SAGGI 71
Francesco Tavone
ALFONSO DESIATA IL SIGNORE DELLE ASSICURAZIONI Una vita tra economia, finanza e cultura con un’ampia selezione degli scritti
ILPOLIGRAFO
in copertina Alfonso Desiata Archivio Storico Assicurazioni Generali, Trieste (Italfoto, Enzo Lasorte) redazione Il Poligrafo casa editrice Alessandro Lise Š Copyright dicembre 2019 Il Poligrafo casa editrice srl 35121 Padova via Cassan, 34 (piazza Eremitani) tel. 049 8360887 - fax 049 8360864 e-mail casaeditrice@poligrafo.it www.poligrafo.it ISBN 978-88-9387-090-0
INDICE
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Introduzione
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Alcuni giudizi di merito
19 I. LA FORMAZIONE. PISA. L’ATTRAZIONE DEL MONDO ACCADEMICO
25 II. MATEMATICI DI RIFERIMENTO
29 III. ALLE GENERALI. DA BORSISTA AD AMMINISTRATORE DELEGATO
37 IV. ALLEANZA ASSICURAZIONI
45 V. PRESIDENTE DELL’ANIA
119 VI. PRESIDENTE DELLE ASSICURAZIONI GENERALI 139 VII. L’EUROPEISMO 143 VIII. IL MOLISE 147 IX. TRIESTE 157 X. RICONOSCIMENTI 165 XI. SCRITTI DI ALFONSO DESIATA
ALFONSO DESIATA IL SIGNORE DELLE ASSICURAZIONI
La pura difesa dell’esistente, di posizioni e situazioni ormai superate e incompatibili con una realtà in continua e rapida evoluzione, sarebbe miope. Dobbiamo saper accettare il nuovo e, facendo leva sulla professionalità, saper cogliere le opportunità – e sono tante – che esso offre. Alfonso Desiata, 1987 Una volta chi aveva un’idea la vendeva al capitalista, e questi la realizzava e sfruttava. Ora il baricentro del sistema di produzione non è più il capitale, ma l’idea, e il manager cui spetta di realizzarla è oggi sempre più un manager di un’idea. Io chiamo questo fenomeno “impresismo” ed è questa la nostra rivoluzione. Alfonso Desiata, 2000
a mio figlio Marcello
INTRODUZIONE
È possibile, partendo negli anni Cinquanta del secolo scorso da una cittadina del Molise, diventare il “signore delle assicurazioni”, il “re” di uno dei gruppi assicurativi più importanti del mondo, un protagonista di rilievo del gotha della finanza nazionale e internazionale, un intellettuale di comprovata rilevanza e poter essere definito “manager a cinque stelle”, il tutto contando esclusivamente sulle proprie forze? A riuscirci è stato Alfonso Desiata grazie a una severa etica dell’impegno e del lavoro mutuata dagli insegnamenti paterni, a un rigoroso e intelligente percorso di studi, iniziato nella propria regione, perfezionato presso la Scuola-Collegio di eccellenza “Antonio Pacinotti” di Pisa – afferente con la locale Università – e durato nel tempo, a una accurata programmazione della vita professionale, alla capacità di tradurre le sue competenze culturali e tecniche in alte visioni e innovazioni in campo finanziario e assicurativo, alla sua indipendenza di giudizio e di azione, a uno stile di vita caratterizzato da dirittura morale e fatto di semplicità, rigore, costanza, prudenza, coraggio, coerenza, discrezione. Il suo operato s’intreccia con la vita economica italiana degli ultimi trent’anni del Novecento e i primi del Duemila e si colloca nel filone della storia dell’impresa e dell’economia. Per esaminarlo nella sua vastità e complessità occorrerebbero diversi volumi di scienze finanziarie, bancarie e assicurative. Gli obiettivi dichiarati del presente libro sono più circoscritti e intendono offrire a un pubblico vario di lettori un primo approccio con l’opera del top manager e far conoscere le sue idee
introduzione
mediante larga parte dei suoi scritti, dei quali si riportano stralci significativi. Ne deriva un profilo di Desiata dal carattere divulgativo e nello stesso tempo scientifico – inserito nel contesto in cui egli agisce e basato su un adeguato supporto documentario puntualmente citato – che consente la possibilità: 1) di seguire le tappe salienti della sua formazione e del suo brillante percorso professionale, che lo portano a ricoprire numerose e rilevanti cariche in campo assicurativo e bancario (tra cui quelle di amministratore delegato, prima, e di presidente, dopo, del Gruppo Generali, di amministratore delegato e di presidente di Alleanza Assicurazioni, di presidente dell’Associazione Nazionale fra le Imprese Assicurative, di componente del consiglio di amministrazione del Banco Ambrosiano Veneto e di Banca Intesa, di vicepresidente della Banca FriulAdria) e a essere presente nel mondo accademico e in istituzioni culturali (quale la prestigiosa Fondazione Cini di Venezia); 2) di individuare i tratti forti e originali della sua personalità, il reticolo dei suoi interessi nei settori delle assicurazioni, dell’economia e della finanza; 3) di rendersi conto dei rinnovamenti da lui apportati da pioniere nel comparto assicurativo e delle sue proposte (come le polizze rivalutabili e la Gestione Separata detta GESAV, considerate le più grandi innovazioni a livello europeo nella storia del ramo vita; la bancassicurazione; la long term care; la prima polizza in ECU; la copertura assicurativa dei danni dovuti a calamità naturali e di quelli conseguenti ad atti di terrorismo; la polizza “investire in cultura” per le famiglie; il piano assicurativo modulare per gli infortuni “Valore sicurezza più”; la presenza attiva delle imprese di assicurazione relativa ai tre versanti del sistema di protezione sociale: previdenza, sanità, assistenza; la riduzione dei costi dei premi delle polizze RC auto; il “capitalismo delle idee” e l’impresismo; l’e-commerce; la tecnology information; i non stop shop per servizi assicurativi e finanziari ecc.), nonché delle operazioni più importanti realizzate in qualità di presidente di Alleanza Assicurazioni e delle Generali, tra cui l’OPA per l’acquisizione dell’INA e
