iWRECKS. Questioni, metodi, scenari di trasformazione per i relitti industriali

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univercity ricerca progettuale per la cittĂ research by design for the city 01



UniverCity ricerca progettuale per la città research by design for the city collana diretta da | series directed by Luigi Stendardo | Università degli Studi di Napoli Federico II Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale

comitato scientifico | scientific committee Luigi Coccia | Università degli Studi di Camerino Scuola di Architettura e Design

Carlos Dias Coelho | Universidade de Lisboa Presidente da Faculdade de Arquitetura

Pasquale Mei | Politecnico di Milano Dipartimento di Architettura e Studi Urbani

Anna Bruna Menghini | Sapienza Università di Roma Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale

Emanuele Palazzotto | Università degli Studi di Palermo Dipartimento di Architettura

Valerio Palmieri | Università degli Studi Roma Tre Dipartimento di Architettura

Maria Rubert de Ventós | Universitat Politècnica de Catalunya Escola Tècnica Superior de Arquitectura de Barcelona Department d’Urbanisme i Ordenació del Territori

Luigi Siviero | Università degli Studi di Padova Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale

Xiaochun Yang | Shenzhen University School of Architecture & Urban Planning Department of Urban Planning

UniverCity intende selezionare e pubblicare ricerche universitarie nel settore della progettazione architettonica, urbana e del paesaggio, che abbiano la città – intesa in senso estensivo di spazio antropizzato – come campo di indagine, ambito di applicazione o impatto, e che siano fondate sul progetto come strumento metodologico e come prodotto della ricerca scientifica. Nel dibattito intorno alla possibilità di considerare e valutare il progetto come prodotto della ricerca, la collana si offre come tavolo di confronto per la comunità scientifica. UniverCity aims to select and publish academic research in the field of architectural, urban, and landscape design, which consider the city – according to its wider meaning of man-made space – as field of investigation or scope where impacts are expected, and which are based on design as a methodological tool and outcome of scientific research. In the framework of a debate dealing with the hypothesis that design may be considered and assessed as an outcome of scientific research, this book series is committed to act as a round table for the academic community.


iWRECKS Questioni, metodi, scenari di trasformazione per i relitti industriali

a cura di Stefanos Antoniadis Enrico Redetti

ILPOLIGRAFO


Questo volume è pubblicato con il contributo di fondi dell’Università degli Studi di Padova e del POR-Fondo Sociale Europeo della Regione Veneto

I contributi sono sottoposti alla double-blind peer review All contributions are subject to a double-blind peer review

Le traduzioni dei saggi di Sérgio Padrão Fernandes - João Silva Leite e di João Rafael Santos sono a cura di Enrico Redetti progetto grafico di collana Il Poligrafo casa editrice redazione: Sara Pierobon copyright © dicembre 2019 Il Poligrafo casa editrice 35121 Padova via Cassan, 34 (piazza Eremitani) tel. 049 8360887 fax 049 8360864 e-mail casaeditrice@poligrafo.it ISBN 978-88-9387-111-2 ISSN 2704-7776 www.poligrafo.it


indice

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il ruolo della regione del veneto nella programmazione europea santo romano

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il progetto di ricerca iWRECKS stefanos antoniadis, enrico redetti

temi e strategie

18

proiettare visioni per orientare decisioni luigi stendardo

24

le aree produttive del nord est michelangelo savino

32

rigenerazione urbana e demolizione creativa bruno barel

38

strategie per le comunità urbane e produttive claudio bertorelli

54

l’interruzione di uso e la risignificazione dei “relitti” industriali carlos dias coelho, raffaele spera

62

per una lettura operante dei frammenti industriali o l’esercizio sperimentale dell’analogia sérgio padrão fernandes, joão silva leite

76

recupero e riutilizzo di edifici industriali dismessi per il vertical farming gabriella funaro

82

recupero industriale e circular economy maria cristina lavagnolo


88

modelli BIM per la rappresentazione e la riqualificazione del patrimonio industriale dismesso giuseppe d’acunto

