SAGGI 67
LE MAFIE IN VENETO Presenza e attività della criminalità organizzata a cura di Alessandro Naccarato
ILPOLIGRAFO
Seconda edizione: maggio 2018 © Copyright dicembre 2017 Il Poligrafo casa editrice srl 35121 Padova piazza Eremitani – via Cassan, 34 tel. 049 8360887 – fax 049 8360864 e-mail casaeditrice@poligrafo.it ISBN 978-88-9387-044-3
INDICE
9
Introduzione Matteo Rettore
13
Le mafie in Veneto Alessandro Naccarato
69
Caratteristiche e modalità di gestione delle aziende criminali Michele Fabrizi, Patrizia Malaspina, Antonio Parbonetti
91
Il sindacato di fronte alle mafie in Veneto Christian Ferrari
97
Il mondo cooperativo di fronte alle mafie in Veneto Devis Rizzo
documenti 1 03
La recente legislazione contro le mafie Alessandro Naccarato
1 07
Relazione annuale sulle attività svolte dal Procuratore nazionale e dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo
109
Relazione sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia
113
Relazione del Ministro dell’Interno al Parlamento sull’attività delle Forze di Polizia, sullo stato dell’ordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata
LE MAFIE IN VENETO
INTRODUZIONE
Il presente volume è in gran parte composto dagli atti di un convegno che si è tenuto a Padova il 20 gennaio 2017. Durante il convegno è stata presentata una innovativa ricerca scientifica curata da Michele Fabrizi, Patrizia Malaspina e Antonio Parbonetti e sono state raccolte alcune testimonianze dal mondo dell’impresa e del lavoro. Con grande piacere la Fondazione Nuova Società sostiene questa interessante e coraggiosa pubblicazione. La ricerca curata dai tre studiosi dell’Università di Padova si presenta come una vera e propria novità nel panorama della ricerca economica empirica per l’area geografica presa in esame e per la metodologia di approccio al fenomeno. Ne è scaturito uno studio con numerosi spunti di riflessione. La ricerca ha inoltre il grande vantaggio di essere al tempo stesso scientificamente rigorosa e di facile lettura e comprensione. Emerge con forza il potere distorsivo della criminalità organizzata nell’impresa e nella società. La ricerca individua tre tipologie di azienda criminale e tre diverse funzioni per ognuna di essa. La relazione di Alessandro Naccarato, deputato, componente della commissione bicamerale antimafia, che ha curato la pubblicazione, descrive la presenza e l’attività della criminalità organizzata in Veneto. Il volume è poi arricchito dalle testimonianze del segretario regionale della CGIL del Veneto Christian Ferrari e dal presidente del consorzio Kostruttiva, un’importante cooperativa di costruzioni, Devis Rizzo. Infine vengono pubblicate alcune parti delle relazioni della Direzione Nazionale Antimafia (2016), della Direzione Investigativa Antimafia (2016) e del Ministro dell’Interno sulla sicurezza e l’ordine pubblico (2015) sul Veneto.
introduzione
Dalla lettura del volume si capisce chiaramente come il Veneto sia territorio di mafie: autoctone, come la mafia del Brenta, e di altra provenienza geografica. Il Veneto ospita tutte le principali organizzazioni criminali. Emerge con forza che sono pochi i settori dell’economia sottratti all’infiltrazione mafiosa e si registrano picchi di presenza criminale nei settori “classici” della criminalità: appalti, edilizia, rifiuti, autotrasporto. In particolare colpisce l’infiltrazione nella politica locale, cioè la capacità di pilotare voti e determinare l’elezione di sindaci o consiglieri comunali. Viene meno quindi l’idea che il Nord dell’Italia sia immune dalla presenza delle “mafie” nelle istituzioni. Nelle pagine redatte dall’on. Naccarato si percepisce l’intensità con cui la criminalità cerca, e la facilità con cui trova, una stretta relazione con una parte del “venetissimo” ceto politico locale. Si coglie una permeabilità trasversale della politica. È così anche nelle aziende: grandi o piccoli sembra che nella nostra regione esista un esercito di imprenditori (veneti anche questi) pronti a fare affari (consapevolmente) con le organizzazioni criminali. In questo modo si spiegano gli appalti pilotati, le imprese depredate, i fatti di violenza e gli episodi di connivenza. Diventano frequenti gli incendi (specie nella filiera del ciclo dei rifiuti) e numerose le segnalazioni all’ufficio di informazione finanziaria. È una febbre che sale, un chiaro segnale di malattia! In un primo momento la crisi economica è stata individuata come la principale causa di questi fenomeni e della disperazione degli imprenditori spinti a cercare facili scorciatoie. Sicuramente la crisi ha pesato, ma non è l’unico motivo. Le cause sono più profonde. Anni di rimozione e disattenzione hanno permesso al fenomeno criminale di crescere e radicarsi. La struttura del tessuto economico e culturale si è rivelata un terreno fertile per la criminalità. La lenta ripresa economica ci porterà lontano dalle difficoltà della crisi, ma la criminalità organizzata è destinata a rimanere. Serve quindi una presa di coscienza e servono anche strumenti di repressione e indagine. In questa direzione deve essere letto l’insieme di riferimenti normativi che sono stati inseriti nella pubblicazione. Si percepisce come quest’ultima legislatura, sebbene caratterizzata
