Paolo De Poli artigiano, imprenditore, designer
Paolo De Poli artigiano, imprenditore, designer
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volume a cura di Alberto Bassi Serena Maffioletti comitato scientifico della pubblicazione Paolo De Poli artigiano, imprenditore, designer Alberto Bassi, Università Iuav di Venezia Fiorella Bulegato, Università Iuav di Venezia Aldo De Poli, Università di Parma Giovanni De Poli, Università di Padova Serena Maffioletti, Università Iuav di Venezia coordinamento editoriale Teresita Scalco Università Iuav di Venezia Archivio Progetti redazione Alberto Bassi Serena Maffioletti Teresita Scalco Università Iuav di Venezia; Chiara Finesso Alessandro Lise Il Poligrafo casa editrice progetto grafico Marco Fornasier photo editing Lucia Del Zotto fotografie e materiale digitale Umberto Ferro Marco Massaro Luca Pillon Università Iuav di Venezia traduzioni Alex Gillan editore copyright © dicembre 2017 Il Poligrafo casa editrice 35121 Padova via Cassan 34 (piazza Eremitani) tel 049 8360887 - fax 049 8360864 e-mail casaeditrice@poligrafo.it www.poligrafo.it ISBN 978-88-9387-048-1 Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa, in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro, senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore
Università Iuav di Venezia Archivio Progetti comitato scientifico Aldo Aymonino Alberto Bassi Renzo Dubbini Serena Maffioletti Luciano Vettoretto coordinatore scientifico Serena Maffioletti responsabile Riccardo Domenichini staff Rosa Maria Camozzo Sabina Carboni Antonella D’Aulerio Marco Massaro Michele Ridolfi Teresita Scalco assegnisti di ricerca per il Fondo De Poli Valeria Cafà Ali Filippini
Paolo De Poli artigiano, imprenditore, designer a cura di Alberto Bassi e Serena Maffioletti
Paolo De Poli artigiano, imprenditore, designer
18
1.
Il contesto artistico e la formazione
1.1
Venezia, Verona, Padova. Il contesto artistico veneto Giovanni Bianchi
34
1.2
La formazione artistica e la Scuola d’arte Pietro Selvatico di Padova Giancarlo Vivianetti
10
Paolo De Poli artigiano, imprenditore, designer Alberto Bassi e Serena Maffioletti
gli sbalzi
42
50
1.3
6
Uno “smaltaro”per la Sezione delle Arti Decorative nel Padiglione Venezia Eleonora Charans
64
1.4
De Poli e l’arte sacra Anna Mazzanti
78
2.
L’arte dello smalto
2.1
Lo smalto dei colori: la mappa cromatica di De Poli
160
3.
Paolo De Poli artigiano e designer
3.1
Design e sistemi produttivi in Italia. Il caso De Poli
Manlio Brusatin
88
2.2
La riscoperta dello smalto tra tecnica e ricerca Valeria Cafà
126
i vasi
172
184
3.2
le ciotole
100
116
Alberto Bassi
2.3
2.4
Elena Dellapiana
Lo studio di via San Pietro 43 a Padova
196
Evelina De Poli
206
Natura e arte: una Wunderkammer d’ispirazione nell’officina di De Poli
De Poli, le arti applicate e decorative in Italia
gli animali 3.3
La produzione tra arti applicate e piccola industria Ali Filippini
gli animali di Ponti
220
Cristiano Guarneri
234
i pesci
136
3.4
De Poli e la valorizzazione dell’artigianato Teresita Scalco
148
2.5
De Poli pittore a smalto Luca Pietro Nicoletti
244
4.
De Poli e gli architetti
4.1
“Ancora imparo”: gli smalti nello spazio dell’architettura
332
5.
Le esposizioni e la fortuna critica
5.1
Mostrare e comunicare per la costruzione del sistema del design italiano
Serena Maffioletti
Dario Scodeller
gli smalti di Ponti
256
346 272
4.2
5.2
Il cantiere del Bo come “contesto speciale”
Note personali sul mercato e il collezionismo delle arti decorative in Italia Marco Arosio
Marta Nezzo
284
4.3
De Poli e le navi italiane
356
5.3
Susanna Bastardini
8
arredi e oggetti di Ponti
298
308
4.4
Ilaria Morcia
366
5.4
“Cose semplici, preziose e di colore”: De Poli alla Triennale
Mepak: la scoperta del “piacere delle piccole cose”. De Poli al Palazzo della Ragione e al PAC Antonio Piva
Elisabetta Modena
i fiori
374 320
Le partecipazioni alle mostre
le scatole 384
5.5
De Poli nelle riviste fra gli anni Trenta e Ottanta Fiorella Bulegato
396
5.6
A vent’anni dalla scomparsa Aldo De Poli
Apparati
408
Regesto delle opere a cura di Evelina De Poli, Gianni De Poli, Ali Filippini, Teresita Scalco
435
Glossario dei termini tecnici a cura di Evelina De Poli
436
Biografia a cura di Ali Filippini
437
Elenco ragionato delle mostre a cura di Ali Filippini
438
Scritti a cura di Teresita Scalco
438
Bibliografia generale a cura di Ali Filippini
440
Il fondo Paolo De Poli presso l’Archivio Progetti dell’Università Iuav di Venezia a cura di Teresita Scalco
442
Biografie degli autori
