Il segno della domenica N°24

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il segno della domenica

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LAVORO&...

una settimana di articoli scelti per voi www.ilsegnonews.it


AMBIENTE

il segno della domenica n°24

PROGETTO LAST, SI PARTE

ARRIVATI I SOLDI DALLA REGIONE. DA GENNAIO IL VIA ALLE CANDIDATURE

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anti i temi presentati durante il Consiglio Comunale di oggi a Vado Ligure ma su tutti spicca il problema occupazione. Una boccata di ossigeno per coloro che hanno perso il lavoro. Così il progetto LAST (Lavoro, Ambiente, Solidarietà, Territorio) entra nel vivo. Ma oltre i soldi della Regione in arrivo anche parte di 200 mila euro da parte del Comune di Vado Ligure che derivano da un avanzo di bilancio. Cifra, ancora da decidere, che andrà sommata ai 516 mila euro stanziati dalla Regione con Fondi Europei che sono arrivati in Comune. Quest'ultimo, insieme alla partnership dell'amministrazione quilianese, li prenderà in carico per poi procedere alla fase più strettamente operativa: il reclutamento dei sessanta lavoratori, residenti a Quiliano e Vado, che si occuperanno della manutenzione del territorio, partendo dai boschi fino ad arrivare alle spiagge. Di questi sessanta lavoratori, assunti per 24 mesi attraverso work esperiences, ne verranno poi scelti una dozzina che saranno assunti a tempo indeterminato e inseriti in una nascente cooperativa. «Dato il momento di crisi -precisa Piero Borgna, assessore ai Servizi Sociali del Comune di Vado Ligure- l'attenzione su LAST è alta, l'interesse da parte dei lavoratori in cassa integrazione, in mobilità, fuoriuscenti da aziende in crisi o non più giovanissimi, è massima e siamo contenti di essere arrivati finalmente a una svolta». Il progetto L.A.S.T nato sulle ceneri dell'incendio di Natale

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Così a partire dai primi mesi del prossimo anno uscirà un bando che determinerà con precisione i requisiti per poter prendere parte al progetto. A occuparsi della selezione delle domande saranno gli esperti di Isforcoop, Workoop, Cooperarci e Progetto Città che prenderanno in considerazione le esperienze “formali” e “informali” dei lavoratori; saranno così valutate sul campo le competenze e le abilità, “certificate” e in regola ma anche quelle “in nero”. Una novità, questa, che accrescerà di sicuro il numero di iscrizioni. Ma soprattutto una luce in fondo al tunnel in un momento di grave difficoltà dal punto di vista occupazionale. «Oltre a esserci aggiudicati i fondi dalla Regione grazie al progetto presentato -sottolinea Guido Canavese, vicesindaco di Vado Ligure- siamo contenti di poter contribuire economicamente anche noi come amministrazione, siamo vicini alla situazione di tanti, troppi dipendenti che hanno perso il posto di lavoro negli ultimi mesi. Al tempo stesso siamo orgogliosi, nel nostro piccolo, di dare una risposta concreta in un momento così difficile». Per gli interessati non resta che attendere ancora qualche settimana, prima di sapere come poter sottoscrivere le domande, che sicuramente non mancheranno. ANDREA GHIAZZA

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LAVORO

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MONSIGNOR LUPI: "RECUPERARE I VECCHI MESTIERI" «I GIOVANI? IMPARINO DAI CASSAINTEGRATI OCV»

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ccupazione, ne parla il vescovo che lancia la sue proposte. Una morale e una tecnica. Non perdere il coraggio e la fede ma anche affidarsi ai vecchi mestieri e reinventarsi. «Solo con il coraggio e la forza a non arrendersi, usciremo da questo terribile momento di crisi». Parola di monsignor Vittorio Lupi, vescovo della Diocesi si Savona-Noli, intervenuto ieri all'inaugurazione della mostra "L'arte per l'altro" nella galleria del Cavallo a Valleggia. Ovviamente si è parlato di solidarietà ma il tema caldo è stato quello del lavoro. Riconversione, recupero dei vecchi mestieri e accontentarsi di quello che si trova. Queste le parole d'ordine. «Il momento è drammaticamente difficile - precisa Lupi - i problemi economici sono all'ordine del giorno e le famiglie non arrivano alla fine del mese.