introduzione
da tre diversi governi, con un ceto politico rinnovato e con una forte attenzione alle riforme istituzionali, sia stata comunque in grado di aggiornare e rafforzare la normativa posta a contrasto della criminalità organizzata. A queste innovazioni negli strumenti di repressione della criminalità non sempre ha fatto seguito una mobilitazione della società, dei partiti e dei corpi intermedi. Anzi, strumenti come l’interdittiva sono stati utilizzati con grande difficoltà e riluttanza. Inchieste di grande rilevanza, per le istituzioni e le imprese coinvolte, sono state accolte con freddezza. Serve quindi creare un contesto culturale di maggiore consapevolezza della situazione e del pericolo che il territorio sta vivendo. Per questo dobbiamo considerare il presente volume come uno strumento di contrasto della criminalità e come tale dobbiamo usarlo: portarlo nelle scuole e nelle università, in pubblici dibattiti, veicolarlo nel web. È uno strumento potente, perché mette insieme riscontri quotidiani e ricerca scientifica. Questo è il motivo per cui la Fondazione Nuova Società ha deciso di sostenere la pubblicazione. Questo volume è anche un atto di coraggio: il coraggio di sollevare un velo che, per tanto tempo, ha coperto il nostro territorio e la nostra economia. Mi permetto quindi di ringraziare ancora una volta gli autori dei testi: Michele Fabrizi, Patrizia Malaspina, Antonio Parbonetti, Alessandro Naccarato, Devis Rizzo e Christian Ferrari. Matteo Rettore Direttore CNA Padova e consigliere d’indirizzo della Fondazione Nuova Società
LE MAFIE IN VENETO
Alessandro Naccarato*
1. la presenza delle organizzazioni mafiose in veneto In Veneto le organizzazioni mafiose sono radicate e attive nel riciclaggio di denaro e nel traffico di droga. Numerosi reati economici e fiscali sono commessi da persone in relazione con la criminalità organizzata. Le mafie fin dai primi anni ’90 hanno scelto il Veneto per investire risorse e per nascondere latitanti. Per non attirare l’attenzione delle forze dell’ordine, i gruppi mafiosi evitano il controllo militare del territorio e cercano di non ricorrere alla violenza. Questa strategia ha consentito alle organizzazioni criminali di mimetizzarsi, di crescere e di costruire rapporti con diverse realtà economiche locali. Il processo è stato favorito dalla sottovalutazione delle istituzioni, dalle complicità di alcuni imprenditori, professionisti e istituti di credito e dall’assenza per molti anni di un’efficace iniziativa di prevenzione e di contrasto da parte delle autorità competenti. Strumenti fondamentali di prevenzione come i sequestri patrimoniali e le interdittive, salvo qualche lodevole eccezione recente, sono stati poco utilizzati. Due fattori hanno favorito la presenza delle mafie in Veneto e in tutto il Nord-Est: il tessuto economico, costituito soprattutto da piccole e medie imprese, una forte industrializzazione e una rete diffusa di istituti di credito, anche di piccole dimensioni; la posizione geografica al centro di importanti vie di comunicazione per traffici illeciti, in particolare di stupefacenti, armi e rifiuti. * Deputato, componente della Commissione parlamentare antimafia
alessandro naccarato
Caccaro, il quale diede vita a un vasto gruppo di aziende insediate nell’alta padovana: Tpa tecnologie per l’ambiente srl, Flair Company srl, Csm srl con sede a Tombolo, Tpa trituratori spa e Sica srl con sede a Santa Giustina in Colle (PD). In quest’ultima, con Caccaro amministratore unico, liquidatore e socio, è stato socio anche Clodovaldo Ruffato, consigliere regionale di Forza Italia dal 2005 al 2010 e presidente del Consiglio regionale dal 2010 al 2015. Ruffato non è indagato: il suo ruolo di socio di Caccaro in attività in perdita è indicativo della sottovalutazione della situazione da parte di importanti rappresentanti istituzionali. Infatti, aldilà della consapevolezza del socio Ruffato, Caccaro agiva in accordo con Chianese per commettere illeciti di varia natura. La vicenda ha confermato la convergenza di interessi tra persone legate al crimine organizzato e imprenditori locali per commettere reati di natura fiscale e operazioni illegali e per riciclare risorse illecite. 