Simone di Filippo, detto “dei Crocifissi”. Pittura e devozione nel secondo Trecento bolognese

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biblioteca di arte 15



Gianluca del Monaco

simone di filippo detto “dei crocifissi� Pittura e devozione nel secondo Trecento bolognese

presentazione di Daniele Benati

ILPOLIGRAFO


TTI

Il presente volume viene pubblicato con un contributo del Dipartimento delle Arti dell’Alma Mater Studiorum - Università di Bologna

Con il sostegno di Moretti Fine Art

MORETTI

L’Autore e l’Editore ringraziano tutte le istituzioni che hanno gentilmente concesso l’autorizzazione alla pubblicazione delle immagini. Le referenze fotografiche sono state inserite, in caso di esplicita richiesta, a corredo delle singole immagini. L’Editore resta a disposizione per qualsiasi eventuale ulteriore obbligo in relazione alle immagini riprodotte. progetto grafico e redazione Il Poligrafo casa editrice redazione Alessandro Lise © copyright gennaio 2018 Il Poligrafo casa editrice 35121 Padova piazza Eremitani – via Cassan, 34 tel. 049 8360887 – fax 049 8360864 e-mail casaeditrice@poligrafo.it www.poligrafo.it ISBN 978-88-7115-994-2


indice

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Presentazione Daniele Benati

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Introduzione

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iii. simone pittore municipale: dalla pietĂ per giovanni da elthinl

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iv. tipologie, destinazioni e committenze:

i. la vicenda degli studi ii. il problema della bottega di vitale da bologna

e gli esordi di simone di filippo

al polittico della cappella cospi in san petronio

89 v. catalogo 89 i. Opere di attribuzione certa 235 ii. Opere di attribuzione dubbia o erronea

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Regesto documentario

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Bibliografia

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Indice dei nomi

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Indice dei luoghi

forme dipinte della devozione nel secondo trecento bolognese



presentazione Daniele Benati

È molto tempo che Gianluca del Monaco lavora su Simone di Filippo. Già in vista della sua laurea triennale mi era parso utile che intraprendesse una sistematica catalogazione dei numerosi dipinti pervenuti fino a noi, partendo da quelli a carattere devozionale “privato”. Io stesso, studiando altri argomenti, avevo avviato una prima schedatura per mio uso personale, che poteva fornire una prima traccia da integrare e completare. Simone è sicuramente il pittore più prolifico del Trecento bolognese e anche a un primo controllo nelle principali fototeche europee il numero di tavolette, altaroli e trittichetti riconducibile alla sua bottega era assai ampio. Ma se già in questa prima occasione, onorata dal giovane laureando con puntualità e accortezza, erano emersi i numerosi aspetti problematici sottesi a questo tipo di produzione, la complessità del lavoro si è ulteriormente definita allorché, per la sua tesi di laurea magistrale discussa nel 2008, lo stesso Gianluca del Monaco ha deciso di continuare a occuparsi del pittore, affrontandone a quel punto la produzione “pubblica”. I confini tra i due aspetti si erano rivelati assai labili e ciò che andava chiarito, in un artista ben riconoscibile e all’apparenza “facile” come Simone, era il ruolo che la sua bottega aveva saputo ricoprire lungo tutta la seconda metà del XIV secolo. Occorreva interrogarsi sulle funzioni dei singoli dipinti, nella maggior parte dei casi giunti a noi smembrati e lacunosi, e sulle tipologie che ne derivavano, in risposta alle esigenze di una clientela assai vasta e articolata. È su questi temi che del Monaco ha continuato a ragionare negli anni succeduti alla laurea e al dottorato di ricerca, dedicato quest’ultimo a una ricerca parallela sulla miniatura giuridica bolognese e in particolare sull’ancora misteriosa figura del cosiddetto Illustratore. Grazie dapprima a una borsa di studio della Fondazione Longhi di Firenze e poi a un assegno di ricerca

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daniele benati

del Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna, il lavoro su Simone è venuto maturando e si è arricchito di nuovi spunti. Lo studio condotto sull’Illustratore, che spero possa giungere anch’esso a pubblicazione, non è stato un diversivo, ma ha contribuito a meglio precisare un panorama, quello appunto del secondo Trecento bolognese, ad alto tasso di specializzazione, in cui i pittori e i miniatori si frequentano e interagiscono, stringendo talora legami di parentela, ma operando in spazi sostanzialmente autonomi. Non emergono per queste date invasioni di campo e scambi di ruolo. E ciò è segno, mi pare, di una realtà produttiva che, dopo la fondamentale esperienza di Vitale, ha saputo organizzarsi secondo codici operativi che non giustificano deroghe. Eppure, nelle rare prove a carattere “narrativo”, la verve di Simone non cede di certo a quella di un Illustratore o, per venire a tempi più confacenti ai suoi, di un Nicolò di Giacomo: ho in mente soprattutto le due tavolette con Storie della Passione appartenenti alla galleria Moretti (qui alla scheda 55), evidentemente parte di un complesso assai più ampio, ma anche agli scomparti pervenuti fino a noi della predella del polittico Cospi già in San Petronio (Bologna, Pinacoteca Nazionale, scheda 37), primo esempio, a quanto ci risulta, di questa tipologia a Bologna. Più frequente, sia nei grandi polittici da altare sia nelle numerose anconette mobili, è il ricorso di Simone a schemi devozionali incentrati sulla Madonna col Bambino in trono, accompagnati da santi. Anche se talora Cristo è già adulto – e si assiste allora all’Incoronazione della Vergine, un tema assai amato anche a Venezia –, si tratta di scelte che rinviano alla vicina Firenze e che contribuiscono a quella “normalizzazione” di cui l’artista si fa promotore nei confronti di Vitale degli Equi, assai più imprevedibile nei formati e nelle soluzioni iconografiche. Rispetto a Vitale, la normalizzazione è peraltro nel linguaggio, che in Simone fa ricorso a ritmi serrati e composti, ai quali derogano gli sguardi sempre vivacissimi dei sacri protagonisti. Più che di una reale comprensione dei modi di Giotto, la nuova regolarizzazione perseguita da Simone mi è sempre parsa il risultato di una richiesta di immagini che va intensificandosi, così da coinvolgere strati sempre più ampi di popolazione. A una tale richiesta Simone risponde con la messa a punto di un formulario di facile presa, in cui il linguaggio aristocratico di Vitale si schematizza in un dialetto gonfio di solecismi e di gustose inflessioni dialettali. Bene fa comunque del Monaco a indagare le ragioni della formazione del pittore, in effetti non riconducibile al solo Vitale, come spesso è stato detto (e anche da parte mia). L’ancora esigua messe di informazioni relativa alla prima metà del secolo non rendeva il suo compito facile. Manca uno studio davvero aggiornato su Vitale e sui cantieri da lui diretti; così come problematico rimane, in assenza di studi adeguati, il raggio d’influenza esercitato dallo Pseudo-Dalmasio, che temo, una volta tramontata la breve avventura promossa dal cardinale Bertrando dal Poggetto (1327-1334), dovette peraltro trasferirsi armi e bagagli in terra toscana. Certo intorno alla metà del secolo Simone appare sicuramente competitivo, nonostante

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presentazione

le occasioni di lavoro lo inducano talora – come nel caso di Mezzaratta con “Jacobus” (forse il vero Jacopino de’ Bavosi) – a impiantare società finalizzate all’espletamento di singoli impegni. Si torna così all’importanza delle immagini nella Bologna di secondo Trecento, un aspetto che purtroppo siamo in grado di valutare solo in riferimento alla pittura devota, essendo del tutto perdute le testimonianze di complemento decorativo in ambienti laici e profani. In questa situazione, per molti versi sorprendente, Simone si ritaglia una posizione di primo piano, sfruttando tutta una serie di strategie che gli consentono di mantenere una posizione di assoluto prestigio lungo l’arco di un intero cinquantennio. Diversamente da altri colleghi, Simone non si avventura in altri mercati: Bologna, con il suo ricco contado, è più che sufficiente per le sue ambizioni. E con la propria città egli è in grado di creare una perfetta sinergia, così da interpretarne le pulsioni identitarie. Il fatto poi che, per usare un’icastica espressione adottata da Longhi, anche Simone adotti “pennelli da due prezzi”, in relazione cioè alla maggiore o minore remuneratività delle commissioni che gli pervengono, non inficia la constatazione che, pur in presenza di validi competitori, egli è ben deciso a non lasciarsi sfuggire il ruolo di punta guadagnato grazie alla capacità di lavoro della sua bottega: con un surplus d’intelligenza autopromozionale, da cogliere ad esempio nel ricorso sistematico alla firma, apposta in opere di impegno diverso ma sempre mirata a rimarcare la propria pretesa eccellenza. Su questa singolare ossessione grafologica fa forza anche la fama che Simone godrà in epoca di Controriforma, quando gli sarà appioppato il pesante appellativo “dei Crocifissi”, di cui stenta a liberarsi tuttora. Sono aspetti sui quali in questo libro del Monaco ragiona con profitto, forte anche dei frutti provenuti in questi ultimi anni dalle ricerche di Raffaella Pini sul mondo dei pittori bolognesi. La varietà dei problemi in campo gli suggerisce di lasciare ampio spazio al catalogo delle opere, in cui i singoli aspetti possono essere esaminati partitamente. Ma vorrei richiamare l’attenzione del lettore sulla densità del terzo capitolo introduttivo, un vero e proprio saggio sulle “forme dipinte della devozione” nel secondo Trecento a Bologna. Si tratta di un tema già impostato da studi di raggio internazionale, al quale il presente lavoro su Simone di Filippo reca argomenti di grande importanza, di cui non potrà non tener conto ogni futura ricerca. Ed è pertanto con particolare soddisfazione che mi unisco alla gratitudine di Gianluca del Monaco nei confronti del Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna e della Moretti Gallery di Firenze-Londra, che hanno voluto supportare la pubblicazione del suo lavoro.

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simone di filippo detto “dei crocifissi�



introduzione

La pittura italiana del Duecento e del Trecento si sviluppò in un contesto di crescente importanza dell’utilizzo delle immagini materiali per facilitare il dialogo personale e affettivamente coinvolgente dei fedeli col divino1. Si andò allora elaborando una metodologia dettagliata che consentisse a chi guardava un’immagine dipinta di sperimentare le visioni proprie dei mistici, accedendo a una dimensione trascendente o addirittura provocando l’apparizione dei personaggi celesti nella realtà corporea2. Solo negli ultimi decenni gli studi hanno considerato gli usi devozionali delle immagini rispetto a un’epoca della storia dell’arte occidentale che è contrassegnata dal rinnovamento naturalistico introdotto da Giotto, per questo ritenuto già dalla letteratura artistica antica, da Giovanni Boccaccio a Giorgio Vasari, come colui che avrebbe fatto rinascere l’arte della pittura dopo la fine dell’antichità. L’esame della funzione devozionale delle immagini ha riguardato soprattutto la produzione dei centri della Toscana e dell’Umbria3, mentre attende ancora una valutazione approfondita di questi aspetti la pittura del Trecento a Bologna, che per il suo linguaggio figurativo alternativo a quello del naturalismo razionale giottesco promette di essere un ambito particolarmente interessante per valutare l’incidenza delle dinamiche devozionali. Negli ultimi anni è stato già possibile apprezzarlo in un contributo di Massimo Ferretti4 e in occasione di due mostre tenutesi al Museo Civico Medievale di Bologna, “Le Madonne di Vitale. Pittura e devozione a Bologna

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Belting 1981; Boskovits 1988b; Bacci 2004. Jones 2002, pp. 37-40, 44-48. Belting 1981; Boskovits 1994; Schmidt 2005; Dal visibile all’indicibile 2012. Ferretti 2010.

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introduzione

nel Trecento” (2010) e “Simone e Jacopo: due pittori bolognesi al tramonto del Medioevo” (2012), in particolare nei saggi introduttivi di Massimo Medica su alcune immagini della Madonna col Bambino dipinte da Vitale da Bologna5 e di Fabio Massaccesi in collaborazione con chi scrive su Jacopo di Paolo e Simone di Filippo6. Proprio alla figura di Simone di Filippo è dedicata questa monografia, la prima mai pubblicata sull’artista, tra i protagonisti della pittura bolognese nella seconda metà del Trecento, a cui ho scelto di apporre il significativo sottotitolo di Pittura e devozione nel secondo Trecento bolognese, esplicitando così la mia intenzione d’integrare l’indagine delle questioni stilistiche della sua pittura con un’attenzione per la natura devozionale dei dipinti eseguiti dall’artista. L’opera di Simone appare infatti particolarmente indicata per uno studio incentrato sul rapporto tra aspetti formali e funzioni devozionali delle immagini nel Trecento bolognese grazie alla quantità e alla varietà tipologica dei dipinti di sua mano per cui è possibile presumere un uso ai fini della devozione. D’altra parte, l’artista fu ribattezzato “Simone dei Crocifissi” nel Seicento proprio per sottolineare il valore devozionale della sua produzione. Va tuttavia sottolineato che l’indagine dei possibili rapporti tra forme e funzioni devozionali nei dipinti di Simone non ha potuto che trovare il proprio fondamento nella solida ricognizione del percorso artistico del pittore per verificare attribuzioni e cronologie e ricostruire le ragioni specifiche del suo linguaggio figurativo. Tale fase è infatti prioritaria a qualunque ipotesi di un collegamento circostanziato tra fenomeni artistici e aspetti del contesto socioculturale7. In particolare, il percorso artistico di Simone presenta due problemi principali, di cui mi sono occupato nel secondo e nel terzo capitolo, dopo aver esaminato nel primo capitolo la vicenda degli studi: il rapporto dei dipinti giovanili degli anni cinquanta e sessanta del Trecento con la pittura bolognese del secondo quarto del secolo e la formulazione di una cifra formale stabile, ma con evidenti oscillazioni qualitative, a partire dalla fine del settimo decennio in poi. La vivacità espressiva disordinata di alcune scene narrative, la ripresa di volti femminili dolci e aristocratici e il gusto per le superfici metalliche decorate hanno generalmente portato gli studiosi, a partire da Roberto Longhi, a vedere in Simone un diretto seguace di Vitale8, il maggiore interprete del linguaggio bolognese alternativo al naturalismo razionale di Giotto nel secondo quarto del secolo. Tuttavia, la preferenza per una collocazione delle scene in spazi tridimensionali e il senso plastico delle figure si differenziano dalla spazialità tendente a rovesciarsi sulla superficie bidimensionale del dipinto e dalle figure che paiono ritagliate da un piano tipiche della pittura di Vitale. Per questa ragione, alcuni studiosi hanno preferi5 6 7 8

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Medica 2010. Del Monaco, Massaccesi 2012. Toscano 1979, pp. 314-318. Longhi 1934-1935, ed. 1973, p. 62; Benati 1999, p. 682.


introduzione

to porre Simone in relazione con l’autore della Crocifissione numero 215 della Pinacoteca Nazionale di Bologna, delle Storie di san Gregorio in Santa Maria Novella a Firenze e delle Storie di san Francesco nell’omonima chiesa di Pistoia, l’unico pittore bolognese della generazione precedente che mostri un’adesione nei confronti del linguaggio giottesco, continuando inoltre a identificare quest’ultimo con Dalmasio degli Scannabecchi9. Come si vedrà, la soluzione che è emersa dal riesame della questione tiene conto dell’insieme di diverse componenti, senza una netta preferenza per l’una a scapito delle altre, dagli ideali di gotica bellezza dell’ultimo Vitale all’espressività briosa e diretta del Maestro dei Polittici, ma anche di miniatori come il Maestro del 1346 e Nicolò di Giacomo, dando il giusto risalto all’apertura nei confronti delle sollecitazioni in senso spaziale e plastico dei modelli giotteschi. Intorno al 1370, tali componenti confluiscono in un linguaggio unitario e ben riconoscibile, caratterizzato dalla monumentalità delle figure, dalla preziosità degli ornati, dalla dolcezza e dall’eleganza dei volti femminili, dalla severità caricata dei volti maschili. Si tratta di una formula di successo che domina la scena bolognese degli ultimi tre decenni del secolo grazie alla facilità comunicativa e all’efficacia di coinvolgimento emotivo, pur nella costante ripetitività dei motivi e nella qualità non sempre sostenuta, non senza tentare inoltre un moderato aggiornamento sulle novità della pittura padana degli stessi anni. Utili spunti alla comprensione della vicenda artistica di Simone che qui si propone sono venuti dal richiamo di fattori comunicativi e sociali per spiegare la semplificazione attuata da alcuni pittori bolognesi della seconda metà del Trecento come lo stesso Simone, Jacopo di Paolo e Lippo di Dalmasio nei confronti di modelli più alti e sofisticati10. La vicenda di Simone si può così utilmente inserire nel più vasto quadro della pittura italiana della seconda metà del Trecento, dove ad esempio anche in ambito toscano si osservano simili fenomeni di “normalizzazione” rispetto ai linguaggi più sperimentali dei primi decenni11. La considerazione della funzione devozionale e del contesto socioculturale delle opere di Simone è stata più specificamente affrontata nel quarto e ultimo capitolo, dove ho soprattutto tentato di cogliere i rapporti tra lo sviluppo del linguaggio figurativo dell’artista e la natura sociale dei committenti, prendendo inoltre in esame le tipologie delle tavole, la loro destinazione e la ricostruzione dei complessi d’altare smembrati, tra cui va evidenziato

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Volpe 2004, pp. 11-13; Boggi, Gibbs 2013, pp. 35-36. Benati 2012, p. 5; Boggi, Gibbs 2013, p. 40. 11 Millard Meiss collegava tale cambiamento alla mutata sensibilità religiosa successiva alla Morte Nera del 1348, consistente nel bisogno di un rapporto più diretto e immediato col divino. La messa in risalto della ricchezza e complessità della pittura fiorentina della seconda metà del secolo grazie agli studi di Miklòs Boskovits e di Carlo Volpe e indagini di storia sociale sulle mutate condizioni socioeconomiche della committenza hanno tuttavia ridimensionato l’impatto della Morte Nera (Meiss 1951; Volpe 1983a; Cohn 1988; Cohn 1992; Steinhoff 2006). 10

