Inside Art #86

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INSIDEART

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AI FERRI CORTI AI FERRI CORTI

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GUIDO TALARICO EDITORE

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Poste italiane spa spedizione in a.p. 70% Roma

ANNO 9 # 86 MAGGIO 2012

EURO 5

PRIMO PIANO

EVENTI

INSIDE ARTIST

ARGOMENTI

KNITTING ART IL MOVIMENTO SBARCA IN ITALIA

ROMA CONTEMPORARY ALLA PELANDA

CRISTINA GARDUMI IL (DI)SEGNO COME UN’ARMA

IMPARARE E GIOCARE CON L’ARTE

GUIDO TALARICO EDITORE


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Jean-Marc Bustamante, Villa Medici

5 febbraio – 6 maggio 2012 da martedì a domenica 10.45-13.00 / 14.00-19.00 giovedì fino alle 21.00 [lunedì chiuso] foto © Claudio Abate

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Accademia di Francia a Roma – Villa Medici Viale Trinità dei Monti, 1 – 00187 Roma info [+ 39] 06 67 61 1 – www.villamedici.it catalogo


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R 25–27 May 2012

M MACRO Testaccio —Piazza Orazio Giustiniani

O 5 Play Your Art Fair

A

ROMA CONTEMPORARY romacontemporary.it


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EDITORIALE_INSIDE ART 5

LE ECCELLENZE DEL TALENT PRIZE di GUIDO TALARICO

I

l 23 aprile scorso abbiamo pubblicato e quindi aperto il bando di gara per l’edizione del 2012 del Talent prize, il premio della nostra casa editrice dedicato ai giovani artisti, giunto al quinto anno di vita (www.talentprize.it). Consultandolo potrete rinvenire alcune importanti novità. Innanzitutto i patrocini. Al comune di Roma si sono affiancati la presidenza del Consiglio dei ministri e l’ambasciata di Francia. Due preziosi ulteriori riconoscimenti che testimoniano il valore raggiunto dalla manifestazione sia in Italia che all’estero. La seconda novità riguarda proprio la dimensione del premio che, con l’intervento dell’ambasciata di Francia, diventa internazionale grazie all'unione

ALLA GARANZIA DI QUALITÀ CHE OFFRE UNA GIURIA PRESTIGIOSA, AL PREMIO DA DIECIMILA EURO E ALLA VISIBILITÀ MEDIATICA GARANTITA DALLA NOSTRA CASA EDITRICE SI È AGGIUNTA LA DIMENSIONE INTERNAZIONALE CON IL PATROCINIO DELL’AMBASCIATA DI FRANCIA E DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO con Lille, capitale europea della cultura e da sempre polo d’attrazione di importanti eventi artistici. L’accordo prevede da un lato che gli artisti che Lille invia ogni anno a Roma per un soggiorno presso l’atelier Wicar siano esposti insieme ai finalisti del Talent prize e dell’altro che il vincitore del Talent prize faccia un soggiorno di tre mesi e partecipi alla mostra che gli artisti dell’atelier Wicar svolgono a Lille. Insomma un accordo di reciprocità che punta a valorizzare le giovani eccellenze dei due paesi. Alla garanzia di qualità che offre una giuria prestigiosa, al premio acquisto da diecimila euro e alla visibilità mediatica che garantisce la nostra casa editrice si è ora aggiunta quella dimensione internazionale che fa del Talent prize un premio unico nel suo genere.


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6 INSIDE ART_SOMMARIO

Editore e direttore Guido Talarico (direttore@guidotalaricoeditore.it)

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Caporedattore Maurizio Zuccari (m.zuccari@insideitalia.it)

In copertina: Magda Sayeg, Bali, 2010 A destra: gomitoli di lana in attesa di essere trasformati in opere d’arte

Redazione Francesco Angelucci, Giorgia Bernoni, Sophie Cnapelynck, Maria Luisa Prete (redazione@insideitalia.it) Grafica Gaia Toscano (grafica@insideitalia.it) Foto & service La presse/Ap, Manuela Giusto, T & P Editori, Millenaria Amministratore delegato Carlo Taurelli Salimbeni (c.t.salimbeni@guidotalaricoeditore.it) Marketing & pubblicità Raffaella Stracqualursi marketing@guidotalaricoeditore.it I nostri recapiti via Antonio Vivaldi 9, 00199 Roma Tel. 0039 06 8080099 06 99700377 Fax 0039 06 99700312 www.insideart.eu (segreteria@guidotalaricoeditore.it) Stampa Arti grafiche Boccia via Tiberio Claudio Felice 7 84131 Salerno Diffusione Cdm Srl Viale Don Pasquino Borghi,172 00144 Roma Gestione rete di vendita e logistica Press Di Via Cassanese, 224 20090 Segrate (Mi) Abbonamenti Il costo per 11 numeri è di 55 euro mentre per l’edizione online è di 11 euro e può essere sottoscritto in qualsiasi momento dell’anno. Il costo dei numeri arretrati è di 11 euro. Per informazioni: abbonamenti@guidotalaricoeditore.it Inside Art, Reg. Stampa Trib. Cz n. 152 del 23/03/04, è una testata edita da Guido Talarico Editore srl (presidente Guido Talarico, a.d. Carlo Taurelli Salimbeni, cons. Anne Sophie Cnapelynck). Direttore responsabile e trattamento dati Guido Talarico. Le notizie pubblicate impegnano esclusivamente i rispettivi autori. I materiali inviati non verranno restituiti. Tutti i diritti sono riservati. www.guidotalaricoeditore.it Hanno collaborato Martina Adami, Deianira Amico, Checchino Antonini, Marco Bazzini, Maria Letizia Bixio, Massimo Canorro, Claudia Catalli, Giulia Cavallaro, Valentina Cavera, Alessia Cervio, Stefano Cosenz, Simone Cosimi, Simona Cresci, Andrea Dall’Asta, Neige De Benedetti, Fabio Fabrizio, Eleonora Farina, Giorgia Fiorio, Alberto Fiz, Michele Gerace, Manfredi Lamartina, Antonia Marmo, Paola Marulli, Ornella Mazzola, Chiara Pirozzi, Ludovico Pratesi, Andrea Rodi, Aldo Runfola, Elida Sergi, Giulio Spacca

LIVING ART NEWS 10

MAXXI DEFICIT di Evaristo Manfroni

COPERTINA 12 16

LA BANDA DELLA MAGLIA di Giulia Cavallaro L’AQUILA SI VESTE DI COLORI di Paola Marulli

MONDO 20 23

IL MONDO VISTO FUORI FUOCO di Martina Adami GLI EVENTI DEL MESE di Zoe Bellini

ITALIA 24 28 32

ROMA, CONTEMPORARY E ACCATTIVANTE intervista con Roberto Casiraghi di Maria Luisa Prete VEDO CINESE, GUARDO IL FUTURO di Marco Bazzini GLI EVENTI DEL MESE di Silvia Novelli

MUSEI 34

BICOCCA, TESORI UN PO’ FUORI MANO di Manfredi Lamartina IL NUOVO HANGAR colloquio con Chiara Bertòla di Valentina Cavera