2.3 Negare l’evidenza: la ’ndrangheta a Galliera Veneta L’esistenza della mafia è stata negata – come accaduto in precedenza in Lombardia, Piemonte ed Emilia – nel Veneto orientale e a Verona di fronte alle prime evidenze dell’attività di camorra e di ’ndrangheta. Un caso emblematico riguarda la vicenda della Gs scaffalature e automazioni srl di Galliera Veneta (PD). Nell’aprile 2013 alcuni esponenti della famiglia Bolognino aggredirono i proprietari dell’azienda. Il fatto venne valutato come una rissa per futili motivi. Non bastarono le anomalie dell’impresa, il ricorso alla violenza, i precedenti penali dei protagonisti, la denuncia della gravità dell’episodio per suscitare reazioni delle autorità competenti e delle comunità locali. La presenza di persone legate alla ’ndrangheta (oltre ai Bolognino, Giuseppe e Giulio Giglio), venne smentita dagli stessi Bolognino che, con grande spazio mediatico, proclamarono le loro buone intenzioni imprenditoriali. Gli arresti di due fratelli Bolognino (Sergio e Michele) e dei due Giglio nel gennaio del 2015 da parte della Dda di Bologna hanno consentito di comprendere la reale entità dei fatti di Galliera Veneta con due anni di ritardo. Per completare il quadro, soltanto nel 2017 a Sergio Bolognino sono stati contestati i reati di false fatturazioni e truffa nell’ambito
le mafie in veneto CRIMINALITÀ ORGANIZZATA
presenza e attività
Belluno sequestri di beni di camorra e sacra corona unita
Treviso
Vicenza
’ndrangheta riciclaggio
’ndrangheta riciclaggio, edilizia
Venezia ’ndrangheta traffico di cocaina; edilizia a Venezia e in Veneto orientale cosa nostra cantieristica navale, edilizia camorra riciclaggio e contraffazione in Veneto orientale mafia del Brenta attività criminale di pregiudicati
Verona ’ndrangheta traffico droghe, riciclaggio, edilizia, estorsioni camorra riciclaggio nella zona del lago di Garda
Padova ’ndrangheta traffico droghe, riciclaggio camorra rifiuti, riciclaggio mafia del Brenta attività criminale di pregiudicati
Rovigo ’ndrangheta traffico di droghe
alessandro naccarato CRIMINALITÀ ORGANIZZATA
presenza latitanti o pregiudicati
Belluno Daniele Misiano Cortina d’Ampezzo, 2016
Treviso Vito Zappalà Mogliano Veneto, 2010 Valerio Crivello Preganziol, 2012 Rosario Lo Nardo Castelfranco veneto, 2012
Vicenza Giuseppe Madonia Longare, 1992 Pasquale Messina Bassano, 1999 Diego Lamanna Valdagno, 2008
Venezia Costantino Sarno Caorle, 1998 Massimiliano Schisano Cavallino, 2002 Vincenzo Pernice Portogruaro, 2005 Salvatore Gemito Eraclea, 2005 Antonio Barra Chioggia, 2010 Vito Galatolo Mestre, 2014 Luigi Cimmino Chioggia,2016
Verona Domenico Multari Gazzo Veronese, 2011 Domenico Mercurio Lavagno, 2017
Padova Giuseppe e Filippo Graviano Abano Terme, 1993 Cesare Longordo Torreglia, 2011 Giuseppe Salvatore Riina, figlio del capo di cosa nostra Salvatore, detto Totò, ha scelto Padova per scontare la parte finale della condanna per associazione mafiosa Nicola Imbriani Brugine, 2012 Pompeo Tavella, Giuseppe Avignone Padova, 2017
le mafie in veneto
4. la criminalità organizzata straniera Si conferma la presenza di gruppi criminali di origine straniera che gestiscono, in forme più o meno articolate, attività legate ai traffici di stupefacenti (albanesi, nordafricani, nigeriani) e di persone sia per la prostituzione (albanesi, rumeni, cinesi), sia per il lavoro nero, in particolare nel settore della logistica. Il rapporto tra mafie italiane e gruppi criminali stranieri è in costante evoluzione e in Veneto tende ad assumere le caratteristiche di uno scambio reciproco di servizi. In particolare nel traffico di droga si assiste ad una divisione dei compiti sulla base di una crescente specializzazione: lo stupefacente arriva in Italia dai paesi di produzione con l’accordo tra mafie italiane e gruppi stranieri; le mafie organizzano il mercato interno e alcuni traffici verso il nord Europa e affidano lo spaccio al dettaglio a gruppi stranieri. La mafia albanese è in grado di importare direttamente stupefacenti nel nord-est. Diverse indagini hanno scoperto raffinerie di eroina gestite da albanesi. Il rapporto tra mafie italiane e gruppi criminali stranieri appare rilevante nel settore della contraffazione. Alcune indagini hanno evidenziato accordi per produrre e commercializzare prodotti contraffatti. Sono stati individuati gruppi di cinesi dediti alla contraffazione, al riciclaggio, all’immigrazione irregolare, allo sfruttamento di manodopera e della prostituzione. Una vicenda emblematica della capacità relazionale della criminalità cinese è ricostruita nella sentenza contro Keke Pan, denominato “il re di via Piave” a Mestre. Nel 2015 è stato condannato in Appello a 5 anni e 8 mesi, insieme ad altre 14 persone, tra cui numerosi complici italiani, per associazione a delinquere per lo sfruttamento della prostituzione. Sono state individuate organizzazioni criminali nigeriane (in Veneto c’è la comunità più numerosa d’Italia con circa 12.500 presenze) dedite al traffico di droga e alla prostituzione. Nel 2013 la questura di Padova ha condotto un’inchiesta che ha scoperto una banda nigeriana che trafficava cocaina dal Sud America all’Europa. I gruppi criminali nordafricani presentano una minore organizzazione e sono dediti soprattutto allo spaccio di droga al dettaglio. Di recente è stata individuata un’associazione a delinquere composta da cittadini moldavi che, nella provincia di
