Renzo Agosto architetto 1930-2015

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territori dell’architettura monografie 11



RENZO AGOSTO architetto 1930-2015

a cura di Alessio Princic

ILPOLIGRAFO


Con il patrocinio di

La presente pubblicazione viene realizzata con un contributo di

COMUNE DI PASIAN DI PRATO

COMUNE DI TRICESIMO

PRO LOCO DI TRICESIMO

Un ringraziamento alle aziende

progetto grafico Studio Princic & Partners revisione testi Luisa Piussi crediti fotografici Francesca Agosto, p. 123 (in alto) Adalberto Burelli, pp. 12-13, 240-241 Elia Falaschi (www.eliafalaschi.it), pp. 8, 36, 48-52, 54-57, 91 (le due in basso), 101, 109, 112-113, 119-122, 123 (in basso), 124-125, 138-139, 155, 164-165, 171-175, 195-197, 199, 217, 229-230 © Eredi Aldo Rossi, courtesy Fondazione Aldo Rossi per la sue opere, pp. 108-117

Eredi Leonardo Miani, p. 22 Alessandro Paderne, p. 34 dove non diversamente indicato, le immagini provengono dall’Archivio Renzo Agosto revisione editoriale Il Poligrafo casa editrice Sara Pierobon, Laura Rigon

copyright © dicembre 2017 Il Poligrafo casa editrice 35121 Padova ia Cassan, 34 (piazza Eremitani) tel. 049 8360887 - fax 049 8360864 e-mail casaeditrice@poligrafo.it ISBN 978-88-9387-047-4


indice

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Un libro per tutti Alessio Princic

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Il mio libro Renzo Agosto Renzo Agosto davanti e dietro la macchina fotografica

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La mia vita Renzo Agosto Renzo Agosto 1930-2015

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Concetti senza tempo Alessio Princic

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L’architettura che forma Claudia Battaino

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Renzo Agosto. Schede dei progetti Renzo Agosto visto dagli altri

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Genesi di un concorso Enrico Capellani

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Un professionista appassionato Paola Cigalotto, Mariagrazia Santoro

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I concorsi Claudia Gasparini, Luigi Soramel

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Ăˆ per colpa tua se sono presidente dell’Ordine! Bernardino Pittino

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Un caro amico Giusa Marcialis

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Un architetto che mi piace Francesco Tentori

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Tutto Renzo Agosto. Regesto delle opere a cura di Francesca Agosto

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Bibliografia e mostre

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Ringraziamenti



un libro per tutti

Ho pensato questo libro su Renzo Agosto architetto perché racconti, senza stancare chi lo sfoglierà, tutti i passi della vita di un uomo, di un architetto che crede in ciò che pensa, in ciò che disegna, in ciò che poi diventa la sua realtà. Molti progetti presenti nel libro sono idee rimaste sulla carta, ma per il loro estremo interesse dal punto di vista concettuale devono farci riflettere, perché possano diventare la base da cui iniziare a pensare ad altri progetti: nulla si distrugge, tutto si trasforma. Il suo pensiero potrà non essere il mio, ma io posso completarlo e svilupparlo. La scioltezza del pensiero di Renzo, che si traduce come segno sulla carta, al di là della sua visione soggettiva della forma, ha una connotazione fortemente naïf in cui emerge con forza la libertà di pensiero che oggi ci è negata. E questa è la lezione di Renzo Agosto architetto e urbanista. Spesso i libri di architettura hanno testi complessi perché l’autore tenta di scavare nel profondo alla ricerca di chissà quale segreto o nel tentativo di esibire doti di gran pensatore. Il mio Renzo Agosto è un libro semplice, pensato per essere compreso da tutti, con testi brevi e mai complessi: un libro che può essere anche solo sfogliato grazie all’abbondanza di immagini e disegni che parlano da soli, diviso in capitoli indipendenti che si completano tra loro, ma che possono essere letti anche in modo occasionale. All’impianto del libro voluto da Renzo mi è piaciuto aggiungere delle immagini che lo vedono davanti e dietro la macchina fotografica: un catalogo di istantanee di Renzo nel mondo e con gli amici, che racconta sensazioni, momenti e profumi di altri tempi e altri luoghi.

Alessio Princic

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il mio libro

Questo mio nuovo libro vuole essere una storia narrata in prima persona o, come dice Alessio, “un omaggio del papà ai suoi ragazzi”. È difficile raccontare tutto in poche parole, descrivere le notti in bianco di un tempo ormai lontano, le infinite chiacchierate e discussioni, i mille dibattiti che hanno accompagnato questo mio percorso. Ho cercato, pertanto, di semplificare la mia vita e di conseguenza il libro stesso, dividendolo in sezioni: – la mia storia per voi: una serie di scatti che mi vedono davanti e dietro la macchina fotografica, poi due chiacchiere sulla mia vita; – i contributi di Alessio Princic e Claudia Battaino, entrambi docenti universitari della nuova generazione, che leggono da due diverse angolature le peculiarità della mia produzione architettonica. Segue l’illustrazione dei miei progetti, ovvero come sono arrivato alle forme che vedete. I miei progetti, presentati in ordine cronologico, grazie alla loro disposizione vi racconteranno la mia storia professionale più chiaramente di qualsiasi commento verbale; – come mi vedono gli altri, ovvero le testimonianze di alcuni architetti che si sono formati nel mio studio: Enrico Capellani, Paola Cigalotto e Mariagrazia Santoro, Claudia Gasparini e Luigi Soramel, che ripercorrono in particolare i momenti che hanno accompagnato la produzione concorsuale. Bernardino Pittino, invece, ricorda il periodo in cui sono stato consigliere e presidente dell’Ordine degli Architetti di Udine. E trovo opportuno proporre nuovamente i testi, già pubblicati da Electa nel 1997, di Giusa Marcialis e Francesco Tentori, un tempo compagni di vita e colleghi di lavoro; – l’elenco delle opere, dove troverete tutti i miei lavori, seguito dalla bibliografia. Oggi, a quasi 85 anni, devo prendere atto come interventi ignoranti, non solo del codice di deontologia professionale, abbiano maltrattato alcune mie opere: dallo scempio sullo Zoncolan, fortunatamente non visto di persona, alla manomissione dell’Istituto Candoni, del Teatro e della Casa dello Studente a Tolmezzo. È per questo che ho voluto riproporre tali opere utilizzando per lo più fotografie dell’epoca della realizzazione, recuperate dal mio archivio e dal mio libro edito da Electa.

