verrà la morte

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Gianluigi Tagliabue

verrà la morte simulacri nel cimetière du Père-Lachaise di parigi

con un testo di jean baudrillard


energie in transito collana numero 3

verrà la morte

simulacri nel Cimetière du Père-Lachaise di Parigi

ideazione, progetto grafico e fotografie Gianluigi Tagliabue testo introduttivo Jean Baudrillard note tratte dal Libro tibetano dei morti (ed. a cura di Namkai Norbu, Roma 1983) in copertina

Cimetière du Père-Lachaise, 15 agosto 2008 ore 12:02:55 © ilmonteanalogo / febbraio 2016

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi questa morte che ci accompagna dal mattino alla sera, insonne, sorda, come un vecchio rimorso o un vizio assurdo. [...] Per tutti la morte ha uno sguardo. Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. Sarà come smettere un vizio, come vedere nello specchio riemergere un viso morto, come ascoltare un labbro chiuso. Scenderemo nel gorgo muti.

Cesare Pavese

info@ilmonteanalogo.com www.ilmonteanalogo.com

“Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”

[Poesia pubblicata postuma nel 1951]


Gli universi paralleli Testo introduttivo di Jean Baudrillard

La totalizzazione del mondo, questo avvento di una Realtà Integrale, lascia dietro di sé ogni sorta di funzioni inutili: il corpo, il sesso, la riproduzione, il linguaggio, la morte. Tutto ciò è inutile rispetto alle reti, alla clonazione, all’Intelligenza Artificiale. Il pensiero, il lavoro, il reale, svuotati della loro essenza dai loro prodotti di sostituzione, divengono vestigia o singolarità inutili. La morte stessa cessa di essere un evento, un destino individuale specifico. Diluita nel clone o in una sorta di coma mentale, essa scompare all’orizzonte biologico del corpo macchinistico. Ma forse la morte diviene con ciò una singolarità inalienabile, che assume tutta la sua forza come scommessa simbolica, come sfida, come forma pura della reversibilità? Forse tutte queste funzioni, mentre scompaiono all’orizzonte del reale, sono votate a perpetuarsi come universi paralleli, come singolarità autonome, completamente dissociate dall’universo dominante? Così, la vita stessa può divenire una sorta di universo parallelo, qualcosa di strano che ci capita mentre attendiamo ad altre cose. E anche l’Io, svuotato della sua identità, può imboccare le vie parallele del divenire. Le parole, svuotate del loro senso, si muovono su un’altra orbita, quella del linguaggio allo stato puro. Così si formano, a partire da ciò che è espulso dal reale, circolazioni silenziose d’ogni genere, vite doppie, eventi assenti, dimensioni trasversali. La nascita come crinale, linea di demarcazione tra due universi, l’Io e il non-io. E l’Io come unica eventualità che abbia preso corpo. Ma questa discriminazione non è così decisiva come si pensa, perché tutte le possibilità venute meno alla nascita corrono parallelamente all’Io, alla sola eventualità realizzata, e di tanto in tanto fanno incursione nella sua linea di vita. Sono alternative escluse che costituiscono l’alterità, e con ciò una delle forme del divenire - legata alla possibilità di ripassare la linea nell’altro senso, di superare questa linea di demarcazione verso l’altro, verso tutti gli altri - di divenire l’altro. Mentre l’Io identitario si accontenta di proseguire la sua storia all’interno di questa linea di vita, il gioco del destino implica che si superi questo existential divide.