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accurate per approfondire eventuali legami con il crimine organizzato: uso di arma da fuoco illecitamente detenuta, provenienza geografica dell’omicida e del morto, dimensioni dell’azienda, tenore di vita dell’omicida e dei suoi familiari, precedenti penali del padre dell’omicida. A fine mese, il prefetto di Verona ha emanato un’interdittiva antimafia contro una ditta di Legnago (VR), riconducibile, secondo l’accusa, a Giuseppe La Rosa, pregiudicato siciliano per associazione di stampo mafioso e residente a Megliadino San Vitale (PD). Dalle indagini sono emersi rapporti tra La Rosa e alcuni pregiudicati collegati alla criminalità organizzata attivi in Veneto. Ottobre Il 10, la Dda di Roma, nell’ambito di un’indagine contro il traffico internazionale di stupefacenti gestito dalla ’ndrangheta, ha arrestato a Badia Polesine (RO) due cittadini colombiani, accusati di tenere i rapporti tra la Colombia e l’Italia. Novembre Alla fine del mese è stato arrestato a Padova Giuseppe Avignone, esponente di rilievo della ’ndrangheta, condannato all’ergastolo in regime di libertà condizionale. Avignone, come nel caso di Riina junior, intratteneva rapporti con pregiudicati trafficanti di stupefacenti. L’arresto costituisce un’ulteriore conferma della strategia delle mafie di utilizzare i benefici dell’ordinamento penitenziario per insediarsi in nuove località e stabilire rapporti criminali, in particolare nel settore della droga.
approfondimenti 1. il riciclaggio Segnalazioni di operazioni sospette. Di seguito si riportano i dati delle segnalazioni di operazioni sospette (SOS) di riciclaggio, ai sensi del dlgs. 231/2007. 2009
2010
2011
Verona 277 437 741 Padova 281 327 535 Vicenza 226 309 585 Treviso 196 316 471 Venezia 189 307 373 Rovigo 50 79 134 Belluno 25 55 68 Veneto 1.244 1.830 2.907 Italia 21.066 37.321 49.075
2012
2013
1.230 868 778 759 705 229 105 4.674 67.047
1.081 855 905 740 1.009 230 139 4.959 64.601
2014
2015
2016
2017 I semestre
1.082 1.323 1.653 1.375 1.305 1.439 923 1.103 1.474 954 1.206 1.615 932 1.059 1.156 214 277 279 143 157 225 5.623 6.430 7.841 71.758 82.428 101.065
806 850 773 851 685 212 100 4.277 49.239
A livello nazionale le segnalazioni del I semestre del 2017 sono in leggero calo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: 49.239 contro 51.994. In Veneto il dato è in controtendenza e continua ad aumentare: 4.277 contro 3.948. Le segnalazioni sono in crescita in tutte le province, in particolare a Treviso e a Vicenza. Belluno Treviso Vicenza Venezia Verona Rovigo Padova Veneto Italia
Differenza 2009-2016
Differenza 2009-2016 %
+200 +1.419 +1.248 +967 +1.376 +229 +1.158 +6.597 +79.999
+800% +723% +552% +511% +496% +458% +412% +530% +379%
alessandro naccarato
fino a 20 da 40 a 50 oltre 70
da 20 a 30 da 50 a 60
da 30 a 40 da 60 a 70
Segnalazioni di riciclaggio per 100.000 abitanti (Relazione Uif, I semestre 2017, p. 11). Come si vede dalla mappa il Veneto (7.841) è la quarta regione italiana per segnalazioni di operazioni sospette dopo Lombardia (25.373), Campania (9.769) e Lazio (9.325). La densità di segnalazioni, con l’eccezione di Belluno, è elevata in tutto il territorio regionale
le mafie in veneto
2. il veneto orientale La criminalità organizzata è presente da tempo nel Veneto orientale per riciclare risorse nelle strutture turistiche. Nella zona ci sono stati arresti di importanti camorristi latitanti: nel 1998 a Caorle, Costantino Sarno, uno dei capi della camorra di Secondigliano; nel 2002 a Cavallino, Massimiliano Schisano del clan Mallardo; nel 2005 a Portogruaro, Vincenzo Pernice del clan Licciardi, e, a Eraclea, Salvatore Gemito del clan Di Lauro; nel 2010 a Chioggia Antonio Barra, esponente del clan Moccia, considerato il coordinatore del racket delle pizzerie tra le province di Treviso e di Venezia; nel 2016, a Chioggia, Luigi Cimmino, capo dell’omonimo gruppo. L’attività di gruppi criminali è dimostrata da alcune indagini: nel 2006 l’operazione Fenus con l’arresto di 15 persone, alcune in relazione con la camorra, per usura, estorsione e traffico di stupefacenti nella zona di Jesolo, Eraclea e San Donà; nel 2010 a Caorle sono state arrestate 5 persone, una associata alla camorra, per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso; nel 2012 la Dda di Venezia ha sgominato un gruppo di 13 persone che per anni nel Veneto orientale ha praticato truffe, estorsioni, ricettazioni, lesioni, con l’aggravante del metodo mafioso; nel 2015 sono stati sequestrati beni per 10 milioni, compresi alcuni appartamenti a Portogruaro, Jesolo e San Donà, in un’indagine a carico di Michele Pezone, accusato di avere rapporti con la camorra. Il 13 novembre 2016 a San Donà di Piave Silvano Maritan, componente della mafia del Brenta in regime di sorveglianza speciale, ha ucciso Alessandro Lovisetto a coltellate. Alla base dell’omicidio ci sarebbero questioni di soldi prestati a una convivente di Maritan. Ha destato particolari clamore e preoccupazione la vicenda della progettazione di un insediamento turistico termale nel comune di Caorle (VE), con la previsione di un consistente aumento della cubatura edificabile, in una zona del comune, da 60 mila a 241 mila metri cubi. Nel gennaio 2014 alcuni consiglieri comunali hanno denunciato pubblicamente di avere ricevuto pesanti minacce per stralciare dal programma di governo della Giunta il punto che stabiliva la possibilità di rivedere le previsioni urbanistiche dell’insediamento turistico. Secondo i consiglieri le minacce avrebbero
