Eugenio Marcuzzi
Passeggiando in India
euro 35,00
Eugenio Marcuzzi
Passeggiando in India
c o l l a n a
a r t e
Dedicato a Tommaso e Mia
Eugenio Marcuzzi
Passeggiando in India
Kerala e Rajasthan
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Lo Spirito, senza muoversi, è più veloce della mente; i sensi non possono raggiungerlo: Egli è sempre al di là di essi. Rimanendo immobile, supera coloro che corrono. Lo spirito della vita porta i flussi dell’azione verso l’oceano del suo essere. Si muove, e non si muove. E’ lontano, ed è vicino. E’ dentro di tutti, ed è fuori di tutti. Chi vede tutti gli esseri nel suo stesso Sé, ed il suo Sé in tutti gli esseri, perde ogni paura. Isha Upanishad
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Sono irrequieto. Sono assetato di cose lontane. La mia anima esce anelando di toccare l’orlo dell’oscura lontananza. O Grande Aldilà, oh, l’acuto richiamo del tuo flauto! Dimentico, sempre dimentico, che non ho ali per volare. Sono impaziente e insonne, sono straniero in una terra straniera. Il tuo alito mi giunge sussurrando una impossibile speranza. Il mio cuore comprende il tuo linguaggio come fosse lo stesso ch’egli parla. O Lontano-da-cercare, oh, l’acuto richiamo del tuo flauto! Dimentico, sempre dimentico, che non conosco la strada, che non ho il cavallo alato. Non c’è nulla che desti il mio interesse, sono un vagabondo nel mio cuore. Nella nebbia assolata delle languide ore, quale visione grandiosa prende forma nell’azzurro del cielo! O Meta Lontanissima, oh, l’acuto richiamo del tuo flauto! Dimentico, sempre dimentico, che tutti i cancelli sono chiusi nella casa dove vivo solitario! Rabindranath Tagore
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Ahimé, perché costruirono la mia casa sulla strada che porta al mercato? Essi ormeggiano i loro battelli carichi presso i miei alberi. Essi vengono e vanno e passeggiano a loro piacere. lo siedo e li osservo; il mio tempo passa lentamente. Scacciarli non posso. E così passano i miei giorni.
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Notte e giorno i loro passi risuonano davanti alla mia porta. Invano grido: «lo non vi conosco». Alcuni d’essi son noti alle mie dita, alcuni alle mie narici, il sangue delle mie vene sembra conoscerli, e alcuni son noti ai miei sogni. Scacciarli non posso. Li chiamo e dico: «Venga a casa mia chiunque vuole. Sì, venite».
Al mattino la campana suona nel tempio. Essi vengono reggendo in mano i loro canestri. I loro piedi sono rosso-rosati. I loro volti sono illuminati dalla prima luce dell’alba. Scacciarli non posso. Li chiamo e dico: «Venite a cogliere fiori nel mio giardino. Venite». A mezzogiorno il gong risuona al cancello del palazzo. Non capisco perché lasciano il lavoro e gironzolano intorno alla mia siepe. I fiori nei loro capelli sono pallidi e appassiti; le note dei loro flauti son languide. Scacciarli non posso. Li chiamo e dico: L’ombra è fresca sotto i miei alberi. Amici, venite». A notte i grilli friniscono nei boschi. Chi viene lentamente e bussa gentilmente alla mia porta? Il viso intravvedo vagamente, nessuna parola viene pronunciata, il silenzio della notte è tutto intorno. Scacciare il mio muto ospite non posso. Osservo il suo volto nell’oscurità, e passano ore di sogno. Rabindranath Tagore
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Al mattino gettai la mia rete nel mare. Trassi dall’oscuro abisso cose di strano aspetto e di strana bellezza - alcune brillavano come un sorriso, alcune luccicavano come lacrime, e alcune erano rosee come le guance d’una sposa. Quando, alla fine del giorno, tornai a casa con il mio bottino, il mio amore sedeva nel giardino sfogliando oziosamente un fiore. Esitante deposi ai suoi piedi tutto quello che avevo pescato. Lei guardò distrattamente e disse: «Che strani oggetti sono questi? Non capisco a che possano servire». Chinai il capo, vergognoso, pensando: «Non ho lottato per conquistarli, non li ho comperati al mercato; non sono doni degni di lei». E per tutta la notte li gettai a uno a uno sulla strada. Al mattino vennero dei viaggiatori; li raccolsero e li portarono in paesi lontani. Rabindranath Tagore
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“M’abbandono fidente a quel Sé donde l’universo sboccia dispiegandosi con la separazione dell’oggetto privo di coscienza dal soggetto cosciente, il Danzatore nella sala delle assemblee del santuario dell’Esperienza”
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A lungo durerà il mio viaggio e lunga è la via da percorrere. Uscii sul mio carro ai primi albori del giorno, e proseguii il mio viaggio attraverso i deserti del mondo e lasciai la mia traccia su molte stelle e pianeti. Sono le vie più remote che portano più vicino a te stesso; è con lo studio più arduo che si ottiene la semplicità d’una melodia. Il viandante deve bussare a molte porte straniere per arrivare alla sua, e bisogna viaggiare per tutti i mondi esteriori per giungere infine al sacrario più segreto all’interno del cuore. I miei occhi vagarono lontano prima che li chiudessi dicendo: «Eccoti!» Il grido e la domanda: «Dove?» si sciolgono nelle lacrime di mille fiumi e inondano il mondo con la certezza: «lo sono!» Rabindranath Tagore