Renzo Agosto Tricesimo, ottobre 2015

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renzo agosto davanti e dietro la macchina fotografica




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la mia vita

An architect has to be like a sponge, absorbing the best of his surroundings wherever he goes. Hassan Fathy

Nasco a Udine nel 1930. Conclusi gli studi liceali, abbandono l’idea di frequentare l’Accademia Navale di Livorno e decido di seguire le orme paterne, iscrivendomi all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia. Alterno gli studi a lunghi viaggi in Europa. Mi laureo nel 1957 con Giuseppe Samonà. A questo punto mi trovo di fronte a un serio problema: mio padre e mia madre (che in fondo ritenevano fossi uno sfaccendato!) premevano perché entrassi nella ditta di famiglia: una nota impresa attiva nel campo dell’edilizia residenziale e terziaria dal 1870 che, in quel momento favorevole, aveva concentrato il suo lavoro prevalentemente sulla costruzione dei famigerati “condomini”. Mi ha salvato il servizio militare, anche se a dire la verità ne avrei fatto volentieri a meno! Infatti mi sono chiarito le idee, anche grazie allo studio di nuovi tipi di residenza un po’ più avanzati di quelli tradizionali. Nel 1958, dopo il servizio militare, parto per l’Inghilterra e raggiungo l’amico Ferdinando Anichini, Lulli per gli amici. È allora che inizia la vera e propria avventura con l’architettura. Grazie a Lulli entro in contatto niente meno che con i responsabili dell’Ufficio tecnico dell’Amministrazione di Londra: riesco così ad approfondire la conoscenza di tecniche dell’edilizia prefabbricata utilizzate nei nuovi quartieri della capitale inglese. Lo stesso anno, una volta rientrati in Friuli, partecipiamo con altri ex compagni di università, al concorso bandito dall’Amministrazione provinciale per la progettazione dell’Istituto Medico Pedagogico di Tricesimo (UD), vincendo il 1° premio. Ci è andata bene, anche se il progetto non è stato realizzato... Peccato, sarebbe stato adatto a una prefabbricazione leggera (ne avevo parlato con Marcello D’Olivo)! Comunque è stato l’inizio della ricerca su temi che non avrei mai potuto approfondire lavorando solo con mio padre. Sempre nel 1958 apro uno studio professionale. L’iniziale collaborazione con l’impresa di famiglia offre a me, giovane architetto, l’occasione di coniugare l’acquisizione del mestiere del costruire e dell’esperienza diretta del cantiere con una riflessione sull’abitare contemporaneo e sulle tipologie abitative, che si traduce in alcuni progetti di edifici residenziali in ambito urbano. La ricerca d’impiego di nuovi materiali, di elementi ricorrenti, di accessori costruttivi di serie, come gli stessi solai (luce, interasse e spessore uguali), i serramenti (pochi tipi e standardizzati), gli stessi materiali di finitura (limitati a poche tipologie) ecc. mi hanno reso più piacevole la progettazione e la realizzazione, anche perché lavorare con gli stessi operai ogni volta è un’esperienza unica. Contento il babbo (dapprima sospettoso), contenta la mamma! Continuo per alcuni anni la collaborazione con mio padre Umberto, ritagliandomi sempre grandi spazi per le attività concorsuali e allacciando rapporti con le amministrazioni pubbliche, con le quali proseguirò la mia attività di libero professionista fino a metà anni Ottanta.

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Disegno di Leonardo Miani, 1988

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Mi è stato più volte detto che partecipavo a troppi concorsi e che così buttavo via il mio tempo, soprattutto perché non avevo un valido “sostegno esterno”, ma di questo me ne fregavo, perché tutto ciò stimolava la mia curiosità e, soprattutto, mi divertiva. Un tema importante per il mio percorso professionale è l’edilizia scolastica: una serie di opere la cui funzionalità degli schemi compositivi è verificata di volta in volta per meglio definire le soluzioni architettoniche di dettaglio. In questo modo l’oggetto “complesso scolastico” viene perfezionato in relazione alla distribuzione degli spazi e alle scelte strutturali. Le scuole divengono architetture che si confrontano con il paesaggio, nel quale lasciano un segno visibile dato dal rigore dei volumi caratterizzati dai lunghi prospetti. Gli edifici sono pensati per essere aperti a future trasformazioni didattiche, legate alle modifiche dei metodi d’insegnamento. L’incarico dell’ITI Malignani è l’inizio e l’occasione per forzare e superare il regolamento scolastico vigente con soluzioni alternative mai usate fino ad allora. Devo ringraziare, per la fiducia in me riposta, l’Amministrazione provinciale di Udine che mi ha permesso di trattare la questione in prima persona a Roma, richiedendo le varianti che proponevo nella sede dell’ufficio tecnico del Ministero (mantenendo rigorosamente lo stesso budget). In particolare: – approvazione di un Istituto Tecnico per oltre 1600 allievi quando il regolamento ne consentiva al massimo 900; – approvazione del corpo triplo per le aule tramite disimpegni illuminati e areati dall’alto; – sistemazione diversa dei servizi igienici (non più in facciata), coadiuvata da canne di ventilazione; – sostituzione delle piastrelle rosse in klinker in uso nelle scuole e nelle caserme come pavimentazione; – introduzione degli ascensori. Curioso del mondo, accompagnato dalla mia inseparabile Contaflex, vado in Egitto (1960), in Canada e Stati Uniti (1964). Nel corso degli anni ritorno più volte in Nord Europa e in Grecia, visito l’America Centrale, perché i viaggi servono ad aprire la mente e sono un importante contributo alla formazione. Ciò che mi spinge è conoscere da vicino le idee dei grandi architetti, elaborarle e farle mie. Dal 1964 al 1972 sono assistente volontario ai corsi di Architettura e Rilievo dei monumenti tenuti da Egle Trincanato e agli esami di Geometria descrittiva tenuti dall’amico Gianugo Polesello. Decido di abbandonare l’Università, non sentendomi incline all’insegnamento accademico, ma anche a causa del clima che si era instaurato ai Tolentini negli anni della contestazione. Nel 1968, con Francesco Tentori, organizzo un gruppo di lavoro, coinvolgendo Emilio Mattioni e Gianugo Polesello, e ci associamo per partecipare a una serie di concorsi indetti dal Comune di Udine per i piani dell’edilizia popolare voluti dalla Legge 167. Lo Studio di via Mazzini, come in seguito sarà conosciuto, funzionerà a fasi alterne per una decina d’anni. 23