introduzione
la conquista del mercato cinese, ambedue rientranti nell’azione di espansione del Gruppo del Leone di Trieste; 4) di verificare la sua passione per la natura e per i viaggi, il suo europeismo, il suo profondo legame con il Molise, sua regione di origine, il suo sentirsi cittadino di Trieste, capoluogo in cui trascorre la maggior parte della vita, diventandone punto di riferimento autorevole. 5) di essere informati sui riconoscimenti tributatigli dopo la sua morte (per esempio: l’intitolazione al suo nome di tre borse di studio della Fondazione Mario Gasbarri di Alleanza Assicurazioni, della Biblioteca dell’ASSIT a Torino, della Sala Rossa del palazzo della Borsa Vecchia di Trieste e di una borsa di studio dell’ANIA destinata ai neo-laureati). Il volume trova la sua conclusione in un’ampia selezione degli scritti di Desiata, che permettono una conoscenza diretta e di prima mano del suo spessore culturale e del suo pensiero su temi e problematiche, anche di natura strettamente tecnica, concernenti il settore assicurativo e quello finanziario. L’autore desidera ringraziare vivamente la dott.ssa Lorenza Desiata per la sua attiva e concreta condivisione del progetto editoriale del libro. È sentitamente grato all’ing. Enrico Salza, presidente di Tinexta e di Intesa Sanpaolo Highline, per la sua testimonianza su Desiata riportata nel capitolo “Alcuni giudizi di merito”. Un particolare grazie volge alla sig.ra Maria Lucia Dalle Molle, della Biblioteca Civica di Schio, che ha agevolato il suo lavoro di ricerca rispondendo sempre con squisita disponibilità e diligenza alle sue assidue richieste di materiale bibliografico reperibile mediante il servizio di prestito interbibliotecario. Un ringraziamento porge pure a Roberta Spada e a Marco Marizza dell’Archivio Storico delle Assicurazioni Generali di Trieste per la gentilezza con cui gli hanno fornito la documentazione consultabile relativa a Desiata. Esprime la propria stima alla sig.ra Chiara Gualdi, contessa d’Attimis di Santa Croce e moglie di Alfonso Desiata, per la sua raffinatezza e distinzione, che confermano che spesso nella vita di un grande uomo c’è una grande donna.
I LA FORMAZIONE. PISA. L’ATTRAZIONE DEL MONDO ACCADEMICO
Desiata nasce a Bojano il 27 gennaio 1933, da Antonio e Rosaria Sammartino, ambedue originari di Agnone. Conseguito il diploma di ragioniere nel Molise, svolge un periodo di lavoro come istitutore presso un collegio di Arezzo. Il 30 novembre 1953, dopo aver vinto una borsa di studio, entra in qualità di convittore interno nel Collegio-Scuola Superiore “Antonio Pacinotti” di Pisa, afferente con la locale Università degli Studi, per laurearsi in economia; traguardo che raggiunge il 16 novembre 1957, con 110 e lode. La scelta del “Pacinotti” è fondamentale nella vita di Desiata. A tale proposito Riccardo Varaldo dice: È difficile immaginare se la vicenda umana, culturale e professionale di Alfonso sarebbe stata diversa senza la sua ricca esperienza pisana. Di certo credo che Pisa gli abbia offerto un’opportunità di inserirsi e vivere in un contesto particolarmente vivace e stimolante, molto diverso dal suo ambiente di origine. È questo ambiente, in fondo, quello pisano e quello della Scuola, che gli ha consentito di esprimere e di impiegare al meglio le sue doti intellettuali e le sue energie lavorando con alacrità per un proprio progetto di vita.
Su Desiata, oltre al materiale bibliografico finora citato e a quello a cui si fa riferimento nel prosieguo del lavoro, si veda anche: F. TAVONE, Alfonso Desiata manager di successo della finanza e delle assicurazioni, pubblicato in quattro puntate, con titoli diversi, sul quotidiano «Primo Piano Molise», nei giorni 31 agosto, 1, 4, 5 settembre 2016 (a. XVII, 240, 241, 244, 245), pp. 8, 7, 6, 7. Dallo stesso anno anche nel sito della collana di studi storici del Molise “Quaderni di Porta della Torre”, sezione “Pillole di storia”, www.portadellatorre.altervista.org
capitolo primo Il curriculum universitario di Alfonso è esemplare [...]. È un profilo ad alto rendimento, che evidenzia la serietà con cui ha affrontato gli studi, cercando di ottenere il massimo risultato, ma anche in tempi estremamente contenuti. Con questo ha saputo onorare anche il suo status di allievo interno della Scuola Superiore in cui è entrato, superando brillantemente il concorso di ammissione che è previsto statutariamente come unico canale di accesso. Già da studente collegiale Alfonso era animato dal desiderio di far bene e di eccellere, sorretto da notevoli doti intellettuali, da una forte ed esemplare capacità di programmazione dei tempi e da una ferrea volontà. Dimostrava già allora una invidiabile capacità di controllo delle situazioni, conscio della serietà con cui si preparava alle prove. Non lasciava molto al caso: la puntigliosa preparazione era tale da metterlo al riparo dagli imprevisti tipici degli esami. A Pisa, alla Scuola, – aggiunge Varaldo – Alfonso Desiata ha quindi trovato sostanziale convergenza ideale con un ambiente dove l’etica del merito, del rigore e della responsabilità costituisce una proprietà. A questi principi a cui teneva molto si è formato e si è ispirato, conformandosi ad un modello di vita e di condotta particolarmente severo.