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Nella mia vita ho amato, cuore ed anima, luci ed ombre della terra. Questo amore senza fine ha fatto udire la voce della speranza nell’azzurro del cielo. E rimarrà nella felicità e nel dolore più profondo, rimarrà in ogni gemma ed in ogni fiore, nelle notti primaverili ed estive. Ho messo l’anello di nozze alla mano del futuro. Rabindranath Tagore
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Non so come tu canti, mio signore! Sempre ti ascolto in silenzioso stupore. La luce della tua musica illumina il mondo. Il soffio della tua musica corre da cielo a cielo. L’onda sacra della tua musica irrompe tra gli ostacoli pietrosi e scorre impetuosa in avanti. Il cuore anela di unirsi al tuo canto, ma invano cerco una voce. Vorrei parlare, ma le mie parole non si fondono in canti e impotente grido. Hai fatto prigioniero il mio cuore nelle infinite reti della tua musica. Rabindranath Tagore
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“Una vecchia leggenda indù racconta che vi fu un tempo in cui tutti gli uomini erano Dei. Essi però abusarono talmente della loro divinità, che Brahma - signore degli dei - decise di privarli del potere divino e di nasconderlo in un posto dove fosse impossibile trovarlo. Il grande problema fu quello di trovare un nascondiglio... E fu così che Brahma disse: “Ecco ciò che faremo della divinità dell’uomo: la nasconderemo nel suo io più profondo e segreto, perché è il solo posto dove non gli verrà mai in mente di cercarla”. A partire da quel tempo, conclude la leggenda, l’uomo ha compiuto il periplo della terra, ha esplorato, scalato montagne, scavato la terra e si è immerso nei mari alla ricerca di qualcosa che si trova dentro di lui.”
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Ogni Alba porta un nuovo giorno, lavando con la luce della speranza le macchie e la polvere dello spirito vuoto di ogni giorno passato. Vuoi celare te stesso! Il cuore non ubbidisce, diffonde luce dagli occhi. Nella vita non c’è speranza di evitare il dolore: che tu possa trovare nell’animo la forza per sopportarlo. Cieco, non sai che l’andare e il venire camminano sulla stessa strada? Se sbarri la strada all’andata perdi la speranza del ritorno… Rabindranath Tagore
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“Questo è uno dei miei quello è un estraneo” cosí sono i discorsi dei meschini: ma coloro che fanno grandi cose hanno la terra intera per famiglia. Detto Sanscrito
O stolto, che cerchi di portare te stesso sulle tue spalle! Mendicante, che vieni a mendicare alla porta della tua casa!
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Deponi ogni fardello in queste mani che tutto sanno sopportare, non voltarti mai indietro a guardare il passato con rimpianto. Il desiderio subito spegne la fiamma d’ogni lampada che sfiora. E’ empio - non prendere doni dalle sue mani impure. Accetta soltanto quello ch’è offerto dall’amore. Rabindranath Tagore
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Un pugno d’arena potea nascondere il Tuo segno, quando io ne ignoravo il significato. Or che sono più savio, leggo il Tuo segno in quanto dianzi lo nascondeva. E’ dipinto sulle corolle dei fìori, è portato scintillante sulla spuma dell’onda, è inalzato in vetta alle colline. Distolta la faccia da Te, io scorgevo le lettere a rovescio: onde non potevo coglierne il senso. Rabindranath Tagore
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O sole che doni la luce, progenie del Signore della creazione, veggente solitario dei cieli! Diffondi la tua luce e ritira il tuo splendore accecante, affinchÊ possa vedere la tua forma radiosa: quello Spirito lontano dentro di te è il mio Spirito interiore piÚ profondo. Possa la vita andare verso la vita immortale, e il corpo andare nelle ceneri. OM O Anima mia, ricorda gli sforzi passati, ricorda! O anima mia, ricorda gli sforzi passati, ricorda! Isha Upanishad
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Dove son già fatte le strade, io smarrisco il cammino. Nell’oceano immenso, nel cielo azzurro non è traccia di sentiero. La vittoria è nascosta dalle ali degli uccelli, dal fulgor delle stelle, dai fiori delle alterne stagioni. E io domando al cuore, se il suo sangue porti seco la conoscenza dell’invisibile via. Rabindranath Tagore
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Il Tempo sprigiona gli esseri, il Tempo riassorbe gli (esseri) sprigionati: tutti sono assoggettati al dominio del Tempo, né il Tempo è assoggettato al dominio di chicchessia. Esso, eterno, regge dall’interno tutto quanto quest’(universo) Lo si chiama Beato Prâna, l’onnisciente Purusottama. I saggi han detto la mente superiore a tutti i sensi, l’Ahamkâra, poi, alla mente ed il Mahat superiore all’Ahamkâra, superiore al Mahat l’Immanifesto, all’Immanifesto il Sommo Purusa, al Purusa il Beato Prâna: suo è tutto quest’universo. Îçvaragîtâ
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Smettila di cantare i tuoi inni, di recitare le tue orazioni! Chi adori in quest’angolo buio e solitario d’un tempio le cui porte sono tutte chiuse? Apri i tuoi occhi e guarda: non è qui il tuo Dio.
