L’agenda della bioetica. Problemi e prospettive, di Francesca Marin

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SAGGI 69



Francesca Marin

L’AGENDA DELLA BIOETICA Problemi e prospettive

ILPOLIGRAFO


Il presente volume viene realizzato con il contributo del Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata (FISPPA) dell’Università degli Studi di Padova

progetto grafico e redazione Il Poligrafo casa editrice redazione Alessandro Lise © Copyright aprile 2019 Il Poligrafo casa editrice srl 35121 Padova piazza Eremitani – via Cassan, 34 tel. 049 8360887 – fax 049 8360864 e-mail casaeditrice@poligrafo.it www.poligrafo.it ISBN 978-88-9387-081-8


INDICE

11 Introduzione

Parte prima SUL SIGNIFICATO DI “GLOBALE” IN BIOETICA

SULL’UTILIZZO DELL’AGGETTIVO “GLOBALE”

NEL DIBATTITO BIOETICO

1. Premessa 2. Dall’approccio biocentrico al paradigma biomedico 3. Dall’etica biomedica alla bioetica globale 4. Globalizzazione, salute e linguaggio della global bioethics 5. Verso una visione intermedia della bioetica globale 6. Global bioethics: potenzialità e limiti

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I DIVERSI SIGNIFICATI DI SALUTE:

OGGETTIVA, SOGGETTIVA E GLOBALE

1. Per un ripensamento del rapporto corpo-salute 2. Il concetto di salute e il ruolo della medicina 3. Dalla salute internazionale alla salute globale 4. La dimensione oggettiva e soggettiva della salute 5. La dimensione globale della salute

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Parte seconda

QUESTIONI BIOETICHE ALLA FINE DELLA VITA

RESPONSABILITÀ E LESSICO DEL FINE VITA

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1. Introduzione 2. Esempi di equiparazioni indebite 3. De-responsabilizzazione vs iper-responsabilizzazione 4. La distinzione tra uccidere e lasciar morire

L’ATTEGGIAMENTO VITALISTICO NELLA PRATICA CLINICA 69 73 77 81 88

1. Sul banco degli imputati: solo i medici? 2. “Accanimento terapeutico”: breve excursus storico-concettuale 3. Da “accanimento terapeutico” a “ostinazione irragionevole” 4. Le principali motivazioni dell’approccio interventistico 5. Conclusioni

LA RELAZIONE DI CURA:

ALCUNE RIFLESSIONI A PARTIRE DALLA LEGGE 219/2017

93 1. Considerazioni preliminari 96 2. Avvicinarsi alla legge raffinando il linguaggio 100 3. Dal titolo al focus della legge: la relazione di cura 103 4. Rifiuto-rinuncia alle cure 105 4.1 Astensione-sospensione dei trattamenti 110 4.2 Verso un’appropriata continuità assistenziale 116 4.3 La pianificazione condivisa delle cure 118 5. Le volontà espresse “ora per allora” 121 6. DAT: nodi problematici e questioni aperte 128 7. Conclusioni: per un arricchimento critico della legge


APPENDICI 135 Legge 22 dicembre 2017, n. 219 Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento 142 Lessico del fine vita 147 Bibliografia 165 Indice dei concetti 167 Indice dei nomi