444
English abstracts
Referenze fotografiche Tutte le immagini prive di referenze fotografiche si intendono provenienti dal Fondo Paolo De Poli Università Iuav di Venezia Archivio Progetti Agenzia D-Day (Marco Bruzzo): 366-371 Agenzia fotografica internazionale: 352-353 Federico Antonini: 76-78, 82-85, 94, 96, 132, 226-227 [1], 228 [1], 232 Sergio Bersani, Milano: 54 Block Beath fotografi, Copenaghen: 354 [11] Arminio Bottura: 400 [5], 401 [6] Giorgio Casali: 13, 164 [10], 254 [21], 292, 396, 398 Crimella Stabilimento (Mauro Camuzzi), Milano: 29, 42, 43, 45, 281 [18], 308-311 Danesin, Padova: 27, 30, 47, 56 [11], 95, 100, 103, 131 [12], 154 [12], 174 [2], 223 [2], 259, 291 [1], 322-323 Mario De Biasi: 216 Gery D’Elci: 400 [4] Umberto Ferro: 2-3, 14-15, 80-81, 107, 109-111, 112 [2], 113 [1], 133, 138 [2], 142-145, 146-147 [2-3], 151-156 [15-16], 171 [1], 178-181, 199 [2], 200 [2], 201-203, 206-207, 211 [9], 230, 256 [1], 260, 264-265, 266 [1], 267-270, 272, 278-279, 280 [17], 281 [19], 290, 297, 299 [3], 300 [2-3], 302, 326-329, 330-331, 343, 379-383 Ferruzzi, Venezia: 173 [2] Marco Filippi: 157 Foto Aragozzini, Milano: 285, 288, 315 Foto Giacomelli, Venezia: 52, 55-56, 58-59, 61, 104, 106, 150, 173 [3], 196-197, 200 [1], 223 [1] Foto Giacomelli-Danesin, Venezia-Padova: 64, 65 Foto Porta, Milano: 224-225, 268 [2], 270 [2], 303, 348-350, 356
Fotolux (Claudio Toma), Padova: 31, 46, 69, 70-73, 86, 90-91, 102, 104-105, 120-121, 136-138 [1], 140-141, 148, 158-159, 175, 258 [2], 234, 351, 374-378 Fototecnica Fortunati, Milano: 98, 317 [15] Giuliano Ghiraldini, Marco Campaci, con la collaborazione di Filippo Bertazzo (Gabinetto fotografico dei Musei Civici di Padova): 182-183, 204-205, 231 Erik Holmèn: 360 Richard Khoury: 166, 261, 304-307, 333 Ilaria Morcia: 402 [9] Amleto Pansera, Sundbyberg: 362-363 Massimo Pistore: 242-243, 247, 280 [15-16] Photo Provost, Tolosa: 364 Pablo Rodhes: 92-93 L’Editore rimane a disposizione per qualsiasi eventuale obbligo in relazione alle immagini riprodotte
Ringraziamenti Per aver messo a disposizione le opere di Paolo De Poli i curatori ringraziano Aldo, Evelina e Gianni De Poli, Giuseppe e Augusta De Poli, Lea e Matteo De Poli, Elena Bonsembiante, famiglia Dubbini, Arturo Lorenzoni, Girolamo Veronese; Giovanna Valenzano e Isabella Colpo (Università di Padova), Davide Banzato (Musei Civici di Padova) Volume realizzato con il sostegno economico di Aldo, Evelina, Gianni De Poli; Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo
Paolo De Poli artigiano, imprenditore, designer
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Paolo De Poli al lavoro nello studio di via San Pietro a Padova, fine anni Trenta
Alberto Bassi e Serena Maffioletti
Paolo De Poli è una figura poliedrica. Dopo la formazione artistica fra Padova e Venezia, negli anni del primo dopoguerra apre un laboratorio artigianale, esercitando soprattutto le tecniche del rame smaltato. Dagli anni Trenta collabora con artisti e architetti, tra i quali primeggia Gio Ponti, iniziando con lui una lunga e proficua collaborazione per la produzione di pezzi su disegno del maestro milanese e avviando il rinnovamento di metodo, linguaggio e produzione della propria manifattura, che da bottega artigianale diviene micro-impresa. L’opera di De Poli sarà da subito presente nelle mostre nazionali e progressivamente sui mercati nazionali e internazionali anche, in particolare dal secondo dopoguerra, a seguito dell’indefessa attività di conoscenza e notorietà sviluppata dall’architetto milanese a sostegno del nascente Sistema del design italiano. Gli oggetti di De Poli sono stati per decenni presenti in mostre temporanee e in musei, così come pubblicati su riviste, mentre alla sua figura sono stati finora dedicati solo due, per quanto fondamentali, volumi: Smalti di De Poli scritto da Gio Ponti e pubblicato nel 1958 per le edizioni Daria Guarnati; L’arte dello smalto: Paolo De Poli, uscito in occasione dell’esposizione monografica tenutasi nel 1984 a Padova, sua città natale. L’archivio storico-documentario di Paolo De Poli, costituito da disegni, fotografie, prototipi, prodotti e documenti di oltre cinquant’anni di attività da lui conservati con lungimiranza e chiara intenzione di salvaguardia, conoscenza e valorizzazione, è stato donato dalla famiglia all’Archivio Progetti dell’Università Iuav di Venezia, uno dei più rilevanti giacimenti italiani dedicati alla cultura del progetto, dall’urbanistica all’architettura, dal design alla grafica e alla fotografia.
