klaus theo brenner a cura di Guerino Coppola Cinzia Simioni Alessandro Tognon
ilpoligrafo
stadtarchitektur | cittĂ architettura
progetti di architettura 06
klaus theo brenner
a cura di Guerino Coppola Cinzia Simioni Alessandro Tognon
ilpoligrafo
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stadtarchitektur cittĂ architettura
progetti di architettura collana diretta da Cinzia Simioni, Alessandro Tognon comitato scientifico Alberto Ferlenga Università Iuav di Venezia Gino Malacarne Università di Bologna Carlo Moccia Politecnico di Bari Antonio Monestiroli Politecnico di Milano Uwe Schröder Università di Aquisgrana
Pubblicazione realizzata in occasione della mostra
con il patrocinio di
Klaus Theo Brenner. Stadtarchitektur | Città Architettura ideata e promossa da Di Architettura associazione culturale a cura di Guerino Coppola Cinzia Simioni, Alessandro Tognon in collaborazione con il Comune di Padova Padova, Palazzo degli Angeli, Prato della Valle 28 maggio - 3 luglio 2016 ideazione e allestimento Andrea Achiluzzi, Guerino Coppola Cinzia Simioni, Alessandro Tognon Niccolò Zennaro
in collaborazione con
si ringraziano per la collaborazione alla mostra Settore Urbanistica e Servizi Catastali Settore Cultura, Turismo, Musei e Biblioteche del Comune di Padova fotografie Stefan Müller, Rene Wildgruber Jörg von Bruchhausen, Philip Meuser modelli Lorenzo Clerici, Attilio Francioli Lola Ottolini e Bettina Palvarini Lorenzo Serafini, BRGstudio traduzioni abc international Ubersetzungsbüro oHG produzione dell’evento Di Architettura associazione culturale via Marsala, 59 - Padova tel. +39 049 9818992 e-mail: info@diarchitettura.org www.diarchitettura.org
progetto grafico di collana Il Poligrafo casa editrice Laura Rigon copyright © maggio 2016 Il Poligrafo casa editrice 35121 Padova piazza Eremitani - via Cassan, 34 tel. 049 8360887 fax 049 8360864 e-mail casaeditrice@poligrafo.it ISBN 978-88-7115-939-3
con il supporto tecnico di
indice
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verso il passato alessandro tognon
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die vergangenheit im blick alessandro tognon
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cittĂ architettura klaus theo brenner
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stadtarchitektur klaus theo brenner
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case urbane - stadthäuser
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quartieri urbani - stadtquartiere
121
biografie - biographien klaus theo brenner, dominik krohm
verso il passato alessandro tognon
Ispirandosi alla nota favola di Esopo1, Klaus Theo Brenner, in un suo scritto, classifica gli architetti in due categorie: le lepri e i ricci (o tartarughe). L’architetto lepre è rapido, superbo e, come si direbbe oggi, “multimediatico”; l’architetto riccio è lento, dotto, paziente. L’esito di una corsa “a chi arriva prima” vede l’architetto lepre dormire sonni tranquilli, forte delle sue doti (le tecnologie? le immagini? le mode?), mentre l’architetto riccio raggiungere per primo il traguardo con costanza e saggezza. Ma, ha senso oggi una così netta separazione tra i protagonisti dell’architettura? Non si tratta più della questione che ha visto per anni i conservatori contro i moderni: in questo caso entrambe le categorie rivendicano infatti una propria modernità all’interno del dibattito. È l’utilizzo degli strumenti a disposizione ad essere diverso e questo libro, insieme alla mostra ad esso correlata, ne sono la prova. Quando iniziammo a pensare a una nuova mostra a Padova, l’idea di esporre le opere di Brenner – architetto che non solo ha un’affezione per gli spazi pubblici della città europea, ma ha anche un’esperienza “sul campo” in Italia, a Milano e a Genova – ci sembrò perfetta per proseguire un percorso che negli ultimi anni ha messo a confronto alcune tra le più importanti figure del panorama architettonico tedesco e italiano, approfondendo così quella cultura architettonica della condivisione tra i due paesi che pur nella diversità riserva di continuo esiti e analogie di grande interesse2. Conosciamo tutti Brenner come uno dei protagonisti della ricostruzione di Berlino dopo la riunificazione, all’interno del piano generale di Josef Paul Kleihues. Già si parlava di spazi urbani, di facciate, di tettonica, di materiali: di una Berlino di pietra che si radica al suolo, che contempla la gravità, contro una Berlino di vetro, abbagliata (!) dalle nuove tecnologie. Tra queste discussioni, la cui eco si percepiva sino ai banchi delle università italiane, si componeva, per l’ennesima volta, un’altra Berlino: un’araba fenice risorta sui tracciati planimetrici della precedente città. Da qui nasce l’accostamento di Brenner ad altri architetti che, partendo dalla storia, cercano di configurare nuove possibilità del reale, nuovi episodi urbani che si distanzino dal passato per evoluzione, non per rottura. Questo atteggiamento, per nulla nostalgico, va inteso come un’azione di progresso (dal latino progredior, andare avanti) delle forme urbane; a dirla come Pascal “anche noi dobbiamo prendere quelle [verità] che ci sono state lasciate [dagli antichi] allo stesso modo e, secondo il loro esempio, farne dei mezzi e non lo scopo dei nostri studi, e in tal modo tentare di sorpassarli, imitandoli”. è chiaro che senza la tradizione di chi ci ha preceduti, non saremmo dove siamo. E da qui Brenner si interroga: come è possibile che le esperienze di Aldo Rossi, di Colin Rowe, di Oswald Mathias Ungers, solo per citarne alcuni, 7