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introduzione

il caso del polittico per la cappella Cospi di San Petronio, sistematicamente riesaminato sulla base della lettura di documenti settecenteschi inediti. Concludono il libro un catalogo ragionato dei dipinti secondo l’ordine alfabetico delle collocazioni, comprendente anche le opere di attribuzione controversa, e un regesto dei documenti d’archivio relativi alla vicenda biografica dell’artista. Si noterà come il catalogo occupi la gran parte del volume. Oltre che essere dovuto alla quantità dei dipinti noti di Simone, questo dato indica l’importanza conoscitiva che si è voluta riservare al catalogo come fondamentale strumento di ricognizione dell’intera produzione dell’artista, analizzata nei suoi molteplici aspetti, base su cui avanzare qualunque più ampia e complessa proposta interpretativa. In questo volume ho inteso combinare gli approcci di storia dello stile riguardanti il percorso artistico del pittore, caratteristici delle monografie dedicate a una singola personalità, con approcci dedicati a questioni di confine tra lo studio delle opere d’arte e l’ambiente sociale e culturale in cui e per cui sono state prodotte, tipici invece di studi trasversali e generali. Il conseguente ricorso a diversi approcci metodologici rispecchia l’esigenza di una Storia dell’arte che incroci lo studio storico degli artisti e dei loro linguaggi figurativi con indagini di tipo tematico12. La monografia d’artista può essere un campo favorevole per sperimentare un proficuo dialogo tra metodologie che si sono andate purtroppo sempre più separando durante la seconda metà del secolo scorso. La concentrazione sull’opera di un singolo artista, operante quindi in circostanze temporali e geografiche limitate, può infatti consentire una verifica in un ambito più ristretto dei risultati degli studi di natura socioculturale, solitamente dedicati a vasti quadranti spazio-temporali. A sua volta, l’attenzione ad aspetti riguardanti la storia della cultura può aiutare a collocare lo studio di una singola personalità artistica in un orizzonte più complesso, valutando l’attività dell’artista in relazione ai diversi compiti da affrontare nella realizzazione dell’opera d’arte. Un buon esempio di monografie recenti di questo tipo sono i libri di Cristina Guarnieri su Lorenzo Veneziano, di Max Seidel su Nicola e Giovanni Pisano o di Zuleika Murat su Guariento13, per restare nell’ambito degli studi sull’arte italiana del tardo Medioevo14. 12

Seidel 2004. Guarnieri 2006; Seidel 2012; Murat 2016. 14 D’altra parte, l’esigenza di uno studio ancorato alla concreta ricostruzione storica del percorso degli artisti a partire dalla conoscenza della loro produzione ma allo stesso tempo aperto a un’opportuna contestualizzazione socioculturale era sinceramente percepita da alcuni dei migliori studiosi della stessa scuola storico-filologica longhiana come Ferdinando Bologna e Carlo Volpe, di cui sembrano ancora molto attuali alcune affermazioni metodologiche: «[...] anche nella filologia, che si presume pura, opera un impegno storiografico di respiro più vasto, che infatti, a un conoscitore-storico quale fu Roberto Longhi, suggerì la formula suggestiva: “quel che c’è di filosofico in un’attribuzione”. Il “filosofico” si guadagna nella sua interezza quando, ampliato al massimo il campo d’osservazione, l’unità tra immagine organizzata iconograficamente e sua concretazione nel linguaggio specifico, il tutto oggettivato nelle materie mediante il processo di realizzazione, viene rapportato all’artista o al gruppo operativo; non già o non solo come poeti, intellettuali o professionisti, ma in quanto parti 13

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introduzione

Introducendo un volume di recente pubblicazione, che raccoglie studi tematici sull’arte medievale tra il 313 e gli inizi del Trecento, Paolo Piva riprendeva la distinzione di Hans Belting tra un’età medievale dell’immagine e un’età moderna dell’arte, individuando il Trecento italiano, ma in gran parte già l’arte gotica precedente, come uno spartiacque in cui il nuovo naturalismo figurativo avrebbe portato al predominio della forma sulla funzione nell’opera d’arte, ponendo fine al Medioevo artistico, caratterizzato dall’identificazione di funzione e forma, e aprendo all’arte di età moderna, in cui la qualità artistica sarebbe diventata la funzione stessa dell’opera d’arte15. Per comprendere le dinamiche interne di questa fase decisiva, è a mio avviso di grande interesse approfondire sempre più le relazioni tra forme e funzioni nel Trecento italiano, in particolare in rapporto al fenomeno centrale dell’uso delle immagini ai fini della devozione. Agli studi riguardanti la produzione artistica nei centri dell’Italia centrale è opportuno cominciare ad affiancare un esame della situazione di altre zone altrettanto nevralgiche della penisola. Il Trecento bolognese appare un ambito particolarmente indicato a motivo degli aspetti del suo linguaggio figurativo alternativi al naturalismo razionale giottesco. Spero che questo volume dedicato al pittore trecentesco bolognese Simone di Filippo possa offrire un ulteriore importante contributo a tali studi grazie alla ricchezza e alla varietà del materiale presentato, nell’ottica di una Storia dell’arte che sappia interrogare gli effetti specifici dei linguaggi figurativi per comprenderne i significati16.

e contemporaneamente interpreti della dialettica sociale loro contemporanea. Nella ricchezza storico-culturale con cui si lumeggia questo rapporto, consiste l’interpretazione globale. [...] Realizzare un’opera d’arte, di qualsiasi genere essa sia, significa non già contemplare o appartarsi, ma partecipare comunque alla vita sociale, nei successivi momenti della produzione, della distribuzione e della fruizione. Occorre convincersi, insomma, che quanto più ci renderemo conto che il fattore estetico è solo uno tra i molti a cui la cosiddetta opera d’arte corrisponde, e che esso ha un ruolo sociale proprio in rapporto ai ruoli degli altri fattori, tanto meglio sarà possibile storicizzare a pieno sia la genesi dell’opera d’arte stessa, sia la sua destinazione e la sua complessa funzione. L’illustrazione dei prodotti estetici sotto il punto di vista della loro variata partecipazione alla vita associata, è anzi la condizione essenziale per superare la maggior parte delle difficoltà storiografiche entro cui ancora ci dibattiamo [...]» (Bologna 1979, pp. 278, 281); «A questa domanda [...] la miglior risposta sarà da opporre con gli strumenti di una lettura che vorrà essere anche sociologica, ma con intatta chiarezza di metodo: quello che vuole che ogni proposta o ipotesi di critica sinossi emerga dalla conoscenza di coordinate di valori desunti dalla realtà strenuamente storicizzata dell’arte; da una trama sempre internamente eloquente, insomma, di pressanti relazioni. Infine, da quant’altro possa portare luce al problema; ma purché lo storico sia consapevole dell’utilità della ricerca perché è proprio l’opera d’arte che la richiede; e sia consapevole altresì della condizione che all’arte è propria: sempre incerta o in bilico tra l’etico e l’estetico; fra la qualità della forma e di ciò che la muove, ovvero che essa intende esprimere» (Volpe 1983a, pp. 247-248). Si vedano anche le riflessioni di Toscano 2012. 15 Piva 2006, pp. 9-10. 16 Campbell 2008, pp. XVI-XVII.

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Ringraziamenti Il presente volume è il frutto di ricerche iniziate con le mie tesi di laurea triennale e specialistica discusse presso l’Università di Bologna nel dicembre 2005 e nel luglio 2008 rispettivamente. Le mie indagini hanno inoltre potuto giovare di un anno di borsa di studio presso la Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi di Firenze, nel 2012-2013, soprattutto per quanto riguarda il secondo capitolo. Ho potuto infine portare a termine il mio lavoro grazie a un assegno di ricerca del Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna, iniziato nel 2015. In queste occasioni ho avuto la grande fortuna di essere guidato da Daniele Benati, a cui vanno prima di tutto i miei ringraziamenti per l’accompagnamento costante e attento, disponibile al confronto di idee e osservazioni, sempre in un rapporto di stima e rispetto reciproco. Da lui ho imparato a concepire il mestiere dello storico dell’arte con serietà professionale, rigore filologico e apertura alla verifica delle proprie convinzioni sulla base della realtà fattuale delle opere e delle fonti. Per i frequenti scambi di idee e opinioni sulle tematiche attinenti questo libro non posso non menzionare inoltre Robert Gibbs e Alessandro Volpe, mio correlatore di tesi. Tra coloro che in vario modo hanno contribuito alle mie ricerche ricordo anche Martina Bagnoli, Lorenzo Bianchini Massoni, Giacomo Calogero, Graziano Campanini, Alessio Costarelli, Paolo Cova, Francesca Fabbri, Mario Fanti, Nick Humphrey, Fabio Massaccesi, Steven S. McMichael, Massimo Medica, Laura Staccoli ed Elisabetta Zucchini. La pubblicazione del volume non sarebbe stata possibile senza il fondamentale contributo economico di Moretti Fine Art e della Sezione di Arte Medievale e Moderna del Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna. Inoltre, ringrazio Fondantico di Tiziana Sassoli per il cofinanziamento dell’assegno di ricerca con cui ho potuto completare le ricerche che hanno condotto alla monografia su Simone. Un ringraziamento particolare va anche al personale degli archivi, delle biblioteche e delle fototeche da me consultate, in primo luogo la Biblioteca e la Fototeca del Dipartimento delle Arti - Sezione di Arti visive “I.B. Supino” e la Biblioteca e la Fototeca della Fondazione Federico Zeri dell’Università di Bologna, in cui ho trascorso la gran parte del tempo dedicato alle mie indagini su Simone. Della Biblioteca Supino ricordo soprattutto Lucia Bergamaschi, Angela Sampognaro, la compianta Paola Taddia e Alberto Tobio, della Fondazione Zeri Marcella Culatti, Davide Ravaioli ed Elisabetta Sambo. Ringrazio inoltre il personale dell’Archivio di Stato di Bologna, della Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, della Biblioteca Provinciale dei Cappuccini dell’Emilia-Romagna, dell’Archivio fotografico del Polo Museale dell’Emilia-Romagna, nelle persone di Corinna Giudici e Sergio Pasquesi, dell’Archivio Storico del Comune di Pieve di Cento, della Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi di Firenze nella persona di Paolo Benassai, del Kunsthistorisches Institut di Firenze, della Biblioteca e della Fototeca Berenson a Villa I Tatti, della Bibliotheca Hertziana di Roma e del Service d’étude et de documentation du département des Peintures du Musée du Louvre a Parigi. Dedico questo libro ai miei amici più cari e alla mia famiglia, i miei genitori, Luigi e Maria Rosaria, e mio fratello Francesco, che hanno fin da subito stimato e sostenuto i miei studi, e mia moglie Francesca, che è diventata la prima entusiasta “supporter” del mio lavoro e di questo libro.

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i. la vicenda degli studi

La fortuna del nome di Simone di Filippo nella letteratura artistica antica fu legata principalmente alla presenza del pittore tra coloro che decorarono la chiesa di Santa Maria di Mezzaratta e alla produzione di tavole dipinte distribuite in numerose chiese bolognesi, soprattutto quelle rappresentanti il soggetto della Crocifissione, che gli procurarono lo pseudonimo “dei Crocifissi”. I principali scrittori di cose d’arte dal XVI al XIX secolo, a partire da Pietro Lamo1, nominano Simone a proposito di Mezzaratta, grazie alla lettura delle firme. Giorgio Vasari, nella seconda edizione delle Vite del 1568, collegava l’intervento di Galasso, Jacopo, Simone e Cristoforo a una data “1404”, difficile da spiegare, forse letta dallo storico aretino su una delle pareti. Inoltre, il testo di Vasari fu il primo a circoscrivere la parte eseguita da Jacopo e Simone alle Storie di Cristo2. Più tardi, nella Felsina pittrice, edita nel 1678, Carlo Cesare Malvasia dedicò a Simone il primo esteso esame critico, mostrando particolare comprensione e apprezzamento per la vivacità espressiva della Guarigione del paralitico e della Resurrezione di Lazzaro (scheda 26; tavv. XIII, XV) e riportando un elenco dei dipinti da lui conosciuti3. Nel frattempo, il pittore aveva ormai ricevuto l’appellativo “dei Crocifissi”. Infatti, la denominazione “dei Crocifissi” o “Crocifissaio” risale all’epoca della Controriforma, quando i pittori bolognesi ricercarono la legittimazione del proprio nuovo rango intellettuale nel riferimento ad antenati

Per una migliore consultazione del testo si segnala che le segnature archivistiche ASBo e ACS stanno rispettivamente per Archivio di Stato di Bologna e Archivio del Collegio di Spagna. 1 2 3

Lamo, Graticola 1996, pp. 67-69. Vasari 1568, ed. 1878, pp. 140-141. Malvasia 1678, ed. 2012, pp. 222-232.

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capitolo primo

in cui la reverenda antichità si unisse alla convenienza pietistica della loro produzione sacra4. Si legge per la prima volta nei Minervalia Bononiensium di Giovanni Antonio Bumaldo, pubblicati nel 1641, che di Simone si vedono nelle chiese di Bologna «Christi Crucifixi imagines haud parvae, maximeque venerandae»5. Malvasia affermava che Simone assunse l’epiteto “dei Crocifissi” per l’abilità mostrata nel dipingere «immagini grandi del Redentore per amor nostro confitto in croce»6. Il canonico bolognese riteneva Simone un allievo del Franco ricordato da Dante in Purgatorio XI, 82-84, insieme agli altri più antichi pittori bolognesi, tra i quali Vitale e Cristoforo, in modo da sostenere la contemporaneità degli inizi della scuola locale rispetto a quella toscana7. Le notizie date da Malvasia erano riportate sinteticamente anche fuori Bologna da Filippo Baldinucci8 e, alla fine del Settecento, da Luigi Lanzi, che tuttavia riferiva anche l’ipotesi che Cristoforo, Simone e Jacopo fossero allievi di Vitale9. Quest’ultima eventualità era ormai sostenuta in maniera esclusiva da Séroux d’Agincourt10 e si sarebbe ritrovata nelle biografie ottocentesche del dizionario francese dei fratelli Michaud11 e di Filippo De Boni12. La rivalutazione storica e artistica della pittura italiana delle origini verificatasi a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, che coinvolse in parte anche la scuola di Bologna, non ignorò Simone. D’Agincourt riprodusse la Circoncisione di Mezzaratta (scheda 26; tav. IX)13. I dizionari dei fratelli Michaud e di De Boni elogiavano le immagini simonesche con il Cristo crocifisso e la Madonna col Bambino14. L’Incoronazione della Vergine firmata del polittico di San Leonardo (scheda 34; tavv. LXVIII-LXIX) era stata scelta per essere esposta nel primo ordinamento della Pinacoteca della Pontificia Accademia di Belle Arti di Bologna15. Simone fu tra le vittime più bistrattate dello svilimento subito dalla pittura trecentesca bolognese a partire da Jakob Burckhardt, che rilanciò in maniera più decisamente diminutiva l’immagine presentata da Baldinucci di una totale dipendenza dei trecentisti bolognesi da quelli toscani, ritenendo dotati di un loro linguaggio autonomo solo gli incapaci16. Simone, «pittore brusco e appassionato»17, appariva privo di quell’eleganza sottile e di quella dolcezza delicata, giudicata di origine senese, che riscattava parte 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17

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Ferretti 1978d, p. 184. Bumaldo 1641, p. 239. Malvasia 1678, ed. 2012, p. 222. Ibid. Baldinucci 1681, ed. 1845, p. 294. Lanzi 1823, pp. 14, 17. Séroux d’Agincourt 1823, t. II, p. 130, t. III, p. 150, n. CLVIII.2, t. VI, tav. CLVIII.2. Biografia 1829, p. 324. De Boni 1852, p. 955. Séroux d’Agincourt 1823, t. VI, tav. CLVIII.2. Biografia universale 1829, p. 324; De Boni 1852, p. 955. Cammarota 1997, pp. 648 n. 259, 704 n. 359. Baldinucci 1681, ed. 1845, p. 216; Burckhardt 1855, p. 780. Ferretti 1978d, p. 184.


la vicenda degli studi

della produzione pittorica della Bologna del Trecento, in particolare quella attribuita a Vitale, dall’arcigna espressività ritenuta segno di volgarità tipico di questa scuola agli occhi della critica idealistica della seconda metà dell’Ottocento e dell’inizio del Novecento. Giovanni Battista Cavalcaselle riscontrava «qualcosa di più virile e di più severo, non disgiunto da altre qualità piuttosto grossolane, da forme piuttosto gravi e pesanti e d’un’espressione poco piacevole, quantunque robusta, anche se resa in forma assai comune e volgare»18. Nel 1909 Renato Baldani riduceva l’arte di Simone a un’esagerazione peggiorativa della pittura di Vitale, ma mostrava di apprezzare la tavola firmata della Galleria Estense (scheda 64; tav. LIII)19. Nello stesso anno, Ludovico Frati pubblicava i primi importanti documenti relativi alla vita del pittore20, stabilendo una volta per tutte che Simone era nato da Filippo di Benvenuto calzolaio e mettendo dunque fine alle congetture sull’appartenenza alla stessa famiglia di Jacopo Avanzi21, a quel tempo ancora identificato con lo Jacobus sodale di Simone a Mezzaratta, sostenuta da parte della letteratura artistica precedente22. Alla fine del 1906, Tiberio Gerevich aveva pubblicato una serie di tre articoli Sull’origine del Rinascimento Pittorico in Bologna, dei quali il primo dedicato a Vitale e a Simone. Lo studioso anticipava il risveglio d’interesse critico per la pittura bolognese del Trecento che si sarebbe sviluppato negli anni Trenta e individuava il carattere d’originalità della scuola di Bologna rispetto ai modelli senesi in una «vigorosa forza espressiva», pur limitandosi all’analisi d’immagini di soggetto non drammatico. Di Simone, Gerevich descriveva con giudizi positivi i due polittici firmati della Pinacoteca di Bologna (schede 33-34; tavv. XXVIII-XXXII, LXVIII-LXXI), l’Urbano V (scheda 32; tav. XLIII) e la croce di San Giacomo (scheda 5; XXXVII)23, presentando la sua opera come il secondo dei tre momenti dell’evoluzione migliorativa da lui individuata nel Trecento pittorico bolognese, dopo Vitale e prima di Lippo24. Un momento di svolta negli studi su Simone di Filippo fu il riconoscimento di una fase giovanile, in stretto contatto con Vitale, differente per qualità maggiore dal resto della produzione, avviatosi con Raimond Van Marle25. Il momento giovanile di Simone era ravvisato in una serie di opere collocate prima della Pietà voluta da Giovanni da Elthinl, morto nel 1368 (scheda 19; tav. XXXIV), e della croce di San Giacomo Maggiore, datata 1370, come il polittico numero 254 della Pinacoteca di Bologna e l’Incoronazione della Vergine oggi alla Pinacoteca di Budrio (scheda 39; tav. III). Van Marle 18