Dal 1965 al 1980 sono consigliere e poi presidente della Società Cooperativa Udinese per le Case Popolari, società fondata dal Cotonificio Udinese per la costruzione di alloggi per la manodopera dello stesso. Sono consigliere (1980-1986) e per due mandati presidente (1986-1991) dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Udine. In quegli anni il calendario dell’Ordine è ricco di iniziative per divulgare e promuovere la curiosità culturale e lo scambio di idee in campo architettonico: dai corsi di aggiornamento alle conferenze e alle mostre d’architettura all’interno del territorio Alpe Adria. Grazie al mio costante interesse per i grandi maestri e al desiderio di trasmetterlo, non mancano i viaggi, intesi come piacevole e intelligente condivisione del sapere, organizzati con il giovane architetto e amico di famiglia Leonardo Miani. Nel 1990, più per necessità burocratica che per effettivo bisogno di istituzionalizzare il mio operato, fondo l’Associazione Culturale degli Architetti e ne diviengo presidente. Dopo aver partecipato al concorso per la ristrutturazione dei suq di Beirut, vengo invitato in Libano ma, a causa di un sistema etico e professionale che non condivido, abbandono questa opportunità di lavoro. A cavallo degli anni Sessanta e Settanta sono presidente della Renault Autonord spa di Udine, Gorizia e Pordenone, poi consigliere e presidente della Friulfidi spa. Nel 2013, in seguito all’inondazione dell’archivio di Passons, in cui erano conservati i progetti su carta e poliestere e i plastici, decido di censire il mio lavoro scampato all’acqua. L’obiettivo è di salvare i documenti deteriorati e consentire una migliore conservazione degli originali rimasti indenni. Questa operazione mi ha fatto sorgere il desiderio di realizzare un volume che dedicasse particolare rilievo ai concorsi, anche quelli mai realizzati, e che trasmettesse la mia esperienza.

Renzo Agosto Tricesimo, ottobre 2015

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renzo agosto 1930-2015



concetti senza tempo alessio princic

Renzo Agosto è il primo architetto che ho conosciuto venendo a Udine dopo la laurea in architettura a Lubiana. Arrivavo portandomi l’euforia dell’Est, la voglia di fare e di mostrare, la voglia di smuovere una città che mi appariva addormentata. Portavo mostre e contatti con l’università e con la Dessa, e Renzo è stato l’unico ad ascoltarmi, l’unico a capire questo giovane esaltato, tendendogli una mano. Da quel momento ci siamo frequentati più per simpatia che per lavoro, tanto che dei nostri progetti personali non abbiamo mai parlato, perché lui è Renzo Agosto, figura di spicco nell’architettura friulana. In molti libri di architettura il titolo è altisonante, mi invoglia a leggere perché alla fine ci sarà una verità. Poi arrivo all’ultima pagina e la soluzione è ancora lontana; mi avessero lasciato almeno alcune tracce... niente. Scrivere il testo introduttivo al lavoro di Renzo è l’occasione per trovare l’essenziale del progetto: io non sono capace di analizzare un lavoro inventando poesie e belle parole, voglio che sia lui, rispondendo a domande precise, a mostrarmi cosa lo ha spinto a progettare in quel modo, quali pensieri lo hanno guidato, come e perché è arrivato a quel particolare risultato. A chi ci legge dobbiamo lasciare idee, speranze, prove, tentativi, soluzioni, pensieri, tristezze, gioie, amarezze, successi. Nel giugno 2013 ci troviamo attorno al mio tavolo. Fuori fa caldo. A Renzo mostro la traccia, una serie di domande incentrate su alcuni concorsi. La galleria Guggenheim e Venezia, senza dubbio la città più difficile, più affascinante e misteriosa, sono l’inizio di questo racconto-intervista. Ho partecipato al concorso per il completamento della galleria Guggenheim solo per il piacere di misurami con il Canal Grande. Conosco Venezia grazie a Muratori e Trincanato; il Canal Grande è una successione di tanti elementi diversi non legati tra loro, l’area del Guggenheim è vuota. Allora mi sono detto “semplifichiamo”. Ho preferito progettare qualcosa di avulso ma che fosse anche legato in modo indissolubile con il canale; dalla grande vetrata al primo piano si era immersi nella vita e nell’architettura del Canal Grande, e il canale rifletteva la sua vita nelle vetrate della galleria. La disposizione si rifà ai palazzi veneziani con i loro spazi elastici; volevo che fosse anche la casa di artisti come Vedova, Tancredi e altri, un luogo vivo, mutevole e dinamico. Questa architettura dialoga in contrapposizione, il travone non è una finestra a nastro, è qualcosa di peggio, caro Alessio, un oggetto della modernità che mi ha permesso di costruire uno spazio contemporaneo totalmente libero e senza limiti. Volevo solo un oggetto tra gli oggetti che continuasse la storia. Posso dire di nascere come autodidatta: a Venezia era un periodo in cui, grazie a Samonà, stavano cambiando i docenti, arrivavano Zevi, Piccinato. In quel disordine apparente ho cominciato a interessarmi all’architettura tedesca del 1927, al Bauhaus, ho amato Gropius per la sua precisione, Alvar Aalto per la sua fantasia, Mies è il massimo: l’organizzazione degli spazi, la perfezione dei sistemi costruttivi, l’acciaio. Di quel particolare momento storico ho studiato e visto tutto, anche l’urbanistica di Oud, i nuovi quartieri, l’idea di città. Tutto è razionale, preciso, definito... forse anche troppo. 27


A Milano, nel concorso per Porta Garibaldi, volevo solo collegare piazza Repubblica con piazza Garibaldi. Ferrovia, Borsa, uffici, tutte attività caotiche e frenetiche, quindi la mia spina doveva diventare più vivibile, più umana: una zona pedonale tra due assi rigidi. Le quattro torri che concludono l’asse sono state recuperate dal concorso per Firenze Peretola, fatto con Polesello: quattro oggetti indipendenti, ciascuno con la sua funzione, collegati da una forte piastra funzionale. La mia indole mediterranea si mostra nel parco, disegnato, preciso ma morbido, disposto lungo l’asse quasi a caso (ma non è né più su né più giù), in contrapposizione o a bilanciare la razionalità dell’asse piazza Repubblica - piazza Garibaldi. Fare concorsi non era una necessità, progettavo “case da abitazione” per mio padre, la parola “condominio” non mi piace e non corrisponde a ciò che stavo progettando e costruendo. Fare concorsi era l’opportunità di confrontarmi con gli altri, l’occasione per sperimentare strade nuove ed eccitanti, l’occasione di misurarsi con nuovi orizzonti... non condomini, non case per “siorete”. Così è stato per Bologna “la dotta”, anche se i bolognesi sembrano più degli epicurei. Con il concorso per la nuova stazione ho proposto un grande progetto, perché la città meritava questa attenzione. Mi sono confrontato, nel massimo rispetto, con un frammento di città che è luogo del centro, vive in centro, appartiene al tessuto urbano. Per me la stazione non è un oggetto morto, non è solo ferrovia, arrivi e partenze. Caro Renzo, gli dico, il tuo progetto anticipa di vent’anni la ristrutturazione della stazione centrale di Milano e le ristrutturazioni delle grandi stazioni parigine, Gare du Nord e Gare de l’Est, anticipa la stazione moderna. È vero, ho disegnato una stazione che sarebbe dovuta diventare uno spazio accessoriato, una città nella città, in cui si muove il viaggiatore, non un centro commerciale dove parcheggiare le famiglie durante i fine settimana. Il concorso per Beirut mi fa tornare in mente un viaggio in Egitto. Un giorno stavo visitando il suq del Cairo con mia moglie, e vedo un uomo che stira i calzoni con una specie di vanga con una piastra arroventata che manovra a colpi di piedi, mi dice che i miei erano grinzosi, li tolgo e... zac! me li rende perfetti. Il mio gruppo nel frattempo si era allontanato di soli 50 metri. Ecco questo è il suq: l’imprevisto, il genio, l’arte di arrangiarsi. Il genius loci, che ho cercato di esprimere a Beirut, è stato creare “caos”, ma organizzato, un “caos organizzato”. I dislivelli mi hanno permesso di uscire dalla ortogonalità costruendo scalinate e piazzette con bar e negozi, una successione di spazi nascosti, da scoprire. Ho creato un’architettura di libera invenzione con portici e doppie altezze. Fuori dai suq, di fronte al mar Mediterraneo, ho preferito rientrare in una rigida maglia geometrica perché qui si voleva ricostruire la vita di Beirut, quella moderna con teatri, ristoranti e alberghi.

