il libro dei segni

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Angelo Noce

il libro dei segni UNA DANZA NEL VUOTO COME SOFFIO DI VENTO

con un testo di paul klee


energie in transito COLLANA NUMERO 4

il libro dei segni

una danza nel vuoto come soffio di vento

ideazione e progetto grafico Gianluigi Tagliabue testo introduttivo Paul Klee fotografie Gianluigi Tagliabue in copertina Il libro dei segni, tavola xiv (part.)

© ilmonteanalogo / aprile 2016

info@ilmonteanalogo.com www.ilmonteanalogo.com

La fonte originaria di tutte le linee rimane la stessa — la forza. La collaborazione della forza con il materiale dato introduce nel materiale l’elemento vitale, che si esprime in tensioni. Le tensioni, a loro volta, esprimono l’aspetto interno dell’elemento ... Wassily Kandinsky “Punto linea superficie” - Adelphi 1968, p. 100


non forma, ma formazione di Paul Klee

Nemmeno qui, dunque, forma, ma formazione. Non forma come manifestazione ultima, ma forma in divenire, come genesi. Conoscerete forse tutti l’eccitante esperimento delle figure prodotte da un suono. Si cosparge di sabbia fine un foglio di legno o una lamina di metallo. Facendo scorrere un archetto di violino sul bordo del foglio o della lamina, questi entrano in vibrazione. Tale incentivo a vibrare è l’evento essenziale, giacché induce la materia (la sabbia) a disporsi secondo una certa ritmica articolazione oscillatoria. Si ha dunque, dapprima, un impulso alla vibrazione ovvero una volontà o bisogno di dinamismo, poi una conversione nell’accadimento materiale, e da ultimo la sua espressione visibile in una stratificazione nuova della materia. Noi siamo l’archetto, la volontà di estrinsecazione; mediatrice è la materia, le figure di sabbia sono il risultato formale. La connessione fondamentale è tra archetto (vibrazione) e materia. È come se la materia venisse fecondata e ottenesse poi, in forza di questo imperio, una sorta di vita propria. La sabbia è annesso, strato estrinseco, secondario. L’energia del creativo è ineffabile e in ultima analisi resta un mistero. Non è invece un mistero quel che ci ha scosso profondamente. Noi pure siamo carichi di questa energia, sin nelle particelle più sottili. Non ci è dato di esprimerne l’essenza, sì invece di attingere alla scaturigine, finché è possibile. Questa energia dobbiamo a ogni modo palesare nelle sue funzioni, così come essa si palesa a noi stessi. È probabile che in se stessa sia una forma della materia, ma non percettibile come tale con gli stessi sensi con i quali accediamo alle specie note della materia. E tuttavia deve potersi riconoscere in queste stesse. La sua funzione non può esercitarsi che in unione con esse.


Compenetrandosi con la materia, è forza che assume una forma reale e vivente. E la materia ne riceve la vita che le è propria, acquisendo quell’ordine che la pervade dalle infime particelle dei ritmi subordinati alle articolazioni superiori. Nelle particelle echeggia l’originario. Esse vibrano, dal loro darsi più semplice alle combinazioni delle loro strutturazioni più complesse. La necessità deve estrinsecarsi perentoria. L’arco non può conoscere pietà. Ogni estrinsecazione della funzione va fondata in modo necessario. Iniziale, intermedio e finale saranno allora connessi strettamente. E mai potrà farsi avanti alcunché di problematico, poiché l’una fase si commette necessariamente nell’altra. Ciò può raggiungersi solo per questa via, e non per tentativi casuali e meno che meno a posteriori, guardando ai risultati, ma a partire dal fondamento. Sarà così evitata ogni rigidità e l’intero processo del divenire potrà dispiegarsi senza soluzione di continuità. Dove ci sono lacune o grossolane discontinuità, là l’incongruenza emerge in varia forma, sempre però dandosi a riconoscere per tale. Forme morte. Stridori, gemiti, fratture, aborti. O quanto meno: sterilità, sordità, pura apparenza, esteriorità senza capo né coda. Cose negate alla crescita. Occhi che non vedono. L’antinatura della più bell’acqua. Estetismo, insomma, formalismo. All’opposto, ciò che poggia sul fondamento della vita è buono, qualora novità e conservazione si riconoscano l’una nell’altra. Non si pensi dunque alla forma, ma alla formazione. Attenersi alla via, alla connessione ininterrotta con la scaturigine ideale. È perciò necessario tendere la volontà di formazione sino a che parti e particelle ne siano compenetrate. Gradualmente, questa volontà va trasposta dal piccolo nel più grande, sforzandosi di realizzare la totalità, di tenere in mano il governo della forma, non deviando dal ductus creativo. Weimar, martedì 27 novembre 1923

