsiasi talento recitativo, che ha ottenuto la parte solo perché raccomandata dal potente capo della rete televisiva. Arianna (Caterina Guzzanti), la tirannica Foto da:https://www.themoviedb.org/tv/36189- assistente alla regia che in un tal qual senso è boris il vero capo, forse è l’unica che cerca di lavorare seriamente, mentre Biascica (Paolo Calabrese) e Duccio (Ninni Bruschetta), rispettivamente capo elettricista e direttore della fotografia non fanno altro che dormire o imprecare (e -nel caso di Duccio- anche sniffare cocaina), maltrattando continuamente il povero Lorenzo (Carlo De Ruggieri), soprannominato “lo Stagista schiavo”. In questa parodia del mondo della Fiction Italiana non possono mancare Itala (Roberta Fiorentini), la rozza segretaria di edizione, alcolizzata, ma anche lei protetta in alte sfere, Sergio (Alberto Di Stasio), il severo e tirchio produttore esecutivo e Diego Lopez (Antonio

Catania), il delegato di produzione, uomo furbo, opportunista e privo di qualsiasi etica. Tra i personaggi secondari, indimenticabile è Mariano Giusti, (un Corrado Guzzanti alla summa di se stesso, tanto che interpreta due ruoli diversi), attore instabile psicologicamente che creerà non pochi problemi ad Alessandro. Non si può non citare poi la magistrale idea dei tre sceneggiatori di prendersi in giro attraverso i loro alter ego sullo schermo, tre babbei che non fanno altro che gingillarsi e scrivere in sceneggiatura tutto ciò che passa loro per la testa “così, de botto, senza senso”.

RECENSIONE

Una serie geniale, che mostra con ironia i meccanismi della fiction italiana, che in quegli anni stava attraversando un vero periodo di boom nel pubblico televisivo nostrano. Lo stesso Sermonti si autocita, prendendo in giro il suo personaggio di “Un medico in famiglia”. E’ una “metatelevisione” che mostra il dietro le quinte di queste produzioni commerciali, dove la qualità artistica viene completamente trascurata, perché quello che conta sono solo gli ascolti e il tenere bassi i costi di produzione. “Boris”, soprattutto, guarda con occhio cinico e dissacrante, all’Italia e agli Italiani, tanto che, a distanza di più di dieci anni, moltissime frasi sono entrate a far parte del linguaggio comune degli abitanti dello Stivale. Gli esempi più eclatanti comprendono le varie ”espressioni” di René, come “Cagna maledetta” (in relazione a Corinna e alla sua “recitazione”), oppure l’incitazione agli attori a recitare “A CXXXO DI CANE!”, o ancora “DAI DAI DAI!”; poi alcune battute di Stanis: “Tu sei molto italiano” oppure “I toscani hanno devastato questo paese!”. Considerata oggi una delle serie più note e amate dal pubblico italiano, “Boris” inizialmente è stato un prodotto “di nicchia”, che solo negli anni successivi è diventato un cult. Le tre stagioni sono ora interamente disponibili su Netflix (per chi non avesse tale piattaforma, qualche episodio si trova completo anche su YouTube) ed è arrivata l’ora, per chi non l’ha vista, di guardarla; per chi invece l’ha già vista, di guardarla di nuovo. Sedetevi sul divano, prendete il telecomando e…usate gli occhi del cuore! DAI DAI DAI!!!

Foto da: https://movies.gamesource.it/boris-la-quarta-stagione-e-vicina/

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