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SMART MOBILITY
Fabio Fregi, country manager di Google Cloud, commenta obiettivi e aspettative che si nascondono dietro i 900 milioni di euro che l'azienda investirà nei prossimi cinque anni. Alle partnership con Tim, Banca Intesa ed enti della Pa, si associa la scommessa di far crescere l'innovazione delle Pmi.
I PIANI DI GOOGLE PER LA DIGITALIZZAZIONE
Nel pieno di una congiuntura pesantemente condizionata dagli effetti dell’emergenza sanitaria globale e con previsioni di un Pil in caduta verticale (-12,8% secondo il Fondo Monetario Internazionale), è arrivata la decisione di Google di investire in Italia 900 milioni di euro nei prossimi cinque anni. L’ingente somma andrà a finanziare, in partnership con Tim, l’apertura di due nuove cloud region, ma sarà utilizzata anche per sostenere l’iniziativa “Italia in Digitale”, indirizzata soprattutto alle piccole e medie imprese. L’insediamento tecnologico farà perno inizialmente nel Nord Italia, con due data center che saranno creati a Milano e Torino. Tim si occuperà di realizzare e gestire le infrastrutture, nell’ambito del proprio piano di rafforzamento nel mondo cloud, che porterà anche alla creazione di una divisione dedicata. Un primo concreto endorsement al progetto è arrivato dall’adesione di Banca Intesa, che utilizzerà soprattutto la region di Torino per appoggiarvi i propri sviluppi nel campo dei servizi digitali. Italia in Digitale, invece, è un progetto che prevede momenti di formazione, strumenti gratuiti e partnership a supporto sia delle Pmi che delle persone in cerca di opportunità lavorative. Negli ultimi cinque anni, Google aveva già avviato iniziative come Crescere in Digitale e Digital Training. che avevano consentito a circa 500mila persone di acquisire o accrescere le proprie competenze nel campo del digitale. Ora l’obiettivo è di aiutare altre 700mila persone e aziende a innovare, per raggiunger il milione di soggetti nel 2021. Come mai questo importante impegno economico, salutato positivamente persino dal Presidente del Consiglio Giusep
Fabio Fregi
pe Conte, è arrivato proprio in una fase apparentemente complicata per il lancio di iniziative di largo respiro? Prova a rispondere Fabio Fregi, country manager di Google Cloud Italy: “La più grave emergenza sanitaria degli ultimi cento anni ha generato anche un impulso all’innovazione che manager ed esperti non erano mai
riusciti a generare in passato. Moltissime realtà non erano pronte, ma in poco tempo sono riuscite a riorganizzarsi gestendo lo smart working per tutti i propri dipendenti. Per loro arriva ora il tempo di strutturarsi meglio e capitalizzare sul lavoro svolto. Altrettanto importante si è rivelato il commercio elettronico, soprattutto per chi si era già organizzato. Tutti questi passaggi hanno il denominatore comune di poter trarre vantaggio dal cloud come base infrastrutturale”. Google ha fatto la propria parte nella fase del lockdown totale del Paese, rendendo disponibile gratuitamente per tutti la G-Suite e supportando realtà come Fca (rete dei dealer) e Credem (consulenti finanziari), oltre all’accordo stipulato con il Ministero dell’Istruzione per diffondere la pratica dell’home schooling, divenuta lo standard soprattutto negli istituti primari. L’intenzione è capitalizzare queste esperienze e indirizzare percorsi di innovazione, soprattutto verso i settori meglio predisposti: “Il cloud sosterrà lo sviluppo com’è già capitato con le autostrade nel dopoguerra”, questa la previsione di Fregi. “Ci sono già esempi concreti di quello che si può fare. Nel finance, è possibile imparare a servire meglio i clienti sfruttando i dati in modo intelligente e utilizzando la multicanalità, mentre le aziende manifatturiere possono innovare catene di produzione in chiave digitale. Nel mondo assicurativo, abbiamo lavorato con il machine learning per agevolare la stima sui danni dopo un incidente partendo da immagini fotografiche, ma abbiamo esempi concreti di rafforzamento anche nel retail e nell’automotive”. Quello annunciato da Google è un piano di investimenti a tutti gli effetti e, come tale, è lecito attendersi un ritorno, almeno a medie termine: “In questa fase, è difficile avere certezza sull’impatto reale, ma il nostro intento è di accelerare la ripresa, puntando su infrastrutture e competenze”, sostiene Fregi. “Anche se abbiamo stretto partnership con grandi player come Tim e Banca Intesa, vogliamo diffondere l’innovazione in modo capillare e per questo sarà importante il supporto delle Camere di Commercio, già prezioso per il progetto Crescere in Digitale. A livello di sistema-paese, è il Governo che deve dettare le linee guida e creare le giuste premesse, a partire dalla diffusione della banda larga.
