Pellestrina, di Giorgio Crovato, Mariavittoria Tagliapietra, Rita Vianello

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G. Crovato, M. Tagliapietra, R. Vianello  PELLESTRINA

Giorgio Crovato, laureato in Storia all’Università Ca’ Foscari di Venezia, ha rivolto parte dei suoi interessi di ricerca all’ambiente e alla società lagunare, in collaborazione con il fratello gemello Maurizio, a partire dal volume Isole abbandonate della laguna. Com’erano e come sono (1978) e da altre numerose pubblicazioni, come ad esempio I casoni veneti. Un segno millenario di civiltà da recuperare (1981); Barche della laguna veneta (1980); Regate e regatanti. Storia e storie della voga a Venezia (2004); Sant’Erasmo (2009). Per il Laboratoire Italien dell’École Normale Supérieure di Lione ha scritto il saggio Le trasformazioni novecentesche dell’uso delle acque lagunari, in Venezia nel XX secolo (2014). Recentemente ha pubblicato, assieme allo storico Alessandro Rizzardini, Costantino Reyer e Pietro Gallo. Le origini degli sport moderni a Venezia (2016). È socio dell’Ateneo Veneto, dove ha ricoperto le cariche di consigliere e di segretario accademico. Mariavittoria Tagliapietra, laureata in Storia all’Università Ca’ Foscari di Venezia, ha collaborato alla stesura di questo libro per raccontare e dar voce a cultura, storie, tradizioni, usanze di Pellestrina, isola dove vive e lavora.

PELLESTRINA NOVECENTO A VENEZIA LE MEMORIE, LE STORIE

collana diretta da Mario Isnenghi

ILPOLIGRAFO

ISBN 978-88-9387-149-5 e 24,00

Rita Vianello, dottore di ricerca in Etnologia e in Storia sociale, possiede una formazione internazionale e interdisciplinare. I suoi ambiti di ricerca si focalizzano sulle questioni ambientali, le sfide della sostenibilità, le conoscenze locali e il patrimonio culturale materiale e immateriale inerente la cultura marittima, soprattutto nell’area veneziana. Suoi articoli sono pubblicati su riviste accademiche in Italia e all’estero. Nel 2018 ha pubblicato L’oro nero della laguna di Venezia. La mitilicoltura tra eredità culturali e nuove tradizioni. Attualmente è docente di Antropologia ed è stata ricercatrice presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia nell’ambito del progetto Interreg Arca Adriatica sulla valorizzazione del patrimonio marittimo del mare Adriatico. Collabora inoltre, in qualità di antropologa culturale, con il CNR-Ismar di Venezia al progetto Interreg Tretamara sullo studio degli ambienti marini-litorali dell’Alto Adriatico.

Giorgio Crovato, Mariavittoria Tagliapietra, Rita Vianello

Il litorale di Pellestrina è la zona costiera più meridionale che delimita la laguna di Venezia dal mare, un lembo di terra dalle origini antiche e denso di storia che ha attirato l’attenzione di molti studiosi per le sue singolarità. Pellestrina conserva ancora oggi, pure e incontaminate, alcune peculiarità della vita anfibia veneziana, rurale e marina, che sono proseguite anche nel corso del Novecento, tutelando la cultura dell’isola e l’originale inclinazione di comunità sospesa tra le acque del mare e della laguna che riesce a sopravvive in una lunga e sottile striscia di terra. In queste pagine ne viene ripercorsa la storia novecentesca, richiamando alla memoria le vicende millenarie della comunità che vi ha sempre vissuto in una dimensione atemporale, solo in alcuni momenti scossa da avvenimenti drammatici, come le bombe della Seconda Guerra mondiale o la tragica alluvione del 1966 che spezza e travolge gli storici murazzi della Serenissima. Attraverso le testimonianze d’archivio e il continuo relazionarsi con chi vive e opera sull’isola, emerge il ritratto di un luogo fatto di sopravvivenze: di clan famigliari, di nomi che si tramandano di padre in figlio, di antichi mestieri, di tradizioni, di memorie che ogni nuova generazione ha avuto il compito e il merito di preservare, riproponendo anche nella modernità i valori di donne e uomini consapevoli del proprio orgoglio e della propria particolare natura ambientale.



NOVECENTO A VENEZIA. LE MEMORIE, LE STORIE

collana diretta da Mario Isnenghi 19



PELLESTRINA Giorgio Crovato Mariavittoria Tagliapietra Rita Vianello

ILPOLIGRAFO


Pubblicazione realizzata con un contributo del Ristorante Antico Pontello - Pellestrina

Gli Autori e l’Editore ringraziano tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questa pubblicazione, le biblioteche e gli archivi per aver concesso l’autorizzazione alla riproduzione di alcune immagini qui pubblicate in copertina foto di Aurora Vianello progetto grafico e revisione editoriale Il Poligrafo casa editrice redazione Alessandro Lise, Sara Pierobon copyright © settembre  Il Poligrafo casa editrice  Padova piazza Eremitani - via Cassan,  tel.   - fax   e-mail casaeditrice@poligrafo.it www.poligrafo.it isbn ----


INDICE

Presentazione Mario Isnenghi



i.



ii. All’ombra dei campanili Mariavittoria Tagliapietra



iii. Famiglie, cognomi, detti e nomenanse Mariavittoria Tagliapietra



iv. Un pellestrinotto speciale, Olinto Marella Rita Vianello



v.



vi. La scelta del comune unico veneziano Giorgio Crovato



vii. Le risorse tra acqua, terra e barene Rita Vianello



viii. Un lavoro femminile, il merletto Mariavittoria Tagliapietra



ix. Squeri, squeraroli e barche Rita Vianello

Tra mare, murazzi e laguna, una storia antica Giorgio Crovato

Gli ultimi anni del comune autonomo di Pellestrina Giorgio Crovato




x.



xi. Una tradizione conservata: la voga e le regate Giorgio Crovato



xii. Una data simbolo, l’alluvione del  Mariavittoria Tagliapietra



Percorso di ricerca e bibliografia



Indice dei nomi

L’associazionismo culturale e sportivo Mariavittoria Tagliapietra


Faremo un mosaico alla veneziana: questa la nostra intenzione, nel dare avvio alla collana. Anzi, qualche cosa di più diffuso: un pavimento alla veneziana, quel che sta sotto e sostiene. Pietruzze e frammenti vari in un composto fantasioso, con i suoi segreti e le sue regole: se ne possono distinguere i particolari variatissimi o averne una visione sintetica, e si stenterebbe a definirne il colore, tanto l’insieme rimane cangiante, fatto com’è di infiniti sottoinsiemi, multiplo di multipli. Questo nostro pavimento alla veneziana non è antichissimo, l’han fatto nel Novecento, spesso però con materiali di riporto, modelli e riecheggiamenti che venivan da più lontano. Anche se la memoria rimane sovrana a Venezia ed è costitutiva di come questa città è e di come la vediamo e viviamo, c’è oramai un Novecento a Venezia che il trascorrere del tempo – rendendo anch’esso “passato” – permette di mettere a fuoco. «Novecento a Venezia. Le memorie, le storie» ha l’improntitudine di “vedere” anche la Giudecca, Mestre, Marghera: il “nuovo che avanza”, o meglio che “avanzava”, cento e più anni fa. Siamo andati e continueremo ad andare anche per archivi, biblioteche e musei, depositi e – quando funzionano – motori della memoria; non mancano i palazzi patrizi, con le mutazioni e i riusi a cui il tempo via via li destina; ma neppure le tappe e i luoghi in cui Venezia cambia, si trasforma. Cioè, semplicemente, vive? Così quelli del bicchiere mezzo pieno. Oppure, nell’innovare, stravolge e nega se stessa? Così i teorici del bicchiere mezzo vuoto. I lettori degli altri volumi della collana coglieranno il cambiamento di passo impresso dai tre autori – studiosi di Storia contem