Tali sono le due dimensioni parallele di ogni esistenza: quella della sua storia e del suo svolgimento visibile da una parte e, dall’altra, quella del suo divenire, trasfusione di forme verso questi universi paralleli, devoluzione, anamorfosi della volontà. Alla doppia vita corrisponde una doppia morte. Nell’una delle due vite, si può essere già morti, e probabilmente senza saperlo. A volte, è la morte che trascina l’essere vivente. Nei volti stessi, in molti casi, una parte è viva e l’altra è già morta. Una doppia vita dà diritto a due morti - e perché non a due passioni amorose simultanee? Finché restano parallele, tutto va bene. Il pericolo sorge quando interferiscono. Si può di tanto in tanto disertare la propria vita - una delle due - e rifugiarsi nell’altra. Quella dove si esiste e quella dove non si esiste. Là dove questa morte vivente non esiste, è la vita a prendere il suo posto. Proprio come colui che perde la sua ombra diviene ombra di se stesso. Tutti i problemi d’identità si scontrano con questa parallasse della morte - con questo asse parallelo della morte. Che è sempre e soltanto la scadenza fatale contemporanea all’esistenza, vissuta simultaneamente - e che quindi non ci attende al termine della vita, ma ci accompagna fedelmente e implacabilmente. Ma questo è solo un caso particolare nella distribuzione della vita e della morte. Si è morti ancora in vita - molteplici morti ci accompagnano, fantasmi non necessariamente ostili - e altri ancora, non abbastanza morti, non morti da un tempo sufficiente a formare un cadavere. In ogni modo, siamo già stati tutti morti prima di vivere, e ne siamo usciti vivi. Morti, lo siamo stati prima, e lo saremo dopo. Ci facciamo un mucchio di domande sul tempo del dopo morte, e paradossalmente nessuna sul tempo di prima della nascita. Morte e vita possono invertirsi in questa prospettiva. E ciò implica un’altra presenza della morte alla vita, perché c’è già stata prima - non soltanto un niente indeterminato, ma una morte determinata, personale - e non cessa di esistere e di farsi sentire con la nascita. La morte non e soltanto in sospeso nel futuro, come una spada di Damocle, è anche il nostro destino anteriore - si ha come una precessione della morte, che si coniuga con l’anticipazione della fine nello svolgimento stesso della vita.

[da: Jean Baudrillard, Il Patto di lucidità o l’intelligenza del Male, Raffaello Cortina Editore, Milano 2006, pp. 171-173]


Poiché giunta è la mia vita al suo termine e, solo, vago nello stato del Bardo, separato ormai dagli amici e dai parenti di questo mondo che più non possono accompagnarmi, possano allora i Grandi Compassionevoli con l’energia della loro compassione schiarire le fitte tenebre dell’oscura ignoranza. Il libro tibetano dei morti, p. 113

cimetière du Père-Lachaise, 8 agosto 2013 ore 08:47:56



Quando, separato dagli amici del cuore, vago in solitudine e da me spontaneamente appaiono le vacue forme, possa la paura dello spaventoso Bardo non manifestarsi per l’intervento del potere di compassione di tutti i Buddha. Il libro tibetano dei morti, p. 113

cimetière du Père-Lachaise, 8 agosto 2013 ore 08:42:51



Quando le Cinque Luci della Chiara Saggezza sorgono, possa io senza paura e terrore riconoscerle come mia stessa essenza. Il libro tibetano dei morti, p. 113

cimetière du Père-Lachaise, 8 agosto 2013 ore 09:55:37



Quando le divinitĂ pacifiche e feroci manifestano le loro forme, possa io con ferma fiducia, libero da paura, riconoscere lo stato del Bardo. Quando soffro per il potente peso del mio karma negativo, possano i Grandi Compassionevoli allontanare ogni sofferenza. Il libro tibetano dei morti, p. 113

cimetière du Père-Lachaise, 15 agosto 2008 ore 10:16:26



Possa io non dover portare l’intero peso del mio karma negativo, ma infinitamente moltiplicare i miei meriti proseguendo sulla Via. Che proprio là, ovunque io nasca, possa incontrare lo Yidam, la natura essenziale di questa vita. Il libro tibetano dei morti, p. 114

cimetière du Père-Lachaise, 8 agosto 2013 ore 09:16:07



Che io e gli altri esseri possiamo diventare proprio come voi siete, o Vittoriosi pacifici e feroci, con le vostre corti, con la lunghezza della vostra vita, nelle pure dimensioni, con gli augurali segni della perfetta Eccellenza. Il libro tibetano dei morti, p. 116

cimetière du Père-Lachaise, 15 agosto 2008 ore 09:50:48



Ora, mentre per me sorge il Bardo della Nascita, abbandonerò la pigrizia non avendo tempo da dedicarle in questa vita e m’impegnerò sulla Via ascoltando l’Insegnamento, riflettendo e meditando senza distrazione. Il libro tibetano dei morti, p. 117

cimetière du Père-Lachaise, 8 agosto 2013 ore 08:50:33



Avendo ottenuto un corpo umano, realizzerò i tre corpi Kaya nello stato dell’unione della visione e della mente. Non c’è più tempo per lasciare che la mente vaghi sulla via della distrazione. Il libro tibetano dei morti, p. 117