GALLERIE & VERNISSAGE 39 42 48

A3, SPAZIO DI SCAMBIO E INCONTRO di Silvia Novelli INDIRIZZI D’ARTE di Maria Luisa Prete LE INAUGURAZIONI DEL MESE di Zoe Bellini

PORTFOLIO 50

D OPPIO ROSSO, UN SOLO VIAGGIO di Neige De Benedetti

INSIDE ARTIST

Numero chiuso in redazione il 17.04.2012

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CRIST IN A GARDUMI, IL (D I)SEGNO CO ME UN’ARMA di Chiara Pirozzi

OUTSIDE ARTIST 59

GLI ALTRI MONDI DI MIMMO CENTONZE di Giorgia Bernoni


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SOMMARIO_INSIDE ART 7

ABOUT ART LETTURE & FUMETTI 88 90

DE MARCHI, LA CLASSE DI FONDERE UNIVERSI di Francesco Angelucci PIAZZA DELLA LOGGIA, LA STRAGE NON È DI MAGGIO Checchino Antonini incontra Francesco Barilli

VISIONI & MUSICA 92 95 96

MAJEWSKI E PALADINO, QUANDO IL CINEMA È (VIDEO)ARTE di Maurizio Zuccari MARK ROTHKO, RITRATTO IN ROSSO di Deianira Amico PAN DEL DIAVOLO, IL SAPORE ONIRICO DEL RITMO di Simone Cosimi

RUBRICHE 09 21 31 73 80 98

MATERIAL ART FORMAZIONE & LAVORO 63

PALADINI DI PEZZA CONTRO IL TEMPO di Alessia Cervio

ARGOMENTI 65 69

IMPARA L’ARTE E METTILA IN GIOCO di Simona Cresci SUI BINARI DELLA COMPETITIVITÀ di Michele Gerace

MERCATO & MERCANTI 70 72 73

BUONE IDEE SELEZIONATE CON STILE di Ornella Mazzola DUE PUCCINI DA PODIO di Elida Sergi IL PRIMATO DI YVES KLEIN di Stefano Cosenz

ARCHITETTURE & DESIGN 74 76 78 82 84

MODENA ASPETTA IL POLO CULTURALE di Andrea Rodi UNA REAZIONE ALL’ESSENZA, RITORNO ALL’INVOLUCRO di Valerio Paolo Mosco METROPOLIS, GALLERY HOTEL ART di Francesco Angelucci L’INVASIONE DEGLI ULTRACORPI di Giorgia Bernoni SPOT ARTISTICI PER IL SOCIALE di Giulio Spacca

IL LINGUAGGIO DEGLI OCCHI di Giorgia Fiorio LA FINESTRA SUL MONDO di Eleonora Farina QUI ITALIA di Alberto Fiz SACRALITARS di Andrea Dall’Asta SEGNI PARTICOLARI di Antonia Marmo MIPIACENONMIPIACE di Aldo Runfola


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IL LINGUAGGIO DEGLI OCCHI_INSIDE ART 9

LA PRESA DI COSCIENZA DELL’IRIDE, SPECCHIO AI CONFINI DEL MONDO LA VISTA OPERA LA PROPRIA FUNZIONE AL CENTRO DI UN TIRASSEGNO DI CERCHI CONCENTRICI IN UN PROCESSO CHE CONDUCE DALLA SENSAZIONE ALLA PERCEZIONE, OSSIA ALLA MEMORIA

di GIORGIA FIORIO (FOTOGRAFA)

Nicolò Giudice dalla serie “Routes” 2010 cortesia dell’autore

crittura della luce, in greco “Φοτοσγραфοσ”, la fotografia esprime un’arbitraria trascrizione della traccia cangiante di uno spettro luminoso che, riferendosi a uno solo dei cinque sensi – la vista – è espressione di un’unica dimensione dell’esperienza sensibile. Sebbene la nostra percezione accolga la realtà mediante i suoi ordini convenzionali – lo spazio e il tempo, suoi contenitori – l’esperienza tangibile è quella di un volume, diverso per ognuno e per noi stessi ogni volta: ognuno guarda, e di fatto vede, ciò che tutti vedono ma in maniera diversa. La fotografia stabilisce una singola insostituibile immagine mentale e, alla labile superficie dell’esperienza convenzionale, contrappone la concretezza di un’esatta misura. La profondità di campo e la velocità dell’otturatore determinano dove, come, quando, che cosa, in una sola combinazione di questi elementi. Se è necessario acquisire una pratica costante a riaggiustare le misure del cosmo alla propria percezione latente, è altrettanto importante capire come funzionano la vista e lo sguardo. Se qualcuno si accinge a tirarci un ceffone ci scansiamo senza pensarci, la percezione dell’occhio trasmette al cervello una reazione infinitamente più immediata del pensiero perché contiene già l’immagine, prima di pensare di averla vista. La superficie dell’occhio è uno specchio e il margine dove comincia e scompare il mondo se all’improvviso con il suo orlo di ciglia la palpebra lo cela. La pupilla, mediante il nervo ottico, connette l’immagine dalla retina al cervello. A complicare le cose, tuttavia, è il fatto che l’immagine è innanzitutto una rappresentazione mentale e non soltanto quella che guardiamo-vediamo. Esistono inoltre immagini di una visione interiore più profonda,

S

figure puramente intellettuali o astratte e non necessariamente visive. La vista opera la propria funzione al centro di un tirassegno di cerchi concentrici in un processo che conduce dall’impressione sensoriale dell’immagine, o sensazione, alla selezione tra gli elementi che la compongono, quali l’intensità della luminosità (la luce è il primo requisito della vista), l’identificazione delle figure e dello spettro dei colori e infine la percezione, ossia la messa in relazione di questi elementi con quelli che costituiscono il bagaglio dell’immaginario: la memoria. La concatenazione di questi tre passaggi è la vista. Riconoscere questo processo determina il paradosso tra la consapevolezza della funzione di vedere e la meccanica indeterminatezza del pur volontario atto di guardare: guardo ma non vedo, vedo ma non guardo. Sul piano ottico, nel globo oculare la massima percezione visiva avviene al centro dell’occhio e al centro dello sguardo. Per acuire la visione, e la consapevolezza della stessa, Aldous Huxley indica un esercizio di volontaria e costante mobilità, un atto di rimessa a fuoco e continuo riposizionamento dell’oggetto osservato. In altre parole, un’incessante presa di coscienza di che cosa l’occhio sta osservando in relazione al contesto e agli oggetti che lo circondano e circoscrivono. L’iride, diversamente colorata da un soggetto all’altro, è al centro di due lenti naturali, la cornea e il cristallino: nel suo mezzo il foro pupillare, come nella macchina fotografica il diaframma, si stringe e dilata secondo l’intensità della luce. Il cristallino fa convergere gli impulsi luminosi – le immagini – sulla retina che, rivestendo la parte interna dell’occhio, è formata da milioni di cellule responsabili di trasferire al cervello, attraverso il nervo ottico, gli stimoli visivi che lo raggiungono come impulsi elettrici.


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10 INSIDE ART_NOTIZIE

IN BREVE TRIBEART

ARIA

SPOLETO

MIART

Asta per non morire

Artisti in redazione

Confermato Ferrara

Un catalogo del caos

Sono una novantina gli artisti siciliani che, su invito della stilista Marella Ferrera e della gallerista Daniela Arionte, a Catania hanno donato le proprie opere alla mostra di solidarietà per Tribeart, il periodico cartaceo gratuito a rischio chiusura dopo nove anni. Il ricavato sarà utilizzato per sostenere il mensile.

