La città del Santo, Il Poligrafo

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LA CITTÀ DEL SANTO Enzo Pace

OTTONOVECENTO A PADOVA profili, ambienti, istituzioni collana diretta da Mario Isnenghi

ILPOLIGRAFO



OTTONOVECENTO A PADOVA

profili, ambienti, istituzioni

collana diretta da Mario Isnenghi 7



LA CITTÀ DEL SANTO Enzo Pace

ILPOLIGRAFO


L’Autore e l’Editore ringraziano tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questa pubblicazione, in particolare le biblioteche e gli archivi padovani pubblici e privati. Si ringrazia il “Messaggero di Sant’Antonio” per l’autorizzazione alla pubblicazione delle immagini

progetto grafico Il Poligrafo casa editrice Laura Rigon copyright © settembre  Il Poligrafo casa editrice  Padova piazza Eremitani - via Cassan,  tel.   - fax   e-mail casaeditrice@poligrafo.it  ----


INDICE

Presentazione Mario Isnenghi ` DEL SANTO LA CITTA

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Introduzione I. Una città, un Santo II. Il popolo di Antonio III. Antonio e le sue opere Conclusione



Indice dei nomi

   



L’anima di una città... Il carattere di un popolo... Così, nell’Ottocento, parlavano i romantici. Noi, oggi, parliamo di radici, parliamo di identità. E ne parliamo tanto. Meno ne abbiamo, più ne parliamo. Più le smarriamo, o abbiamo la sensazione di poterle smarrire, e più ne coltiviamo il bisogno e la nostalgia. Questa collana di schegge visive e di affondo restaurativi nella memoria – di Padova, dei Padovani e dei moltissimi che sono passati per Padova quando toccava alla loro generazione incarnare l’antica, secolare figura dello studente a Padova – muove da questi bisogni tutt’attorno affioranti. Viviamo nel presente e del presente, siamo anzi presentisti – in altri termini, non vediamo più in là del nostro naso, sia davanti che dietro – e però quanto ci piace annusare, fingerci, ripercorrere i nostri prossimi o remoti ieri collettivi. Ebbene, premesso – e promesso – che di parole vaghe come appunto le suddette – anima, carattere, radici, identità – faremo un uso il più parco e sobrio possibile, partiamo per un viaggio guidato, a più voci. Lo spazio è Padova, con le sue propaggini naturali, verso il Bacchiglione e i Colli. Il tempo è quello di Padova italiana, senza negarci – con discrezione e misura – punti di partenza e percorsi più lunghi, quando saranno necessari. Ottonovecento a Padova: questo il nostro ambito. Profili ambienti istituzioni: il ventaglio degli approcci, fra persone e luoghi identificati come quelli che definiscono e strutturano una storia. Una non piccola storia, una storia non minore: con una grande università, un grande santo, una grande piazza, un grande caffè... I ritratti stereotipati qualche volta tradiscono, lasciando


fuori troppe cose; ma un po’, anche, ci pigliano, dando alveo e direzione allo sguardo. Il Santo. Sant’Antonio, non c’è bisogno di farne il nome, quale Santo sia lo sanno tutti, chi abita a Padova e chi viene da fuori. Giotto, il Caffè Pedrocchi, il Bo e magari, più specificamente, Galilei: sono le emergenze, i punti forti dell’immagine di Padova, in Italia e nel mondo. Anche dei punti di tensione fra la dimensione laica e quella religiosa, le diverse scale di valore e i diversi ambiti e ambienti della società e della cultura? È quello che si trattava di esplorare – se, come, quando e per chi tiene e funziona la figura e il culto – nel lungo periodo e sino all’oggi: con gli strumenti della storia, dell’antropologia, della sociologia. Come nasce, viene costruito, ottiene riconoscimento sociale e dura nei secoli un personaggio come questo. La cui rilevanza è, sì, innanzitutto religiosa, e anche mistica, ma si afferma e perdura anche sul piano civico e cittadino, coinvolgendo nella tradizione e nei riti autorità e turisti, pellegrini e non credenti. Si potrebbe dire: movimento e istituzione. Il lettore verrà guidato sino alla Basilica del Santo, fra i suoi fiabeschi pinnacoli, e all’altare del Santo, fra i bellissimi chiostri del convento e le richieste di grazia dei pellegrini in coda, nella pubblicistica internazionale che ne divulga in più lingue la fama e in tutto un indotto di folclore: spiritualità che si fa anche industria del sacro. Servivano approcci rispettosi e multipli, guardare alle cose con molti sguardi e da più punti di vista, attitudine e volontà di comprendere, fenomeni al tempo stesso semplici e complessi. E cifre, tabelle, tappe di un ormai secolare e sempre vivo percorso della fede popolare.