Parallelamente all’ordinamento del consistente fondo sono stati avviati dall’Archivio Progetti su finanziamento iuav alcuni percorsi di studio sull’opera di Paolo De Poli, destinati ad assegni di ricerca, mostre didattiche e un libro di prossima pubblicazione intitolato Gio Ponti e Paolo De Poli: l’architetto e l’artigiano designer. A seguito dell’ordinamento del fondo e di queste ricerche, il volume Paolo De Poli artigiano, imprenditore, designer intende ricostruire con metodo storico-critico i molti percorsi e le complesse attività dell’autore patavino: per offrire una corretta lettura di tale articolazione operativa sono stati coinvolti numerosi studiosi con differenti competenze e conoscenze, in grado di fornire molteplici chiavi di contestualizzazione e lettura, di proporre inediti contributi e di avviare percorsi d’indagine, fondati nella ricerca condotta sulle fonti e sui materiali archivistici. L’impostazione scientifica della pubblicazione e il progetto editoriale sono indirizzati a una ricognizione ampia e articolata – caratteristica degli studi relativi alla cultura materiale, al cui interno si colloca la storia del progetto per la produzione –, che tiene conto delle condizioni, dei contesti generali e specifici che, uniti alle peculiarità del lavoro dell’autore, consentono un’idonea e corretta comprensione storico-critica degli artefatti. La storia del design costituisce l’insieme e la sintesi di molte storie, nonché del convergere di differenti apporti disciplinari e competenze nel progetto, esito di un lavoro che vive del contributo di molti protagonisti. Il volume si collega a una precisa impostazione metodologica della ricerca nell’ambito della storia del design e propone una lettura che articola diversi livelli di indagine, privilegiando la relazione fra cultura del progetto e tradizione del
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“saper fare” artigianale, indirizzando un’attenzione specifica alla dimensione imprenditoriale. Il libro è strutturato in cinque capitoli, che indagano momenti e aspetti fondativi della figura e dell’attività di De Poli: il contesto e la formazione in ambito artistico; lo sviluppo delle competenze artigiane nel campo del rame smaltato; l’avviarsi verso una dimensione più complessa e articolata della progettazione e della produzione; l’ampliarsi delle attività e delle azioni sia attraverso importanti collaborazioni con architetti e artisti, sia attraverso opportunità di elaborazione e di realizzazione in occasione di esposizioni, mostre e iniziative commerciali, che portano De Poli a una notorietà e diffusione internazionale dei suoi oggetti, nonché al necessario ampliamento della propria dimensione produttiva, organizzativa, distributiva e comunicativa. Nel libro è presente una ricca e significativa documentazione iconografica, quasi interamente proveniente dal fondo archivistico Paolo De Poli, sia d’epoca che contemporanea – frutto, oltre che di una vasta attività di digitalizzazione, di una specifica campagna fotografica –, presentata nei minimali dei saggi e raccolta in inserti tematici, dai quali con chiarezza emergono qualità e varietà degli artefatti depoliani. Il volume è corredato da apparati scientifici utili allo studio e alla ricerca, compreso un regesto dedicato alle produzioni, sia quelle di serie presenti nei cataloghi sia i pezzi unici per le decorazioni d’interni, l’arredamento e l’arte: tale regesto ha comportato un puntuale approfondimento delle datazioni e delle attribuzioni, condotto su base documentaria, archivistica o desunta dalle indicazioni dello stesso De Poli e dei suoi fami-
liari. A questo scopo sono state incrociate diverse fonti: il volume monografico del 1984, realizzato quando l’autore era vivente; le annotazioni autografe al verso delle fotografie dei cosiddetti “libri verdi”, che fin dalle origini raccoglievano la selezione dei lavori più significativi; uno specifico riscontro sul materiale archivistico e documentario, oltre che sulla letteratura. Questa pubblicazione non sarebbe stata possibile senza importanti contributi: innanzitutto dei figli di Paolo De Poli, Evelina, Aldo e Gianni, che hanno creduto e sostenuto il progetto di ricerca ed editoriale, fornendo continuo supporto di conoscenza, attività e incoraggiamento, nonché la fondamentale sostenibilità economica, assieme alla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo. Importanti le persone e le diverse competenze messe in campo dall’Università Iuav di Venezia e dall’Archivio Progetti, che nel tempo hanno seguito e lavorato al fondo De Poli: Riccardo Domenichini e tutto il personale archivistico, in particolare Teresita Scalco, affiancati dagli assegnisti di ricerca Valeria Cafà e Ali Filippini. Fondamentale il lavoro di ricerca e analisi condotto dagli studiosi che hanno indagato sul campo i materiali, fornendo inediti spunti di riflessione e dialogo con i curatori. Il progetto grafico, la cura e sensibilità culturale di Marco Fornasier sono stati indispensabili per la gestione della complessità dei materiali, dei contributi e delle numerose varianti e variabili ideative ed esecutive, che infine hanno avuto idonea verifica e realizzazione dall’editore padovano Il Poligrafo, fin da principio convinto sostenitore del progetto.
Paolo De Poli (seduto sullo scalino), Fausto Melotti, Guido Gambone, Salvatore Fiume, Romano Rui, Lino Sabatini, Gio Ponti in occasione della mostra Formes et idÊes d’Italie alla Galleria Christofle a Parigi, 1957
14
15
1.
Il contesto artistico e la formazione
1.1
Venezia, Verona, Padova. Il contesto artistico veneto
Giovanni Bianchi
1. Testa maschile, disegno a carboncino su carta, anni Venti
18
Paolo De Poli, riferendosi alla sua formazione, ha sempre affermato di appartenere alla tradizione artistica veneta da cui ha tratto un «naturale senso del colore» e, attraverso la conoscenza della pittura, «la bellezza del tono e della luce»1. Caratteri che hanno di fatto contraddistinto il suo linguaggio espressivo. Per De Poli il primo approccio all’arte avviene sotto l’insegna dell’artigianato, aspetto che ha poi segnato tutto il suo percorso artistico: nel 1919 inizia infatti a frequentare l’Istituto d’arte Pietro Selvatico a Padova, dove segue il corso per fabbri, indirizzandosi poi verso la specializzazione in sbalzo e cesello sotto l’attenta guida di Cornelio Ghiretti. Ricorda l’artista: non posso dimenticare le mie prime esperienze artigianali avute proprio battendo il ferro nella Scuola d’arte di Padova. Ricordo con quale entusiasmo ho imparato a forgiare il ferro, a saldarlo, a ridurlo secondo il disegno prestabilito con gli attrezzi e procedimenti usati nell’antichità. Più rapidi e precisi erano i colpi di martello e di mazza, più facile era la realizzazione del pezzo voluto. Allora, negli anni Venti c’è stato un trionfo del ferro battuto. Gli elementi decorativi erano foglie, fiori, spirali, lance, nastri, cartigli, come proprio nelle cancellate del Calligaris che andavo di frequente ad ammirare.2 Possiamo dunque immaginare il giovane andare alla ricerca delle opere di Alberto Calligaris (1880-1960), maestro di origini friulane, che operò a Padova per oltre un ventennio. Capace di interpretare nel ferro la rigogliosa fioritura dello stile Liberty, Calligaris fu una delle figure di riferimento per chi voleva adoperarsi nell’arte del ferro battuto. A Padova intervenne in rilevanti complessi, come l’Hotel Storione, la Barriera daziaria, villa Maluta, Palazzo Folchi (ora Hotel Grand’Italia), e vi realizzò uno dei lavori più importanti della sua carriera artistica: le monumentali cancellate in ferro battuto e bronzo dorato per la Basilica del Santo (1924-1925).
