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MOON LIGHT MAJORETTES DA MONDIALE - Sette majorettes di Primaluna avrebbero partecipato al mondiale della categoria, ma la pandemia ha bloccato tutto. Mondiale sfumato per le ragazze delle Moon Light Majorettes di Primaluna che ad aprile avrebbero dovuto partecipare al Campionato Mondiale Baton Twirling 2020 in programma a Eindhoven, in Olanda. Una partecipazione solo rimandata per via della pandemia che ci ha colpito proprio nel mese di marzo e prosegue tutt’ora. Tanta euforia e grande soddisfazione per Simona Colombo, Noemi Costadoni, Giorgia Pensotti, Alessia Marongiu, Gloria Invernizzi, Daniela Canepari e Francesca Agostoni convocate dalla Nazionale Italiana categoria pompons team che avrebbe dovuto gareggiare il 10 aprile. La squadra nazionale è composta da 30 atlete selezionate tra i tantissimi gruppi tesserati NBTA, Associazione Nazionale Baton Twirling, membro della NBTA Europa e della federazione mondiale WFNBTA. La convocazione di ben sette atlete aveva reso orgogliosa tutta l’associazione, una scelta che premiava l’impegno, la dedizione e la preparazione tecnica delle ragazze. Il più euforico di tutti era ovviamente il presidente Domenico Melesi. Una grande opportunità per far conoscere questo sport in un territorio, come quello della provincia di Lecco, dove il twirling e tutte le attività ad esso collegate sono ancora poco conosciuti, mentre nel resto del mondo sono praticati e apprezzati al punto da coinvolgere migliaia di ragazze e ragazzi. Un vero peccato, ora è tutto rimandato a data da destinarsi…
Foto sopra: Majorettes di Primaluna con al centro la direttrice Alessia Bergamini. Foto sotto: Le sette ragazze selezionate per i mondiali.
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PICCOLO MUSEO DELL’ELETTRICITÀ - Trovata la sede per il “Piccolo Museo dell’elettricità” in Valsassina per gli Amici del Fornetto.
Foto sopra e in centro: Alcuni particolari del piccolo museo dell’elettricità nel Comune di Introbio. Foto sotto: Visita di Gianfranco Magni, con i due fondatori Eraldo Magni (al centro) e Franco Selva (a destra).
Introbio - Dopo la pubblicazione del volumetto di Ferruccio Magni di qualche tempo fa, in cui si ripercorrevano in 100 anni le storie dell’elettricità in Valsassina, alcuni amici ed ex dipendenti Enel, definitisi “amici del Fornetto”, hanno raccolto e catalogato i vari materiali ancora esistenti, vere testimonianze storiche dell’evoluzione del settore. Introbio fu anche il primo paese ad essere elettrificato, anche grazie alla Centrale idroelettrica e alle varie società che si sono avvicendate nella gestione (S.P.E. Società Elettrica Valsassinese, Società Anonima Orobia ed Enel). Dopo una prima esposizione, provvisoria, i materiali hanno cominciato ad aumentare… e cono loro i vari aneddoti legati al tipo di utilizzo. Ma all’associazione mancava una sede per far vedere a tutti i loro cimeli. Il sindaco di Introbio Adriano Airoldi aveva promesso loro di trovargli una collocazione presso la sede comunale e così è stato nel periodo pre natalizio. Quindi sono stati diversi gli interventi del gruppo nelle scuole e la visita di qualche scolaresca. Tutto si è poi interrotto con la pandemia del Covid 19, che ha bloccato ogni attività e le scuole. Il gruppo non aveva ancora organizzato l’inaugurazione ufficiale, che quindi slitterà a quando sarà possibile uscire dalla pandemia. Pubblichiamo alcune foto del piccolo museo e i due “animatori”, Eraldo Magni e Franco Selva, che posano con Gianfranco Magni nella nuova sede del Museo. Eraldo è figlio di Ferruccio Magni, l’autore del volumetto sui cento anni di elettricità a Introbio, il piccolo museo è dedicato alla memoria di Nicola Magni, fra i promotori del gruppo, scomparso tempo fa e autore di una ricerca con itinerari che abbiamo pubblicato due anni fa su Immagine Valsassina e che riproporremo sul nostro sito.
