La guerra dopo la guerra. Il Poligrafo

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23-06-2015

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Lisa Bregantin, laureatasi in Storia all’Università Ca’ Foscari di Venezia, dove ha conseguito anche il dottorato, svolge attività di ricerca presso gli Istituti per la Storia della Resistenza di Venezia e Treviso e l’ANCR di Padova. Collabora inoltre con l’Associazione Nazionale Divisione Acqui e con Onorcaduti. È autrice di numerosi contributi relativi ai due conflitti mondiali e alla guerra di Libia. Ha pubblicato: Per non morire mai. La percezione della morte in guerra e il culto dei caduti nel primo conflitto mondiale (Il Poligrafo, Padova ); Caduti nell’oblio. I soldati di Pontelongo scomparsi nella Grande Guerra (Nuova Dimensione, Portogruaro ).

LA GUERRA DOPO LA GUERRA

In quale modo la società italiana ha celebrato e celebra tuttora il culto dei Caduti della Grande Guerra? La presente indagine, compiuta da due studiosi con competenze simili ed esperienze diverse, intende ricostruire le vicende del Commissariato per le Onoranze ai Caduti in Guerra, con particolare riferimento ai morti del Primo Conflitto mondiale, dalla sua istituzione ad oggi. Lo sguardo adottato è duplice e riflette la molteplicità dei saperi e degli approcci che contraddistinguono la ricerca. Da un lato viene presa in esame la storia giuridica e amministrativa, dalle prime leggi per la salvaguardia delle sepolture promulgate già durante la guerra – quando il Commissariato ancora non esisteva – a quelle attuali, atte a tutelarne il patrimonio come bene culturale del Paese. Dall’altro lato viene tracciato un percorso incentrato sui risvolti emotivi, che mette in evidenza come il culto dei Caduti, nel corso degli anni, sia andato incontro a una serie di mutamenti nella sensibilità collettiva. Un volume che, prendendo le mosse da una tematica molto dibattuta, stimola la comunità scientifica ad affrontare una questione finora poco indagata, ma soprattutto tratteggia una pagina della nostra storia che merita di essere riletta.

VARIANTI

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Lisa Bregantin e Bruno Brienza

LA GUERRA DOPO LA GUERRA Sistemazione e tutela delle salme dei caduti dai cimiteri al fronte ai sacrari monumentali

Bruno Brienza, laureatosi in Materie Letterarie con indirizzo filologico-moderno all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e specializzatosi alla Scuola di archivistica, paleografia e diplomatica dell’Archivio di Stato di Roma, è Ufficiale Superiore delle Forze Armate in servizio presso il Ministero della Difesa - Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti. Svolge attività di studio e ricerca storico-istituzionale sulle Forze Armate e di ricognizione, riordinamento, conservazione e valorizzazione degli archivi e delle raccolte documentarie del Ministero della Difesa.

in copertina Sacrario militare di Redipuglia, part.

e

,

ISBN ----

ILPOLIGRAFO



varianti

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Lisa Bregantin, Bruno Brienza

LA GUERRA DOPO LA GUERRA Sistemazione e tutela delle salme dei caduti della Grande Guerra dai cimiteri al fronte ai sacrari monumentali

ilpoligrafo


Pubblicazione promossa da

Ministero della Difesa - Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti

© Copyright giugno 15 Il Poligrafo casa editrice srl  Padova piazza Eremitani - via Cassan,  tel.   - fax   e-mail casaeditrice@poligrafo.it www.poligrafo.it ISBN 978---901-0


INDICE

9 Presentazione Gen. Rosario Aiosa 11 Prefazione Gen. Giuseppe D’Accolti i. LA QUESTIONE DEI CIMITERI DI GUERRA 17

Le sepolture dei caduti nella Prima Guerra mondiale

31

La Commissione nazionale per le onoranze ai militari d’Italia

34

Una istituzione per i caduti: l’Ufficio centrale per la cura e le onoranze alle salme dei caduti in guerra