alessandro naccarato
si muovono mai da soli. I contatti con persone con precedenti penali e l’attivismo pubblico di Riina indicherebbero che Padova è stata scelta per mimetizzarsi e per intrecciare rapporti nuovi. C’è il rischio concreto che la scelta di Padova possa essere funzionale all’espansione in Veneto della criminalità organizzata. Per questa ragione Riina deve essere trasferito fuori dal Veneto e, sulla base delle evidenze giudiziarie emerse, deve essere sottoposto a maggiori controlli e a provvedimenti di prevenzione penale.
fonti Il presente studio sintetizza le relazioni semestrali scritte dall’autore per il forum sicurezza del Partito Democratico sulla criminalità organizzata in Veneto a partire dal 2010. Le principali fonti utilizzate sono: Relazioni annuali sulle attività svolte dal Procuratore nazionale e dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo; Relazioni semestrali della Direzione Investigativa Antimafia al Parlamento; Relazioni del Ministro dell’Interno al Parlamento sull’attività delle forze di polizia, sullo stato dell’ordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata; Rapporti trimestrali sulle aree settentrionali per la Presidenza della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno mafioso, a cura dell’Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’Università degli studi di Milano, direttore prof. Fernando dalla Chiesa (maggio 2014, febbraio 2015, settembre 2015, maggio 2017); Rapporti annuali dell’Unità d’informazione finanziaria della Banca d’Italia; Relazioni annuali della Direzione centrale per i servizi antidroga; Osservatorio ambiente e legalità, Città di Venezia e Legambiente Veneto (quaderni e dossier); Relazione del settembre 2016 sulla regione Veneto della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti; L. De Francisco, U. Dinello, G. Rossi, Mafia a nord-est, Bur, Milano 2015. Nel testo sono citate diverse decisioni delle autorità giudiziarie: alcune sono definitive, altre sono in via di definizione. Pertanto, in base alla presunzione di innocenza, è necessario tenere presente che fino alla conclusione dei processi in corso la situazione penale delle persone sottoposte a giudizio può essere modificata.
CARATTERISTICHE E MODALITÀ DI GESTIONE DELLE AZIENDE CRIMINALI
Michele Fabrizi*, Patrizia Malaspina*, Antonio Parbonetti*
1. introduzione Il presente lavoro intende analizzare le caratteristiche delle aziende connesse alla criminalità organizzata localizzate nel Centro-Nord Italia. Precedenti studi hanno evidenziato un radicamento delle organizzazioni criminali nel tessuto economico del Centro-Nord Italia, ottenuto anche grazie al ricorso ad aziende che dietro l’apparenza della legalità, sono funzionali, in vario modo, allo sviluppo criminale delle organizzazioni stesse. Nonostante il numero non esiguo di aziende connesse con la criminalità molte domande non hanno ancora trovato risposta. In particolare, resta tuttora non chiaro quale sia il contributo delle aziende alle organizzazioni criminali e quali siano le caratteristiche delle aziende connesse con la criminalità. I pochi studi sul tema hanno evidenziato come le aziende criminali: * Università degli Studi di Padova. Questo lavoro è stato pubblicato sulla «Rivista di Studi e Ricerche sulla Criminalità Organizzata», vol. 3, 1, pp. 47-66, disponibile su https://riviste.unimi.it/index. php/cross/article/view/8281 A. Alberti, L’espansione della criminalità organizzata nell’attività di impresa al Nord, «Rivista di Studi e Ricerche sulla criminalità organizzata», 2016, 2(4), pp. 3-62; N. Dalla Chiesa, Passaggio a Nord: la colonizzazione mafiosa, Associazione Gruppo Abele Onlus - Edizioni Gruppo Abele, Torino 2017; R. Sciarrone, Mafie vecchie, mafie nuove. Radicamento ed espansione, Donzelli, Roma 2009; Mafie del Nord. Strategie criminali e contesti locali, a cura di R. Sciarrone, Donzelli, Roma 2014. Transcrime, Progetto PON Sicurezza 2007-2013: Gli investimenti delle mafie. Rapporto Linea 1, Ministero dell’Interno, Milano 2013, www.investimentioc.it; D. Ravenda,
michele fabrizi, patrizia malaspina, antonio parbonetti