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La nuova Beirut era pensata per nascere e svilupparsi sulla bonifica rubata al mare grazie ai ruderi di 17 anni di guerra. Un progetto faraonico. Come faraonico era il concorso di Innsbruck, quello per lo stadio del salto dal trampolino. Il bando non poneva limiti e io mi sono divertito. Ho fatto un monumento, un castello in acciaio, cemento, vetro e ferro. Volevo il “nido per le aquile”, un oggetto che si vedesse, che fosse in opposizione al centro storico, come il cubo di Ravascletto, un oggetto arroccato. E doveva essere vivo e vitale! Oltre a inserire quanto richiesto dal bando – ristoranti, museo, albergo, centro benessere, negozi – lo avevo pensato come una grande arena coperta che abbraccia a semicerchio l’arrivo del trampolino e che, finito l’inverno, si trasforma in luogo per altri eventi sportivi, dal tennis alla pallacanestro, con palchi e tribune mobili. Volevo che sprigionasse potenza, che fosse riconoscibile e identificabile, segnato dalle ombre dell’architettura portante... e poi vince uno che fa una tendina che neppure si vede... A me piacciono i grandi oggetti, gli oggetti che segnano il paesaggio, che parlano, che dicono qualcosa. Come nel concorso per l’università ai Rizzi, giocavo in casa. Conoscevo alcuni docenti, e da loro ho avuto una sola richiesta e indicazione: spazio, spazio, spazio. Non mi sono più trattenuto, non ho considerato alcun limite. La hall d’ingresso doveva essere luogo di incontri, scambi, chiacchiericcio di docenti e studenti, era l’asse sul quale si inserivano i pettini con le aule e tra queste i giardini come vere aule all’aperto, con il muro della dorsale che fungeva da schermo per proiezione. La costruzione era in ferro con tamponamento in elementi prefabbricati di cemento e finestre modulari. La grande piazza coperta era la piazza mediterranea, l’incontro, il caffè, lo scambio, il negozio, aveva il senso della comunità. Quel che abbiamo oggi, invece, sembra uno spreco di spazi e sicuramente non ha raggiunto ciò che a me sembrava primario, che sentivo dentro. La mia razionalità è sempre alla base del progetto, nessuno dei miei clienti privati o pubblici mi ha mai fatto appunti, quindi deduco che la razionalità è appagante per chi la vive. Ricordo che qualcuno mi ha accusato di essere privo di fantasia perché troppo razionale... (e sorride accennando un “non mi importa”). Nell’architettura non ho mai cercato l’uso delle ombre come effetto e adesso che me lo chiedi ti dirò che non ci avevo mai pensato: le ombre nella mia architettura sono quelle dei portici, delle logge. Non ho usato il colore per fare architettura, a parte i colori primari in poche occasioni, invece ho sempre seguito i principi basilari della progettazione, l’organizzazione degli spazi, l’orientamento, i principi che ci insegnavano al primo anno in facoltà e che i nuovi architetti non conoscono neppure. Mi rendo conto che, a parlare con un pittore in questi termini, lo farei rabbrividire... ma... Disegnare vuol dire mettere giù subito l’idea per non dimenticarla, e disegnare con la matita mi dà la possibilità di pensare. Anche cancellare una linea sbagliata non è una perdita di tempo, ma il momento in cui capire come correggere e migliorare.

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Come architetto devo avere sempre un argomento da sviluppare, prima lo maturo nel pensiero e solo dopo mi azzardo a metterlo sulla carta, confrontandomi continuamente con i fatti, i clienti, i costi, le scelte costruttive, i materiali, perché alla fine deve nascere qualcosa che rispetti il luogo degli altri e che sia, non dico bello, ma che non offenda l’occhio... Il cliente non devo scontentarlo ma, devo essere sincero, a lui penso poco. Alessio, lo sai che sono diventato architetto un po’ per caso? Dopo la maturità volevo fare l’Accademia Navale a Livorno, poi vedo gli amici Tentori e Panelli, anche loro indecisi sulla strada da prendere, e alla fine tutti e tre ci iscriviamo ad Architettura, perché no! Però non devi giudicarmi per questo, la mia è una grande passione cresciuta con il tempo. Gli studi prima e il lavoro poi mi hanno fatto scoprire la professione più bella del mondo: l’architettura è una professione che deve essere rispettata. L’architettura non può essere per tutti, richiede sacrifici e impegno. Bisogna essere convinti di voler fare una buona architettura. Ricordo le discussioni con Carlo Ciussi: “Ti te fa solo un quadro, mi te faso anche la barca per attraversar il fiume”, perché l’architettura è un mestiere completo, complesso, a trecentosessanta gradi. Io sono stato fortunato perché ho potuto innamorarmi dell’architettura, non sono diventato architetto per necessità, ma per passione. Sono stato fortunato perché per fare l’architetto ci vogliono i soldi, soldi per investire, soldi per gli aiuti (ricordati, Alessio, che se il collaboratore non ti capisce va sostituito), soldi per viaggiare, soldi per vedere i lavori degli altri dal vero. Ma che emozioni, che vibrazioni senti nell’anima quando finalmente entri nella tua architettura, impagabile. Caspita quante emozioni nello scrivere queste poche righe! Quante emozioni condivise... Nel concorso c’è l’anima più sincera dell’architetto, l’idea prima, la più pura, ancora non intaccata dalla burocrazia e dai limiti della tecnologia. Il primo maggio scorso, nel 2015, stavo curiosando tra gli edifici di porta Garibaldi a Milano e mi sono ricordato di quel grande segno geometrico proposto da Renzo. Sono rimasto lì a ripercorrere con il pensiero il suo disegno. Poi mi è piombata addosso la realtà: caos e incertezza, un insieme di volumi senza URBANISTICA. Allora sono corso con la memoria a quanto è stato realizzato alla facoltà di Udine, a Beirut, alla stazione di Bologna, a Venezia, pensando alle visioni di concorso create da Agosto per gli stessi siti. Studiate i progetti di concorso di Agosto, scoprite l’idea che è alla base del disegno, poi cercate quanto è stato realizzato da altri sugli stessi siti e fatevi la vostra opinione. Le idee di Renzo sono chiare, la filosofia della sua architettura non ha fronzoli! Comprendere il disegno è comprendere la realtà, è crescere.