37

Gli scomparsi di guerra e la dichiarazione di morte presunta

42 Il recupero e il trasporto delle salme dei caduti in guerra iI. il tributo della nazione 47

Le zone sacre. L’invenzione e il senso

53

Le zone monumentali della Grande Guerra. La storia e il percorso legislativo

59 Giovanni Faracovi e il Programma generale per la sistemazione definitiva delle sepolture militari italiane 61 La sistemazione definitiva delle salme dei caduti in guerra: la legge 12 giugno 1931, n. 877 63

Dal commissario del governo al commissario generale straordinario: il regio decreto-legge 31 maggio 1935 - XIII, n. 752

64

Le leggi del ricordo

69 Il commissario generale straordinario: l’opera di Ugo Cei 74

L’ultimo commissario del regime: l’attività amministrativa del generale Augusto Grassi


III. Il Distacco. Gli Anni 1950-1970 77

La legge del 9 gennaio 1951, n. 204 “Onoranze ai caduti in guerra”

83

La riorganizzazione del commissariato generale e l’attività amministrativa per la sistemazione delle salme dei caduti della Prima Guerra mondiale in Italia e all’estero

85

La normazione interna per la raccolta e la sistemazione delle salme dei caduti in guerra

90

La normativa edilizia e i criteri per la progettazione dei lavori

93

Come una foto stinta dal tempo

IV. Dalla Passione Alla Storia. Il Commissariato Generale E La Tutela Del Patrimonio Storico Della Prima Guerra Mondiale 117 I primi tentativi di tutela del patrimonio storico della Prima Guerra mondiale 118

Lo strumento legislativo quadro: la legge 7 marzo 2001, n. 78

120

La Prima Guerra mondiale e il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42

121

Beni culturali e ordinamento militare: il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66

122

Memoria e turismo. La conservazione dei siti della Grande Guerra

V. Dalla Prima guerra mondiale all’impegno italiano nelle missioni di pace 129 Il nuovo contesto internazionale e il ruolo dell’Italia 131

La linea della memoria: dai caduti della Grande Guerra alla Giornata del ricordo dei caduti militari e civili nelle missioni internazionali di pace

133 Tra vecchi e “nuovi” caduti: il Commissariato generale per le onoranze ai caduti in guerra e la restituzione delle salme ai congiunti 137

Lo Stato italiano tra conservazione della memoria e custodia perpetua

138

Di fronte a Redipuglia

143 APPENDICE FOTOGRAFICA 167 Indice dei nomi


la guerra dopo la guerra



I LA QUESTIONE DEI CIMITERI DI GUERRA

Non caddero invano i nostri morti! Per essi il nome della nostra Patria è volato rispettato e temuto nelle più lontane terre; soprattutto per essi la grandezza morale della nostra Italia si alza maestosa tra i popoli civili. A questi nostri caduti dobbiamo perciò la più vera riconoscenza e gratitudine: e questi sentimenti hanno dato origine a vari sodalizi i quali sono sorti con lo scopo precipuo di onorare la memoria dei nostri eroi, di curarne le tombe, di provvedere in modo degno alla raccolta e alla preservazione dei loro resti.