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CAVIADINI DELLA VALSASSINA Ingredienti e dosi per 10 biscotti • • • • • • •
250 g. di farina tipo “0” 100 g. di burro 1/2 scorza di limone grattugiata 3 tuorli o un uovo 100 g. di zucchero 1 pizzico di sale 1 cucchiaino di lievito vanigliato
Per guarnire • uovo • zucchero a granella
Caviadini o Cabiadini? La differenza sta in una consonante e in una serie di leggende sull’origine del nome. L’Alimentre di Milano di Buzzoni di Piazza Garibaldi a Barzio, vanta la primogenitura del nome e della ricetta del Cabiadini, con regolare registrazione di brevetto e marchio d’impresa. Ogni pasticcere della valle ed ogni buon ristorante propone i propri biscotti, che sono inconfondibilmente valligiani. Vengono proposti in varianti con più o meno zucchero e con gocce di cioccolato. Il consiglio è di provarli assieme allo zabaione caldo.
Preparazione Amalgamare il burro, lo zucchero e la grattata di buccia di limone fino a che lo zucchero si sia completamente sciolto, unire i tuorli (o l’uovo) e incorporare bene. Aggiungere la farina e il lievito setacciati lavorando con la punta delle dita per non scaldare troppo l’impasto. Un impasto lavorato eccessivamente rischia di “bruciare”, cioè perde la sua omogeneità e si sbriciola in lavorazione, diventando poi durissimo dopo la cottura. Far riposare almeno 30’ a +4 °C prima dell’uso. Stendere la pasta con il mattarello a uno spessore di 1 cm, ritagliare delle listarelle e metterle ben distanziate su una teglia ricoperta con carta da forno, facendo poi un taglio nel mezzo per aprirlo distanziandole i lati. Pennellarli con l’uovo sbattuto e cospargerli con la cannella e lo zucchero, facendolo aderire con le mani. Cuocere in forno già caldo a 180 °C (non ventilato) per circa 20 minuti.
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I NUMERI UTILI DI IMMAGINE VALSASSINA
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LA LEGGENDA DEI SETTE FRATELLI - Da IN-LOMBARDIA.IT Un suggestivo racconto di otto fratelli, legati tra loro, che vivevano nel lecchese. Ogni territorio ha le sue leggende, narrazioni che affondano le radici nei secoli e che fanno parte del patrimonio culturale di un popolo. Venivano create per celebrare fatti o personaggi fondamentali per la storia della gente locale o per spiegare qualche caratteristica dell’ambiente naturale di una regione, venivano raccontate dalla comunità per la comunità stessa, allo scopo di rinsaldare i legami d’appartenenza con il proprio territorio. Una delle leggende più conosciute del territorio lecchese, specialmente dell’area montana, è la storia dei sette fratelli eremiti che risale all’Alto Medioevo. Questo suggestivo racconto parla di otto fratelli, molto legati fra loro, che vivevano in Valsassina. Quando uno di loro morì tragicamente per un atto di derisione e poca fede in Dio, gli altri fratelli, colpiti dalla tragedia, decisero di diventare eremiti, e scelsero la loro dimora in luoghi solitari sui monti circostanti. I tempietti costruiti in questi luoghi presero il nome dell’eremita che vi si era stabilito: San Sfirio, il più anziano dei sette fratelli, scelse la vetta del Legnoncino a quota 1714 metri, in un punto di panorama eccezionale sul lago e sulla Valvarrone; San Calimero andò sopra Pasturo; Sant’Ulderico sulle pendici settentrionali del
In foto: Chiesa di San Calimero
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In foto: Chiesa di San Ulderico
In foto: Chiesa di San Sfirio
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In foto: Chiesa di Santa Margherita
In foto: Chiesa di San Defendente
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In foto: Chiesa di San Grato
S. Fedele La pietà popolare, col tempo, fece di Fedele uno dei fratelli eremiti, ma la chiesetta di Piazzo, cadute le ragioni militari che avevano dato importanza al luogo, venne abbandonata per l’eccentrica posizione e crollò. Già nel 1614 era cadente e invano Federico Borromeo ne ordinò il restauro. Oggi non se ne vedono neppure più le vestigia. Si narra che allorché dirupò, la fonte che aveva dissetato il santo inaridì.
monte Muggio, a quota 1392 metri (la chiesetta, risalente all’XI secolo, è citata anche nel “Liber Notitiae Sanctorum Mediolani” di Goffredo da Bussero); San Grato in Val Muggisca; San Fedele in un bosco denominato La Foppa poco lontano da Casargo; e San Defendente nella zona fra Esino Lario e Perledo. Solamente Santa Margherita, unica sorella (secondo alcuni è la fanciulla salvata da San Giorgio nella lotta con il drago), si fermò in un luogo pianeggiante della valle (a Casargo in località Somadino) per recarsi a visitare ciascuno dei fratelli nelle rispettive località. Dai singoli eremi i santi erano in grado di comunicare accendendo dei falò. Tutte le notti bruciavano arbusti per proteggere gli abitanti delle valli e per salutare i fratelli, come forma di preghiera e buon auspicio, e per intercedere Grazia e Perdono. Delle sette chiesette alcune sono oggi ancora visitabili e ben conservate, come Santa Margherita, altre purtroppo andate perdute nei secoli. Questa leggenda è stata letta come la trasformazione di un’antica realtà storica locale che affidava a queste piccole chiese, proprio per la loro particolare posizione panoramica, un compito di avvistamento e di segnalazione di eventuali pericoli determinati dall’avvicinarsi di truppe ostili. La memoria dei sette fratelli eremiti è ancora oggi viva tra la popolazione, ed è legata alle piccole chiese alpestri che ne tramandano i nomi.