Cavalcaselle, Crowe 1887, p. 67. Baldani 1909, pp. 462, 464. 20 Frati 1908-1909, pp. 217-224. 21 Ivi, p. 212. 22 Oretti, Tavola [XVIII sec.], cc. 1r-2v; De Boni 1852, pp. 46, 955; Campori 1855, p. 169. 23 Gerevich 1906a, pp. 165-167. 24 Gerevich 1906b, p. 178. 25 Gerevich aveva già accennato a una precedenza cronologica del polittico numero 298 della Pinacoteca di Bologna su quello numero 254 della medesima raccolta, in base a una maturazione stilistica che lo studioso riscontrava tra i due dipinti. Gerevich 1906a, pp. 165-166. 19

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capitolo primo

apprezzava come caratteri vitaleschi del primo Simone la finezza delle figure, la loro espressività gradevole, vicina al lirismo di Vitale, e l’esecuzione raffinata, elementi dovuti in entrambi a un’influenza senese26. Lo studioso olandese quindi spostava a dopo la Pietà e la croce menzionate l’attività del Simone meno apprezzato. Tuttavia, Van Marle introduceva una distinzione apparentemente anche cronologica tra opere, come la Pietà, la croce di San Giacomo o il polittico numero 254, che mostrano sì espressività vivace, volti volgari e uno scadimento esecutivo per i contorni spessi e le ombre larghe, ma mantengono validità estetica, e altre in cui si osserva «an absolute lack of desire to create a work of any artistic value», rappresentate in particolare dall’Incoronazione di Pesaro (scheda 81; tav. CXXIX)27. Dalla lettura critica di Van Marle partì il fondamentale studio su Vitale e Simone di Evelyn Sandberg-Vavalà, base per la moderna ricostruzione dell’opera dei due pittori, specialmente in virtù della restituzione a Simone della Madonna di Giovanni da Piacenza (scheda 31; tav. L), recante almeno dai tempi di Malvasia un’iscrizione apocrifa con la firma di Vitale e la data 1320, e pertanto da allora considerata come il dipinto fondante della pittura trecentesca bolognese28. Grazie a quest’imprescindibile correzione filologica la studiosa americana poté aggiungere al catalogo di Simone una serie di opere già giudicate di Vitale, tra cui la tela con la Sant’Elena (scheda 36; tav. XL) e la Madonna della Vittoria (scheda 9; tav. XXXIII), scalandole nel periodo giovanile29. Un altro gruppo di dipinti, comprendente l’Annunciazione della Pinacoteca di Bologna (scheda 28; tavv. I-II), il Sogno della Vergine di Ferrara (scheda 43; tav. XXI) e la Madonna della cintola (scheda 59; tav. IV), fu restituito a Simone, in una fase ancora precedente e più vicina a Vitale, quindi reputata di qualità superiore, di quella individuata da Van Marle. In questi dipinti era apprezzato il gusto decorativo bidimensionale dei tessuti, unito alla profusione di punzonature, il colore chiaro, limpido e i volti tipici di Vitale, a triangolo rovesciato30. L’inserimento di questi dipinti nel catalogo simonesco contribuiva «a mettere Simone in una luce assai più favorevole di quanto è sinora comparso a noi nei lavori più tipici»31. Allo stesso tempo però, la Sandberg-Vavalà stigmatizzava la restante produzione dell’artista, individuando nell’espressività caricata e nella drammaticità sconvolta, propri di un realismo aspro e sgradevole, i tratti comuni d’uno scadimento dell’intera scuola bolognese, nel senso della perdita di «ogni senso di decoro e di estetica», a favore del «mero scopo illustrativo»32. Partecipando alla ridefinizione dell’opera di Simone, Wart Arslan proponeva una partizione differente delle tavole in base alla qualità non secon-

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Van Marle 1924, pp. 440, 442-443. Ivi, pp. 443-448, 450. Malvasia 1678, ed. 2012, pp. 218, 220; Gerevich 1906b, p. 178. Sandberg-Vavalà 1929b, pp. 449-450, 452-453. Sandberg-Vavalà 1930, pp. 24-30; 33-34. Ivi, pp. 30, 33. Ivi, pp. 34-36.


la vicenda degli studi

do una successione temporale, bensì per l’incidenza del ruolo degli aiuti di bottega. Le poche opere di valore sarebbero state eseguite dal maestro, mentre le numerose cadute osservabili nella produzione simonesca sarebbero attribuibili agli aiuti, con Simone impegnato a smerciare i dipinti di bottega come propri tramite l’applicazione della firma, in modo da venire incontro alle richieste del mercato33. Arslan arrischiava anche una prima, e non definitiva, partizione delle tavole più scadenti del catalogo di Simone tra quattro possibili aiuti34. In un articolo successivo, Arslan correggeva leggermente questa sua impostazione inserendo le opere più scadenti e ripetitive in un terzo gruppo ascritto alla bottega, ma successivo ai primi due autografi e più giovanili. Un quarto gruppo avrebbe fatto capo al Symon di Mezzaratta, considerato un pittore diverso da Simone di Filippo; un quinto e un sesto erano assegnati ad altri seguaci del pittore35. Fondamentali per la correzione dell’immagine di un declino estetico di Simone o di una netta distinzione tra maestro e bottega furono la comprensione del ruolo della committenza operata da Roberto Longhi, la considerazione problematica dell’espressività della pittura di Simone all’interno del più vasto ambito del Trecento bolognese attuata da Francesco Arcangeli, sulla scia dello stesso Longhi, e lo spostamento della Madonna di Giovanni da Piacenza, che aveva sempre riscosso giudizi favorevoli, al 1378, grazie alla pubblicazione del testamento di Giovanni da Piacenza da parte di Francesco Filippini e Guido Zucchini nel 1947. Durante le lezioni del corso dedicato alla Pittura del Trecento nell’Italia settentrionale, tenuto all’Università di Bologna durante l’anno accademico 1934-1935, Longhi individuava nella fase matura di Simone non una «disastrosa involuzione», quanto «una pratica separazione fra due distinte attività», una industriale, poco impegnata, seriale e di espressività sgradevole per il contado, l’altra più scelta e raffinata per le commissioni elevate. Tale distinzione era presente in tutte le scuole italiane, ma in Toscana la mancanza d’impegno spirituale dell’artista era sorretta da una norma esteriore, dovuta alla profonda consapevolezza formale del valore della tradizione pittorica locale. A Bologna simili vincoli formali erano molto meno obbliganti. In assenza del «calore creativo», si scadeva in una produzione approssimata e caricaturale36. Posta questa precisazione, si potevano svelare i tratti positivi del Simone maturo. Nelle tavole migliori come il polittico numero 254, da Longhi datato intorno al 1370, apparirebbe l’acquisizione della «norma più calma venuta alle figure di Toscana»37. Longhi giudicava 33

Arslan 1930, pp. 15-17. Ivi, pp. 18-20. 35 Arslan 1937, pp. 100-102 nota 1. 36 Longhi 1934, ed. 1973, p. 193; Longhi 1934-1935, ed. 1973, p. 62. 37 È interessante notare che già Baldani rilevava la somiglianza tra i santi Pietro e Paolo dei due polittici di Bologna e quelli del polittico di Giotto. Una più generica vicinanza alla maniera giottesca, per vigorosità di forme e sentimenti di una popolare drammaticità, era presente anche secondo Cavalcaselle, Bernath e Van Marle. Arslan avvicinava il suo «primo gruppo», comprendente il Sogno della Vergine di Ferrara e il polittico numero 254, a modi 34

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I. Simone di Filippo, Angelo annunciante, Bologna, Pinacoteca Nazionale, inv. n. 224 [scheda 28.a] II. Simone di Filippo, Vergine annunciata, Bologna, Pinacoteca Nazionale, inv. n. 223 [scheda 28.b]


III. Simone di Filippo, Incoronazione della Vergine, Budrio, Pinacoteca Civica Inzaghi, deposito della Pinacoteca Nazionale di Bologna, inv. n. 306 [scheda 39]


IV. Simone di Filippo, Madonna della cintola, già Londra, Christie’s, 04/05/1979, lotto 15 [scheda 59]


VII. Simone di Filippo, Santo vescovo, Bologna, Museo di Santo Stefano [scheda 25]


VIII. Simone di Filippo, trittico, Parigi, MusĂŠe du Louvre, inv. n. D.L. 1973-15, deposito della Fondation de France [scheda 71]


XVII. Vitale da Bologna e Simone di Filippo, PietĂ e santi, Firenze, Fondazione di Studi di Storia dell'Arte Roberto Longhi [scheda 46] XVIII. Simone di Filippo, Trittico, Kreuzlingen, collezione Kisters [scheda 51]


XIX. Simone di Filippo, Madonna gravida, Bologna, basilica di Santa Maria dei Servi [scheda 10.a] XX. Simone di Filippo, San Giuseppe (o Gioacchino?) e l’angelo, Bologna, basilica di Santa Maria dei Servi [scheda 10.b]


XXI. Simone di Filippo, Sogno della Vergine, Ferrara, Pinacoteca Nazionale, inv. n. 57 [scheda 43]


XXII. Simone di Filippo, Adorazione dei Magi, Piacenza, Musei Civici di Palazzo Farnese, collezione Rizzi Vaccari [scheda 83]


XXXV. Simone di Filippo, Crocifissione, Bologna, Pinacoteca Nazionale, inv. n. 286 [scheda 30] (su concessione del Ministero dei Beni e delle AttivitĂ Culturali e del Turismo, Polo Museale dell'Emilia Romagna)


XXXVI. Simone di Filippo, Crocifissione, giĂ Prato, Farsetti Arte, 15/04/2016, lotto 197 [scheda 85]


XXXVII. Simone di Filippo, croce dipinta, Bologna, chiesa di San Giacomo Maggiore [scheda 5]


XXXVIII. Simone di Filippo, Madonna addolorata, part. della croce n. 1291, Bologna, Collezioni Comunali d’Arte [scheda 16] XXXIX. Simone di Filippo, San Giovanni Evangelista, part. della croce n. 1291, Bologna, Collezioni Comunali d’Arte [scheda 16] (le riproduzioni fotografiche sono tratte dalla Fototeca Federico Zeri. I diritti patrimoniali d'autore risultano esauriti)


XLIV. Simone di Filippo, trittico, Cambridge (MA), Fogg Art Museum, inv. n. 1962.283 [scheda 40] (Imaging Department Š President and Fellows of Harvard College)


XLV-XLVI. Simone di Filippo, sportelli di trittico, Ferrara, Pinacoteca Nazionale [scheda 44] XLVII. Simone di Filippo, trittico, Athens (GA), Georgia Museum of Art, inv. n. GMOA 1961.1894, Kress 1201 [scheda 1]


LXVIII. Simone di Filippo, polittico, Bologna, Pinacoteca Nazionale, inv. n. 298 [scheda 34]


LXIX. Simone di Filippo, Incoronazione della Vergine, part. del polittico n. 298, Bologna, Pinacoteca Nazionale [scheda 34]


LXX. Simone di Filippo, Santi Giacomo Maggiore, Paolo, Pietro, part. del polittico n. 298, Bologna, Pinacoteca Nazionale [scheda 34] LXXI. Simone di Filippo, Santi Giovanni Battista, Leonardo, Giudoco, part. del polittico n. 298, Bologna, Pinacoteca Nazionale [scheda 34] LXXII. Simone di Filippo, Balaam, Parigi, Galerie G. Sarti [scheda 74.a] LXXIII. Simone di Filippo, Isaia, Parigi, Galerie G. Sarti [scheda 74.b] LXXIV. Simone di Filippo, Zaccaria, giĂ Milano, Finarte, 16/05/2001, lotto 120 [scheda 74.c] LXXV. Simone di Filippo, Salomone, giĂ Milano, Finarte, 16/05/2001, lotto 120 [scheda 74.d]



LXXXV. Simone di Filippo, San Pietro con un gruppo di devoti, Bologna, Fabbriceria di San Petronio [scheda 15.a] LXXXVI. Simone di Filippo, San Petronio, Bologna, Fabbriceria di San Petronio [scheda 15.b]


LXXXVII. Simone di Filippo, Crocifissione, Detroit, Institute of Arts, inv. n. 1961.349 [scheda 41]


XC. Simone di Filippo, Battesimo di Cristo e santi, veduta frontale della cassetta, Londra, Victoria and Albert Museum, inv. n. 351-1864 [scheda 54] XCI. Simone di Filippo, Stemma retto da due angeli e santi, veduta laterale sinistra della cassetta, Londra, Victoria and Albert Museum, inv. n. 351-1864 [scheda 54] (Š VIctoria and Albert Museum, London)


XCII. Simone di Filippo, Nascita del Battista e santi, veduta posteriore della cassetta, Londra, Victoria and Albert Museum, inv. n. 351-1864 [scheda 54] XCIII. Simone di Filippo, Stemma retto da due angeli e santi, veduta laterale destra della cassetta, Londra, Victoria and Albert Museum, inv. n. 351-1864 [scheda 54] (Š VIctoria and Albert Museum, London)


XCVI. Simone di Filippo, Sogno della Vergine, Londra, National Gallery of Art, deposito della Society of Antiquaries of London, inv. n. L1030 [scheda 53]


XCVII. Simone di Filippo, Crocifissione, collezione privata [scheda 80] XCVIII. Simone di Filippo, Crocifissione, Lione, cappella del Centre Saint-Marc [scheda 52]


XCIX. Simone di Filippo, Cattura di Cristo, collezione privata [scheda 55.a]


C. Simone di Filippo, Salita al Calvario, collezione privata [scheda 55.b]


CI. Simone di Filippo, trittico, collezione privata [scheda 58]


CII. Simone di Filippo, Madonna dell’Umiltà e san Domenico, collezione privata [scheda 57]


CXIV. Simone di Filippo, Natività di Maria, Presentazione di Maria al Tempio, Sposalizio di Maria e Giuseppe, Presentazione di Gesù al Tempio, Bologna, Pinacoteca Nazionale, inv. n. 274 [scheda 37.a] (su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Polo Museale dell'Emilia Romagna) CXV. Simone di Filippo, Dormitio Virginis, Trasporto funebre della Vergine, Assunzione della Vergine, Bologna, Pinacoteca Nazionale, inv. n. 275 [scheda 37.b] (su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Polo Museale dell'Emilia Romagna) CXVI. Simone di Filippo, Santi Agata, Caterina d’Alessandria, Domenico, Modena, collezione della Banca Popolare dell’Emilia Romagna [scheda 65.a] CXVII. Simone di Filippo, Santi Dorotea, Nicola di Bari, Floriano, Modena, collezione della Banca Popolare dell’Emila Romagna [scheda 65.a]



CLII. Pittore bolognese, Crocifisso tra i dolenti e santi, già Venezia, Casa d’aste San Marco, 6/7/2008, lotto 45 [scheda P]


ii. il problema della bottega di vitale da bologna e gli esordi di simone di filippo

Nel corso sulla pittura del Trecento in Italia settentrionale tenuto all’Università di Bologna durante l’anno accademico 1934-1935, Roberto Longhi osservava una continuità di modi artistici tra Vitale degli Equi (Bologna, documentato 1330-1359, già morto nel 13611), che lo studioso aveva presentato come il capostipite del Trecento bolognese2, e alcuni pittori individuabili accanto al maestro più anziano nei cicli di affreschi dell’abbazia di Pomposa (figg. 4-7), dove nel catino absidale campeggia la data “1351”, in un secondo momento da Longhi letta invece “1341”3, e della chiesa bolognese di Santa Maria di Mezzaratta, la cui decorazione, in seguito strappata e custodita nella Pinacoteca Nazionale di Bologna4, lo studioso collocava nel corso degli anni cinquanta del Trecento: sulle pareti della navata a Pomposa, un Andrea da Bologna, che firma un polittico nella Pinacoteca di Fermo (fig. 8), datato 1369, a Mezzaratta, Simone di Filippo, il pittore che firma Jacobus la Piscina probatica (inv. n. 7031; fig. 9) e il pittore del Cristo e l’adultera (inv. n. 7032; fig. 10) sulla parete sinistra, infine il pittore di sette Storie di Giuseppe (inv. nn. 7027-7028, 6357; fig. 11) sulla parete destra5. Dopo la metà del secolo, solo tre pittori, pur inizialmente seguaci di Vitale, si sarebbero caratterizzati per elementi non riconducibili al linguaggio vitalesco: l’autore di una Crocifissione “toscaneggiante” nella Pinacoteca di Bologna (inv. n. 215; fig. 1) e degli affreschi della Vita di san

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Pini 2010. Longhi 1934-1935, ed. 1973, pp. 20-35. Ivi, pp. 29, 52-53. Ciancabilla 2005, pp. 139-153. Longhi 1934-1935, ed. 1973, pp. 52-56, 60-66.

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capitolo secondo

Gregorio in Santa Maria Novella a Firenze6, in seguito tentativamente identificato da Longhi con Dalmasio degli Scannabecchi7, documentato a Bologna dal 1342 e già morto nel 13778; il pittore da Longhi soprannominato “Cugino dei Riminesi” e successivamente identificato con Jacopino di Francesco, documentato a Bologna dal 1343 al 13869; infine l’Andrea da Bologna attivo nella cappella di Santa Caterina nella chiesa inferiore di Assisi alla fine degli anni sessanta (fig. 12), che proprio Longhi aveva contribuito a distinguere dall’Andrea del polittico di Fermo10. Poco più di quarant’anni dopo, una volta riconosciuta la retrodatazione alla prima metà del secolo dei pittori già identificati da Longhi con Jacopino e Dalmasio, di conseguenza difficilmente coincidenti con questi artisti documentati11, Carlo Volpe poteva affermare che «[...] [Vitale] calamitò le nuove forze creative costituendo con la sua fiorente bottega una vera scuola, e infine un accademico seguito. Negli anni che seguiranno, infatti, i pittori locali, dal più al meno, appaiono scolari o seguaci di Vitale»12. Andrea de’ Bartoli, che, documentato insieme a Jacopino di Francesco tra i pittori inviati da Bologna a Pavia per dipingere nel castello di Galeazzo Visconti nel 1365, era stato identificato da Francesco Filippini con l’Andrea da Bologna pagato nel 1368 per le Storie di santa Caterina tuttora esistenti nella chiesa inferiore di San Francesco ad Assisi e distinto da Longhi rispetto all’Andrea autore del polittico di Fermo13, veniva quindi a essere la vera figura di rottura in senso anti-vitalesco, realistico e «per ritrovati spazi», aprendo al percorso neogiottesco di Jacopo Avanzi negli anni sessanta e settanta14.

