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L’ecologia? a Parma ci pensano i giovani
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“Siamo solo dei ragazzi, le nostre proposte sono imperfette, i nostri progetti spesso utopistici. Ma secondo noi vale la pena di continuare a lavorarci. Che siano universitari, maturandi o bambini di asilo, proveremo a chiedere loro di immaginare, disegnare, creare, ideare un futuro migliore. Non perché ci consegnino sul momento una geniale soluzione funzionante, ma perché queste risposte comincino a volerle cercare”. In Borgo Tanzi 26 in mezzo al quartiere Oltretorrente di Parma abbiamo trovato ArtLab, un atelier in un palazzo abbandonato occupato durante uno sciopero generale nel 2011, dove oggi hanno sede vari progetti. Uno di questi è ecologia politica, nato da un gruppo di liceali per affrontare il problema ambientale. Li incontriamo davanti al portone e ci
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accompagnano nel giardino interno, ci mostrano le stanze, i murales, le cucine, il modo in cui si sono sistemati. Conoscono tutti gli abitanti del borgo, che siano bambini, famiglie o ragazzi, con ognuno scambiano un saluto. Veniamo accolti come se entrassimo in casa loro, e seduti insieme in mezzo al coloratissimo cortile, cominciano a raccontarsi. “Noi possiamo fare un tentativo, ma farsi ascoltare è sempre complicato. Alcuni psicologi parlano addirittura di “eco-ansia” ovvero dell’impressione che la questione ambientale sia qualcosa di terribilmente più grande di noi, indipendente dalla singola persona ma conseguenza diretta della somma dei comportamenti di un intero pianeta”. Sono un gruppo vario, di studenti tra i 14 e i 19 anni, guardandoli sembrano venire tutti da mondi diversi, e parlando con loro ci accorgiamo che ne sono ben consapevoli. C’è chi studia in un liceo classico, chi allo scientifico, chi al pedagogico e chi frequenta un istituto agrario o Itis. Anche le loro scelte per il futuro sono ben distribuite: tra facoltà di lettere, architettura, antropologia
e ovviamente, scienze ambientali. Una delle prime questioni su cui si discute è appunto quella della scuola, che ha un peso importante sulle idee e sui progetti che nascono tra i ragazzi, talvolta in modo involontario. Uno dei loro propositi per l’anno prossimo è proprio quello di entrare nelle classi “vorremmo iniziare a parlare di attualità, informare le generazioni nuove su tutto quello che accade, sui movimenti politici che esistono, sui temi dell’ecologia più discussi, consapevolizzare i nostri coetanei non solo sull’esistenza di problematiche che li riguardano, ma soprattutto sul fatto che saranno loro a essere chiamati a risolverle per cause naturali. Iniziamo da qui, perché ora noi entriamo a scuola, ma ci prepariamo un giorno anche ad uscirne”. Ma come presentare l’ecologia?
ArtLAb è un laboratorio di studenti dai 14 ai 19 anni: “Vogliamo parlare di ambiente da studenti agli studenti. Si deve partire da argomenti della città che li facciano sentire coinvolti”
Come conciliare un tema così delicato con la scuola, con i programmi ministeriali già fitti? Come essere credibili non solo davanti ai professori e agli adulti, ma soprattutto di fronte ai coetanei? “È importante che gli studenti si sentano partecipi e protagonisti – dicono -, che non vengano lasciati immobili davanti a tabelle e dati insignificanti, ma che si sentano toccati nella loro vita privata. Per questo è necessario focalizzarsi anche su problemi che sentono vicini. A Parma si può discutere della questione dell’aeroporto e del movimento No Cargo o della pulizia del nostro torrente”. Quindi partire dalla città? “Bisogna iniziare da questioni irrilevanti a livello nazionale -proseguono -, ma che risveglino negli abitanti del territorio un interesse e una nuova cura del proprio ambiente. Sappiamo bene che l’Ecologia non è una materia astratta, e non deve essere presentata come tale nelle scuole”. Insomma non basta un’assemblea, una lezione frontale o una presentazione powerpoint assegnata per casa? “Bisogna avviare progetti più grandi all’interno e all’esterno delle classi. Si deve prendere del tempo, lavorare in gruppo, abituarsi a cercare idee insieme. Si può trovare il coraggio di proporre progetti più grandi, che ricalchino gli interessi degli studenti delle varie scuole e indirizzi, per capire che l’ecologia si inserisce in ogni campo di studi e ognuno può portare ad essa il suo contributo in diverso modo. Questo la scuola non lo fa, non c’è un’intenzione nel risvegliare e valorizzare le passioni degli studenti”. Come si chiama il vostro gruppo? “Ci chiamiamo “ecologia politica” ed è la politica l’unico modo che abbiamo da ragazzi per intervenire sul nostro futuro. Non si parla solo di andare in Parlamento, o votare alle elezioni. La politica è il quotidiano: incontrarsi, partecipare, discutere, manifestare e interagire. Nel nostro piccolo cerchiamo di restare in contatto con altri ragazzi di altre città, abbiamo addirittura incontrato comunità e partecipato a numerosi festival, tra cui quello dell’Alta Felicità e il Climate Social Camp vicino a Torino”. E’ fondamentale fare gruppo per combattere certe battaglie? “Siamo coscienti dello scarso potere che ha il singolo individuo di fare grandi cambiamenti, ma è quando vediamo decine di migliaia di persone partecipare a questi festival e manifestazioni che capiamo che forse qualcosa si sta davvero muovendo”.