94

interventi di miglioramento per edifici industriali prefabbricati in calcestruzzo armato carlo pellegrino, flora faleschini, mariano angelo zanini

intervallo

102

aree industriali a lisbona: traiettorie di (tras)formazione joĂŁo rafael santos

112

nostalgia, progresso, obsolescenza. viaggio nel nord est industrializzato stefano savoia, luigi siviero

scenari e visioni

128

il lavoro sulla forma come antidoto all’obsolescenza stefanos antoniadis, pablo dos reis costa

146

GIS e analisi urbana per aree produttive dismesse enrico redetti, guglielmo pristeri

154

il BIM nella gestione dei rifiuti da demolizione rachele a. bernardello, paolo borin, rachele malesani

164

tipologie strutturali dei capannoni industriali del secondo dopoguerra in italia elisa de stefani, jaime h. gonzalez-libreros

172

traiettorie e prospettive per la trasformazione del patrimonio industriale stefanos antoniadis, enrico redetti

178

referenze fotografiche

179

abstracts

187

bibliografia

189

il progetto iWRECKS

191

ringraziamenti


iWRECKS Questioni, metodi, scenari di trasformazione per i relitti industriali



il ruolo della regione del veneto nella programmazione europea santo romano direttore area capitale umano, cultura e programmazione comunitaria regione del veneto

Tutte le politiche dell’Unione Europea, negli ultimi anni, si stanno sempre più orientando verso paradigmi di sviluppo sostenibile, partendo dal presupposto, ormai ampiamente condiviso, che la crescita economica deve tenere in considerazione gli obiettivi della sostenibilità ambientale, favorendo l’adozione di nuovi modelli “alternativi” di economia incentrata sulla persona. Sulla stessa linea, l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite adottata nel 2015 dai leader mondiali costituisce il nuovo quadro universale di sviluppo sostenibile globale e stabilisce 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS). L’impegno si incentra su eliminare la povertà e conseguire uno sviluppo sostenibile a livello mondiale entro il 2030, garantendo che nessuno rimanga escluso. Gli OSS puntano a un equilibrio fra le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile: l’elemento economico, quello sociale e quello ambientale. In questo contesto il ruolo della Regione del Veneto è quello di definire le proprie politiche finanziando iniziative volte a garantire, anche nel territorio regionale, il raggiungimento degli obiettivi promossi nella Programmazione europea, e in particolar modo lo sviluppo di un’economia sempre più sostenibile, una maggiore diffusione di iniziative di innovazione sociale e il sostegno alla ricerca e ai giovani ricercatori. Relativamente a quest’ultimo tema, anche nel 2018 la Regione del Veneto, confermando un impegno ormai pluriennale, ha finanziato lo strumento “Assegni di ricerca - La ricerca a sostegno della trasformazione aziendale - Innovatori in azienda”, nell’ambito del quale è stato approvato il progetto “iWRECKS _ Industrial Wrecks: Reusing Enhancing aCKnowledging Sheds”, oggetto di questa pubblicazione, che ha affrontato specificamente i diversi temi previsti dagli Assegni di ricerca e collegati alle macro-traiettorie “Edifici e città intelligenti e sostenibili” e “Recupero, rigenerazione e restauro architettonico”. 9