poranea, Storia sociale e Antropologia – alla visione di Pellestrina e ai racconti di vita di chi ci ha vissuto e vi abita. In quell’arcipelago che ha nome Venezia, Pellestrina è più isola; e isola più popolare e popolata. È davvero una visione “insulare”, una sorta di mondo a parte a cui un’autrice, in particolare, che risiede nel luogo, aderisce con immedesimazione. Una storia antica – promette e riesuma il primo capitolo. E i capitoli che seguono espongono un percorso dai ritmi rallentati, quasi statico, mettendo il lettore di fronte all’ossimoro di una storia per così dire atemporale. La struttura modulare, per grandi temi, favorisce e accentua il senso di continuità di vite vissute e rivissute all’ombra dei campanili, nella permanenza anche territoriale di pochi clan familiari insediati nelle stesse frazioni di Pellestrina e San Piero in Volta da secoli; e di cognomi, detti, nominanse che perpetuano di generazione in generazione soggetti non meno collettivi che individuali. La mappa dei mestieri tradizionali vede ripetersi genealogie popolari di pescatori di laguna e di mare, di ortolani e merlettaie, di lavoratori di cantieri e squeri – non senza la tradizione compartecipata e festosa di regate e regatanti. Il quadro istituzionale vede l’isola-diga – che, fra natura e artificio, protegge la città dal suo mare – passare negli anni Venti da una condizione di Comune autonomo a quella di periferia della “grande Venezia”. L’ isola lunga e stretta, che ripete nelle sua forma di pesce quella di altre due grandi isole veneziane, la Giudecca e il Lido, vedrà nel corso di un secolo una trasformazione molecolare, con radi stacchi ed eventi; come l’ allontanamento burocratico di un amato e intraprendente prete “modernista” oppure l’affondamento del “Giudecca” sotto le bombe della Seconda Guerra mondiale; ma soprattutto vedrà la rottura repentina del suo spazio-tempo apparentemente separato e immutabile con l’alluvione del ’, che spezza e travolge gli storici murazzi della Serenissima. La triplice e quieta parallela di sempre – mare-terra-laguna – viene sul filo delle ore messa a rischio e devastata. Le onde irrompono. Niente sarà più come prima.

mario isnenghi


PELLESTRINA


Nota degli Autori L’archivio del Comune di Pellestrina è custodito presso l’Archivio Storico del Comune di Venezia alla Celestia. Una prima inventariazione, curata nel  da Sergio Barizza e da Giorgio Ferrari, comprende  buste con  schede, relative al periodo -, ed è contrassegnata dalla sigla A.P./ seguita dalla data di riferimento. Una successiva catalogazione di massima dei fascicoli, contrassegnata dalla sigla A.P./, è stata curata dagli autori di questa pubblicazione e comprende  buste con  cartelle complessive, con documenti datati tra il  e il .


I.

TRA MARE, MURAZZI E LAGUNA, UNA STORIA ANTICA

Giorgio Crovato

Nel descrivere le vicende novecentesche dell’isola di Pellestrina si ritiene utile una breve premessa che rievochi a grandi linee la storia e la geografia delle fasi che precedono il XX secolo, in un ambiente, quello lagunare, da sempre in continua evoluzione e trasformazione. Accanto al Lido e al Cavallino-Jesolo, il litorale di Pellestrina costituisce la zona costiera più meridionale che delimita la laguna di Venezia dal mare. La sua estensione di circa  km si sviluppa dalla bocca di porto di Chioggia a quella di Malamocco. La stessa denominazione, Pellestrina, e la sua etimologia hanno da sempre costituito motivo di dibattito con variegate e originali interpretazioni storiografiche. Numerose e interessanti sono le pubblicazioni sulla storia dell’isola come numerosi e apprezzati sono gli studiosi, antichi e moderni, che le hanno dedicato ricerche e saggi. Fonte basilare nella preparazione di questo lavoro, la prestigiosa Storia di Venezia, opera realizzata tra il  e il  dal costante impegno di stimate e autorevoli personalità del mondo accademico, con la collaborazione scientifica della Fondazione Giorgio Cini e dell’Istituto della Enciclopedia Italiani Treccani. L’opera assegna un significativo spazio alla voce “Pellestrina”, partendo dagli otto tomi dedicati Dalle origini alla caduta della Serenissima, proseguendo nel periodo contemporaneo con i tre volumi riservati all’Ottocento e al Novecento, nonché i tre tematici, in particolare Il mare. Il dettaglio dei numerosi saggi considerati viene indicato nelle note e in bibliografia. Apprezzati i contributi dei grup


 

pi culturali che operavano fino a pochi anni fa nel litorale: l’Associazione Culturale e Sportiva Murazzo di Pellestrina e l’Associazione Culturale “El fughero” di San Pietro in Volta e Portosecco. Su Pellestrina, antica e moderna, gli storici Mario De Biasi, segretario della Deputazione di Storia Patria per le Venezie, tra il  e il , e Laura Gorlato, socia dell’Ateneo Veneto, ambientalista, hanno dedicato studi e articoli. Non possiamo inoltre non menzionare, per l’utilità degli strumenti – sia sul piano della cronologia sia su quello della sintesi storiografica – l’Atlante e l’Enciclopedia di Venezia, frutto dell’opera certosina di Giovanni Distefano. Il nome del luogo, Pellestrina, nelle preistoriche vicende di vita lagunare è collegabile, sotto il profilo etimologico, in una prima verosimile ipotesi, all’idronimo Fossa Philistina, Fossiones Phylistine, Fosse Pistrine: sono le similari denominazioni che si riferiscono ad un canale artificiale che transita tra i litorali delle lagune venete agevolando lo sviluppo dei commerci e rendendo meno pericolosa la navigazione, in particolare quella definita endolagunare, a ridosso del mare, tra i canali interni e le foci dei numerosi fiumi. In questo territorio, accanto alle frequenti alluvioni, agli stravolgimenti naturali dell’ambiente, considerando anche le trasformazioni di carattere antropico dei territori, l’origine del nome Philistina prende spunto dall’opera dello storico e militare Philistos, Filisto di Siracusa, in azione nel IV secolo a.C. tra Magna Grecia e latinità, con frequentazioni nella città di Adria. Philistos (oppure Philistus) mette a disposizione la sua cultura e la sua competenza per gli interventi di ingegneria idraulica e da qui si suppone che parta lo scavo della Fossa  L’ACS Murazzo ha curato numerose pubblicazioni sulla storia e sulla cultura dell’isola, tra cui l’edizione di Pellestrina storia di un’isola tra mare e laguna, a cura di Mario De Biasi, Laura Gorlato, Antonio Stangherlin, Otello Vianello, Pellestrina ; Invito all’isola di Pellestrina, con contributi di Mario De Biasi, Annalisa Busetto, Rossella Favero, Elena Fongher, Antonio Fongher, Alberto Giganti, Gianfranco Scarpa Barche, Alberto e Daniele Scarpa, Elio Scarpa, Ottorino Fongher, Tarsilio Fongher, Pellestrina .  L’Associazione Culturale “El fughero”, oltre alle diverse iniziative aventi per oggetto le tradizioni e la storia del litorale è, assieme all’Associazione Abitanti in Isola, tra i promotori del Piccolo Museo della Laguna Sud.  Camillo Cessi, Filistina, «Rivista bimestrale Ateneo Veneto», XXI, , .