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l’architettura che forma claudia battaino

L’architettura deve nascere dalla fisica, dalla fantasia, dall’invenzione, dal coraggio e dal rischio. È intensa solo se è rischiosa. Lui [l’Architetto] affronta rischi: tutta la sua persona, tutta la sua mente, e il suo portafoglio e la sua famiglia e la sua situazione [...] in pieno combattimento sempre allo scoperto. Non pensa a se stesso, né al proprio aspetto, né all’effetto che produce sugli altri, ma a quello che è davanti: l’opera. Ci vogliono un anno, due anni, cinque anni perché l’opera venga partorita e si presenti non solo su certi fogli ampiamente illustrati di bianco, bensì alla pubblica opinione. Qui, tutto è senso di responsabilità, vigilanza, stato d’allerta permanente. Lenta, lenta, lentissima pazienza dell’espressione e fuga dello slancio che cozza instancabilmente contro le leggi fisiche e intellettuali. Le Corbusier, 1965

temporaneo con-temporaneo Seppure inconsapevolmente, ho abitato in uno spazio ideato dall’architetto Renzo Agosto, avendo lavorato a partire dal 1989 come allieva di Gianugo Polesello e Giusa Marcialis nel famoso Studio di via Mazzini di Udine. Studio noto a livello nazionale e internazionale per l’attività di progettazione e realizzazione, ampia ed estesa, che comprende le architetture e i centri del Friuli post-terremotato, i progetti di grandi attrezzature collettive, le ricerche sulla trasformazione della città e del territorio, cui Renzo ha dato un contributo fondamentale. Nella profonda e ricca cornice del signorile palazzo in cui aveva sede lo studio Renzo Agosto aveva pensato a un interno unitario lowcost, costituito da una serie di armadi lignei, che si ripetevano ordinatamente lungo i lati lunghi del salone passante del palazzo. Questa micro-architettura di base, essenzialmente l’innesto di un volume scavato entro l’esistente, era un luogo di lavoro molto razionale, destinato ad accogliere i giovani collaboratori dello studio. Lo spazio minimo minimo colpisce per la semplicità, la flessibilità, la modularità, l’aderenza all’uso, che sono le caratteristiche costanti del suo lavoro. Questa ricerca del progetto temporaneo, allo stesso tempo con-temporaneo, emerge sia nei programmi complessi che negli spazi architettonici più semplici, insieme al carattere domestico, sempre ricercato, ottenuto attraverso l’impiego di mezzi limitati. Durante un nostro incontro, Renzo Agosto mi confida con parole appassionate “di essere riuscito a realizzare molto anche perché le sue proposte progettuali costavano poco”, sottolineando implicitamente la sua capacità di controllo massimo del processo progettuale e la grande sapienza costruttiva. La sua continua attività progettuale è la prova di questo saper comporre spazi architettonici armonici, il cui senso deriva dalla combinazione di elementi limitati, dove la laconicità di materiali, tecnologie e risorse è la vera sfida creativa del progetto. Il ricorso alla prefabbricazione leggera, che risponde alla flessibilità degli spazi in funzione degli usi mutevoli di chi li abita e che non esclude la possibilità di variazioni interessanti in relazione all’orientamento e alle viste, è un tratto essenziale del suo lavoro, che può essere utile riscoprire, in relazione alle esigenze di smart building o urban regeneration. Il lavoro di Renzo Agosto, fatto di concretezza e in cui l’architettura non è mai disgiunta dall’esecuzione, attraversa numerosi temi e luoghi del progetto. È un architetto che sa trasformare anche l’ordinario, il quotidiano, in uno spazio architettonico di qualità, in particolare nei progetti di concessionarie automobilistiche, di parcheggi, di spazi commerciali, in cui realizza ambienti caratterizzati e luminosi, per mezzo della combinazione di semplici elementi derivati dall’industria. La sua riflessione architettonica è sempre associata a un pensiero di trasformabilità nel tempo, per questo risponde ai paradigmi di un’architettura sostenibile, fondata su un’idea di appropriatezza al luogo e alla committenza, concetti indispensabili per chi ci abita e ci lavora. 31


Casa Blu (foto di Alessandro Paderne)

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progetti e luoghi Il presente volume, ideato dallo stesso Renzo Agosto in forma di lettura aperta, illustra l’attività dell’architetto che intende l’architettura come fatto collettivo, come disciplina dotata di fondamenti, che utilizza un abaco di elementi e di tipologie noto, una stratificazione di sapere definita da Rem Koolhaas come repertorio di fondamentali. L’archivio di un architetto è in questo senso un luogo fondamentale che ci permette di condividere il suo pensiero e il suo fare, ci fornisce importanti suggestioni per inquadrare la sua attività progettuale, oltre la dimensione locale, collocandolo in un contesto culturale ampio. L’archivio è il luogo deputato per uno sguardo orientato al progetto, nel contesto di una riflessione generale sviluppata attraverso altri progetti, e permette di approfondire il suo farsi non come singolo episodio, ma come tappa di un percorso che può essere contestualizzato, necessariamente, entro la riflessione/produzione generale del progettista. L’assenza di apparati critici corrisponde in questo senso a una scelta precisa, che affida agli schizzi, ai disegni, all’attenzione dei colleghi che condividono la passione per l’architettura il compito di scoprire lo spazio architettonico. Renzo Agosto sa bene che chi si occupa di architettura e chi cerca faticosamente di farla può convergere solamente intorno al progetto, formando una comunità che si propone di fare proprie le esperienze reciproche. Questa è, o dovrebbe essere, la comunità degli architetti, questo è ciò che ci unisce e ci accomuna. E questo è lo spirito con cui l’architetto ha pensato di condividere il suo archivio, un racconto che esprime il carattere delle sue architetture, non selezionandole per committenza o qualità, ma mostrandone gli specifici valori che possono essere riattualizzati nel tempo. Per questi e per molti altri aspetti l’idea di Renzo Agosto di presentare le sue opere, i progetti, i progetti realizzati, i concorsi senza filtri o particolari interpretazioni presume da parte sua una grande voglia e una grande capacità di condividere una visione comune, nell’obiettivo della qualità architettonica. Lo ringrazio per questa condivisione, che contribuisce a farci crescere come architetti e studiosi.