le sepolture dei caduti nella prima guerra mondiale La guerra di posizione che caratterizzò il Primo Conflitto mondiale determinò un complessivo stravolgimento delle tattiche, delle tecnologie e delle strategie belliche ancora legate alle esperienze del secolo precedente. Da un punto di vista strettamente militare, essa implicò la contrapposizione dei fronti in lotta, che si affrontavano in scontri sanguinosissimi per guadagnare ogni volta pochi metri di terra. All’orrore degli scontri della guerra si aggiungevano le difficoltà dei soldati e la concentrazione di migliaia di uomini addossati nelle trincee, luoghi precari e privi di presidi igienici che potevano favorire il diffondersi di epidemie. In soli quattro mesi di combattimento, la guerra di logoramento provocò circa 4.000 morti. Le salme dei caduti venivano sistemate a cura degli stessi commilitoni. I soldati, infatti, erano i primi a occuparsi dei compagni caduti, preoccupandosi anche del decoro da conferire ai tumuli. Il problema dei caduti non è certo nuovo in un esercito in guerra, tuttavia diventa una questione di primaria importanza nel corso dei primi mesi della guerra italiana. La guerra di posizione e l’alto numero dei morti sono senz’altro il punto nodale della questione; tuttavia il sacrificio richiesto alla società italiana è così elevato in termini di uomini impiegati, perdite, coinvolgimento emotivo, che risulta velocemente impensabile trattare il problema solo nel suo aspetto pratico: come seppellire i morti. La Grande Guerra si presenta subito come la guerra nazionale per eccellenza, essa infatti doveva portare alla giovane Italia il  I sodalizi per la cura dei tumuli militari, in Archivio dell’Ufficio storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, in AUSSME, fondo F-4, racc. 105, fasc. Onoranze ai caduti.

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capitolo primo

compimento definitivo dell’unità nazionale. Questa caratterizzazione è fondamentale perché richiede lo sforzo collettivo di tutta la popolazione; non è solo la mobilitazione nazionale a coinvolgere ogni singola famiglia dello Stato, ma anche i prestiti di guerra, la rete assistenziale, il sostegno ai soldati al fronte. A prescindere dalle motivazioni con le quali i singoli e i gruppi vestono la divisa, o dalle proteste che si verificano nel corso del conflitto, è chiaro che questa è la guerra dello Stato e del suo popolo. Essa segna un confine con le guerre precedenti non solo relativamente alla tattica militare, ma anche al legame tra Stato e cittadini. La coscrizione impegna lo Stato a occuparsi dei suoi soldati anche dopo morti, attraverso le pensioni di guerra; proprio questo meccanismo innesca un rapporto strettissimo tra Stato e famiglie e rende necessaria non solo una degna sepoltura, ma anche un difficoltoso accertamento dell’identità del caduto. A questo punto diventa essenziale regolare e ordinare questo complesso processo di identificazione. Il 29 febbraio 1916 arriva all’Intendenza della IV Armata un libretto che si intitola Istruzione intorno agli atti di morte, agli atti di nascita ed ai testamenti in guerra, redatto dal Ministero della Guerra. In questo manualetto, distribuito a tutte le Armate, sono descritti tutti i passaggi e le modalità a cui ci si deve attenere per compilare un atto di morte. L’accertamento del decesso doveva

 Le motivazioni per l’entrata in guerra dell’Italia sono naturalmente anche altre. Si vuole qui sottolineare quello che, a livello propagandistico, aveva più peso.  Alcuni suggerimenti bibliografici di carattere generale: Stephan Audoin-Rouzeau, Annette Becker, La violenza, la crociata, il lutto. La Grande Guerra e la storia del Novecento, Einaudi, Torino 2000; Antonio Gibelli, L’officina della guerra. La Grande Guerra e le trasformazioni del mondo mentale, Bollati Boringhieri, Torino 1991; Id., La grande guerra degli italiani. 1915-1918, Sansoni, Milano 1998; Mario Isnenghi, Giorgio Rochat, La Grande Guerra. 1914-1918, La Nuova Italia, Milano 2000; Emilio Gentile, L’apocalisse della modernità. La Grande Guerra per l’uomo nuovo, Mondadori, Milano 2008; Marco Mondini, La guerra italiana. Partire, raccontare, tornare, il Mulino, Bologna 2014.  Per una panoramica sulle pensioni di guerra si veda: Ministero per l’Assistenza militare e le pensioni di guerra, Zampini, Roma 1919; Alessandro Groppali, Le pensioni di guerra, F.lli Treves, Milano 1916; Giuseppe Capponi, Le pensioni di guerra, Tip. Ricci, Savona 1919; Rosalbino Santoro, Il contenzioso per le pensioni di guerra. Per la riforma della legislazione attuale, L. Pirro, Napoli s.d.; Ottorino Tentolini, Le pensioni di guerra. Col procedimento amministrativo e contenzioso, Tip. Consorzio nazionale, Roma 1938.  Naturalmente il sistema di verbalizzazione della morte era già presente prima della pubblicazione di questo manualetto, che serve in sostanza per riunire in un unico luogo tutte le disposizioni a riguardo. Un esempio si può trovare in AUSSME, fondo B-3, racc. 59, fasc. Intendenza IV Armata, pratiche deceduti (1916/1917); come anche la tabella complessiva delle perdite del Comando del III Corpo d’Armata, in AUSSME, fondo E-1, cart. 41, fasc. Perdite 1915-16-17.  Ministero della Guerra, Direzione generale leva e truppe, Divisione matricole, Istruzione intorno agli atti di morte, agli atti di nascita ed ai testamenti in guerra, Voghera Enrico, Roma 1916, pp. 7-8, in AUSSME, fondo B-3, racc. 59, fasc. Intendenza IV Armata, pratiche deceduti. Tutte queste pratiche venivano considerate dal soldato in trincea come delle inutili scartoffie; «Leggo l’ordine inviatomi