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Ivi, pp. 33-34. Longhi 1950, ed. 1973, pp. 160-161. 8 Pini 2005, pp. 55-56. 9 Longhi 1934-1935, ed. 1973, p. 61; Id. 1950, ed. 1973, p. 161; Pini 2005, pp. 60-61. L’identificazione dell’autore dei polittici della Pinacoteca di Bologna provenienti da Santa Maria Nuova (inv. nn. 217, 7153; fig. 58) e dai Santi Naborre e Felice (inv. n. 213; fig. 18) con Iacopo de’ Papazzoni era stata già proposta da Francesco Filippini (1912-1913, pp. 428-429) e accolta da Francesco Arcangeli (1948, ed. 1978). 10 Longhi 1934-1935, ed. 1973, pp. 52-58. 11 Luciano Bellosi dimostrò la necessità di anticipare l’opera del “Cugino dei Riminesi” al secondo quarto del secolo sulla base dello studio dei caratteri del costume dei personaggi raffigurati nei dipinti e di raffronti con opere riminesi contemporanee. Allo stesso tempo, l’identificazione proposta da Longhi tra Dalmasio di Jacopo degli Scannabecchi, l’autore della Crocifissione numero 215 della Pinacoteca di Bologna, delle Storie di san Gregorio Magno nella cappella Bardi di Vernio in Santa Maria Novella e delle Storie di san Francesco nella cappella maggiore dell’omonima chiesa di Pistoia fu messa in dubbio da Bellosi per il collegamento degli affreschi di Pistoia alla data “1343” riportata in un’iscrizione sulle pareti della cappella. Di conseguenza, l’intero corpus del pittore è stato retrodatato agli anni 1330-1350 (Bellosi 1974, pp. 87-92; Volpe 1980, ed. 1993, p. 16; Benati 2005, pp. 55, 64). 12 Volpe 1980, ed. 1993, p. 22. 13 Filippini 1911; Longhi 1934-1935, ed. 1973, pp. 52-58; Arcangeli 1970, pp. 141-143; Ferretti 1978a, pp. 164-165; Volpe 1981; Benati 1992b, pp. 56-62. 14 Volpe 1980, ed. 1993, p. 24. Su Jacopo Avanzi, che già intorno al 1446-1447 il medico padovano Michele Savonarola ricordava come l’autore della decorazione della cappella di Bonifacio Lupi al Santo, dove interviene in realtà anche il veronese Altichiero, e che Pietro Toesca 7

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la bottega di vitale da bologna e gli esordi di simone di filippo

Daniele Benati ha più di recente confermato la lettura di Volpe15, giungendo all’ipotesi che Vitale dovette aver costituito una bottega di tipo gerarchico su modello di quella giottesca per far fronte a imprese decorative come i cicli di Pomposa e Mezzaratta16. Benati ha però notato che, ancor prima di Andrea e Avanzi, gli stessi più immediati seguaci di Vitale traducono i suoi modi in forma realistica e «antigotica»17. In maniera più netta, Alessandro Volpe ha sottoposto a critica la visione di una forte dipendenza da Vitale della pittura bolognese intorno alla metà del secolo. Per lo studioso bisognerebbe tenere conto della nuova importanza dei modelli giotteschi per lo stesso Vitale negli anni cinquanta e per pittori come Simone di Filippo o il Maestro dell’Adultera di Mezzaratta18, per non parlare dello Jacobus che firma le Storie di Giuseppe, forse da identificarsi con Jacopo Benintendi detto il Biondo, documentato a Bologna nel 1360, già morto nel 136319. La fortuna delle fantasie gotiche di Vitale decadrebbe quindi dopo la metà del secolo20. In realtà, già Longhi osservava un avvicinamento alla norma toscana negli ultimi anni di Vitale e in alcuni dei suoi seguaci più stretti come Simone o Cristoforo (Bologna, documentato 1360-1422)21. Le considerazioni di Alessandro Volpe hanno posto in luce la situazione problematica della pittura bolognese negli anni cinquanta del Trecento, tra la fase finale della carriera di Vitale e gli esordi di alcuni artisti che contraddistingueranno la scena artistica cittadina nei decenni successivi. Si tratta di un momento in cui la scattante fantasia espressiva degli inizi della pittura gotica a Bologna lascia spazio a una traduzione in termini più facilmente comprensibili22. Resta da valutare l’incidenza dei modi di Vitale e quindi il (1951, p. 746 nota 273) riunì con lo Iacobus de Avanciis de Bononia che firma una Crocifissione nella Galleria Colonna di Roma (inv. n. Fid. n. 2037; fig. 41): Benati 1992b; Benati 2007. 15 Benati 1992b, pp. 43-63. 16 Benati 2005, pp. 73-75. 17 Benati 2012b, pp. 6-7. 18 Alessandro Conti informava che Francesco Arcangeli aveva avvicinato il Cristo e l’adultera al pittore identificato da Longhi con Dalmasio degli Scannabecchi, probabilmente in virtù delle componenti di cultura giottesca del riquadro, evidenti nella scansione pausata della scena. L’attuale posizione degli studiosi è propensa a considerare il Cristo e l’adultera l’unica testimonianza dell’opera di un seguace di Vitale aperto alla disciplina compositiva fiorentina (Conti, in Pittura 1978, pp. 142-145; Benati 1992b, p. 47; Volpe 2005, pp. 75-76). 19 Gibbs 1989a. 20 Volpe 2005, pp. 65-66, 75, 89-90. 21 Longhi 1934-1935, ed. 1973, pp. 29, 32, 60. Su Cristoforo, figlio di Jacopo Benintendi, che firma la Madonna della Misericordia su tavola, datata 1380, proveniente da Mezzaratta, nella Pinacoteca Nazionale di Bologna (inv. n. 6405; fig. 48) e una tavola con la Crocifissione e la Deposizione nella Pinacoteca di Ferrara (inv. n. 56): Ferretti 1978c; Gibbs 1989a; Pini 2005, pp. 53-55; Volpe 2005, pp. 97-99. 22 Rimangono ancora illuminanti le parole di Carlo Volpe volte a sintetizzare la svolta che interessa la pittura padana dopo la metà del secolo: «Alia premunt, vale a dire aspirazioni di alta e lucida narrativa per bene esprimere devote gesta che rispecchiano la sempre più frequente struttura signorile, anche se si narrano storie di Santi, ma preferibilmente nobili e cavalieri, come Sant’Orsola, San Giorgio o Santa Caterina d’Alessandria. Una esigenza parenetica, di larga presa popolare, sollecita composizioni sempre più ordinate e leggibili ed una

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capitolo secondo

grado di autonomia mostrato dai pittori della nuova generazione nell’elaborazione di questa nuova fase del gotico bolognese. In questo capitolo si proporrà un’ipotesi di soluzione del problema in riferimento alle opere giovanili di Simone di Filippo, dopo aver affrontato il caso altrettanto emblematico della decorazione della navata della chiesa abbaziale di Pomposa. Le pareti della navata centrale della chiesa abbaziale di Pomposa furono decorate con Storie dell’Antico e del Nuovo Testamento su due registri e Scene dell’Apocalisse nei pennacchi degli archi, la parete centrale con il Giudizio finale (fig. 5), da una squadra di pittori di origine bolognese, mentre Vitale intervenne in prima persona nella decorazione del catino absidale con la Deesis (fig. 4) e le Storie di sant’Eustachio, dove si legge la data “1351”23. Longhi riteneva che Vitale avesse potuto offrire le idee fondamentali del ciclo, lasciando l’esecuzione ai propri allievi, tra i quali riconosceva soprattutto la presenza dell’Andrea da Bologna che firma il polittico della Pinacoteca di Fermo nel 1369, identificato da Arcangeli con un Andrea de’ Bruni bolognese abitante in Ancona nel 1377 (Bologna e Ancona, documentato 1357-1377)24. Andrea avrebbe qui ripreso gli improvvisi scatti lineari e il gusto decorativo di opere più antiche di Vitale, come la Madonna dei Denti del Museo Davia Bargellini di Bologna (inv. n. 129; fig. 13), la Natività di Mezzaratta (Bologna, Pinacoteca Nazionale, inv. n. 6346; fig. 2) e le Storie di sant’Antonio Abate della Pinacoteca di Bologna (inv. nn. 10039-10042). D’altra parte, lo studioso ipotizzava che Vitale avesse fornito «tracce e cartoni» già in anni precedenti al 1351 in cui si era conclusa l’impresa decorativa25. Nelle Marie al sepolcro sulla parete destra e nel Noli me tangere sulla parete sinistra Longhi vedeva invece la mano dello Jacobus che firma la Piscina probatica sulla parete sinistra di Mezzaratta26. Più tardi, Arcange-

altrettanto probabile ed esplicita aggettivazione; un corredo di costume e di messa in scena sempre realistico e documentato, da servire di riflesso a fasti comunali e dinastici. Le follie gotiche di Vitale che elegantemente svolavano ancora nel limbo favoloso della contemplazione anagogica, sia dei sensi che dello spirito, non sono più di moda» (Volpe 1980, ed. 1993, p. 23). Anche nella pittura fiorentina contemporanea si osserva fin dagli anni trenta un analogo processo di semplificazione, che punta soprattutto sulla razionale struttura spaziale e plastica giottesca, riducendola tuttavia nel caso dei fratelli Cioni e dei pittori a essi legati a un prontuario di schemi figurativi facilmente replicabili, così da produrre a volte quegli esiti astraenti che sono stati il punto di partenza della tesi sostenuta da Millard Meiss nel suo celebre libro dedicato agli effetti della Morte Nera sui cambiamenti della pittura toscana a metà Trecento. Meiss 1951; Boskovits 1975, pp. 19-24; Steinhoff 2006, pp. 9-26. 23 I dipinti dell’abside furono attribuiti a Vitale da Albert Brach, il quale lesse “1351” la data iscritta sulla parete, interpretata invece “1341” da Longhi e Arcangeli. Cesare Gnudi ritornò alla lettura di Brach, sebbene non considerasse vincolante l’iscrizione ai fini della datazione a causa delle ripetute ridipinture subite. L’iscrizione è stata in seguito considerata di riferimento anche per la cronologia della decorazione della navata e della controfacciata quale ravvicinato ante o post quem (Brach 1902, pp. 104-105; Longhi 1934-1935, ed. 1973, pp. 29-31, 52-53; Arcangeli 1948, ed. 1978, pp. 21, 28 nota 8; Longhi 1950, ed. 1973, p. 157; Gnudi 1962, p. 69; Ferretti 1978b, p. 151; Benati 1995, pp. 107-108; Volpe 1999b, pp. 98-110, 123). 24 Arcangeli 1970, p. 141; Mazzalupi 2008, p. 102. 25 Longhi 1934-1935, ed. 1973, pp. 52-56. 26 Ivi, p. 55.

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li restituiva ad Andrea de’ Bartoli l’ultimo riquadro del registro superiore della parete sinistra con una Battaglia, staccato e depositato al Museo Pomposiano27 (inv. n. 28). La ricostruzione di Longhi è stata riproposta in anni recenti da Benati28. La stretta dipendenza dei pittori della navata centrale da Vitale è stata invece negata da Massimo Ferretti, che non ha ritenuto possibile individuare la presenza di artisti altrimenti noti negli affreschi29, e ultimamente da Alessandro Volpe. Anche nel caso di Pomposa, Volpe ha tenuto a riconoscere l’azione di modelli diversi da Vitale nel linguaggio figurativo dei pittori coinvolti. Per lo studioso due pittori si dividerebbero le pareti destra e sinistra, incontrandosi nel Giudizio, dove al pittore della parete destra andrebbero assegnati il Cristo giudice, gli apostoli e i profeti, all’altro pittore la zona superiore. I due pittori avrebbero agito in maniera indipendente da Vitale. Il primo pittore non avrebbe un reale rapporto con il maestro più anziano per la narrazione piana e prevedibile; men che meno potrebbe essere identificato con Andrea. Nel pittore della parete sinistra Volpe vede un’espressività più brusca, collegabile all’autore del trittico bolognese del Louvre datato 1333 (inv. n. 20197; fig. 14)30, ispiratore di un linguaggio più esplicito e popolaresco rispetto all’arte di Vitale, rappresentato negli anni successivi anche dal Maestro dell’Adultera e dal Maestro della Strage di Mezzaratta (tav. CXL), dal giovane Simone di Filippo e dall’autore del polittico numero 217 della Pinacoteca di Bologna proveniente da Santa Maria Nuova (fig. 43)31. Penso che sia condivisibile la distinzione tra due personalità diverse corrispondenti alle pareti destra e sinistra della navata. Mi sembra però che per entrambi si possano riconoscere rimandi a motivi presenti nell’opera contemporanea di Vitale, dove l’eleganza del disegno e la dolcezza dei volti nella rappresentazione dei personaggi sacri convivono con gli strappi compositivi e le pose contorte e siglate delle scene drammatiche, ricondotti 27

Arcangeli 1970, pp. 144-145. Benati 1992b, p. 43. 29 Ferretti 1978b, pp. 150-151. 30 Il trittico fu attribuito da Longhi alla fase tarda di Jacopino di Francesco intorno al 1380, mentre Arcangeli lo restituì agli esordi di Dalmasio a metà del secolo. La scoperta della data “1333” sul verso dell’opera da parte di Michel Laclotte ha modificato radicalmente la conoscenza critica dell’oggetto, dapprima attribuita allo Pseudo-Jacopino o allo Pseudo-Dalmasio e finalmente riferita a un terzo maestro dallo studioso francese e con più sicurezza da Carlo Volpe. Di recente, Massimo Medica ha convincentemente avvicinato il dipinto ad alcune miniature di un manoscritto contenente le opere di Fulgenzio, Ausonio, Prudenzio e Cassiodoro (Parigi, Bibliothèque nationale de France, ms. Lat. 8500), già ritenute affini allo stesso Pseudo-Dalmasio. Carl Brandon Strehlke, Massimo Ferretti, Flavio Boggi e Robert Gibbs hanno invece ribadito il riferimento del dipinto al presunto Dalmasio, posizione che non mi sembra possibile condividere, data la cultura aspra e risentita espressa dal trittico, lontana dal controllo plastico dei volumi di derivazione giottesca che lo Pseudo-Dalmasio mostra nei dipinti di paternità riconosciuta (Longhi 1934-1935, ed. 1973, p. 75; Laclotte, Mognetti 1976, scheda 101; Laclotte, in Retables 1978, pp. 14-17 scheda 7; Castagnoli, in Pittura 1978, p. 100; Volpe 1980, ed. 1993, pp. 16-18; Strehlke 2004, p. 107; Ferretti 2010, pp. 51-53; Medica 2012a, p. 43; Id. 2012c, pp. 112-113; Boggi, Gibbs 2013, p. 33). 31 Volpe 1999b, pp. 120-124. 28

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I.

opere di attribuzione certa

1. ATHENS (Georgia), Georgia Museum of Art Inv. n. GMOA 1961.1894, Kress 1201 Trittico Scomparto centrale: Madonna col Bambino in trono, santo martire e due angeli e, in alto, Cristo in pietà; sportello di sinistra: dal basso in alto, San Giovanni Battista nel deserto, San Pietro, Angelo annunciante; sportello di destra: dal basso in alto, San Girolamo e il leone, San Paolo, Vergine annunciata Tempera e oro su tavola; cm 39 ∑ 16 ca. 1375-1380 [tav. XLVII] L’altarolo conserva ancora la decorazione pittorica esterna degli sportelli, consistente in un campo uniforme di blu, circondato da un bordo giallo chiaro. Una simile scelta decorativa compare in alcuni trittici di Lorenzo Veneziano (De Marchi 2005, p. 36). Il trittico fu acquistato da Samuel H. Kress nel 1939 insieme alla collezione ContiniBonacossi di Firenze, cui era pervenuto dalla collezione del conte Avogli-Trotti di Parigi. L’opera è esposta nella sua sede attuale dal 1961 (Rusk Shapley 1966). Unanime è l’attribuzione a Simone di Filippo, dopo la pubblicazione del trittico da parte di Fern Rusk Shapley (1966). La datazione, già fissata negli anni 1370-1380, è stata anticipata al 1360-1365 da Viktoria Markova (2001), che vi vede i rapporti della formazione di Simone con Vitale, la miniatura bolognese e Bernardo Daddi, mentre è assente l’espressività caratteristica del pittore a partire dalla Pietà di Giovanni da Elthinl (scheda 19; tav. XXXIV) e dalla croce di San Giacomo (scheda 5; tav. XXXVII).

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Tuttavia, il tipo del volto degli angeli a ovale allungato suggerisce di non porre l’opera prima della Pietà. I tipi facciali della Madonna e del Bambino sono vicini rispettivamente all’Annunciazione di Mosca (scheda 67; tav. LI) e alla Madonna di Giovanni da Piacenza (scheda 31; tav. L). L’Annunciazione mostra già il tipo più fermo della valva moscovita. Questi dati, insieme al chiaroscuro già fumoso del Cristo in pietà, fanno protendere verso la seconda metà degli anni settanta. Bibliografia: Rusk Shapley 1966, p. 72 fig. 195; Fredericksen, Zeri 1972, p. 188; Benati 1999, p. 684; Markova 2001, pp. 230-242; Massaccesi 2010, p. 109 nota 16.