[da: Paul Klee, Teoria della forma e della figurazione. Vol. II, Mimesis Edizioni, Milano 2011, pp. 43-67]


ANGELO NOCE, MIGRAZIONI, 1995 (diametro cm 72)


ANGELO NOCE, MIGRAZIONI, 1994 (cm 80x80)


i segni sono volo di uccelli di Angelo Noce

I segni sono volo di uccelli, pause, a volte morte. Tutti muoiono sulla terra, ma risveglia emozione la morte di chi possiede delle ali posate, urtate, sfracellate sulla terra. Dal volo degli uccelli il mio sogno riceve i suoi binari, lineari o bizzarri, solitari, di coppia, di gruppo. Che importanza ha il colore del cielo? Nebbie, nuvole, venti. Gli uccelli hanno precise direzioni, volteggiano calamitati da rotte di bussola (cosi ragguagliano noi umani). Sconosciute alla maggior parte degli uomini sono queste direzioni, ma non a tutti. Così i nostri segni. Intensità, tensione, strutture, dirette o indirette, conoscenza di geometrie, prospettiva di spazi. Densità, pause. Segni, come volo d’uccelli, irripetibili anche nella stessa specie. A volo libero destinato. Quale movimento è più convincente di un volo d’uccello? Il mio segno è un pretesto. Ma il pretesto è un concetto mentale. Il segno come io lo vivo è un atto profondo e inutile. Profondo perché fa e dà spazio a un impulso, cioè a qualcosa cui tacitamente chiede rivelazione, come appellarsi a un oracolo, silenziosamente, che sente e risponde a domande di cui conosciamo poi visivamente e linguisticamente risposte veicolate dal gesto e dall’accaduto. Pernottare in un tempo reale e simbolico dentro uno spazio reale e simbolico. E, contemporaneamente, glissare. Ogni opera è anche una deriva di qualcosa d’altro. [da: Ottave. Tracce essenziali nella ricerca di Angelo Noce, a cura di Gaetano Barbarisi, Multimedia, Salerno 1999, p. 60]


il libro dei segni Il segno suona il vuoto Il vuoto sogna il segno Non sono mai stato insensibile ai quaderni. Insopportabili quelli scolastici, richiamanti al giudizio della matita bicolore rossa e blu. Invece, quegli altri quaderni che mi contattavano solitari o con un gruppo di carte hanno odorato felicemente le mie narici in tutte le età della vita. Il Libro dei segni, come in seguito chiamai questo quaderno a me caro poi contaminato per mezzo di un pennello e dei colori, mi giunse attraverso le mani di Silvia, di ritorno dal Giappone alla fine degli anni Novanta, là ad apprendere la lingua, poi di ritorno dopo un lungo periodo di studio. Tutti noi siamo destinatari di piccole cose. Sono le piccole cose che dicono: portami là con le tue mani, così fece questo essere delicato e timido, rondine di poesia, che è Silvia. L’amica mi disse dell’uso religioso del quaderno, ma fu come un sussurro, breve giustappunto come un segno. Dai cassetti, per non so quale ragione, ho sempre privilegiato l’angolo. Così è rimasto per anni, il quaderno, in seguito Libro dei segni. L’aprivo, lo contattavo, o mi contattava, e poi si richiudeva. Finché un giorno, dopo quel lontano fine Novecento, io e il quaderno insieme ci aprimmo in un comune viaggio. Il vuoto cominciò a suonare attraverso la frizione della carta con il pennello e si fece segno. Nel mondo di una relativa libertà il mio pittogramma parlava di una danza nel vuoto, vibrato segno come soffio di vento.


[Le impressioni poetiche che affiancano in virtuosa risonanza le 19 tavole del Libro dei segni sono tratte da: AA.VV., Cento Haiku, a cura di Irene Iarocci, Ugo Guanda Editore, Parma 1987]


Utsukushiki Tako agari keri Kojiki-goya

Kobayashi Issa

Di rara bellezza, un aquilone si leva verso il cielo, dalla capanna del mendico [Cento haiku, p. 43]

IL LIBRO DEI SEGNI, TAVOLA I (cm 14x10)



Furu ike ya Kawazu tobikomu Mizu no oto

Matsuo BashŌ

Nello specchio antico d’acque morte s’immerge una rana. Risveglio d’acqua [Cento haiku, p. 50]

IL LIBRO DEI SEGNI, TAVOLA II (cm 17x10)



Kane kiete Hana no ka wa tsuku Yūbe kana

Matsuo BashŌ

Dilegua l’eco della campana del tempio; persiste la fragranza delicata dei fiori. Ed è sera — [Cento haiku, p. 53]

IL LIBRO DEI SEGNI, TAVOLA III (cm 16x11)



