Le OGR Torino puntano sull’Intelligenza Artificiale
La mostra esplora la trasformazione della definizione di umano su un pianeta avvolto in un sistema pericolosamente ridisegnato dall’algoritmo
Come cambiano i comportamenti individuali e collettivi quando siamo costantemente classificati, misurati, simulati e riprogrammati?
La trasformazione della definizione di umano su un pianeta completamente avvolto in un sistema di calcolo invisibile eppure pericolosamente pervasivo, è esplorata nella nuova mostra alle OGR Torino, Perfect Behaviors.
La vita ridisegnata dall’algoritmo, aperta al pubblico dal 29 marzo al 25 giugno, con le opere di Universal Everything , Paolo Cirio, Eva e Franco Mattes, Brent Watanabe, Geumhyung Jeong e James Bridle.
Curato da Giorgio Olivero, il percorso espositivo esplora la collisione di persone e dati, codici e IRL, conoscenza e controllo, mettendo in luce e in discussione come tutto questo ci trasformi e modelli il mondo che ci circonda. Perfect Behaviors mette in dubbio l’idea di intelligenza artificiale e mondo dei dati come potenti creature autonome dentro opache scatole nere, sottolineando come, dall’altra parte di strumenti di misurazione di miliardi di interazioni, ci sia sempre qualcuno di umano.
«La mostra – spiega il curatore – pone una domanda urgente: cosa succede quando l’ordine del mondo viene quotidianamente sostituito, aggiornato in modo invisibile dall’evoluzione tecnica? Ecco che ci accoglie e accompagna un senso di radicale incertezza: sappiamo che
ci stiamo trasformando, ma non sappiamo ancora in cosa. Con questo progetto le OGR ribadiscono la volontà di essere piattaforma per discutere dei temi della contemporaneità e mettere in luce il ruolo della tecnologia nel dare forma alla realtà sociale».
Realizzata negli spazi dei Binari 1 e 2, la mostra presenta lavori a prima vista molto diversi eppure tutti rivolti allo stesso obiettivo, quello di aiutarci a vedere ciò che, invisibile, ci è più vicino. Le opere descrivono mondi di folle sintetiche coreografate in comportamenti perfetti, offrono inventari di centinaia di brevetti con
intenzioni manipolative, mostrano videogiochi che non hanno più bisogno di noi, raccontano la sofferenza dei bot umani incaricati di fare pulizia nel flusso dei social e ci presentano aperture a dimensioni di intelligenze altre, autonome, non più dipendenti dall’essere umano.
Una costellazione di lavori che restituisce al visitatore narrazioni alternative al determinismo tecnologico dominante. Tutti gli artisti in mostra, infatti, sono anche autori di tecnologie: scrivono software, utilizzano modelli e simulazioni, progettano elettronica, disegnano macchine. Con Perfect Behaviors le OGR ampliano, integrano e arricchiscono il loro racconto su tecnologia e contemporaneo, parte di un percorso di lettura del presente, per sviluppare un vocabolario che ci aiuti ad affrontare la complessità del reale, aprendo uno spazio di riflessione che insinua dubbio, incertezza e una visione plurale del futuro.
Accompagna la serata d’inaugurazione la performance di Lorem, Distrust Everything: un live set audio-video che immerge i visitatori in un sogno allucinato realizzato attraverso sistemi di intelligenza artificiale. Reti neurali generative analizzano l’archivio che raccoglie 21 anni di trascrizioni dei sogni di Mirek Amendant Hardiker, artista americano ed ex ricercatore di Stanford. Partendo dai sogni, il sistema ne elabora uno radicalmente nuovo, attorno a cui si sviluppa la performance audiovisiva.
