«Un assoluto inizio». La cristologia di Romano Guardini, Il Poligrafo

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PHILOSOPHICA - THEOLOGICA

«Un assoluto inizio» La cristologia di Romano Guardini a cura di Giuliana Fabris

ILPOLIGRAFO



philosophica - theologica

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ÂŤUn assoluto inIzioÂť La cristologia di Romano Guardini a cura di Giuliana Fabris

ilpoligrafo


Il presente volume raccoglie gli atti del Convegno Internazionale di Studi su Romano Guardini Cristo sta in tutto e per tutto al mondo / Christus steht der Welt ganz (Vicenza, Auditorium ISSR “Santa Maria di Monte Berico”, 5 ottobre 2013) organizzato da ISSR “Santa Maria di Monte Berico”, Vicenza

Marianum - Pontificia Facoltà Teologica, Roma Centro Studi “Romano Guardini”, Isola Vicentina

Comune di Isola Vicentina

traduzioni di Giuliana Fabris Maria Theresia Metzlaff Giuseppe Vanin © Copyright settembre 2015 Il Poligrafo casa editrice srl 35121 Padova piazza Eremitani – via Cassan, 34 tel. 049 8360887 – fax 049 8360864 e-mail casaeditrice@poligrafo.it ISBN 978-88-7115-912-6


INDICE

7 Prefazione Francesco Enrico Gonzo 13 Introduzione Giuliana Fabris 17 Cristologia come critica all’ideologia. La diagnosi del tempo nel “Signore” di Guardini Hanna-Barbara Gerl-Falkovitz 39 La bellezza che viene da Dio. Il Gesù di Romano Guardini, Hans Urs von Balthasar, Benedetto XVI Elio Guerriero 59 Romano Guardini, gli architetti amici e l’architettura: un lascito e la sua interpretazione Maria Antonietta Crippa 87 Socrate e Gesù nell’opera di Romano Guardini Paul Metzlaff 109 Maria e Beatrice: femminilità, forza e verginità fra Dante e Romano Guardini Giuliana Fabris 127 Dioniso contro il Crocefisso. Lo sguardo di Guardini su Nietzsche Albrecht Voigt 145 Postfazione Stefano Zamberlan 149

Gli Autori



ÂŤun assoluto inizioÂť



introduzione

Giuliana Fabris

La cristologia di Guardini completamente narrata da laici, tre italiani e tre tedeschi, una cristologia per figure (Dante, Nietzsche e Socrate) e per ambiti (il terzo Reich, l’architettura e l’estetica da von Balthassar a Benedetto XVI). Quindi una cristologia, una vera incarnazione nel vivente, tal quale la intese e presentò Romano Guardini. Cosa gli permise di parlare così di Cristo? Guardini difatti non parla di Cristo, non costruisce una teoria su Cristo nel modo, per così dire, del magistero classico romano, che dalla Scrittura e attraverso la tradizione argomenta per annunciare, chiarificato, l’evangelo agli uomini; egli invece vede Cristo nella sua presenza liberatrice della storia, perché Cristo è il Salvatore, der Erlöser, ed egli lo vede completamente nel secolo delle due guerre mondiali, lui italiano connaturato tedesco, delle due nazioni che in quei conflitti, purtroppo e in modo diverso, hanno rivestito ruoli primari. Forse lo vide, anche e proprio per questo. Guardini vide ciò che l’epoca moderna, nata dall’incontro che il cristianesimo permise fra i popoli del Nord e il cadente impero romano, ci ha lasciato come compito per il futuro del mondo, un compito che richiede un nuovo umanesimo fondato su una nuova religiosità, a fronte delle forze che l’uomo è riuscito a liberare dalla materia e che da solo non controllerà. In questo senso Guardini è un profeta, e possiamo dirlo di tutto cuore. Ma come egli è stato in grado di elaborare una tale visione nel suo presente? La sua fu una dote non comune, la dote dei martiri e