Durante gli anni universitari acquisisce una elevata conoscenza della matematica generale e della matematica finanziaria, senza far venire meno, però, la sua spiccata passione per le discipline umanistiche – in particolare per la storia – e per l’economia delle epoche passate, quasi a voler dimostrare concretamente l’interdisciplinarietà e l’unitarietà della cultura e a voler comunicare che la tradizionale contrapposizione tra quella scientifica e quella umanistica non ha ragione di essere, in un superamento della separazione, da considerarsi fittizia, tra scienze pure e scienze applicate. La tendenza di Desiata a darsi un bagaglio formativo eccellente, già riscontrabile nel periodo molisano, lo spinge a svol R. VARALDO, Discorso introduttivo e testimonianza di Riccardo Varaldo, in Alfonso Desiata. L’assicuratore, l’intellettuale, la persona. Raccolta di testimonianze, cit., pp. 32-33. Sulla sua “caparbietà” nelle ore di studio “bojanesi” la figlia Lorenza riferisce: «Mi raccontavano i suoi fratelli e le sue sorelle che fin da bambino, mentre gli altri si divertivano a giocare, lui stava raccolto nella sua stanza, e lo chiamavano: “Alfonso, non vieni a giocare? Dove sei Alfonso?”. E lui non rispondeva perché non sentiva, perché nel suo mondo non arrivavano quelle voci, forse non appartenevano alla sua
la formazione. pisa. l’attrazione del mondo accademico
gere una fase lavorativa, seppure breve, presso l’archivio storico del mercante Francesco Datini, sotto la guida di Federigo Melis, e trova una conferma non secondaria nella sua decisione di frequentare a Torino un corso post universitario dell’IPSOA. Gli interessi universitari sono la base costitutiva della sua professionalità, che continuerà a coltivare quando ricoprirà posti di alta responsabilità nel mondo assicurativo. Secondo Varaldo, Desiata costituisce un esempio eloquente del modo con cui i centri di eccellenza contribuiscono alla formazione di rappresentanti prestigiosi del ceto culturale dirigente dell’Italia, forniti di una forte coscienza civile, «ispirata ad un’etica e ad un alto senso dell’interesse generale della comunità nazionale». Di ciò a esserne convinto è lo stesso Desiata che sentirà sempre un debito di riconoscenza nei confronti di Pisa, della Facoltà di Economia da lui frequentata e del “Pacinotti” per ciò che gli hanno dato; sentimento che continua nel tempo, anche quando il “suo” collegio nel 1987 è inglobato nella Scuola Superiore sfera privata che in quel momento aveva altre esigenze ed altre vocazioni», Alfonso Desiata. L’assicuratore, l’intellettuale, la persona. Raccolta di testimonianze, cit., p. 41. Francesco Datini, definito da più parti “il mercante di Prato”, lega il proprio nome oltre che alla sua ricchezza, raggiunta con la pratica dell’attività mercantile, e all’invenzione dell’assegno (qualcuno si limita ad attribuirgli l’uso della lettera di cambio) e del sistema d’azienda, soprattutto al suo ricco archivio, a lungo ritenuto andato perduto e ritrovato nel 1800. La sua importanza è dovuta al ricchissimo patrimonio di lettere, documenti, registri, libri contabili e vari oggetti della vita aziendale, tra cui uno dei più antichi esempi di campionario tessile. Esso rappresenta con i suoi centocinquantamila testi il più importante archivio mercantile medievale, fondamentale fonte di informazione sulla vita economica del Trecento, e offre anche un interessante spaccato di vita del medioevo, grazie alle oltre duecentocinquanta lettere che Francesco si scambia con sua moglie Margherita durante i suoi lunghi periodi di assenza da casa. Cfr. la voce “Francesco Datini” nell’enciclopedia on-line Wikipedia, alla data del 18 marzo 2016. A comprendere l’importanza dell’archivio è soprattutto il professore Federigo Melis, storico dell’economia, che, tra l’altro, dal 1950 al 1957 svolge attività didattica presso l’Università di Pisa. A lui si deve la sua valorizzazione e l’allestimento nel 1955 della mostra internazionale dell’Archivio Datini. In tale occasione nasce l’idea della creazione a Prato di una Fondazione Istituto Internazionale di Storia Economica “Francesco Datini”, realizzatasi nel 1967. R. VARALDO, Discorso introduttivo e testimonianza di Riccardo Varaldo, cit., p. 32.