L’AGENDA DELLA BIOETICA PROBLEMI E PROSPETTIVE



INTRODUZIONE

A detta di alcuni interpreti, all’interno del dibattito bioetico si sarebbe prodotto negli ultimi anni un “gap 90/10”. L’espressione “gap 90/10” riprende una terminologia introdotta nel 1990 dal Global Forum for Health Research, istituzione questa che aveva richiamato l’attenzione sulle disparità esistenti su scala globale in materia di ricerca e di sviluppo della salute. Si tratta di uno squilibrio ancora oggi esistente visto che solo il 10% della spesa volta alla promozione della salute è destinato a fronteggiare le cosiddette malattie trascurate (neglected diseases), come ad esempio la tubercolosi e la malaria, che interessano il 90% della popolazione mondiale. Detto altrimenti, quasi tutte le risorse finalizzate alla prevenzione e alla cura delle malattie vengono impiegate per promuovere la salute di coloro che vivono nei Paesi più ricchi. Di gap si potrebbe poi parlare non solo in riferimento alle disparità nella distribuzione delle risorse in ambito sanitario; la stessa riflessione bioetica sembra riguardare al 90% tematiche che assumono una particolare rilevanza solo per il 10% della popolazione mondiale. Tale divario sarebbe dovuto soprattutto al focus di indagine della bioetica come disciplina, la quale, concentrandosi sulle implicazioni etiche del progresso tecnico-scientifico, finisce con l’affrontare in modo pressoché esclusivo le problematiche tipiche dei Paesi ad alto sviluppo tecnologico e tralascia un  È quanto sostenuto ad esempio nell’Introduction al testo a cura di R.M. Green, A. Donovan, S.A. Jauss, Global Bioethics: Issues of Conscience for the Twenty-First Century, New York, Oxford University Press, 2008, p. 2.

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introduzione

ampio ventaglio di problemi che caratterizzano le aree più povere del mondo. Tutto questo si traduce, per lo più, in un esame delle opportunità offerte dalla medicina altamente tecnologizzata, e in particolare dei nuovi poteri di intervento sulla vita che offrono all’uomo la possibilità di scegliere come e quando nascere e morire: ciò spiega il fatto che la riflessione bioetica sia stata dedicata sinora in modo preponderante alle cosiddette questioni di inizio e di fine vita e ai risvolti etici sollevati sia dal ricorso a tecniche come la fecondazione assistita e la diagnosi prenatale, sia dall’affermarsi in diversi Paesi di pratiche quali il suicidio medicalmente assistito e l’eutanasia. D’altro canto, ciò fa sì che, a causa di un simile orientamento, la bioetica sottovaluti l’importanza di problematiche quali la limitata condivisione dei benefici derivanti dalla ricerca scientifica e la scarsa disponibilità o la non accessibilità alle risorse sanitarie in alcune aree del mondo. Riprendendo la terminologia introdotta da Giovanni Berlinguer alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, si potrebbe dire allora che la bioetica di frontiera appare ancora oggi predominante sulla bioetica quotidiana. Il dibattito bioetico sembra, cioè, tuttora particolarmente focalizzato sulle “zone di frontiera” dell’esistenza umana, come la nascita e la morte, e, attraverso l’analisi critica degli straordinari poteri di intervento sulla vita, rischia di porre l’attenzione sui problemi che coinvolgono pochi, trascurando ciò che accade alla maggioranza del genere umano. In realtà, quando si parla di bioetica di frontiera e di bioetica quotidiana, ci si trova dinnanzi a due declinazioni che si richiamano a vicenda, tant’è vero che, come ha ricordato lo stesso Berlinguer, «è proprio il loro sistema di relazioni a stimolare le riflessioni più proficue sul piano dei principi morali». In effetti, analizzare i temi di frontiera significa entrare anche nel campo di indagine della bioetica quotidiana: ad esempio, nell’interrogazione sulla legittimità morale delle pratiche di fine vita, vi è un inevitabile rimando alle cosid Cfr. G. Berlinguer, Bioetica quotidiana e bioetica di frontiera, in Bioetica, a cura di A. Di Meo, C. Mancina, Roma-Bari, Laterza, 1989, pp. 5-18.  G. Berlinguer, Bioetica quotidiana, Firenze, Giunti, 2000, p. VIII.