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renzo agosto schede dei progetti


istituto medico pedagogico e sistemazione dell’area collinare “bressana” tricesimo (ud) 1958

La finalità dell’Istituto Medico Pedagogico è creare una struttura di accoglienza che fonda l’aspetto medico di riabilitazione per i minori con un ambiente famigliare. È quindi sembrato opportuno valorizzare il concetto del “focolare” non solo nelle soluzioni distributive, ma anche in quelle più propriamente architettoniche. Il progetto si aggiudica il primo premio per le soluzioni distributive e funzionali che propone. Il profilo altimetrico, con le sue leggere pendenze, è stato il motivo ispiratore nella stesura del progetto. La direzione, gli uffici amministrativi e il centro medico formano la spina dorsale del complesso, da cui si staccano le ali con i padiglioni, le residenze e gli spazi accessori, una geometria chiara e pulita che si fonde con l’orografia della collina. Le residenze sono situate in posizione privilegiata, a ridosso della Bressana: un luogo ameno e protetto dai venti freddi. Le scuole, con la palestra-teatro e i laboratori, costituiscono un gruppo a sé stante, collegato ai nuclei residenziali e a quelli centrali con un percorso coperto, chiuso d’inverno e aperto d’estate. La proposta esprime già chiaramente alcuni aspetti della ricerca spaziale e dell’organizzazione funzionale che accompagneranno tutta l’attività di Agosto e caratterizzeranno la maggior parte dei suoi edifici pubblici. Il progetto, già appaltato, non viene realizzato in seguito alla donazione all’Istituto di villa Cappellani a Fraelacco.

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istituto tecnico industriale “a. malignani” udine 1959

Il nuovo complesso scolastico, cui è stata destinata una superficie di circa 55.000 mq nella zona del centro studi, è a diretto contatto con il vialone di circonvallazione esterna e con viale Leonardo da Vinci, la cui importanza, all’epoca, stava aumentando considerevolmente a causa del notevole sforzo di urbanizzazione compiuto dall’edilizia privata e sovvenzionata. Alcune considerazioni preliminari hanno portato a scegliere la zona a contatto con il vialone come la più idonea per la sistemazione delle officine e dei laboratori delle specializzazioni. Questa posizione presenta il vantaggio di una estrema facilità di accesso per il traffico pesante di rifornimento delle officine e del magazzino e di una relativa lontananza dagli edifici di abitazione circostanti. Tale collocazione permette di ubicare la zona delle aule più prossima ai nuclei scolastici degli altri istituti e consente minori percorsi per gli studenti in arrivo dalla città. Il rapporto tra le superfici libere e quelle occupate dal nucleo delle officine e dei laboratori e dal nucleo aule permette l’utilizzazione di una vasta area per attrezzature sportive, in una zona decisamente baricentrica di tutto il centro studi, con evidenti vantaggi che potrebbero derivare ai vari istituti da un uso comune. L’impostazione pedagogica della scuola è imperniata sulla coesione e l’integrazione dei corsi a carattere teorico con altri a carattere pratico-applicativo, che vengono svolti in laboratori attrezzati o in officina. Il complesso dell’Istituto è stato articolato in modo che i due maggiori nuclei funzionali, da una parte le aule di insegnamento generale, dall’altra le officine, i laboratori e le aule specializzate, risultassero agevolmente collegati tra loro, mentre gli uffici e i locali di servizio potessero trovar posto in posizione baricentrica rispetto agli stessi. Il nucleo officine, aule e laboratori specializzati, pur costituendo un complesso unitario che permette un’ampia flessibilità nei vari reparti, è stato concepito in modo da creare tante sezioni autonome quante sono le specializzazioni, ponendo aule e laboratori in diretto contatto con il reparto d’officina della relativa specializzazione. Per le officine è stato individuato un modulo di circa 60 mq, dotato di una sorgente luminosa continua e uniforme, utile a scandire eventuali variazioni interne. La struttura adatta a realizzare queste condizioni è lo shed, realizzato con volta sottile in laterizio e cemento armato, impostato su travi continue con due campate e doppio sbalzo.

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piano di edilizia popolare est e ovest udine 1968 - 1970

Lo Studio di via Mazzini – Agosto, Mattioni, Polesello e Tentori – ha redatto i piani Peep di Udine Est e Ovest per conto dall’amministrazione comunale di Udine in seguito a un concorso indetto in base alle indicazioni della Legge 167 del 1962. I due progetti urbanistici sono pensati come punto di partenza per un processo più ampio di ristrutturazione e riqualificazione urbana della cintura nord della città, che a partire dal dopoguerra ha vissuto un rapido quanto caotico sviluppo. Il Peep Udine Est si sviluppa su una superficie complessiva di circa 71 ettari ed è pensato per 9375 abitanti. Il Peep Udine Ovest si articola in due zone: a nord su una superficie complessiva di circa 21 ettari per 3000 abitanti, a sud su una superficie di 36 ettari per 4000 abitanti circa. Come riportato dai progettisti: “Nella zona est come nella zona ovest, si è usato il criterio, per le attrezzature per l’infanzia, di una localizzazione strettamente connessa alla residenza e integrata con il parco attrezzato. Le zone scolastiche, a più stretto contatto tra loro e con la zona delle attrezzature sportive, sono previste per un’utilizzazione full-time dei relativi edifici e integrate tramite percorsi pedonali con le aree del centro culturale e commerciale, alle cui attrezzature è affidato il compito di una precisa caratterizzazione urbana dell’area nel suo complesso“ (“Casabella“, 432, 1978).

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proprietà piussi monasteto di tricesimo (ud) 1969

La ristrutturazione di questa proprietà ha un ruolo importante nella vita professionale e soprattutto affettiva di Agosto. Il tutto è pensato come un ambiente da vivere in prima persona ove, il colore assume un ruolo fondamentale nella ridefinizione dell’architettura, sia all’interno che all’esterno degli edifici, perché “Renzo Agosto abita nella Casa Blu”. Per quanto previsto dal piano regolatore, che definiva “verde privato” tutta la collina di Monasteto Alto, si è potuto procedere esclusivamente con un risanamento conservativo e di ristrutturazione. Nell’area più a sud del lotto sono state costruite le serre, realizzate in profili di acciaio zincato, e creati spazi per la coltivazione di piante all’aperto. In entrambi i fabbricati esistenti si è proceduto con lo svuotamento interno, la sostituzione dei vecchi solai in legno, del vano scale e il ridimensionamento delle finestrature. La struttura delle coperture è stata rimossa e sostituita, dove necessario, dopo il terremoto del 1976. La Casa Blu, già residenza estiva dal 1940, è stata riorganizzata completamente nella distribuzione interna. L’edificio adiacente, giallo, un tempo fienile, stalla e abitazione del colono, è stato trasformato in residenza e suddiviso internamente in tre alloggi a più piani.