Massimo Lapucci, CEO delle OGR Torino, dichiara: «Il ruolo delle OGR quale catalizzatore del progresso ci richiede innanzitutto di
facilitare l’incontro tra profit e non-profit, tra livello locale, nazionale e internazionale, e tra startup, scaleup, corporate e investor, ma anche tra diverse discipline: metaverso e finanza, inclusione e gaming, AI e big data con impatto sociale. È in questo contesto che si inseriscono il megatrend dell’ArTechnology – termine coniato nel 2022 proprio alle OGR – e i “Perfect Behaviors” che rappresentano, per noi delle OGR, un’ideale sintesi in chiave umanistica del lavoro e della mission delle OGR Tech. Se queste ultime esplorano le nuove
opportunità di sviluppo in verticali disruptive ad alto potenziale – dalle smart city all’edutech – la mostra, grazie a sei artisti d’eccezione, vuole essere una riflessione sull’impatto che le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale stanno avendo e avranno sulle persone e sulla loro quotidianità, con l’obiettivo di accogliere punti di vista diversi, guardare il presente da nuove prospettive e formare cittadine e cittadini pronti ad affrontare con ottimismo un futuro migliore».
Accordo
triennale tra Fondazione CR Firenze e Intesa Sanpaolo: tre grandi mostre sulla fotografia del Novecento
La “Grande Fotografia Italiana” nel progetto di Roberto Koch per le Gallerie d’Italia arriva a Firenze con tre grandi mostre a Villa Bardini
redazione
Firmato un accordo triennale che prevede di portare nel centro espositivo di Villa Bardini a Firenze le mostre del progetto delle Gallerie d’Italia, La Grande Fotografia Italiana affidato a Roberto Koch, editore, curatore, fotografo e organizzatore di eventi culturali intorno alla fotografia, che celebra la grande fotografia italiana del Novecento attraverso i suoi grandi maestri.
Michele Coppola, Executive Director Arte, Cultura e Beni Storici di Intesa Sanpaolo, afferma: «La nuova collaborazione con Fondazione CR Firenze, che unisce Gallerie d’Italia e Villa Bardini attorno al tema della fotografia in una prospettiva pluriennale, conferma e accresce le sinergie in un comune impegno nei confronti di questa straordinaria città. L’iniziativa arricchisce il lavoro fatto con la Fondazione, riconoscendo all’arte e alla cultura un ruolo chiave nei processi di crescita civile e sociale».
Le tre mostre in programma, inaugurate alle Gallerie d’Italia – Torino, in Piazza San Carlo –che insieme alle sedi di Milano, Napoli e Vicenza costituiscono il polo museale di Intesa Sanpaolo – avranno poi un nuovo allestimento a Firenze, a Villa Bardini, che si posiziona sempre più come centro di promozione della fotografia nel capoluogo toscano. «Villa Bardini – dichiara il Presidente della Fondazioni Parchi Monumentali Bardini e Peyron Jacopo Speranza –ha dimostrato, soprattutto in questi ultimi anni, di essere una apprezzata Casa della fotografia internazionale. L’accordo con Intesa Sanpaolo consolida il valore del nostro progetto con un ciclo di mostre che uniscono al loro indubbio
valore scientifico la bellezza della nostra terrazza con vista che si affaccia su uno dei più bei panorami del mondo».
La prima mostra in programma a Firenze, dal 3 maggio all’8 ottobre, è la monografica Lisetta Carmi. Suonare forte, a cura di Giovanni Battista Martini, curatore dell’Archivio della fotografa. In programma per il 2024 anche la mostra su Mimmo Jodice, che sarà inaugurata
a fine giugno 2023 alle Gallerie d’Italia – Torino, a cura di Mario Martone con un progetto che ripercorre le prime immagini di sperimentazione degli anni Sessanta fino alla lunga stagione della fotografia sociale e alle ricognizioni nelle città contemporanee e alla riflessione sull’antico. Nel 2025 arriveranno, invece, a Villa Bardini le fotografie di Mario Giacomelli e Antonio Biasiucci, a cura di Mimmo Paladino. «Rafforziamo con questo importante accordo – dichiara
il Presidente di Fondazione CR Firenze Luigi Salvadori – la nostra collaborazione con Intesa Sanpaolo di cui siamo significativi azionisti. Assieme a loro stiamo realizzando rilevanti progetti strategici per lo sviluppo del territorio che interessano vari ambiti del nostro tessuto sociale, produttivo e culturale. L’adesione a questo programma vuole qualificare ulteriormente i nostri interventi in ambito artistico con proposte di altissimo livello e di ampio respiro».
