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LA CASA MUSEO FORTUNY

di Marianna Bezzenghi

Da poche settimane a Venezia ha finalmente avuto l'opportunità di riaprire il museo Fortuny, la casa e atelier dell'eclettico artista Mariano Fortuny y Madraso, che destreggiandosi tra numerose discipline e sfaccettature dell'arte, è arrivato a distinguersi come uno degli stilisti e ideatori di tessuti preziosi più noti e talentuosi della prima metà del '900. Figlio d'arte, Mariano Fortuny nasce a Granada da madre Cecilia de Madrazo Garreta e padre Marià Fortuny i Marsal, già due tra i protagonisti dello scenario artistico-culturale spagnolo della fine del 1800. Rimasto orfano di padre a soli 3 anni, Mariano cresce tra Parigi e Venezia (dove approda nel 1889) assieme alla madre e frequenta i più distinti ambienti intellettuali e culturali delle due città, iniziando a coltivare fin da giovanissimo le numerose passioni tra le quali la pittura, la scultura, il collezionismo di vario genere, la scenografia e il design, tanto di elementi di illuminazione (le famose lampade e piantane “Fortuny”), quanto di vestiario, dedicandosi anche alla vera e propria manifattura dei tessuti, che potremmo considerare i pezzi più distinti dell'esposizione. Grazie alla moglie Henriette Negrin che, dedicandosi alla parte economica e manageriale del lavoro, ha trasformato l'arte del marito in una sorta di impero commerciale, i tessuti Fortuny sono arrivati a vestire alcune delle personalità femminili più rilevanti e signorili della prima metà del 1900, tra cui Eleonora Duse, Sarah Bernhardt e Isadora Duncan e il suo nome è diventato un vero vanto della moda. Tra le principali fonti di ispirazione del poliedrico personaggio, che facilmente traspaiono dalle opere di diversa natura che costellano il museo, vi sono il padre Marià, già egli artista, collezionista e stilista, il rivoluzionario compositore Wagner, l'ambiente della Grecia (luogo dove visse) e la statuaria Ellenistica in generale, nonché la cultura orientale e ultima, ma assolutamente non per importanza, la sua amata Spagna, a cui restò sempre molto legato e per la quale rivestì anche numerosi incarichi di ambasciatoria. Dopo una vita all'insegna della varietà e del colore (in senso letterale e figurato), dove penso che un giorno non si possa mai essere definito uguale all'altro, Fortuny morì a Venezia nel 1949 sempre nel suo amato Palazzo Pesaro Orfei, all'età di 78 anni. L'esposizione è stata allestita proprio all'interno di questa struttura situata in Campo San Beneto e si articola su due livelli: al piano terra troviamo i locali, ora totalmente spogli di mobilia, dove originariamente erano installati i macchinari per la produzione tessile, mentre al primo piano si apre tutt'oggi la successione dei saloni che costituivano lo studio o “atelier” creativo, in ciascuno dei quali sono esposti elementi di una specifica tipologia della sua produzione.

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dal percorso, sono invece esposti i modelli di abiti più iconici che egli realizzò in foggia di stilista, caratterizzati dalla tecnica da lui inventata della “plissettatura”. Essi consistono in una lunga tunica ispirata esplicitamente ai modelli e ai panneggi della statuaria ellenistica (che è chiamata infatti delphos), su cui sono state modellate delle “plissettature”, ovvero pieghe fitte e dinamiche. Il modello è inoltre abbinato a un lungo velo che avvolge sontuosamente e sensualmente la donna, anch'esso di ispirazione greca, che prende il nome di knossos. Nel salone a cui si accede direttamente dalla scala è stato mantenuto l'accogliente allestimento tipico di uno studio ampiamente frequentato, provvisto di numerosi divani, tappeti e modelli di vestiti che costituiscono un primo assaggio delle preziose stoffe che contraddistinguono l'artista, originali lampadari, moltissimi dipinti alle pareti (tutti di produzione propria) e pezzi da collezione in porcellana esposti un po' ovunque. Nella seconda sala indicata

La terza sala racchiude tutti i pezzi della sua produzione pittorica contraddistinti dall'influenza wagneriana, che rappresentano anche gli elementi più mistici e cupi delle collezioni.

Questa è poi seguita dallo studio di scultura, un luminoso ambiente dedicato principalmente all'attività di riproduzione di alcuni dei massimi capolavori di statuaria classica ma anche contemporanea. Attualmente vi sono raccolti modelli sia conclusi sia ancora in corso di studio imitanti opere riconoscibili anche da parte di occhi meno esperti: vi troviamo per esempio una miniatura di cavallo da monumento equestre o la testa del celebre David di Donatello.

L'ultimo ambiente del percorso, situato dalla parte opposta rispetto a queste sale, consiste infine in un “finto giardino d'inverno”, ovvero un salotto utilizzato dall'artista come privato circolo dove accogliere gli amici più stretti. Esso deve il nome alle pitture presenti su tutte le pareti (realizzate ovviamente dal proprietario in persona) che, attraverso l'illusione ottica del trompe l'oeil, ingannano, appunto, gli osservatori trasportandoli all'interno di un colonnato corinzio “alla Veronese” affacciato su un florido giardino immaginario popolato da figure allegoriche, animali esotici e creature mitologiche quali simpatici satiri. Con i suoi colori accesi e uno stile che oggigiorno definiremmo “jungle”, questo non è solo l'ambiente più particolare e impressionante della casa, ma probabilmente uno dei salotti più sopra le righe e ambiti dagli intellettuali di tutta Venezia.

Ai giorni nostri il genio di Fortuny non si è decisamente esaurito o sbiadito e, insieme all'eredità storico-artistica ammirabile all'interno del museo, il polytropos ci ha lasciato un vero e proprio stile di tessuti e vestiario prodotto livello industriale dall'omonima casa tessile.

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