Aria, acronimo di Artisti romani in assemblea, è il nuovo giornale ideato da vari artisti in redazione – tra cui Angelo Bellobono, Arianna Bonamore, Pino Boresta – che diventa ogni volta una sorta di libro d’artista diverso per concezione e impaginazione. Tra i primi contributi, quelli di Carla Accardi e Pablo Echaurren.

Giorgio Ferrara resta alla guida del Festival dei due mondi di Spoleto fino al 2017. Con una decisione che anticipa di nove mesi la scadenza del contratto, il cda della rassegna umbra ha votato all’unanimità il rinnovo del mandato per il prossimo quinquennio. Parere favorevole pure dal ministro Ornaghi.

Tagli sballati, scritte sovrapposte, strani geroglifici, titoli raddoppiati. Il catalogo di Miart 2012 è così ma non è un errore: è tutto voluto. Federico Pepe, che quest’anno ha cambiato faccia alla comunicazione della ”kermesse” milanese, ha fatto quanto promesso: lavorare sul concetto di percezione, di caos.

ARS DIXIT ANTONIO MANFREDI Fuoco, brucia con me «La cultura non può continuare ad essere il capro espiatorio della recessione economica. In un’Italia dove si assiste quotidianamente allo sperpero del denaro pubblico la latitanza del presidente della Commissione cultura del parlamento europeo Doris Pack, del ministro dei Beni culturali Lorenzo Ornaghi e del presidente della regione Campania Stefano Caldoro sulle problematiche culturali è scellerata. I musei non possono sopravvivere da soli e questo dovrebbe saperlo anche il ministro Ornaghi. O si cambia strategia e si decide sul serio di investire nella cultura e per la cultura, oppure è meglio distruggere con il fuoco quello che è ignorato». (Dichiarazione del direttore del Cam di Casoria, 16 aprile)

STEFANO BAIA CURIONI La legge ferrea del contemporaneo «Nessun museo è remunerativo, nemmeno i grandi nomi americani. I musei d’arte contemporanea, non vincolati a grosse attività di conservazione, costano 25-30 euro l’anno per visitatore nei casi più efficienti, a fronte di biglietti da 6-8 euro. È pertanto una legge ferrea che almeno il 50% del contributo debba arrivare da donatori privati, da soggetti pubblici o da un insieme dei due». (Affermazione del vicepresidente del centro Ask Bocconi raccolta da Antonio Vannuzzo, Linkiesta.it, 16 aprile)

UNPÒPORNO Klimt messo a nudo Gustav Klimt come non s’era mai visto: al nudo, dal vivo e itinerante. Non le sue opere ma donne e uomini veri, 150 quadri dipinti che viaggiano per il mondo in onore del 150esimo anniversario della nascita del pittore austriaco. È il progetto Itima, Museo itinerante dell’arte, ideato dal guatemalteco Fernando Morales de la Cruz, per portare l’arte fuori dai musei. Il pubblico ringrazia.

DAMIEN HIRST Occhio ai soldi, se non te ne frega niente ti fottono «I soldi sono una cosa pazzesca, non penso debbano essere l’unico obbiettivo, ma da ragazzino io non ne avevo, per cui forse ero un po’ più motivato degli altri. Se non te ne frega niente dei soldi finisci per non fare i conti, ed è allora che ti fottono. Ma resto convinto che l’arte sia più potente del denaro. Ci credo ancora». (Intervista all’artista di Sean O’Hagan, D di Repubblica, 7 aprile)

ROBA DA URLO Colosseo, rissa tra centurioni e vigili urbani È finito in una rissa tra vigili urbani e centurioni il tentato sgombero da parte della polizia municipale dei figuranti arrampicati sul Colosseo contro la decisione del comune di Roma di allontanarli dalle aree archeologiche per combattere il degrado e l’abusivismo. Botte e spintoni come non si vedevano dai tempi dei Cesari.


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MAXXI DEFICIT Il museo del Ventunesimo secolo a rischio commissariamento Il Mibac: buco di 11 milioni. Baldi: non è vero, siamo virtuosi Per la gestione spunta Resca, ma il nodo restano i finanziamenti Più che un fulmine in un cielo in tempesta, è stata una mazzata in piena faccia. Un colpo assestato oltretutto di venerdì, con la testa già al fine settimana. Il Maxxi commissariato “per la mancata approvazione del bilancio 2012 da parte del consiglio di amministrazione” e il “forte disavanzo” del bilancio 2011 “che rischia di aumentare sensibilmente nel 2012”. Così, in una nota del ministero dei Beni culturali, la decisione di attivare le procedure di commissariamento per il museo del XXI secolo. E per Pio Baldi e Roberto Grossi è subito guerra di cifre col ministro Lorenzo Ornaghi e i tecnici del Mibac, che parlano di un buco di undici milioni di euro. «Non c’è nessun buco nei bilanci 2010 e 2011 – replicano all’unisono il presidente della fondazione Maxxi e il suo vice – ma solo un disavanzo di 700mila euro dell’esercizio 2011, dovuto in parte ai tagli effettuati dal precedente governo, coperto grazie all’attivo dei bilanci 2009 e 2010 – pari a oltre 2 milioni e 300mila euro – chi parla di una previsione di perdite pari a 11 milioni di euro nel prossimo triennio, confonde deficit con fabbisogno futuro». Nessuna cattiva gestione per la mega struttura costata 150 milioni (dei contribuenti), inaugurata a fine 2009 dopo un cantiere ultradecennale ma, al contrario, un esempio di gestione virtuosa. Grazie alla media di 450mila visitatori annui per i 21mila metri quadri della struttura realizzata da Zaha Adid e soprattutto alla capacità di autofinanziarsi, pari a oltre la metà del fabbisogno e a più del doppio dei pochi quattrini, circa 2 milioni di euro, concessi quest’anno dallo stato al museo nazional-romano. Al di là delle cifre, e della procedura seguita dal Mibac – un «aiutino», secondo l’ex ministro Galan, un’«operazione bruttissima» che oltretutto mette in fuga gli sponsor, secondo l’ex assessore capitolino Croppi – la questione è che a poco più di due anni dall’inaugurazione, il Maxxi di Roma è in difficoltà economiche, come gran parte dei musei in Italia. Al di là delle accuse di “farsi bello con mostre d’arte povera”, ovvero con roba stantìa, e d’essere privo di testa, nato vecchio e storto perché frutto d’una concezione superata e dello scarso coinvolgimento dei privati, è la mancanza di competenze ad hoc, strategie e soprattutto fondi pubblici, data l’ingestibilità di strutture costruite dalle archistar in tempi di vacche magre come questi, a non tornare nei conti del Maxxi. Ma il nodo è anche politico: si tratta di investire nella cultura non solo a chiacchiere. Ora, aspettando forse Mario Resca – il dg del Mibac è tra i più gettonati come commissario – a Baldi, Mattirolo & co. restano pochi giorni per le controdeduzioni. Troppi per noi, già in stampa. Troppo pochi per il museo, ipotesi di malagestione a parte. Pochissimi per il Belpaese, stremato dai tecnici. (Evaristo Manfroni)

MUSEI VIRTUOSI/1 Guggenheim & Ubs, mappa globale Richard Armstrong, direttore del Guggenheim e Jürg Zeltner, ceo della Ubs wealth management, hanno annunciato un progetto di mappatura della creatività e dell’arte contemporanea in tutto il mondo. La mappa globale ”Ubs map” mira a individuare e sostenere curatori e artisti provenienti da Asia, America Latina, Medio Oriente e Nordafrica, nell’ambito di un programma di residenze e acquisizioni per la collezione del museo.

