diritto veneziano
Ivone Cacciavillani
il polesine veneziano
ilpoligrafo
diritto veneziano
collana diretta da Ivone Cacciavillani
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Ivone Cacciavillani
Il polesine veneziano Pagine di vita
ilpoligrafo
Comitato scientifico Ivone Cacciavillani, Foro di Venezia Claudio Carcereri de Prati, Università di Padova Giuseppe de Vergottini, Università di Bologna Renzo Fogliata, Foro di Venezia Davide Rossi, Università di Trieste
progetto grafico Il Poligrafo casa editrice Laura Rigon copyright © dicembre 2015 Il Poligrafo casa editrice 35121 Padova - via Cassan, 34 (piazza Eremitani) tel. 049 8360887 - fax 049 8360864 e-mail casaeditrice@poligrafo.it isbn 978-88-7115-924-9
INDICE
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Prefazione
11 I. Il Polesine e Venezia 12 Ambiente e territorio 13 L’ordinamento estense 14 L’ordinamento veneziano
17 II. L’Abbazia della Vangadizza. 1609: dieci mesi al centro del mondo
18 Il quadro storico 19 I protagonisti 20 Le questioni giurisdizionali 23 L’abbazia in commenda 25 La successione abbaziale 28 Il consultore Sarpi 30 La composizione 31 La congiuntura internazionale 33 Un bilancio 35 Poscritto
37 III. Le cernide 37 Cambrai 38 Le cernide 40 La prima organizzazione del contado
41 IV. la comuna di grignano 41 Diritti collettivi e feudalesimo 44 L’investitura feudale del secolo xv 46 I caratteri peculiari della Comuna 47 La Comuna e le Regole
49 V. L’amministrazione delle acque 50 Il magistrato alle acque 50 La pubblicità delle acque 52 Irrigazione e bonifiche 54 La prassi e le sanatorie 55 Il “collaudo sul campo” 58 Appendice
61 VI. Un contenzioso idraulico 62 Il procedimento “amministrativo” 63 La fase giudiziale 64 L’appello 65 Gli avvocati
67 VII. Le risaie 67 Il tema forse più coinvolgente 69 Le relazioni 72 Le leggi di blocco 76 Appendice
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Postfazione
il polesine veneziano
prefazione
Nella tormentata vicenda dell’approdo del Polesine a Venezia, il biennio 1513-1515 rappresenta l’ultimo episodio di guerra; poi anche per la terra dei fiumi comincia – ma più esatto sarebbe dire ricomincia perché per qualche decennio del Quattrocento c’era già stata – il periodo della Dominazione , destinata a durare per tre secoli, fino al tremendo zorno del dodeze, quel 12 maggio 1797 in cui, per voto in Maggior Consiglio, la Serenissima Repubblica di Venezia decise di scomparire dalla storia. Una presenza – quella della Dominante – che non si limitò a disseminare di Leoni alati le città e i borghi, ma che avviò quella politica del territorio che – pur con i limiti e le contraddizioni di una tecnica ancora primitiva e che proprio in terra polesana doveva affinare i suoi strumenti d’intervento poi esportati in larga parte del mondo – l’ha veramente ricreato. Un ripensamento dei temi di sempre: la presenza delle grandi abbazie; le imponenti opere di bonifica con lo straordinario esperimento del coinvolgimento diretto della gente del posto alla sorte della propria terra con le grandi opere di sistemazione fluviale, con la “guerra dei fiumi”, con le cernide e, sia pure in sede locale, con la Comuna di Grignano; con le “contese di Retratto” da sempre in atto, pur con alterne – talora dolorose – vicende, e la tutela ecologica dei lavoratori delle “risare”. Parlarne come fatti di storia ma anche come fatti di vita; artefici della “polesinità” d’oggi. Pare opportuno precisare in apertura che l’uso dei termini “Dominazione”, “Dominio”, “Dominante” riprende la terminologia ufficiale e curiale dell’epoca, senza alcuna allusione a elementi di colonialismo come certi sedicenti storici vorrebbero loro attribuire.