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E’ là dove l’aratore ara la dura terra, dove lo spaccapietre lavora alla strada. E’ con loro nel sole e nella pioggia, la sua veste è coperta di polvere. Levati il manto sacro e scendi con lui nella polvere. Liberazione? Dove credi di poter trovare liberazione? Il tuo stesso signore ha preso su di sé lietamente i legami della creazione - è legato a noi tutti per sempre. Lascia le tue meditazioni, abbandona l’incenso e i tuoi fiori! Che male c’è se le tue vesti diventano sporche e stracciate? Va incontro a lui, sta presso di lui nel lavoro e nel sudore della fronte. Rabindranath Tagore
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“Qual è il sentiero per cui non sei attingibile, qual è la parola da cui non sei pronunciato, qual è la meditazione con cui non sei meditato, ovvero cos’è, cos’è ciò che Tu non sei, oh Signore?” Bhattanârâyana, Stavacintâmani
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«Egli contiene tutte le opere, tutti i desideri, tutti i profumi e tutti i gusti. Egli abbraccia l’intero universo; egli è oltre la parola e oltre i desideri. Egli è il mio ātman all’interno del mio cuore, egli è Brahman. Andandomene di qui io mi fonderò in lui. Colui che dice così invero non ha dubbi. Così parlò Śāndilya, così Śāndilya». (Chāndogya Upaniṣad III 14, 4; citato in R. Panikkar, I Veda. Mantramañjarī, Op. cit.; p. 984)
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«Chiunque adori una divinità diversa dall’Immensità, pensando “Essa è uno, io sono un altro”, non sa. È come un capo di bestiame per gli dèi». (da Bṛhadāraṇyaka Upaniṣad, I, 4, 10; citato in Alain Daniélou, Miti e dèi dell’India, traduzione di Verena Hefti, BUR, 2008)
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«L'Uno, senza gradazioni di colore, si manifesta - attraverso un disegno segreto, multicolore, - effetto del suo molteplice potere [śakti]. - Che l'Essere risplendente, in cui si dissolvono i mondi - e da cui un giorno rinasceranno, - ci conceda la luce dell'intelligenza». (da Śvetāśvatara Upaniṣad, IV, 1; citato Alain Daniélou, Op. cit..)
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L’uccello prigioniero nella gabbia, l’uccello libero nella foresta: quando venne il tempo s’incontrarono, questo era il decreto del destino. L’uccello libero grida al compagno: «Amore mio, voliamo nel bosco!» L’uccello prigioniero gli sussurra: «Vieni, viviamo entrambi nella gabbia». Dice l’uccello libero.- « Tra sbarre, dove c’è spazio per stendere l’ali?» «Ahimé», grida l’uccello nella gabbia, «Non so dove appollaiarmi nel cielo».
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L’uccello libero grida: «Amore mio, canta le canzoni delle foreste». L’uccello in gabbia dice: «Siedi al mio fianco, t’insegnerò il linguaggio dei sapienti». L’uccello libero grida: «No, oh no! I canti non si possono insegnare». L’uccello nella gabbia dice: «Ahimé, non conosco i canti delle foreste». Il loro amore è intenso e struggente, ma non possono mai volare assieme. Attraverso le sbarre della gabbia si guardano e si guardano, ma è vano il loro desiderio di conoscersi. Scuotono ansiosamente le ali e cantano: «Vieni vicino a me, amore mio!». L’uccello libero grida: «E’ impossibile, temo le porte chiuse della gabbia». L’uccello in gabbia sussurra: «Ahimé, le mie ali sono morte e impotenti». Rabindranath Tagore
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Riferimenti bibliografici R. Tagore, da “Poesie. Gitanjali-Il Giardiniere”, © 2007 Newton Compton editori srl, trad. di Girolamo Mancuso. pag. 15, 23, 29, 33, 53, 64, 78, 94. R. Tagore, da “Ricolta Votiva”, “Sfulingo” © 1917 Editrice Rocco Carabba. pag. 43, 58, 67, 73. M. Piantelli, da Îçvaragîtâ o “Poema del signore”, © 1980 Parma. pag. 75
© Guido Talarico Editore Srl Edizione Skill Edition Arte Tel. +39 06 45427170 - Fax +39 06 99700312 Via A. Vivaldi, 9 - 00199 Roma, Italia info@skilledition.it - www.skilledition.it Realizzazione editoriale: Raffaella Stracqualursi Progetto grafico: Francesco Callegher Finito di stampare nel mese di giugno 2012 presso Web Color Srl - Oricola (AQ), Italia
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