Gli anni passati all’Istituto Selvatico sono basilari per il giovane De Poli, che ha modo di imparare, oltre a un’arte, un mestiere e di affinare la sua maestria e la sua abilità tecnica. De Poli dunque impara inizialmente a battere il ferro, ma già nella scelta di rivolgere il suo interesse verso lo sbalzo e il cesello denota un particolare interesse per l’aspetto grafico e “pittorico” associato alla lavorazione della lastra di metallo. Ricordiamo che già all’inizio degli anni Venti aveva realizzato i suoi primi dipinti. Terminati gli studi all’Istituto d’arte, De Poli, volendo distaccarsi dall’artigianato, decide, nel 1924, di frequentare a Venezia la Scuola d’arte privata Rinaldo Contardo – situata nel Campiello dell’Anatomia a San Giacomo dell’Orio –, scuola che preparava alla licenza del liceo artistico, titolo necessario per iscriversi all’Accademia di Belle Arti. Il giovane artista però non rimarrà a Venezia, ma studierà pittura a Verona con Guido Trentini, che elegge a suo maestro. Guido Trentini (1889-1975), dopo il fondamentale sodalizio con Felice Casorati e la sua fase d’avanguardia3, già nei primi anni Venti indirizza la propria ricerca pittorica verso un recupero di suggestioni classiciste, che ne determinerà l’adesione al movimento artistico Novecento: parteciperà infatti alla Seconda mostra del Novecento italiano tenutasi al Palazzo della Permanente a Milano nel 1929. La cifra stilistica di Trentini si assesta nel recupero di «un classicismo tre-quattrocentesco, mutuato dalla lezione metafisica, nella costruzione e scansione architettonica dei volumi e degli spazi, nelle atmosfere soffuse e magiche, nei gesti scultorei e ieratici dei personaggi»4. La sua pittura, basata su di un rigoroso impianto compositivo, supportato da un solido e plastico segno grafico, è però capace di «suscitare un’atmosfera incantata, quasi surreale, nella quale il vero evade dai propri confini e sembra tendere al magico»5. Questi caratteri, comuni anche ad altri pittori veronesi di quel periodo come Angelo Zamboni, Antonio Nardi, Albano Vitturi, stanno alla base degli insegnamenti che Trentini impartisce al giovane allievo che frequenta il suo studio. Ne sono
19
testimonianza i numerosi disegni6, riconducibili a quegli anni, raffiguranti nudi femminili, nature morte e volti. Soprattutto questi sono resi con un particolare rigore formale, che denota l’attenzione per la composizione nitida e ordinata [1 - 4, 6]. Negli anni trascorsi presso lo studio di Trentini (1925-1928) De Poli entra in contatto con il vivace ambiente artistico della città scaligera e si dedica esclusivamente alla pittura, accantonando lo sbalzo: ed è proprio come pittore che si presenta al pubblico nelle sue prime occasioni espositive. Nel 1926 figura alla xxxix Esposizione d’arte della Società Belle Arti di Verona e partecipa alla iv Esposizione d’arte delle Tre Venezie allestita a Padova nel Salone della Ragione (maggio-giugno), dove presenta due paesaggi, Cortina d’Ampezzo e A Cortina d’Ampezzo – quest’ultimo esposto nella
sala riservata agli artisti veronesi –, e tre disegni – intitolati genericamente Studi 7. Uno di questi, raffigurante il ritratto di Alfa Trentini – sorella del suo maestro –, viene riprodotto nel catalogo e testimonia in modo evidente la vicinanza all’espressione pittorica di Guido Trentini [2]. Nello stesso anno, selezionato dalla giuria, partecipa alla xv Esposizione internazionale della città di Venezia con il dipinto Nel mio studio8 [7]. Si tratta di una natura morta di chiara ispirazione novecentista, dove ogni oggetto viene accuratamente raffigurato e reso con soluzioni volumetriche molto definite e salde. Preceduta da disegni preparatori, l’opera, seppur denoti ancora un’impostazione scolastica, evidenzia l’interesse del giovane artista per una pittura plastica e chiaroscurata, ben lontana dal tocco post-impressio-
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2. Ritratto di Alfa Trentini, disegno a matita su carta, 1925 3. Nudo femminile, disegno a carboncino su carta, 1930
nista tutto vibrazioni cromatiche e luminose o dalle atmosfere delicate e soffuse che caratterizzavano, in generale, la pittura veneziana. Nel 1927 continua l’attività espositiva9 e di particolare importanza è la partecipazione alla v Esposizione d’arte delle Venezie (Padova, Salone della Ragione, maggio-giugno) che, come sottolinea Carlo Anti nel presentare la mostra in catalogo, dava a Padova «la possibilità di chiamare di tempo in tempo a raccolta tutti i Veneti con tanto successo»10. Questa mostra è tra le prime in area veneta a dare conto della recente organizzazione sindacale degli artisti promossa dal regime fascista11. La mostra infatti è posta «sotto l’alto patronato di S.E. Mussolini» ed è organizzata dai sindacati fascisti (Sindacato Pittori e Scultori e Sindacato Architetti) oltre che dalla locale Società Belle Arti. Come è indicato in catalogo, la Commissione ordinatrice dell’Esposizione12 «provvide a tutte le necessità dell’organizzazione, costituendo i Sindacati in quelle città delle Venezie che [sic] non erano ancor sorti; cosicché la Commissione fu veramente il centro dell’organizzazione sindacale»13. Gli artisti vengono dunque presentati raccolti in sindacati; indicati come “isolati” sono invece coloro che non avevano aderito a nessuna associazione sindacale. De Poli figura all’interno del sindacato di Padova, che aveva come segretario il pittore Millo Bortoluzzi14. L’artista presenta quattro opere: Natura morta, Santa Libera (riprodotto in catalogo), La neve e Chiostro a Verona15 [9 - 10]. Sulle pagine dell’«Illustrazione delle Tre Venezie» Luigi Gaudenzio sottolinea come De Poli «segue con molta serietà di propositi le orme di Guido Trentini»16: la chiesa veronese di Santa Libera è in effetti resa con una pennellata corposa attenta a mantenere la compostezza delle forme, ben lontana dalle evanescenze tardo-impressionistiche. L’artista dunque prosegue per la via indicata dal maestro e s’inserisce nel gruppo degli artisti padovani che, come ha sottolineato Giuseppina