MUSEI VIRTUOSI/2 Il Banco do Brasil sbanca tutti In tempi di crisi come questi fanno sognare molti direttori dei musei, non solo italiani, i dati di affluenza giornaliera delle mostre più visitate del 2011 pubblicati da The art newspaper. Assoluto il dominio del Brasile, con ben tre tra le prime dieci esposizioni ospitate al Centro cultural Banco do Brasil (Ccbb) di Rio de Janeiro. Di queste, la più visitata in assoluto è stata ”The magical world of Escher” con 9.677 ingressi al giorno.

MUSEI (POCO) VIRTUOSI/1 Il Cam brucia la collezione Il Cam, museo di arte contemporanea di Casoria, inizia a bruciare le opere d’arte della sua collezione permanente. Secondo il direttore Antonio Manfredi, che ha già mandato in fumo il lavoro esposto alla Biennale di Venezia, le 1.000 opere del museo partenopeo andrebbero ugualmente verso la distruzione per l’indifferenza delle istituzioni. Per tre volte la settimana, un’opera verrà bruciata finché qualcuno risponderà all’appello.

MUSEI (POCO) VIRTUOSI/2 Riapre il Riso, senza testa Sergio Alessandro, direttore di palazzo Riso di Palermo, si è dimesso dopo aver portato alla procura carte e atti amministrativi del museo, per protesta contro il disinteresse della regione verso il museo di arte contemporanea più importante della Sicilia. Intanto, l’assessore regionale ai Beni culturali Sebastiano Missineo respinge le accuse e annuncia due mostre, la prima delle quali a partire dal 17 maggio, per risollevare il Riso. La collezione permanente, con oltre 50 opere, e Più a sud, un progetto per Lampedusa.

Mario Resca Sullo sfondo il Maxxi


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LA BANDA DELLA MAGLIA Dilaga anche in Italia il movimento della “knitting art” un fenomeno trasversale che ibrida arte e lavoro dei tessuti in grado di antropomorfizzare e modificare l’assetto urbano attraverso installazioni collettive e avvolgenti di GIULIA CAVALLARO


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HO INIZIATO PER IL PIACERE DI LAVORARE MANUALMENTE E HO PROSEGUITO INCROCIANDO QUESTA PASSIONE CON I PENSIERI PER DARE VITA A COSE IMMAGINATE O VISTE IN ALTRI CONTESTI

Sopra: l’abito collettivo realizzato dal progetto “Family dress” A sinistra: un’opera di Aldo Lanzini

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entre dilaga la moda dei “knit cafè”, luoghi di incontro dove appassionati del fare la maglia sferruzzano tra chiacchiere e tè, l’arte contemporanea si fonda sempre di più con quello che era considerato, fino a poco tempo fa, un passatempo da nonne. Numerosi artisti realizzano performance, opere d’arte e momenti d’incontro in cui i messaggi sono veicolati da filati colorati di ogni tipo: una relazione, quella tra arte e “knitting”, ossia lavoro a maglia, che sta spopolando in Italia e all’estero. Partendo dal nostro paese, basta dare un’occhiata a cosa sta combinando “Do knit youself”, un folto gruppo di artisti, designer, filosofi, docenti e studenti, che dal 2006 lavorano su progetti di partecipazione legati al fare la maglia che si ispirano alla performance artistica e all’attivismo. Un vero e proprio movimento che indaga la creatività attraverso le sfere del quotidiano. Tra i vari eventi e creazioni a cui il gruppo ha dato vita, interessante il progetto “Family dress”: un abito collettivo composto da 21 elementi realizzati con pezze fatte a mano. Il risultato di un lavoro che dal 2007 vede coinvolti studenti del dipartimento di fashion design della Nuova accademia di belle arti di Milano (Naba) diretto da Nicoletta Morozzi, le “knitter” dei “Knit cafè”, i radioascoltatori del programma Pinocchio condotto dalla Pina e

Diego su radio Deejay e che nel corso del tempo ha richiamato a sé tanti appassionati di raduni “knitters”.“Family dress” è un’installazione itinerante che ha attraversato eventi come Pitti immagine a Firenze, il Salone internazionale del mobile a Milano e la mostra internazionale Dritto rovescio: intrecci di fili tra arte, design e creatività di massa alla Triennale di Milano, ma anche il “Rollingstone ball” (festa per i 40 anni della rivista Rollingstone) e il programma televisivo X-factor. Come se non avesse mai una fine, il progetto “Family dress” prosegue partecipando a un tour collegato a un festival d’arte internazionale. Ma come è nato “Do knit yourself”? All’inizio era semplicemente un tema di laboratori per studenti del Naba. Rapidamente il progetto è uscito dall’ambito scolastico per coinvolgere un folto gruppo di appassionati della maglia. Parallelamente si diffondono in tutta Italia “knit cafè” ed eventi che legano sempre di più arte e “knitting”. Come spiega Nicoletta Morozzi, direttrice del Naba e fondatrice di “Do knit yourself”, «arte e “knitting” sono in stretta relazione per effetto di un doppio ravvicinamento: da una parte gli artisti che stanno sempre più utilizzando come mezzo espressivo il filo, il tessuto e la maglia, dall’altra la diffusione del fenomeno del “knitting”, superato il primo livello di apprendimento delle tecniche, trova sempre più applicazione in progetti


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complessi e concettualmente avanzati. Il “knitting” è una passione che va oltre il ritmo scandito dalle stagioni, entra nel Dna e anche nella vita delle persone che ci si dedicano. Io stessa ho iniziato per il piacere di lavorare, per vedere quello che ero in grado di fare con le mie mani e ho proseguito incrociando questa passione con pensieri per dare vita a cose immaginate o viste in altri contesti». Oltrepassando l’oceano invece il “knitting” è protagonista di forme d’arte legate al movimento “street”. In questo contesto si inserisce tutto il lavoro del collettivo texano “Knitta please”, pietra miliare dell’”International yarn movement”, una nuova forma d’arte che nasce dalla strada coinvolgendo appunto i filati. Si tratta di un piccolo gruppo di knit graffiti fondato da Magda Sayeg a Houston, in Texas, nel 2005: fin da subito ha capovolto il senso del fare a maglia, trasformando una forma tradizionalmente riconducibile alla sfera dell’hobby e dell’“handmade”, in una forte presenza nel mondo della “street art”. Le loro instal-