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La cittĂ del Santo



Introduzione

Questo breve saggio non è un libro di storia, di storia di Padova, s’intende. Altri si sono cimentati nell’impresa con diversi esiti. Di mestiere chi scrive non fa lo storico, ma il sociologo. Da tempo interessato al fenomeno religioso nei suoi vari aspetti (dalle forme di credenza alla pratica, dalla struttura organizzativa ai rapporti con le altre sfere della vita sociale, dall’economia alla politica), di tanto in tanto mi sono occupato anche di religiosità popolare, così come è stata tradizionalmente classificata, anche dagli storici, quel complesso sistema di credenze e pratiche socio-religiose che tengono assieme frammenti di religioni sconfitte e simboli di quelle vittoriose. Qualcuno chiama tutto ciò sincretismo, combinazione e ricomposizione di strati diversi di credenze di diversa datazione. In realtà è come osservare una falesia  Qui di seguito in sintesi alcune opere sul tema: Padova città tra pietre e acque, Cittadella, Biblios, 2001; g. cappelletti, Storia di Padova dalla sua origine sino al presente, 2 voll., Bologna, Athesa, 1988 (rist. anast. della prima edizione del 1874); r. cessi, Padova medievale, Padova, Erredici, 1985; s. collodo, Una società in trasformazione. Padova tra xi e xv secolo, Padova, Antenore, 1990; L’Università di Padova, a cura di p. del negro, Padova, Signum, 2001; Diocesi di Padova, a cura di p. gios, Padova, Libreria Gregoriana Editrice, 1996; t. grossi, f. jori, Storia di Padova, Pordenone, Edizioni Biblioteca dell’Immagine, 2010; Storia di Padova dall’antichità all’età contemporanea, a cura di g. gullino, Sommacampagna Padova, Cierre - Centro Studi Ettore Luccini, 2009; Padova nel 1943, a cura di g. lenci, g. segato, Padova, Il Poligrafo, 1996; o. longo, Padova Carrarese, Padova, Il Polografo, 2005; l. puppi, m. universo, Padova, Roma-Bari, Laterza, 1982; g. toffanin, Cento anni in una città, Cittadella, Rebellato, 1989; a. ventura, Padova, Roma-Bari, Laterza, 1989.

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introduzione

dove sono riconoscibili strati diversi di roccia sovrappostisi nel tempo, alcuni più visibili e marcati, alcuni erosi e dilavati dalle intemperie del tempo. Parlare di Sant’Antonio può significare tornare a riflettere sulla speciale devozione popolare di cui egli gode a Padova e fuori Padova. In realtà, il tema è un altro: ovvero il rapporto fra il Santo e la città di Padova. Non in astratto, ma guardando agli atteggiamenti delle persone che la abitano, magari raggruppate per ceti, gruppi di interesse, schieramenti politici e diversità interne al cattolicesimo. È questo, del resto, il compito che mi ha assegnato Mario Isnenghi, il curatore della serie di libri dedicati a Padova. Quando ho accettato l’invito mi sono presto reso conto che l’impresa non sarebbe stata facile. In fondo mi si chiedeva di fare il mio mestiere – di sociologo – facendo parlare i padovani del Santo, allo scopo di capire se è ancora il loro Santo e se sì, perché e se no, perché. La cosa detta così sembra facile. In realtà – ed è questo probabilmente un primo indicatore significativo dello stato dell’arte relativamente al tema appena evocato – non esistono indagini così articolate, precise e soprattutto longitudinali (per intenderci, capaci di misurare l’evoluzione nel tempo degli atteggiamenti e dei giudizi sul Santo fra i padovani) tali da consentire di estrarre i dati importanti, commentarli e dire alla fine qualcosa di sensato rispetto al tema del rapporto fra Padova e il Santo. Tutto ciò sta forse a indicare come il santo sia il “dato-perscontato” del panorama socio-religioso padovano, una presenza che non si discute, che non fa problema e che deve rimanere un punto fisso sulla tela della città. Di conseguenza approfondire gli atteggiamenti e i comportamenti sotto la superficie del “dato-per-scontato” non sembra un rischio che non vale la pena correre. Gli storici, in questo senso, sono andati molto più avanti degli antropologi e dei sociologi. Esistono svariate ricerche e monografie che, sulla scorta dei dati di archivio, hanno cercato di fare luce sia sulla persona-

 Ho usato questa immagine in Raccontare Dio. La religione come comunicazione, Bologna, il Mulino, 2008.