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la questione dei cimiteri di guerra

essere compiuto, possibilmente, da un ufficiale medico, e, nei casi in cui questo non poteva avvenire, doveva essere eseguito dal personale addetto alla tumulazione. Gli atti di morte, debitamente compilati anche con la deposizione di due testimoni, e controfirmati dall’ufficiale comandante il reparto, venivano conservati in registri doppi, per quanto riguarda i reparti, e singoli per gli ospedali. Questi atti di morte, stilati dall’ufficiale che aveva la delega di “ufficiale di Stato civile”, avevano così valore anche nella vita civile e andavano ad aggiornare in negativo le anagrafi comunali d’Italia. Solo dopo il recepimento dell’atto di morte la famiglia del caduto poteva iniziare il percorso burocratico per la pensione di guerra. Nonostante l’accuratezza con cui da regolamento si procede all’accertamento della morte dei soldati in tutte le varianti previste, l’andamento della vita di guerra non sempre consente di poter giungere a una identificazione. È il caso, ad esempio, dei soldati colpiti da granate nella bufera dell’azione, di cui poi non si riesce a trovare traccia. Benché esista un apposito regolamento per trattare questi casi, non poco frequenti, permangono due ordini di problemi. Per le famiglie, infatti, la condizione del disperso non permette automaticamente di accedere alla pensione e al contempo crea uno stato di attesa che non facilita il superamento del lutto provocato dalla perdita. È il caso, ad esempio, di una famiglia dell’entroterra veneziano, quella del soldato Agostino Tonetto, fante contadino travolto dal bombardamento a gas con cui ha avuto inizio l’offensiva di Caporetto. Di lui non si saprà più nulla. La moglie Cecilia conserverà per tutta la vita la speranza del ritorno di Agostino, tanto che le sue nipoti – pur capendo razionalmente l’impossibilità del ritorno del nonno, visto il tempo ormai trascorso – faranno proprio il sentimento di attesa trasmesso dalla bisnonna. Scrive la nipote: La storia della famiglia veniva raccontata anche durante le numerose visite al cimitero; la tomba del bisnonno era l’unica senza corpo, c’era solo la lapide di marmo posta a ricordo. Anche da lì è nata per me la leggenda del nonno disperso che non

da coloro che in prima linea non ci sono mai venuti, e che mandano dei soldati i quali, tanto, si arrangiano. Mi si invita a mandare al comando la nota degli scudetti esistenti in linea. “Il colonnello ha raccomandato di sollecitare la risposta”, mi avverte il ferito, mentre Sangiorgi si affanna a fasciargli la coscia con una striscia di garza. La nota la manderò giù sta notte a quei signori che staranno cianciando intorno a un fiasco di barbera, anche se l’aiutante maggiore ha fretta di sbrigare i suoi specchietti e le sue scartoffie per cominciare la scopa in quattro», Carlo Salsa, Trincee. Confidenze di un fante, Mursia, Milano 1982, p. 71. Eppure saranno le pratiche, le “scartoffie”, a garantire una continuità giuridica tra il soldato in guerra e il cittadino civile, anche quando questo muore. È importante capire che la guerra, anche se sarà una presenza costante e continua nella vita futura del combattente con il suo particolare ricordo, dal punto di vista del cittadino civile di uno Stato moderno è una parentesi, una parentesi nella burocrazia ordinaria.