oggi stentino a farsi sentire nel dibattito sulle città, divenute rapidamente così smart quanto prive di una posizione critica nei confronti del passato3? Da qualche anno, Brenner modula la sua ricerca in un modo del tutto moderno: nel tracciare i confini fra una tradizione architettonica urbana e il presente incarnato nei progetti e nelle opere costruite, Brenner trova conforto nelle illustrazioni di un tempo, usandone i colori tenui, le ombre, le atmosfere. Questo continuum iconografico è stato per secoli l’unico strumento di trasmissibilità della conoscenza, grazie alla pittura ritrattistica di cui la fotografia del secolo scorso ha saputo cogliere una sorta di eredità rappresentativa. Trovare conforto tra le immagini delle città nel passato più recente, scoprendo che i propri progetti possono essere interpretati come un’evoluzione di quel modo di intendere le scenografie urbane (come quelle milanesi già molto studiate), è lo stimolo che spinge Brenner a perseguire questo percorso, sino a delineare un proprio personale modo di rappresentare l’architettura, mai intesa come gesto proprio, ma come elemento integrato, quasi mimetizzato con l’esistente. I suoi disegni esprimono una novità nell’ambito della rappresentazione contemporanea dei progetti di architettura: Brenner si affida al mondo delle immagini ma con un’attenzione particolare verso un mondo dell’immaginario, del collage, delle applicazioni scenografiche urbane. Le architetture di Brenner sembrano non avere un vero senso se non collocate tra quelle già esistenti nella città, come a completare un quadro scenico della città stessa. Ci si rende conto che è oggi possibile affidarsi ai moderni programmi di grafica e restituzione 3D ma senza perdere di vista il progetto e i significati che esprime. Insomma la questione è sempre sul “come” si fanno le cose, non sul “cosa” si utilizza. Brenner lo sa bene. La mostra di Padova e questo volume sono un’occasione per soffermarsi su una lunga selezione di progetti e realizzazioni che collocano Brenner all’interno del panorama architettonico europeo contemporaneo. Questo contributo di progetti e di scenari urbani, aderisce a una visione di città dai connotati progressisti ed evolutivi. L’esercizio è di spegnere le luci mediatiche e riprendere un percorso che vede l’architettura della città – e non l’egocentrismo del singolo architetto – come soggetto protagonista all’interno di un luogo che si riconosce con se stesso e con il suo passato: “Una architettura che affianchi il principio della ragione al desiderio di bellezza e grazia”4. Esibire a Padova i progetti di Klaus Theo Brenner in un palazzo che assieme agli altri compone il lungo perimetro del Prato della Valle non è una scelta casuale. Una mostra di progetti di architettura in fin dei conti è come un piccolo laboratorio dove si sperimentano possibili scenari di ciò che fuori da quelle finestre è già presente, è già in equilibrio con se stesso. Costruire ciò che si è progettato significa distruggere quell’equilibrio per ricomporne un altro. Però significa anche cambiare la maschera della città, ma non il suo volto. Con uno sguardo verso il passato.
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Il riferimento è alla favola La lepre e la tartaruga. L’Associazione Di Architettura da tempo persegue questa direzione: ne sono esempio i convegni e i workshop, le conferenze e le pubblicazioni monografiche dove ad oggi sono stati presentati i lavori di quattro autori tedeschi su sei uscite complessive. Inoltre la collana “Progetti di architettura”, da questo volume, si avvale del contributo critico di un Comitato scientifico che avrà modo di arricchire e qualificare la proposta editoriale. 3 Una risposta a tale quesito prova a darla “Milano continuità. I giardini di porta romana”, progetto accademico svolto a Potsdam con Annegret Burg nel 2009, che illustra in un manifesto quali siano i punti fermi dai quali ogni progetto moderno sulla città europea deve partire per conservare, seppur sovrapponendosi in chiave contemporanea: luogo e progetto vengono determinati dall’identificazione e dalla connessione degli spazi pubblici e privati in un continuo legame storico-spaziale-architettonico. 4 K.T. Brenner, M. Fagioli, Razionalisti berlinesi, in La costruzione della città. Razionalisti berlinesi, a cura di K.T. Brenner, Firenze 2010. 1 2
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case urbane - stadthäuser
Schlachtenseecarré | Berlin
Bornholmer Strasse | Berlin
St. Leonhards Garten | Braunschweig
Königsquartier | Berlin
Mahlsdorfer Strasse | Berlin
Am Petersberg | Berlin
Stadtvillen Karlshorst | Berlin
Kurfürstenstrasse | Berlin
An der Alten Kelter | Fellbach
Herosé | Konstanz
Diplomatenpark | Berlin
Stadthotel Leipziger Strasse | Berlin
Kontorhaus Friedrichstrasse | Berlin
Haus Dahm Courths | Berlin
Alt Stralau | Berlin
Wilhemsaue | Berlin
Oscar Helene Heim | Berlin
Schinkelplatz | Berlin
SchlachtenseecarrĂŠ | Berlin
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Image Š 2016 Google, Europa Technologies photo Rene Wildgrube
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photo Stefan MĂźller
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Bornholmer Strasse | Berlin
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St. Leonhards Garten | Braunschweig
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Stadthotel Leipziger Strasse | Berlin
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photo Rene Wildgrube
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photo Stefan MĂźller
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quartieri urbani - stadtquartiere
Rummelsburger Bucht | Berlin
Parkstadt Karlhorst | Berlin Knorr Bremse | Berlin Zwaetzen | Jena
Gartenstadt Karlshorst | Berlin
Wasserstadt Spindlersfeld | Berlin
St. Leonhards Garten | Braunschweig
HerosĂŠ | Konstanz
Rummelsburger Bucht | Berlin
photo Philip Meuser
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Parkstadt Karlshorst | Berlin
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e 25,00
ISBN 978-88-7115-939-3