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introduzione

lità del Santo sia sul suo rapporto originario e speciale con la città di Padova. La difficoltà, inoltre, si moltiplicava, quando riflettevo sul respiro lungo della storia del rapporto fra Padova e Antonio. Qualcosa avevo letto e studiato quando in alcune occasioni ero stato invitato dal Centro Studi Antoniani e da “Studia Patavina” a parlare di Antonio o della religione popolare, ma il punto di vista che avrei dovuto adottare era alquanto diverso: traguardare l’identità (presunta) di una città attraverso lo specchio di un Santo e di tutto ciò che è stato costruito attorno a lui, in termini non solo religiosi, ma anche artistici, culturali e politici. Di fronte a tali difficoltà ho scelto un registro che potrà apparire, al primo impatto, bizzarro: intrecciare la mia biografia con quella del Santo e della città del Santo. In tal modo, come si vedrà nel primo capitolo, ho cercato di mostrare, con il vantaggio ma anche con l’handicap proprio di un osservatore relativamente esterno, l’intreccio fra la figura del Santo e la quotidianità della vita di una società come quella di Padova. Preso così l’avvio, ho potuto nel secondo capitolo cominciare a descrivere i diversi modi di porsi nei confronti del Santo, partendo da un evento relativamente recente che lo ha riportato al centro dell’attenzione cittadina: l’ostensione delle sue spoglie nell’inverno del 2010. Ho provato a condurre una ricognizione, seppur limitata dalle fonti e dall’analisi secondarie su di esse, della differenziazione degli atteggiamenti che, mi pare, permette di cogliere le diverse anime della città, da quella laica a quella cattolica ma critica a quella, infine, cattolica tradizionalista. La (terza, in ordine di tempo) ricognizione del corpo del Santo mi ha offerto così il pretesto per raccontare lo stabile  Rinvio ai lavori di s. bortolami, Magnati e popolani nell’Italia comunale, Roma, Viella, 1997; p. marangon, Le diverse immagini di S. Antonio e dei Francescani nella società e nella cultura padovana dell’età comunale, Padova, Centro Studi Antoniani, 1979; a. rigon, Dal libro alla follia. Antonio di Padova e il francescanesimo, Roma, Viella, 2002.  Ad esempio rimando agli Atti del iv colloquio interdisciplinare “Quadri concettuali nello studio della religione popolare”, tenutosi a Padova il 24-25 maggio 1984, pubblicati in un numero speciale della rivista “Il Santo”, 1-2, 1985, pp. 11-245.

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introduzione

compromesso che attorno alla figura del Santo la città di Padova ha conservato nei rapporti fra chiesa e potere politicoamministrativo, fra sfera religiosa e cultura civile. Insomma il Santo, ed è questa la tesi che sostengo, è in fondo il simbolo della religione civile dei padovani. Il vero miracolo compiuto da Antonio, probabilmente, in termini laici, sta tutto qui. Non è da poco, se si pensa alla fugace – anche se intensa – presenza di Antonio a Padova. Certo, molto si deve anche alla capacità mostrata, nel corso dei secoli sino a oggi, da parte dell’Ordine dei Minori nel sostenere nel tempo la sua memoria e la sua immagine, aiutandola a diventare non solo l’emblema della città, ma una figura di santo universalmente noto. La costruzione sociale dell’immagine di un santo speciale per Padova e per il mondo intero è dovuta in gran parte allo sforzo compiuto dai frati della Basilica. La pietà popolare ha fatto il resto. La santità, nel caso di Antonio e della sua città, è frutto di una complessa intersezione di sentimenti collettivi di liberazione dai malanni che affliggono la gente comune, interessi politici precisi, strategie di lungo respiro della Chiesa di Roma e capacità organizzativa di un ordine religioso. Il santo come emblema della religione civile dei padovani è il prodotto di un lungo processo storico, caratterizzato da alti e bassi, da conflitti e tensioni fra l’anima laica e quella più clericale della città, fra la cultura scientifica che si è andata affermando entro e fuori le mura dell’Università patavina e le istanze di conservazione sociale che una parte del mondo cattolico padovano ha interpretato, guardando alla pietà popolare che non ha conosciuto arretramenti, un efficace antidoto agli stili di vita propri di una società secolarizzata. Per non lasciare sospesa tale tesi, mi sono sforzato nel terzo e ultimo capitolo di analizzare la trama concreta dei rapporti sociali e religiosi che legano nel tempo e sino a oggi la vicenda della Basilica del Santo e delle sue molteplici opere (culturali e assistenziali) a diversi ambienti della città (dal mondo del commercio a quello delle professioni, dalle associazioni prevalentemente laicali a quelle a maggiore vocazione pietistica e devozionale). Ne risulta un quadro che restituisce l’immagine di un Santo che ha compiuto il miracolo di diventare presto il pa


