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Gli effetti psicologici della pandemia sui ragazzi. Intervista al dottor Fabio Vanni

Gli effetti psicologici della pandemia sui ragazzi

PICCO DI RICHIESTE DI AIUTO ALL’AUSL. TRA LE CONSEGUENZE: DEPRESSIONE, ANSIA, AGGRESSIVITÀ. LA SENSAZIONE “CHE NON FINISCA PIÙ” AUMENTA LO STATO DI DISAGIO GIOVANILE. COME INTERVENIRE PER AIUTARLI? NE PARLIAMO CON IL DR FABIO VANNI

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Un evento devastante, anche a livello psicologico. La pandemia sta mettendo a dura prova la nostra resilienza. Ha stravolto le abitudini quotidiane, ci ha reso vulnerabili, ha destabilizzato tutte le nostre certezze. Ha generato quella sensazione di perdita di controllo sulla propria vita che alcuni psicologi descrivono come “mancanza improvvisa di terra sotto i piedi”. Un effetto che sta investendo soprattutto i giovani, sicuramente i più fragili a livello mentale perché il Covid ha sconvolto uno degli aspetti fondamentali della crescita: le relazioni e la socializzazione. Non è un caso che le richieste di supporto psicologico agli adolescenti registrate dall’Ausl di Parma siano aumentate in modo esponenziale negli ultimi mesi. «La richiesta di accesso ai servizi pubblici dedicati ai giovani era già in aumento da cinque anni – spiega il dottor Fabio Vanni, referente del Centro Adolescenza e Giovane Età dell’Ausl di Parma –, ma da settembre 2020 abbiamo registrato un picco anomalo, mai visto prima in così breve tempo, generato chiaramente dalla pandemia in corso – aggiunge -, mi riferisco alla fascia di età preadolescenziale e adolescenziale, ma il trend riguarda anche i bambini più piccoli e i giovani fino a 25 anni».

Quali sono le principali conseguenze psicologiche sui ragazzi?

«Sono aumentati i casi non solo come numero ma anche come gravità. Si evidenziano in particolare: depressione, ansia del futuro, aggressività. Le conseguenze, in realtà, variano a seconda delle fasi. Nella prima ondata del marzo 2020, i ragazzi hanno imparato a riconoscere nella loro vita un’autorità che decideva cosa era consentito fare e non fare. È stato interessante notare come il loro approccio alle restrizioni fosse molto meno ribelle rispetto a quello degli adulti, attribuivano alle misure imposte un effetto protettivo più che limitativo. In emergenza, i ragazzi hanno recuperato le relazioni con gli amici grazie alla rete. In quel periodo, internet che prima significava per i genitori isolamento e motivo di conflitto con i figli si è trasformato in un’opportunità, l’unica forma possibile di socialità durante la giornata.»

Cosa è cambiato nel tempo, dopo la prima

Dottor Fabio Vanni referente del Centro Adolescenza e Giovane Età dell’Ausl di Parma

fase dell’epidemia?

«Nel tempo, è emerso in tutto il suo peso il bisogno insostituibile per un adolescente della relazione in presenza. Se la comunicazione virtuale in emergenza aveva rappresentato una via di fuga dall’isolamento dei lockdown, a lungo andare l’online non si è rivelato sufficiente, non può sostituire una vita sociale. L’accettazione iniziale si è trasformata in sofferenza.»

Come ha influito la didattica a distanza sulle relazioni degli adolescenti?

«Non dimentichiamo che la scuola rappresenta il palcoscenico principale della vita di un adolescente. Ma è anche vero che, dopo il lungo periodo trascorso a casa, il rientro in presenza non è stato facile per tutti. Si è innescato in molti un meccanismo psicologico di rifiuto, perché rivedere i compagni dopo mesi di distanza e riprendere il ritmo scolastico ha richiesto un riadattamento ad una normalità alla quale non erano più abituati. È un disagio che abbiamo affrontato nei colloqui psicologici, l’effetto è simile, moltiplicato per cento, a quello del rientro dalle vacanze: la ripresa delle relazioni ha generato in molti adolescenti ansia, all’improvviso è stato interrotto un ritmo di vita casalingo che significava abbandonare la stanza in cui ci si sentiva protetti, dove avevano costruito un loro equilibrio vitale, nella quale si erano rifugiati da un mondo sotto attacco. Il cosiddetto Hikikomori esiste anche a Parma, la chiusura sociale della pandemia ha inciso anche sull’aumento di questo