Dal Canton, manifestano «i segni di un gusto nuovo: accanto al pittoricismo dei paesaggi veneti di un Millo Bortoluzzi, ancora oscillante tra naturalismo e suggestioni simboliste, compaiono, per esempio, il solido semplificato novecentismo di un dipinto come Bambini che giocano di Giovanni Dandolo e il primitivismo di una scenetta di carattere popolare e naïf come La banda del paese di Adolfo Callegari»17. Virginia Baradel osserva che alla ricerca di aggiornare il proprio linguaggio espressivo, in un clima di severità compositiva e rigore formale, «i pittori padovani trovano in questo periodo una sincera corrispondenza tra le proprie inclinazioni pittoriche e le diverse vocazioni figurative di Novecento»18. Nel 1928 De Poli partecipa alla lxxxvi Esposizione della società promotrice delle Belle Arti di Torino, una mostra dal respiro nazionale dove presenta il dipinto Padova antica19. Il successo ottenuto dalle mostre Trivenete e la formazione del Sindacato fascista Belle Arti di Padova spingono i giovani artisti padovani ad aggregarsi per cercare di porre all’attenzione del pubblico e della critica la loro ricerca artistica. Tra questi vi è anche Paolo De Poli, deciso a farsi conoscere. Un esempio significativo di questa volontà associativa è la mostra d’arte “Gruppo 11”, allestita a Padova nel maggio-giugno 1928, sotto il patrocinio del Sindacato Pittori e Scultori e della Società Belle Arti. Il depliant-catalogo pubblicato per l’occasione riporta una Premessa, a firma del gruppo, che ben illustra le finalità di questa esposizione: A Padova da qualche tempo paiono mutate le sorti dell’Arte per la piacevole attrattiva che s’è venuta creando con alcune mostre interessanti e bene organizzate: e se fino allora i nostri concittadini avean fama di gente poco dedita alle cose dello spirito, oggi – a dire il vero – sentiamo di poter mitigare questa affermazione, ché per forza di volontà e di passione alcuni credono – finalmente – agli effetti fecondi del travaglio artistico. E noi, uniti in “Gruppo 11”, offriamo al pubblico ancora una prova di questo travaglio nel quale scorgemmo la ragione
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1.2
34
La formazione artistica e la Scuola d’arte Pietro Selvatico di Padova
Giancarlo Vivianetti
1. Catalogo illustrato dei modelli di costruzione che si eseguano nella scuola di disegno per gli artigiani in Padova, tipografia fratelli Salmin, Padova 1890
Nel 1866 lo storico e critico d’arte Pietro Selvatico Estense, dopo aver lasciato l’insegnamento all’Accademia di Venezia in seguito al vano tentativo di aggiornarne i metodi d’insegnamento, ideò l’istituzione di una nuova scuola di “Disegno pratico di modellazione e d’intaglio per gli artigiani” a Padova. La scuola doveva essere finalizzata all’istruzione del disegno, della modellazione in creta e dell’intaglio in legno per supplire alla carenza di insegnamento del disegno da parte dei capi-bottega, insegnamento che avrebbe dovuto essere propedeutico all’esecuzione dei lavori. Il Selvatico presentò la proposta della scuola al Consiglio comunale di Padova, che la accolse con vivo interesse, tanto che essa poté iniziare già nel 1867. Pietro Selvatico morì nel 1880, con grave lutto degli insegnanti, degli alunni e dell’intera città; il Consiglio dirigente, dopo la nomina del nuovo presidente, conte Ferdinando Cavalli, deliberò d’intitolare la scuola al nome del suo fondatore. Nell’anno 1881 fu iniziata la produzione di modelli in legno per le attività didattiche delle Scuole
di disegno, per gli Istituti tecnici industriali e per i laboratori delle Università: per promuoverne la vendita fu pubblicato un catalogo illustrato comprendente 224 modelli [1]. A partire dal 1889-90, sotto la guida di Barnaba Lava, insegnante di Disegno architettonico, furono eseguiti dagli alunni i rilievi delle facciate delle antiche fabbriche padovane, la cui raccolta di disegni acquerellati costituisce tutt’oggi una delle più diligenti documentazioni storico-artistiche della città [2]. Già dal 1871 la Scuola cominciò a partecipare, con i lavori eseguiti dagli allievi, ad esposizioni nazionali e internazionali. Significativi furono i riconoscimenti ottenuti, in particolare i premi con medaglia d’oro ricevuti all’Esposizione regionale di Vicenza del 1871, all’Esposizione internazionale di Parigi del 1878, all’Esposizione generale nazionale di Palermo del 1892, all’Esposizione Universale di Parigi del 1900 e all’Esposizione Universale di Saint-Louis del 1904. Agli inizi del Novecento la scuola era ancora priva di una sede definitiva e idonea alle attività che vi si
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2. Rilievi di antiche fabbriche padovane, casa Piccini, Padova 1890
2.