a) sono sostanzialmente utilizzate per il riciclaggio realizzato mediante l’investimento di denaro di provenienza illecita; b) operano in settori a basso contenuto tecnologico, basso grado di apertura verso l’estero, alta intensità di manodopera, popolati perlopiù da aziende medio-piccole, caratterizzati da una forte deregolamentazione, alta specificità territoriale, alta attrattività di risorse pubbliche ed elevato coinvolgimento della pubblica amministrazione; c) hanno un vantaggio competitivo derivante dalla disponibilità di risorse finanziarie a basso costo, dalla capacità di contrazione del costo del lavoro e da un’accentuata propensione a ricorrere a pratiche di evasione fiscale; d) mostrano una composizione degli asset (risorse investite) fortemente sbilanciata a favore del circolante: liquidità e crediti finanziari a breve termine. L’analisi delle caratteristiche delle aziende criminali che abbiamo condotto in questo studio, è ottenuta confrontando i loro dati di bilancio con quelli di un gruppo di aziende non criminali. In particolare, lo studio si basa su 120 operazioni di polizia – condotte contro la mafia tra il 2005 e il 2014 nel Centro-Nord Italia – che hanno consentito di individuare 643 aziende criminali e un campione complessivo di 2.507 osservazioni. La scelta di restringere l’analisi alle aziende criminali del Centro-Nord Italia rappresenta un tratto distintivo del nostro lavoro e un elemento di differenziazione rispetto a precedenti ricerche ed è motivata da due elementi: 1. ci consente di studiare le modalità con cui attraverso il controlJ.M. Argilés-Bosch, M.M. Valencia-Silva, Labor Tax Avoidance and Its Determinants: The Case of Mafia Firms in Italy, «Journal of Business Ethics», 132(1), 2015, pp. 41-62; D. Ravenda, J.M. Argilés-Bosch, M.M. Valencia-Silva, Detection model of legally registered mafia firms in Italy, «European Management Review», 12(1), 2015, pp. 23-39; A. Alberti, L’espansione della criminalità organizzata nell’attività di impresa al Nord, cit. Transcrime, Progetto PON Sicurezza 2007-2013: Gli investimenti delle mafie. Rapporto Linea 1, cit.; D. Ravenda, J.M. Argilés-Bosch, M.M. Valencia-Silva, Labor Tax Avoidance and Its Determinants, cit.; D. Ravenda, J.M. Argilés-Bosch, M.M. Valencia-Silva, Detection model of legally registered mafia firms in Italy, cit.
la gestione delle aziende criminali
lo di aziende apparentemente legali, le maggiori organizzazioni criminali hanno avuto la capacità di radicarsi in territori diversi da quelli di origine; 2. la minore pervasività rispetto alle regioni del Sud delle organizzazioni criminali ci permette di assumere che le aziende non coinvolte in azioni di polizia non sono connesse con la criminalità. Questo ci offre la possibilità di individuare un campione di controllo. Recentemente, uno studio realizzato da Alberti ha utilizzato informazioni relative ai fascicoli processuali del Tribunale di Milano (per il periodo 2000-2015) al fine di studiare l’attività di contrasto all’infiltrazione mafiosa da parte della Procura e del Tribunale di Milano e la presenza del crimine organizzato nel tessuto dell’economia di alcune aree del Nord Italia. In particolare lo studio di un campione di 67 provvedimenti di confisca ha portato a risultati che offrono un interessante spaccato sulla connessione tra mafia e tessuto imprenditoriale. Il nostro lavoro contribuisce a questa letteratura, ampliando lo spettro di osservazione ed offrendo nuove e più dettagliate evidenze ed intuizioni sulle caratteristiche delle aziende criminali. La nostra analisi ha evidenziato tratti distintivi delle aziende criminali che tipicamente non sono presi in considerazione, mentre alcune caratteristiche tipicamente attribuite alle aziende connesse con la criminalità non trovano supporto nell’analisi dei loro bilanci. In particolare, i risultati evidenziano come non esista un’unica tipologia di azienda criminale: sono state infatti individuate tre distinte modalità di utilizzo delle aziende da parte delle organizzazioni criminali, evidenziando una pluralità di forme in precedenza non esaminate.
R. Sciarrone, Alleanze nell’ombra: mafie ed economie locali in Sicilia e nel Mezzogiorno, Donzelli, Roma 2011. A. Alberti, L’espansione della criminalità organizzata nell’attività di impresa al Nord, cit.
christian ferrari
tandole delle risorse e dei mezzi per fare al meglio il loro lavoro, e avendo il coraggio di denunciare quando ci troviamo di fronte a situazioni sulle quali non possiamo soprassedere. Infine il piano più politico – di prospettiva – ossia l’impegno a costruire una società più giusta, più sana, più inclusiva, in cui l’economia torni appunto a svolgere una funzione di crescita e di progresso per tutti. In generale c’è dunque molto lavoro da fare e ci vorrà tempo e determinazione per ottenere risultati. Ma sono sicuro che insieme – questo è il punto fondamentale – mettendo insieme le energie migliori delle nostre comunità, facendo collaborare le parti sane – che sono la grande maggioranza del nostro tessuto produttivo – possiamo cambiare le cose e vincere questa grande battaglia di civiltà.