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capitolo primo era morto. Mi trovavo così a calcolare la sua età e le probabilità che potesse ritornare a casa, così come avrà fatto prima di me mia nonna Cecilia nella sua vita trascorsa ad aspettare.

Una storia come migliaia, che però spiega molto dell’importanza di conoscere la sorte dei soldati. In questo contesto il soldato del moderno esercito di massa cessa di essere un numero e ritorna persona. È persona per le famiglie, certo, ma anche per l’esercito, che con i suoi regolamenti cerca in qualche modo di occuparsi dei suoi soldati vivi e morti. La questione delle sepolture di guerra è perciò legata a doppio filo a quella del reperimento e accertamento delle notizie sul soldato. Man mano che la guerra prosegue, infatti, non sarà più sufficiente per le famiglie sapere la sorte del proprio congiunto, ma, qualora fosse morto, anche il luogo della sepoltura e la dignitosità della stessa. Il luogo su cui piangere e onorare chi se ne è andato è da sempre al centro della cultura religiosa europea; non da ultimo in questa guerra, che con la sua modernità sembra stravolgere l’ordine delle cose persino nella morte, si manifesta sempre più fortemente la necessità di sapere se la sepoltura del proprio congiunto sia onorata. Lo testimoniano le centinaia di lettere inviate ai cappellani militari dalle famiglie, come quella che riportiamo di seguito ricevuta da don Giovanni Rossi: Io come madre ho diritto di sapere, egli fece il suo dovere, ha dato il suo sangue per la patria, la sua vita, ed è giusto che questa patria si occupi un po’ di lui. È morto facendo il suo dovere, da eroe, come tanti, come gli ufficiali; e tutti sento dire che hanno la sua tomba, le famiglie sanno dove sono, dunque pure io ho lo stesso diritto. Voglio ritrovare la sua tomba, si vivrebbe più tranquilli ritrovandola, mentre così non si dorme, non si mangia, è uno strazio continuo” [Amelia Giorgi, 2 maggio 1917].  Agostino Tonetto, Carisima moglie. Lettere dal fronte della Grande Guerra da Ca’ Savio a Caporetto 1916-1917, a cura di Lisa Bregantin, Nova Charta, Padova 2007, p. 185.  Per i militari dispersi esiste una tabella a parte, come ne dà dimostrazione la circolare n. 197 del Ministero della Guerra, del 25 luglio 1916, in AUSSME, fondo F-3, racc. 432, fasc. 3, Cavalleggeri Foggia.Cartelle dei militari dispersi e circolari relative ai morti e feriti (1916); Regio Esercito Italiano, Intendenza Generale, circolare n. 28387, OGGETTO: Comunicazioni delle perdite di militari in seguito ad operazioni di guerra Norme per l’applicazione della Circolare 800 G.M. 1917, zona guerra 13 aprile 1918, in AUSSME, fondo B-3, racc. 3, fasc. Elenco perdite III Armata, IV Armata.  Sul funzionamento dell’Ufficio notizie si vedano in particolare: Lisa Bregantin, Per non morire mai. La percezione della morte in guerra e il culto dei caduti nel primo conflitto mondiale, Il Poligrafo, Padova 2010; Elisa Erioli, L’“Ufficio Notizie alle famiglie dei militari”. Una grande storia di volontariato femminile bolognese, «Bollettino del Museo del Risorgimento», numero monografico Archiviare la guerra. La prima guerra mondiale attraverso i documenti del Museo del Risorgimento, a cura di Mirtide Gavelli, 2005, pp. 75-90.  Girolama Borella, Daniela Borgato, Roberto Marcato, Chiedo notizie di vita o di morte. Lettere a don Giovanni Rossi cappellano militare della Grande Guerra, Museo Storico italiano della Guerra, Rovereto 2004, p. 78. Si veda inoltre Roberto Morozzo della Rocca, La fede e la guerra. Cappellani militari e preti-soldato (1915-1919), Edizioni Studium, Roma 1980.