.  ,   ,   

che porterebbe il suo nome. Il canale Pristine, Philistina, partendo dall’Adige, attraversa la laguna di Chioggia e sfocia nell’Adriatico presso il litorale di Pellestrina, per estensione Lido Filistilo, Litus Pilistine. Se la formazione della laguna, circa seimila anni fa, è attinente a un’epoca non proprio antichissima, in considerazione delle ere geologiche, ma pur sempre riconducibile alla Preistoria, anche per i probabili accostamenti con i Filistei, Philistei, popolazione illirica, è immaginabile, per una seconda ipotesi sull’etimologia di Pellestrina (Filistine, Pelestrine) il periodo che precede la Storia. Gli Illiri sono un’antica popolazione di lingua indoeuropea che si stanzia nella penisola balcanica, sul versante dell’Adriatico, con successive infiltrazioni nelle confinanti Grecia e Italia. Adria ha la stessa genesi di altri importanti centri litoranei, come Venezia e Chioggia, fra terra, laguna, fiumi e mare. L’importanza della città, confermata anche dal fatto che dà il nome al mare Adriatico, interrompe il suo sviluppo per il graduale interramento del suo porto. A testimonianza del passato, attraversa Adria il Canal Bianco, antico letto del fiume Tartaro, indicato da alcuni storici arcaici col nome di fiume Pristina. È forse possibile collegare il nesso storicogeografico anche con la storia contemporanea: fino alla devastante alluvione del Polesine del  era vivo nelle adiacenze il Borgo Pellestrina. In questi spazi a ridosso delle lagune si sviluppano importanti centri urbani di origine paleoveneta, poi assoggettati all’Impero Romano. Oltre ad Adria, Padova, Concordia, Aquileia e Altino crescono e prosperano nei commerci mettendo in contatto diverse culture, da quelle etrusche a quelle celtiche. Le prime comunità lagunari si confrontano e all’occasione si scontrano con altri popoli provenienti, a ondate, dal 

Antonio Carile, Giorgio Fedalto, Le origini di Venezia, Pàtron editore, Bologna , p. ; Giovan Battista Pellegrini, Dai Veneti ai Venetici, in Storia di Venezia. Dalle origini alla caduta della Serenissima, I, Origini. Età ducale, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma , p. .  Lellia Cracco Ruggini, Acque e lagune da periferia del mondo a fulcro di una nuova «civilitas», in Storia di Venezia..., I, cit., p. .




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nord e dall’est dell’Europa, talvolta in transito e talora per trovare una residenza stabile. L’effetto delle cosiddette invasioni barbariche ha rappresentato un ulteriore impulso agli insediamenti di gruppi familiari tra isole e litorali lagunari, peraltro già abitati, come confermato da recenti studi archeologici. A proposito di scavi archeologici in laguna è opportuno qui ricordare l’impegno di una vita dello studioso Ernesto Canal, attivo tra il  e il , autore della fondamentale opera Archeologia della laguna di Venezia. Dilettante archeologo e subacqueo, poco considerato all’inizio delle sue ricerche tra velme e barene, ma che in seguito vede apprezzato e valorizzato il suo contributo storiografico con l’intervento di stimati accademici, tra i quali Wladimiro Dorigo. A Canal si devono i rilievi nel canale della Cava, probabile tratto della via endolitoranea Popiliola, nel percorso tra Ravenna e Aquileia, e il rilevamento sui resti di fondazione dell’antica chiesa di Santa Maria della Cava, accanto a Portusicho, Portosecco. Canal aveva seguito queste tracce forse stimolato dal racconto di Francesco Scarpa, meglio conosciuto come Checchino, cacciatore e pescatore di Pellestrina, che già aveva accertato la presenza in loco di reperti riconducibili alla scomparsa isoletta di Santa Maria della Cava. La sopravvivenza “anfibia” del popolo della laguna è decorosa: caccia e pesca offrono un’adeguata alimentazione, non mancano gli spazi per le colture. La vita continua e la popolazione delle Communitas aumenta alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente, anche se vengono a mancare i capisaldi dell’organizzazione latina e tutti i sudditi della X Regio Venetia et Histria non sono più tutelati e difesi dalla compattezza militare dell’Impero. La comunità venetica cresce e si riorganizza nel Dogado, con al centro Rialto e San Marco, rafforzandosi al riparo dal

Per un approfondimento sul tema, cfr. Massimiliano Pavan, Girolamo Arnaldi, Le origini dell’identità lagunare, in Storia di Venezia..., I, cit., pp. -.  Ernesto Canal, Archeologia della laguna di Venezia, Cierre, Sommacampagna , p. ; Scoperta di un frammento della storia di Pellestrina (S. Maria della Cava), ACS Murazzo, Pellestrina .




.  ,   ,   

le insidie della vicina terraferma, meno sicura perché esposta al transito di eserciti e popoli bellicosi, che dispongono di armi e cavalli, ma che tuttavia non sono dotati di mezzi adatti alla navigazione, benché lagunare. Analogamente, sul versante marino, percorso da pirati e navi nemiche, l’accesso alle acque lagunari è ostacolato dai bassi fondali e dalla non conoscenza dei canali percorribili. Se il sale è il prodotto che stimola i primi commerci, è la cultura della navigazione, prima fluviale e poi marina, che agevola il superamento di barriere e distanze tra paesi e continenti. Dalle semplici e modeste imbarcazioni lagunari delle origini, l’evoluzione della tecnica consente la costruzione di navi sempre più attrezzate, che possono affrontare viaggi sempre più lontani, incrementando la vocazione dei commerci. «Sette mari», usato ancora oggi per suggerire destinazioni misteriose e inesplorate, evoca, negli autori arcaici, spazi e vie d’acqua in quantità indefinita. Ed è proprio l’acqua, quella dei fiumi e quella del mare, a favorire ricchezza e potenza, trovandosi la laguna di Venezia virtualmente al centro dell’Europa, tra occidente e oriente del mondo allora conosciuto, terra e mare Mediterraneo. Il consolidamento sociale e politico della civitas lagunare dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente e la sua stretta relazione sia strategica sia commerciale con Bisanzio, vede le isole del Dogado – Pellestrina compresa, non distante da Torcello, Cittanova-Eraclea, Equilio-CavazuccherinaJesolo, Malamocco, Olivolo, Rialto e San Marco – crescere di importanza accanto al Comune Venetiarum. Il litorale di Pellestrina è, all’epoca, diviso in due dalla bocca di porto di Albìola, in precedenza denominata Pàstene, uno dei varchi tra mare e laguna, oggigiorno non più esistente, interrato naturalmente nel corso del Medioevo (l’attuale Portosecco). Nella parte nord, Lido di Albìola o di 

Sull’importanza della produzione e del commercio del sale, cfr. JeanClaude Hocquet, Le saline, in Storia di Venezia..., I, cit., pp. -; Id., La politica del sale, in Storia di Venezia. Dalle origini alla caduta della Serenissima, II, L’età del Comune, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma , pp. -.  Sulle origini degli insediamenti in laguna, cfr. Andrea Castagnetti, Insediamenti e «populi», in Storia di Venezia..., I, cit., pp. -.