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giuliana fabris

dei profeti, e di cui si dovrebbe parlare; per dirla alla Karl Rahner, si dovrebbe tematizzarla, porla come oggetto teologico. Cos’è una dote? È un tratto ereditario, modellato dall’apprendimento, e un modo spirituale; è il modo del personale muoversi nel mondo, un modo che quindi è soprattutto un essere mossi-commossi in una tensione che va dal centro del nostro Essere verso il mondo passando per alto, come un moto parabolico il cui fuoco per Guardini è Cristo; Cristo è la presenza liberatrice che, punto archimedico al di fuori della storia, sostiene la storia e il nostro personale compito in essa. L’ereditarietà in Guardini fu quella materna, come egli stesso racconta nei suoi diari, e riguardò la malinconia (il termine tedesco, Schwermut, è più pregno, composto di due termini polari: schwer, pesante, e mut, coraggio), che egli comprese come «vicinanza con l’infinito, beatitudine e minaccia a un tempo». Per quanto riguarda lo spirito egli, dal momento della decisione sacerdotale, avvertì concretamente l’attualità del Consolatore promesso e mantenuto da Gesù nella Sua dipartita (cfr. Gv 14,15-31). Per quanto riguarda l’apprendimento, lui, il grande educatore, credo proprio che abbia ricevuto un’apertura profonda e ampia dall’abitare due lingue focali per la cultura europea, l’italiano e il tedesco. Guardini era nato a Verona, lungo la via del Brennero, per la quale i romani si erano espansi e i germani erano entrati; la sua famiglia, dopo emigrazioni ed esili, aveva scelto la villa di Isola Vicentina, luogo di confine fra gli antichi e originari Venetkens e altri popoli nordici, i Reti, di cui Verona era stata sito; un’antica tradizione dice che i Veneti erano i Troiani fuorusciti, un popolo di buoni contro la rudezza dei popoli del Nord. Isola Vicentina dice tutto della storia di Guardini e della sua famiglia, una famiglia di buoni come pure di vitalmente forti; in famiglia difatti si parla tanto l’italiano quanto il tedesco, anche se a Magonza la madre in casa manteneva l’italiano. 

R. Guardini, Ritratto della Malinconia, Morcelliana, Brescia 1993, p. 69.

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introduzione

Di Guardini si dice che abbia “mediterraneizzato” la lingua tedesca: egli non fu mai né un italiano che traduceva in tedesco, né viceversa, ma mise assieme le potenzialità delle due lingue così che la sua scrittura (egli scriveva tutto e poi leggeva) ha liberato (erlöst), sciolte dai loro vincoli, le profondità linguistiche per farle essere scrittura. Liberare, sciogliere dai vincoli (erlösen), è l’azione del Verbum. Una lingua non è un modo di parlare, ma è espressione di un popolo, prima ancora che manifestazione personale, e quando la lingua diventa scrittura essa è storia: tutto un popolo e i suoi membri diventano storia. Non c’è identità senza lingua e scrittura: la scoperta di Freud fu che l’inconscio è strutturato come un linguaggio, è grammatica, e con ragione Derrida afferma che la scrittura precede la parola; entrambi erano ebrei connaturati europei, e il popolo ebraico si è costituito nella Scrittura, nella Torah. San Paolo, che Guardini sentiva in modo particolarmente prossimo, fu l’apostolo delle genti, nelle loro lingue, e le sue lettere scavano e aprono in un modo che gli fu certo permesso da un uso delle lingue superiore a ogni confine, vera presenza dello Spirito Santo (cfr. At 2,6); davvero egli poteva concretamente dire dei popoli: «La mia lettera siete voi!» (2 Cor 3,2), sentendo ogni popolo come lettera di un unico testo, la Rivelazione di Dio. Ma le lingue sono anche un limite, non solo perché escludono reciprocamente i gruppi fra di loro, ma anche perché ogni lingua è una peculiare e propria manifestazione dell’Essere e le varie lingue non sono equiparabili nel portarne alla luce profondità, altezze e armonie. Così Walter Benjamin affermava che solo il traduttore comprende le potenzialità di una lingua, lo può lo straniero, l’alius, che s’inoltra nella lingua cercando, diversamente invece da colui che parla in modo irriflesso e per praticità la lingua materna. In questo senso, e ulteriormente, S. Paolo fu un tra-duttore; egli trasportava la parola e si inoltrava nelle lingue, vi lasciava l’annuncio come un chicco a germogliare e se ne usciva, per tornare a raccogliere, più tardi. Anche Guardini lo fu. Egli viaggiò di continuo fra l’italiano e il tedesco, e questo gli permise di comprendere i grandi spiriti d’Europa, così da liberare la traccia che sta scritta