Roberto Bonino
LE MACCHINE VIRTUALI DIVENTANO CONFIDENZIALI
Tutti i grandi attori del cloud stanno lavorando per far sì che la conservazione e la confidenzialità delle informazioni non sia garantita solo con la cifratura durante il trasferimento o la memorizzazione, ma anche al di fuori del loro utilizzo “in memory”. Per questo, si appoggiano soprattutto su tecnologie Trusted Execution Environments integrate nei processori e negli hypervisor moderni. Google Cloud ha scelto di arrivarci attraverso l’iniziativa di “confidential computing”, che si basa su un framework open source sviluppato internamente e denominato Asylo. Al recente Google Next ‘20, il vendor ha annunciato i primi servizi concreti frutto di questa iniziativa, le cosiddette Confidential Vm, che si eseguono su Google Cloud Engine: “Noi utilizziamo già una varietà di tecniche di isolamento e sandbox all’interno della nostra infrastruttura cloud, per aiutare a rendere sicura l’architettura multitenant”, hanno spiegato i responsabili del progetto. “Le nuove macchine virtuali confidenziali apportano un livello di sicurezza superiore, offrendo una cifratura della memoria, per far sì che le imprese possano isolare prima di tutto i loro workload in cloud. Queste Vm possono aiutare tutti i nostri clienti a proteggere i dati sensibili, ma pensiamo che possano essere interessanti anche per chi lavora nei settori regolamentati”. Tecnicamente, le Confidential Vm vengono per ora proposte esclusivamente su server fisici dotati di processori Amd Epyc di seconda generazione, poiché possono così sfruttare le funzionalità Sev (Secure Encrypted Virtualization). Tutti i dati vengono criptati in memoria durante il loro impiego nella pipeline di esecuzione. Le chiavi sono generate via hardware e sono inaccessibili anche alla stessa Google, dato che non esiste (in teoria) alcun modo di esportarle. Entra in gioco in questo contesto anche l’adozione della tecnologia Shielded Vm, introdotta da Google nel 2018 e che intende garantire la minimizzazione dei rischi di rootkit e ransomware sulle macchine virtuali. Un‘altra novità uscita da Google Next ’20 è BigQuery Omni, una soluzione analitica multicloud, che permette agli utenti di analizzare dati presi non solo da Google Cloud, ma anche da Amazon Web Services e, presto, da Microsoft Azure, senza dover abbandonare l’interfaccia BigQuery. La nuova soluzione risponde a un’esigenza molto sentita nel mondo degli utilizzatori del cloud. Uno studio di Gartner, infatti, rivela che l’80% si rivolge attualmente a diversi fornitori. Lo strumento di Google si basa su Anthos e permette di realizzare insight sui dati attraverso Sql standard o le Api BigQuery esistenti.
IL DIGITALE RIDISEGNA LA MOBILITÀ DOPO IL COVID
La pandemia ha impattato notevolmente nel mondo dei trasporti, ma una nuova esperienza di mobilità, supportata da adeguati strumenti digitali, sarà un enabler fondamentale per il rilancio del settore.