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introduzione

dette questioni di senso, e in particolare al significato simbolico e antropologico della vita e della morte, ma anche della salute, della sofferenza e della dignità umana. A dire il vero, una riflessione bioetica che tenga in debita considerazione i diversi aspetti implicati appare ora più che mai necessaria, se si considera la pluralità di culture, tradizioni e religioni che caratterizza l’odierno contesto clinico. È questo uno scenario, oggigiorno molto frequente grazie ai fenomeni dell’immigrazione e della globalizzazione, che richiede un confronto tra differenti modi di concepire il corpo, la salute, il dolore e la malattia, riconoscendo altresì i diversi significati assegnati al vivere e al morire. Di conseguenza, le attuali istituzioni sanitarie sono chiamate sempre più a rapportarsi con vari orizzonti semantici e simbolici nonché a vagliare le peculiari domande di salute e di cura formulate a partire dai molteplici riferimenti culturali e religiosi. Sorge allora l’esigenza di promuovere un sistema sanitario rispettoso delle diversità, ma comunque efficace, equo ed efficiente. Nello specifico, la sfida è quella di favorire uno sguardo attento e rispettoso delle varie identità culturali e religiose, garantendo, però, l’equo accesso alle cure e preservando al tempo stesso una delle finalità cardine della medicina, ovverosia il contrasto alle malattie e il ripristino – per quanto possibile – della salute, finalità questa che può essere perseguita solo fondando l’azione di cura sul sapere scientifico e garantendo un adeguato rigore metodologico. Oltre a richiedere alla riflessione bioetica, soprattutto a quella sinora sviluppata in Occidente, un allargamento di prospettive, il confronto con le diverse identità culturali e religiose invita la bioetica a prendere atto del fenomeno della mobilità come di uno dei principali effetti della globalizzazione. Si tratta di constatare come le problematiche odierne non siano localizzate e stabili, bensì dinamiche e in costante evoluzione. Vivendo in una realtà  Cfr. M. Winkelman, Culture and Health. Applying Medical Anthropology, San Francisco, John Wiley and Sons, 2009; C. Helman, Culture, Health and Illness, Oxford, Butterworth-Heineman, 2007.

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introduzione

sempre più globalizzata, sembra poi indispensabile divenire consapevoli delle interconnessioni e delle interdipendenze presenti e operanti. Una tale consapevolezza appare al giorno d’oggi un punto di partenza imprescindibile per interrogarsi su cosa significhi nell’attuale contesto sociale e culturale promuovere la salute individuale e collettiva. Sulla salute, infatti, non agiscono solo i fattori individuali (quali età, sesso, corredo cromosomico), ma anche quelli legati agli stili di vita, al contesto economico-sociale e all’ambiente in cui si vive. Sono questi i cosiddetti determinanti della salute che possono compromettere o migliorare lo stato di salute dell’individuo e della popolazione nonché influire sull’aspettativa di vita. A riguardo, tornano alla mente alcuni dati significativi diffusi dall’ISTAT il 12 novembre 2018, in un’audizione dinnanzi alle commissioni Bilancio di Camera e Senato: ben quattro milioni di italiani rinunciano alle cure per motivi economici e altri due milioni, soprattutto anziani, non si sottopongono a visite o accertamenti specialistici a causa delle lunghe liste di attesa. Si tratta di una fotografia-shock che conferma un divario di opportunità nell’accesso alle cure in base al quale sembra essere lo status economico del singolo, più che il suo effettivo bisogno di salute, a determinare l’accessibilità ai servizi sanitari. Lo scenario appena descritto assume caratteri ancor più problematici se si considera come il disagio socio-economico non limiti solo l’accesso alle cure, ma conduca persino a una minore efficacia dei trattamenti in colui che è riuscito a sottoporvisi. È quanto recentemente emerso da 16 studi clinici promossi dall’Istituto Pascale di Napoli e finalizzati a rilevare quella che è stata definita la “tossicità finanziaria” del paziente oncologico: chi, già all’inizio del percorso di cura, versava in difficoltà economiche è risultato poi più refrattario a ricevere benefici dalla terapia, nonché suscettibile a sperimentare un peggioramento della qualità della vita, con addirittura un aumento del rischio di morte  Cfr. https://www.istat.it/it/files/2018/11/A-Audizione-DDL-Bilancio-12-nov2018.pdf (p. 16).