IL MONDO COOPERATIVO DI FRONTE ALLE MAFIE IN VENETO
Devis Rizzo*
Il tema spinoso delle infiltrazioni mafiose e, più in generale, dell’illegalità con attinenza all’economia e al tessuto imprenditoriale veneto e nazionale, riveste carattere di priorità anche per il movimento cooperativo. Le imprese cooperative, con le loro peculiarità e specificità, operano proficuamente e in quantità considerevole oramai in ogni comparto dell’economia: dalle costruzioni, ai trasporti, dal manifatturiero all’agroalimentare, dal socio sanitario ai servizi di facility. Tale e tanta diffusione all’interno dei vari mercati ha come conseguenza logica la sostanziale omogeneità di contesto in cui si muovono sia le società cooperative sia le imprese private, comprese, ovviamente, tutte le criticità attinenti il tema in oggetto. All’interno di questo quadro generale, meritano particolare attenzione il settore delle costruzioni e quello della logistica e dei trasporti: comparti dove la presenza cooperativa risulta particolarmente accentuata e contemporaneamente i fenomeni di infiltrazioni criminali e di illegalità si registrano copiosamente. Se si vuole partire con l’analisi del settore dell’edilizia, possono essere utili alcuni dati di natura economico-finanziaria: – dall’inizio della crisi (2008) ad oggi il settore ha visto un calo del volume d’affari del 45% circa; – la tendenza non è di ripresa, visto che il dato del 2016 raffrontato con quello del 2015, vede confermato un calo di del numero di appalti pari al 30%; * Presidente consorzio Kostruttiva. Intervento letto in occasione dell’iniziativa “Criminalità organizazzata e imprese in Veneto”, 20 gennaio 2017.
devis rizzo
– dal 2008 ad oggi la capacità dell’imprese del settore di accedere al credito è diminuita del 70%. Bastano queste poche considerazioni per comprendere quanto elevato sia il livello di impoverimento del settore, sia da un punto di vista economico che sotto il profilo più strettamente finanziario, e pertanto le pesanti criticità derivanti dagli anni di crisi, rendono il campo e le imprese che vi operano molto più facilmente permeabili a fenomeni di illegalità in genere, e in particolare alle infiltrazioni di stampo mafioso. Va altresì sottolineato come il legislatore abbia, su questo fronte, fornito strumenti normativi volti alla repressione, e ancor di più alla prevenzione del manifestarsi dei fenomeni criminali in questione. In tal senso, vale la pena ricordare tra le tante, due importanti fonti in materia: – D.Lgs 159/2011, Codice delle Leggi antimafia e delle misure di prevenzione, – D.L. 90/2014 contenente le Misure di straordinaria e temporanea gestione dell’impresa per fatti corruttivi. Il combinato disposto dei due testi persegue un duplice obbiettivo: da un lato quello di prevenire fenomeni di infiltrazione a danno delle imprese, attraverso l’applicazione dello strumento interdittivo, che trova la sua ragion d’essere e la ratio in concomitanza di un quadro di oggettiva rilevanza, dal quale desumere elementi che, secondo un giudizio probabilistico, o anche secondo la comune esperienza, possono far presumere non un’attuale ingerenza delle organizzazione mafiose negli affari, ma un’effettiva possibilità che tale ingerenza sussista o possa sussistere. L’effetto dell’applicazione dell’interdittiva antimafia (di competenza del prefetto) ha come conseguenza la risoluzione dei contratti in essere tra l’impresa e la pubblica amministrazione. In stretta sinergia con l’interdittiva antimafia va considerato l’art 32, comma 10, del D.L. 90/2014, il quale prevede, a fronte di provvedimento di interdizione, la nomina da parte della Prefettura di Amministratori Straordinari che consentano, in via temporanea e straordinaria la gestione dell’impresa con l’obbiettivo di continuare la prosecuzione dei contratti revocati, e quindi il completamento delle opere, oltre che il mantenimento dei livelli occupazionali.