VI PRESIDENTE DELLE ASSICURAZIONI GENERALI
I successi ottenuti da Desiata con Alleanza, l’autorevolezza da lui mostrata alla guida dell’ANIA e i cambiamenti nel frattempo maturati attorno e nella galassia delle Generali spingono Mediobanca a richiamarlo a Trieste in quanto Enrico Cuccia, che anni prima lo aveva “esiliato” a Milano, quasi inaspettatamente lo vuole alla testa del Gruppo del Leone al posto del banchiere francese Antoine Bernheim. La scelta da più commentatori finanziari è interpretata come un riconoscimento dell’autonomia e delle capacità del top manager molisano che, dopo l’assemblea degli azionisti, su proposta del consigliere anziano Francesco Cingano, il 30 aprile 1999 dal Consiglio di amministrazione è eletto all’unanimità presidente delle Generali. L’evento avviene pressoché a sorpresa. Desiata nella successiva conferenza stampa ci tiene ad allontanare qualsiasi ombra sulla sua elezione, «lasciando capire di non sentirsi un “presidente di Mediobanca”, ossia ostaggio dell’azionista più forte di Generali». Senza titolo, «Il Piccolo», 22 maggio 2006. Sull’allontanamento di Bernheim dalla presidenza cfr. Le regole calpestate, «La Repubblica», 13 settembre 2002. Nell’articolo sulla questione è scritto: «La cacciata di Bernheim fu così traumatica e brusca che Mediobanca si trovò di fatto obbligata a nominare al suo posto Alfonso Desiata. Un uomo “tutto Generali”, considerato da molti il miglior assicuratore italiano, e certamente uomo di grandissime qualità e di consensi senza una smagliatura. Andava bene alle grandi banche, alla struttura interna delle Generali, a Bankitalia (che è, dopo Mediobanca, il secondo azionista di Generali). E sapeva fare il suo mestiere». Generali. Cingano propone Desiata, cda lo nomina presidente, «AGI.it», 30 aprile 1999. A ricostruire il probabile stato d’animo del top manager alla vigilia della sua
capitolo sesto
A rafforzare questo concetto interviene la seguente testimonianza di Armando Zimolo: «Ad un banchiere amico Desiata aveva confidato: “Cuccia mi ha comunicato che Mediobanca non avrebbe riproposto Bernheim e mi ha offerto la presidenza. Gli ho risposto che se mi avessero eletto non avrei accettato interferenze nella gestione della Compagnia”». Nell’esporre le linee portanti del proprio programma il manager sottolinea che il suo «obiettivo è di far grande la compagnia, di riorganizzarla, ottimizzarla, svilupparla» e afferma: «[...] se sono qui è perché c’è una progettualità, fondata su quattro linee guida. Nel nominarmi presidente il consiglio ha voluto sottolineare questa novità, anche se la mia non è una critica al passato». Gli indirizzi programmatici sono: privilegiare una visione di medio-lungo termine, non il breve termine che può dare più risultati ma anche creare indebolimento; evitare un’eccessiva attenzione alla finanziarizzazione dei processi; investire nell’assicurazione; sviluppare il marketing e gli strumenti per la vendita al fine di riuscire a raggiungere meglio la clientela. Il Nostro mantiene la presidenza per due mandati, fino alla primavera 2001, cumulandovi quella dell’ANIA. elezione alla presidenza delle Generali è Roberto Morelli, che così si esprime: «Chissà se quando ha varcato il portale sovrastato dal Leone, il 30 aprile scorso, allorchè stava per diventare presidente della compagnia a cui aveva dedicato una vita, ha ripensato al giorno in cui ne uscì verso un esilio dorato [ad Alleanza assicurazioni, n.d.A.] ma pur sempre un esilio. O chissà se ha ripensato a trentanove anni fa, quando salì quelle stesse scale da giovanotto di belle speranze, con il vestito buono e una borsa di studio nella valigetta da neo-laureato. Avrebbe bruciato le tappe; dirigente a 34 anni e amministratore delegato a 44, in un’azienda abituata ad avanzamenti molto graduali per non dire geologici. Poi l’esilio e poi ancora la ricomposizione, riconoscimenti per la coerenza di allora. Quel che si dice una storia perfetta, troppo per sembrare vera. A queste e ad altre cose avrà pensato, Alfonso Desiata», R. MORELLI, Ora il Leone è il campione nazionale: muscoli, management forte e amici, «Corriere Economia», inserto del «Corriere della Sera», 18 ottobre 1999. Intervista ad Armando Zimolo, cit., p. 270 Generali. Desiata, più assicurazione, meno finanza, «AGI.it», 30 aprile 1999. Ibid. La permanenza al vertice dell’ANIA suscita qualche perplessità negli ambienti delle assicurazioni, ma Desiata tira diritto e non abbandona la presidenza dopo aver raggiunto quella delle Generali. Sulla questione cfr. Desiata non lascia la guida dell’ANIA,
presidente delle assicurazioni generali
Per comprendere il suo orientamento appare utile il “messaggio” che nelle prime settimane del Duemila manda ai collaboratori delle Generali mediante il «Bollettino», la rivista del gruppo triestino, che pertanto si riporta integralmente: Cari collaboratori, il Bollettino è per me il veicolo ideale tramite il quale inviare un messaggio, un’indicazione, un saluto, una stretta di mano “collegiale” a tutti i collaboratori delle Generali. Le Generali non sono una Società come altre: è sì un’azienda, ma è soprattutto una comunità ove la professione implica anche una scelta di vita e uno stile fatto di semplicità, rigore, costanza e parsimonia. È anche un ambiente teso al rinnovamento e al cambiamento, nella continuità dei valori, piuttosto che alla rivoluzione ed a salti umorali. Mai perdere la serenità perché – come è stato detto – nulla è guadagnato, tutto è perduto, se ottenuto al prezzo della serenità. Le sfide davanti a noi sono quelle affrontate dai nostri predecessori con le innovazioni opportune in materia di nuovi prodotti, nuovi processi, maggiore efficienza ed efficacia. Ha poco senso discutere di obiettivi perché si scade facilmente nell’ovvietà e nella banalità; meglio decisamente parlare di metodologia, perché si afferra così meglio il modo quotidiano di operare. Il nostro mondo è la gestione del rischio connesso alla vita umana ed a quella dei beni e della ricchezza. Sono sotto i nostri occhi i cambiamenti in questi settori. L’invecchiamento delle nostre popolazioni è un dato di fatto: la senilizzazione del risparmio ne è la conseguenza e il graduale passaggio dal risparmio gestito al risparmio finalizzato è l’inevitabile conclusione. Da questa nuova intelaiatura bisogna partire per ridisegnare i nostri prodotti in ordine alla previdenza, sanità ed assistenza. Non dissimile è