Sempre nello stesso ambito di riqualificazione e valorizzazione del patrimonio, con l’obiettivo di promuovere il territorio con tutte le sue peculiarità, non solo storiche, artistiche e paesaggistiche ma anche legate al patrimonio aziendale del nostro sistema produttivo, la Regione del Veneto ha finanziato nel 2017 e nel 2018 due iniziative a favore delle botteghe e degli atelier aziendali volte a sostenere le eccellenze del made in Veneto mediante la tutela della loro eredità culturale e l’esperienza museale, così da rafforzare il legame tra il territorio e gli attori socioeconomici che hanno ideato impresa, creato valore e favorito la crescita economica, sociale e culturale della regione. Con il termine “innovazione sociale”, altro obiettivo da raggiungere attraverso la programmazione regionale, si fa riferimento all’applicazione di nuove idee (in merito a prodotti, servizi e modelli) in grado di rispondere in maniera efficace e sostenibile ai bisogni e alle esigenze sociali, secondo un approccio del tutto alternativo rispetto al passato, in cui differenti attori interagiscono e collaborano insieme a beneficio della società nel suo complesso, promuovendo nello stesso tempo la capacità di agire della stessa. È proprio all’interno di tale quadro che la Regione del Veneto, attraverso l’iniziativa “NS2. Nuove Sfide Nuovi Servizi. Strumenti di innovazione sociale”, ha inteso promuovere interventi di ricerca-azione sui temi dell’innovazione sociale, in grado di favorire la diffusione di una nuova cultura per lo sviluppo dell’inclusione sociale, mediante la promozione di percorsi di creazione del lavoro da realizzarsi nell’ambito di modelli innovativi a impatto sociale, di economia collaborativa e circolare. Un altro tema che la Regione ha voluto affrontare, collegato a quello più ampio di innovazione sociale, è la cosiddetta “fuga dei cervelli” (brain drain). A maggio 2018 è stata approvata un’iniziativa (“INN Veneto. Cervelli che rientrano per il Veneto del futuro - Progetti di innovazione sociale”) che, accogliendo le spinte della stessa Commissione Europea collegate alla mobilità di lavoratori e studenti, ha inteso proporre un cambio di paradigma nel concetto di brain drain, promuovendo, invece, i concetti di brain exchange e di brain circulation. Attraverso questo strumento il Veneto, con l’obiettivo di diventare una regione leader nell’innovazione e, a maggior ragione, nell’innovazione sociale e sostenibile, ha voluto specificamente favorire la creazione di un “mercato” dell’innovazione: ciò significa che le aziende e i centri di ricerca devono orientarsi verso produzioni o servizi ad alto tasso di ricerca e innovazione, attenti anche a pratiche sostenibili dal punto di vista economico, sociale e ambientale, in grado di attrarre e trattenere personale qualificato.

10  santo romano | il ruolo della regione del veneto nella programmazione europea


“Visioni per il patrimonio industriale”, il convegno di lancio del progetto di ricerca POR FSE iWRECKS tenutosi in Sala Zairo, sede dell’Ordine degli Architetti P.P. e C. della Provincia di Padova, il 17 gennaio 2019

santo romano | il ruolo della regione del veneto nella programmazione europea  11



il progetto di ricerca iWRECKS stefanos antoniadis*, enrico redetti*

Il tema della rigenerazione di aree ed edifici industriali dismessi è tornato ad essere centrale nel dibattito politico e urbanistico del Nord Est, e in particolare del Veneto, in seguito alla recente crisi economica globale che ha aggravato e reso più evidenti gli effetti di un declino già in atto nel tessuto produttivo della regione a partire dagli anni ’90. Il modello economico basato sulla piccola e media impresa ha di fatto mostrato alcuni gravi limiti in un mercato sempre più globalizzato e interconnesso. Il risultato di questo processo è un’eredità “ingombrante” in termini sia edilizi che economici in un contesto territoriale che si è andato via via saturando con manufatti sempre più spesso vuoti e con scarse prospettive di riutilizzo, sia a causa di una localizzazione nella maggior parte dei casi periurbana o rurale, sia per una bassa qualità delle realizzazioni in termini costruttivi, architettonici, energetici. Questi wrecks, relitti industriali alla deriva in un contesto in generale rallentamento, costituiscono oggi l’oggetto di un’importante sfida per un territorio che ha sempre fatto della produttività il proprio punto di forza, prima in forma agricola e poi industriale. In Veneto i fabbricati produttivi abbandonati sono circa 11.000. In termini economici, i capannoni dismessi corrispondono pressappoco a 3,9 miliardi di euro di risorse inutilizzate, 7,9 miliardi calcolando l’indotto della possibile riqualificazione delle strutture (fonte: Confartigianato Veneto). Tali dati vanno intersecati con quelli sul consumo di suolo che nella Regione si manifestano con primati nazionali: il 12,4% della superficie regionale risulta consumato, rispetto alla media nazionale del 7,64% nel 2018 (Munafò 2019). Veduta aerea della Zona Industriale di Padova (ZIP)