2. AUSTIN (Texas), Jack S. Blanton Museum of Art Inv. n. 526.1999 Trittico Scomparto centrale: Madonna col Bambino e, in alto, Cristo in pietà; sportello di sinistra: San Pietro e, in alto, Angelo annunciante; sportello di destra: San Giacomo Maggiore e, in alto, Vergine annunciata Tempera e oro su tavola; cm 60,2 ∑ 47,3 ca. 1390-1395 [tav. CIV] Come nel trittico Salavin del Louvre (scheda 71; tav. VIII), l’iconografia intreccia l’Incarnazione di Cristo con il suo sacrificio, esaltando il ruolo salvifico della Vergine, vestita con un manto decorato a foglie di vite, simbolo eucaristico. Il trittico presenta una cornice intagliata e dorata a colonnette, arco ogivale polilobato e un fiore entro il timpano dello scomparto centrale. Risulta quanto meno dubbia l’autenticità delle decorazioni fitomorfe superiori. La decorazione punzonata del nimbo della Vergine consiste in un giro di palmette entro ovali tra due giri di circoli. I nimbi delle altre figure, a parte l’Annunciazione, sono decorati con un giro esterno di circoli e un giro interno di palmette entro ovali. Le figure dell’Annunciazione hanno i nimbi decorati con un solo giro esterno di circoli. Il dipinto si trovava nella collezione dello storico dell’arte William S. Suida a Baden bei Wien in Austria, successivamente trasferita a New York. Nel 1999 è stato acquistato dal Blanton Museum di Austin nel Texas insieme alla collezione Suida-Manning. Wart Arslan (1937) rendeva nota l’opera, inserendola nel «terzo gruppo» della produzione di Simone di Filippo. L’altarolo fu esposto come opera di Simone alla mostra del 1950, tra la croce di San Giacomo (1370; scheda 5; tav. XXXVII) e la Madonna di Giovanni da Piacenza (1378; scheda 31; tav. L). Irnerio Patrizi (1954-1955) lo giudicava invece opera tarda eseguita dalla bottega. I caratteri tardi sono evidenti nel volto scavato della Vergine e nel chiaroscuro fumoso del Cristo. Bibliografia: Arslan 1937, p. 101 nota 1; Guida 1950, p. 32 n. 74; Patrizi 1954-1955, p. 250; Bober 2001, p. 18; Massaccesi 2010, p. 109 nota 16; Cova, in Simone e Jacopo 2012, p. 48.

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3. AVIGNONE, Musée du Petit Palais Inv. n. 20202 Incoronazione della Vergine e i dodici apostoli Tempera e oro su tavola; cm 51 ∑ 75 ca. 1395-1399 [tav. CXXVII] L’Incoronazione si presenta nella variante iconografica con il Cristo che pone la corona mediante la destra e regge lo scettro con la sinistra, ricondotto da Andrea De Marchi all’area veneziana, mentre la variante con il Cristo che incorona servendosi di entrambe le mani sarebbe più comune in area bolognese (De Marchi, in Autour de Lorenzo Veneziano 2005, p. 120). La Vergine indossa una tunica di colore blu e un manto di colore bianco con decorazioni vegetali in oro, mentre il Cristo veste una tunica bianca e un manto blu. La coppia celeste siede su un trono avvolto da un drappo ricamato in oro a motivi vegetali, sostenuto dall’alto da una schiera di angeli. Ai due lati del trono sono i dodici apostoli inginocchiati a mani giunte in atteggiamento di preghiera. I nimbi del Cristo e della Vergine sono decorati con un giro esterno di circoli, un giro di palmette entro ovale e una fascia interna a racemi realizzati con piccoli punti per la Vergine, una fascia interna con i bracci di una croce per il Cristo. I nimbi delle altre figure sono decorati con un giro esterno di circoli e una fascia interna a racemi. Il dipinto fu acquisito dallo Stato francese insieme alla collezione romana del marchese Campana nel 1863. Entrò a far parte del Museo Napoleone III di Parigi, per essere subito depositato al Museo di Troyes. Si trova nella sede attuale dal 1976 (Laclotte, Moench 2005). L’opera è entrata nella letteratura a partire da Raimond Van Marle (1924, p. 448) e Wart Arslan (1930; 1937). Il primo studioso considerava il dipinto ancora gradevole, anche se già con qualche tratto volgare e appesantito e pertanto lo collocava poco prima della Pietà di Giovanni da Elthinl (scheda 19), mentre decisamente negativo era il giudizio del secondo, che accorpava la tavola al suo «primo aiuto di Simone», quello più povero e dotato dei caratteri attribuiti alla fase matura del maestro. Non diversa è la classificazione successiva tra le opere del «terzo gruppo», considerate stereotipe e mediocri, e pertanto di bottega. Gli interventi più recenti hanno inserito la tavola nella produzione tarda, successiva all’Incoronazione dell’Istituto Zoni, datata 1382 (scheda 11; tav. LVII), che già mostra la variante iconografica sopra menzionata. All’interno delle numerose versioni di questa variante dipinte da Simone, quella qui presentata è particolarmente prossima all’Incoronazione di Pesaro (scheda 81; tav. CXXIX), cui la nostra tavola è avvicinata da Silvia Battistini (in La quadreria 2002, p. 46), recuperando l’indicazione di Luigi Serra (1929). Alessandro Volpe (in Petronio 2001) ha osservato una «simile attenzione qualitativa» in comune con il San Petronio della Fabbriceria (scheda 15.b; tav. LXXXVI). La ritrovata eleganza e l’addolcimento dei volti, insieme alla preziosità dei colori, avvicinano il dipinto al momento in cui Simone di Filippo si apre alla temperie internazionale del cantiere di San Petronio alla fine degli anni novanta, fase rappresentata dall’Incoronazione firmata della Pinacoteca di Ferrara (scheda 42; tav. CXX) e dalle quattro tavole della Compagnia dei Lombardi di Bologna (scheda 14; tavv. CXXI-CXXIV). Volpe (in Petronio 2001) ha ipotizzato l’appartenenza della tavola a un polittico insieme ai due Santi della Fabbriceria di San Petronio (scheda 15; tavv. LXXXV-LXXXVI), che ritengo tuttavia di datazione più antica. Inoltre, è difficile immaginare la com-

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presenza dei dodici apostoli nella tavola centrale e ulteriori figure di santi negli scomparti laterali. Propongo pertanto d’immaginare la tavola al centro di un dossale con episodi narrativi. Bibliografia: Cataloghi 1858, n. 337; Cornu 1862, n. 337; Perdrizet, Jean 1907, n. 337; Van Marle 1924, p. 448; Bonacini 1926, p. 194; Serra 1929, p. 101; Arslan 1930, p. 18; Arslan 1937, p. 101 nota 1; Laclotte, Mognetti 1976, scheda 220; Moench, in La Fondazione 1980, p. 245; Laclotte, Mognetti 1987, scheda 220; D’Amico 1988, p. 143; Benati, in La colección 1998, p. 154; Volpe, in Petronio 2001, pp. 262-263; Battistini, in La quadreria 2002, p. 46; Lollini, in Pinacoteca 2004, p. 150; De Marchi, in Autour de Lorenzo Veneziano 2005, p. 120; Laclotte, Moench 2005, p. 189 scheda 253; Volpe, in La Collezione 2007, p. 75; Ghelfi, in La fortuna dei primitivi 2014, pp. 186 fig. 1, 187.

4. BALTIMORA, Walters Art Museum Inv. n. 37.723 Dittico Valva di sinistra: dall’alto in basso, da sinistra a destra, Risurrezione; Ascensione; Dormitio Virginis; Sante Margherita e Cristina; Sant’Orsola con le sue compagne; valva di destra: dall’alto in basso, da sinistra a destra, Pentecoste; Santi Stefano e Lorenzo; Santi Vincenzo e Pietro Martire; Cristo nella mandorla adorato dalla Vergine e da santi Tempera e oro su tavola; cm 54 ∑ 25 (ciascuna valva) Iscrizioni: s(anctus) stephanus, s(anctus) laure(n)cius, s(anctus) uicencius, s(anctus) petrus martyr, s(ancta) margarita, s(ancta) xri(sti)na, s(ancta) ursolina (sulla cornice, sopra gli scompartimenti) ca. 1390-1395 [tav. LXXXVIII] Federico Zeri (1976) ha giustamente osservato la derivazione riminese della scelta di combinare scene legate a Cristo con figure di santi. Al riguardo, bisogna precisare, però, che i dittici riminesi mantengono una disposizione più razionale. Un buon esempio è nella valva di dittico di Giovanni Baronzio nella Pinacoteca di Bologna (inv. n. 309; Benati, in Pinacoteca 2004, p. 61 scheda 9). Inoltre, la presentazione dei santi a coppie dialoganti si ritrovava, secondo recenti indagini, nello smembrato polittico di Lorenzo Veneziano per San Giacomo Maggiore (De Marchi 2005, p. 40). Secondo Zeri, in origine, una terza valva era attaccata alla valva sinistra mediante le cavità per le cerniere ancora presenti sul lato sinistro di quest’ultima. Vista la posizione di tali cerniere, essa avrebbe potuto piegarsi solo verso l’esterno, lasciando, così, la superficie dipinta senza protezione. Questo fa pensare all’esistenza di una quarta valva, utile a proteggere la terza. Non va escluso che la terza valva fosse fissata a quella con la Resurrezione, e che, insieme a quest’ultima, fosse protetta dalle due più esterne. Lo studioso osserva che anche la mancanza delle scene della Passione tra quelle raffigurate nel dittico induce a congetturare la presenza di altre valve dipinte. Questo prezioso reliquiario, che doveva contenere nelle cavità della cornice, coperte di smalto, le reliquie dei santi raffigurati, si presentava, quindi, in origine, simile a un quadrittico pieghevole in avorio, oggetto diffuso nel gotico francese (Schmidt 2005, p. 303). Il dittico è impreziosito da una singolare cornice intagliata e dorata caratterizzata da archi polilobati. Nei pennacchi degli archi sono cavità protette da vetri per le reliquie.

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Il dittico è segnalato nella collezione di Don Marcello Massarenti a Roma nel 1881 e nel 1897 (Catalogue 1881; Catalogue 1897). Fu acquistato da Henry Walters insieme alla collezione Massarenti nel 1902. Il dipinto fu attribuito a Simone per la prima volta da Evelyn Sandberg-Vavalà (1929a), alla fine di un percorso che dall’area giottesca lo aveva avvicinato al maestro bolognese (Zeri 1976, p. 66). Zeri (1976), rilevandone l’alta qualità, lo collocava nel settimo decennio, Fabrizio Lollini (in Pinacoteca 2004) lo ha datato «tra settimo e ottavo decennio». La presenza di una conduzione appesantita nei volti, ora a ovale allungato, ora arcigni, dai tratti fisionomici ispessiti e segnalati da ombre addensate fanno dubitare di una datazione così precoce. Pare, anzi, efficace il riscontro dei medesimi caratteri nel Cristo e la Vergine in trono della tarda anconetta numero 302 della Pinacoteca bolognese (scheda 27; tav. CVIII). Bibliografia: Catalogue 1881, p. 10 nn. 11-12; Catalogue 1897, p. 9 n. 35; Sandberg-Vavalà 1929a, pp. 406 n. 88bis, 496 fig. 58; Fredericksen, Zeri 1972, p. 188; Zeri 1976, pp. 65-67 scheda 39, 65 tav. 34; Ferretti 1978d, fig. 78; Benati 1999, p. 684; Lollini, in Pinacoteca 2004, p. 149; Schmidt 2005, pp. 281, 283, 284-285 figg. 189-190; Travi 2007, p. 104; Valenti 2012, pp. 583-584; del Monaco, in Quadri 2013, pp. 11, 14; del Monaco, in Da Cimabue a Morandi 2015, p. 64.

5. BOLOGNA, chiesa di San Giacomo Maggiore Croce dipinta Nella cimasa: Cristo Redentore; nel corpo: Cristo crocifisso, santa Maria di Cleofa (?), santa Maria di Salome (?), santa Maria Maddalena; nel tabellone laterale sinistro: Madonna addolorata; nel tabellone laterale destro: San Giovanni Evangelista; nel piede: Golgotha Tempera e oro su tavola; cm 470 ∑ 340 Iscrizioni: Ego sum lux mundi / via veritas et vita (cimasa, sul libro aperto mostrato dal Redentore); INRI (al di sopra del Cristo crocifisso); symon fecit / hoc opus / a(nno) d(omini) m.ccc / .lxx. die ult(ima) / febru(ari) / pos(itu)m hic (piede) 1370 [tav. XXXVII] Il Cristo crocifisso è rappresentato nel corpo della croce sullo sfondo di un legno di colore scuro, sormontato dall’iscrizione «INRI» e dal pellicano che nel proprio nido si ferisce per nutrire i figli del proprio sangue. Ai piedi del Cristo sono le tre Marie dolenti. Nella cimasa è raffigurato il Redentore benedicente con un libro aperto in mano, nei tabelloni la Vergine e San Giovanni Evangelista dolenti, nel piede il Golgotha con il teschio di Adamo. Il nimbo crucisignato del Cristo è decorato da un giro esterno di gigli, uno di palmette entro ovale, uno di circoli, una fascia centrale a racemi incisi, un giro di circoli, uno di palmette, uno di rosette a sei circoli e infine un giro interno di circoli. I nimbi degli altri personaggi sacri presentano un giro esterno di circoli, una fascia con losanghe e un giglio all’interno alternate a rosette a sei lobi e circolo centrale, un giro interno di palmette entro ovale. Lungo i bordi del legno della croce corre una decorazione punzonata consistente in una fila esterna di palmette entro ovale, una fascia centrale di losanghe alternate a circoli incisi su fondo granito, una fila interna di palmette entro ovale (Lodi 1981). Carlo Cesare Malvasia (1686) citava l’opera sul pilastro tra la tredicesima e la quattordicesima cappella della chiesa. A partire dalla Guida di Petronio Bassani (1816), la croce è ricordata nella quindicesima cappella, la cappella Cari, dove si trova tuttora.

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catalogo

Bologna (già), Pinacoteca della Pontificia Accademia di Belle Arti, Incoronazione della Vergine, tempera e oro su tavola, cm 53,6 ∑ 24,6, bibliografia essenziale: Giordani, Descrizione [XIX sec.], c. 29r; Emiliani, in L’opera 1971, p. 87 n. 360; Cammarota 1997, p. 704 n. 360. Bologna (già), Pinacoteca della Pontificia Accademia di Belle Arti, Incoronazione della Vergine, tempera e oro su tavola, bibliografia essenziale: Giordani 1845, p. 25 n. 165. Bologna (già), vendita Ippolito Rosini, Madonna col Bambino, San Giuseppe e un angelo, bibliografia essenziale: Giordani, cartone XXXIV, c. 29r [XIX sec.]. Budapest (già), collezione Von Nemes, Incoronazione della Vergine, firmata, bibliografia essenziale: Bernath 1913, p. 141. Cento (già), chiesa collegiata di San Biagio, polittico con la Beata Vergine, santi apostoli e Storie di san Biagio nella predella, bibliografia essenziale: Baruffaldi, Visita [XVIII sec.], c. 3, ed. 2007, p. 36; Atti 1853, p. 115 nota 1; Stanzani 2005, pp. 84, 86. Ferrara (già), collezione Barbi Cinti, Incoronazione della Vergine, tempera e oro su tavola, firmata «Simon pinxit hoc opus», bibliografia essenziale: Esposizione [1843], ed. 1997, p. 37 n. 293; Scardino 2004, p. 165. Ferrara (già), collezione Santini, Assunzione della Vergine, tavola, firmata, cm 17 ∑ 45, bibliografia essenziale: Catalogo [1896], ed. 1997, p. 219 n. 43 (è annotato che la tavola era stata in seguito ritenuta di Marco Zoppo); Scardino 2004, p. 164 n. 42. Firenze (già), mercato antiquario, Incoronazione della Vergine, bibliografia essenziale: Van Marle 1924, p. 450. Londra (già), Sotheby’s, 22 giugno 1960, lotto 85, Madonna dei Dolori (figura di tre quarti), tavola (senza cornice), cm 50,8 ∑ 36,2, bibliografia essenziale: Catalogue 1960, p. 36 lotto 85 (come Simone di Filippo); Padovani 1975, p. 319. Pianoro (già), frazione Livergnano, chiesa di Santa Maria di Borgognano o Bortignano (giurisdizione dei Carmelitani di San Martino Maggiore di Bologna), anconetta con «Christo crocefisso con più figure», firmata «Symon pinxit», bibliografia essenziale: Orlandi, Memorie [1697], c. 90r. Pieve di Cento (già), chiesa collegiata di Santa Maria Maggiore, polittico, firmato «Symon de Bononia fecit hoc opus», bibliografia essenziale: Baruffaldi, Visita [XVIII sec.], c. 3, ed. 2007, p. 36; Landi 1844, p. 325; Atti 1853, pp. 111, 115 nota 1; Landi 1878, pp. 265, 345; Cavicchi 1972, pp. 187, 200, 203-205, 226; D’Amico 1985a, pp. 22-23, 35-36; Samaritani 1992, pp. 35, 162, 164; D’Amico 1999, pp. 103-104; Rossoni 2004, p. 37; Stanzani 2005, p. 84. Venezia (già), Semenzato, 12 ottobre 1986, lotto 234, Cristo passo, tempera e oro su tavola, cm 44,5 ∑ 28 (più cornice), bibliografia essenziale: Asta 1986, p. 235 lotto 234.

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1. Pseudo-Dalmasio, Crocifissione, Bologna, Pinacoteca Nazionale, inv. n. 215 2. Vitale da Bologna, Annunciazione, NativitĂ di Cristo, Bologna, Pinacoteca Nazionale, inv. nn. 6346-6350


3. Vitale da Bologna, Battesimo, Madonna col Bambino, Bologna, Pinacoteca Nazionale, inv. n. 6351 4. Vitale da Bologna, Deesis, part., Pomposa, chiesa dell’abbazia


5. Pittore bolognese, Giudizio finale, Pomposa, chiesa dell’abbazia 6. Andrea de’ Bruni, Battesimo, Pomposa, chiesa dell’abbazia


14. Maestro del 1333, trittico, Parigi, MusĂŠe du Louvre, inv. n. 20197 15. Vitale da Bologna, Crocifissione, Madrid, Museo Thyssen Bornemisza, inv. n. 425


16. Nicolò di Giacomo, Natività e annuncio ai pastori, libro d’ore, Kremsmünster, Benediktiner Stiftsbibliothek, ms. Cim. 4, c. 11r 17. Andrea de’ Bruni, Nozze di Cana, Pomposa, chiesa dell’abbazia


18. Maestro dei Polittici di Bologna, polittico, Bologna, Pinacoteca Nazionale, inv. n. 213 19. Vitale da Bologna, Incoronazione della Vergine, Budrio, Pinacoteca Civica


20. Pseudo-Dalmasio, Madonna col Bambino in trono e angeli, già New York, Sotheby’s, 06/06/2012, lotto 6


77. Pittore bolognese, Madonna che scherza col Bambino (c.d. Madonna dell’orecchio), Urbino, Galleria Nazionale delle Marche, inv. n. 1990 D 110 78. Pittore bolognese, Crocifisso tra i dolenti e santi, prima del restauro, già Venezia, Casa d’aste San Marco, 06/07/2008, lotto 45 79. Pittore bolognese, Pietà, Bologna, chiesa di San Giacomo Maggiore


regesto documentario

1. 1328, 24 gennaio phylyppus benvenuti, padre di Simone, è iscritto nella “venticinquina” della cappella di San Procolo nel quartiere di Porta Procola. ASBo, Vigintiquinquene, b. VII, Porta Procola 1247-1334 Bibliografia: inedito.