«Uomini & Donne», 15 maggio 1999. L’autore dell’articolo scrive: «Alfonso Desiata resta alla presidenza dell’Ania, l’associazione delle imprese di assicurazioni. A far ipotizzare le dimissioni di Desiata era stata la nomina al vertice delle Generali al posto di Antoine Berneheim. Desiata si è detto convinto di voler continuare a mantenere la carica di presidente della Confindustria delle assicurazioni per portare a termine i progetti già avviati. In particolare Desiata intende concentrarsi sulla partenza dei fondi pensione aperti, lanciati per la prima volta nel corso della sua presidenza. Altro progetto su cui punta il leader dell’Ania è quello legato agli infortuni sul lavoro. L’associazione è intervenuta per favorire il sostegno dell’intervento assicurativo privato accanto a quello pubblico. Desiata punta all’incremento delle tariffe auto».
IX TRIESTE
Il Molise è senz’altro rilevante nella formazione della personalità di Desiata e, pertanto, da lui non è mai dimenticato ed è sempre vissuto con affetto. Ma fa parte della memoria. La sua vita professionale, culturale e relazionale ha per epicentro Trieste, la sua città di adozione, e il Friuli Venezia Giulia, due realtà a cui sente di appartenere pienamente, da cittadino, e delle quali segue i problemi, assumendo anche incarichi di rilievo nel ramo finanziario-creditizio regionale. Tra l’altro, in qualità di rappresentante del settore assicurazione, dal 1989 al 1994 fa parte della Giunta della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Trieste e nel 1991 è nominato dal presidente Pazzi membro effettivo per il Friuli Venezia Giulia della Commissione regionale per l’albo dei promotori di servizi finanziari. Nell’ente camerale porta «numerosi stimoli e contributi» e partecipa «in maniera attiva all’organizzazione di convegni, appuntamenti formativi e dibattiti dedicati al comparto assicurativo». A Trieste ho capito – afferma Fanfani – che avesse voce in capitolo su molte cose, dalla nomina del presidente della Cassa di risparmio di Trieste alla scelta del candidato sindaco. Era una persona molto A ricordarlo è Riccardo Illy, nelle vesti di presidente della Regione Friuli Venezia Giulia. Si veda: I funerali di Desiata giovedì a Trieste. Cordoglio per la morte dell’ex presidente delle Generali, «Il Gazzettino di Pordenone», 23 maggio 2006. Alfonso Desiata. Sala Camerale in ricordo del manager, «Venezia Giulia economica», periodico d’informazione online della Camera di Commercio della Venezia Giulia, 23 giugno 2016.
capitolo nono influente dal punto di vista sociale ed economico e questo già ai tempi della direzione di Alleanza. Lui stava a Milano per dirigere la compagnia ma il fine settimana tornava a Trieste e il suo rapporto con la città era importante.
Desiata, coniugando gli interessi del capoluogo giuliano con quelli delle Generali, si spende molto per il rilancio economico di Trieste, che secondo lui passa attraverso la rigenerazione del Porto Vecchio, un’ampia area produttiva dismessa a partire dalla seconda metà degli anni Settanta del secolo scorso e fornita di manufatti di svariati metri cubi; il tutto collocato in uno straordinario fronte mare e rientrante nel patrimonio archeologico-industriale. Nel pensare di dare un nuovo volto e innovative funzioni al Porto Vecchio agisce all’unisono con il presidente delle Generali, Randone, e insieme nel 1987 elaborano il progetto Polis, alla cui base è la costituzione della “Società Polis”, della quale oltre alla Compagnia del Leone fanno parte altri partner di rilievo, quali: Fiatimpresit, Finporto e Tripcovich. Il progetto, che è affidato all’architetto Nicolò Savarese, si pone nell’ambito delle Linee guida per lo sviluppo dell’area di Trieste elaborate nel 1971 dall’architetto giapponese Kenzo Tange e, con un investimento di 300 miliardi di lire, a partire dal Porto Vecchio è indirizzato a mutare il volto del centro di Trieste, «con una nuova viabilità, nuovi parcheggi, spazi attrezzati e polmoni verdi, un fronte mare riqualificato e funzionale con “il nobile profilo delle Rive”»; è prevista la realizzazio Intervista a Tommaso Fanfani, in Alfonso Desiata. L’assicuratore, l’intellettuale, la persona. Raccolta di testimonianze, cit., p. 163. Desiata considera ovvia la sua “attenzione” per le vicende di Trieste, in particolare per la sua crescita economica, in quanto correlata al fatto che la città è sede delle Generali. A tal proposito vale la pena riportare una sua dichiarazione presa dal quotidiano «Il Piccolo»: «La presenza del gruppo a Trieste – aveva detto ai tempi della sua presidenza delle Generali- è importante per il valore aggiunto di qualità che la compagnia infonde alla città, dove ha sede la holding. E naturalmente per le suggestioni della storia. Ma sarebbe sbagliato identificare totalmente le due realtà. Le Generali non possono rappresentare per Trieste quello che la Fiat, in termini di occupazione e di indotto, significa per Torino», Per sei anni alla guida dell’ANIA, la Confindustria delle assicurazioni, «Il Piccolo», 22 maggio 2006. A. COLOMBINO, C. MINCA, Spettacolo e gentrificazione sociale a Trieste, in Lo spettacolo della città, a cura di C. MINCA, Padova 2005.