introduzione

trono di Padova, spodestando altri che potevano rivendicarne la piena titolarità (da un pagano come Antenore a campioni di martirio cristiano come Giustina o Daniele o a un vescovo, Prosdocimo, che era stato il primo pastore dell’antica Patavium), ma al tempo stesso di conquistare una notorietà che ancor oggi va ben al di là dei confini territoriali del Padovano. Un Santo di Padova ma universale. Il lettore troverà nel corso del testo il rimando a immagini. Esse fanno parte integrante del discorso. Alcune sono state scelte accuratamente perché per molti padovani i contenuti, i luoghi e le situazioni cui esse rinviano sono tutto sommato poco noti. Se questo libretto può servire anche a far scoprire o riscoprire angoli e storie di Padova dimenticati e poco frequentati, oltre che a riflettere sull’identità collettiva di questa città, ne sarò contento.

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24. Vista dall’alto della lunga fila di pellegrini che si snoda lungo via Luca Belludi, in attesa di entrare in chiesa per venerare il corpo del Santo, Ostensione, 15-20 febbraio 2010 (Š afm, foto di Bianchi-Carini-Fantini-Pistore).


25-26. Pellegrini in attesa di entrare in basilica per venerare il corpo del Santo esposto nella Cappella delle Reliquie, 15-20 febbraio 2010 (Š afm, foto di Nicola Bianchi e Bianchi-Carini-Fantini-Pistore).


27. Cappella delle Reliquie o del Tesoro, pellegrini in venerazione del corpo del Santo, Ostensione, 15-20 febbraio 2010 (© afm, foto di Bianchi-Carini-Fantini-Pistore). 28. Navata sinistra della basilica, una lunga fila di pellegrini transita davanti alla Cappella di Sant’Antonio prima di accedere a quella delle Reliquie, Ostensione, 15-20 febbraio 2010 (© afm, foto di Bianchi-Carini-Fantini-Pistore). 29. Cappella delle Reliquie o del Tesoro, devoti in venerazione del corpo del Santo, Ostensione, 15-20 febbraio 2010 (© afm, foto di Bianchi-Carini-Fantini-Pistore).


30-31. Cappella delle Reliquie o del Tesoro, pellegrini in venerazione del corpo del Santo, Ostensione, 15-20 febbraio 2010 (© afm, foto di Bianchi-Carini-Fantini-Pistore). 32. Festa della Traslazione di Sant’Antonio, devoti in preghiera alla tomba del Santo nella Cappella dell’Arca, Ostensione, 15-20 febbraio 2010 (© afm, foto di Bianchi-Carini-Fantini-Pistore).


33. La Scoletta del Santo. 34. La Casa del Pellegrino.


35. Facciata della basilica dopo i restauri, giugno 2009 (Š afm, foto di Giuseppe Rampazzo). 36. Veduta del lato sud della basilica con facciata, cupole e campanili, 2012 (Š afm, foto di Giuseppe Rampazzo).


37. Veduta della basilica (foto di Richard Khourys).


38. Chiostro del Noviziato (Š Giorgio Deganello, Padova). 39. Facciata della basilica (Š Cameraphoto Arte, Venezia).


e 18,00

ISBN 978-88-7115-826-6


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