2. 1329 Denuncia d’estimo di Lippo di Benvenuto, padre di Simone. Lippo di Benvenuto calzolarius [...] Nichil. ASBo, Estimi, 1329 Bibliografia: Gibbs 1979, p. 563 nota 10.

3. 1331 phylyppus benvenuti, padre di Simone, è iscritto nella “venticinquina” della cappella di San Procolo nel quartiere di Porta Procola. ASBo, Vigintiquinquene, b. VII, Porta Procola 1247-1334 Bibliografia: inedito.

4. 1333, gennaio Lippus benvenuti, padre di Simone, è iscritto nella “venticinquina” della cappella di San Procolo nel quartiere di Porta Procola. ASBo, Vigintiquinquene, b. VII, Porta Procola 1247-1334 Bibliografia: inedito.

257


regesto documentario

5. 1334, gennaio lippus benvenuti, padre di Simone, è iscritto nella “venticinquina” della cappella di San Procolo nel quartiere di Porta Procola. ASBo, Vigintiquinquene, b. VII, Porta Procola 1247-1334 Bibliografia: inedito.

6. 1336, gennaio phylippus benvenuti, padre di Simone, è iscritto nella “venticinquina” della cappella di San Procolo nel quartiere di Porta Procola. ASBo, Vigintiquinquene, b. VIII, Porta Procola 1336-1354 Bibliografia: inedito.

7. 1338, gennaio lippus Benvenuti calzolarius, padre di Simone, è iscritto nella “venticinquina” della cappella di San Procolo nel quartiere di Porta Procola. ASBo, Vigintiquinquene, b. VIII, Porta Procola 1336-1354 Bibliografia: inedito.

8. 1341, gennaio Filippus q. benvenuti, padre di Simone, è iscritto nella “venticinquina” della cappella di San Procolo nel quartiere di Porta Procola. ASBo, Vigintiquinquene, b. VIII, Porta Procola 1336-1354 Bibliografia: inedito.

9. 1342, 9 gennaio Lippus benvenuti, padre di Simone, è iscritto nella “venticinquina” della cappella di San Procolo nel quartiere di Porta Procola. ASBo, Vigintiquinquene, b. VIII, Porta Procola 1336-1354 Bibliografia: inedito.

10. 1354 Magister Simon q. Philippi pictor è iscritto nella “venticinquina” della cappella di San Domenico nel quartiere di Porta Procola, insieme al fratello Stephanus qdm. Lipi armfeg ASBo, Vigintiquinquene, b. VIII, Porta Procola 1336-1354 Bibliografia: Baldani 1909, p. 460; Frati 1908-1909, p. 212; Filippini, Zucchini 1947, p. 209; Pini 1981, p. 365; Pini 2005, p. 57.

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regesto documentario

11. 1356, gennaio Simon pictor è iscritto nella “venticinquina” della cappella di San Domenico nel quartiere di Porta Procola. ASBo, Vigintiquinquene, b. IX, Porta Procola 1356-1403 Bibliografia: Filippini, Zucchini 1947, p. 209.

12. 1357, 25 gennaio Acquisto di una casa nella cappella di San Domenico, per il prezzo di 50 lire. ASBo, Provvisori, I, gabella, serie perg., vol. 25 Bibliografia: Pini 2005, p. 133 e nota 23.

13. 1358, gennaio Symon lippi è iscritto nella “venticinquina” della cappella di San Domenico nel quartiere di Porta Procola. ASBo, Vigintiquinquene, b. IX, Porta Procola 1356-1403 Bibliografia: inedito.

14. 1359, 9 gennaio Symon lippi è iscritto nella “venticinquina” della cappella di San Domenico nel quartiere di Porta Procola. ASBo, Vigintiquinquene, b. IX, Porta Procola 1356-1403 Bibliografia: inedito.

15. 1359, 4 febbraio Il pittore Simone di Filippo riceve la dote della futura moglie Donella dal padre di lei ser Gerardino di Giovanni e dal figlio di quest’ultimo Bitino. Iacobus Rolandi de Fantutiis notarius dotem tradidit per ser Gerardinum d. Iohannis et Bitinum eius filium Simoni cond. Philipi pictori de una petia terre vineate quatuor tornat. Et dimidium, cum meditate domus posite in guardia civitatis Bononie, estimate centum decem libr. bon. pro parte dotis domine Donele filie ser Gerardini et sponse et future uxoris dicti Simonis et confessus per dictum Simonem de quadraginta libr. bon. in pecunia pro complemento dotis predicte, hodie facto Bononie ad stationem Mini Thixini. Item predictus promisit, item per predictos ser Gerardum et Bitinum, dicto Simoni de XL libr. bon. ad unum annum causa mutui hodie facti ut supra, qui notarius notam dimixit. ASBo, Liber Provisorum, Memoriales Iohannis Francisci de Crespellano Bibliografia: Frati 1908-1909, pp. 218-219; Filippini, Zucchini 1947, p. 209; Pini 2005, pp. 57, 132 nota 17.

16. 1360, 24 gennaio Symon lippi pintoris è iscritto nella “venticinquina” della cappella di San Domenico nel quartiere di Porta Procola tra i «maiores viginti annos et minores septuaginta». ASBo, Vigintiquinquene, b. IX, Porta Procola 1358-1404 Bibliografia: Filippini, Zucchini 1947, p. 209.

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regesto documentario

70. 1390, 23 aprile Magister Simon q. Philippi civis Bononie de capella sancti Dominici affitta a Pietro di Andreolo e a Iacopo del fu Giovanni Bertuzzi due terre poste a San Giovanni in Triario, una di 25 tornature e una di 14, per 34 lire annue. ASBo, Archivio Notarile, notaio Azzone Buvalelli, 23.12, c. 154r Bibliografia: Filippini, Zucchini 1947, p. 215; Pini 2005, p. 132 nota 22.

71. 1391 60 lire d’imponibile denunciate per la persona di Simone di Filippo nel Ruolo d’estimo. ASBo, Estimi, s. I, b. 11, Porta Procola, c. 21v Bibliografia: Pini 2005, pp. 130-131, e tab. I, 134-135.

72. 1392 Ma gistrum Symonem pictorem è tra i confinanti dei terreni della pieve di San Giovanni in Triario con 42 tornature di terra prativa del valore complessivo di 180 lire. ASBo, Estimo di città e contado, s. IV, Estimo ecclesiastico 1392, I vol., cc. 389r-390r Bibliografia: Foschi 2009, p. 242.

73. 1393, 8 giugno Magister Simon q. Philippi pictor fa una donazione inter vivos. ASBo, Archivio Notarile, notaio Ludovico Codagnelli, b. 4 (non rintracciato) Bibliografia: Filippini, Zucchini 1947, p. 216.

74. 1393, 25 agosto Testamento del calzolaio Bonafè, che lascia a Simone 14 lire. Item iure legati magistro Simoni Lippi pictori 14 libras bononinorum [...]. ASBo, Archivio Notarile, notaio Ludovico Codagnelli, 21.5, 1393-1397, n. 103 Bibliografia: Filippini, Zucchini 1947, p. 216.

75. 1396, 26 febbraio Simone acquista una terra aratoria, erborata e vineata di 13 tornature con una casa sovrastante dotata di forno, posta a Varignana, per 180 lire. ASBo, Provvisori, I, gabella, serie perg., vol. 56 Bibliografia: Pini 2005, p. 133.

76. 1397 Denuncia d’estimo di Simone di Filippo pari a 269 lire. Bibliografia: Carrati, Estimi [XVIII sec.]; Pini 2005, pp. 130-131, e tab. I, 134-135.

272


regesto documentario

81. 1399, 27 settembre Pagamento da parte degli eredi di Simone pittore. Ab heredibus Simonis pictoris mutuante ut supra ducatos decem auri l. xviii. ASBo, Tesoreria, Entrate e spese, registro del 1398-99, c. 79r Bibliografia: Filippini, Zucchini 1947, p. 219.

82. 1426, 30 dicembre Testamento di Castellana, figlia olim magistri Symonis pictoris. Castellana, figlia olimi magistri Symonis pictoris e moglie di Bataglino del fu Giovanni Batagli della cappella di San Tommaso del Mercato fa testamento e lascia diversi legati, 16 lire pro mille missis e per i poveri, ceri per le chiese di San Tommaso e di San Lorenzo ecc...; istituisce erede universale suo marito. Archivio degli Ospedali di Bologna, Instrumenti, Libro 9, n. 122 Bibliografia: Filippini, Zucchini 1947, p. 21.

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bibliografia

testi manoscritti

Liber [XVI sec.]: Liber beneficiorum et Jurispatronatus in Civitate et Diocesi Bononie ex quodam vetustissimo camplono illorum de Muzzolis 1440 [XVI sec.], Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, ms. B 444. Malvasia, Felsina [XVII sec.]: C.C. Malvasia, Felsina pittrice, Bologna 1678, annotazioni autografe a margine [XVII sec.], Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, ms. B 1729. Malvasia, Scritti originali [XVII sec.]: C.C. Malvasia, Scritti originali del conte Carlo Cesare Malvasia spettanti alla sua Felsina pittrice [XVII sec.], Bologna Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, mss. B 16, B 17, ed. in C.C. Malvasia, Felsina pittrice. Lives of the Bolognese Painters, I, Early Bolognese Painting, Turnhout, Brepols, 2012, pp. 305-379. Cavazzoni, Corona di gratie [1608]: F. Cavazzoni, Corona di gratie e gratie, favori, et miracoli della gloriosa Vergine Maria, fatta in Bologna dove si tratta delle sue sante et miracolose immagini cavate dal suo naturale con i suoi principii [1608], Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, ms. B 298. Orlandi, Memorie [1697]: P. Orlandi, Memorie Universali spettanti al Convento di S. Martino Maggiore de Carmelitani della Congregazione di Mantova […] principiando dall’anno 1217 [1697], Bologna, Biblioteca Universitaria, ms. 231, cc. 35r-101v. Baruffaldi, Visita [XVIII sec.]: G. Baruffaldi, Visita delle pitture della terra di Cento, per istruzione del passeggiere, o de’ dilettanti del disegno [XVIII sec.], Cento, Archivio Storico Comunale, sez. III, vol. 159, fasc. 3, ed. in Visita alle pitture di Cento di Girolamo Baruffaldi. In appendice “Memorie istoriche” di Monteforti, a cura di T. Contri, L. Lorenzini, Cento, EDISAI, 2007, pp. 31-240.

279


bibliografia

Carrati, Estimi [XVIII sec.]: B.A.M. Carrati, Estimi estratti dall’Archivio di Stato [XVIII sec], Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, ms. B 123. Carrati, Estratti [XVIII sec.]: B.A.M. Carrati, Estratti dell’Archivio di S. Francesco [XVIII sec.], Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, ms. B 491. Carrati, Miscellanea [XVIII sec.]: B.A.M. Carrati, Miscellanea [XVIII sec.], Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, ms. B 450. Casolari, Notizie [XVIII sec.]: P.A. Casolari, Notizie diverse spettanti alli benefizi semplici e ressidenziali della città e diocesi di Bologna [XVIII sec.], Bologna, Biblioteca Universitaria, ms. 409. Oretti, Delle Pitture che esistevano [XVIII sec.]: M. Oretti, Delle Pitture che esistevano nelle Chiese della Città di Bologna [XVIII sec.], Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, ms. B 30. Oretti, Descrizione [XVIII sec.]: M. Oretti, Descrizione delle Pitture che sono state esposte nelle Strade di Bologna in occasione delli Apparati fatti per le Processioni generali del SS.mo Sagramento che si fanno ogni dieci anni in Bologna [XVIII sec.], Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, ms. B 105. Oretti, Le Pitture [XVIII sec.]: M. Oretti, Le Pitture che si ammirano nelli Palagi e Case de Nobili della Città di Bologna [XVIII sec.], Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, ms. B 104. Oretti, Notizie [XVIII sec.]: M. Oretti, Notizie de’ Professori del disegno [XVIII sec.], Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, ms. B 123. Oretti, Pitture [XVIII sec]: M. Oretti, Pitture delle Chiese fuori della Città di Bologna ne’ Suburbij e’ nelli Castelli, ed’ altre Chiese del Territorio Bolognese [XVIII sec.], Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, ms. B 110. Oretti, Raccolta [XVIII sec.]: M. Oretti, Raccolta di alcune marche e sottoscrizioni praticate da pittori e scultori [XVIII sec.], Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, ms. B 111, ed. anast. Firenze, SPES, 1983. Oretti, Tavola [XVIII sec.]: M. Oretti, Tavola de’ pittori [XVIII sec.], Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, ms. B 406. Orlandi, Ecclesiae et conventus P.P. Carmelitarum S. Martini Majoris civitatis Bononiae monumenta [1723]: P. Orlandi, Ecclesiae et conventus P.P. Carmelitarum S. Martini Majoris civitatis Bononiae monumenta [1723], Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, ms. B 996. Campione del convento [1755-19..]: Campione del convento dei Cappuccini del Monte Calvario di Bologna [1755-19..], Bologna, Archivio dei Cappuccini. Oretti, Pitture [1767]: M. Oretti, Pitture nelle Chiese della Città di Bologna [1767], Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, ms. B 30. Serie di varie immagini [1771]: Serie di varie immagini di Maria Santissima Madre del Divin Redentore [1771], Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, ms. Gozzadini A.V.M.I.14. Oretti, Le Chiese [1775]: M. Oretti, Le Chiese nella Città di Bologna nel suo Stato antico, e delle mutazioni di tante Pitture [1775], Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, ms. B 30.

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bibliografia

Stato del Convento [1784]: Stato del Convento dei reverendi Padri Minori Conventuali di San Francesco in Bologna, come si è trovato nell’anno 1784 con tutte le notizie ricavate da documenti autentici estratti dal loro Archivio [1784], Bologna, Archivio di Stato, Corporazioni religiose soppresse, Conventuali di San Francesco, 212/4344. Immagini [1800]: Immagini della B.V. Maria già per più secoli venerate in dodici chiese attorno alle mura della città di Bologna e ciò sino all’anno 1800 [1800], Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, ms. B 4426. Giordani, Descrizioni [XIX sec.]: G. Giordani, Descrizioni e notizie intorno alle pitture conservate altra volta nelle Pubbliche Chiese di Bologna ed ora nella Pontificia Pinacoteca [XIX sec.], Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, Manoscritti di Gaetano Giordani, cartone XXXIV, ms. dicc 48 n.n. Malaspina, Catalogo [1832-1835]: L. Malaspina di Sannazzaro, Catalogo in ordine cronologico dei quadri collocati nella sala a ciò espressamente eretta e destinata dal proprietario Mse. Luigi Malaspina di Sannazzaro [1832-1835], Archivio Storico Civico Pavia, Carte Malaspina. Pitture [1835]: Pitture della Raccolta del Conte Giovanni Battista Costabili di Ferrara, Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, ms. A 1324. Esposizione [1843], ed. 1997: Esposizione di anonimo dei quadri della raccolta di Giovanni Barbi Cinti (Ex-Ministro di Casa Costabili) [1843], Ferrara, archivio privato Bargellesi, ed. in Inventari d’arte. Documenti su dieci quadrerie ferraresi del XIX secolo, a cura di G. Agostini, L. Scardino, Ferrara, Liberty House, 1997, pp. 23-47. Maiocchi, Catalogo [1892]: R. Maiocchi, Catalogo in ordine cronologico dei quadri e degli oggetti d’arte e di curiosità raccolti nelle sale superiori del Museo Civico di Storia Patria di Pavia [1892], Civici Musei Pavia, ms. 4. Fiorentini, Catalogo [1896], ed. 1997: L. Fiorentini, Catalogo dei quadri della Galleria Santini [1896], Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea, Classe I, ms. 686,3, ed. in Inventari d’arte. Documenti su dieci quadrerie ferraresi del XIX secolo, a cura di G. Agostini, L. Scardino, Ferrara, Liberty House, 1997, pp. 218-223. Gaiani, La chiesa [1901]: P. Gaiani, La chiesa parrocchiale di San Martino Maggiore in Bologna [1901], Bologna, Archivio Parrocchiale di San Martino Maggiore. Malaguzzi Valeri, Guida [1928]: F. Malaguzzi Valeri, Guida della R. Pinacoteca di Bologna [1928], bozze a stampa corrette dall’autore, Polo Museale dell’EmiliaRomagna, Archivio Storico della ex SBSAE per le province di Bologna, Ferrrara, Ravenna, Forlì e Rimini. Pacchioni, Schede [1935-1936]: G. Pacchioni, Schede dipinti Fondazione Rossini [1935-1936], Archivio Musei Civici Pesaro. Franchini, L’Incoronazione [2001-2002]: C. Franchini, L’Incoronazione della Vergine attribuita a Simone dei Crocifissi presso la Pinacoteca Civica di Pesaro [20012002], corso di Storia dell’Arte Medievale, Scuola di specializzazione in Storia dell’Arte, Università degli Studi di Bologna, 2001-2002.