*

Università degli Studi di Padova, Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale (ICEA). 13



temi e strategie


proiettare visioni per orientare decisioni luigi stendardo*

La prassi delle azioni che dovrebbero governare le trasformazioni urbane, che costituisce il precipitato di un paradigma teorico di matrice analitico-razionalista e determinista, è tuttora efficacemente descrivibile come una dinamica a cascata piano-progetto. Lascito di una visione fondata su un modello deduttivo che procede dal generale al particolare – e quindi nel campo delle trasformazioni dello spazio antropizzato dalle scale territoriali verso quelle di dettaglio –, questa prassi metodologica e operativa trova ancora solidi ancoraggi nell’apparato normativo, nella distribuzione delle competenze tecniche e amministrative degli attori preposti al controllo e alla realizzazione degli interventi di trasformazione, e nel pensiero quotidiano di stakeholder e cittadini, e permane, dando prova di tenace e sorda resilienza, anche a fronte di radicali superamenti del modello teorico che l’aveva generata. Secondo questa dinamica, il progetto dello spazio fisico e dei nuovi manufatti architettonici, o delle trasformazioni di quelli esistenti, è l’ultimo ed eventuale step di un lungo, e spesso elefantiaco, processo che non sempre, o meglio quasi mai, si conclude così come era stato programmato, per molte evidenti ragioni. Si tratta di fatto di un processo che tende a modellare come lineari e unidirezionali dinamiche che sono tutt’altro che lineari e unidirezionali; dinamiche complesse condizionate da un impressionante numero di variabili, che assumono valori diversi con velocità non uniformi caratterizzate da repentine accelerazioni, con il risultato che, a meno di non avere una divinatoria capacità di previsione, difficilmente il modello riesce ad anticipare e controllare i processi, anzi si trova spesso a doverli

* 18

Università degli Studi di Padova, Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale (ICEA).


Fotogramma da Stalker, film di Andrej Tarkovskij del 1979; spazio de La Zona, al di lĂ del cordone di sicurezza governativo Ex Montedison di Legnago (VR), scenario di trasformazione (fonte iWRECKS)

luigi stendardo | proiettare visioni per orientare decisioni  19


rigenerazione urbana e demolizione creativa bruno barel*

Conservazione e demolizione

La demolizione è un atto creativo, se è guidata dall’intelletto, affidata a mano sapiente, e disvela bellezza. Demolire non è un bene assoluto, ma l’esito di una scelta responsabile e difficile, che richiede di distinguere ciò che merita di essere conservato da ciò che merita di essere eliminato, per liberare il suolo sottostante o per usarlo in modo diverso. È una scelta che esprime la cultura del tempo e i valori di riferimento. Il XX secolo sarà ricordato in Italia anche per l’emersione di un pensiero alto, nel segno del riconoscimento, della conservazione e della valorizzazione dei beni culturali, concepiti come patrimonio comune custodito e alimentato da ogni generazione e affidato come eredità morale e civile a quelle che verranno. Un percorso lungo e travagliato, dalle leggi del 1939 fino al Codice dei beni culturali e paesaggistici e ai Piani territoriali e paesaggistici, ripreso dalla legislazione e pianificazione veneta con ulteriori misure di protezione di beni e paesaggi identitari. Demolire non è antitetico alla conservazione e valorizzazione dei beni culturali e del paesaggio, cioè della nostra storia e identità comunitaria. Al contrario, può rappresentarne modernamente un nuovo potente presidio, proattivo anziché difensivo.