I cassaintegrati della Ocv: da loro un insegnamento

Monsignor Vittorio Lupi

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Ma proprio adesso è vietato arrendersi. I giovani con la generosità che da sempre li contraddistingue devono prendere a modello i più grandi, le persone che a cinquantanni sono state lasciate a casa ma hanno avuto la forza di reagire». Poi un chiaro riferimento agli operai dell'OCV di Vado Ligure, che hanno perso il lavoro ma non la determinazione e il coraggio. «La volontà di imparare nuovi mestieri e mettersi a disposizione della città con lavori socialmente utili continua Lupi - è stato un segnale forte, una vera e propria scossa nel mercato occupazionale che si presenta oggi più che mai in una situazione ai limiti della disperazione. Certo non si può lavorare gratis a vita ma sono convinto che la loro scelta li premierà». La soluzione per superare questo difficile momento? Il ritorno al passato, attraverso il recupero dei vecchi mestieri. «E' un mondo che va di corsa, sempre di fretta - prosegue Lupi - occorre ridare linfa a un settore come quello dell'artigianato, dove non c'è più nessuno disposto a insegnare e a tramandare il lavoro». Ma l'emergenza cassa integrazione è di stretta attualità. E ora l'allarme a Vado, dopo Bombardier si sposta alla Sanac, stabilimento del gruppo Riva. «Dispiace assistere a una situazione come questa -conclude Lupi- ma guai a perdere fede, fiducia e coraggio». ANDREA GHIAZZA

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CRONACA

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"SALVIAMO SANT'ERMETE"

IN UNA STANZA DELLE PREGHIERE GLI Pezzi e frammenti lasciati lì, a testimoniare il degraABITANTI SI MOBILITANO PER LA CHIESA

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n'omelia in una stanza. Potrebbe sembrare un titolo di una canzone. Invece è l'unico modo per un gruppo di fedeli di praticare. E se è vero che la religione è una questione interiore, è vero anche che la bellezza dei luoghi di culto ha la sua l'importanza. Una chiesa chiusa ormai da anni. Questa è la situazione che si presenta a S. Ermete. Fedeli e parroco hanno perso la fiducia e corrono ai ripari. La soluzione? Una piccola stanza, usata per il catechismo, e ora allestita per la messa. Le persone partecipano, capiscono il momento. Ma sui loro volti si legge il rammarico, lo sconforto di avere una costruzione di alto valore storico e artistico chiusa, inagibile. La causa? Problemi di cedimento del soffitto che hanno danneggiato gran parte della volta e di conseguenza gli affreschi.

do in cui versa da almeno cinque anni la piccola chiesa. «Tutto è nato nel 2007 - sottolinea Francesca Pessano, residente nella località vadese – quando nella parte del soffitto vicino l'ingresso si staccarono alcuni pezzi di calcinacci. Fortunatamente era mattino presto e la chiesa era chiusa così nessuno si fece male. Avere un luogo di culto così bello e essere costretti a venire in questa saletta mette proprio tristezza. Oltretutto per renderla somigliante ad una chiesa dobbiamo allestirla di volta in volta con sedie, altare e crocefisso». Ma a mali estremi, estremi rimedi. «E' il solo posto dove posso fare messa – afferma Don John, parroco delle comunità di S. Ermete, Segno e Valle di Vado – perché dopo il primo cedimento la chiesa fu chiusa per ovvi motivi di sicurezza.

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L'interno della chiesa di Sant'Ermete dopo la distruzione del soffitto. I fedeli svolgono le attivitĂ in una stanza adiacente all'edificio danneggiato