Si è tenuto lo scorso 8 luglio l’evento “Smart & Connected Mobility Summit 2020”, organizzato da The Innovation Group con l’obiettivo di comprendere l’impatto del Covid19 sul mondo dei trasporti e sulle iniziative di smart mobility, soprattutto in seguito al lockdown che tra marzo e maggio ha notevolmente ridotto la domanda di mobilità. Come affermato da Paolo Guglielminetti, Partner Global Railways & Roads Leader, PwC Italia, il Covid19 è stato un vero e proprio «cataclisma» che ha reso «indispensabile riflettere su una prospettiva di medio/lungo periodo che prenda in considerazione tutti i cambiamenti, anche nella domanda, che sono avvenuti a causa dell’emergenza sanitaria». In questo scenario per gli operatori mobili la vera sfida sarà nel prossimo futuro quella di «ricreare il Trust dei viaggiatori», un obiettivo per il cui raggiungimento svolgeranno un ruolo fondamentale i canali digitali. Si pensi, ad esempio, al Tpl (Trasporto Pubblico Locale) che durante il lockdown ha visto ridurre in maniera significativa il traffico (-85%/90%) per poi riprendersi (solo parzialmente) in un secondo momento (-60/80%). Le forti perdite subite dal Tpl rendono, da un lato, necessario ripensare i servizi di mobilità (immaginando anche delle offerte differenti da quelle del Tpl tradizionale), dall’altro avvalersi di strumenti tecnologici a condizioni economiche sostenibili. Ad esempio, una maggiore apertura dei dati da parte degli stakeholder potrebbe rendere il
LA PANDEMIA HA CAMBIATO LA MOBILITA'
Durante il Lockdown Dopo il Lockdown (nei primi tre mesi)
TPL su gomma e ferro
Shared Mobility
Spostamenti di lungo percorrenza (ferro e aereo)
Spostamenti in auto
- 85/90%
- 70/90%
- 95%
- 70/80% - 60/80%
Bike scooter - 20% Car - 50%
- 70/80%
-10% / +10%
FONTE: citymapper, lab.optotelematics, osservatorio sharing mobility, OAG, FS
sistema di trasporto più sicuro, aumentando, come suggerito in precedenza, il livello di fiducia dei passeggeri e migliorandone la percezione sulla sicurezza. Per ripromuovere la propensione a viaggiare e superare le paure generatesi, bisognerà, inoltre, applicare avanzate tecniche di precision marketing per gestire le informazioni relative ai clienti. Il tema del trust è stato affrontato anche da Mario Nobile, Direttore Generale, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che ha parlato di come durante la fase più acuta dell’emergenza si sia cercato, attraverso progetti pilota, di ricorrere alla tecnologia già esistente per fornire informazioni precise in real time su assembramenti e dematerializzare del titolo di viaggio, così da evitare qualsiasi tipologia di contatto. Sulla necessità di intervenire per rilanciare il Tpl e utilizzare lo strumento digitale per aumentare il trust dei passeggeri (evitando, ad esempio, gli assembramenti sui mezzi pubblici e favorendo il distanziamento) sono intervenuti anche Marco Granelli, Assessore a Mobilità e Ambiente, Comune di Milano (secondo cui «il trasporto pubblico dovrà rimanere un asse portante della mobilità») ed Elena Sala, Direttore Area Trasporto Pubblico, Comune di Milano, che ha ricordato come adesso, nell’ambito del Comune, vengano studiate le nuove abitudini dei passeggeri milanesi. Inoltre, ci si aspetta un maggior utilizzo nel breve dell’utilizzo dei mezzi sostenibili. Tali tematiche sono state poi riprese anche da Roberto Carreri, Direttore Ricerca, sviluppo e innovazione digitale, Atm, secondo cui bisogna promuovere lo sviluppo di una mobilità intermodale, in un’ottica di Mobility As a Service, e Diego Soulé, Market Manager, Allianz Partners Italia, per il quale il nuovo mega trend della mobilità intermodale andrà a scardinare le attuali logiche assicurative. Per Roberta Graziosi, Head of Marketing, Partnership and Commercial Promotions, Trenitalia, la vera necessità è mantenere e incrementare le operazioni di fidelizzazione del cliente, motivo per cui lo scorso giugno Trenitalia ha lanciato una nuova app che, tra le altre cose, permette il check-in digitale sul treno. Anche all’interno di Alitalia sono state modificate radicalmente le strategie di innovazione digitale. In particolare, come spiegato da Mascia Salucci, Head of Digital Sales, Acquisition & Analytics del vettore nazionale, all’interno di Alitalia è stato adottato durante l’emergenza un approccio data sharing molto più consistente ed esteso rispetto al passato, incrementando, altresì, la capacità degli stakeholder di collaborare per garantire quella che adesso è diventata la principale priorità per tutti, ossia, la sicurezza.