lazioni fanno riflettere sulla freddezza dell’ambiente urbano attraverso il calore e l’emozione che trasmettono invece le cose fatte a mano. Per tanto tempo i filati sono stati associati alle attività manuali delle nonne, hanno riparato dal freddo generazioni di bambini e scaldato persone senza distinzione di sesso ed età. Oggi, dopo anni di intensa attività urbana, “Knitta please” lavora con musei, enti no profit e imprese per dare vita a installazioni che creano un filo diretto con l’“handmade”, portando avanti una profonda riflessione sull’artificialità di ciò che solitamente indossiamo. Il fare la maglia si slega progressivamente dalla finalità della realizzazione di oggetti e indumenti e assume così una funzionalità diversa, molto legata al puro piacere del “knitting”, ma anche a messaggi sociali. Il risultato è un arte in grado di antropomorfizzare la strada e modificare l’assetto urbano. Tra gli ultimi lavori di “Knitta please”risalta un’installazione a Brooklyn negli uffici di Etsy.com, dove è stata avvolta dalla maglia una rete di

condutture di aria condizionata. In Texas il collettivo americano ha coinvolto volontari per realizzare un lavoro a maglia su 99 tronchi d’albero. Si sono svolte installazioni anche in Australia in occasione del festival annuale Art & about festival, a Los Angeles allo Standard hotel e al Sundance film festival in Park city (Utah). E in Italia? “Knitta please” ha collaborato a una mostra al palazzo delle Esposizioni di Roma nel 2011 incrociando questa passione nell’ambito di un festival interdisciplinare delle complessi e concerti. Nel 2009, inoltre, la Sayeg ha anche collaborato a una mostra collettiva alla Triennale di Milano. E per le amanti del “knitting” segnaliamo gli appuntamenti di “Madama knit” a palazzo Madama: il museo torinese, nel corso di diversi appuntamenti che terminano a dicembre (i prossimi sono: 5 maggio, 2 giugno, 7 luglio, 1 settembre, 6 ottobre, 10 novembre, 1 dicembre), organizza incontri tra le “knitters” per realizzare una linea di prodotti in lana in compagnia di tutto lo staff del museo.


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IL ”KNITTING” È UNA PASSIONE CHE VA OLTRE IL RITMO SCANDITO DALLE STAGIONI, ENTRA NEL DNA E NELLA VITA DELLE PERSONE CHE CI SI DEDICANO

IN ITALIA Associazioni e spazi In Italia, oltre a ”Do knit yourself” www.do-knit-yourself.com), numerosi (w sono i luoghi dove arte e cultura si uniscono al ”knitting”: tra questi la Triennale di Milano, palazzo Madama di Torino e il Melbookstore di Firenze. Queste sedi sono da tenere d’occhio perché organizzano spesso ”Knit cafè” e eventi affini. Molto interessante l’attività dell’associazione Cuore di maglia, attiva dal 2008 e fondata da un gruppo di amiche per realizzare sciarpine e cappellini piccolissimi per scaldare i bambini prematuri. Mensilmente consegna oggetti fatti a mano dalle oltre 100 volontarie del gruppo, in 30 ospedali italiani e in 5 centri di aiuto alla vita in tutta Italia. Info: www.cuoredimaglia.it

Sotto e a sinistra: due installazione di Magda Sayeg a Bali 2010 In basso: un intervento urbano di Magda Sayeg Nella pagina precedente: un’opera del collettivo ”Knitta please” del 2008

L’ARTISTA DI COPERTINA Magda Sayeg Fondatrice del collettivo ”Knitta please”, la statunitense Magda Sayeg, che firma la copertina del mese, è tra i maggiori esponenti della ”knitting art”. La Sayeg lavora a maglia fin da bambina ma solo nel 2005 comincia a utilizzare questa tecnica come forma artistica, nasce così la sua prima creazione: un avvolgente copri maniglia per il suo negozio a Houston. Oltre ad aver esposto in importanti sedi come la Triennale di Milano e il palazzo delle Esposizioni di Roma, ha lavorato con grandi aziende come Absolut, Madewell, Gap e Mini cooper. Info: www.magdasayeg.com


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L’EVENTO Mettiamoci una pezza L’associazione culturale Animammersa si costituisce a L’Aquila nel novembre del 2009 e da allora tenta di ricreare il tessuto sociale e culturale disgregato in conseguenza del drammatico terremoto. Porta in scena le sue produzioni in tutta Italia, per far conoscere i disagi della realtà aquilana. In occasione del terzo anniversario del sisma, ha creato l’evento Mettiamoci una pezza: un’azione di ”urban knitting” sulla città che ha riscosso grande partecipazione da tutto il mondo. Info: www.animammersa.it; www.mettiamociunapezza.wordpress.com

Scorci dell’Aquila durante l’azione di ”urban knitting” foto Marco D’Antonio

L’AQUILASIVESTEDICOLORI Nel terzo anniversario del sisma la città al centro di un’azione di “urban knitting”

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associazione culturale Animammersa ha portato in scena a L’Aquila, per il terzo anniversario dal sisma, un’azione di “urban knitting”. Il 6 aprile in piazza Duomo, luogo delle celebrazioni commemorative per le 309 vittime del terremoto, gli organizzatori, aiutati dal corpo dei Vigili del fuoco, hanno allestito le numerose pezze giunte da tutto il mondo ricoprendo gli arredi urbani della città e hanno invitato anche i cittadini a prendere parte all’iniziativa partecipando all’assemblaggio degli elementi di maglia colorata per provare, attraverso questo atto creativo simbolico e collettivo, a dare un senso di partecipazione e unione nel giorno più lungo per gli aquilani. Il centro del capoluogo abruzzese è stato privato, da quella tragica notte di tre anni fa, delle condizioni identitarie e abbandonato nella sua triste condizione di

inagibilità. Le installazioni rimarranno in città per molto tempo, fin quando non si usureranno con il tempo. Il gruppo di Animammersa, attraverso la messa in opera dei lavori ai ferri, ha compiuto un atto di amore e attenzione nei confronti della città, creando una sorta di artificio estetico non convenzionale sulle pertinenze urbane. Per diffondere la notizia dell’evento, e quindi cercare adesioni, l’associazione aveva precedentemente creato il blog Mettiamoci una pezza dove spiegava le modalità di partecipazione all’azione collettiva. In un primo momento si pensava che l’iniziativa lanciata via web non potesse avere molto seguito, invece la sede dell’associazione è stata letteralmente invasa dall’arrivo delle pezze fino al 24 marzo, termine ultimo di consegna del materiale. Un grande gesto di solidarietà e condivisione che non ha barriere geografiche e si è materializzato nelle 5.000

pezze e più lavorate ai ferri o all’uncinetto, assemblate per ricoprire il grande tendone sede delle assemblee cittadine, il “container” dei vigili del fuoco, le panchine, le fontane e le scale di piazza Duomo: un abbraccio colorato e caldo alla città ferita, che vive nel grigio della sua impersonalità, legata allo stato di abbandono. In un primo momento l’intento era di ricoprire 100 metri quadrati di superficie della città, ma le numerose pezze giunte all’Aquila consentono di vestire una porzione di spazio molto più estesa e di rendere questo “urban knitting” uno dei più grandi mai realizzati finora. Il progetto è stato sostenuto dal patrocinio del comune dell’Aquila e da un piccolo finanziamento da parte dell’Italiana filati di Prato che ha da subito condiviso e promosso l’iniziativa. Paola Marulli


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IL MONDO VISTO FUORI FUOCO Alla Saatchi gallery di Londra gli scatti della collettiva di artisti internazionali Un panorama di opere eterogenee per osservare le evoluzioni della fotografia di MARTINA ADAMI


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a fotografia si sta evolvendo? Se non lo facesse sarebbe morta e così non è. Il punto, semmai, è che cosa sia oggi la fotografia quando la si intende come arte. La mostra londinese “Out of focus: photography” cerca di rispondere con prudenza, in quanto fuori fuoco e lontano dal dare un opinione nitida, a questa domanda, allargando il concetto di fotografia, comunemente intesa, a qualcosa che comprende ingegni e inganni sempre diversi. Si tratta di una collettiva di artisti internazionali, nati negli anni ‘70, che presenta un panorama eterogeneo: foto rielaborate, rubate, riutilizzate, con spazi e piani che si frantumano e immagini che si sovrappongono. La direttrice della blasonata Saatchi gallery, Rebecca Wilson, ci introduce ad alcune delle eclettiche strade della fotografia contemporanea, rivelando le scelte e gli intenti di una mostra dove la fotografia trova ancora una sua identità in questo universo digitale sovraccarico di immagini.