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il segno della domenica n°24 La curia dal quel momento ha presentato diversi progetti per la sistemazione della volta, ma ad oggi la situazione è sempre la stessa: chiesa inagibile e una piccola sala, nata per ospitare i bambini del catechismo, come solo posto dove accogliere i fedeli. Spero in un cambiamento perché il numero delle persone che partecipano alla messa è diminuito. E una delle cause è imputabile proprio all'assenza di una vero e proprio locale adeguato». Ma non è solo il parroco a essere rattristato dalla condizione in cui versa la piccola struttura ecclesiastica. Sono gli stessi abitanti della frazione, che conoscono il valore religioso e artistico, a essere contrariati per questa situazione. «Ho dei ricordi bellissimi – afferma Simona Motta, abitante della frazione – e vederla abbandonata a se stessa fa rabbia. Sarà un caso, ma dopo i lavori al tetto e al campanile, sono cominciati i problemi. Le nuove opere di ristrutturazione hanno rotto un equilibrio che durava da mille anni». Tutti i progetti sono al vaglio della Sovrintendenza delle Belle Arti che ha preso atto del fatto che gli affreschi e la struttura sono risalenti al periodo romanico. Questo sembrerebbe rallentare l'inizio dei lavori. Ma più i tempi si allungano, più lo sconforto degli abitanti di S. Ermete aumenta. ALESSANDRO FOFFI

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ARTE

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OLTRE LA REALTÀ. L'ARTE COME ESIGENZA LE SCULTURE DI PLAKA IN MOSTRA AD ALBISSOLA MARINA

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alleggia e Albissola Marina unite dall'arte. Un'arte che arriva dall'altra parte del mare, dai Balcani. E porta il nome di Ylli Plaka. Le opere in ceramica dello scultore albanese, considerato dai critici come uno dei maggiori esponenti nel panorama nazionale, saranno esposte nella mostra intitolata "Vetrina d'autore" che si terrà dall'1 al 31 dicembre al Centro Artigianale Restauri, laboratorio artistico di Albissola Marina. I lavori di Ylli, che nella lingua albanese significa "stella", sono realizzati nello studio dell'artista a Valleggia. Un grande spazio dove la radio è sempre accesa, che profuma di creta. <<Perché la creta è la metafora della vita – sostiene Plaka – del costruire dal nulla. Le mie opere partono da un'idea,che può essere data da un simbolo, da un segno.

A volte addirittura da un proverbio o da una frase. Utilizzo la terra, modello la materia sentendola tra le mani, per arrivare all'opera finale. Non mi limito alla riproduzione della realtà ma piuttosto a un'interpretazione arricchita di significati surreali>>. E' proprio il surrealismo, unito alla classicità di anni di studi artistici, ad essere la componente principale delle opere di Ylli Plaka. Perché, come l'artista sottolinea, è l'arte stessa ad essere surreale, ad andare oltre la realtà. Ecco allora che troviamo animali che si trasformano in oggetti, un tacchino con il collo di flauto, rimandi di espressioni che appartengono al linguaggio metaforico, gli occhi di un gufo a rappresentare l'ingenuità umana.

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il segno della domenica n°24 DAI BIZANTINI ALLE AVANGUARDIE Plaka non è mai naturalista, mai realista nel senso riproduttivo. Crede nella libertà della forma. Quella stessa libertà espressiva che forse mancava in Albania. <Finito il liceo artistico, mi iscrivo all'Accademia di Belle Arti di Tirana – racconta l'artista Plaka – Studio con il maestro Thoma Thomai, artista che ha realizzato numerosi monumenti, che insegna la scultura applicata alla ceramica.

Ma l'istruzione è severissima e rigida perché sono gli anni del regime, del socialismo reale. L'arte è basata su rappresentazioni realistiche e forme ideologiche. Poi tra il 1988 e il 1989 qualcosa cambia. Le prime mostre, la prima aria di modernità. Noi studenti diventiamo i promotori del cambiamento. L'arte anticipa i fenomeni sociali, cerchiamo di dare un segnale forte anche a costo di scontrarci con i professori e di essere penalizzati. Ci si inizia a ispirare ai grandi artisti occidentali, a cominciare da Giacometti. E' avanguardia in una terra che è passata dall'arte bizantina e ortodossa del 13001400 ad un rinascimento tardivo che coincide con gli anni dell'indipendenza dalla Turchia a inizio 1900, senza passare per il neoclassicismo, senza conoscere le correnti intermedie>. Plaka sostiene che la libertà dell'arte derivi dalla gente. In Albania non era semplice trovare un contatto tra artista e privati, non c'era il rapporto diretto con il pubblico né la possibilità di vivere di arte. Decide quindi di lasciare il proprio paese per dirigersi verso quello che lui chiama "l'Occidente". E' il 1991 quando arriva in Italia insieme ad altri tre artisti, compagni dell'Accademia. Da Brindisi a Savona. Qui trova la dimensione ideale, la possibilità di esprimere il proprio talento. Anche se ripete spesso che in qualsiasi parte del mondo si fosse trovato, sarebbe riuscito a manifestare la propria arte. Perché il concetto di artista è un concetto universale, perché l'esigenza dell'artista è interna. E' una necessità, quella di creare l'opera. Come la fame e la sete. Indipendente dal luogo e dal tempo. LA DONNA COME MISTERO Ylli Plaka studia l'arte greca, quella etrusca e italiana. Ma con la libertà di interpretazione. La realtà del pensiero che sostituisce la forma realista. I temi delle sue opere, legati appunto al concetto di libertà, sono principalmente tre. Nella prima fase, con sculture in gres cotte ad alte temperature, protagonista è la donna. Donna come madre creativa ma anche come mistero. Successivamente i soggetti delle sue opere sono gli animali. Fantastici, astratti, esseri viventi che hanno similitudini con gli oggetti. Attualmente il tema è l'eclissi.