L’arte dello smalto
2.1
Lo smalto dei colori: la mappa cromatica di De Poli
78
1. Dettaglio di una ciotola smaltata su rame
2. Nelle pagine successive: vista zenitale di una composizione di ciotole in rame con smalti colati, 1962 (collezione privata)
Manlio Brusatin
Provare a sottrarre la definizione delle arti alle categorie dello spazio e del tempo e affrontarle nei loro principi di materialità come i quattro elementi: terra, acqua, fuoco e aria. Si pensa sempre a una loro definizione e percezione visiva e quindi si parla di arti simultanee e di arti consecutive. Quelle visive corrispondono a un principio di percezione simultanea, anche se poi la loro eco si deposita in un tempo illimitato, altre appartengono all’ascolto, a una fruizione consecutiva che si sviluppa nella scansione del tempo e del ritmo, frammentandosi nello spazio che non le custodisce. Ma si dovrebbe legarle più facilmente al ritmo della loro creatività, del loro lavoro interno ed esterno, che rende gli oggetti corpi e creature per suggerire sentimenti, significati e storie in chi li osserva. Perciò l’architettura potrebbe essere un’arte della terra e dell’aria, la pittura un’arte d’impasto della terra per produrre riflessi d’acqua e di linfa, la musica un’arte dell’aria ma anche dell’acqua in un gioco di scambi e di appartenenze piene di esaltanti esplorazioni. Già Paul Valéry aveva esaltato il riflesso di un desiderio costante nella produzione di quelle arti terribilmente incerte verso la materia alla quale si affidano: «Fra tutte le arti non ne conosco di più avventurose, di più incerte, e dunque di più nobili, delle arti che richiedono l’uso del fuoco»1. Il fuoco con il quale non vale nessuna libertà è una fiamma giallo-azzurra così vasta di possibilità che può scoprire tutte le incertezze, disperdendo le energie in una piccola catastrofe tecnica. Nella terracotta si chiede al fuoco un principio di maturazione di fronte alla fragile elaborazione del manufatto ancora madido di terra e di acqua. Nell’arte del ferro si chiede al fuoco la testimonianza transitoria dell’ammorbidimento di una materia, che si lascia forgiare nei brevi attimi in cui essa stessa si fa fuoco per trasformarsi in forma nuova e durevole. Ma il fuoco alla fine dell’opera va lontano dall’oggetto, una volta toccato lo
abbandona lasciandolo con pari rischio, eccelso o inerte per non tornare più. La terracotta e il ferro battuto restano formati nel bene e nel male dopo il terribile passaggio del fuoco e non possono tornare a essere diversi se non rifusi totalmente in un altro piccolo caos, nel quale possono perdersi o riuscire del tutto diversi, ma forse non più individuati in un oggetto, adatto a produrre sensazioni e immagini estetiche. Tra le arti del fuoco c’è l’arte dello smalto, questa è l’unica dove il fuoco sembra fermarsi dentro l’oggetto per dargli un animato colore lucente, quasi eterno. Penso che queste siano le virtù più esaltanti di quegli smalti liberi che fasciano l’oggetto combinandosi con esso, uscendo dal limite metallurgico del cloison per prodursi in una selva totale di colori, tutti quanti figli del fuoco. Questi gli oggetti invasi di luci folgoranti e notturne di De Poli, l’ultimo sacerdote di questa terza arte del fuoco, che conserva il sigillo della materia e mantiene il vibrare della fiamma, che ha consacrato le conquiste fondamentali dell’uomo. Tutto si fa in quella superficie vitrea che si è adagiata sopra il metallo, lasciandogli impressa la qualità lucente e viva della buccia di un frutto e delle squame bluargenteo di un banco di pesci nel loro passaggio tra i fondali o l’innesto di penne intarsiate nel collo di un pavone e del suo movimento, e forse più ancora nella corteccia di quel grande frutto che è un pianeta con la sua scorza vetrosa e animata, leggera e profonda, liquida e secca. Ecco, la stesura e il colore degli smalti ripercorrono ogni effetto estetico della biologia e della vita con opacità e lucentezze: il verde inafferrabile di un ramarro, il rosso sfuggente della coda di volpe, la viscosa profondità di uno stagno oppure lo specchio d’acqua carico di ghiaccio e di cristalli di neve: quella colorazione in rapidissimi e lenti movimenti, animati dall’acqua e dal fuoco delle ere e dai balenii di uno scatto e di un tuffo nella foresta madre di verdi e di bruni. Lo slancio e il
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3. Ciotole in rame smaltato colato
guizzo animato dei colori, semplici mescolanze di frammenti e di terre polvirulente diventano dunque pelle e corpo di un’arte della trasformazione attraverso il passaggio dello smalto del fuoco. Si può quindi transitare all’interno della mappa cromatica di De Poli in un viaggio tra storia biologica e storia delle arti come la stratificazione fossile delle pietre bianco-rosate dell’altopiano di Asiago e di Prun. Perciò tracciamo un sentiero dentro all’archivio cromatico offertoci, più che un romanzo tra azioni e passioni. Il grigio turchese trasparente appare come i quadri slontanati e materici di De Pisis e i suoi pesci abbandonati delle lagune; il grigio opale si stampa nelle stoffe di Fortuny, nelle sericità apparenti dei tessuti che evocano lucentezze e calandrature di azzurrite e
di placche d’argento. Il grigio azzurro madreperla risuona come i dischi e le scaglie combinate del mobilio Secessione insieme all’origine del frutto giallo madreperla secco e umido della conchiglia turbinata e frammentata. Il bianco grigio con giallo è un quadro di Corot, come un albero impresso e tormentato da un vento dominante, quasi un destino. Il sottobosco verde bruno giallo risveglia gli antri orientali dove si alzano le divinità danzanti di Gustave Moreau: il giallo oro brillante e il giallo bruno risplendono come i diademi di quelle apparizioni simboliste e i gialli dorati e sfumati sono appunto quei fuochi lanciati e trattenuti dalle eroine di Khnopff. Il nero trasparente di un Greco dichiara un mito originario di formazione da cui tutto può finire e
4. Ciotole in rame sbalzato craquelé
ricominciare, così il grigio rosato trasparente che mette insieme il color d’aria e le nuvole di ulteriori tramonti nei quadri dei vedutisti veneti. L’occhio di tigre giallo bruno dai riflessi bluastri incontra tra favola e storia il colore del cappello stellato del mago di Oz; il giallo limone unito e il giallo trasparente è il colore che sta oltre lo specchio di Alice nel paese delle meraviglie verso cui si spinge il desiderio di chi voglia andare «in qualsiasi parte»; il giallo oro macchiato è quasi il testo smozzicato del racconto di un ritorno avventuroso dell’Eldorado. Il blu oro e il verde oro bruno è il regno degli schermi e delle quinte di Klimt e il tessuto marmoreo dove sono ritratte e assopite le sue immagini-donna. Il rosso sangue di bue è proprio l’anima di un tra-
