Inside Art 121

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WINNER

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i sono forse due o tre progetti nel lavoro di Francesco Fonassi distanti fra loro per mire e cronologia, stretti però sotto una stessa coperta: Guarigione, Ultradiana e Salvatici, quest’ultimo vincitore del Talent Prize 2020. I lavori, prossimi a progetti precedenti nell’alterazione del materiale sonoro, se ne distaccano tematicamente nel proporsi come una cura: prescrizioni per ore malate. Contagiati nei timbri sonori, infiltrati nei tempi di sviluppo musicale si percepiscono strascichi di antiche pratiche farmacologiche: i medicamenta. La libertà assoluta della composizione espressa attraverso il rigore e la minaccia del suo improvviso, violento, necessario e originario troncamento richiamano il discorso poetico: quando esprime l’anarchia attraverso le tavole della legge, quando un sonetto diventa veleno nella poetessa Patrizia Valduga nei suoi, appunto, Medicamenta e altri Medicamenta. C’è quindi un morbo; c’è forse una cura: «Penso – dice Fonassi – che questi lavori curino prima di tutto uno stato psicofisico di disagio e diffidenza verso il presente. Non c’è nulla di più violento del modo in cui la materia sonora abbraccia da subito la propria fine. Questi lavori prescrivono e sottopongono delle condizioni di ascolto epidermico e mentale che, contestualmente al luogo dove vengono prodotti o restituiti, incorporano un pensiero di guarigione. Un pensiero mio, certo, ma sempre riferito al bisogno di coesione e attrazione che l’ascolto plurale offre almeno come potenziale. A loro modo, come progetti precedenti di diversa natura, sono dei prototipi. Mi piace immaginare questi luoghi senza bandiera dove si pratichino ipotesi di pensieri eterei, dove prescrivere un’esperienza auricolare lucida e, se vuoi, antisociale». E questo fa Salvatici definendo un ambiente tragico e rassicurante come una sala d’attesa di un ospedale. Un campo sonoro, composto a partire da un canto congolese di guarigione e da una fisarmonica, risuona attraverso due colonne lignee mutuate da una macchina processionale di Santa Maria In Trastevere. «Le colonne per macchina processionale che ho ricalcato – continua Fonassi – servono a veicolare e mostrare, a trasportare qualcosa di sacro, nella misura in cui ci crediamo, o in cui ci sottoponiamo a un regime pseudo-mistico a cui credere. Sono dei giudici a modo loro. Perché un canto congolese di guarigione, o una fisarmonica? Mi viene da rispondere: perché respirano, ma non possono respirare da soli. Si formano allora dei gruppi di persone, di fiati, delle processioni appunto. Questo sempre prima e dopo il mio lavoro. Osservavo qualcuno durante l’apertura della mostra a Belluno toccare queste colonne come chi tocca un cane ferito per strada, appoggiando la mano sul torace. Tragico e rassicurante al contempo». Come la tragedia si consuma solo con un pubblico, Salvatici si completa solo attraverso un ascolto plurale: del resto molti tuoi lavori si riferiscono a, e nascono da una comunità. «Quasi due anni fa ho conosciuto Stefano Zaniboni, musicista e appassionato collezionista di dischi in gommalacca dai primi del ’900 agli anni ’50. Il suo progetto in trio, Ear Explorer, verte sulla riproduzione quasi ritualistica di alcuni di questi vinili, rallentati e manipolati. Quando sono stato a casa sua per prenderne in prestito alcuni da poter utilizzare per la lavorazione della traccia di Salvatici, siamo finiti ad ascoltare lave vulcaniche e venti sibilanti parlando a ruota libera: conoscendoci. Avevo una sensazione di calma incredibile. Suo il disco che contiene Demande de guèrison, il canto congolese: la composizione ne trasuda

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here are maybe two or three projects in the work of Francesco Fonassi, different from each other in their aims and chronology, but bound together in the same covers: Guarigione, Ultradiana and Salvatici, the latter being the winner of the 2020 Talent Prize. The works, although close to previous projects in their alteration of auditory material, stand out thematically in their proposal of a cure: prescriptions for sick hours. Infecting the sonorous timbres, infiltrating the rhythms of musical development, traces of ancient pharmacological practices can be perceived: medicaments. The absolute freedom of composition expressed through the severity and threat of its sudden, violent, necessary, original cut off evokes poetic discourse: when it expresses anarchy through the tables of the law, when a sonnet becomes venom in the poet Patrizia Valduga’s Medicaments and more Medicaments. So, there is a sickness; maybe there is a cure: «I think – says Fonassi – that these works, first and foremost, cure a psycho-physical state of unease and mistrust towards the present. There is nothing more violent than the way the audio material immediately embraces its end. These works prescribe and undergo conditions of epidermic and mental listening, which, based on the context of the place where they are produced or restored, incorporates an idea of recovery. An idea that is mine, certainly, but always referring to the need for cohesion and attraction offered by collective listening, at least as potential. In their own way, as previous projects with a different nature, they are prototypes. I like to imagine these flagless places where one can hypothesise otherworldly thoughts, where one can prescribe a auditory experience that is lucid, and, if you like, antisocial». And Salvatici does this by defining a tragic and reassuring atmosphere, like a waiting room in a hospital. An acoustic field, composed initially of a Congolese healing chant and an accordion, resonates through two wooden columns borrowed from a processional carriage for Santa Maria In Trastevere. «The columns for the processional carriage, which I faithfully reproduced – continues Fonassi – serve to transmit and display, to transport something sacred, to the extent that we believe in it, or to the extent that we submit ourselves to a pseudo-mystical regime to believe in. In their own way, they are judges. Why a Congolese chant or an accordion? My answer would be: because they breathe, but they cannot breathe on their own. They are formed, then, by groups of people, by breaths, by processions, in fact.This is always before and after my work. I saw someone, during the show in Belluno, touching these columns like someone who touches an injured dog on the street, resting their hand on its chest. Tragic and reassuring at the same time». Just as a tragedy is consumed only with an audience, Salvatici is complete only through collective listening: after all, many of your works refer to, and are created by a community. «Almost two years ago, I met Stefano Zaniboni, a musician and passionate collector of shellac discs from the beginning of the 20th century to the 1950s. His trio project, Ear Explorer, focuses on an almost ritualistic reproduction of some of these vinyls, slowed down and manipulated.When I went to his house to borrow some of them to use for the preparation of the track for Salvatici, we ended up listening to volcanic lava and whistling winds, running our mouths off: getting to know each other. I had an incredible sense of calm. The disc containing Demande de guèrison, the Congolese chant, is his: the composition oozes beats and

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Francesco Fonassi vincitore del Talent Prize 2020

Salvatici, 2019, study on processional columns, Santa Maria in Trastevere, Rome


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