II. ALL’OMBRA DEI CAMPANILI

Mariavittoria Tagliapietra

Due porti, quello di Chioggia a sud e quello di Malamocco a nord, a est il mare Adriatico, a ovest la laguna di Venezia. Questi i confini che delimitano una lingua di terra tra mare e laguna, lunga  km e mezzo e larga al massimo , km, larghezza media  metri, per una superficie totale di circa  ettari. Le acque del mare e della laguna regalano un clima mite sia in inverno che in estate. La bora e lo scirocco sono i venti che spirano con maggior frequenza, la bora regala, a volte, belle giornate di stravédo, lo scirocco porta umidità. Meno frequenti sono il levante e il garbìn, che nessuno a Pellestrina chiama libeccio. Il ponente e il maestrale spesso portano qualche caligà, temporali intensi, ma di breve durata. Procedendo da Ca’ Roman verso Santa Maria del Mare – le due estremità dell’isola – passando per i centri abitati di Pellestrina, Portosecco e San Pietro in Volta, i cambiamenti novecenteschi degli spazi pubblici e privati appaiono contenuti e cirscostritti all’ombra dei campanili e delle chiese che da secoli vigilano su palazzi e case armoniosamente colorati e cadenzano i passi della vita del litorale, conservando identità, saperi, abitudini e comportamenti di chi vive tra laguna, terra e mare. Originale interconnessione tra civitas e urbs, motivo di orgogliosa e marcata identità. In uno spazio così ristretto e particolare da un punto di vista morfologico e conseguentemente anche da un punto di vista urbanistico, gli abitanti, nel corso dei secoli, sono riusciti a costruire cinque chiese, due capitelli e due cimiteri; 


 

ci sono inoltre due chiese di epoca più recente, una a Ca’ Roman e una a Santa Maria del Mare. Presenze di una certa rilevanza – come edificazioni storiche – rivestono anche quelle costruite per scopi di presidio e di difesa militari. Forti e batterie dislocati lungo tutto il tratto costiero, in considerazione della particolare posizione strategica del litorale, sono stati realizzati a partire dall’epoca della Serenissima, conservati, restaurati o ricostruiti nel tempo dalle successive sovranità, francese, austriaca e infine italiana. Interessante a tale proposito, per la descrizione dettagliata dei sistemi di fortificazione, un documento redatto dallo Stato Maggiore dell’Esercito austro-ungarico nel . Si tratta di un «manuale d’invasione», una pubblicazione tascabile ad uso degli ufficiali, contenente informazioni di natura non esclusivamente militare, corredato di cartine con disegnate le fortificazioni della «piazza di Venezia», all’inizio del Novecento. La precisione dei dati per «l’attacco» fa riflettere sulla “fiducia” degli ancora alleati nella Triplice Alleanza e anche sull’appoggio di informatori locali, probabili “austriacanti” ancora legati all’Impero, nonostante le lotte risorgimentali e l’annesione del Veneto al Regno d’Italia. La minuziosa descrizione non trascura alcun particolare del territorio compreso tra la terraferma di Mestre e Marghera, la laguna, la costa e i litorali. Di Pellestrina vengono elencati forti, ridotti, batterie e ottagoni con annessi armamenti ed anche il numero ipotetico di ufficiali e truppe di fanteria e di artiglieria impiegati in loco. La Repubblica Serenissima si è fatta carico della difesa di questa sottile striscia di terra cercando di difenderla sia dalle aggressioni dei nemici, sia dalle aggressioni del mare. Per cercare di arginare il mare si inizia con opere semplici: terra, sabbia, moli in pietra d’Istria, i murazzi, un’opera che ancora oggi difende l’isola. I cani da guardia invece tenevano lontani i nemici. Così erano chiamati i bastioni – gli isolotti – di forma quasi sempre ottagonale costruiti, alla fine del XVI  Titolo originale dell’opera: Fortificatorische Detailbeschreibung von Venedig-Mestre (mit  Beilangen), Il piano di attacco austriaco contro Venezia. Il territorio, la laguna, i fiumi, i forti e le città nell’anno , edizione e traduzione a cura di Pierandrea Moro, Marsilio, Venezia .




. ’  

secolo, vicino alle bocche di porto su bassi fondali così da non poter essere raggiunti da attacchi. Due di questi bastioni sono di fronte a Ca’ Roman e di fronte a San Pietro in Volta. L’ottagono di Ca’ Roman oggi è di proprietà demaniale e versa in stato di abbandono, stessa sorte anche per quello di San Pietro, quest’ultimo di proprietà privata. Entrambi sono stati in attività fino al secondo dopoguerra. Dopo essere stati utilizzati nel corso dei secoli dalla Serenissima, dal Regno Italico, dal Regno Lombardo-Veneto, dal Regno d’Italia e infine dalla Repubblica Italiana, essendo venuto meno il loro scopo, non si è ancora trovata un’alternativa per il loro recupero. Per difendere le bocche di porto di Chioggia e di Malamocco la Serenissima ha costruito a Pellestrina anche forti e batterie. Attorno al  si costruisce il forte di San Pietro, a Santa Maria del Mare. Nel corso dei secoli sarà potenziato prima dai francesi poi dagli austriaci, infine tra il  e il  si costruisce e si arma al suo interno, la batteria da difesa costiera “Enrico Dandolo”. Nella frazione di San Pietro in Volta gli austriaci tra  e  hanno costruito il forte San Pietro in Volta (-) conosciuto come forte Belvedere ed il forte Santo Stefano (-). Il primo, costruito su un terrapieno circondato da un fossato con acqua, controlla il canale di San Pietro in Volta e al suo interno nel  viene creata la batteria “Marco Polo”. Durante la Seconda Guerra mondiale serviva anche come presidio anti-paracadutisti. Il secondo si trova in località Portosecco, anche questo serve per la difesa e il controllo del canale navigabile. Nel  al suo interno si costruisce la batteria da difesa costiera “Daniele Manin”, gemella delle batterie del forte San Pietro in Volta e di quella del forte “Barbarigo”. Il forte “Barbarigo” è costruito a Ca’ Roman dalla Serenissima intorno al ; tra il  e il  è utilizzato come batteria dalle truppe francesi; nel  viene costruita la nuova batteria da difesa costiera “Agostino Barbarigo”con il compito di controllare l’entrata del porto di Chioggia, il canale in direzione di Pellestrina e tutta l’area di Ca’ Roman. Ca’ Roman è un’oasi naturalistica protetta situata all’estremità sud dell’isola, rimasta disabitata fino al . In quell’an-





. Laguna di Venezia (da Ermolao Paoletti, Il fiore di Venezia ossia i quadri, i monumenti, le vedute, ed i costumi veneziani, Tommaso Fontana, Venezia )


ďœ˛. Veduta aerea del sestiere Busetti, primi anni Sessanta; in primo piano il cantiere Menetto e la chiesa di Ognissanti (Archivio Vittorio Crosara)


. Veduta aerea del litorale prima dello sviluppo urbanistico, primi anni Sessanta (foto di Vittorio Crosara) . Veduta dalla laguna del sestiere Vianelli, sullo sfondo il Santuario dell’Apparizione, in una litografia dell’Ottocento (Archivio Vittorio Crosara)


-. Veduta del sestiere Busetti dal campanile della chiesa di Ognissanti, - (foto di Vittorio Crosara)


ďœˇ. Riva Di Botta, anni Settanta ďœ¸. Cavana Di Botta, anni Settanta (foto di Narciso Ghezzo)



. Passaggio di due burci da San Pietro in Volta, anni Settanta . Porticciolo al Belvedere, anni Sessanta . La laguna da San Pietro in Volta,  (foto di Narciso Ghezzo)