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bibliografia

testi a stampa

1568 Vasari 1568, ed. 1878: G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori scultori ed architettori, Firenze, Giunti, 1568, ed. a cura di G. Milanesi, II, Firenze, Sansoni, 1878. 1575 Patricelli 1575: F. Patricelli, Cronica della misteriosa & devota Chiesa, & Badia di s. Stefano di Bologna, Bologna, per Pellegrino Bonardo, 1575. 1622 Compendio 1622: Compendio Breve Dell’origine, manifestatione, gratie maravigliose, e progresso della miracolosa Imagine di S. Maria della Vita in Bologna, Bologna, per Theodoro Mascheroni & Clem. Ferroni, 1622. 1641 Bumaldo 1641: G.A. Bumaldo, Minervalia Bononiensium civium anademata, seu Biblioteca Bononiensis, Bologna, per l’erede di Vittorio Benacci, 1641. 1666 Masini 1666: A. Masini, Bologna perlustrata, Bologna, per l’erede di Vittorio Benacci, 1666, ed. anast. Sala Bolognese, A. Forni, 1986. 1678 Malvasia 1678, ed. 2012: C.C. Malvasia, Felsina pittrice vite de pittori bolognesi, Bologna, per l’erede di Domenico Barbieri, 1678, ed. come Felsina pittrice. Lives of the Bolognese Painters, I, Early Bolognese Painting, Turnhout, Brepols, 2012. 1681 Baldinucci 1681, ed. 1845: F. Baldinucci, Notizie de’ professori del disegno da Cimabue in qua, I, Firenze, per Santi Franchi, 1681, ed. a cura di F. Ranalli, Firenze, V. Batelli, 1845, ed. anast. Firenze, Studio per le edizioni scelte, 1974. 1686 Malvasia 1686, ed. anast. 1969: C.C. Malvasia, Le pitture di Bologna, Bologna, per Giacomo Monti, 1686, ed. anast. a cura di A. Emiliani, Bologna, ALFA, 1969. 1706 Le Pitture 1706: Le Pitture di Bologna, a cura di G.P. Zanotti, Bologna, per Piermaria Monti, 1706. 1714 Breve Compendio 1714: Breve Compendio Dell’Origine Manifestazione, Grazie Maravigliose, e Progresso della Miracolosa immagine di Santa Maria della Vita in Bologna, Bologna, Gio. Pietro Barbiroli, 1714. 1732 Le Pitture 1732: Le Pitture di Bologna, a cura di G.P. Zanotti, Bologna, Longhi, 1732.

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bibliografia

1747 Petracchi 1747: C. Petracchi, Della insigne abbaziale basilica di S. Stefano di Bologna, Bologna, D. Guidotti e G. Mellini, 1747. 1755 Le Pitture 1755: Le Pitture di Bologna, a cura di G.P. Zanotti, Bologna, Longhi, 1755. 1760 Cristiani 1760: G.F. Cristiani, Delle misure d’ogni genere, antiche, e moderne, Brescia, G. Bossini, 1760. 1776 Pitture 1776: Pitture, scolture ed architetture delle chiese, luoghi pubblici, palazzi e case della città di Bologna, Bologna, Longhi, 1776. 1782 Pitture 1782: Pitture, scolture ed architetture delle chiese, luoghi pubblici, palazzi e case della città di Bologna, Bologna, Longhi, 1782. 1785 Calzoni 1785: F. Calzoni, Storia della chiesa parrocchiale di Santa Maria in via Mascarella, Bologna, San Tommaso d’Aquino, 1785. 1792 Pitture 1792: Pitture, scolture ed architetture delle chiese, luoghi pubblici, palazzi e case della città di Bologna, Bologna, Longhi, 1792. 1803 Gatti 1803: G. Gatti, Descrizione delle più rare cose di Bologna, e suoi subborghi, Bologna, Sassi, s.d., ma 1803. 1814 Sgarzi 1814: L. Sgarzi, Memorie storiche dell’antica chiesa del Monte e delle immagini da quella trasportate al cimitero di Bologna, Bologna, Sassi, 1814. 1816 Bassani 1816: P. Bassani, Guida agli amatori delle belle arti, architettura, pittura, e scultura per la città di Bologna, suoi sobborghi, e circondario, t. I, parte I, Bologna, Sassi, 1816. 1820 Bianconi 1820: G. Bianconi, Guida del forestiere per la città di Bologna e suoi sobborghi, Bologna, per Annesio Nobili, 1820. 1821 Giornale 1821: Giornale a comodo di quelli che frequentano il cimitero di Bologna e la sua chiesa. Anno 1821, Bologna 1821. Sgarzi 1821: L. Sgarzi, Descrizione del cimitero di Bologna e della camera mortuaria in San Rocco per l’anno 1821, Bologna 1821.

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bibliografia

1823 Lanzi 1823: L. Lanzi, Storia pittorica della Italia dal risorgimento delle belle arti fin presso al fine del 18. sec., V, Milano, per Giovanni Silvestri, 1823. Séroux d’Agincourt 1823: J.B.L.G. Séroux d’Agincourt, Histoire de l’art par les monuments depuis sa décadence au IV siècle jusqu’à son renouvellement au XVI siècle, Paris, Treuttel et Würtz, 1823. 1826 Giordani 1826: G. Giordani, Catalogo dei quadri che si conservano nella Pinacoteca della Pontificia Accademia di Belle Arti in Bologna, Bologna, Nobili, 1826. 1827 Giordani 1827: G. Giordani, Catalogo dei quadri che si conservano nella Pinacoteca della Pontificia Accademia delle Belle Arti in Bologna, Bologna, Nobili, 1827. 1828 Giordani 1828: G. Giordani, Descrizione della Certosa di Bologna ora cimitero comunale, Bologna, Giovanni Zecchi, 1828. Memorie 1828: Memorie storiche di tutte le chiese distrutte o chiuse ne’ passati tempi con un cenno di alcune di esse state riaperte nella città di Bologna e suo contorno, Bologna, Ulisse Ramponi, 1828. 1829 Biografia 1829: Biografia universale antica e moderna, a cura di L.-G. Michaud, J.-F. Michaud, LIII, Venezia, Gio. Battista Missiaglia, 1829. 1835 Bianconi 1835: G. Bianconi, Guida del forestiere per la città di Bologna e suoi sobborghi, Bologna, Tip. di S. Tommaso d’Aquino, 1835. Giordani 1835: G. Giordani, Catalogo dei quadri che si conservano nella Pinacoteca della Pontificia Accademia delle Belle Arti in Bologna, Bologna, Nobili, 1835. 1838 Laderchi 1838: C. Laderchi, Descrizione della Quadreria Costabili. Parte prima. L’antica scuola ferrarese, Ferrara, Tipi Negri alla Pace, 1838. 1840 Rosini 1840: G. Rosini, Storia della pittura italiana esposta coi monumenti, I, Epoca prima: da Giunta a Masaccio, Pisa, N. Capurro, 1840. 1841 Bolognini Amorini 1841: A. Bolognini Amorini, Vite dei pittori ed artefici bolognesi, parte I, Bologna, Tipi Governativi alla Volpe, 1841, ed. anast. Sala Bolognese, Forni, 1978. Laderchi 1841: C. Laderchi, Descrizione della Quadreria Costabili. Parte terza. La scuola ferrarese nei Secoli XVII e XVIII. Parte quarta. Pittori d’altre scuole, Ferrara, Tipi Negri alla Pace, 1841.

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indice dei nomi

Alberto di Gerardino Guidotti, 266 Albornoz, Egidio, 57, 159 Albrighi, Luigi, 167 Aldini, Antonio, 101, 133 Aldrovandi, Niccolò, 83 n, 84 e n, 161 Aldrovandi, Pompeo, 83 e n, 116, 118, 121, 161, 168, 197 Alfieri, Roberta, 106 Aliventi, Roberta, 106 Altichiero, 34 n, 56 Alvarez, Ferdinando, 57 Andalò, Diana d’, 169 Anderson, Emily Jane, 115, 140, 176, 244 Andrea de’ Bartoli, 28, 34, 37, 38, 56, 57, 62, 77, 87, 239, 240, 251; fig. 12 Andrea de’ Bruni, 33, 37, 39, 53, 57 n, 74 n, 171, 173, 242, 245, 249; tav. CXLVIII; figg. 6, 8, 17, 39 Andrea di Bartolo, 141, 152, 163, 250, 251 Andreuccia di Guglielmo di Antonio, 268 Androino de la Roche, 57 Angiolini, Napoleone, 101 Arcangeli, Francesco, 23, 24 e n, 34 n, 35 n, 36, 37 e n, 38 e n, 43, 45 n, 58 e n, 94, 96, 97, 122, 123, 151, 192, 204, 220, 239, 241, 243, 247, 248, 249, 250, 251 Arslan, Edoardo vedi Arslan, Wart Arslan, Wart, 22-23, 23-24 n, 25, 26, 49 n, 60 n, 68 e n, 72 n, 90, 91, 92, 94, 103, 108, 111, 116, 120, 121, 123, 126, 127, 128, 129, 130, 134, 136, 138, 140, 141, 142, 143, 144, 145, 146, 148, 149, 153, 155, 156, 157, 158, 160, 161, 164, 172, 175, 179, 194-195,

195, 196, 201, 209, 214, 215, 216, 217, 218, 223, 229, 232, 252, 253 Astengo, Stefano Luigi, 94 Astorri, Emanuela, 57 n, 112, 115, 125, 126, 127, 128, 130, 239, 249 Atti, Gaetano, 256 Ausonio, 37 n Avanzi, Jacopo, 21, 28, 30, 34, 34-35 n, 35, 56, 57, 60, 61, 62, 65, 66 e n, 87, 118, 123, 135, 156, 159, 173, 187, 208, 241, 249, 250, 251, 253; fig. 41 Ayguani, Michele, 99 Bacci, Michele, 13 n, 73 n, 78 n, 123 Baisio, Guido da, 185-186 Baiso, Tommasino da, fig. 66 Baldani, Renato, 21 e n, 23 n, 24 n, 49 n, 94, 100, 110, 111, 134, 136, 137, 138, 139, 140, 141, 142, 145, 146, 149, 153, 155, 156, 161, 164, 172, 174, 175, 176, 196, 201, 211, 212, 223, 226, 227, 232, 245, 246, 248, 250, 251, 254, 258, 262 Baldinucci, Filippo, 20 e n, 111, 146, 254 Baldisserri, Luigi, 229, 230 Baraldi, Giuseppe, 83 n Barbi Cinti, Giovanni, 168 Bardini, Stefano, 244 Barelli, Agostino, 237 Baronzio, Giovanni, 74 e n, 92, 140, 164, 187; fig. 57 Bartocci, Andrea, 80 n Bartolomeo di Nicola Cavalieri, 269 Bartolomeo di Simone, 260

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indice dei nomi Baruffaldi, Girolamo, 172, 256 Bassani, Petronio, 93, 94, 105, 108, 213, 217, 252, 253, 254, 255 Bastelli, Augusto, 97, 248, 249 Bataglino di Giovanni Batagli, 273, 276, 278 Battistini, Silvia, 42 n, 46 n, 72 n, 91, 92, 189, 216, 217, 218, 227, 241 Bean, Jacob, 199 Bellini, Giovanni di Nicolò, 250 Bellosi, Luciano, 26 e n, 29, 34 n, 40 e n, 53 n, 136, 249, 250 Belting, Hans, 13 n, 17, 73 n, 149, 203, 205 Benati, Amedeo, 142 Benati, Daniele, 14 n, 15 n, 28 e n, 29 e n, 29-30 e n, 30, 31 n, 34 n, 35 e n, 36 n, 37 e n, 38 n, 39 e n, 40 e n, 41 e n, 42 n, 43 n, 44 e n, 50 e n, 56 n, 57 n, 62 n, 65 n, 67 n, 69 n, 74 n, 87 e n, 90, 92, 93, 94, 95, 98, 102, 103, 105, 107, 108, 110, 111, 114, 115, 116, 123, 124, 126, 127, 128, 129, 130, 132, 134, 136, 138, 139, 140, 146, 148, 149, 151, 152, 153, 155, 156, 159, 160, 161, 163, 164, 166, 168, 171, 172, 173, 174, 175, 176, 177, 178, 181, 186, 187, 188, 190, 195, 196, 197, 199, 200, 202, 204, 208, 209, 210, 214-215, 220, 223, 226, 227, 229, 232, 233, 235, 236, 238, 239, 241, 244, 245, 249, 250, 251, 252 Benevolo, Giancarlo, 43 n Benini, Laura, 172 Bentini, Jadranka, 172 Bentivoglio, Annibale, 101 Berenson, Bernard, 176, 182, 184, 235, 243, 250-251, 251, 252, 253 Bergamini, Wanda, 116, 146 Bergomi, Ombretta, 100, 107, 108 Bernardi, Gabriella, 238 Bernardini, Carla, 121 Bernardo di strada San Donato, 260 Bernath, Max, 23 n, 24 n, 94, 136, 137, 138, 153, 164, 174, 175, 196, 210, 223, 227, 239, 241, 250, 251, 254, 256 Bertrand de Deux, 51; fig. 37 Bertrand du Pouget, 106 Biagia di ser Bondo, 60, 144, 146, 267 Biagi Maino, Donatella, 98 Bianchi, Alberto, 260 Bianconi, Girolamo, 75 n, 103, 108, 115, 133, 213, 218 Biavati, Paolo, 114, 115, 120 Bietti Favi, Monica, 176 Bitino di Gerardino, 259 Bober, Jonathan, 90 Boccaccio, Giovanni, 13 Boggi, Flavio, 15 n, 31 e n, 37 n, 40 e n, 41 e n, 65 n, 67 n, 68 n, 86-87 e n, 95, 98, 100, 102, 103, 111, 120, 124, 126, 130, 137, 140, 146, 153, 156, 164, 166, 172, 178, 189, 204,

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215, 219, 231, 235, 243, 245, 249, 251, 252, 255, 264, 265, 267 Bolgia, Claudia, 80 n, 149 Bologna, Ferdinando, 16-17 n Bolognini, Bartolomeo, 114-115 Bolognini, Girolamo di Andrea, 112 Bolognini Amorini, Antonio, 94, 103, 111, 133, 136, 137, 138, 146, 213, 238, 254, 255 Bolognino di Borghesano, 114 Bombologno, 248 Bombologno del fu Nicolò Aymirici Strazaroli, 106 Bonacini, Zelindo, 92, 179, 194, 195, 226, 227 Bonafè, 272 Bonneval, Bernard, 148 Borghi, Beatrice, 111, 115, 126, 127, 128, 130 Bortolotti, Luigi, 230, 243 Boschetto, Antonio, 176, 178 Boschini, Giuseppe, 172 Bosi, Roberta, 166 Boskovits, Miklós, 13 n, 15 n, 36 n, 38 n, 42 n, 44 e n, 63 e n, 73 n, 104, 178, 180, 181, 187, 215, 251, 251-252, 252 Bowron, Edgar Peters, 166 Brach, Albert, 36 n, 153 Brandi, Cesare, 96, 97, 130, 153, 242 Brieger, Peter H., 253 Briganti, Aldo, 224, 226 Briganti, Giuliano, 252 Brigida di Svezia, 137, 208 Brockwell, Maurice Walter, 166 Brun, Robert, 71 n Brunelli, Enrico, 218 Buffalmacco, 40, 101 Buglioli, Nicolò, 260 Buitoni, Antonio, 104, 105, 106-107, 176, 213, 215, 244 Bumaldo, Giovanni Antonio (Ovidio Montalbani), 20 e n, 74 e n, 110, 111, 134, 142, 237, 238, 254, 255 Burckhardt, Jakob, 20 e n, 94 Buscaroli, Rezio, 114, 115 Buscaroli Fabbri, Beatrice, 118 Butler, Charles, 190 Buvalelli, Azzone, 266, 268, 272 Calori, Francesco, 95 Calzoni, Francesco, 213, 233, 234 Cammarota, Giampiero, 20 n, 97-98, 103, 133, 136, 137, 138, 139, 140, 141, 142, 143, 144, 145, 146, 151, 152, 153, 155, 156, 158, 160, 161, 163, 164, 213, 220, 248, 250, 251, 254, 256 Campanini, Graziano, 153 Campbell, C. Jean, 17 n Campori, Giuseppe, 21 n, 196 Cantalamessa, Giulio, 99-100, 100, 146, 156


indice dei luoghi

Ancona, 36 Arezzo, 19 Badia delle Sante Flora e Lucilla, 76 Collezione Salmi, 65 Museo Nazionale d’Arte Antica e Moderna, 65; fig. 50 Assisi, 50, 56 Basilica di San Francesco Chiesa inferiore, 34, 50; figg. 12, 33 Chiesa superiore, 50, 183 Athens (GA) Georgia Museum of Art, 89; tav. XLVII Austin (TX) Jack S. Blanton Museum of Art, 90, 173, 193, 209; tav. CIV Avignone, 71 n, 73, 76, 99, 106, 244 Basilica cattedrale di Notre-Dame-des-Doms, 99, 189 Musée du Petit Palais, 38 n, 69, 91, 117, 118, 177, 204, 217, 247; tav. CXXVII Baden bei Wien Collezione Suida, 90 Baltimora (MD) Walters Art Museum, 68, 86, 92, 93, 167, 177, 185; tav. LXXXVIII Berlino Collezione Japs, 226 Gemäldegalerie, 42, 187, 191; fig. 22 Lepke, 226 Bologna, 13, 14, 15, 17, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 26, 27, 28, 31, 33, 34, 35, 36, 37, 38 e n, 39 e n, 40, 43, 46 n, 49 n, 50, 51, 52, 53, 56, 57,

59, 61, 65, 66 e n, 67 e n, 68, 69, 71, 74, 75, 76, 77, 78, 79 e n, 80, 81, 85, 86, 87, 89, 91, 93, 96, 97, 99, 100, 101, 102, 104, 105, 106, 108, 109, 110, 111, 114, 116, 117, 119, 120, 121, 123, 126, 129, 131, 133, 134, 140, 141, 142, 143, 145, 146, 147, 148, 149, 151, 152, 157, 159, 160, 161, 164, 168, 170, 171, 174, 175, 177, 179, 180, 183, 184, 185, 186, 189, 190, 191, 201, 203, 208, 210, 211, 215, 216, 217, 225, 226, 228, 232, 234, 235, 236, 239, 240, 242, 243, 246, 247, 249, 250, 251, 252, 253, 264, 266, 267, 268, 274, 278 Accademia di Belle Arti, 20, 97, 99, 139, 141, 143, 145, 157, 158, 163, 220, 256 Archivio di Stato, 19 n, 23, 25, 38 n, 39 e n, 40, 41, 45, 46, 55, 60, 70, 75, 79 e n, 82-83, 83 n, 84 n, 94, 100, 105, 106, 110, 111, 112, 114, 116, 118, 121, 127, 133, 138, 145, 146, 159, 161, 168, 197, 223, 227, 234, 236, 240, 257, 258, 259, 260, 262, 263, 264, 265, 266, 266-267, 267, 267-268, 268, 269, 270, 270-271, 271, 272, 273-274, 275-277, 277, 278 Badia vedi Chiesa di Santa Maria Nuova Basilica di San Domenico, 62 n, 80, 87, 97, 119, 147, 151, 152, 163, 174, 189, 226, 247, 254, 264, 265, 273, 275, 277 Basilica di San Francesco, 85, 95, 96, 97, 112, 113, 155, 247, 267; fig. 64 Basilica di San Martino Maggiore, 63, 86, 98, 99, 100, 145, 175, 176, 178, 188, 191, 230, 248, 254, 256, 260, 275, 277; tav. LVIII