5. Ciotole in rame smaltato
passato che nel rito cinese prende la forma e il corpo di quel vaso. Il grosso gules e quello bruciato rimbalzano e rovesciano l’oriente in un medioevo fitto di insegne e grave di scontri con scudi e ferite che si stampano e si disegnano a partiture negli “smalti” araldici. Le stoffe purpuree e “pavonazze” del rosso di grana cinquecentesco evocano i rossi giacinto e rubino delle ultime porpore fenicie. Queste sottili lamelle purpuree assomigliano propriamente alle carni ciprigne e madreperlacee delle dee dei poemi omerici, immerse nel fondo di mito ed epos che nella civiltà mediterranea penso abbiano senz’altro quel colore rubino-rosato che fa vibrare l’intenso flusso di navi e di religioni, prossime e lontane. L’opale celeste sprizza l’immagine originaria delle divinità fredde e olimpiche, ma rabbonite dei Gio-
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6. Nella pagina precedente: vista zenitale di una composizione di ciotole smaltate su rame 7 - 8. Grandi piatti in ferro smaltato, 1968
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vi di Ingres, che fuggono già verso gli alberi e gli stagni del Cavaliere azzurro di Kandinskij, riflesso nel color “acqua di ruscello” di De Poli. Ancora, le vene del turchese trasparente si aprono come la montagna incantata d’azzurro nel Milione di Marco Polo e insieme nella cruda disseminazione di coca e smeraldi della Columbia post industriale. Su sponde ancora opposte, il lilla blu macchiato giallo è una geminazione surreale di un mantello del Calendario delle ore dei fratelli di Limbourg con l’esplosione distruttiva e luminescente di un programma di video-games: tanto temi moderni e futuri esplodono dalle connessioni e lacerazioni delle vetrosità degli smalti di cui stiamo percorrendo i continenti come la mappa di un libro di avventure. Il rosa lilla risuona come l’attesa di un’aurora. Assorbe il taedium di un appuntamento mancato in viale di bougainville verso il sussurro di rubino scuro viola: colore che fonde in nuvole il rosso e l’indaco dei corpuscoli d’ombra che segnalano il freddo della sera. Dense tonalità di tempo e di spazio si alternano e si scontrano nel blu a macchie rosse intense in un messaggio nello spazio siderale di una navicella perduta, come l’anima di cosmonauti senza più voce, mentre invece l’azzurro verde chiaro e l’azzurro blu scuro sembrano i toni di uno scontro di civiltà attico-persiane, le une rivolte contro le altre in un movimento guerresco di Anabasi e Catabasi. Il blu profondo opale e il blu ora quasi rosato torna a essere lo smalto di una delle sette meraviglie: la statua crisoelefantina del Giove di Olimpia e del
Questo testo è stato tratto dalla pubblicazione L’arte dello smalto: Paolo De Poli, catalogo della mostra (Padova, Palazzo della Regione, 13 ottobre - 20 novembre 1984), a cura di P.L. Fantelli, Padova, Comune di Padova, Unione provinciale artigiani, Arte grafica Bolzanella, 1984.
1. P. Valery, Dell’eminente dignità delle arti del fuoco, trad. it. in V. Lamarque Scritti sull’arte, Milano, Guanda, 1984, pp. 70-72.
suo trono corrusco e fumigante di offerte; giù giù fino all’azzurro profondo di quelle intensità classico-romantiche di un mare profondo che rispecchi il cielo, tra il glauco e il ceruleo delle isole di trapassati di Böcklin, come Odisseo. Il verde smeraldo scuro evoca la materia di cui son fatte le erbe che si tuffano nell’acqua e la colorano dal profondo, e il verde cromo scuro fa scorrere in quelle acque segrete, nate dal ventre della terra, la morbida attesa della Tempesta di Giorgione, per allargarsi a vegetare pianure e pianure. I verdi brillanti e trasparenti e quelli macchiati si riverberano per le fitte martellinature nel corpo del supporto di rame e restano per il tessuto epidermico di un camaleonte o di un alligatore, in una definitiva pietrificazione e imbalsamazione come porte bronzee. Il blu azzurro verde sembra sintetizzare in breve spazio la storia dell’arte dello smalto con il suo tenore “dipinto” rispetto alla miriade di piccoli colpi di martello fitti e regolari che richiamano l’antica matrice del champlevé. Si sfonda verso la materia dipinta della pittura nel destino finale della craquelure: fine del quadro e principio dello smalto. Si riforma un fitto reticolo di spontanei cloisonnés nella buccia di un pianeta blu lunare con argento, per riflettere nel freddo lacrime e desideri di quell’altro pianeta verde azzurro chiamato Terra, dove noi stiamo, ma dal quale possiamo allontanarci per attimi intensi soltanto con queste arti, verso il territorio aereo dei colori di smalto, pieni di fuoco.
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le ciotole
100
Ciotola e bicchieri, smalto su rame, 1938
101
Ciotole, scatola e portacandele, 1948
108
Accordi su fondo rosso, vassoio, smalto su rame, 1952
Famiglia di vaschette azzurre, smalto su rame, 1950 (collezione privata)
109
2.5
De Poli pittore a smalto
148
1. Primavera-estate, disegno di Gino Severini, pannello, smalto su rame, 1957
Luca Pietro Nicoletti
2. La musica, disegno di Bruno Saetti, pannello, smalto su rame, 1954
150
3. San Pietro, disegno di Gino Severini, pannello, smalto su rame, 1957
4. Chiaro di luna, disegno di Bruno Saetti, pannello, smalto su rame, 1956
3.
Paolo De Poli artigiano e designer
204
Piccione, smalto su rame, 1957 (collezione Musei Civici di Padova)
205
Piccioni, smalto su rame, 1948
Uccello, smalto su rame, 1952
199
18. Cappa del camino per un edificio abitazione, progetto di Eugenia Alberti e Gian Luigi Reggio, esecutivo con disegno di De Poli, pastelli su copia eliografica, 8 settembre 1958
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19. Tavolo Toilette, progetto di Ico e Luisa Parisi, produzione Altamira New York, con piano in smalto, su disegno di Pietro Zuffi, tavolo chiuso, 1942
20. Tavolo Toilette, progetto di Ico e Luisa Parisi, produzione Altamira New York, con piano in smalto, disegno esecutivo, copia eliografica con disegno di Pietro Zuffi, 1942
21. Tavolo Toilette, progetto di Ico e Luisa Parisi, produzione Altamira New York, con piano in smalto su disegno di Pietro Zuffi, tavolo aperto, 1942
nelli del bancone della Birreria Pedavena a Piovene Rocchette, a stemmi dei comuni limitrofi. Realizza per Altamira. Con Ico e Luisa Parisi produce vasi, portasigarette, portacenere, scatole, superfici in smalto per tavoli da lettura e da toeletta; con Ponti una “parete-camino-living” (167 × 450 cm) e tavolini da té con il piano formato da aste incrociate, colorate in più modi sulle facce così che secondo i punti di vista appaiono composizioni cromatiche diverse [19 - 21]. Presentandoli, Ponti rivendica: «Tradizione di divertimento. È una tradizione antica, propria degli artisti e degli architetti»15 [22].