. Casone Ca’ Torson di Sotto, anni Sessanta (Archivio privato) . Casone Spignon, anni Ottanta (Archivio Associazione Culturale “El Fughero”)


. Ex Faro “Pagoda” sulla diga foranea a Santa Maria del Mare, subito dopo l’alluvione del  (foto di Narciso Ghezzo)


. Frontespizio dell’opuscolo Voce d’oltre tomba. Alcune lettere di Tullio Marella nel I anniversario da la sua morte. XXI agosto MCMXIV,  (Archivio famiglia Campostrini)


III. FAMIGLIE, COGNOMI, DETTI E NOMENANSE

Mariavittoria Tagliapietra

Il titolo del capitolo è originale e impegnativo per Pellestrina. Originale perché la ricerca è circostritta e con confini geografici ben delineati dall’acqua, impegnativo perché si rischia sempre di commettere qualche errore o dimenticare qualcuno. Eventuali segnalazioni contribuiranno, se del caso, ad apprendere qualcosa di nuovo e aggiornare la ricerca. Lo studio di questa materia, antroponimia, è complesso e affrontato in modo scientifico soprattutto nel Novecento. Se il cognome indica a quale famiglia appartiene una persona, e il nome o prenome designa individualmente il soggetto, soprannomi e appellativi, detti e nomenanse risultano utili e talvolta fondamentali per meglio individuare un individuo, soprattutto in realtà sociali di piccole dimensioni come isole o paesi di campagna e di montagna, dove le omonimie sono frequenti. Qui i gruppi familiari spesso vivono da secoli nello stesso territorio, per effetto di guerre, invasioni o immigrazioni. Nomenansa, come termine, è d’uso tipico del litorale. Un noto dizionario del dialetto veneziano per soprannome indica la voce dialettale nominagia. Questa breve premessa intende sottolineare la peculiarità di Pellestrina, che anche in tempi di storia contemporanea e in particolare nel Novecento continua tenacemente con la propria tradizione per “per Per un approfondimento in materia cfr. Emidio De Felice, Dizionario dei cognomi italiani, Mondadori, Milano .  Giuseppe Boerio, Dizionario del dialetto veneziano, prima ed. , rist. anast., Martello Editore, Milano .

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sonalizzare”, a volte con simpatia altre facendo riferimento a difetti e mestieri, i propri compaesani. Sono passati sei secoli e circa una trentina di generazioni monopolizzati dai cognomi di quattro famiglie originarie. Busetto, Vianello, Zennaro e Scarpa, questi i cognomi delle quattro famiglie padronali che dopo la guerra di Chioggia, nel XIV secolo, si assumono e accettano l’incarico di ricostruire l’abitato del litorale che era stato raso al suolo. Un borgo di pescatori e ortolani, devastato dal conflitto con un’altra repubblica marinara, Genova, dove si conduce una vita ai limiti della sopravvivenza. Situazione che nei secoli migliora, pur rimanendo estremamente povera. Nella seconda metà del XVIII secolo la Serenissima commissiona ai più importanti esperti dell’epoca studi sulla difesa dei litorali della laguna dalle mareggiate, iniziando dalle “palizzade verticali” al lido di Pellestrina, il litorale più sottile e più esposto, e poi con le faraoniche opere di costruzione dei murazzi, evidenziando l’importanza di questo orlo della laguna. Forse è un po’ minore l’attenzione riservata alle sorti della maggior parte della popolazione, che, continuando ad occupare questo territorio, ne assicura di fatto la sopravvivenza. Anche per le successive amministrazioni intervenute nel territorio, sia straniere sia italiane, l’attenzione è più rivolta alla difesa della laguna e alle postazioni di difesa militare dell’area. Emblematico, a titolo di esempio, ad unificazione italiana già avvenuta, l’avviso della Regia Prefettura della provincia di Venezia, datato  ottobre : Chi possiede una casa, un orto o qualsivoglia altro terreno elevato, circondato od in margine alla Laguna, deve impedire che le sponde scoscendano, e perciò deve munire la sua proprietà con muri e mantenere questi continuamente in buono stato. Lo scopo di questa disposizione, essendo la difesa del Canale o del bacino di Laguna contro il franare delle sponde e non la difesa delle sponde contro l’azione delle acque, la manutenzione dei muri sta esclusivamente a carico del frontista. Rimarcatisi lungo il Litorale di Malamocco e Pellestrina, in seguito anche alle burrasche recentemente avvenute, gravi guasti alle fondamente o sostegni sulla Laguna questa R. Prefettura diffida col presente gl’interessati a far praticare tutte le opere o riparazioni necessarie per porre in perfetto stato le sponde tutte confinanti colla Laguna o coi Canali. 

A.P./, b. , cartella .

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. , ,   

Sono dunque gli abitanti che hanno l’onere di mantenere in buono stato le rive e, d’altro canto, cosa rappresenta questo tipo di attività se non il ricordo dell’antico lavoro dei busetti, ossia cava fango e impianta pali? La famiglia Busetto Lorenzin, originaria di Pellestrina, poi trasferitasi a Venezia, gestiva una ditta specializzata nello scavo dei rii di Venezia. Attiva fino alla seconda metà del Novecento, selezionava i suoi operai quasi esclusivamente fra i Busetto di Pellestrina che hanno continuato di generazione in generazione, fino ai tempi moderni, il loro antico mestiere. Ognuna delle quattro famiglie occupa una zona, partendo dalla zona più a sud il sestiere Busetti, il sestiere Vianelli, il sestiere Zennari e il sestiere Scarpa. Monsignor Giorgio Naccari, arciprete di Pellestrina all’inizio del Novecento, così scrive, in un suo trattato storico, a proposito delle famiglie originarie: Un anno dopo, il  giugno , il Serenissimo Andrea Contarini poteva scendere trionfalmente a Chioggia riconquistata, e Pellestrina poteva risorgere dalle sue rovine, per opera delle famiglie chioggiotte immigratevi: i Busetto, i Vianelli, i Zennaro e gli Scarpa. Le quattro famiglie divisero la borgata in quattro parti, ed ogni famiglia, nel circuito del proprio territorio, ebbe mandato di accomodare meglio i miseri avanzi delle guerre; cioè rifabbricare case, rifar strade, accomodare vigne e poderi; tutte insieme erano poi impegnate a restaurare le Chiese per il regolare servizio del culto. Fecero così bene, che ricostrussero in pochi anni la piccola città, che rimase divisa, da allora fino ad oggi, in quattro quartieri, che poi ad imitazione della Dominante, vennero chiamati Sestieri, e che si chiamano appunto Busetto, Scarpa, Zennaro, Vianelli, e diedero al paese lo stemma, che reca una scarpa (Scarpa), la via lattea (Vianelli - Via Coeli), un ceppo ardente (Zennaro - Gennaio, freddo, fuoco per riscaldarsi) e una mano aperta recante nel mezzo un sanguinoso foro (Busetto - piccolo buco).

Queste, in breve, le origini della maggior parte dei pellestrinotti. Naccari si limita a una descrizione che esclude qualsiasi riferimento confessionale. Nello stemma del Municipio, concesso nel  dall’imperatore Francesco Giuseppe, appaiono equamente divisi in uno scudo gli emblemi delle quattro famiglie. Per la famiglia Busetto una mano aperta con 

.