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indice dei luoghi Basilica di San Petronio, 8, 16, 28, 65, 66 e n, 67, 69, 71, 72, 82, 83 e n, 84, 85 e n, 86, 87, 91, 110, 114, 116, 117, 118, 121, 122, 124, 137, 156, 160, 161, 168, 174, 192, 193, 197, 206, 208, 210, 217, 219, 225, 226, 227, 238, 248, 255; fig. 66 Basilica di Santa Maria dei Servi, 27, 45 e n, 58, 75, 77, 96, 103, 104, 105, 106, 136, 176, 235, 242, 248, 249, 255; tavv. XIX-XX; fig. 31 Basilica di Santo Stefano, 110, 126, 129, 138, 228, 267 Chiesa dei Santi Vitale e Agricola, 59, 110, 112, 239; tav. CXXXIX Chiesa del Crocifisso, 59, 60, 80, 98, 109, 110, 111, 112, 123, 240, 249; tav. XLVIII Chiesa della Trinità, 27-28, 57 n, 58, 112, 113, 114, 119, 141, 249; tav. CXXXV; figg. 39-40 Chiesa del Santo Sepolcro, 227, 249 Chiesa di San Pietro vedi Chiesa dei Santi Vitale e Agricola Compagnia dei Lombardi, 28, 66, 67, 82, 84, 91, 115, 116, 118, 121, 155, 168, 173, 206, 225, 226; CXXI-CXXIV Cortile di Pilato, 249 Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, 46 n, 94, 112, 163, 228; fig. 69 Cattedrale di San Pietro, 79 n, 149 Chiesa dei Santi Bernardino e Marta vedi Chiesa di Santa Maria delle Pugliole Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo Minore, 74, 142, 255 Chiesa dei Santi Giacomo e Filippo di Savena vedi Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo Minore Chiesa dei Santi Leonardo e Orsola, 20, 64, 69, 81, 82, 85, 86, 156, 188, 192, 207, 216, 232 Chiesa dei Santi Naborre e Felice, 34 n, 150, 152 Chiesa della Madonna del Monte, 52, 60, 70, 71, 77, 80, 101, 102, 119, 133, 145, 146, 157, 158, 196, 267 Chiesa dell’Annunziata di Porta Stiera vedi Chiesa di Santa Maria delle Pugliole Chiesa della Santissima Annunziata a Porta Procula, 101 Chiesa dell’Ospedale di Sant’Onofrio, 75, 233, 234 Chiesa di San Bernardo del Borgo degli Arienti, 142 Chiesa di San Bernardo di Barberia, 142 Chiesa di San Giacomo di Savena vedi Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo Minore

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Chiesa di San Giacomo Maggiore, 21, 22, 24, 27, 39, 40, 55, 57, 58, 59, 63, 68, 69, 70, 70-71, 77, 78, 79 e n, 81, 85 e n, 87, 89, 90, 92, 93, 94, 97, 108, 109, 110, 119, 120, 123, 125, 144, 148, 151, 155, 158-159, 159, 160, 171, 173, 176, 184, 201, 203, 204, 216, 222, 224, 235, 241, 242, 247, 263, 271, 274; tav. XXXVII; figg. 61-62; fig. 79 Chiesa di San Giovanni Battista dei Celestini, 97 Chiesa di San Giovanni Battista del Mercato, 80, 111 Chiesa di San Giovanni in Monte, 78, 109, 171, 248; fig. 60 Chiesa di San Girolamo della Certosa, 101, 229 Chiesa di San Giuseppe dei Cappuccini, 97, 98 Chiesa di San Lorenzo, 278 Chiesa di San Mamolo, 163, 254 Chiesa di San Marco, 82 e n, 118, 152 Chiesa di San Michele dei Leprosetti, 56 n, 63, 105-106, 235; tav. CXXXVI Chiesa di San Michele del Mercato di Mezzo, 84, 116, 168, 206, 254 Chiesa di San Michele in Bosco, 104, 212, 213, 254, 262, 270 Chiesa di San Paolo in Monte, 101 Chiesa di San Procolo, 81, 127, 128, 228, 236; tav. CXXXVII Chiesa di San Salvatore, 22, 42, 43, 45 n, 51, 52, 53, 60, 69, 71, 80, 74, 76, 77, 82, 96, 101, 102, 129, 135, 143, 145, 146, 151, 164, 171, 174, 175, 195, 196, 203, 243, 244, 248; tav. XXXIII; figg. 21, 26, 36 Chiesa di Santa Cristina, 141 Chiesa di Santa Margherita, 255 Chiesa di Santa Maria della Carità, 97 Chiesa di Santa Maria della Mascarella, 213, 214, 233; fig. 74 Chiesa di Santa Maria della Misericordia, 67; fig. 54 Chiesa di Santa Maria della Vita, 28, 67 n, 236, 237, 238; tav. CXXXVIII Chiesa di Santa Maria delle Pugliole, 95, 96 Chiesa di Santa Maria di Galliera, 141 Chiesa di Santa Maria di Mezzaratta, 19, 20, 21, 23, 27, 29, 30, 33, 35 e n, 36, 37, 43 n, 45, 46 e n, 47, 48, 49, 51, 52, 53, 55, 56 n, 57, 59, 64, 73, 75, 96, 102, 104, 106, 110, 114, 129, 130, 131, 132, 133, 134, 135, 136, 139, 140, 142, 151, 164, 170, 171, 172, 181, 182, 183, 184, 191, 220, 228, 235, 239, 240, 241, 243, 249, 262 Chiesa di Santa Maria Incoronata, 25, 63, 64, 68, 91, 100, 107, 108, 126, 128,


indice dei luoghi 148, 155, 156, 159, 174, 177, 189, 195, 196, 199, 200, 201, 211, 216, 218, 219, 223, 224, 226, 228, 231, 232; tav. LVII; fig. 70 Chiesa di Santa Maria Maddalena degli Orfanelli vedi Chiesa di Santa Maria Maddalena di Via Mascarella Chiesa di Santa Maria Maddalena di Via Galliera, 98, 242 Chiesa di Santa Maria Maddalena di Via Mascarella, 75, 233, 234, 255 Chiesa di Santa Maria Maggiore, 119 Chiesa di Santa Maria Nuova, 34 n, 37, 74, 97 Chiesa di Sant’Andrea degli Ansaldi, 236 Chiesa di Sant’Andrea dei Piatesi, 96 Chiesa di San Tommaso del Mercato, 255, 278 Cimitero della Certosa di Bologna, 95, 96, 119, 242, 248, 249; tav. XVI; fig. 67 Collegio di Santa Croce, 65, 102 Collegio di Spagna, 19, 57, 159, 263 Collegio Montalto, 97 Collezione della Provincia di Bologna, 251 Collezione Gozzadini, 64, 65, 116, 138, 166, 168, 179, 201, 210, 211, 217, 224, 225, 226, 232; fig. 72 Collezione Paolucci, 162, 195; tav. LXXIX Collezione privata, 221; tavv. XXIV, XXVI Collezione Rambaldi, 168 Collezioni Comunali d’Arte, 28, 46 n, 58, 60, 64, 79, 80, 114, 119, 120, 121, 179, 189, 221, 228, 241, 249; tavv. XXXVIII-XXXIX, XCIV; figg. 42, 44, 49 Collezioni di Arte e Storia della Fondazione Carisbo, 31, 84, 96, 121, 122; tavv. CXXXIII-CXXXIV Conservatorio di Musica Giovan Battista Martini, 100 Convento dell’Annunciata del Borgo Orfeo, 108 Convento di San Domenico, 141, 163, 254, 274, 275, 277 Convento di San Francesco, 235, 254 Convento di San Giacomo Maggiore, 100, 115, 274 Convento di San Giuseppe dei Cappuccini, 60, 97, 98, 109; tav. XLIX Convento di San Martino Maggiore, 99, 274, 277 Fabbriceria di San Petronio, 82, 91, 116, 117, 118; tavv. LXXXV-LXXXVI Fototeca Zeri, 44 n, 65, 168, 180, 181, 192, 193, 224, 226, 227, 231, 233, 242, 247; tavv. XXXVIII-XXXIX, LVI, LXVI, CXXVI Galleria Fondantico, 187

Istituto delle Scienze, 137, 139, 141, 143, 145, 152, 155, 158, 160, 220 Istituto Zoni vedi Chiesa di Santa Maria Incoronata Monastero di San Michele in Bosco, 155 Monastero di San Procolo, 81, 126, 127, 145, 268 Monastero di Sant’Agnese, 61, 79, 157, 158, 159, 169 Monastero di Santa Maria delle Vergini, 82, 156 Monastero di San Vitale, 97, 163 Museo Civico Medievale, 13, 30, 104, 115, 238 Museo Davia Bargellini, 21, 24, 27, 28, 31, 36, 39, 40, 42, 46 e n, 47, 48, 52, 55, 57, 58, 59, 60, 61, 63, 67, 68, 77, 78, 86 n, 89, 91, 101, 102, 108, 119, 120, 122, 123, 124, 134, 138, 143-144, 144, 148, 151, 154, 158, 166, 171, 173, 184, 193, 199, 201, 214, 216, 222, 230, 235, 240, 241, 246; tavv. XXXIV, CXXXI; fig. 13 Museo della Storia di Bologna vedi Collezioni di Arte e Storia della Fondazione Carisbo Museo di San Domenico, 67 Museo di San Giuseppe dei Cappuccini, 97, 98, 238 Museo di Santo Stefano, 29, 43, 63, 65, 66, 81 e n, 86 n, 102, 110, 117, 124, 125, 126, 127, 128, 129, 154, 171, 196, 218, 228, 236, 243, 249; tavv. VII, LV, LXI, LXXXIII-LXXXIV, CXIII Oratorio della Madonna dei Denti vedi Oratorio di Sant’Apollonia Oratorio di Sant’Apollonia, 46 n, 47, 60 Ospedale della Nosadella, 228 Ospedale di Santa Maria della Morte, 274, 277 Ospedale di Santa Maria della Vita, 236, 237, 238, 274, 277 Ospedale di Sant’Onofrio, 75, 233, 234 Palazzo Bolognini, 255 Palazzo Fava, 31 Palazzo Hercolani, 217 Palazzo Poggi, 143 Palazzo Pubblico, 119 Pinacoteca della Pontificia Accademia di Belle Arti vedi Pinacoteca Nazionale Pinacoteca Nazionale, 15, 19, 20, 21 e n, 22, 23 e n, 25, 27, 29, 30, 33, 34 n, 35 e n, 36, 37, 38 e n, 39, 40, 41 e n, 43 e n, 44, 45, 46 e n, 47 e n, 48 e n, 49, 50 e n, 51, 52, 53, 55, 56 e n, 57, 58, 59, 60, 61, 63, 64, 65, 66, 68, 69, 70, 71, 73, 74, 75, 76, 77, 78, 79, 82 e n, 84, 85, 86 e n, 90, 92, 93, 96, 97, 100, 101, 102, 104, 106,

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indice dei luoghi 110, 114, 115, 117, 118, 123, 124, 125, 125126, 128, 129, 130, 131, 132, 133, 134, 135, 136, 137, 138, 139, 140, 141, 142, 143, 144, 145, 146, 147, 148, 149, 150, 151, 152, 153, 154, 155, 156, 157, 158, 159, 160, 161, 162, 163, 165, 166, 167, 168, 170, 171, 172, 173, 176, 179, 180, 181, 181-182, 182, 183, 184, 186, 188, 190, 191, 192, 193, 194, 195, 196, 197, 198, 199, 201, 202, 204, 205, 207, 208, 211, 213, 214, 216, 217, 219, 220, 221, 222, 223, 224, 226, 227-228, 228, 230, 232, 233, 235, 238, 239, 240, 241, 242, 243, 246, 247, 249, 250, 251, 254, 256, 267; tavv. I-III, IXXV, XXIII, XXVIII-XXXII, XXXV, XL-XLIII, L, LXVIII-LXXI, CVIII, CXIV-CXVII, CXL-CXLIV; figg. 1-3, 9-11, 18, 30, 34, 38, 43, 48, 58, 68, 71 Rambaldi, fig. 72 Residenza del Sale, 238 Romitorio di Ronzano (Villa Gozzadini), 179, 201, 211, 226, 227, 232 Vendita Ippolito Rosini, 256 Via del Borgo di San Pietro, 255 Via San Vitale, 255 Bolzano Chiesa di San Domenico, 51; fig. 35 Bordeaux Cattedrale di Sant’Andrea, 214; fig. 76 Bruxelles Collezione Somzée, 166 Budapest Collezione Von Nemes, 256 Budrio Pinacoteca Civica Domenico Inzaghi, 21, 39, 41, 43, 73, 74, 129, 139, 140, 142, 162, 163, 164, 181, 190, 191, 214, 220; tav. III Cambridge (MA) Fogg Art Museum, 165, 166, 199, 233; tav. XLIV Carpi Collezione Foresti, 28, 82, 196, 197; tav. CXVIII Città del Vaticano Biblioteca Apostolica Vaticana, 51; fig. 37 Pinacoteca Vaticana, 42, 104, 213, 254; fig. 25 Crema Collezione Stramezzi, 66 Crevalcore, 81, 269 Chiesa di San Silvestro, 28, 67 n, 242, 243; tav. CXLV Detroit (MI) Institute of Arts, 86 e n, 166, 167; tav. LXXXVII

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Dublino Collezione Murnaghan, 187 Edimburgo National Gallery of Scotland, 30, 44, 175, 198, 204, 243, 244; tav. CXLVI Eltville Collezione Gräfin von Francken-Sierstorpff, 198 Fermo Pinacoteca Comunale, 33, 34, 36, 57 n, 74 n, 171, 172; fig. 8 Ferrara, 186 Biblioteca Ariostea, 183 Collezione Barbi Cinti, 168, 256 Collezione Costabili, 170, 222, 223, 245 Collezione Santini, 223, 245, 256 Collezione Valli, 168 Convento del Corpus Domini, 170, 171, 172 Pinacoteca Nazionale, 22, 23 n, 27, 28, 35 n, 43, 59, 66, 69, 72, 74 n, 75, 82, 91, 115, 116, 118, 129, 143, 167, 168, 169, 170, 171, 172, 173, 182, 183, 184, 190, 191, 206, 217, 221, 231; tavv. XXI, XLV-XLVI, CXX Fiesso di Castenaso Chiesa di San Pietro, 237, 238 Oratorio della Gazza, 237 Firenze, 15 n, 36 n, 40, 41, 42, 44, 53, 62, 64, 65, 71 n, 73, 102, 104, 160, 175, 180, 181, 185, 190, 191, 233 Basilica di Santa Croce, 104 Basilica di Santa Maria Novella, 15, 29, 34 e n, 41, 191 Chiesa di Santa Maria Maggiore, 214 Collezione Acton, 63, 178, 188, 230, 231; tav. CVI Collezione Albrighi, 167 Collezione Contini-Bonacossi, 89 Collezione De Clemente, 199 Collezione Ergas, 179; tav. LXXVIII Collezione Longhi vedi Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi Collezione privata, 194, 243 Collezione Sacrati Strozzi, 173 Collezione Salocchi, 180 Collezione Spinelli, 65, 82, 86, 179, 180; tavv. LXXVI-LXXVII Collezione Ventura, 212 Collezione Volterra, 179 Finarte Semenzato, 252 Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi, 30, 43, 44, 50, 86 e n, 135, 175, 176, 177, 178, 181, 198, 204, 209, 246; tavv. XVII, CX-CXI; fig. 32 Fototeca Berenson, 166, 252


Finito di stampare nel mese di gennaio 2018 per conto della casa editrice Il Poligrafo presso le Grafiche Socˇ a di Nova Gorica





biblioteca di arte

1. L’Incontro di Fromont e Gerart e il suo restauro a cura di Franca Pellegrini 2. Maria Beatrice Autizi La moda nell’arte. Percorsi nella pittura a Padova 3.

Andrea Brustolon: opere restaurate. La scultura lignea in età barocca a cura di Anna Maria Spiazzi e Marta Mazza

4.

Tempo e Ritratto. La memoria e l’immagine dal Rinascimento a oggi a cura di Caterina Virdis Limentani e Novella Macola

5. Maria Beatrice Autizi Moda e arte nel Trecento. Lusso, fasto e identità al tempo dei Carraresi 6.

Il codice miniato in Europa. Libri per la chiesa, per la città, per la corte a cura di Giordana Mariani Canova e Alessandra Perriccioli Saggese

7.

Maria Vittoria Spissu Il Maestro di Ozieri. Le inquietudini nordiche di un pittore nella Sardegna del Cinquecento

8.

Laura Pasquini Diavoli e Inferni nel Medioevo. Origine e sviluppo delle immagini dal VI al XV secolo

9.

Chiara Ponchia Frammenti dell’Aldilà. Miniature trecentesce della Divina Commedia

10. Francesca Cortesi Bosco Viaggio nell’ermetismo del Rinascimento. Lotto Dürer Giorgione 11.

Il libro miniato e il suo committente. Per la ricostruzione delle biblioteche ecclesiastiche del Medioevo italiano (secc. XI-XIV) a cura di Teresa D’Urso, Alessandra Perriccioli Saggese, Giuseppa Z. Zanichelli

12. Uno sguardo verso nord. Scritti in onore di Caterina Virdis Limentani a cura di Mari Pietrogiovanna 13. Marta Nezzo Ugo Ojetti, critica, azione, ideologia. Dalle Biennali d’arte antica al Premio Cremona 14. Giuliana Tomasella Esporre l’Italia coloniale. Interpretazioni dell’alterità 15. Gianluca del Monaco Simone di Filippo detto “dei Crocifissi”. Pittura e devozione nel secondo Trecento bolognese




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