Dolce&Gabbana sostiene la cultura diventando partner del FAI fino al 2026
Per tre anni le due realtà costruiranno un percorso sinergico di iniziative volte a promuovere il patrimonio del Paese
Ancora un’azione privata, da parte di un marchio di moda, a sostegno della cultura del BelPaese. Dolce&Gabbana diventa infatti partner istituzionale del FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano per supportare la valorizzazione il patrimonio artistico, culturale e ambientale italiano. Fino al 2026 le due realtà costruiranno un percorso sinergico di iniziative volte a promuovere l’impegno a favore della tutela delle bellezze e del patrimonio del Paese sulla base dei loro valori comuni: italianità, cultura, tradizione, educazione e bellezza.
“Fin dalla sua fondazione – comunica il marchio di moda sul suo sito ufficiale – Dolce&Gabbana riconosce e promuove l’eccellenza delle tante maestranze artigiane dell’Italia e delle bellezze artistiche e architettoniche del territorio: un tesoro dal valore inestimabile da preservare dall’usura del tempo, che inevitabilmente si intreccia con la storia, la cultura e le tradizioni della penisola. Dai chiari riferimenti all’italianità che costellano la produzione creativa del brand all’ideale Grand Tour dell’Alta Moda, che ogni anno tocca alcune delle località più suggestive d’Italia alla riscoperta della sua autentica bellezza, l’impegno di Dolce&Gabbana nella promozione delle eccellenze del Paese nel mondo è intrinseco nel suo DNA”.
Si va così a rafforzare il legame del marchio con il territorio, attraverso l’ufficializzazione di una partnership di tre anni che andrà a coinvolgere le comunità e a contribuire attivamente alla creazione di valore sociale.
In occasione della Design Week di Milano, Dolce&Gabbana celebrerà questa nuova sinergia con un allestimento speciale delle vetrine delle boutique in città e la presentazione di contenuti realizzati in esclusiva per la Virtual Room dello store Dolce&Gabbana Casa in Corso Venezia 7, che metteranno in dialogo alcuni dei Beni della Fondazione con l’universo creativo del brand.
Ipotesi Metaverso.
A Palazzo Cipolla
coesistono mondi alternativi
Grandi artisti del passato incontrano i contemporanei sul terreno dell’immaginazione e della creazione di nuove dimensioni spaziali
Altalene immersive, filosofia digitale zen, tecnonatura, visori di realtà virtuale, intelligenza artificiale, sculture blockchain, poesia e suoni generativi. Dal 5 aprile, l’ottocentesco Palazzo Cipolla di Roma, in via del Corso, si prepara ad accogliere Ipotesi Metaverso, una tra le prime mostre internazionali a porsi domande e ipotesi sul concetto tecnologico/esistenziale di Metaverso, con un’immersione nella mente dei creatori di mondi dal Barocco ad oggi. Un viaggio fisico e mentale che spinge lo spettatore ad immergersi all’interno di mondi e visioni attraverso la pittura, la scultura, l’arte digitale, la danza, la poesia, la musica, fino all’in-
telligenza artificiale. La mostra, a cura di Gabriele Simongini e Serena Tabacchi, è promossa dalla Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale, presieduta dal Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele, ed è realizzata da Poema SpA
Una serie di esperienze multisensoriali e multimediali, visioni di mondi possibili creati dal genio di artisti nazionali e internazionali, in dialogo con opere del passato di pittori che hanno immaginato altre “realtà”, a partire fin dal Barocco. L’esperienza fisica, materiale, entra così in cortocircuito con quella digitale e immersiva, stimolando il visitato-
re a interrogarsi sulle modalità percettive di oggi e del futuro. «Al fine di sottolineare che l’ipotetico Metaverso, nuova dimensione ipertecnologica, si debba aggiungere alla vita reale senza sostituirla, quadri e sculture di artisti che hanno creato “mondi” alternativi coesistono con opere immersive, per proporre al visitatore, spesso chiamato in causa come “attore” della mostra, un rapporto equilibrato, anche se talvolta spiazzante, fra fisico e digitale. Una sorta di “laboratorio per il futuro”, con l’intento di offrire al visitatore un’esperienza che si suppone essere, per certi aspetti, simile a quella degli anni a venire, nella coesistenza di contemplazione ed immersione, percezione quasi simultanea del materiale e dell’immateriale, fra stabilità
e fluttuazione.» dichiarano i curatori Simongini e Tabacchi.