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QUATTRO MEDAGLIE D’ORO, un argento e un bronzo per gli atleti dello Sci Comunità Montana guidati da Giacomo Camozzini. Campolongo - Con il Gruppo Sportivo Alpini Asiago alla regia, si sono disputati nel gennaio scorso, i campionati italiani Cittadini e Master di sci nordico, al sabato le gare si sono disputate sui 10 Km a tecnica classica e subito sono stati conquistati due ori, un argento e un bronzo. Domenico Invernizzi e Elisabetta Amici campioni italiani Master. Domenico Invernizzi ha sbaragliato i concorrenti nella Master M4: un’altra grande soddisfazione per il fondista valsassinese classe 1954. Altro titolo vinto dai rappresentanti dello Sc Comunità Montana Valsassina con Elisabetta Amici nella categoria Master F3, anche per lei un grande successo. Elisabetta Amici ha conquistato anche il 2° posto nel campionato italiano cittadini, a coronamento delle
medaglie della prima giornata ci ha pensato a Alessandro Locatelli con un bronzo nella Master M5. Presente anche Stefano Aldè 5° nella Master M3. La seconda giornata in tecnica libera ha visto gli atleti cambiare tecnica che da classica è passata a skating, comunque non sono cambiati i risultati con il doppio titolo conquistato dai nostri Master. Si è ripetuto Domenico Invernizzi che si aggiudica l’ennesimo titolo della sua lunghissima carriera imitato da Elisabetta Amici. Gli altri atleti lecchesi presenti: 7° posto per Severino Venini nella Master M4, e 11° piazzamento per Stefano Aldè nella Master M3. Sandro Marongiu
In foto: I due podi dei medagliati oro, Amici nel femminile e Invernizzi per il maschile, con il direttore tecnico Giacomo Camozzini
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QUI VALSASSINA - Un talk show televisivo sulla valle condotto dal nostro direttore nel 1986 per TvRadio Lecco. Introbio - Come al solito, in fatto di turismo e marketing, la Valassina è sempre stata avanti di almeno trent’anni sui tempi. Era il febbraio del 1986, quando dall’emittente lecchese TvRadio Lecco (poi fusasi con Telespazio), il nostro direttore, Paolo Cagnotto, aveva messo insieme un piccolo talk di un’ora sui temi e personaggi del territorio. Il titolo? “Qui Valsassina”, che era anche l’aggancio per terminare la trasmissione (ovviamente registrata) in cui il conduttore rilanciava all’emittente: “Qui Valsassina, a voi studio”. Un esperimento interessante, molto seguito che è durato però soltanto una stagione per l’eccessivo impegno a cui la TV non poteva far fronte, proseguito grazie alla collaborazione di volontari. In ogni puntata una valletta diversa, che alla fine portava le buste di un finto quiz umoristico. Lo studio non era che un ambiente dei tanti della Valsassina, dalla sede della Comunità Montana a Introbio, alla pista di pattinaggio di Barzio, dai campi di tennis di Primaluna e ad altre “location” locali. Sempre diverse. Così come gli ospiti, 5 personaggi che di volta in volta si davano il cambio: amministratori, sindaci, sportivi, personaggi locali. Una vera panoramica di rappresentanti genuini del territorio. All’interno due filmati relativi alle manifestazioni più significative del territorio, soprattutto (visto il periodo) le manifestazioni sportive invernali, sci di fondo e discesa, con filmati e interviste ai vari protagonisti. Nelle foto d’archivio la presentazione della “Valsassina da Sciare” con Giacomo Camozzini e Giulio Selva, gli artefici della rassegna sciistica, con la valletta Orietta.
In foto: Frame del servizio di “Qui Valsassina” dedicato alla “Valsassina da sciare”, con intervista di Paolo Cagnotto a Giacomo Camozzini e Giulio Selva, con la valletta Orietta.