il mondo cooperativo di fronte alle mafie in veneto
A tal proposito, Kostruttiva scpa (consorzio di cooperative del settore edile e delle costruzioni) si è dovuto misurare con un provvedimento di interdittiva antimafia emanato dalla Prefettura di Venezia nei confronti di uno dei propri soci (cooperativa San Martino di Chioggia). Nella fattispecie il consorzio ha espulso dalla compagine sociale la San Martino, mentre il succitato provvedimento prefettizio veniva accompagnato dal commissariamento dei cantieri in essere, consentendo in tal modo la prosecuzione dei lavori e la salvaguardia dei posti di lavoro. Anche quest’ultimo esempio conferma il giudizio positivo sull’impianto normativo attualmente in vigore, e, al tempo stesso, dimostra come sia fondamentale per il perseguimento degli obbiettivi posti dalla legge, la puntuale e corretta applicazione che di essa fanno gli organi preposti. Altro settore degno di interesse se si discute di “rischio illegalità” è quello della logistica e dei trasporti: in questo caso, la diffusa presenza di società cooperative si cala in un contesto molto spesso toccato da fenomeni come lavoratori sottopagati, contratti irregolari, lavoro nero, caporalato, evasione fiscale. Qui si può riscontrare con frequenza il fenomeno delle cosiddette “cooperative spurie”, che risparmiando su sicurezza e costo del lavoro riescono ad aggiudicarsi gli appalti al massimo ribasso, che nascono e chiudono l’attività “a orologeria” prima dei controlli fiscali, lasciandosi dietro una scia di debiti e contenziosi, per poi riaprire senza pagare i conti del passato. Appare evidente come tale tipologia di aziende operanti sul mercato, possano rappresentare un’efficace porta d’ingresso per infiltrazioni della criminalità organizzata. È su questo versante che devono essere ricondotti i fatti emersi da alcune recenti inchieste della Magistratura, come Mafia Capitale oppure la cosiddetta Cricca della Logistica, che ha avuto ad oggetto un sistema diffuso di false cooperative operanti all’interno di Magazzini Generali e Interporto Padova. Il fenomeno può essere combattuto e debellato attraverso una stretta sui controlli, sia da parte degli organi istituzionali sia da parte delle associazioni di categoria del movimento cooperativo. La disciplina della società cooperative prevede controlli periodici
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effettuati da parte delle stesse associazioni, e infatti i dati statistici rilevano che nella stragrande maggioranza dei casi le cooperative spurie non risultano iscritte ad alcuna associazione di rappresentanza e pertanto tali soggetti riescono a eludere con estrema facilità la fase delle verifiche e degli accertamenti. Oltre a questo va sottolineato come anche i controlli oggi previsti possano e debbano essere rivisitati in senso ancora più stringente. Proprio per questi motivi, le sigle sindacali più significative della cooperazione (Legacoop, Confcooperative, Agci), hanno chiesto al Parlamento di approvare una legge con misure più severe e più incisive per contrastare il fenomeno delle false cooperative, che utilizzano strumentalmente la forma giuridica della cooperazione perseguendo finalità estranee a quelle mutualistiche. In particolare, la proposta di legge prevede: – la cancellazione dall’Albo delle Cooperative e la conseguente perdita della qualifica di cooperativa, per le imprese che non siano state sottoposte alle revisioni/ispezioni; – definizione di un programma di revisioni, in via prioritaria, per quelle cooperative che non siano state sottoposte da lungo tempo alle revisioni o alle ispezioni, così come per le cooperative appartenenti ai settori più a rischio; – tempestiva comunicazione dello scioglimento delle cooperative all’Agenzia delle Entrate per contrastare il fenomeno di cooperative che nascono e cessano l’attività nel giro di pochi mesi accumulando debiti nei confronti dell’erario; – creazione di una cabina di regia al Mise che coordini i soggetti chiamati a vigilare sulle cooperative evitando sovrapposizioni e duplicazioni di adempimenti attraverso intese con consentano di coordinare revisori provenienti anche da altre amministrazioni. Da quanto detto sin qui, quindi, la lotta al fenomeno dell’infiltrazione mafiosa, che danneggia il tessuto economico e imprenditoriale, passa da una dimensione più stringente e diffusa dei controlli, da una innovazione dell’impianto normativo per quanto riguarda le imprese cooperative e da una più omogenea e puntuale applicazione delle leggi esistenti in materia.
DOCUMENTI
LA RECENTE LEGISLAZIONE CONTRO LE MAFIE
Alessandro Naccarato*
Dal 2013 ad oggi il Parlamento ha approvato importanti leggi contro la criminalità organizzata. Molte sono il risultato dell’iniziativa del Ministro della Giustizia Andrea Orlando e della Commissione antimafia presieduta dall’on. Rosy Bindi, che hanno promosso interventi puntuali per rendere più efficace la legislazione contro il crimine organizzato. Di seguito si riportano i provvedimenti principali. 1. scambio elettorale politico-mafioso La legge 62/2014, nota anche come 416 ter, integra e completa l’articolo 416 bis del codice penale e punisce: chi accetta la promessa di procurare voti, con modalità mafiose, in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità; chi promette di procurare voti con modalità mafiose. Il reato è punito con la reclusione da 6 a 12 anni. 2. il reato di autoriciclaggio La legge 186/2014 introduce nel Codice penale il reato di autoriciclaggio (articolo 648-ter 1) e punisce chi, avendo commesso o concorso a commettere, un delitto non colposo, sostituisce, trasferisce, impiega in attività economiche, imprenditoriali, finanziare denaro, beni o altre utilità provenienti dalla commissione del delitto presupposto. Il reato è punito con la reclusione da 2 a 8 anni e produce un effetto immediato sui reati tributari che diventano delitto presupposto per l’autoriciclaggio.
* Deputato, componente della Commissione parlamentare antimafia.
Finito di stampare nel mese di maggio 2018 per conto della casa editrice Il Poligrafo srl presso le Grafiche Dipro di Roncade (Treviso)