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giuliana fabris

all’origine delle grandi lingue europee, un’origine che si fece corpo intorno al cristianesimo. Difatti, se la lingua italiana, per dirla con Rousseau, è quella che può cantare l’Idea, quella che è predisposta all’annuncio della chiara Verità, la lingua tedesca invece è più che mai capace di afferrare il vivente, catturarne la forza e la vitalità creando forme: basti pensare alla musica d’orchestra, alla filosofia tedesca, al contributo che questa cultura ha dato alla nascita degli stati nazionali, alla nostra Europa. Guardini abitò tutto questo. I suoi testi sarebbero da leggersi e studiare non solo per i contenuti, ma proprio – credo – dal punto di vista filologico, per cogliervi la teologia incarnata nelle lettere del vivente; nel caso di Guardini, infatti, le forme verbali non sono lo stile di uno scrittore, non sono il modo di costruire proposizioni che lui ha perseguito, ma, usando quello che egli stesso affermò circa Agostino, «sono il modo che [il contenuto] stesso vuole»; e il contenuto di Guardini era mostrare Cristo nella storia e nella vita, quella di allora ma che non si è ancora esaurita, e in cui siamo, oggi, tuttora immersi. La sua è una scrittura che chiama l’uomo alla coscienza, poiché grande è il male che ne consegue quando l’uomo la perde.

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Cfr. R. Guardini, La conversione di Sant’Agostino, Morcelliana, Brescia 2002, p. 7.

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Cristologia come critica all’ideologia. La diagnosi del tempo nel “Signore” di Guardini

Hanna-Barbara Gerl-Falkovitz

Introduzione Per l’eccezionale chiarezza di pensiero e per la bellezza attuale del suo linguaggio il capolavoro di Guardini è a oggi ancora leggibile (mentre il libro su Cristo del contemporaneo Karl Adams lo è solo con difficoltà). Egli, di nascita italiana e di adozione tedesca, è uno dei pochi teologi del XX secolo ad aver raccolto le pericolose sfide della modernità, pensandole biblicamente, come ad esempio il potere della tecnica, la percepita mancanza di senso dell’esistenza, la morte, il nichilismo, la lontananza da Dio. Inoltre egli svelò grandi figure occidentali: Socrate, Agostino, Dante – fino a Nietzsche, Rilke, Freud e Kafka. Si tratta di cauti vertici visuali. Ma “sommessamente” non significa “distacco affettivo”. Appartiene a Guardini la caratteristica per cui egli nella sua chiarezza di pensiero nasconde tremori, qualcosa di inespresso. Uno dei suoi uditori diceva che Guardini doveva «schiacciare sempre nel suo petto un eretico e con lui lottare». Questa lotta era percepibile e le sue opere sono percorse da un “terremoto segreto”. Ciononostante in modo meraviglioso tutto si lascia portare pienamente alla risoluzione nella fiducia in Cristo – che è qualcosa di vero e grandemente compiuto, sebbene Guardini stesso fosse afflitto dalla malinconia. “Una fiducia impugnata” è un toccante comportamento di questo grande maestro; essa aiuta a frenare le opposizioni della vita. Nel capolavoro Der Herr (Il Signore) la teologia cristiana diventa lingua della passione, nella brace della visione. Guardini non an-

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hanna-barbara gerl-falkovitz

nacqua razionalmente il Signore, egli fa vedere come ognuno degli evangelisti e Paolo presentino un’altra faccia di questa figura così difficile da risolvere. Cristo diventa vigoroso. E Guardini sviluppa qualcosa di straordinario: che anche Dio trovò il proprio destino nell’uomo, e non solo il contrario. Una tale interpretazione fa tremare; essa mostra la responsabilità, quella spesso sottovalutata libertà dell’uomo. Essa rivela anche i gioiosi movimenti, le rotture forti della Grazia, sì, una gioia rumoreggiante. Commozione e gioia discendono da ciò che Guardini chiama «potenza della gloria» di Dio, «ardente realtà». Guardini in aula – a Berlino, Tübinga e Monaco – era sempre avvincente anche per ascoltatori ai confini della fede. Egli ha messo loro a nudo anche le differenze fra religione e fede: la religione è al servizio del riempimento del proprio desiderio; la fede è fidarsi nella forza di compimento di Dio. Egli annotò più tardi, in tutta modestia: «A volte era come se la Verità stesse come un Essere nello spazio». Sorprendenti sono le molte conversioni nel suo ambiente, sebbene egli non le “volesse”, ma certo se ne fosse rallegrato. Infatti per lui la Chiesa è più che un’organizzazione; essa è veramente corpo di Cristo; nella sua visuale è sicura l’interpretazione non autoritaria della Scrittura. In essa avviene l’incontro fra il mondo e la Luce. La Chiesa ha così assicurato l’interpretazione della figura di Cristo nel corso dei secoli. 1. Il Signore come risposta al potere totalitario Nel settembre 1936 Romano Guardini, allora cinquantunenne, annunciò la pubblicazione di un libro che doveva diventare il centro spirituale per molti uomini di generazione in generazione, da allora fino a oggi. Dopo la Pasqua del 1932 egli aveva cominciato con brevi discorsi a Berlino, Aus dem Leben des Herrn - Sulla vita del Signore, in fogli sciolti che uscirono regolarmente in una piccola edizione a partire dal 1933. Questa raccolta fu rielaborata sotto il titolo Der Herr. Betrachtungen über die Person und das Leben Jesu Christi (Il Signore. Osservazioni sulla persona e sulla vita di Gesù Cristo), edito nel 1937 come libro per la casa editrice Werkbund di