Frutto dell’intuizione e della visione del Prof. Emanuele, il quale ha dato vita nel 1999 allo spazio espositivo di Palazzo Cipolla, curandone personalmente la programmazione e spaziando dall’arte antica all’arte contemporanea, Ipotesi Metaverso vedrà dialogare insieme le opere storiche di Carlo Maratti, Andrea Pozzo, Giovanni Battista Piranesi, Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Fortunato Depero, De Pistoris, Giorgio de Chirico, Maurits Cornelis Escher, Victor Vasarely, Ugo Nespolo, Giulio Paolini, Giuseppe Fiducia, Pier Augusto Breccia, Alfredo Zelli, Cesar Santos, e le opere di
alcuni tra gli artisti digitali più innovativi e dirompenti della scena contemporanea italiana e internazionale: Robert Alice, Refik Anadol, Alex Braga, Joshua Chaplin, Sofia Crespo e/and Feileacan McCormick, Damjanski, Primavera De Filippi, fuse*, Fabio Giampietro con/with Paolo Di Giacomo, Krista Kim, Mario Klingemann, Pak, Joe Pease, Federico Solmi, Sasha Stiles, Pinar Yoldas. Ogni opera digitale è pensata come un progetto site-specific, legato allo spazio del Palazzo e in armonia con il resto del percorso espositivo, all’interno del quale saranno definiti regole e spazi
sempre diversi: un’altalena speciale darà al visitatore la sensazione di tuffarsi in un mondo parallelo, immagini digitali prenderanno improvvisamente corpo nella realtà fisica, un’opera immersiva visualizzerà la “filosofia digitale zen”, una performance sonora creerà un’esperienza di moltiplicazione sensoriale, ci si immergerà in poesie generative, si incontreranno sculture costruite su tecnologia blockchain e opere interattive che uniscono scienze biologiche e tecnologie digitali con la creazione di una “seconda natura”.
«La tecnologia digitale, portando il futuro nel presente, sta cambiando il modo di vedere la realtà, intervenendo in modo incisivo nel nostro vivere quotidiano. Anche l’arte si è uniformata a questa coesistenza tra passato, presente e futuro, e una delle ultime mostre da me realizzate a Palazzo Cipolla in ordine di tempo, quella di Quayola, ne è la dimostrazione.» afferma il Prof. Emanuele,
Presidente della Fondazione Terzo Pilastro. «La mostra che presentiamo permette di coniugare, attraverso il dialogo tra 32 artisti storici e contemporanei provenienti da tutto il mondo, la tradizione, che rimane un punto di riferimento imprescindibile, con il nuovo che avanza, con il mondo digitale, mediante l’apporto delle nuove tecnologie, le quali costituiscono una rivoluzione anche
nella maniera di manifestare il sentimento che è da sempre alla base di ogni opera d’arte, in qualsiasi epoca».