22. Tradizione di divertimento, «Domus», 295, giugno 1954, p. 47
1. G. Ponti, Paolo De Poli, Milano, Galleria Ferruccio Asta, 1942. 2. Ibid. 3. Ibid. 4. Cfr. in questo volume il contributo di Marta Nezzo; Il Miraggio della Concordia. Documenti sull’architettura e la decorazione del Bo e del Liviano. Padova, 1933-1943, a cura di M. Nezzo, Canova, Treviso 2008; S. Maffioletti, Paolo De Poli e Gio Ponti: i dialoghi del Bo, in Gio Ponti e Paolo De Poli: L’architetto e l’artigiano-designer, a cura di A. Bassi e V. Cafà, Pordenone, Universalia, c.s.
5. Cfr. Il Miraggio della Concordia, cit., pp. 418-420, 622-625. 6. Cfr. in questo volume i contributi di Susanna Bastardini e di Anna Mazzanti. 7. Yale & Towne, New forms in door ornamentation, Yale & Towne manufacturing Co., catalogo della mostra (New York, Wildenstein Gallery, 30 aprile 5 maggio 1956), ed. Van Day Truex, New York, Wildenstein Gallery, pp. 12-13. 8. La ricerca sulle maniglie porterà De Poli ad avviare un’esplorazione nel mondo della piastrelle, che pare non essere stata sviluppata.
9. Progetto degli ingegneri Zamperoni e Salce, Padova, 1960, iuav, ap, fpdp 2.2, np 070273. 10. Lettera di P. De Poli a G. Ponti, 2 novembre 1960, iuav, ap, fpdp 1.1, np 067620. 11. Lettera di P. De Poli a G. Ponti, 1 dicembre 1960, ivi. 12. Lettera di P. De Poli a G. Ponti, 19 febbraio 1960, ivi. 13. G. Ponti, A Teheran una villa, «Domus», 422, gennaio 1965, p. 15. 14. Edificio ad abitazione e uffici per Bruno Maestro, via Foppa, Milano, 1958.
15, G. Ponti, Tradizioni di divertimento, «Domus», 295, giugno 1954, p. 47.
255
Disegno preparatorio per Arlecchino, progetto di Gio Ponti, pastelli su carta, 1940 Arlecchino, progetto di Gio Ponti, pannello, smalto su rame, 1940
259
271
Vaschette e luna, progetto di Gio Ponti, smalto su rame, 1956
301
Portafiori, progetto di Gio Ponti, smalto su rame, 1956
Gruppo di ciotole, progetto di Gio Ponti, smalto su rame, 1956
302
17. Omaggio a Manhattan, smalto su rame, 1967
343
5.4
366
Mepak: la scoperta del “piacere delle piccole cose”. De Poli al Palazzo della Ragione e al PAC
Antonio Piva
1. Paolo De Poli all’inaugurazione della mostra L’arte dello smalto: Paolo De Poli, Palazzo della Ragione, Padova, 13 ottobre 20 novembre 1984
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4. Mostra L’arte dello smalto: Paolo De Poli, con Grande pavone e Grande gallo, smalto su rame, Palazzo della Ragione, Padova, 13 ottobre - 20 novembre 1984
5. Mostra L’arte dello smalto: Paolo De Poli, pannelli Podestà Rusca e Vescovo Giordano, smalto su rame, Palazzo della Ragione, Padova, 13 ottobre 20 novembre 1984
370
6. Mostra L’arte dello smalto: Paolo De Poli, pannelli Via crucis, smalto su rame, Palazzo della Ragione, Padova, 13 ottobre 20 novembre 1984
Arredi e complementi Paolo De Poli realizza, a partire dalla fine degli anni Trenta, la decorazione in smalto di mobili e complementi d’arredo, collaborando con architetti e artisti, traducendone i disegni sui pannelli in rame; all’arredo si aggiungono luci e cornici.
Cantonale Stipo degli Angeli 1941 175 × 40 × 68 legno e smalto su rame Gio Ponti Ponti, De Poli. Smalti, 1958 Paolo De Poli, Asta, Milano, 1942
Bar Scacchi 1941 60 × 48 × 35 legno e smalto su rame Gio Ponti Fantelli, in L’arte dello smalto: Paolo De Poli, 1984 Paolo De Poli, Asta, Milano, 1942; Smalti di Paolo De Poli, Il Cavallino, Venezia, 1945
Toletta Profumi 1941 74 × 93 × 43,5 legno e smalto su rame Gio Ponti Paolo De Poli, Asta, Milano, 1942
Mobile bar data 1939 tipologia – dimensioni 150 × 180 × 50 tecnica legno e smalto su rame progetto Guglielmo Ulrich luogo Casa Santagostino, Milano bibliogr. Scacchetti, Guglielmo Ulrich (1904-1977), 2009 esposizioni –
Scrigno Il mercato 1941 164 × 35 × 70 legno e smalto su rame Gio Ponti Preziosità dello smalto, «Cordelia», 1942 Paolo De Poli, Asta, Milano, 1942
Bar Carte da gioco 1941 48 × 48 × 35 legno e smalto su rame Gio Ponti Paolo De Poli, Asta, Milano, 1942; Smalti di Paolo De Poli, Il Cavallino, Venezia 1945
Toletta Nastri 1941 74 × 93 × 46 legno e smalto su rame Gio Ponti Preziosità dello smalto, «Cordelia», 1942 Paolo De Poli, Asta, Milano, 1942
Mobile Acqua e fuoco 1941 70 × 90 × 39,5 legno e smalto su rame Gio Ponti Paolo De Poli, Asta, Milano, 1942
Bar dei Flaconi 1941 60 × 100 legno e smalto su rame Gio Ponti Paolo De Poli, Asta, Milano, 1942
Bar Carte da gioco 1941 48 × 4835 legno e smalto su rame Gio Ponti
Tavolo Nastri 1941 44,8 × 61,6 × 39,4 legno e smalto su rame Gio Ponti New York Brooklyn Museum Italy at Work. Her Renaissance in Design Today, 1950
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testo composto in Sabon, disegnato da Jan Tschichold; titoli composti in Leitura, disegnato da Dino Dos Santos questo volume è stato impresso nel mese di dicembre 2017, per conto della casa editrice Il Poligrafo, dalla tipografia Papergraf di Piazzola sul Brenta (Padova)
e 60,00
ISBN 978-88-9387-048-1