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introduzione

del 20%. Anche se il fenomeno della tossicità finanziaria assume dimensioni maggiori nei Paesi dove manca una copertura sanitaria universale, è significativo e sorprendente che tale fenomeno riguardi un Paese come il nostro dove è garantito il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) pubblico. Come hanno affermato gli stessi conduttori dello studio appena richiamato, è questo un campanello d’allarme che costringe a una revisione delle strategie in vista di un sistema sanitario efficace, equo ed efficiente: in effetti, «buona sanità non significa solo mettere farmaci a disposizione dei medici e dei pazienti», ma anche attivare dei piani di intervento in ambito sociale e politico, per esempio di prevenzione, affinché la responsabilità per la salute venga assunta dalla collettività, ma ancor prima dal singolo. Per conseguire questi obiettivi, può risultare proficuo il contributo della riflessione bioetica, soprattutto qualora essa riesca a proporre una visione più ampia e articolata della salute. Una simile visione presuppone il superamento di una concezione riduzionistica e organicistica della salute, e la capacità di coglierne i determinanti e gli effetti prodotti dalla globalizzazione, senza per questo incoraggiare un’eccessiva espansione del concetto di salute. Una tale espansione, infatti, renderebbe utopistico qualsiasi programma di promozione della salute e amplierebbe indebita Cfr. F. Perrone, C. Jommi, M. Di Maio et al., The Association of Financial Difficulties with Clinical Outcomes in Cancer Patients: Secondary Analysis of 16 Academic Prospective Clinical Trials Conducted in Italy, «Annals of Oncology», 27, 2016, pp. 22242229. Come ipotizzato dallo stesso team di ricerca del Pascale di Napoli, è probabile che incidano sulla tossicità finanziaria fattori quali la riduzione del reddito determinata da difficoltà lavorative conseguenti alla malattia, l’incremento delle spese (ad esempio per l’acquisto di farmaci integratori e per l’onere dei trasporti) e il costo di trattamenti integrativi come la fisioterapia.  Cfr. S. Ramsey, D. Blough, A. Kirchhoff et al., Washington State Cancer Patients Found to Be a Greater Risk for Bankruptcy than People Without a Cancer Diagnosis, «Health Affairs», 32(6), 2013, pp. 1143-1152.  F. Perrone, C. Gallo, Le dolenti note. La tossicità finanziaria del paziente oncologico, «Recenti Progressi in Medicina», 107(12), 2016, pp. 619-621 (la citazione è a p. 620), http://www.recentiprogressi.it/r.php?v=2502&a=26224&l=329046&f=alleg ati/02502_2016_12/fulltext/03_Editoriale%20-%20Perrone.pdf (ultima consultazione 15-03-2019).

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introduzione

mente i compiti della medicina, fino a chiedere a quest’ultima di soddisfare qualsiasi bisogno dell’uomo o addirittura di realizzare ogni suo desiderio. In seguito alle considerazioni sinora svolte, sembra necessario allora rivedere l’agenda della bioetica dal punto di vista terminologico, concettuale e applicativo. Si tratta, innanzitutto, di individuare un linguaggio che favorisca l’analisi critica delle dinamiche globali e promuova una riflessione di ampio respiro in merito alla vita e alle sue molteplici espressioni. Vi è poi l’esigenza di allargare la prospettiva rispetto ai temi sinora discussi all’interno del dibattito bioetico, affrontando, ad esempio, le annose questioni di giustizia a partire da una concezione più ricca e complessa della salute. La revisione dell’agenda bioetica pone così diverse sfide che verranno analizzate in questo testo sul piano sia teorico che applicativo. Costituito da materiale per lo più inedito, il presente volume si articola in una raccolta di saggi e nella prima parte propone un’analisi critica dell’utilizzo, sempre più frequente, dell’aggettivo “globale” nel dibattito bioetico. A riguardo, si offre innanzitutto una disamina dell’espressione “bioetica globale” (global bioethics): dovendo superare un orientamento biomedico che la portava ad occuparsi prevalentemente delle questioni etiche sollevate dal continuo progresso medico-tecnologico, la bioetica è oggi chiamata a indagare temi di portata globale, quali il rispetto della dignità umana e delle libertà fondamentali, l’accesso giusto ed equo alle cure essenziali, la protezione della biosfera e della biodiversità. A dire il vero, negli ultimi anni già a livello biomedico si è avvertita la necessità di adottare una prospettiva più vasta, tant’è vero che quando si parla di promozione della salute è frequente il ricorso all’espressione “salute globale” (global health). Pur essendo condivisibile l’adozione di un approccio più articolato, i termini “bioetica globale” e “salute globale” potrebbero incoraggiare rispettivamente un continuo ampliamento dei compiti assegnati alla bioetica e la graduale estensione del concetto di salute. Si corre così il rischio da un lato di perdere la specificità della bioetica