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cristologia come critica all’ideologia

Würzburg; essa è disponibile in numerose edizioni ed è stata da ultimo ristampata nel 2011. La tesi recita: il titolo è da leggersi nel contesto del tempo. C’è – in opposizione ai “capi” di tutte le tendenze – un solo Signore e questo è da sempre e per sempre. Senza che il discorso diventi politico nella scelta delle parole, Guardini fa uscire in modo impareggiabile la figura di Gesù Cristo dai vangeli e dall’Antico Testamento e smaschera il falso potere presentando la sua sovranità. Con questo egli colloca chiaramente il Reich millenario in prossimità del tempo finale apocalittico; così attraverso il presente c’è la testimonianza sulla persecuzione dei credenti: È già terribile per il sentimento naturale che agli uomini sia fatta violenza per la Verità e per volere il potere della verità e del nome di Dio. Ma nella visione del quinto sigillo c’è di più di questo. Perché noi udiamo i violentati gridare verso il Cielo, e il Cielo rispondere: Abbiate pazienza – malgrado l’apparenza che non accada niente. Non lasciatevi ingannare dal silenzio di Dio. Dio tace e gli uomini credono di avere un potere sicuro. Nella Verità il limite è già stato posto. L’ingiustizia cresce. Se la misura per Dio è piena, arriva la vendetta. Che da un qualche avvenimento violento la Cosa Ultima incomba, in ogni dove e quando – questa è l’Apocalittica.

2. La cornice storica dell’opera 2.1 L’apertura religiosa del presente (1932-1934)

Che l’interpretazione de Il Signore come critica sia non solo un messaggio generico è fatto che si lascia corroborare da uno scritto di accompagnamento, che uscì contemporaneamente alla metà del 1932 e che nella primavera del 1934 era giunto alla quarta e ultima versione, ma non era stato pubblicato; questo comparve per la prima volta nel 2008. Probabilmente in esso c’erano al R. Guardini, Aus dem Leben der Herrn, settima parte, VI-X, Werkbund-Verlag, Würzburg 1936, p. 437.  R. Guardini, Die religiöse Offenheit der Gegenwart. Gedanken zum geistigen und religiosen Zeitgeschehen (1934), con un’introduzione di S. Wanders, Schöningh Verlag, Ostfildern - Paderbon 2008 (d’ora innanzi RO).

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Un pensiero lucido, quello del filosofo e teologo Romano Guardini (-). Una razionalità che si oppone a ogni forma di totalitarismo, una cristologia che si fa critica all’ideologia, una riflessione costante sulle due nature, umana e divina, di Gesù Cristo, sulla sua morte, suprema forma d’amore e di dolore, sulla bellezza, dono di Dio da conservare e proteggere, sulla Chiesa come punto d’incontro tra il mondo e la Luce, sul femminile, sullo spazio della liturgia nella sua dimensione architettonica. Una riflessione ricca, varia e articolata, che in questi saggi viene posta a confronto con le meditazioni di pensatori e letterati appartenenti a un vastissimo orizzonte concettuale, da Socrate a Dante, da Nietzsche a von Balthassar a Benedetto XVI, nel tracciare il percorso filosofico – oltre che umano – di questo grande innovatore della teologia della Rivelazione. Giuliana Fabris, laureata in Psicologia e in Scienze religiose, psicoterapeuta gruppoanalista, opera in ambito pubblico e privato. Per Il Poligrafo ha pubblicato: Scienza e carità. Accompagnare il morente in ambito geriatrico (con Evelina Bianchi, ), Lo spazio di Sara. Per una fenomenologia del “femminile” (), Navigazioni. Verso una teologia dei sentimenti (). Per lo stesso editore ha curato i volumi: Il male può avere l’ultima parola? (), Romano Guardini. Presenza e attesa dell’uomo (), “Caro zio Romano...”. Malinconia e spiritualità nelle lettere di Romana Guardini (), Romano Guardini e la pedagogia. L’educazione come compito e valore (insieme a Gino Alberto Faccioli, ).

in copertina Carl Heinrich Bloch, Cristo con le spine, ante , part.

€ ,

ISBN ----


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