cimetière du Père-Lachaise, 15 agosto 2008 ore 10:58:55



Ora, per me sorge il Bardo del Sogno, abbandonerò l’inconsapevole sonno dell’ignoranza per entrare nello stato naturale della mente, mai distolto dal ricordo della consapevolezza. Il libro tibetano dei morti, p. 117

cimetière du Père-Lachaise, 15 agosto 2008 ore 11:14:18



Con la consapevolezza dello stato di sogno, applicherò il metodo della trasformazione e mi allenerò nella pratica della Chiara Luce. Non dormirò alla stregua di un animale, ma unificherò realmente il mio sonno con la pratica. Il libro tibetano dei morti, p. 117

cimetière du Père-Lachaise, 15 agosto 2008 ore 11:20:07



Ora, mentre per me sorge il Bardo della Meditazione, abbandonerò la moltitudine delle illusioni e delle distrazioni, dimorando nella condizione senza limiti, oltre l’attaccamento. Il libro tibetano dei morti, p. 117

cimetière du Père-Lachaise, 15 agosto 2008 ore 11:10:54



Esercitandomi senza interruzione nella pratica generativa e in quella completa, abbandonerò l’azione meditando con la mente rivolta a un unico punto e non lascerò che l’illusione delle passioni mi soggioghi. Il libro tibetano dei morti, p. 117

cimetière du Père-Lachaise, 15 agosto 2008 ore 10:29:07



Ora, mentre per me sorge il Bardo del Momento della Morte, abbandonerò ogni attaccamento della mente entrando senza distrazione nella chiarezza dell’Insegnamento. Il libro tibetano dei morti, p. 117

cimetière du Père-Lachaise, 15 agosto 2008 ore 11:07:01



Trasferirò lo stato della mia propria coscienza innata nella dimensione dello spazio e, abbandonando questo corpo di carne e sangue, lo riconoscerò come effimera illusione. Il libro tibetano dei morti, p. 117

cimetière du Père-Lachaise, 15 agosto 2008 ore 11:45:53



Ora, mentre per me sorge il Bardo della Dharmata, abbandonerò ogni pensiero di terrore e di paura, riconoscendo ciò che appare come mia propria visione, sapendo che è solo la visione del Bardo. Il libro tibetano dei morti, p. 117

cimetière du Père-Lachaise, 15 agosto 2008 ore 11:09:57



Giunto ora a questo punto cruciale del Bardo, non lascerò che la moltitudine delle forme pacifiche e feroci, mie proprie visioni, mi gettino nel terrore. Il libro tibetano dei morti, p. 118

cimetière du Père-Lachaise, 8 agosto 2013 ore 09:26:56



Ora, mentre per me sorge il Bardo dell’Esistenza, concentrerò la mente su un unico punto prolungando con impegno le occasioni del karma positivo e, ricordando il metodo per provare disgusto, chiuderò l’ingresso all’utero. Il libro tibetano dei morti, p. 118

cimetière du Père-Lachaise, 8 agosto 2013 ore 08:34:36



Sono adesso necessari perseveranza e atteggiamento puro. Abbandonando la gelosia, mediterò sul maestro in unione con la sua compagna. Il libro tibetano dei morti, p. 118

cimetière du Père-Lachaise, 15 agosto 2008 ore 10:00:36



Compiendo in questa vita azioni prive di senso, con la mente indifferente, senza pensare che la morte si avvicina, ritornare ora con le mani vuote vuol dire cadere nell’illusione. Il sacro Insegnamento è necessario, perché proprio ora non dovrei praticarlo? Il libro tibetano dei morti, p. 118

cimetière du Père-Lachaise, 15 agosto 2008 ore 11:09:16



Così dissero i premurosi maestri: “Quando dimentichi l’insegnamento del tuo maestro, non è forse vero che inganni te stesso?”. Possano queste supreme parole, radice del Bardo Thos-grol, non scomparire finché l’oceano della trasmigrazione non sarà svuotato. Il libro tibetano dei morti, p. 118

cimetière du Père-Lachaise, 15 agosto 2008 ore 12:00:51



Dopo la morte, quando sorgono le visioni delle forme pacifiche e feroci, svanendo nella condizione al di là del dualismo, si otterrà la condizione di Buddha. La via della Liberazione, per gli esseri che possiedono le occasioni, è detta “Suprema Liberazione nell’Udire”. Il libro tibetano dei morti, p. 124

cimetière du Père-Lachaise, 15 agosto 2008 ore 10:42:39



Gianluigi Tagliabue

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energie in transito collana numero 3


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