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introduzione

come ambito disciplinare, dall’altro di avanzare richieste eccessive di salute nei confronti della medicina. I due saggi che costituiscono la prima parte del volume intendono, quindi, proporre delle strategie che da una parte preservino l’identità epistemologica della bioetica malgrado l’ampliamento di prospettive, dall’altra promuovano un approccio globale alla salute attento anche alla dimensione oggettiva e soggettiva della salute stessa. La seconda parte del volume propone una disamina critica delle principali questioni etiche del fine vita, sottolineando innanzitutto come la discussione pubblica e il dibattito bioetico sul tema siano ancora oggi caratterizzati da alcune letture distorte e riduttive della responsabilità morale. Ad esempio, alcuni considerano come moralmente irrilevante la distinzione tra uccidere e lasciar morire e pertanto giudicano il medico come parimenti responsabile della morte del paziente, sia qualora somministri all’assistito una sostanza letale, sia nel caso in cui non avvii o interrompa i trattamenti oppure effettui la sedazione palliativa profonda. I nodi problematici di questa tesi vengono analizzati nel primo saggio della seconda parte del testo, dove si discute criticamente anche dell’ascrizione di responsabilità morale proposta da un ben preciso approccio bioetico, che si potrebbe definire di tipo vitalistico. Tale approccio considera la vita un’istanza valoriale assoluta da tutelare e promuovere sempre e ad ogni costo, giungendo erroneamente ad attribuire la medesima responsabilità morale a colui che uccide e a chi si astiene dal prevenire la morte altrui o compie un atto che rende possibile l’evento fatale. La prospettiva vitalistica non risulta essere problematica solo in rapporto al tema della responsabilità del medico: infatti, come evidenzia il saggio successivo, il vitalismo dà luogo a un accompagnamento non rispettoso della dignità del paziente, ostacola l’accesso universale ed equo alle prestazioni sanitarie e solleva anche degli interrogativi in merito all’esistenza di limiti alle richieste individuali e sociali di salute. Si torna così a riflettere su quelle tematiche di portata globale esaminate nella prima parte del volume. A dire il vero, l’attenzione verso le cosiddette questioni di giustizia non viene meno neppure durante l’analisi della Legge

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introduzione

n. 219/2017 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento), proposta nelle battute finali del testo. Si evidenzia infatti come, al di là del diritto al rifiuto-rinuncia ai trattamenti sancito dal legislatore, sia necessario tutelare e promuovere anche il diritto all’accesso alle cure a fronte di quella ineguaglianza terapeutica che ancora oggi si registra sia a livello globale, ovverosia tra Paesi ricchi e poveri, sia all’interno dei confini nazionali, tra differenti gruppi sociali, tra generazioni diverse e persino tra le varie regioni. Per garantire a tutti una copertura sanitaria adeguata, è infatti necessario far fronte al crescente divario di opportunità nell’accesso alle cure, in base al quale sembra essere la disponibilità economica del singolo, più che la sua effettiva esigenza di cura, a determinare l’accessibilità ai servizi sanitari. Si è qui dinnanzi a questioni urgenti che possono allora essere colte non solo attraverso l’approccio più ampio della global bioethics, ma anche mediante un’analisi più approfondita di uno dei temi classici della riflessione bioetica, cioè il fine vita. Il volume si chiude con un’appendice contenente il testo della Legge n. 219/2017 e una tabella che riassume il lessico del fine vita proposto nelle pagine precedenti.

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