Yū-gasumi Omoeba hedatsu Mukashi kana

Takai KitŌ

Nebbie della sera. Assorto, il pensiero indugia sui ricordi indistinti di un tempo — [Cento haiku, p. 64]

IL LIBRO DEI SEGNI, TAVOLA IV (cm 15x9)



Samidare ya Okiagari taru Ne nashi gusa

Murakami KijŌ

Alla stagione delle piogge, leva il capo un’erba senza radici [Cento haiku, p. 97]

IL LIBRO DEI SEGNI, TAVOLA V (cm 14x10,5)



Botan ichiben ichiben no ugoki-tsutsu hiraki-tsutsu sugata totonou Ogiwara Seisensui Peonia, petalo a petalo palpiti, ti apri, ti ricomponi [Cento haiku, p. 101]

IL LIBRO DEI SEGNI, TAVOLA VI (cm 16x9)



Hakoniwa ni Byōyō ochite Ōinari

Tomiyasu Fūsei

Minuscolo, un fazzoletto di giardino: malata, vi cade, immensa, una foglia [Cento haiku, p. 111]

IL LIBRO DEI SEGNI, TAVOLA VII (cm 15,5x11)



Hata utsu ya Michi tou hito no Miezu narinu

Yosa Buson

E zappa — ormai lontano è dallo sguardo il passante in cerca della via [Cento haiku, p. 117]

IL LIBRO DEI SEGNI, TAVOLA VIII (cm 15,5x11)



Mono ieba Kuchibiru samushi Aki no kase

Matsuo BashŌ

Una parola uscita di bocca fredda le labbra, qual vento d’autunno [Cento haiku, p. 124]

IL LIBRO DEI SEGNI, TAVOLA IX (cm 18x12,5)



Yume samete Odoroku yami ya Aki no kure

Mizuhara ShūŌshi

Mi desta un sogno e mi sorprende il buio: — già tardo autunno! — [Cento haiku, p. 129]

IL LIBRO DEI SEGNI, TAVOLA X (cm 12x9)



Kare ichigo Ware ichigo Aki fukami kamo

Takahama KyŌshi

Lui - una parola, Io - una parola, e incalza l’autunno — [Cento haiku, p. 133]

IL LIBRO DEI SEGNI, TAVOLA XI (cm 13x9,5)



Meigetsu ya Tatami no ue ni Matsu no kage

Takarai Kikaku

È l’attesa notte di luna — ombre di pini, sul pavimento di tatami [Cento haiku, p. 137]

IL LIBRO DEI SEGNI, TAVOLA XII (cm 17x12)



Yama no tsuki Saete ochiba no Nioi kana

Akutagawa Ryūnosuke

Luminescente la luna sulla collina; profumo di foglie cadute — [Cento haiku, p. 141]

IL LIBRO DEI SEGNI, TAVOLA XIII (cm 10x7)



Tsuki no yuki Ao-ao yami o Some ni keri

Kawabata BĹŒsha

Livida neve, sotto la luna, colora di blu la tenebra notturna [Cento haiku, p. 144]

IL LIBRO DEI SEGNI, TAVOLA XIV (cm 10x8,5)



Fukiireshi Ki no ha ni koto no Sora ne kana

Kaya Shirao

Sibila il vento, tra le fronde degli alberi. La musica del koto raggiunge il cielo [Cento haiku, p. 145]

IL LIBRO DEI SEGNI, TAVOLA XV (cm 9x8)



Kimi matsu ya Mata kogarashi no Ame ni naru

Masaoka Shiki

Nell’attenderti mi tendo — Le violente raffiche di vento si mutan di nuovo in gelida pioggia [Cento haiku, p. 149]

IL LIBRO DEI SEGNI, TAVOLA XVI (cm 10x7,5)



Hiyu morotomo ShinkĹ? kiete Kare no no hi

Nakamura Kusatao

Spenti i valori e con essi la fede. Sole sulla brughiera [Cento haiku, p. 155]

IL LIBRO DEI SEGNI, TAVOLA XVII (cm 10,5x8,5)



Ushiro sugata no shigurete iku ka?

SantŌka

È la mia questa figura di spalle che se ne va nella pioggia? [Cento haiku, p. 159]

IL LIBRO DEI SEGNI, TAVOLA XVIII (cm 15x13,5)



Ido no kurasa ni waga kao o miidasu

Ozaki HĹŒsai

Nel buio di un pozzo ravviso il mio volto [Cento haiku, p. 165]

IL LIBRO DEI SEGNI, TAVOLA XIX (cm 21x14,5)



Angelo Noce

il libro dei segni UNA DANZA NEL VUOTO COME SOFFIO DI VENTO

energie in transito COLLANA NUMERO 4


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