Quali sono gli obbiettivi della mostra? «Presentiamo i lavori di trentotto artisti, provenienti da ogni parte del mondo, che sfidando le nostre aspettative sulla fotografia. Alcuni, provenendo da una scuola di documentazione, stanno lavorando su quella che potremmo considerare come fotografia “pura” come Mitch Epstein e Mikhael Subotzky, altri invece, stanno letteralmente spazzando via le vecchie idee che vedono la fotografia come singola immagine che cattura un unico momento. Daniel Gordon, per esempio, prende immagini fotografiche da vecchie riviste o le scarica da internet per poi strapparle e ricomporle in facce collage. Dopo immortala il suo assemblaggio fotografico, ed è questa l’immagine che diviene opera d’arte. In modo analogo, John Stezaker non realizza lui stesso le fotografie: trova le immagini di star del cinema in librerie dell’usato e mercatini delle pulci e unisce insieme le facce per formare nuove identità».

In basso: Katy Grannan ”Anonymous” Los Angeles 2009 A sinistra: John Stezaker ”Marriage I” 2006

LA MOSTRA “Out of focus: photography” La collettiva ”Out of focus: photography”, a cura di Charles Saatchi, presenta trentotto artisti che usano la fotografia in modo eclettico e innovativo, offrendo un vasto panorama sulle attuali tendenze internazionali nel campo della fotografia contemporanea. Tra gli artisti figurano anche: Leonce Raphael Agbodjélou, Noémie Goudal, Mat Collishaw, Matthew Day Jackson e Daniel Gordon. Nel catalogo , edito da Booth Clibborn editions, è presente un saggio di William A. Ewing, direttore del Musée de l’Elysée di Losanna. Fino al 22 luglio, Saatchi gallery, Londra. Info: www.saatchigallery.co.uk


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QUESTA È UNA COLLETTIVA ESTREMAMENTE VARIEGATA CHE LASCIA PARLARE UNICAMENTE I LAVORI DEGLI ARTISTI SI TRATTA DI UN’INDAGINE SULLE TENDENZE ATTUALI DELLA FOTOGRAFIA E NON DI UNA MOSTRA GUIDATA DALL’IDEA DI UN CURATORE

Yumiko Utsu ”Octopus portrait” 2009

Qual è stato il criterio con cui avete selezionato gli artisti? «Come accade per tutte le mostre alla Saatchi gallery, i lavori esposti sono stati selezionati dalla collezione raccolta da Charles Saatchi. Le opere ci sembrano essere particolarmente suggestive e originali, introducendoci verso nuovi modi di vedere la fotografia e il mondo attraverso di essa». Quali sono gli aspetti che caratterizzano “Out of focus”? Quale è il suo “fil rouge”? «Questa è una collettiva estremamente variegata che lascia parlare unicamente i lavori degli artisti. Si tratta di un’indagine sulle tendenze attuali della fotografia e non di una mostra guidata dall’idea di un curatore. Noi

semplicemente mostriamo gli interessi condivisi, i modi in cui alcuni degli artisti stanno espandendo l’idea della fotografia. Penso a Mariah Robertson o a Jennifer West ad esempio. Katy Grannan e Hannah Starkey collaborano entrambe con i soggetti ritratti che invitano a partecipare alle loro fotografie. Sohei Nishino e Andreas Gefeller condividono un interesse sulle possibilità del digitale. Nishino prende migliaia di fotografie di città che mette insieme per formare incredibili mappe dettagliate. Allo stesso modo Gefeller ha creato fotografie ad alta lavorazione manuale della Dusseldorf art school, attaccandosi una piccola teleca-

mera in fronte e scattando centinaia di fotografie delle aule, che poi ha messo insieme, in una prospettiva a volo d’uccello senza soluzione di continuità come se i tuoi occhi stessero guardando dall’alto l’intera stanza, pavimenti, pareti e il resto». Perché questo titolo alla collettiva? «Si tratta di un gioco piuttosto evidente sul concetto di “focus“, suggerendo che quello che si vede nell’esposizione è emerso dalle idee tradizionali di messa a fuoco in campo fotografico. Mi auguro che dopo aver visitato la mostra abbiate la necessità di rimettere a fuoco i vostri occhi, una volta ritornati nel mondo».


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QUEGLI SCRIGNI D’ARTE CONTEMPORANEA NELLA CITTÀ ETERNA GIUNTA ALLA DECIMA EDIZIONE, TORNA DAL 24 MAGGIO SPAZI APERTI, UNA COLLETTIVA ALL’ACCADEMIA DI ROMANIA A ROMA CON LA PARTECIPAZIONE DELLE ISTITUZIONI INTERNAZIONALI PRESENTI NELL’URBE

di ELEONORA FARINA (CRITICA D’ARTE)

LA MOSTRA Spazi aperti Inaugura il 23 maggio e apre dal giorno dopo al 15 giugno all’accademia di Romania la rassegna Spazi aperti. Con il sostegno dell’Istituto culturale romeno e Roma contemporary art come partner, la rassegna curata da Eleonora Farina vede, tra le istituzioni partecipanti: accademia Belgica, accademia di Danimarca, accademia di Francia a Roma di villa Medici, reale accademia di Spagna, accademia Tedesca a Roma di villa Massimo, accademia d’Ungheria, British school at Rome, Circolo scandinavo, Delegazione del Québec, Forum austriaco di cultura, Istituto svizzero. Accademia di Romania, piazza José de San Martin 1, Roma. Info: www.accadromania.it www. spaziaperti.org Sopra e a destra: due momenti delle passate edizioni