I. Il Polesine e Venezia
Il Polesine fu l’ultima delle Terre approdata sotto le ali del leone marciano e vi pervenne per tramiti assolutamente inusitati rispetto a tutte le altre acquisizioni e conquiste. Dopo le tormentate vicende quattrocentesche la Repubblica Serenissima, diventata con le dedizioni del biennio d’oro (1404-1406) uno dei più importanti Stati della penisola, venne travolta dal turbine della Guerra di Cambrai (1509-1616), il più terribile evento vissuto dalla Repubblica, giunta a un passo dall’estrema rovina. Nei terribili rivolgimenti di quella guerra, il Polesine fu al centro delle vicissitudini più cruente, con innumerevoli cambiamenti di fronte e conseguenti distruzioni e saccheggi, coinvolto in vicende e traversie inenarrabili. Rovigo era ridotto uno scheletro; amici e nemici a gara n’aveano succhiato il sangue. I migliori fuggiti, i rimasti impoveriti, disanimati. Finché nell’agosto 1515, Donato da Lezze provveditore ripristinò il dominio veneto che non cessò più sopra Rovigo e Polesine. Il Governo, come nelle altre città così nel Polesine, restava indipendente e nazionale, lasciando i Veneti alle città e Province l’autonomia necessaria allo svolgimento delle economiche istituzioni, ai miglioramenti campestri e edilizi, alla beneficenza, alla civiltà; governo mite e paterno non di nome solo, che cercava il bene dei soggetti. Per la storia militare e politica non si può che rinviare al principe degli storici della Repubblica, G. Cappelletti, Storia della Repubblica di Venezia dal suo principio sino al giorno d’oggi, 13 voll., Venezia, Nel Privil. Stabilimento nazionale di G. Antonelli editore, 1851, VII; per inquadramento della crisi cambraisiana nella storia della Repubblica, rinvio al mio Crisi di ordinamento nella Serenissima, Noventa Padovana, Panda, 2012. Il termine “civiltà” va inteso nell’accezione tecnica dell’epoca, di regime di cittadinanza dei residenti; riferimenti e inquadramento nel mio L’altra Venezia. Impiego, impresa, lavoro nell’ordinamento della Serenissima, Noventa Padovana, Panda, 2011. F.A. Bocchi, Il Polesine di Rovigo, Adria, s.e., s.d. [1861], p. 111.
capitolo primo
ambiente e territorio Nel periodo che qui interessa, dalla fine del Medioevo al tremendo zorno del dodeze, il Polesine è sempre stato terra di confine. A sud era dominato dal Po, il re dei fiumi, sulle cui sponde fiorirono civiltà, si combatterono battaglie e si consumarono autentici drammi storici. Per tre secoli – tutta la Dominazione – è stato il confine dei Domini; cessate le guerre sul campo contro gli Estensi di Ferrara, almeno nominalmente feudatari del Papa, fu al centro dei più aspri conflitti politici con la Curia romana attorno all’abbazia della Vangadizza, il suo più celebre monumento. Serve esso fiume alla navigazione importantissima di Lombardia, ma come è sommamente carico d’acque e di torbide, produce respettivamente due perniziosi effetti: l’uno si è che corrode le rive e riduce gli argini ove colpisce e indi ne seguono rotte; ne’ tempi passati è più volte sensibilmente accaduto essendosi pure in questi tempi sofferta quella gravissima dell’anno 1725, 8 novembre, successo ne’ siti di Contarina, Bonandina, e Pesara, che diede molto da agitare e dispendiare per ripararla. L’altro effetto nocivo si fa conoscere dal prolungamento delle sboccature de’ rami in mare per gl’imbonimenti che sopravengono.