Giorgio Naccari, La pieve di Pellestrina, brevi cenni storici, Chioggia


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un buco sul palmo che potrebbe riferirsi, in chiave religiosa, alle stigmate della Passione di Cristo; per la famiglia Vianello una scala con tre stelle sul lato superiore, ad indicare il cielo, e una croce sul lato sinistro; per la famiglia Zennaro un ceppo ardente con tre stelle nella parte superiore; per la famiglia Scarpa ovviamente una scarpa con una grande croce. Otello Vianello, già presidente dell’ACS Murazzo e della Cooperativa Pescatori di Pellestrina, riguardo all’origine dei cognomi Busetto e Zennaro dà una interpretazione diversa. Zennaro da zénare, cenere, quella lasciata dal fuoco di brace. Invece il buco nella mano dei Busetto indicherebbe più prosaicamente un’inclinazione alle spese facili, cioè mani bucate. Poche le infiltrazioni di altre famiglie, per secoli, nel tessuto sociale dell’isola. Nella attigua San Pietro in Volta invece i cognomi prevalenti sono due: Ballarin e Ghezzo. I primi si insediano nella parte nord del litorale arrivando probabilmente da Chioggia, come le quattro famiglie che si insediano a Pellestrina in epoca medievale. Esiste ancora, nelle vicinanze dell’approdo del ferry boat, una zona di bassi fondali chiamata el palùo dei Balarini. I Ghezzo si insediano a sud della chiesa, nella zona di ghessi. Sull’origine del cognome più di qualche autore propende per una provenienza medio-orientale. Da ghazi (compiere incursioni, saccheggiare in territorio ostile), titolo onorifico assegnato ai soldati mercenari presso l’impero ottomano e poi anche ai soldati al servizio della Serenissima in Medio Oriente. Altra ipotesi la derivazione da ghez o gheez, con il significato di scuro di pelle, colore delle popolazioni mediorientali. Portosecco invece è originariamente abitata da appartenenti alla famiglia Scarpa. Dal Sommarione di Pellestrina del  apprendiamo che il cognome più diffuso e meglio distribuito in isola è Vianello, che i Busetto sono quasi esclusivamente nel loro sestiere, gli Zennaro in sestier Zennari e gli Scarpa in sestier Scarpa e a  Loriano Ballarin, I cognomi di San Pietro in Volta, «Rivista di studi e ricerche», , ottobre .  Ibid.  Sommarione di Pellestrina , a cura di Giovanni Ballarin, Comune di Venezia, Venezia .

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. , ,   

Portosecco. A San Pietro in Volta in località dei ghezzi appunto i Ghezzi, che nel successivo passaggio dal Regno Italico a quello austriaco diventano Ghezzo, mentre in zona Di Botta i Ballarin. Sono passati sei secoli, ma le famiglie sono ancora radicate nei luoghi dei loro primi insediamenti. Pochi gli appartenenti ad altre famiglie. Sono i Menetto, gli Schiavoni (che poi diventano Schiavon), i Gavagnin, i Rosada, i Sambo, i Veronese, i Malusa, gli Scalabrin, i Boscolo, famiglie che si radicheranno e che ritroveremo attive nel Novecento. Curiosa l’ipotesi che il famoso pittore quattrocentesco Vittore Carpaccio possa avere origini pellestrinotte. Nelle Vite de’ più eccellenti pittori, scultori, e architetti italiani, di Giorgio Vasari, un capitolo è intitolato Vita di Vittore Scarpaccia et altri pittori viniziani e lombardi. Anche Francesco Sansovino nella sua opera Venezia descritta parla di Vittorio Scarpaccia. Cesare Vecellio nella sua opera Degli habiti antichi et moderni di tutto il mondo, citando Carpaccio lo chiama Vittore Scarpe, diligentissimo pittore. Che il cognome del Carpaccio fosse stato Scarpa? E di una famiglia Scarpa di Pellestrina? Anche Cagnaccio di San Pietro (-), pittore che ha vissuto la sua infanzia in isola, di cognome faceva Scarpa. Un artista contemporaneo è Angelo Scarpa Barche, pellestrinotto, apprezzato pittore di scorci lagunari. Della nobile famiglia di artisti che diventano pellestrinotti perché scelgono per vivere la magia del litorale una citazione merita sicuramente Giorgio De Gaspari, da molti critici ritenuto uno dei più grandi illustratori del Novecento. Nasce nel  in provincia di Milano, la sua carriera artistica inizia nella redazione del «Corriere della Sera». Nella stessa redazione e negli stessi anni, ma al «Corriere dei Piccoli» opera un altro noto illustratore e fumettista, Hugo Pratt, coetaneo di De Gaspari, e che sceglie la vicina Malamocco come suo luogo di residenza. Agli inizi degli anni Settanta De Gaspari sceglie Pellestrina come luogo dove vivere la 

Federico Fontanella, Le origini del pittore quattrocentesco Vittore Carpaccio sono pellestrinotte?, in Il Bucintoro del Terzo Millennio. Dodicesimo premio biennale “Murazzo” di poesia in dialetto veneto, ACS Murazzo, Pellestrina , pp. -.

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mente colorata di giallo, col riposo non dà alcun sedimento. Non contiene cloruri, non fosfati, non nitriti, non nitrati». Il Comune, per le spese sostenute, è ricorso a un mutuo con la Cassa di Risparmio di Venezia, filiale di Chioggia, di lire ., al tasso del ,%. Curiosa la motivazione di concessione del mutuo: «[...] per pagamento di passività in dipendenza del colera». Iniziative sul territorio vengono assunte anche dal governo centrale, in materia di regime delle acque e più in particolare sulla conservazione dei murazzi a difesa del litorale e della laguna. Fin dal  è stato istituito un moderno Magistrato alle acque. La legge istitutiva ne prevede le competenze nell’ambito del Ministero dei Lavori Pubblici con un presidente nominato dal Capo dello Stato, sentito il Consiglio dei Ministri, con sede decentrata a Venezia. Nel , nel suo «anno VI del risorto Magistrato alle acque», viene posta a Pellestrina una lapide sulla parete della fondamenta verso la laguna che recita testualmente: ausu romano aere veneto. Curiosi i tentativi di traduzione di questa iscrizione, che forse anche nelle intenzioni dei compilatori si presta a interpretazioni singolari: «con audacia romana, con denaro veneto»; «con l’audacia che contraddistingue i romani, ma con il denaro dei veneti»; «con il metodo dei romani, in territorio veneto»; «con ardimento romano, a spese della Repubblica Serenissima». Quale il messaggio espresso da chi firma? Quale il reale significato delle singole parole e della locuzione? Il periodo della posa, , non è tanto distante dalla proclamazione di Roma capitale dell’Italia unita e il riferimento all’iniziativa del governo centrale vuole forse sottolineare la sensibilità della politica romana con una ideale continuazione delle opere realizzate dalla Serenissima, quasi due secoli prima, a salvaguardia del delicato territorio. Se è storicamente comprensibile l’accostamento con le opere della romanità, non è da escludere neppure un vela A.P./, b. , cartella .  A.P./, b. , cartella .  Cfr. Invito all’isola di Pellestrina...,

cit., p. ; Susanna Grillo, Venezia. Le difese a mare, Arsenale Coop. Editrice, Venezia , p. ; Pellestrina storia di un’isola..., cit., p. .

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to riferimento a una analoga lapide posta dalla Repubblica Veneta, a Ca’ Roman, nel  con una scritta latina che si chiude con Ab urbe condita MCCCXXX nello stile romano di datazione «dalla fondazione di Roma», solo che in questo caso la data fa riferimento alla data di fondazione della città di Venezia, cioè  d.C. Affinché i sacri estuari sedi della città e della libertà venissero conservati in eterno colossali moli di solido marmo contro il mare posero i curatori delle acque nell’anno di grazia  – Dalla fondazione della città .