Quali opportunità per la mobilità sostenibile
La grande spinta alla digitalizzazione generata dall’emergenza può essere interpretata anche come un’importante occasione di sviluppo della mobilità sostenibile. Infatti, per Riccardo Breda, Enterprise Sales Leader, Cisco, il principale presupposto per la diffusione di una mobilità elettrica, condivisa e sostenibile è la realizzazione di un’infrastruttura che garantisca elevati standard di connettività: al riguardo si rende necessario lo sviluppo di una piattaforma che coniughi sicurezza e innovazione con un’attenzione particolare alle persone e all’efficienza organizzativa per i gestori dell’infrastruttura. Anche per Dario Palma, Case Implementation Manager di Mercedes-Benz Italia «il futuro della mobilità è racchiuso nei quattro concetti chiave: connessa, autonoma, condivisa ed elettrica». «Del resto – ha affermato Stefano Sordelli, Future Mobility Director, Volkswagen Group Italia – la mobilità elettrica è una delle principali forme di business che si stanno affermando oggi». Al riguardo, Federico Caleno, Head of e-Mobility Italy, Enel X, ha parlato di come all’interno di Enel X si stia lavorando, da un lato, per minimizzare il tempo di ricarica delle batterie, dall’altro per aumentare le stazioni di ricarica (l’idea è di installarne 1.500 equivalenti a 3.000 punti di ricarica). Per favorire la trasformazione all’elettrico o all’ibrido, infine, Fabio Saiu, Director Leasing & Rental Europe, Geotab ha presentato la soluzione ideata da Geotab che prevede particolari funzionalità di fleet management per ottimizzare ed efficientare il funzionamento di flotte miste.
Carmen Camarca
L’impatto della pandemia da Covid-19 sul mondo dei trasporti e della mobilità urbana è stato notevole, soprattutto in seguito alle misure che hanno imposto la chiusura di molte attività, costringendo le persone a rimanere a casa per ridurre i rischi di contagio.
TRASPORTO PUBBLICO LOCALE: QUALE FUTURO?
Se negli ultimi anni ci eravamo abituati a considerare la trasformazione dello scenario della mobilità come abilitata da innovazioni tecnologiche, che aprivano a nuovi modelli di business e trend sociali (premianti aspetti di condivisione, sostenibilità, flessibilità ed economicità), oggi, in uno scenario post-covid, il tema è comprendere quanto severo sarà l’impatto della crisi sull’intero settore. Capire quindi come il trasporto pubblico dovrà gestire sia la fase attuale di contenimento dei possibili contagi, sia la fase successiva di ripresa, e infine, quanto il lavoro da remoto – che sta entrando prepotentemente nella quotidianità di moltissime persone – andrà a impattare sulla riduzione della domanda di spostamento fisico. Per approfondire questi aspetti abbiamo intervistato Paolo Guglielminetti, Partner Global Railways & Roads Leader di PwC, che su questi temi è intervenuto nel corso dello “Smart & Connected Mobility Summit 2020” organizzato da The Innovation Group e tenutosi in forma digitale l’8 luglio scorso.