Fu oggetto dei più estesi e radicali interventi di bonifica da parte di pressoché tutte le grandi casate veneziane. Rovigo, ben centrata nella regione, originariamente vicus romanus, poi villa, curtis, feudo dei Vescovi Conti fortificato tra il 920 e il 954, libero comune per breve periodo e quindi territorio degli Estensi, viene da questi ceduto ai padovani nel 1310 assieme a Lendinara, Badia con annessi i loro territori. Già nel 1322 il Polesine torna dominio degli Estensi ai quali rimane in possesso con alterne vicende fino alla morte di Alberto d’Este (1393), quando i ferraresi sono costretti a cedere per cinque anni il Polesine a Venezia, quale malleveria per ottenere dalla Serenissima il richiesto prestito di 50.000 ducati – boni auri et iusto pondere – con cui sollevare la drammatica situazione delle loro casse pubbliche. Nicolò III d’Este, senza aver saldato il debito, riuscì nell’ottobre del 1404 a riconquistare la regione con l’aiuto del suocero Francesco Carrara, ma solo per pochi mesi fino cioè alla riconquista veneziana del marzo successivo. Analoghi tentativi di riconquista furono respinti da Venezia fino a che nel 1438, condonato il debito restante (erano stati pagati solo 18.000 ducati) la regione fu di nuovo ceduta agli Estensi per evitare che questi si alleassero con Visconti e Gonzaga allora in Il dato è tratto dall’opera principe dell’idraulica veneziana (e non solo): G. Rompiasio, Metodo in pratica di sommario o sia compilazione delle leggi, terminazioni & ordini appartenenti agl’Illustrissimi & Eccellentissimi Collegio e Magistrato alle Acque, edizione ufficiale del 1733; rist. anast. a cura di G. Caniato, Venezia, Giunta Regionale del Veneto, 1988, p. 307.
il polesine e venezia
lotta con Venezia. La guerra di Ferrara con la conseguente pace di Bagnolo (7 agosto 1484) sancì il ritorno del vessillo di San Marco su tutto il Polesine di Rovigo, mentre Adria veniva restituita agli Estensi. Ma le guerre dovevano continuare a devastare un paese pur ripetutamente provato dallo straripamento disastroso dei suoi potenti fiumi. La guerra, detta della Lega di Cambrai, vide alternativamente Rovigo e territorio conquistati e perduti tra le parti contendenti, fino a che sul finire del 1514 definitivamente il Polesine passava sotto il dominio della Serenissima, mentre Adria si era spontaneamente “data” a Venezia fin dal 18 dicembre 1509. Da allora alla caduta della Repubblica patrizi veneziani eletti dal Maggior Consiglio rappresenteranno la città lagunare nei centri più grossi, mentre al Rettore di Rovigo, con titolo prima di Capitano Generale di Rovigo e del Polesine e poi Podestà e Capitano e Provveditore Generale, spetterà la sorveglianza militare, amministrativa e giudiziaria su tutto il territorio.
Quest’arrivo “tardivo” rispetto al resto dei Domini dello Stato da Terra influì non poco sull’assetto costituzionale della nuova Terra e sulla mentalità, più sociale e culturale che effettiva e reale, che a lungo condizionò lo sviluppo del Polesine. Il passaggio dal dominio ferrarese, improntato a un marcato feudalesimo, in cui i territori dominati erano più oggetto di sfruttamento che comunità operanti in autonomia, a quello veneziano, ispirato e condizionato dal radicale rispetto delle autonomie “locali”, immise ex abrupto delle comunità sparse in un territorio abbastanza vasto e a bassa densità abitativa in un clima non suo, lasciandole indietro rispetto allo stato e all’assetto delle altre Terre dei Domini; il che avvenne anche sotto il profilo dell’organizzazione delle funzioni pubbliche di base, tra cui quelle oggi definite amministrative e giudiziarie. l’ordinamento estense La lunga e travagliata permanenza del Polesine sotto la sovranità del duca di Ferrara condizionò ovviamente anche il suo assetto “civile”, portandolo a modellarsi in analogia – essendo ispirato dagli stessi principi – con quello dello Stato di cui faceva parte. L’intero Stato, a sua volta, era condizionato nella sua organizzazione “pubblica” dalle norme dello statuto della città di Ferrara, che recava disposizioni per la città e per l’«amplissima nostra Repubblica». Lo statuto dell’urbs, dove T. Fanfani, Relazioni Podestaria e Capitanato di Rovigo, introduzione del VI volume della splendida collana delle “Relazioni dei Rettori veneti in Terraferma”, a cura di A. Tagliaferri, edita a Milano da Giuffrè, nell’arco degli anni dal 1973 al 1982, qui VI (1976), p. XVI.
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20,00
ISBN 978-88-7115-855-6