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concessionaria renault “torre motori“ udine 1980

Il complesso di 4500 mq utili è stato progettato tenendo presenti eventuali modifiche future, nell’ipotesi di fungere da integratore di attrezzature per il vicino quartiere Peep. L’ingresso è segnato da un ampio portico in travi di ferro e lamiera che separa lo spazio adibito a esposizione dall’officina e dagli spazi accessori. Il portico divide in modo netto l’architettura pubblica in vetro e ferro da quella di servizio in prefabbricato di cemento. La sala mostra e lo spazio vendita si distribuiscono su due piani che si affacciano sul fronte strada. La facciata è scandita da elementi verticali in ferro che sorreggono la parete vetrata a tutt’altezza.

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renzo agosto visto dagli altri




genesi di un concorso

Ho frequentato lo studio di Renzo Agosto tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, prima nella sede di via Marco Volpe e poi in quella di Passons. Ero appena laureato ed ero tornato a Udine con quella frenesia di fare che si scontra con l’inesperienza dell’operare in un campo, l’architettura, che richiede pazienza, consapevolezza e ricerca. L’incontro con Renzo è stato un’occasione per affrontare, tra le altre cose, i concorsi di architettura e soprattutto vedere da vicino e collaborare alla nascita di un progetto, sotto la guida di un architetto che applica nelle sue realizzazioni la pulizia delle forme, l’essenzialità del disegno e l’equilibrio della composizione. Tralasciamo il periodo di preparazione del concorso, che si sviluppava tra riunioni formali e informali, chiacchere davanti a un bicchiere, escursioni varie (in laguna o sullo Stella, se il tempo era buono); tutto era necessario per arrivare a dipanare il tema del concorso. Tutto cominciava con il rito della preparazione accurata e meticolosa del foglio di carta sul tecnigrafo. Operazione forse banale per tanti, ma che diventava, per Renzo, il principio di un appassionato percorso che, attraverso il segno della matita sul supporto sottile e opalescente della carta svedese, tracciava le linee di quello che cominciava a diventare un progetto. Il segno tracciato non era mai fine a se stesso, ma la conseguenza di un preciso istinto all’interno di un pensiero generale che era già un progetto completo nei suoi particolari. Tecnica raffinata, capacità di sintesi, conoscenza del mestiere, consapevolezza e controllo della composizione, cultura e ricerca continua della progettualità erano tutte qualità che, grazie all’entusiasmo che traspariva dall’atteggiamento di Renzo, alimentavano il muto entusiasmo dell’intero studio. Ricordo il primo concorso internazionale: il concorso di riqualificazione dello stadio di Innsbruck, il gran lavoro di ricerca e approfondimento per tentare di dare una risposta articolata alle innumerevoli richieste del bando di gara e l’ineccepibile soluzione formale, potente ma allo stesso tempo leggera e rigorosa, data da Renzo. Ricordo anche la visita alla mostra dei progetti e la sua irritazione, il suo “leggero nervosismo” nel vedere il progetto vincente, alquanto insignificante e inutile nella sua banalità. A questo proposito – forse non c’entra con i concorsi, ma attiene al “leggero nervosismo” – penso al rifugio e alla stazione di risalita del complesso dello Zoncolan, che Francesco Tentori definisce “un tempio neo-greco in cima ai monti della Carnia”, e allo sconcio effettuato da qualche zelante amministratore comunale quando ha trasformato una splendida opera di architettura in una banale e insignificante baita “stile Friûl”, come ben dice Giusa Marcialis, appiccicandoci sopra legno, pietre e l’immancabile tetto a falda in coppi! Questo senza nemmeno porsi il problema della paternità dell’opera e meno che meno della qualità dell’architettura. Che tristezza! Ringrazio Renzo per avermi dato la possibilità di partecipare al meraviglioso e appassionato viaggio nel suo mondo, dove l’Architettura è sempre con la A maiuscola.

Enrico Capellani

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un professionista appassionato

Giusa Marcialis ha definito Renzo Agosto un “professionista appassionato” che non teme di misurarsi con il cantiere e che, al tempo stesso, non ha perso mai il gusto della ricerca, il piacere di misurarsi con temi e luoghi sempre nuovi. Renzo Agosto mette sempre alla prova il lessico della modernità, con il suo linguaggio fatto di pulizia, precisione, distanza critica dal presente, interventi decisi ed espressivi, quanto mai lontani dal finto friulano che, dalla ricostruzione in poi, ha segnato nei nostri territori un ritorno nostalgico a un passato spesso banalizzato. Il trascinante entusiasmo con il quale Agosto coinvolgeva i numerosi collaboratori nelle sue “avventure progettuali” è il tratto più caratteristico del suo operare, sempre impegnato nei più diversi concorsi nazionali e internazionali oltre che nella quotidianità dell’attività professionale. A cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, periodo nel quale abbiamo frequentato lo studio e del quale ci sembra importante raccontare l’atmosfera, il disegno era un’operazione manuale di alta precisione, fatta con la china e il “grafos” su fogli di poliestere. Il progetto delle tavole e delle gradazioni delle texture in bianco e nero applicate a mano con i “retini” era un’opera spesso collettiva che Agosto guidava con autorevolezza, discutendo e stabilendo il peso dei diversi elementi della composizione, coadiuvato dal più stretto collaboratore del tempo, Enrico Capellani. Ripassare uno “spolvero” di Agosto, mettendolo “in bella” su poliestere era una lezione di architettura e pratica costruttiva insieme: i pilastri non erano solo un astratto cerchio nero applicato con i “trasferibili”, ma avevano la dimensione esatta per sostenere la struttura; il modulo che guidava l’articolazione e la disposizione delle forme era anche un mezzo per controllare i costi e rimanere nel budget richiesto; la gerarchia degli elementi, la loro ripetizione e dimensione relativa, erano una lezione di espressività oltre che una risposta concreta alle funzioni richieste. In quel periodo i temi di progetto non riguardavano più i complessi residenziali ma, soprattutto, grandi attrezzature urbane (scuole, stadi, università, palazzetti dello sport) sui quali l’architetto si è confrontato da sempre, a partire dalle sue opere forse più belle: l’Istituto Tecnico Malignani di Udine, il Kennedy di Pordenone, il Candoni di Tolmezzo. In noi, suoi collaboratori, si è mano a mano sviluppata la consapevolezza che quello a cui assistevamo era l’esito dell’esperienza concreta in cantiere che aveva forgiato la modalità con la quale fare ricerca espressiva. In altri termini, la sintesi, la pulizia, l’asciuttezza del gesto architettonico di Renzo Agosto non erano frutto di una ricerca astratta formale, ma di una selezione attenta di quanto, nella realizzazione, fosse davvero necessario e sufficiente per mantenere il carattere dell’opera pensata. È un insegnamento di vita del quale gli saremo sempre grate: concretezza e ricerca sono i due aspetti fondanti della nostra professione.

