![](https://assets.isu.pub/document-structure/230407181516-9d52c9dba63ad00c6b77b5b6585226b1/v1/858e77f99de4342d18b5044437f2ff73.jpeg?width=720&quality=85%2C50)
4 minute read
Il “Vesuvio” per Vialli E nasce la polemica
Per fare maggior luce, abbiamo contattato Fausto Cacciatori, conservatore del Museo del Violino: «Non voglio entrare in polemiche» ci ha risposto. Ma lei è al corrente di una richiesta per l’utilizzo del Vesuvio in omaggio a Vialli? «Ufficialmente non è arrivata alcuna richiesta». Sentiamo allora la direttrice del Museo del Violino Virginia Villa: «Conosco il Maestro Benaglia, da cui è partita la richiesta di fare un omaggio a Vialli suonando il Vesuvio. Nelle indicazioni del donatore era precisato che il Vesuvio fosse suonato qui da giovani, come avviene spesso, tanto che siamo l’unico museo che consente l’utilizzo degli strumenti, sia pur con grande attenzione. Portare il violino all’e-
IL RECUPERO sterno è più complicato per una serie di motivi, ma è possibile, anche se credo il luogo ideale sia l’Auditorium. Abbiamo la fortuna di avere un posto del genere con un’acustica perfetta e tutte le condizioni di sicurezza sia ambientali che di conservazione. Insomma, se c’è un posto in cui queste cose si fanno è Cremona. Ma se il Comune, proprietario, concede lo strumento e verifica le condizioni non ci sono problemi». Sentiamo allora anche l’assessore comunale alla Cultura Luca Burgazzi: «Ho parlato proprio ieri col Maestro Benaglia che si trova negli Usa. L’iniziativa si inserisce negli eventi a ricordo di Vialli, per cui abbiamo incontrato la famiglia pochi giorni fa. Sappiamo che l’uso di uno Stradivari al di fuori dell’Auditorium è problematico per una serie di passaggi necessari. La mia proposta, che farò martedì a Benaglia, è di fare il concerto in Auditorium, il luogo ideale che non necessita nemmeno di permessi dalla Soprintendenza, ovviamente se la famiglia Vialli sarà d’accordo. Fare il concerto in Cattedrale sarebbe certamente più complesso».
Advertisement
IL 4 LUGLIO CI SARÀ L’INAUGURAZIONE DELL’ANTICA CASA DI STRADIVARI
Sopra e a destra due momenti della presentazione dei lavori di recupero di Casa Stradivari il 4 marzo 2022 mai nessuno dal Museo del Violino ci ha chiesto qualcosa, quindi non c’entriamo nulla, non siamo mai stati avvisati. Sono molto arrabbiato dall’uso improprio della Soprintendenza come parafulmine di qualsiasi situazione. È una barbarie, sono veramente stanco».
Una risposta piccata, anche perché, afferma il Soprintendente, non si sarebbe certo opposto per un’occasione del genere. Tanto più che «abbiamo organizzato un convengo sul restauro e catalogazione degli strumenti che si terrà a Cremona in settembre».
Sul citato legame di Vialli con lo strumento, va ricordato che nel 2005 il Comune di Cremona ricevette in donazione testamentaria il Vesuvio dal musicista Remo Lauricella, morto due anni prima. La procedura aveva però un costo significativo, che si riuscì a contenere in 61.870 euro, cifra raccolta anche grazie ad alcune iniziative in città. Il violino si trovava da due anni già a Cremona, lasciato in consegna da Lauricella affinché fosse usato da giovani musicisti, e per ottenerlo definitivamente il sindaco Corada ebbe alcuni incontri con lo studio Berry & Berry (quale curatore testamentario) a Londra, incontri ai quali partecipò lo stesso Vialli, che già viveva a Londra. Il fatto poi che il soprannome più noto di Luca fosse quello “Stradivialli” coniato dalla penna di Gianni Brera lega ancor più tra di loro i due grandi cremonesi. Da qui si comprende come l’utilizzo di uno strumento di Stradivari, e in particolare quello per cui l’ex calciatore si era adoperato per farlo rientrare a Cremona, per omaggiare Luca sia un’idea del tutto appropriata.