* Università degli Studi di Padova, Dipartimento di Diritto Pubblico, Internazionale e Comunitario (DiPIC). 32


Ex Tabacchificio di Sanguinetto (VR) Volumi abbandonati a Stradella (MN) Ex Miralanza in ZIP (PD), interno

bruno barel | rigenerazione urbana e demolizione creativa  33


strategie per le comunità urbane e produttive claudio bertorelli*

Taccuino di metodo

Vorrei partire da un presupposto. Sono anni che la faglia culturale su un certo modo di fare città ha ripreso energia provocando smottamenti di opinione, perfino dibattiti equivoci e rotture intellettuali, ma anche grandi opportunità e visioni. Infatti, dopo il secolo veloce della sintassi urbanistica, chiamata nel dopoguerra a standardizzare e omologare ogni metro quadrato di spazio pubblico, ad alzare rigidi confini tra una funzione e l’altra, tra una proprietà e l’altra, tra una comunità e l’altra, ecco che ritorna il bisogno di costruire immaginari, di dare un sapore ibrido ai luoghi che abitiamo; o a quelli che mai abbiamo abitato perché il protocollo normativo nemmeno lo contemplava. Se quella di ieri era la “città alfabetica” fondata sulla zonizzazione, quella di oggi vuole più prosaicamente essere una “città di relazione” che guarda agli immaginari sovrapposti nei testi di Italo Calvino, che non si accontenta di facili scorciatoie digitali da smart city o da rammendo, ma insegue piuttosto modelli di alta sartoria urbana. È una città che finalmente non teme il confronto alla pari con l’articolo 9 della Costituzione, perché il Paesaggio è quello che tu fai, è movimento (non più solo un perimetro verde da tutelare), è tutti quei luoghi in cui la comunità manifesta una capacità consapevole di agire. Il sociologo Aldo Bonomi ci ha abituati a leggere il diario geografico di questo nuovo “arcipelago del capitalismo” territoriale in movimento. Un diario nel quale scoprire nuove rotte e nuovi alfabeti per raccontare le nostre città, tra paradossi e realtà; nel quale rientrano a pieno titolo anche le placche industriali moltiplicate

* 38

Aspro Studio.

La proposta per la città toscana di Capannori, elaborata nel 2016 in occasione del concorso “Masterplan Capannori Città - una comunità, quaranta paesi”, è pensata come un processo rifondativo per i quattro nuclei originari di Lunata, Capannori nuova, Capannori fondativa e Tassignano. Da svolgersi non secondo i criteri della zonizzazione ma secondo quelli dello smart land, per i quali è più importante il gradiente con il quale si manifestano i vari scenari urbani che non le singole destinazioni d’uso dei lotti. Nel passaggio dalla “città attuale” alla prima ipotesi di “città circolare” si vede con chiarezza la perturbazione determinata dall’approccio non deterministico del masterplan; perché ciò che conta è appunto far interagire i sistemi, non garantire una destinazione d’uso fissa ad ogni scampolo di suolo pubblico e/o privato; mettere in forza il ruolo delle direttrici est-ovest rappresentate dai canali irrigui (perché sono di appoggio ad un importante sistema di mobilità lenta), non l’estensione senza disegno delle tracce carrabili (fonte Aspro Studio e CZ Studio)


claudio bertorelli | strategie per le comunità urbane e produttive  39


44  claudio bertorelli | strategie per le comunità urbane e produttive


Masterplan Parco Sociale Soligo. Alcuni schemi riassuntivi del programma complesso di analisi, della time-line di lavoro e degli “scenari aperti” non vincolanti posti alla base dell’accordo pubblico-privato sottoscritto ai sensi dell’art. 6 LR 11/2004 (fonte Aspro Studio)

claudio bertorelli | strategie per le comunità urbane e produttive  45


Alcune immagini del primo edificio recuperato nell’ambito del Masterplan Parco Sociale Soligo. Lo spazio interno ospita la sede dell’archivio storico di Latteria Soligo, la cui attività è seguita da risorse umane messe a disposizione nell’ambito di un progetto di reinserimento sociale condiviso con l’Ulss locale (fonte Aspro Studio)