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n preziosissimo tesoro da custodire e valorizzare, quello delle accademie internazionali a Roma. Scrigni che ogni anno ospitano una selezione di artisti per trascorrere un periodo di residenza nella capitale con l’intento di svolgere una ricerca sul territorio e di vivere un’esperienza internazionale unica nel suo genere. Solo per citare alcuni degli splendidi luoghi in cui i borsisti si trovano a lavorare, l’accademia di Francia di villa Medici a Trinità dei Monti, l’accademia reale di Spagna a San Pietro in Montorio, il più piccolo Circolo scandinavo all’interno dell’accademia dei Lincei, parte di villa Farnesina, o infine il nuovissimo edificio dell’accademia d’Egitto a valle Giulia. Un tesoro conosciuto a pochi e che il comune ha cercato negli anni di mettere in rete grazie al sito Cultura internazionale a Roma. Di predominanza europea, tranne poche importanti eccezioni, le accademie sono oggi un’eredità, da mantenere viva, del periodo in cui la capitale era meta privilegiata di artisti, musicisti, scrittori e storici. Da dieci anni l’accademia di Romania collabora con gran parte di queste istituzioni al fine di creare un’importante mostra collettiva, nella quale i borsisti di arti visive possano conoscersi e lavorare insieme. Spazi aperti nasce, infatti, nel 2002 quale esigenza da parte degli artisti romeni in residenza di avere uno scambio vivo e diretto con quelli delle altre nazioni: dal primo anno sono stati quindi messi a disposizione per installazioni di arte contemporanea tutti i luoghi dell’imponente edificio di valle Giulia. Giunto ormai alla decima edizione e oggi pienamente inserito all’interno dell’agenda artistica romana, Spazi aperti gode per quest’anniversario della più ampia collaborazione da parte delle accademie straniere, presentando circa trenta artisti attualmente in residenza a Roma più una ristretta selezione di borsisti delle passate edizioni (Kate Gil-

more e Astrid Nippoldt, solo per citare due esempi rappresentativi). In un periodo di profonda crisi economica e sociopolitica, la mostra getta uno sguardo curioso e interrogativo su una produzione artistica a confronto con la realtà circostante, attraverso – tra gli altri – il video dello svizzero Luc Mattenberger, le fotografie della danese Marie Romer Westh, l’installazione dello spagnolo Jorge Yeregui Tejedor. L’evento rappresenta inoltre un momento di scambio e di approfondimento grazie a una serie di eventi collaterali che spaziano dalla musica alla danza, dal cinema al teatro.


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a cura di ZOE BELLINI

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NEW YORK Le facce dell’America ”Question bridge: black males” è la nuova videoinstallazione degli artisti Hank Willis Thomas e Chris Johnson, in collaborazione con Bayeté Ross Smith e Kamal Sinclair. Gli autori hanno intervistato 150 uomini di colore che vivono in dodici differenti città statunitensi, tra cui New York, Chicago e New Orleans. Da questi colloqui sono stati creati 1.500 video in cui i protagonisti, rappresentanti di differenti aree geografiche e appartenenti a diverse classi sociali e generazioni, ricoprono sia la parte degli intervistati che degli intervistatori. L’esibizione, a cura di Patrick Amsellem, si compone di molteplici schermi. Fino al 3 giugno, Brooklyn museum, New York. Info: www.brooklynmuseum.org

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BERLINO L’arte a Los Angeles dal 1950 al 1980 ”Pacific standard time” l’arte a Los Angeles 1950-1980 è la collettiva dedicata al processo di sviluppo dell’ambiente artistico nella città californiana nel dopoguerra e presenta, tra gli altri, David Hockney, Edward Kienholz, Ed Rusch e John Baldessari. La città sul Pacifico era caratterizzata, all’epoca, da un ambiente artistico incredibilmente variegato e agile. La mostra, che non vuole idolatrare il sogno americano ma si muove tra la leggendaria utopia e la critica della società, è a cura di Andrew Perchukin ed è ospitata alla Martin Gropius Bau di Berlino. Fino al 10 giugno. Info: www.berlinerfestspiele.de

BUDAPEST

TOKYO

Károly Ferenczy

La fantasia di Takeshi Kitano

Károly Ferenczy è considerato il padre dei pittori contemporanei ungheresi. Studiò in Italia, Parigi e Monaco. Nel 1896 in patria fondò a Nagybánya, con altri creativi, una colonia artistica che ebbe notevole importanza. La ricca retrospettiva, curata da Judit Boros e Edit Plesznivy, presenta circa 150 opere, alcune da collezioni private visibili per la prima volta, tra cui disegni e testimonianze per aiutare il visitatore a comprendere l’arte di Ferenczy. Fino al 27 maggio, Galleria nazionale ungherese, Budapest. Info: www.mng.hu

”Gosse de peintre” è il titolo della variopinta mostra che raccoglie parte dello stralunato universo di Takeshi Kitano, artista giapponese conosciuto ai più come regista cinematografico. Tele colorate e surreali firmate da Kitano che dedica la mostra all’infanzia e alle sue fascinazioni. ”Gosse de peintre”, che significa figlio di pittore, si riferisce al nomignolo dispregiativo dato a scuola per via del mestiere del padre: l’imbianchino. Fino al 2 settembre. Info: www.btk2012.jp

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LONDRA I ritratti di Lucian Freud

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Dopo dieci anni dall’ultima grande rassegna a Parigi, Londra ospita un’ambiziosa retrospettiva dedicata a Lucian Freud, uno tra i più grandi ritrattisti figurativi contemporanei, scomparso lo scorso luglio all’età di 88 anni. Freud ha iniziato a dipingere negli anni Quaranta e solo un decennio dopo era già affermato. ”Lucian Freud portraits”, a cura di Sarah Howgate, comprende 130 dipinti dell’artista tedesco, tra cui ”Benefits supervisor sleeping”, venduto all’asta per 33,6 milioni di dollari. Fino al 27 maggio. Info: www. npg. org.uk

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SINGAPORE Andy Warhol guarda a Oriente Duecentosessanta tra disegni, pitture, sculture, bozzetti, film e video realizzati da Andrew Warhola, meglio conosciuto come Andy Warhol, compongono la prima grande retrospettiva che l’Asia dedica all’artista statunitense: ”Andy Warhol: 15 minutes eternal”. In mostra, in occasione dei 25 anni dalla morte, un’ampia selezione della sua produzione divisa per fasi, dagli anni ‘40 fino agli ‘80. Fino al 12 agosto, Marina bay, Singapore. Info: www.marinabaysands. com

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MADRID

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PARIGI I manifesti di Mimmo Rotella

I castelli in aria di Hans Haacke

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1 Andy Warhol Mao, 1972 2 Mimmo Rotella ”Fetish”, 1999 3 Hans Haacke ”Standard station” Texas 1963 4 Urs Fischer ”Untitled (Lamp bear)” s. d. 5 Takeshi Kitano ”'Untitled” 1996 6 Károly Ferenczy Beni e Noemi ritratto doppio 1908 7 Lucian Freud ”The village boys” 1942 8 Still da ”Question bridge black males” 2012 9 Ed Ruscha ”Helmsboro country” 1990

”Castles in the air” è il titolo della personale dedicata a Hans Haacke. La mostra offre una panoramica completa del lavoro dell’artista tedesco e si focalizza sui rapporti tra arte, mecenatismo e pubblicità. Esposte una selezione delle opere più significative, fino ad arrivare all’ultimo progetto incentrato sulla delicata situazione spagnola: in totale circa quaranta lavori, molti dei quali di grande formato. Fino al 23 luglio, museo Reina Sofia, Madrid. Info: www.m useoreinaso fia .es