trieste
ne «di un’area direzionale portuale destinata a ospitare la sede e gli uffici operativi di primarie società assicurative, finanziarie e commerciali – a cominciare dal Leone, ovviamente – e il Centro servizi finanziari e assicurativi “off-shore”». Indicazioni su quanto elaborato per la città di Trieste sono date da Armando Zimolo: Polis era una società costituita dalle Generali con la FIAT e l’autorità portuale, della quale Randone fu il Presidente, che presentò al Comune e alla Regione un progetto di rivitalizzazione del porto vecchio il quale pur essendo dotato di un regime riconosciuto dal trattato di pace e recepito dallo stesso trattato istitutivo della Comunità Economica Europea di porto franco non ha potuto, dopo il ritorno dell’Italia, essere mai reso operativo. Il progetto prevedeva una ridefinizione delle zone a regime di porto franco, l’istituzione di un East Trade Centre e di un Off-shore Financial Centre orientati verso i Paesi del Centro-Est Europa che, pur a regime comunista, si stavano aprendo al commercio con l’occidente e l’istituzione, nella vasta area del porto vecchio inutilizzato, di una serie di strutture e servizi, compresa una nuova sede per la Direzione Centrale della Compagnia.
Le lungaggini burocratiche, lo scontro tra le forze politiche locali, il fallimento della Tripcovich, l’intreccio di vari interessi, la bocciatura da parte del Consiglio superiore dei Lavori Pubblici portano alla morte del progetto Polis, decretata, in verità, dai suoi promotori, che per motivi vari si tirano indietro. Le stesse Generali di fronte alle difficoltà sorte da più parti lo abbandonano e realizzano la nuova sede operativa non più a Trieste ma a Mogliano Veneto. Secondo Zimolo i partiti triestini «preferirono l’immobilismo del niente piuttosto che iniziative le quali, richiamando nuove energie, potevano rimettere in discussione gli equilibri di potere che governavano la città». Desiata, nell’ambito dell’applicazione del trattato di Osimo e con l’obiettivo di restituire a Trieste la funzione di catalizzatore finanziario-assicurativo avuto nell’Ottocento con un regime fisca P. COMELLI, Il sogno “Polis” sfumò per i veti incrociati, «Il Piccolo», 20 maggio 2008. Intervista ad Armando Zimolo, cit., p. 265. P. COMELLI, Il sogno “Polis” sfumò per i veti incrociati, cit. Intervista ad Armando Zimolo, cit., pp. 265-266.
capitolo undicesimo
all’assistenza, al sostegno alla famiglia, al modo di fronteggiare i rischi catastrofali, al ruolo delle assicurazioni e dell’iniziativa privata, al carico fiscale sulle imprese e sulle famiglie, al riassetto e flessibilità del mercato del lavoro, alla ricerca scientifica e tecnologica, al sistema scolastico italiano, alla riforma dell’amministrazione pubblica, al “capitalismo delle idee”, alla rivoluzione digitale, alle nuove professioni ecc., che preso complessivamente si configura in linee programmatiche per favorire l’uscita dell’Italia dallo stallo in cui si trova. Questo in effetti è il significato che si coglie seguendo passo dopo passo le riflessioni di Desiata. Egli mostra di apprezzare l’opera svolta da Deaglio, al quale riconosce il merito di guardare anche i fatti del nostro Paese, facendo emergere un’Italia dalla salute malferma e fragile che a causa di mali cronici e carenze strutturali offre di sé un’immagine di Paese immobile in un contesto in cui gli altri corrono. Troppo pesante gli appare il ritardo accumulato di fronte alla forza della congiuntura americana, ma non cade nell’inganno derivante dal considerare soltanto i numeri, tanto da precisare che «l’economia americana presenta luci e ombre: ostenta sviluppo, piena occupazione e controllo dei prezzi, ma evidenzia anche un preoccupante aumento del divario tra ricchi e poveri», per poi aggiungere: Il principio di solidarietà non ha fondamenti solidi oltreoceano: secondo il Censis Bureau, l’Istituto di statistica locale, la quota dei cittadini americani non coperta da assistenza sanitaria ha superato il 16% della popolazione, mentre il mito della piena occupazione sembra infrangersi contro statistiche che mettono in rilievo la presenza di lavori precari, sottopagati e con salari sotto la soglia d’indigenza.