Il catalogo della mostra è edito da DRAGO
Ipotesi Metaverso a cura di Gabriele Simongini e Serena Tabacchi promossa dalla Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale realizzata da Poema SpA 5 aprile – 23 luglio 2023
Palazzo Cipolla – via del Corso, Roma
Al MiC il confronto degli esperti sulla Circolazione delle opere d’arte in Europa
Più vicini a proposte concrete per l’Italia.
Il Sottosegretario Sgarbi: «Nel nostro Paese
c’è un sistema protettivo di stampo fascista»
«È opportuno notificare opere che abbiano meno di 100 anni? Non si può più vendere un quadro del ’62, più giovane di me?». Con il suo solito piglio provocatorio, il Sottosegretario Vittorio Sgarbi ha portato sul banco del Ministero della Cultura una questione dibattuta in materia di mercato nazionale e internazionale: quella della circolazione delle opere d’arte. Il 20 aprile, in un lungo e articolato convegno nella Sala Spadolini del Ministero della Cultura, esperti italiani e stranieri si sono incontrati per discutere su questo tema molto caro al sistema dell’arte verso il quale anche il nuovo governo sembra mostrare una particolare sensibilità.
All’appuntamento, diviso in due sessioni (una mattutina dalle 10,00 alle 13,00) e una pomeridiana (dalle 15,00 alle 20,00) sono intervenuti, moderati dal prof. Fabio Canessa: il Sottosegretario di Stato alla Cultura Vittorio Sgarbi, Caterina Bon Val Sassina, Storica dell’arte, Antonio Tarasco, Capo dell’Ufficio Legislativo del Ministero della Cultura; Stefania Bisaglia, Dirigente del Ministero della Cultura, esperta i circolazione delle opere d’arte; Anna Somers Cock, storica dell’arte ed editrice; Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi di Firenze; Gloria Gatti, avvocato esperta del patrimonio culturale; Francesco Salamone, avvocato specializzato nel diritto delle opere d’arte e docente universitario; Giuseppe Calabi, avvo-
cato esperto in diritto dell’arte; Salvatore Settis, archeologo e storico dell’arte; Peter Glidewell, esperto d’arte; Francesca Cappelletti, direttrice Galleria Borghese; Pietro Valsecchi, collezionista e produttore cinematografico; Matteo Smolizza, direttore casa d’aste; Philippe Plantade, giurista francese; Alessandra Di Castro, antiquario; Claudio Consolo, professore di Diritto processuale civile alla Sapienza;
Francesco Petrucci, conservatore di Palazzo Chigi ad Ariccia; Generale Vincenzo Molinese, Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale.
Punti di vista differenti, quelli degli ospiti, e tanti i temi toccati durante la giornata che ha fatto emergere l’insoddisfazione verso un sistema giuridico che porta ancora l’impronta della prima legge organica in materia di tutela del patrimonio culturale risalente al primo decennio del ‘900 e che per molti ha urgente necessità di essere aggiornato in una società che è cambiata nelle sue dinamiche sia artistiche sia economiche. La storia da parecchi anni è sempre la stessa: il nostro Paese possiede un patrimonio sconfinato ma, rispetto al resto dell’Europa, è interessato da leggi che non agevolano la circolazione dei beni culturali ma, anzi, in alcuni casi (molti evidenziati dagli interventi della giornata) ostacolano la fruizione delle opere.
«In Francia – ha affermato il Sottosegretario Sgarbi – se un’opera interessa allo Stato, lo Stato la compra, non la tiene in ostaggio. Se non c’è un mercato un’opera non esiste,
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e chi la fa esistere deve essere premiato, non punito. E perché un’opera deve essere libera solo se vale meno di 13.500 euro? Chi ha detto che se costa più di 13.500 euro diventa importante per il patrimonio nazionale? Importante è invece che ci sia qualcuno che capisca quando una cosa è degna davvero di interesse e quando no».