Sul piano finanziario ed economico inizia per il Comune di Pellestrina una fase di crisi che si aggrava all’approssimarsi del conflitto mondiale.

 Ut sacra aestuaria urbis et libertatis sedes perpetuum conserventur colosseas moles ex solido marmore contra mare posuere curatores acquarum an.sal. MDCCLI ab urbe con MCCCXXX. Per un dettagliato e interessante riferimento alle molteplici iscrizioni a ricordo dei murazzi, cfr. Susanna Grillo, Venezia. Le difese a mare..., cit. pp. -.





-. Colonia balneare,  (Archivio Associazione Culturale “El Fughero”) . Fante Giovanni Ballarin, caduto sul fronte di Gorizia nel  (Archivio famiglia Ghezzo)


. «Gazzetta di Venezia»,  luglio  . «Gazzettino di Venezia»,  giugno 


. Manifesto,  . Manifesto,  . Manifesto,  (Archivio Comune di Pellestrina)


. Pescatore di caparozzoli in barena, anni Sessanta (foto di Narciso Ghezzo) . Casone, anni Novanta (foto di Luigi Gigi Ferrigno)


. Casone a Santa Maria del Mare, anni Novanta . Casone, anni Novanta (foto di Luigi Gigi Ferrigno)


. Merlettaie, anni Quaranta (Archivio Luigino Vianello Buba) . Merlettaie,  (Archivio Luigino Vianello Buba) . Anziana in cucina che lavora al balon, anni Sessanta (foto di Narciso Ghezzo) . Diploma rilasciato nel  alla merlettaia Teresa Malusa (Archivio famiglia Tagliapietra)


-. Merlettaia e tomboli con merletti in lavorazione, anni Sessanta (foto di Vittorio Crosara) . Cotta realizzata per il patriarca Angelo Roncalli (proprietà Maria Busetto Cesaro) . Riproduzione dall’originale della tovaglia offerta al Presidente della Rapubblica Giovanni Gronchi, anni Cinquanta (proprietà Maria Busetto Cesaro)


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al pericolo d’invasione dalle acque del mare e, quindi, è urgente rimettere in efficienza le opere di protezione. L’on. Mancini ha informato sui provvedimenti presi nell’ultima riunione del Consiglio dei ministri, provvedimenti che prevedono stanziamenti con i quali sarà possibile riparare e rafforzare le opere danneggiate, in particolare i murazzi, e costruirne di nuove per una migliore protezione dell’abitato. Secondo la valutazione riferita dal Sindaco “[...] i danni della difesa a mare di Venezia ammontano approssimativamente a tre miliardi di lire”.

Iniziano le visite, Pellestrina e San Pietro in Volta non hanno mai visto tante personalità come in quei giorni. Il senatore Ted Kennedy, informato da Teresa Foscari, esponente di spicco di Italia Nostra, arriva all’aeroporto Marco Polo a bordo di un aereo di proprietà di Gianni Agnelli. Lo accolgono, assieme a molte altre persone, la stessa Teresa Foscari Foscolo e il sindaco. Con sei motoscafi Kennedy e i suoi accompagnatori raggiungono il centro storico, attraversano il bacino di San Marco e si dirigono verso Pellestrina. Ad accoglierli, davanti all’ospedale elioterapico, il direttore dottor Michele Grandesso, che assieme ad altre autorità locali e ad altri abitanti dell’isola, accompagnano Kennedy a vedere i danni causati dalla furia del mare ai murazzi. È sorpreso nell’apprendere che il mare ha attraversato tutta l’isola fino a raggiungere la laguna, condivide pienamente il pensiero di chi sostiene che Venezia non possa essere salvata senza un’adeguata difesa dall’Adriatico. Stringe molte mani, regala una targa dello stato del Massachusetts al dottor Grandesso e lascia l’isola. Il giorno  il presidente della Repubbblica Saragat arriva alla stazione ferroviaria di Santa Lucia, dove lo aspetta il presidente del Consiglio dei Ministri Aldo Moro, il quale, giunto in stazione la sera precedente, pernotterà nella sua vettura ferroviaria speciale collocata su un binario morto, a Mestre. Assieme a parlamentari e autorità locali, si reca in Prefettura, e poi a Pellestrina per vedere di persona i danni subiti dai murazzi. Sbarca al pontile della Rosa, in sestier Zennari, ad accoglierlo il dottor Grandesso e il delegato del



«Il Gazzettino», ...




.   , ’  

sindaco Campolonghi, che consegnerà a Saragat una serie di foto scattate subito dopo l’apertura delle falle ai murazzi. «Il Gazzettino» riporta le parole di Aldo Moro: «dare sicurezza alla città unica al mondo», e quelle di Giuseppe Saragat che «si informa sui tempi necessari per riparare le falle, se il lavoro dava ampie garanzie, se i materiali arrivavano in tempo giusto, se la manodopera era sufficiente». Domande concrete, che la gente dell’isola presente pare abbia apprezzato con applausi e con la speranza di vedere risultati concreti in tempi brevi. Già il  novembre il Governo stanzia  miliardi di lire per le zone colpite,  dal Ministero dei Lavori pubblici e  dal Ministero degli Interni. Il Consiglio dei Ministri successivamente vara un superdecreto per la ripresa delle attività economiche, sono previsti contributi a fondo perduto di  mila lire ad artigiani, commercianti, imprenditori, concessioni di mutui agevolati, norme speciali per l’agricoltura. Uno dei primi effetti per la Nazione sarà l’aumento della benzina, la normale passerà a  lire al litro, la super a  lire; la notizia riportata dal «Gazzettino» dice che la sovrattassa resterà in vigore fino al  dicembre del . A Pellestrina e a San Pietro in Volta molte persone sostengono di aspettare ancora che arrivi quanto era stato promesso in quei giorni. In vari punti, lungo tutta l’isola, dei segni indicano l’altezza raggiunta dall’acqua il  novembre. Nel primo anniversario dell’alluvione il Comitato  novembre  fa erigere a Portosecco un momumento che gli isolani chiamano l’onda, a ricordo e a testimonianza di quel tragico momento. Il Comitato è composto da don Tarcisio Tiozzo, don Bruno Biasin, Giuseppe Campolonghi, Danilo Ballarin, Fioravante Ballarin, Giovanni Ballarin, Giuseppe Ballarin, Leone Ballarin, Giovanni Busetto, Angelo Ghezzo, Mario Ghezzo, Natale Ghezzo, Siro Ghezzo, Giovanni Rosada, Amelio Scarpa, Daniele Scarpa, Salvatore Vianello, Sante Vianello, Teresino Vianello, Giovanni Zennaro. Nel marmo sono in-



«Il Gazzettino», ...

  novembre  S. Pietro in Volta, cit., p. .




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cise queste parole dove prevale la riconoscenza “alla Divina Provvidenza”, ma anche un preciso avvertimento a non trascurare la particolare fragilità del litorale:  novembre . Nel ricordo del grave pericolo superato con serena fermezza la popolazione di San Pietro in Volta e Portosecco grata alla Divina Provvidenza e a perenne ammonimento dedica. ...

