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L’allarme arriva da Christian Miccoli, Ceo di Conio ed ex ad prima di Ing Direct Italia e poi di Che Banca!

PROVE GENERALI PER L'EURO DIGITALE

“S ono in corso le prove generali per l’euro digitale, solo che stanno passando sotto silenzio”. Christian Miccoli, co-fondatore e Ceo di Conio, accende i riflettori su un progetto già citato anche da Fabio Panetta, attualmente membro del comitato esecutivo Bce. “L'Eurotower”, aveva detto l'ex direttore generale di Bankitalia lo scorso aprile, "sta valutando l’eventuale emissione di un euro digitale; un gruppo di lavoro sta esaminando i pro e i contro di una valuta digitale, utilizzabile dagli intermediari o anche direttamente dai consumatori mediante gli smartphone per effettuare i pagamenti”. Anche Yves Mersch, vicepresidente del consiglio di vigilanza della Bce, "ha poi precisato che si sta conducendo uno studio esplorativo per arrivare preparati all’eventualità che i cittadini dell’unione vogliano virare dal contante a una moneta digitale", aggiunge Miccoli, "nella consapevolezza che al momento il 76% delle transazioni in area euro avviene ancora tramite banconote (con un record storico in piena crisi: 19 miliardi di euro di cash in circolazione). Mersch, con l’occasione, ha chiarito l’eventuale anonimità della valuta digitale: conditio sine qua non per rispettare gli standard di privacy e libertà finanziaria che l’Europa dovrebbe sempre garantire ai suoi cittadini, anche superando le ferree leggi antiriciclaggio". Ma, a quanto afferma Miccoli, di questo argomento si parla dopo. Troppo poco. "Quello che stupisce", dice il banchiere, "è come si sia assistito nei mesi scirsi a più o meno sensate levate di scudi contro app per tracciare persone a scopo di prevenzione sanitaria mentre un grande silenzio stia accompagnando l’eventuale avvento dell’euro digitale, che rischierebbe di esporre dati sensibili e libertà personali molto di più di una app di tracciamento a scopi sanitari. Certamente", prosegue Miccoli, "il lockdown ha reso particolarmente evidenti i vantaggi di una valuta dematerializzata ponendoci però davanti a un quesito: l’euro digitale costruito e regolato da una banca centrale può essere un sostituto del contante? L’elevato livello di tracciabilità che comporta, e la sua insi

ta possibilità di poter controllare comportamenti e vite degli individui, porta a dire che no, non può esserlo". La notizia positiva, dice Miccoli, "è che la Bce il problema se lo è posto", se ha diffuso la seguente dichiarazione: “Una Cbdc - Central Bank digital currency - al dettaglio potrebbe essere basata su token digitali, che circolerebbero in modo decentralizzato e consentirebbero l'anonimato nei confronti della banca centrale come i contanti. Alcuni sostengono che una valuta digitale basata su token potrebbe non garantire il completo anonimato. Se ciò si dimostrasse vero, solleverebbe inevitabilmente problemi sociali, politici e legali”. Un esempio dei rischi a cui andremmo incontro, spiega Miccoli, c'è già. E accade in Cina, "dove attualmente il 90% dei pagamenti mobili vengono effettuati con Alipay e WeChatPay (rispettivamente dei colossi Alibaba e Tencent). Il fenomeno implica una completa dipendenza da società private che, in caso di fallimento, lascerebbero il consumatore con il cerino in mano. Per evitarlo, Pechino sta creando il suo yuan digitale, che funziona come una app da smartphone ma si regge su un sistema gestito da molti nodi e con un sottostante che è un oggetto fisico (la moneta elettronica) e non un credito (come avviene per il denaro che depositiamo sui conti correnti). Anche nel mondo occidentale

Christian Miccoli

abbiamo sistemi di pagamento privati simili a quelli cinesi (PayPal, ApplePay e Satispay in Italia) ma un monopolio come quello cinese è impensabile. Al contrario, nonostante la scarsa attenzione intorno al tema, il progetto di euro digitale è molto più concreto di quanto pubblicamente percepito: nella vicina Francia la banca centrale è già al lavoro per deciderne le caratteristiche tecniche". Un euro virtuale, "strutturato come lo yuan digitale, implicherebbe la possibilità da parte del governo nazionale di controllare i movimenti finanziari con la possibilità di bloccare i fondi individuali a propria discrezione e programmare smart contract per obbligare o vietare determinate categorie di spesa", prosegue Miccoli. "Si potrà obiettare", sottolinea, "che l’Europa non è la Cina. Eppure abbiamo recentemente assistito, anche in democrazie consolidate come l’Italia, alla soppressione ex abrupto di libertà fondamentali; lo abbiamo accettato senza protestare in nome del bene superiore che è la salute pubblica. Allo stesso modo abbiamo guardato alla Cina per sviluppare una app per il tracciamento dei contagiati e il contenimento della pandemia; e in Francia - proprio nel corso della sperimentazione sull’euro digitale, si è iniziato a usare il riconoscimento facciale nelle telecamere di sorveglianza urbane - seguendo l’esempio cinese (il progetto è stato poi interrotto perché violava la privacy). L’opinione pubblica", sottolinea Miccoli, "dovrebbe quindi fare la sua parte per impedire che lo stato assuma su di sé un potere incompatibile con il contratto che ha con i suoi cittadini: una valuta anonima, libera e insequestrabile. Se questa innovazione, viceversa, avverrà sottotraccia - e il dibattito resterà confinato dentro le banche centrali (che essendo organi di controllo disegneranno una moneta che renda più semplice il tracciamento e il contenimento dei reati finanziari) - il rischio si configura reale. Vogliamo cedere queste libertà fondamentali in nome del politically correct?".

Maurizio Montagna

CRIF E SIA IN PARTNERSHIP STRATEGICA PER L'OPEN BANKING

Partnership a sorpresa sull'asse Milano-Bologna. A siglare la collaborazione sono, infatti, due gruppi tech specializzati nel mondo finanziario: Sia e Crif. Con l'accordo, le due aziende puntano a unire le forze per offrire servizi e applicazioni di open banking in tutta Europa. E, nello stesso tempo, hanno l'obiettivo di contribuire a velocizzare la trasformazione digitale di banche, fintech e altre aziende in ottica Psd2. Con un'attenzione particolare all’accesso ai dati dei conti correnti dei clienti e agli ordini di pagamento permessi a terze parti. La collaborazione è ben più che una partnership generica: vuole invece a far risaltare, come ha detto Carlo Gherardi, Ceo di Crif, "la complementarietà delle due aziende". Che andranno infatti a integrare le rispettive offerte digitali in un ecosistema di servizi, raggiungibili da un solo marketplace e tramite Api. Crif e Sia si sono dati anche il compito di sviluppare nuovi casi d'uso e modelli di collaborazione fra banche, fintech e aziende. Tratto da Tabmagazine.it

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