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la questione dei cimiteri di guerra

Traspare da queste parole, oltre alla necessità di sapere dove si trovi il figlio al fine di lenire il dolore straziante, anche il nuovo ruolo della patria, un ruolo di scambio: ho dato la mia vita per la patria, ora la patria si occuperà dei miei resti e mi ricorderà. In questo senso il 1916 appare come un anno fondamentale. È l’anno in cui le esigenze “tecniche” della guerra confluiscono in quelle “morali” sia delle famiglie, che degli stessi soldati, che cercano un senso superiore al sacrificio compiuto. Se già molte circolari si erano rincorse, a vario titolo, attorno al problema dei caduti, sarà la collaborazione dell’Esercito con una associazione esterna, ancora una volta, a determinare un significativo cambio di rotta in questo settore e a ufficializzare e regolamentare la cura e la sistemazione delle sepolture dei soldati caduti, che fino ad allora era stata gestita in proprio e con varie sensibilità da soldati e cappellani. La Società Solferino e San Martino sarà il partner dell’Esercito nella gestione, sistemazione e riconoscimento dei cimiteri al fronte. Questa società, che ha radici nel patriottismo risorgimentale, come si deduce ovviamente già dal nome, l’8 ottobre 1916 dirama un comunicato alla stampa, che poi si tradurrà in accordi specifici con il Governo e lo Stato Maggiore, dove si propone, in base ai suoi compiti già assunti nei confronti dei caduti del Risorgimento, come «centro di ogni iniziativa, volta ad onorare i caduti nella guerra attuale, adottando i criteri dettati dal suo statuto e cioè, di ricordare degnamente i morti e di non dimenticare i superstiti». A seguito di quanto sopra accennato, l’Intendenza Generale assegna alla società il compito di identificare le salme dei caduti. Salme e tombe, in questo processo di identificazione, diventano un tutt’uno. Può sembrare una banalità e invece non solo è un modo per rispettare una convenzione internazionale,  Per approfondire la nascita del culto dei caduti: Bregantin, Per non morire mai, cit.; AudoinRouzeau, Becker, La violenza, la crociata, il lutto. La Grande Guerra e la storia del Novecento, cit.; La morte per la patria. La celebrazione dei caduti dal Risorgimento alla Repubblica, a cura di Oliver Janz, Lutz Klinkhammer, Donzelli, Roma 2008; Eric J. Leed, Terra di nessuno, il Mulino, Bologna 1985; Jay Winter, Il lutto e la memoria. La Grande Guerra nella storia culturale europea, il Mulino, Bologna 1998.  Si occupa di mantenere e conservare gli ossari/torri di S. Martino e Solferino e il museo di Padova, nonché di assegnare annualmente dei premi in denaro ai reduci delle battaglie risorgimentali.  Società Solferino e San Martino, Una bella e patriottica iniziativa della Soc. di S. Martino e Solferino, 8 ottobre 1916, in AUSSME, fondo L-3, cart. 262, fasc. Cimiteri caduti.  L’importanza del corpo fisico del soldato durante la Grande Guerra è ben descritta in un interessante studio: Barbara Bracco, La Patria ferita. I corpi dei soldati italiani e la Grande guerra, Giunti, Milano 2012.  Si fa riferimento alle conferenze dell’Aia (1899-1907) e di Ginevra (1906) che raccomandavano ai paesi in guerra di accertarsi dell’identità dei soldati nemici uccisi in modo da poter fornire agli stessi paesi informazioni precise. Allo stesso modo ci si sarebbe dovuti occupare delle sepolture. Durante la Grande Guerra questi suggerimenti si estendono a tutti i soldati e acquistano un valore morale che va oltre il dato oggettivo dell’identità; tanto che anche il trattato di Versailles del 1919 riporta gli stessi