Ad essere in particolare oggetto di discussione è il concetto di “notifica”, un termine utilizzato nel gergo dell’arte e dell’antiquariato per indicare quell’insieme di passaggi, risalente alla Legge Bottai, che coinvolge il Ministero dei beni e delle attività culturali. In pratica, attraverso il Direttore Regionale competente per materia e a seguito di apposite indagini di tipo amministrativo, il Ministero ha la facoltà di riconoscere l’”interesse particolarmente importante” di un bene dal punto di vista culturale, artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. «La parola notifica – con toni provocatori Pietro Valsecchi che da 25 anni colleziona opere d’arte – non si dovrebbe utilizzare affatto. Il collezionista in Italia è lasciato solo, non possiamo vivere nella paura». Un punto di vista condiviso da Sgarbi che
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ha affermato: «Il collezionista non è un criminale ma a volte è meglio degli storici dell’arte, lavora per lo Stato e il suo lavoro va rispettato. In Italia vige un sistema protettivo di stampo fascista. Per togliere il fascismo anche da queste azioni di repressione nei confronti del privato vanno istruiti anche i funzionari del Ministero per delimitare i confini entro i quali si può notificare un’opera».
La questione, tuttavia, non è affatto semplice poiché, in questa logica, ogni bene non notificato si deve presumere di proprietà dello Stato. A dimostrazione di ciò le aste che si sono svolte negli ultimi anni, aste anche importanti, che si sono viste costrette ad annullare alcune vendite di lotti perché improvvisamente “raggiunti” dalla notifica di dichiarazione di Interesse Culturale. Per i collezionisti sia italiani che stranieri si tratta di una dinamica ormai insostenibile che, oltre a causare un deprezzamento dell’autore stesso – il cui valore di mercato viene di fatto congelato – provoca un allarme tale da scoraggiare i compratori, contribuendo a tagliar fuori il nostro Paese dai meccanismi economici che governano il sistema dell’arte.
«Possiamo parlare – ha affermato l’avvocato Massimo Sterpi, invitato a esprimere il proprio parere sul tema – di suicidio dell’arte italiana. La gente è terrorizzata anche dai prestiti delle opere dall’estero. Se un collezionista fa tornare un’opera uscita dall’Italia, rischia una denuncia per ricettazione!».
Il punto di vista di collezionisti, galleristi, avvocati ed economisti appare piuttosto chiaro nell’esigere una riforma del sistema fiscale, come abbiamo visto anche nell’inchiesta sul tema condotta da Inside Art nelle scorse settimane. Più morbido pare l’approccio degli studiosi e degli storici dell’arte che tendono comunque a evidenziare che, oltre all’aspetto di mercato – fondamentale per la salute e la crescita del mondo dell’arte – è opportuno tener sempre presente la tutela del nostro Patrimonio.
In questo senso si sono diretti gli interventi di Salvatore Settis: «Sarà impossibile – ha affermato – trovare un accordo che sia la perfezione. C’è sempre un compromesso tra la concezione della proprietà privata e della proprietà pubblica. L’aspetto patrimoniale va tenuto in conto così come quello storico contestuale. Il caso dell’Italia è sempre stato diverso da quello del resto del mondo, non riduciamoci a imitare gli altri».
In una linea più moderata si è inserita anche Anna Coliva che da tanti anni lavora in ambito ministeriale: «Mi sento di difendere le leggi che hanno regolato il nostro sistema fino ad oggi – ha chiarito – non serve buttare via tutto ma si potrebbe intervenire con il bisturi anche solo per modificare alcuni aspetti normativi semplicemente aprendoli a una diversa interpretazione».
La soluzione, insomma, non sembra essere dietro l’angolo ma, come ha concluso il Sottosegretario Sgarbi, lo scopo finale è quello di mettere nero su bianco una se-
rie di proposte – questa volta – efficaci e realistiche. Senz’altro iniziative come questa possono aprire l’orizzonte a una serie di migliorie che, oltre a favorire il mercato e
i collezionisti, diano al nostro Paese e agli artisti italiani il giusto riconoscimento che si meritano. E in fondo speriamo sia questo l’obiettivo comune per tutti.