46  claudio bertorelli | strategie per le comunità urbane e produttive


ogni ragionamento condiviso sulla rigenerazione urbana del comparto alla preventiva demolizione di parte dei 40 fabbricati esistenti, con ovvio rifiuto da parte del secondo. Il Masterplan ha proposto la “mossa del cavallo” di sospendere la trattativa tradizionale sulle destinazioni d’uso possibili (sulle quali ormai il rischio di equivoco politico e contenzioso legale sono altissimi) e di coinvolgere il decisore pubblico in una strategia di lavoro collettiva, organizzata per programmi e scenari sociali sartorializzati sulle reali vocazioni dei singoli volumi edilizi. Le dorsali urbane come nuovo sistema di riferimento e di mediazione tra la città esistente e le sue ricomposizioni

I nuovi obiettivi di urbanità si declinano dunque ripartendo dal valore strategico che da sempre hanno in Italia lo spazio aperto e vuoto (che, come ricorda Wim Wenders, «consente agli uomini di farsi un’idea della città») e, solo per successiva conseguenza, i volumi edilizi. Per questo è importante indagare se vi siano negli interventi di ricucitura tra le placche industriali totalmente o parzialmente dismesse e il tessuto urbano consolidato la possibilità di insediare nuove dorsali capaci di ricreare il “cardo” e il “decumano” fondativi per un uso rinnovato dello spazio. Di questo abbiamo trattato in diversi casi concreti. Ad esempio in un luogo fascinossimo come l’Area Ex Pagnossin a Treviso, definita un tempo La Ceramica, piccola città produttiva che ora ambisce a rinnovare la propria vocazione di centralità. Vi sono previste tre dorsali di spazio aperto lungo le quali si caricano di senso gli stessi fabbricati. La dorsale Nord è un giardino dinamico disteso su un movimento topografico del terreno che ingloba l’unico asse viario di collegamento al sistema dei parcheggi interni. La dorsale Centrale – detta Pottery Line – rappresenta l’asse pedonale principale che attraversa l’intera area da via Noalese a sud alla pista ciclopedonale Treviso-Ostiglia a nord. La dorsale Sud è costituita da una sequenza di nuove piazze urbane lungo via Noalese. Il valore potente della dorsale urbana è stato affrontato anche nella proposta progettuale per la valorizzazione della Fiera Campionaria di Padova, dove l’orizzonte politico spinge per una sua annessione più quotidiana alle logiche della città. Ma anche nel caso di Adige Docks Verona, il processo di rigenerazione urbana del comparto ferroviario a Verona Est che per vent’anni ha ospitato il più importante presidio di approvvigionamento ferroviario del Nord Italia e che rappresenta un caso tipico in cui città e produzione si sono dati le spalle per decenni, divisi da un muro muto e invalicabile. All’interno del perimetro due grandi docks meccanizzati e lo spazio aperto per i vagoni ferroviari; all’esterno un tessuto urbano consolidato e popoloso, ma aggirato dai flussi viari principali. In fronte ad

claudio bertorelli | strategie per le comunità urbane e produttive  47


La sequenza temporale del programma di riuso Adige Docks ha preso avvio con la generazione di uno spazio pubblico temporaneo che ha introdotto la prima piazza del quartiere a Porto San Pancrazio (Verona). A breve prenderà avvio il cantiere di realizzazione della grande dorsale urbana di ricucitura agli altri nuclei popolosi della città (fonte Aspro Studio)

48  claudio bertorelli | strategie per le comunità urbane e produttive


claudio bertorelli | strategie per le comunità urbane e produttive  49


per una lettura operante dei frammenti industriali o l’esercizio sperimentale dell’analogia sérgio padrão fernandes*, joão silva leite*

Design, if understood as transfer, is never an invention in a void, never a tabula rasa, but rather the further development of existing principles and system already renowned for their qualities. Christ, Gantenbein 2012