Tornando invece a Casa Stradivari, il Comune ha reso nota la data dell’inaugurazione: sarà il prossimo 4 luglio, la data in cui, nel 1667, Antonio Stradivari fece il suo ingresso nell’edificio di corso Garibaldi assieme a Francesca Ferraboschi, che aveva appena sposato. Qui il genio cremonese allestì il suo primo laboratorio di liuteria. Dal prossimo autunno gli spazi di Casa Stradivari ritroveranno la loro antica vocazione: giovani liutai potranno frequentare un corso di 18 mesi per costruire strumenti ad arco, seguiti da Maestri di chiara fama internazionale: Bruce Carlsson, Marcello Ive, Primo Pistoni e Davide Sora Carlo Andrea Rozzi e Alessandro Voltini si occuperanno del progetto di analisi acustica degli strumenti nelle varie fasi di lavorazione, e il chimico Curzio Merlo dello studio delle vernici. Nel quadro del programma verranno inseriti seminari e approfondimenti aperti anche a tutta la comunità liutaria, in collaborazione con altre realtà del territorio. L’obiettivo è riportare l’antica dimora allo spirito che animò l’operato di Antonio Stradivari. Per questo alle attività della bottega al piano terra, si aggiungeranno quelle dedicate a giovani musicisti che si svolgeranno al primo piano. Il secondo piano sarà invece destinato alla residenza di un artista di fama internazionale.
![](https://assets.isu.pub/document-structure/230407181516-9d52c9dba63ad00c6b77b5b6585226b1/v1/3f5dc1cfe912f039b103c7cd473e1677.jpeg?width=720&quality=85%2C50)
![](https://assets.isu.pub/document-structure/230407181516-9d52c9dba63ad00c6b77b5b6585226b1/v1/d367fff719a711131c92995ba809adbc.jpeg?width=720&quality=85%2C50)
GLI UOMINI CHE FECERO L’ITALIA/8 • Nato a Livorno, fu politico, scrittore e giornalista. Deputato nel primo Parlamento
I romanzi storici di Francesco Domenico Guerrazzi non influenzarono solo il loro tempo e non si limitarono all’apostolato nazionale, infatti lo spirito del combattivo livornese si esprime in tre generi artistici: il romanzo d’appendice, il teatro e, successivamente, il film storico. Guerrazzi si identifica in un profeta della morale nazionale, in un padre della Patria. Quando “L’Assedio di Firenze” apparve a Parigi nel 1836, sotto lo pseudonimo Anselmo Gualandi, Mazzini non esitò a definire l’autore “un titano, un po’ Aiace e un po’ Capaneo”. Il manicheismo storico dell’autore corrispondeva alla visione religiosa e messianica dell’apostolo; l’opposizione tra la virtù ed il vizio, tra il bene e il male, rientra tra gli schemi della sua mistica che faceva coincidere la redenzione con la vittoria, la salvezza con la gloria. A molti dei contemporanei e tra i posteri sfuggi l’estrema arditezza dei suoi libri, la novità di concezione e di struttura che creava un nuovo genere letterario, del tutto diverso dai precedenti: una nuova epica fondata su una fusione tra fantasia e storia, fra invenzione e racconto. Guerrazzi non si fermava davanti a considerazioni morali o di buon gusto, non rispettò convenzioni o tradizioni in voga. Con l’audacia intellettuale che lo contraddistinse, libero da ogni schema e vincolo, non esitò a combinare tutti gli elementi: mescolò l’eroico con l’orrido, amore e patriottismo, martirio e vendetta. Conoscitore della morbosità e della sensibilità umana, Guerrazzi fu il primo che abbinò il “romanzo a tesi” con le più oscure vicende sentimentali indagando le più basse passioni umane: la fortuna de “L’Assedio di Firenze” è legata alle vicende di Annalena più che al sacrificio di Francesco Ferrucci. Come nei grandi romanzi d’appendice di Victor Hugo o Emile Zola la sorte della libertà è spesso determinata da episodi violenti o avventurosi come un duello o una fuga. Il libro contiene in sé tutte le guide ideali e sentimentali delle generazioni mazziniane e garibaldine: la condanna di Impero e Papato o delle macchinazioni delle cancellerie a vantaggio della mistica del civismo patriottico, della severità repubblicana.
“L’Assedio di Firenze”, scritto nel carcere di Portoferraio, si dipana nel triangolo tra Livorno, l’Elba