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Nella foto di questa pagina il momento dell’intervista ai due Gianola, Ugo e Gerolamo, di Premana, vincitori quell’anno del Rally Sci alpinistico. In piccolo due ritagli dei giornali che allora pubblicarono la notizia, Il Punto Stampa e Il Giornale di Lecco. Ma anche Sorrisi e Canzoni TV, settimanalmente pubblicava lo specchietto e gli orari della trasmissione che andava in onda il venerdì sera.
In foto: All’Alpe di Paglio, arrivo del Rally Internazionale Pizzo Tre Signori, con i due Gianola di Premana, Ugo e Gerolamo, vincitori di quell’edizione.
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I NUMERI UTILI DI IMMAGINE VALSASSINA
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LA LEGGENDA DEL RANSCIGA Come nacque il Lago di Sasso - Di Giulio Selva
Direttore Responsabile Paolo Cagnotto Tel +39 329 6884658 paolo.cagnotto@email.it Hanno collaborato a questo numero Alessia Bergamini, Ivo Buttera, Sandro Marongiu, Egidio Magni, Marco Sampietro, Stefano Gilardi, Alessio Gilardi, Gabriele Ardemagni, Giuseppe Lo Giudice. Concessionaria per la pubblicità Quadrifolium Group Srl - Lecco info@quadrifoliumgroup.com Grafica e impaginazione Quadrifolium Group Srl - Lecco E mail info@immaginevalsassina.com Web www.immaginevalsassina.com Registrazione Trib. Lecco/Aut. 6 del 17.2.1989 s.m.i.
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STAMPA DIGITALE STAMPA OFFSET
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Anno XXXIII - N 3 Primavera 2020
PROGETTAZIONE GRAFICA
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Questa leggenda, scritta e inventata da Giulio Selva, giornalista e storico di cultura locale introbiese, deceduto alla fine del secolo scorso riguarda l’origine di uno dei più bei laghetti della catena orobica, il lago di Sasso, ai piedi del pizzo dei Tre Signori, in alta Val Biandino. Protagonista della leggenda è un pastore solitario e misantropo, di cui si è perso il nome, e si ricorda solo il soprannome, Ransciga (termine dialettale equivalente a roncola o “mèla”, coltellino a lama ricurva che i contadini portavano sempre in tasca perché tornava utile in mille occasioni, per tagliare pane e formaggio come per fare la punta ad un bastone). Un pastore poco socievole che se ne stava con le sue capre, nei pascoli delle montagne che circondano il Pizzo dei Tre Signori. Gli capitò, così, un giorno, mentre guardava il cielo senza nuvole, così simile a quegli stati d’animo senza pensieri che tanto gli piacevano, di osservare un uccello mai visto. Da esperto conoscitore di quelle montagne qual era, non poté non rimanere stupefatto nel vedere quel volatile nerissimo e gigantesco, che volava là, in alto, presso la cima del pizzo dei Tre Signori, senza neppure muovere le ali. E mentre era intento a domandarsi di qual diavolo di uccello si trattasse, questi, come se si fosse accorto della sua insistita attenzione, fermò per un istante il suo volo, lo puntò e scese in picchiata come se volesse ghermirlo e portarlo via. Il pastore fece appena in tempo a rifugiarsi dietro un grande masso, per poi correre al suo baitello: al prossimo assalto del volatile, non si sarebbe fatto trovare impreparato! Uscì, infatti, armato del suo fucile, perché non era tipo da lasciarsi spaventare troppo facilmente. Se ne stette quindi fermo a tranquillo ad attendere il successivo attacco, che non tardò a venire: quando il misterioso volatile gli fu di nuovo addosso, gli scaricò contro i pallettoni del suo fucile. Quel che accadde poi ha dell’incredibile: l’uccello, colpito, emise un urlo che nulla aveva di animalesco e si tramutò in una palla di fuoco, precipitando in basso, nella piana del torrente Troggia. Al gran fragore seguì un gran fumo, simile ad una nebbia, di color giallastro, ed una grande puzza, mai sentita. Il Ransciga, superato lo stupore, si lasciò vincere dalla curiosità, e scese a vedere. Quel che vide era davvero prodigioso: al posto della piana verdeggiante c’era un’enorme buca, circondata da massi di tutte le dimensioni, ed era proprio da lì che uscivano il fumo e la puzza. Istintivamente, sparò ancora, in direzione del centro della buca, e fu allora che dal cuore della terra udì salire una voce terrificante: “Io torno all’inferno, ma tu resterai per sempre dove ti trovi adesso”. Comprese, allora, di che diavolo di uccello si trattasse (era proprio il diavolo!), ma questo fu il suo ultimo pensiero, perché venne tramutato, subito dopo, in un grande masso. Il tempo, poi, circondò il masso di uno specchio d’acqua, che colmò la buca diabolica e, da allora, qui tutto sembra pace e silenzio.