La città europea si trova all’inizio del XXI secolo in un momento di inversione del processo di crescita. Si moltiplicano i casi in cui ci si prefigge di ricucire le cesure prodotte dalle infrastrutture materiali e immateriali, di mobilità e di comunicazione, dall’impatto dell’atomizzazione dell’edificato sul territorio, dalla scala dei nuovi programmi di sviluppo – quelli industriali, solo per fare un esempio – e dalla discontinuità dello spazio urbano. Nel contesto di inversione di questo fenomeno, la ricontestualizzazione di frammenti di edificato secondo nuove logiche aggregative e la ricerca di un’identità estetica per la città possono configurarsi come una nuova ipotesi di ricerca. Questa deve, combinando la consapevolezza dei processi di formazione urbana con le discipline del disegno e della composizione, tornare a rivendicare innanzitutto i valori della cultura e dell’arte. La ricerca da noi affrontata nasce dalla necessità di intravedere un futuro per i resti di strutture industriali – obsolete, abbandonate o passibili di riuso – e dalla volontà di identificare all’interno del contesto, lato sensu, una soluzione al problema. In questo senso, si è cercato di attribuire un carattere operativo all’esercizio di lettura, per rivelare relazioni analoghe tra tessuti urbani di diverse origini temporali e, soprattutto, per esplorare la possibilità di trasferimento nel progetto delle caratteristiche qualitative riconosciute nei tessuti esistenti (Christ, Gantenbein 2013).

* 62

Universidade de Lisboa, Faculdade de Arquitetura (FA).


Layer per la lettura della cittĂ (tutte le elaborazioni grafiche riprodotte nel saggio sono iWRECKS)

s. padrão fernandes, j. silva leite | per una lettura operante dei frammenti industriali  63


aree industriali a lisbona: traiettorie di (tras)formazione joão rafael santos*

Ragioni territoriali

Una condizione infrastrutturale Il processo di industrializzazione della regione di Lisbona si è sviluppato a partire dalla seconda metà del XIX secolo, con l’implementazione di varie politiche di sviluppo economico, infrastrutturale e di adeguamento tecnologico, e in particolare attraverso la realizzazione della rete ferroviaria nazionale, a partire dal 1856, e con la costruzione dei grandi complessi portuali di Lisbona nell’ultimo decennio del secolo. Un nuovo impulso in questa direzione si è registrato negli anni dal 1940 al 1960, come risultato dell’investimento nell’industria pesante, prevalentemente nel settore energetico, metalmeccanico e chimico, in un contesto ancora fortemente connotato da un’economia di stampo coloniale. In queste condizioni, lo sviluppo industriale di maggior dimensione si è sempre localizzato in funzione delle infrastrutture di accessibilità (ferroviarie e portuali) e di approvvigionamento (di acqua ed energia), secondo logiche di agglomerazione di scala. L’occupazione del territorio è avvenuta, quindi, in maniera selettiva, specializzata, prevalentemente concentrata e condizionata dalla dotazione infrastrutturale. Una mappatura delle aree industriali attualmente dismesse o già riconvertite a Lisbona rivela una geografia particolare dei poli produttivi che si possono classificare in nodi – aree di intersezione di reti differenti in territori relativamente delimitati (come nei casi di Alcântara, Barreiro o Margueira) – e assi – aree in cui è più evidente la presenza di diverse direttrici infrastrutturali che si associano definendo corridoi a grande potenziale (come succede nel fronte fluviale nella *

102

Universidade de Lisboa, Faculdade de Arquitetura (FA).


zona orientale di Lisbona e a Vila Franca de Xira, a nord). In ogni caso, l’articolazione di questi territori è determinata dallo sfruttamento delle risorse e dalle reti logistiche dei loro hinterland e foreland. La formazione e la trasformazione industriale è, in tal modo, espressione immediata di dinamiche economiche e territoriali (nazionali e internazionali) che trovano nella regione di Lisbona il proprio “snodo” funzionale. La parcellizzazione fondiaria come matrice dell’organizzazione urbana

nelle pagine successive Aree urbana e metropolitana di Lisbona, con la localizzazione delle aree visitate dai ricercatori iWRECKS (fonte iWRECKS)