Il  per Pellestrina segna comunque un punto di svolta. Si inzia la costruzione di nuove case, soprattutto lungo il lato mare. Una nuova strada, anch’essa lato mare, permetterà agli autobus di servire sempre meglio l’isola da nord a sud, l’intensificazione dei collegamenti renderà più facile recarsi a Venezia o a Chioggia, per lavorare, ma anche per studiare, l’isola è sempre meno “isolata”, anche culturalmente. Arriva anche il benessere economico con il moltiplicarsi dei vivai per l’allevamento delle cozze e con la pesca dei caparossoli, vongole veraci, quest’ultima per molti uomini sarà ulteriore fonte di reddito oltre al lavoro dipendente. Il  è un momento di cesura tra il prima e il dopo non solo per l’isola e i suoi abitanti, ma anche per il resto del mondo che guarda Venezia con la paura di vederla sommersa. Si inzia a pensare a cosa fare per arginare le cause che possono portare alla fine di questo delicato ecosistema lagunare e della sua città. Eustatismo, subsidenza, cambiamenti climatici, tutti fattori che aumentano gli episodi di alta marea. Tutti difficili se non impossibili da fermare. L’unica strada percorribile è tentare di impedire all’acqua di salire troppo sul lato laguna, superando anche i muretti di protezione, lasciandola comunque libera di fare il suo corso, perché senza l’acqua e i suoi ritmi Venezia e la laguna non potrebbero esistere.




. Vista aerea di Pellestrina (da www.mosevenezia.eu)



-. Viste aeree di Pellestrina (da www.mosevenezia.eu) . La riva di Pelletrina, lato laguna (foto di Aurora Vianello)



. La riva presso Portosecco . La riva di San Pietro in Volta, con la chiesa (foto di Aurora Vianello) . La riva di San Pietro in Volta. Sullo sfondo, a destra, l’ex scuola elementare, attuale sede del Piccolo Museo della Laguna Sud -. La riva di Pelletrina, lato laguna


NOVECENTO A VENEZIA. LE MEMORIE, LE STORIE

collana diretta da Mario Isnenghi

.

Il Liceo Convitto Marco Foscarini Mario Isnenghi Canottieri e Remiere Filippo Maria Paladini La Camera del Lavoro Giovanni Sbordone

. Piazzale Roma Michele Casarin

. La libreria ‘Toletta’ Carlo Franco Il Teatro di Ca’ Foscari Anna Scannapieco . Osterie Luisa Bellina Il Venezia Michele Gottardi

Il Lido di Venezia Giancarlo Scarpari

. La spiaggia Maria Grazia Ciani

. Via Garibaldi Giovanni Sbordone

Il Teatro La Fenice Maria Ida Biggi

La Regata Storica Giorgio Crovato I cinema peocéti Carlo Montanaro . La Breda Cesco Chinello Da Ca’ Littoria a Ca’ Matteotti Giulio Bobbo . L’Archivio dei Frari Daniele Ceschin La Casa di Goldoni Anna Scannapieco

. Marghera. La memoria divisa Laura Cerasi Sant’Elena Michele Casarin . “La voce di San Marco” (-) Giovanni Vian . Arsenale e Museo Storico Navale di Venezia Filippo Maria Paladini . Il Ghetto Simon Levis Sullam Piazza Barche Fabio Brusò


. Manifattura Tabacchi Maria Teresa Sega Cotonificio Veneziano Nadia Maria Filippini . Sant’Erasmo Giorgio Crovato . Il Petrolchimico Gilda Zazzara . Il Teatro Goldoni Roberto Cuppone . Il Liceo “Raimondo Franchetti” Carlo Franco . Le ali di Venezia. Nascita e sviluppo dell’aviazione nel Novecento lagunare Pietro Lando . Pellestrina Giorgio Crovato Mariavittoria Tagliapietra Rita Vianello

in preparazione La Giudecca Biblioteca-Fondazione Querini Stampalia Murano Burano


G. Crovato, M. Tagliapietra, R. Vianello

Giorgio Crovato, laureato in Storia all’Università Ca’ Foscari di Venezia, ha rivolto parte dei suoi interessi di ricerca all’ambiente e alla società lagunare, in collaborazione con il fratello gemello Maurizio, a partire dal volume Isole abbandonate della laguna. Com’erano e come sono () e da altre numerose pubblicazioni, come ad esempio I casoni veneti. Un segno millenario di civiltà da recuperare (); Barche della laguna veneta (); Regate e regatanti. Storia e storie della voga a Venezia (); Sant’Erasmo (). Per il Laboratoire Italien dell’École Normale Supérieure di Lione ha scritto il saggio Le trasformazioni novecentesche dell’uso delle acque lagunari, in Venezia nel XX secolo (). Recentemente ha pubblicato, assieme allo storico Alessandro Rizzardini, Costantino Reyer e Pietro Gallo. Le origini degli sport moderni a Venezia (). È socio dell’Ateneo Veneto, dove ha ricoperto le cariche di consigliere e di segretario accademico.

Giorgio Crovato, Mariavittoria Tagliapietra, Rita Vianello

PELLESTRINA NOVECENTO A VENEZIA LE MEMORIE, LE STORIE

collana diretta da Mario Isnenghi

ILPOLIGRAFO

ISBN ---- e ,

Rita Vianello, dottore di ricerca in Etnologia e in Storia sociale, possiede una formazione internazionale e interdisciplinare. I suoi ambiti di ricerca si focalizzano sulle questioni ambientali, le sfide della sostenibilità, le conoscenze locali e il patrimonio culturale materiale e immateriale inerente la cultura marittima, soprattutto nell’area veneziana. Suoi articoli sono pubblicati su riviste accademiche in Italia e all’estero. Nel  ha pubblicato L’oro nero della laguna di Venezia. La mitilicoltura tra eredità culturali e nuove tradizioni. Attualmente è docente di Antropologia ed è stata ricercatrice presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia nell’ambito del progetto Interreg Arca Adriatica sulla valorizzazione del patrimonio marittimo del mare Adriatico. Collabora inoltre, in qualità di antropologa culturale, con il CNR-Ismar di Venezia al progetto Interreg Tretamara sullo studio degli ambienti marini-litorali dell’Alto Adriatico.

PELLESTRINA

Mariavittoria Tagliapietra, laureata in Storia all’Università Ca’ Foscari di Venezia, ha collaborato alla stesura di questo libro per raccontare e dar voce a cultura, storie, tradizioni, usanze di Pellestrina, isola dove vive e lavora.

Il litorale di Pellestrina è la zona costiera più meridionale che delimita la laguna di Venezia dal mare, un lembo di terra dalle origini antiche e denso di storia che ha attirato l’attenzione di molti studiosi per le sue singolarità. Pellestrina conserva ancora oggi, pure e incontaminate, alcune peculiarità della vita anfibia veneziana, rurale e marina, che sono proseguite anche nel corso del Novecento, tutelando la cultura dell’isola e l’originale inclinazione di comunità sospesa tra le acque del mare e della laguna che riesce a sopravvive in una lunga e sottile striscia di terra. In queste pagine ne viene ripercorsa la storia novecentesca, richiamando alla memoria le vicende millenarie della comunità che vi ha sempre vissuto in una dimensione atemporale, solo in alcuni momenti scossa da avvenimenti drammatici, come le bombe della Seconda Guerra mondiale o la tragica alluvione del  che spezza e travolge gli storici murazzi della Serenissima. Attraverso le testimonianze d’archivio e il continuo relazionarsi con chi vive e opera sull’isola, emerge il ritratto di un luogo fatto di sopravvivenze: di clan famigliari, di nomi che si tramandano di padre in figlio, di antichi mestieri, di tradizioni, di memorie che ogni nuova generazione ha avuto il compito e il merito di preservare, riproponendo anche nella modernità i valori di donne e uomini consapevoli del proprio orgoglio e della propria particolare natura ambientale.


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