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il segno della domenica n°24 Non come fenomeno astrale ma come concetto di sovrapposizione. Facce che si incastrano. E' il mistero del coprire e lasciare scoperto, dell'oscurare o dell'essere oscurati. Il mondo filtrato attraverso gli occhi e la fantasia di Plaka. Non c'è una tavola pittorica, ci sono le mani che modellano l'argilla. <La ceramica educa alla pazienza – sostiene l'artista – perché se no punisce. Insegna il saper aspettare. Perché se si ha fretta di cuocerla senza averle dato il tempo di asciugare, la ceramica si spacca. E' un interlocutore che cerca rispetto>. Le opere di Plaka sono ricercate. Non solo nel contenuto e nella forma, ma anche nei colori. <La pittura è il mio primo amore – racconta Plaka – confesso di aver pianto quando al liceo sono stato inserito nella classe di scultura, perché i professori avevano intravisto un talento per la forma. Il colore è sempre stato dentro di me. La mia è una ricerca tecnica coerente con il tema dell'opera, sono stati d'animo tradotti cromaticamente. La componente pittorica è rintracciabile nei miei lavori. Applico la pittura alla scultura. E la scultura me lo permette. Il contrario non è possibile. Le opere scultoree, inoltre, sono tridimensionali. Sono vive. Possono essere toccate, strette, osservate da ogni angolazione>. UN'ARTE FRA SILENZIO E RUMORE L'arte di Plaka è il rapporto tra il silenzio e il rumore, tra forma liscia e disturbata. Un astrattismo con dettagli classici. Critica e pubblico sono entusiasti dell'artista che realizza le sue opere nell'atelier della frazione quilianese. Tante le esposizioni, in Italia ma anche in Francia. Tanti i riconoscimenti, tra cui il 1° premio sezione artisti al Festival Internazionale della Maiolica nel concorso "Brocche e Vasi del Futurismo". "Vetrina d'autore" ospiterà opere inedite, come ultimo tassello di un'attenta programmazione espositiva. Dall'Albania all'Italia per inseguire un sogno, per dare espressione alla propria arte. <Da bambino osservavo mio zio mentre disegnava. Guardavo quelle linee perfette, quei colori. Non mi piaceva giocare a calcio, non mi piaceva nessun tipo di sport. Io amavo disegnare. Così mi iscrissi ad un corso di pittura. Avevo 10 anni. La passione per l'arte è nata con me. Non ho mai avuto dubbi sul mio futuro. Io avrei fatto l'artista>. E così è stato. Una vita tra i colori e la creta. Una vita a modellare, a immaginare e creare. Con la volontà che l'opera possa diventare eterna. Perché è il prodotto di un pensiero che va oltre il tempo. E oltre la realtà.