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capitolo primo

ma è anche l’espressione di un rinnovato interesse per il corpo del soldato, per i quali agiscono da un lato il rispetto dettato dal culto del riposo eterno di matrice religiosa, dall'altro quello del ricordo nella memoria della nazione. Per espletare questi compiti viene creato un apposito ufficio militare presso la società stessa, con sede in Brescia. Il compito di questo Ufficio si concretizza nella coordinazione del lavoro svolto e da svolgersi presso le armate, «allo scopo di identificare, e registrare e contrassegnare le salme dei caduti; curare la manutenzione dei cimiteri e delle tombe sparse; stabilire le modalità per applicare segni esteriori ed iscrizioni adatte sulle tombe, fornire gli stampati e i moduli necessari per tali pratiche». Per condurre questo lavoro viene assegnato a tutti gli Uffici notizie delle armate un ufficiale inferiore con il personale necessario. Questa iniziativa movimenta tutto l’apparato degli Uffici notizie, ai quali si richiede di riferire mensilmente sull’andamento dei lavori in questo campo. Da questo momento l’attenzione verso i caduti da parte delle autorità non è più solo di carattere morale e burocratico, ma diventa anche una necessità di meprincipi di rispetto. Le informazioni si possono trovare in modo più esteso in Giovanni De Luna, Il corpo del nemico ucciso. Violenza e morte nella guerra contemporanea, Einaudi, Torino 2006, pp. 78-79.  Nel lungo periodo la cultura occidentale ha subito numerose variazioni in merito all’approccio alla morte dei propri cari, alla celebrazione del ricordo, alla funzione della tomba. Ancora più significativi sono stati i mutamenti in merito al trattamento delle spoglie di morti illustri, quali i re, alle quali possiamo avvicinare, per importanza attribuita loro dalla società contemporanea, quelle dei caduti della Grande Guerra. Ad esempio, nel Medioevo, l’effigie del sovrano defunto aveva assunto un’importanza assai maggiore rispetto al corpo stesso; questo perché l’effigie testimoniava l’immortalità. Nella Grande Guerra, invece, immortalità del ricordo e conservazione perenne della salma e della tomba sono inscindibili. Per una riflessione sull’approccio occidentale alla morte, Michel Vovelle, La morte e l’occidente. Dal 1300 ai giorni nostri, Laterza, Roma-Bari 2000.  Memoriale della Società Solferino e San Martino per S.E. l’Onorevole ministro dell’Interno, Per onorare e ricordare i gloriosi caduti dell’attuale guerra, Istituto Pavoni, Brescia s.d. (si presume sia stato scritto nel 1918), in AUSSME, fondo L-3, cart. 262, fasc. Cimiteri caduti.  Le relazioni periodiche a scadenza mensile delle Intendenze d’Armata erano in uso già prima, ma non prevedevano un capitolo particolare sull’identificazione delle salme, dei cimiteri e delle tombe sparse. Come si vedrà, anche adottando questo sistema, e aggiornando continuamente la formulazione degli elenchi delle perdite («Giornale Militare Ufficiale», 602, Disposizioni varie - Elenchi delle morti avvenute presso gli stabilimenti sanitari, Direzione generale leva e truppe, 13 ottobre 1916, pp. 1595-1597; «Giornale Militare Ufficiale», 614, Disposizioni varie - Comunicazioni numeriche delle perdite di militari, Segretariato generale - Divisione Stato Maggiore, 20 ottobre 1916, pp. 1639-1640), il problema dei morti, con i suoi risvolti pratici e morali (questi ultimi aumentano con il procedere della guerra), resta sempre preoccupante per la distanza spesso incolmabile tra realtà bellica e regolamenti; senza contare poi che l’elemento umano è in questi casi fondamentale. Nella perizia degli ufficiali informatori, e amministrativi, sta di fatto il buon esito dell’applicazione delle norme. Questa preoccupazione è ben evidente in queste due circolari: Esercito Italiano, Intendenza Generale, circolare n. 23554, Dati statistici sulle perdite, sui recuperi, sugli sgomberi, 10 ottobre 1917; Esercito Italiano, Intendenza Generale, circolare n. 28387, Comunicazioni delle perdite dei militari in seguito ad operazioni di guerra - norme per l’applicazione della circolare 800 G.M. 1917, 13 aprile 1918, in AUSSME, fondo B-3, racc. 3, fasc. Elenco perdite III Armata 1915; I Armata 1915.