Diversa in tal senso la situazione in Europa e in Italia per la sedimentazione del principio di solidarietà, al punto che nessun cittadino può essere escluso dalla protezione sociale. Di tale principio, che considera una conquista di civiltà, vede anche il lato negativo, dovuto alla sua fragilità apparsa con il mutamento demo A. DESIATA, Un capitalismo bello e pericoloso, «Il Bollettino. Rivista delle Assicurazioni Generali», a. 108, 24-25, 2000, pp. 17-23. Ivi, p. 17.
scritti di alfonso desiata
grafico, tanto da influire sfavorevolmente sull’economia. Allude alla necessità di una riforma dello stato sociale, che più volte ha proposto e sollecitato, consistente nella costituzione di «un sistema a tre pilastri in campo previdenziale, sanitario e assistenziale», resa improcrastinabile dall’impossibilità dello Stato a far fronte a tutti i bisogni della popolazione. Il modello da lui studiato, e del quale chiede l’adozione per sopperire alla scarsezza delle risorse statali, prevede l’assicurazione delle prestazioni sociali di base e il sostegno delle fasce deboli della popolazione da parte dell’intervento pubblico e la loro integrazione, secondo i bisogni di ciascuna persona, con l’iniziativa privata, collettiva e individuale. Considera assurdo che lo Stato garantisca una pensione pari all’80% della retribuzione finale, «generosità inconcepibile in tutti gli altri Paesi industrializzati». Il rimedio lo trova nell’adozione del metodo contributivo introdotto dalla riforma Dini del 1995, con il quale «ciascuno riceverebbe una pensione proporzionale ai contributi versati durante l’intera vita lavorativa e inversamente correlata alla speranza di vita». Però vede nella riforma Dini un problema consistente nel fatto che perché essa vada a regime occorreranno molti anni, troppi per lui, tenendo presente «che l’incidenza della spesa previdenziale sul prodotto interno lordo è nel nostro Paese di circa tre punti superiore alla media europea» e le previsioni indicano «un drastico peggioramento alla fine di questo decennio in corrispondenza dell’impennata che si avrà nella spesa quando i baby boomers inizieranno a ritirarsi dal lavoro». Per evitare tutto ciò prospetta l’anticipazione del periodo di transizione della riforma Dini, con l’applicazione immediata in forma pro-rata del metodo contributivo, l’accelerazione del processo di aumento dell’età pensionabile e l’armonizzazione dei trattamenti pensionistici delle varie gestioni previdenziali. Altrimenti il patto di solidarietà intergenerazionale rischierebbe di incrinarsi. A questo proposito si chiede:
Ibid. p. 18.
Ivi,
capitolo undicesimo Per quanto tempo ancora le giovani generazioni saranno disponibili ad essere tassate per mantenere in piedi un sistema di protezione sociale che è fonte di privilegi per alcuni cittadini a danno di altri?.
E poi aggiunge: L’assorbimento di risorse è così rilevante che il sistema non potrà essere sostenibile a lungo: di conseguenza chi oggi si accolla oneri crescenti si vedrà domani “tagliare” sensibilmente i benefici.
Nell’ottica di Desiata un altro campo in cui lo Stato deve «cambiare marcia» è rappresentato dalla sanità, tema su cui pone spesso la sua attenzione. Alla riforma Bindi del 1999 muove delle critiche riguardanti l’aziendalizzazione delle strutture ospedaliere e l’introduzione di fondi sanitari integrativi. Circa la prima questione, consistente, alla fin fine, nell’applicazione nella sanità di sistemi di managerialità, specificatamente nel controllo dei costi e nella responsabilizzazione economica dei risultati, è dell’idea che sia difficile «impiantare modelli ispirati al libero mercato in un sistema pubblico che è ben lontano da esserlo». Gli sembra che «i sistemi premianti siano inadeguati e [...] che non sussistano le condizioni reali per azioni sanzionatorie (nel libero mercato chi non opera con efficacia ed efficienza è, come ben si sa, costretto ad uscire dal gioco)». In merito ai fondi sanitari integrativi che secondo il legislatore dovrebbero assicurare prestazioni aggiuntive rispetto ai livelli essenziali di assistenza o coprire i corrispondenti costi che restano a carico del cittadino, posto il dubbio che a tutti sia chiaro in che cosa consistano “i livelli essenziali di assistenza”, si esprime così: Il nostro è comunque un sistema sanitario universalistico e per questa ragione è facile intuire che le prestazioni coperte dal sistema non possano che essere quasi del tutto onnicomprensive. Anche in questo caso lo spazio lasciato al secondo pilastro è pressoché inesistente. D’altro lato, potrebbero aprirsi degli spiragli per la copertura di spese sostenute in regime di libera professione intramuraria, ma qui ci si scontra con l’assoluta inadeguatezza delle strutture che operano in questo regime:
Ibid.
scritti di alfonso desiata attualmente sono infatti a disposizione dei pazienti soltanto il 10% del totale degli spazi adibiti all’esercizio di questa professione. In campo sanitario occorrono risorse che soltanto un effettivo sviluppo di fondi sanitari integrativi può dare. Si devono fare nuovi investimenti, perché non possiamo confrontarci con “l’Europa dei diritti” quando i nostri pazienti entrano in ospedali fatiscenti, dotati di attrezzature obsolete, per non dire dei lunghi tempi di attesa che sono costretti a subire per accedere alle prestazioni specialistiche e ospedaliere del Servizio sanitario nazionale.