Nel quadro di un’economia relativamente fragile e con risorse limitate, il processo di industrializzazione a Lisbona tende ad appoggiarsi su scala territoriale all’organizzazione fondiaria preesistente. Con l’eccezione dei grandi insediamenti produttivi concentrati a Barreiro (complesso CUF) e a Margueira (i cantieri navali Lisnave), l’antica parcellizzazione fondiaria del territorio resiste e guida le trasformazioni funzionali, come risulta evidente con la conversione di strutture conventuali, palazzi e casolari agricoli a usi produttivi. Il risultato è un tessuto relativamente organico in cui sono riconoscibili diversi assetti storici e tipologici sovrapposti e sedimentati, in particolare nei territori di Alcântara e lungo il fronte fluviale orientale di Lisbona (da Santa Apolónia a Matinha). Anche nei manufatti localizzati a Sacavém, a Póvoa de Santa Iria o a Ginjal, è riconoscibile un’occupazione incrementale, parcellare, decisamente organizzata dalle condizioni topologiche e idrografiche, supportata da elementi infrastrutturali relativamente semplici (piccole banchine e moli, viabilità capillare, piccole centrali private per la produzione di energia). A Barreiro e a Margueira, dove c’è stata la capacità di aggregare diverse parcelle per realizzare grandi bacini di carenaggio su aree fluviali e in alcune zone umide, l’organizzazione spaziale segue una logica più regolare, modulare e razionale, a cui corrisponde una minore ricchezza di stratificazioni e mix morfo-tipologici e funzionali. Si tratta di grandi superfici sviluppatesi in maniera autonoma rispetto al tessuto urbano e sociale in cui si inseriscono. Un’eccezione è costituita dalla zona industriale di Olivais/Cabo Ruivo, a Lisbona, definita dagli assi dell’Avenida Marechal Gomes da Costa e dell’Avenida Infante Dom Henrique, dove si è avuto un processo di urbanizzazione pianificato e attuato nel corso dei decenni dal 1940 al 1960. La parcellizzazione prodotta da questo processo presenta una scala e un’organizzazione compatibili con gli usi urbani; sono state realizzate vie di collegamento che definiscono relazioni chiare con il contesto circostante e vi si può registrare una notevole qualità architettonica e di relazione urbana. Come si avrà modo di vedere nel suo processo di adattamento post-industriale, questa matrice fondiaria risulta particolarmente interessante per riconoscere le traiettorie di adattamento e riutilizzo di questi spazi.

joão rafael santos | aree industriali a lisbona: traiettorie di (tras)formazione  103


104  joão rafael santos | aree industriali a lisbona: traiettorie di (tras)formazione


joão rafael santos | aree industriali a lisbona: traiettorie di (tras)formazione  105


Libreria ricavata all’interno dei locali di una ex tipografia, con la conservazione in loco dei macchinari, all’interno del complesso della LX Factory (LX01) Demolizioni all’interno di una corte urbana nel quartiere di Beato, nella zona orientale di Lisbona (LX04) Alcuni edifici del grande complesso della “Manutenção Militar” interessato da un grande e dibattuto progetto di rigenerazione (LX05)

106  joão rafael santos | aree industriali a lisbona: traiettorie di (tras)formazione


Un capannone dismesso. Nonostante l’area di Parque das Nações sia stata rigenerata, poco distante vi è ancora la presenza di grandi complessi industriali dismessi e aree abbandonate (LX06) Accesso a un ex spazio produttivo, ora riconvertito alla funzione commerciale, nel quartiere di Alvalade (LX08) Spazi della produzione riconvertiti a funzioni residenziali e terziarie, nel quartiere di Alvalade (LX08)

joão rafael santos | aree industriali a lisbona: traiettorie di (tras)formazione  107


Capannoni SIT in ZIP a Padova

122  stefano savoia, luigi siviero | viaggio nel nord est industrializzato


Deposito ex Montedison a Legnago, Verona

stefano savoia, luigi siviero | viaggio nel nord est industrializzato  123



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