appendice fotografica

1. Udine, cimitero militare italiano, monumento: «Da piombo nemico stroncati / o da morbo crudele colpiti / soldati tutti d’Italia / cui furono legge coraggio e tenacia / e volontà la vittoria / qui insieme riposano in pace / dal ricordo amoroso vegliati / della patria riconoscente»




appendice fotografica

2. Campiello, Altopiano di Asiago, cimitero militare italiano




appendice fotografica

3. Oslavia, Gorizia, cimitero militare italiano “Generale Papa”, tomba del generale Achille Papa

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appendice fotografica




appendice fotografica

19. Giavera, Montello, cimitero militare italiano “Eroi del Montello” “Tenente Alessi (Medaglia d’oro)” 20. Gallio, Altopiano di Asiago, cimitero militare italiano “Generale Prestinari” 21. Gorizia, cimitero militare italiano “Degli Eroi”

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In quale modo la società italiana ha celebrato e celebra tuttora il culto dei Caduti della Grande Guerra? La presente indagine, compiuta da due studiosi con competenze simili ed esperienze diverse, intende ricostruire le vicende del Commissariato per le Onoranze ai Caduti in Guerra, con particolare riferimento ai morti del Primo Conflitto mondiale, dalla sua istituzione ad oggi. Lo sguardo adottato è duplice e riflette la molteplicità dei saperi e degli approcci che contraddistinguono la ricerca. Da un lato viene presa in esame la storia giuridica e amministrativa, dalle prime leggi per la salvaguardia delle sepolture promulgate già durante la guerra – quando il Commissariato ancora non esisteva – a quelle attuali, atte a tutelarne il patrimonio come bene culturale del Paese. Dall’altro lato viene tracciato un percorso incentrato sui risvolti emotivi, che mette in evidenza come il culto dei Caduti, nel corso degli anni, sia andato incontro a una serie di mutamenti nella sensibilità collettiva. Un volume che, prendendo le mosse da una tematica molto dibattuta, stimola la comunità scientifica ad affrontare una questione finora poco indagata, ma soprattutto tratteggia una pagina della nostra storia che merita di essere riletta. Lisa Bregantin, laureatasi in Storia all’Università Ca’ Foscari di Venezia, dove ha conseguito anche il dottorato, svolge attività di ricerca presso gli Istituti per la Storia della Resistenza di Venezia e Treviso e l’ANCR di Padova. Collabora inoltre con l’Associazione Nazionale Divisione Acqui e con Onorcaduti. È autrice di numerosi contributi relativi ai due conflitti mondiali e alla guerra di Libia. Ha pubblicato: Per non morire mai. La percezione della morte in guerra e il culto dei caduti nel primo conflitto mondiale (Il Poligrafo, Padova ); Caduti nell’oblio. I soldati di Pontelongo scomparsi nella Grande Guerra (Nuova Dimensione, Portogruaro ). Bruno Brienza, laureatosi in Materie Letterarie con indirizzo filologico-moderno all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e specializzatosi alla Scuola di archivistica, paleografia e diplomatica dell’Archivio di Stato di Roma, è Ufficiale Superiore delle Forze Armate in servizio presso il Ministero della Difesa - Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti. Svolge attività di studio e ricerca storico-istituzionale sulle Forze Armate e di ricognizione, riordinamento, conservazione e valorizzazione degli archivi e delle raccolte documentarie del Ministero della Difesa.

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