Il ruolo dello Stato per il manager va rivisto nei settori di cui finora si è parlato e in quello dell’assistenza, in considerazione dell’allungamento della vita umana, il quale comporterà sempre più la richiesta di prestazioni a favore di individui non autosufficienti. Per sottolineare la pregnanza del problema fa notare che proiezioni fatte dall’ISTAT dimostrano che fra vent’anni un quarto della popolazione italiana sarà costituito da persone al di sopra dei 65 anni e di conseguenza la collettività, anche per l’affermarsi della famiglia mononucleare, si vedrà costretta a costi crescenti per far fronte all’assistenza dei non autosufficienti, mettendo in serio pericolo l’equilibrio della bilancia dello Stato. Ricorda la disponibilità degli assicuratori ad affrontare la questione con nuovi prodotti assicurativi, tra cui la polizza long term care, da lui stesso ideata, che nel caso di perdita dell’autosufficienza garantisce il ricevimento di una prestazione finalizzata alla copertura delle spese attinenti allo stato di bisogno. È però, secondo lui, importante che, «visti gli elevati oneri delle prestazioni e la citata forte incidenza nelle età anziane, si creino i presupposti per un’ampia diffusione della copertura assicurativa sia per allargare la mutualità che per contenere i costi». Rimanendo nell’ambito della sicurezza sociale Desiata fa notare che in Italia si spende poco, in termini economici e di servizi sociali, per il sostegno alla famiglia con conseguenze incontrovertibili sulla partecipazione delle donne al mondo del lavoro e sulla caduta del tasso di natalità. Ivi, Ivi,
pp. 18-19. p. 19.
capitolo undicesimo
Sebbene tutte queste carenze, l’alto costo dello stato sociale nel nostro Paese comporta maggiori oneri fiscali per le imprese «impedendo loro di competere ad armi pari nello scenario di competizione globale». Anche in merito a questa questione per il top manager l’assicurazione può dare il proprio contributo finalizzato a una migliore gestione dello Stato. Ma per lui i campi in cui l’assicurazione può intervenire sono molti altri. Per esempio un ruolo importante potrebbe averlo per ciò che attiene i costi delle catastrofi naturali, alleviando almeno in parte gli oneri a carico del bilancio statale. Nello specifico la strada che indica prevede una responsabilizzazione dei proprietari di immobili da tradursi in un’assicurazione dei propri beni contro i rischi di catastrofi, da collegare alla copertura contro l’incendio e da incoraggiare mediante sgravi fiscali, limitando «i risarcimenti dello Stato ai soli cittadini meno abbienti e agli eventi di portata così ampia da superare la capacità annua di “assorbimento” da parte del sistema assicurativo». Egli invita ad «aguzzare l’ingegno per individuare delle soluzioni che contribuiscano a migliorare i conti dello Stato, alleggerendo di conseguenza il carico fiscale che grava sulle imprese e sulle famiglie». A modello propone il sistema in vigore negli Stati Uniti d’America, con un prelievo tributario lieve per i lavoratori e per le imprese che producono e creano nuovi posti di lavoro e con normative del lavoro elastiche, il quale in concreto, quindi, è sintetizzabile in “meno tasse e più flessibilità del mercato del lavoro”. Senza la mobilità dei fattori produttivi – dice Desiata – è difficile andare lontano e non è un caso che il tessuto economico italiano sia composto da una miriade di piccole imprese che nella loro crescita sono ostacolate dai lacci e laccioli di una legislazione complessa e non sempre di facile interpretazione. Pur senza toccare l’apice raggiunto dagli Stati Uniti e preservando quei valori di coesione sociale che sono il fondamento della cultura europea,
Ivi,
pp. 19-20.
scritti di alfonso desiata è evidente che anche l’Italia dovrà incamminarsi verso la strada del riassetto industriale e sostituire i nuovi posti di lavoro a quelli vecchi. Occorre quindi un Sindacato responsabile che, per difendere i lavoratori già occupati, non frapponga ostacoli alle dinamiche industriali, ma ne comprenda le ragioni e ne assecondi la realizzazione, ferma restando l’esigenza di disporre di opportuni ammortizzatori per evitare situazioni moralmente e socialmente inaccettabili. Impedire alle imprese che non riescono più ad essere competitive (o per le quali si profilano i rischi di essere estromesse dal mercato dalla competizione globale) di ristrutturarsi avrebbe come conseguenza il fatto di portarle inesorabilmente al fallimento, con ricadute ben più pesanti in termini occupazionali. Flessibilità del mercato del lavoro significa incoraggiare il lavoro interinale, quello a tempo parziale e a tempo determinato, nonché ammettere la possibilità di livelli retributivi coerenti con la capacità delle imprese di produrre reddito e favorire la mobilità nel territorio e tra i settori. La ricerca di flessibilità è già presente nella creazione di nuovi posti di lavoro, composti per circa il 70% da forme atipiche di impiego, ma rimaniamo ancora lontani dagli standard europei.
Il moto riformatore che propugna va oltre e coinvolge «altri nemici da combattere e da sconfiggere», come l’inefficienza dell’Amministrazione Pubblica. Uno spiraglio per una inversione di tendenza lo vede nel fatto che l’Italia, insieme alla Spagna in sede comunitaria, si è fatta promotrice dell’esigenza di una sua riforma, mirante alla semplificazione del quadro regolamentare, all’introduzione di standard di efficienza e all’informatizzazione dei processi per garantire ai cittadini un accesso più rapido e agevole ai servizi. L’obiettivo per lui da perseguire è, pertanto, il raggiungimento di uno «Stato più leggero», capace di intervenire velocemente per eliminare i punti critici del sistema e di assicurare ai cittadini i servizi essenziali e livelli qualitativi elevati. Per conseguire questo fine ritiene indispensabile l’accelerazione del processo di rientro del debito pubblico, «liberando così il bilancio dal pesante fardello costituito dagli oneri di pagamento degli interessi». Risorse chiede per il finanziamento della ricerca scientifica e tecnologica, per la formazione e per un rinnovamen Ivi,
p. 20.