I CONSIGLI AI GENITORI

«Cercare il più possibile di aiutare a coltivare forme di socialità, anche se online. Non ostacolare forme di relazione in presenza, all’aperto ad esempio, uscire a fare una passeggiata è possibile, non deve essere negata. Incentivare tutto ciò che aiuta, sempre in sicurezza, a rivivere una normalità – consiglia il dr Vanni-. I ragazzi vedono e capiscono l’andamento dell’epidemia, gli adulti devono trasmettere loro la sensazione che stanno governando, in qualche modo, la situazione con razionalità. Ciò vale anche per i bambini piccoli, ai quali è stato sottratto il gioco come lo conoscevano prima, lo sport libero e condiviso. In molte situazioni hanno perso i nonni, assistono ad una fase mortifera dell’esistenza ed è quindi importante non sottovalutare la loro capacità di assorbimento di emozioni, frasi e comportamenti. Per evitare traumi, è consigliabile che le persone vicine a loro dimostrino di gestire la situazione, non bisogna drammatizzare ma relativizzare il pericolo. Il problema in questo momento è la sensazione, causata anche dalle varianti, che l’epidemia con le sue restrizioni “non finisca più”. Lo sforzo di resistenza che si chiede ai giovani inizia ad essere pesante da sopportare. Gli accessi ai servizi dell’Ausl stanno riguardando anche la fascia degli universitari per i quali gli studi rappresentano una conquista di autonomia fuori casa e si ritrovano invece intrappolati tra lezioni e relazioni a distanza, magari in città lontane in cui non hanno fatto nemmeno in tempo ad integrarsi. Sono anni importanti della loro vita che si vedono sottratti dalla pandemia». fenomeno.»

La chiusura delle scuole è quindi una causa di depressione giovanile?

«Ha significato mancanza di socialità in un’età che si nutre di relazioni. Anche nei sistemi misti, è sempre meglio ridurre i tempi di chiusura, meglio un giorno a casa ed uno in presenza rispetto ad una settimana sì ed una no.»

Il prolungarsi delle restrizioni sta facendo emergere reazioni di ribellione?

«No, prevale una reazione più depressiva, questa è una generazione che tende all’introversione, a mediare più che a protestare, non reagisce contro l’autorità. Accetta che le cose siano così, almeno finché appaiono sensate e gestite con coerenza. Però osservano: se le regole che vengono imposte loro sono smentite dal comportamento degli adulti, genitori o insegnanti, notano l’insensatezza del sistema, si pongono domande.»

Si può parlare di effetti psicologici long Covid per i giovani?

«Non si può dire quanto questa pandemia inciderà sulla mente dei giovani a lungo termine. Non esagero però nel dire che è una generazione che ha vissuto una guerra. Un bisogno di supporto psicologico c’è. C’è l’esigenza di raccontare il proprio stato d’animo, di dare un senso a quanto stanno vivendo. Se si tratta di un bisogno temporaneo solo il tempo potrà dirlo. Dipenderà anche da quanto questa epidemia si prolungherà e da quanto saremo in grado di affrontarla con lucidità. Per aiutare i ragazzi, si dovrà arrivare a raffinare i sistemi di protezione e trovare le soluzioni adeguate, così come è stato per la riapertura delle scuole».

di Rosaria Frisina

NOLEGGIO (CYCLETTE, CARROZZINE, LETTI) SANITARI (CALZE TERAPEUTICHE, CALZATURE FISIOLOGICHE, AEROSOL, TERMOFORI, SFIGMOMANOMETRI) ORTOPEDIA CON LABORATORIO (BUSTI, PLANTARI SU MISURA,TUTORI, COLLARI, GINOCCHIERE) PROFESSIONALE (ARREDO AMBULATORIALE, DIAGNOSTICI, MONOUSO, PRONTO SOCCORSO, FERRI CHIRURGICI) TERZA ETÀ (AUSILI INVALIDI, LETTI A MANOVELLA, LETTI ELETTRICI, CARROZZELLE, POLTRONE ELETTRICHE, DEAMBULATORI, STAMPELLE, CONVENZIONATO AUSL)

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