Quali opportunità legate all’innovazione tecnologica (pensiamo alle tecnologie IoT (Internet of Things) e gli algoritmi di Intelligenza Artificiale (IA) possono venire in aiuto in questo momento al trasporto pubblico? Gli operatori del Tpl utilizzano già da tempo tecnologie IoT a bordo dei mezzi, come ad esempio le telecamere per la sicurezza, sistemi che costituiscono una base da cui partire per elaborare dati sui livelli di occupazione dei mezzi, o altri sistemi di conteggio delle persone. Conoscere in tempo reale quante perso
ne ci sono oggi è fondamentale per un operatore del Tpl: da anni si è sentita l’esigenza di dati misurati e non stimati ma purtroppo in pochissimi casi si disponeva, sia per mezzi pubblici sia per le stazioni del metrò, di sistemi di rilevazione delle persone, considerati per lo più dei “Nice to have” o funzionali solo ad un reporting “ex-post”. Oggi invece questi dati sono utilissimi per verificare il rispetto di vincoli di sicurezza sanitaria, oltre che per informare i cittadini con “early warning” sulla potenziale saturazione dei mezzi. Inoltre, saranno fondamentali anche nel medio termine, ad esempio per comunicare agli utenti quando viaggiare in condizioni meno affollate, oppure ad uso interno degli operatori per pianificare correttamente ed aggiornare dinamicamente la frequenza e la capacità su ciascuna linea, fino ad immaginare
Paolo Guglielminetti
sistemi di prenotazione dei posti disponibili anche sulle linee della mobilità locale.
Qual è la situazione attuale con riferimento all’utilizzo del trasporto pubblico? Al momento persiste una forte riluttanza dei cittadini ad utilizzare il Tpl, e non solo in Italia. Siamo – con poche eccezioni – attorno a un 20/30% di utenti del Tpl rispetto al periodo pre-Covid-19, con dati ancora più bassi nelle città dove la domanda legata al trasporto scolastico è tradizionalmente più forte. Il sistema del trasporto pubblico così non può reggere dal punto di vista economico, nonostante gli aiuti statali messi in campo. Gli operatori del Tpl, se vogliono stimolare il ritorno a bordo i passeggeri, dovranno necessariamente dimostrare agli utenti che, anche grazie alla tecnologia, riescono a gestire la situazione in piena sicurezza e comfort (a nessuno piace viaggiare in mezzi sovraffollati, al di là degli attuali rischi). Bisogna ridare fiducia a viaggiare sul trasporto pubblico, altrimenti con la riapertura di scuole ed università in autunno non si sarà in grado di dare una risposta (per limiti evidenti di capacità stradale e sostenibilità ambientale) a un’utenza che in questa fase ricorre principalmente a soluzioni di mobilità individuale, quindi soprattutto l’auto privata individuale.
L’emergenza ha dimostrato che andiamo verso un mondo sempre più digitalizzato e connesso: quali nuovi servizi di Mobility-as-a-service (MaaS) potrebbero nascere in questo contesto, per favorire ulteriormente la ripresa degli spostamenti? All’utente non basta ricevere dal Tpl informazioni di affollamento: quello di cui tutti hanno bisogno è un servizio endto-end, sapere e poter scegliere rapidamente le alternative per muoversi da A a B. Quindi, una riposta al Covid-19 potrebbe anche essere una maggiore sviluppo delle piattaforme MaaS, che possono consentire, appunto, di accedere a linee alternative o a soluzioni di mobilità innovative, quando l’opzione base è troppo affollata. Oggi il MaaS è una grossa opportunità ma richiede un quadro più incentivante perché gli operatori ne facciano parte. In Italia manca un quadro di riferimento comune, che induca gli oltre 900 operatori del Tpl ad aderire a una sola piattaforma, almeno per la condivisione dei dati con formati e livelli di aggiornamento standardizzati. Qualunque app di mobilità si utilizzi oggi, non mette a disposizione tutte le linee o tutte le possibilità di trasporto, o contiene dati non completamente aggiornati. Occorre allora creare le condizioni abilitanti affinché una piattaforma MaaS dovrebbe costituisca davvero un punto unico ed affidabile di accesso per la mobilità. In Piemonte, ad esempio, è in via di sviluppo un layer che consente ai diversi operatori di condividere i propri dati, secondo adeguati formati e livelli di servizio: in questo modo, chiunque può poi utilizzare queste informazioni, un approccio che andrebbe esteso a livello nazionale. Tutti (dagli operatori del Tpl ai gestori di piattaforme per la pianificazione dei viaggi) potranno poi avere accesso a tutte le informazioni, aggiornate ed attendibili, e veicolarle attraverso la propria app.