IRENE SALINAS

Ylli Plaka con alcune delle sue opere: "La ceramica educa alla pazienza, altrimenti punisce"

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LE ECCELLENZE

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DELBONO: UN VOLO LUNGO UN SECOLO

GRANDE FESTA PER UNA DELLE COLONNE DEL COMMERCIO VADESE

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erché l'aquila?". "Perché vola lontano". Così Umberto Delbono motivò la scelta del rapace come logo per l'attività di famiglia al piccolo Enrico. Una risposta semplice, ma che incarna la mentalità pratica e allo stesso tempo lungimirante di un uomo che, come l'aquila a cui è ormai accostato il nome Delbono nell'immaginario vadese, sa volare alto e vedere più lontano. Un volo che dura da cento anni, raccontato in un libro che ripercorre, sul filo dei ricordi, corredato da molte fotografie e da altrettante "istantanee" di testo. Non un tomo biografico ma una delicata retrospettiva famigliare e lavorativa. Il libro è stato presentato giovedì 29 novembre all'Osteria Borgo San Sebastiano di Spotorno. Una location scelta non già per il blasone, ma perché Claudio Pasquarelli ed Enrico Delbono sono amici da sempre. Anche altri invitati erano quelli che, in gergo, si chiamano "delle grandi occasioni", ma il tratto comune a molti di loro è il rapporto di amicizia e di affetto che li lega alla famiglia Delbono. Un secolo di presenza attiva sul territorio e di passione per il proprio mestiere genera questo tipo di frutti. Il fondatore dell'attività, Enrico, giunge a Vado da Bormida, in bicicletta, per lavorare alla Fornicoke. In fabbrica si scopre abile riparatore di orologi e, dopo le nozze con Irma, decide di allestire un piccolo laboratorio in casa per proseguire l'attività di artigiano in proprio, dedicandosi a orologi e a macchine da cucire. Da una stanza in casa a un vero negozio il passo è breve e così, nel 1912, ha inizio il lungo viaggio di cui oggi si celebra il primo secolo di vita.

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il segno della domenica n°24 L'impulso decisivo per il salto di qualità arriva dal giovane Umberto, deciso ad ampliare l'attività paterna trasformandola in oreficeria e trasferendo il negozio in via Gramsci e dotandolo di un nuovo logo. L'aquila appunto. L'intuizione vincente di Umberto è però quella di promuovere il proprio marchio attraverso lo sport. Non solo come sponsor di gare ciclistiche o di gruppi sportivi come la "Delbono Pedale Vadese" ma anche come produttore delle coppe e delle medaglie in palio. La trovata pubblicitaria, decisamente innovativa per l'epoca, funziona a meraviglia, garantendo a Delbono un mercato che si estendeva da Marsiglia a Pisa. L'attività cresce e con essa anche la famiglia: i tre figli di Umberto e Olga: Enrico, Mario e Liviana iniziano a muovere i primi passi in azienda ed ereditano la passione del nonno e del padre. Purtroppo però, come in ogni saga famigliare, il destino si intromette beffardo e si porta via Mario, a soli 39 anni, nel 1986. Enrico si trova così da solo ad affiancare il padre fino alla sua morte avvenuta nel 1999. In loro ricordo Enrico decide di istituire il premio "Seminatore d'Oro", un riconoscimento a persone che si sono distinte durante la propria esistenza per bontà e generosità. Tra i destinatari del premio figura, nel 2004, Papa Giovanni Paolo II. La consegna della statuetta d'oro al Santo Padre in Vaticano racchiude lo spirito della famiglia Delbono: Enrico raggiunge la Santa Sede in bicicletta: un'impresa che forse persino papà Umberto avrebbe trovato troppo ardita. Il coraggio non difetta certo a Enrico. Non pago di aver ampliato e diversificato l'attività, aprendo un nuovo punto vendita destinato a una clientela più giovane e "modaiola" al parco commerciale Molo 8.44, ha anche lanciato una linea personalizzata di orologi con il marchio Delbono Vado. Enrico chiude così idealmente il cerchio (anzi, il quadrante) aperto dal nonno di cui porta il nome: dagli orologi agli orologi.

MARCO CALLERI

Un torta- orologio per restare in tema. Nelle foto precedenti un momento del festa da "Claudio" e Enrico Delbono

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TIRASSO


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il segno della domenica magazine de www.ilsegnonews.it direttore responsabile: mario muda coordinamento editoriale: irene salinas grafica e impaginazione: giulia catania fumetto: stefano tirasso crediti fotografici: davide rizzo-alessandro foffi-marco calleri In copertina: Il bracciante del delta del Po di Armando Pizzinato opera vincitrice del Premio Vado Museo di Villa Groppallo

foto di davide rizzo


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