Paola Cigalotto, Mariagrazia Santoro

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tutto renzo agosto regesto delle opere a cura di Francesca Agosto


concessionaria alfa romeo feletto (ud)

edificio residenziale v. marangoni, udine

committente g. chizzola progetto 1958 realizzazione 1965-1966

committente impresa agosto progetto 1959 realizzazione 1959-1960

istituto medico pedagogico e sistemazione dell’area collinare tricesimo (ud)

edificio residenziale e commerciale v. castellana, udine

committente concorso coprogettisti collaboratori

istituto medico pedagogico provinciale 1958 1° classificato f. anichini, r. panelli e. mattioni

istituto tecnico industriale “a. malignani” udine committente provincia di udine concorso triveneto 1959 1° classificato progetto 1960 realizzazione 1961-1972 coprogettisti e. mattioni, r. panelli, e. pascolo

edificio residenziale e concessionaria fiat v.le venezia, udine committente l. tamburlini progetto 1959 realizzazione 1959-1960

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committente impresa agosto progetto 1959 realizzazione 1960

edificio residenziale e commerciale v. castellana, udine committente progetto realizzazione coprogettisti

impresa agosto 1960 1961 r. panelli

edificio residenziale “francesca” v. marco volpe, udine committente impresa agosto progetto 1960 realizzazione 1961-1962

edificio residenziale e commerciale v. poscolle, udine

hangar tattici delle basi usa aviano (pn) e grosseto

committente filipponi mobili progetto 1959 realizzazione 1959-1960

committente progetto realizzazione coprogettisti

usa army 1960 1961 e. mattioni, r. novarin, a. montalbano, r. panelli


complesso turistico residenziale lignano pineta (ud)

istituto tecnico industriale pistoia

committente concorso coprogettisti

committente concorso coprogettisti

lignano pineta spa provinciale 1961 1° classificato f. anichini, r. panelli

provincia di pistoia nazionale 1962 3° classificato e. mattioni, r. panelli

casa del torre lottizzazione fantoni, udine

edificio residenziale e commerciale v.le venezia - v. san rocco, udine

committente p. del torre progetto 1961 realizzazione 1962

committente d’este progetto 1962 realizzazione 1963-1964

sede della banca cattolica del veneto udine

istituto tecnico industriale “j.f. kennedy” pordenone

committente concorso coprogettisti

committente progetto realizzazione coprogettisti

bcv regionale 1961 2° classificato f. anichini, l. giacomuzzi moore, r. panelli, g. valle

provincia di udine 1962 1967-1970 e. mattioni, e. pascolo, r. panelli

istituto professionale statale tolmezzo (ud)

edificio residenziale v.le ciro di pers, udine

committente concorso coprogettisti

committente progetto realizzazione coprogettisti

provincia di udine triveneto 1961 1° classificato r. panelli, e. pascol0

casa per appartamenti in duplex lignano pineta (ud) committente privato progetto 1962 realizzazione 1962-1963

zoratti impresa agosto 1962 1962-1963 r. panelli

padiglione d’ingresso e centri diagnostici dell’ospedale civile udine committente concorso coprogettisti

nazionale 1963 2° classificato r. panelli, f. vattolo, g. zanini

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valorizzazione turistica della conca di sauris sauris (ud) committente concorso coprogettisti

provincia di udine triveneto 1963 rimborso spese l. giacomuzzi moore

convitto religioso v. sabotino, udine committente suore di san giuseppe (cuneo) progetto 1964 realizzazione 1964-1965

concessionaria renault ora despar v.le leonardo da vinci, udine committente renault spa progetto 1964 realizzazione 1965

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edificio residenziale “messaggerie� v. marangoni, udine committente progetto realizzazione

messaggerie f. lli vergani 1967 1968-1970

piano edilizia economico popolare udine est udine committente concorso coprogettisti

provincia di udine triveneto 1968 rimborso spese g. polesello, e. mattioni, f. tentori

piano regolatore generale di paluzza paluzza (ud) committente progetto approvazione coprogettisti

comune di paluzza 1968 1969 e. mattioni, g. polesello, d. carpenedo

sistemazione della zona est di udine e ristrutturazione del tribunale udine

studio di attrezzature sportive per il comprensorio carnico tolmezzo (ud)

committente concorso coprogettisti

committente comune di tolmezzo progetto 1968

comune di udine nazionale 1965 3° classificato r. panelli, f. vattolo

stabilimento industriale spilimbergo (pn)

scuola media “g. caprin� san sabba, trieste

committente mirolo spa progetto 1966 realizzazione 1966-1967

committente progetto realizzazione coprogettisti

ises friuli venezia giulia 1968 1968-1973 g. grassi, a. rossi, f. tentori


piano edilizia economico popolare udine ovest udine

teatro nazionale dell’opera di belgrado belgrado

committente concorso coprogettisti

committente concorso coprogettisti collaboratori

provincia di udine triveneto 1968 1° premio e. mattioni, g. polesello, f. tentori

propietĂ piussi monasteto di tricesimo (ud) committente e. piussi e p. piussi progetto 1969 realizzazione 1969-1971

edificio residenziale e commerciale v.le duodo, udine committente impresa cossio progetto 1969 realizzazione 1970-1971

casa massarutti tavagnacco (ud) committente fam. massarutti progetto 1970 realizzazione 1970-1971

cittĂ di belgrado internazionale 1970 e. mattioni, g. polesello a. burelli, r. burelli, r. botti

piano edilizia economico popolare udine ovest (nord e sud) udine committente comune di udine progetto 1970 approvazione 1970

piano edilizia economico popolare udine est udine committente comune di udine progetto 1970 approvazione 1970

edifici a schiera per il piano di ricostruzione di erto e casso pordenone committente progetto realizzazione coprogettisti

ises friuli venezia giulia 1970 1972 e. mattioni, g. polesello

palazzetto dello sport tolmezzo (ud)

edificio residenziale di 240 alloggi v. chisimaio, udine

committente comune di tolmezzo progetto 1970

committente progetto realizzazione coprogettisti

iacp 1970 1971-1974 gruppo gescal (e. pascolo, b. vidussi, a. colombo, m. tedesco)

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Finito di stampare nel mese di dicembre 2017 per conto della casa editrice Il Poligrafo presso la tipografia Callegaro di Peraga di Vigonza (Padova)




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