Mimmo Rotella fu uno dei primi artisti, negli anni ’50, a stravolgere il linguaggio dell’arte impiegando materiali provenienti dai paesaggi urbani, in particolar modo utilizzando manifesti pubblicitari che recuperava e stravolgeva. La personale, a cura di Bruno Corà, espone una grande retrospettiva sull’artista, presentando una cinquantina di opere, la maggior parte delle quali appartengono al periodo d'oro di Rotella: il più raro che va dal 1954 al 1964. Fino al 9 giugno, Tornabuoni art, Parigi. Info: www.tornabuoniart.fr

VIENNA Urs Fischer N ato i n S v i z z e r a n e l 19 7 3 , U r s F i s c h e r v i v e e la v o r a a N e w Y o r k . L a s ua p r o d uzio ne a rt isti ca gio ca abilm ente co n lu ce e ombra, gravità e materialità, sempre co n d e i to n i s m ac c at ame n t e p o p . L a p e r so na le ”Skinny su nr i s e ” , c ur a t a d a G e r al d M a tt e A n g e l a S t i e f , s i c om p o n e d i m a t e r i a l i n on c on v e n z i o n a l i c om e i l p ol i s t i r o l o , v e t r o, s p e c c h i o e c ol l a p e r e s p l or a r e l a t e m a ti c a d e l l a te m p o r alit à attraverso opere d i g r a n d e f o r ma to . F i n o a l 28 m a g g i o , K un s t h a l l e , V i e n n a . Info: www.ku nst hallewien. at

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L’EVENTO In cifre 5 le edizioni

70 le gallerie partecipanti

43.000 i visitatori nel 2011

TORNA LAFIERA CAPITOLINA Sempre al Macro Testaccio al via la quinta edizione

A sinistra, in alto Fatma Bucak Omne meum, 2011 cortesia Alberto Peola in basso: Roberto Casiraghi foto Manuela Giusto a destra: Moio & Sivelli Panta rei, still video, 2012 cortesia Dino Morra arte contemporanea

8.000 i metri quadrati dello spazio espositivo

554 i giornalisti intervenuti all’edizione passata

15 euro il biglietto

16-23 gli orari di apertura il 25 e 26 maggio

12-23 gli orari di apertura il 27 maggio

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i chiama Roma contemporary. Alla quinta edizione cambia il nome della fiera d’arte contemporanea capitolina, diretta da Roberto Casiraghi. Rinnovata nella forma ma salda nei contenuti. Intanto, conferma la sede: il Macro Testaccio ospita dal 25 al 27 maggio le 70 gallerie nei due padiglioni del Macro Future e della Pelanda. Tra le novità dell’edizione 2012, il progetto dell’immagine coordinata, a cura del giovane duo grafico svizzero Larissa Kasper & Rosario Florio, per esprimere interamente lo spirito di rinnovamento della manifestazione. Nel team dei giovani professionisti che collaborano con la fiera – composto da Chris Sharp e Luca Cerizza, curatori rispettivamente delle sezioni “out of range” e “startup” – entra a fare parte Alessio Ascari, fondatore e direttore della rivista Kaleidoscope, coinvolto nell’ideazione e direzione di nuovi progetti e di iniziative collaterali. Centro delle attività di Roma contemporary è l’Arena, un padiglione temporaneo allestito nel cortile del Macro Testaccio che ospita la programmazione culturale della fiera. Un palinsesto di dibattiti, incontri, interviste e “performance” che vedrà coinvolti curatori, collezionisti, direttori di museo, ma soprattutto artisti. Dal 25 al 27 maggio, Macro Testaccio, piazza Orazio Giustiniani 4, Roma. Info: 0669380709; www.romacontemporary.it M. L. P.

LE ATTIVITÀ Dai premi ai bambini Premio Macroamici. L’associazione Macroamici premia con l’acquisto una o più opere di artisti presentati dalle galierie espositrici. Le opere acquisite andranno ad arricchire la collezione permanente del Macro. Premio fondazione Ettore Fico. Sarà assegnato a un giovane artista che si sia distinto nell’utilizzo di nuovi mezzi espressivi. Il premio acquisto è di 15mila euro. Le opere entreranno a far parte della collezione della fondazione Ettore Fico. Premio dell’associazione Giovani collezionisti. Consiste nell’acquisizione di un’opera di un giovane artista rappresentato da una galleria presente nella sezione ”startup”. L’opera acquistata sarà donata al Maxxi. Arena. Centro delle attività di Roma contemporary è lʼarena, un padiglione temporaneo allestito nel cortile del Macro Testaccio che ospita la programmazione culturale della fiera. Nero magazine cura un calendario di ”performance” musicali serali che avranno luogo nell’Arena e i cui protagonisti saranno musicisti-artisti. Bookshop. La rivista romana Cura gestisce il bookshop in cui saranno presentati e venduti libri d’artista. In programma anche un calendario di incontri. Attività didattiche. Roma contemporary dedica ai più piccoli un programma di attività didattiche con l’obiettivo di rendere la fiera anche una importante occasione di apprendimento.


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CONTEMPORARY E ACCATTIVANTE Il direttore Roberto Casiraghi: «Confermati i punti di forza ma con un nuovo look» di MARIA LUISA PRETE

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irettore fin dalla prima edizione, Roberto Casiraghi (Genova, 1953) non perde l’entusiasmo e continua a credere nell’affermazione della fiera capitolina nel panorama artistico globale. Al quinto appuntamento, intanto, ne rinnova la denominazione, adesso dal respiro più ainternazionale. Cominciamo dalle prime due novità di questa quinta edizione. Il nome, Roma contemporary e l’immagine coordinata. Che significato assumono nel percorso di crescita della fiera capitolina? «Una forma di rinnovamento, una dimostrazione di volontà di proseguire un progetto iniziato cinque anni fa, con determinazione. Il nome della fiera in realtà è solo una semplificazione del precedente, mentre la nuova immagine è un’evoluzione di quella utilizzata negli scorsi anni, con l’inserimento di alcuni elementi grafici che la rendono più attuale. Insomma, una revisione del “look”, ci auguriamo più accativante, per evidenziare la costante evoluzione di un progetto contemporaneo». Confermata la sede anche quest’anno, ma come si rinnova il progetto espositivo? «Il Macro Testaccio è una sede di grande fascino che rende Roma contemporary unica nel panorama mondiale delle fiere. Anche la formula di apertura pomeridiana e serale si addice particolarmente a creare un’atmosfera di grande piacevolezza, invitando a “vivere” lo spazio anche oltre la visita alla manifestazione. Il progetto quindi mantiene i suoi punti di forza con l’Arena, i bar, i ristoranti che permettono di assistere ai numerosi incontri ed eventi che vengono organizzati per l’occasione. Viene inoltre sperimentata una diversa formula espositiva in una zona della Pelanda, rivolta ad alcune delle gallerie più giovani e innovative che prevede un allestimento più libero e informale, più da mostra che da fiera». Come saranno articolate le sezioni “out of range” e “startup”? «Out of range, curata quest’anno da Chris Sharp, sarà una vera e

propria mostra di opere di grandi dimensioni, ma anche “performance”, videoproiezioni, oltre che installazioni e sculture, collocate all’esterno dei padiglioni. “Startup” è la sezione dedicata alle giovani gallerie nate dopo il 2007, che presenterà alcuni degli artisti emergenti più promettenti individuati da Luca Cerizza, a cui è affidata la curatela». Quali le principali iniziative collaterali? «L’Arena, un padiglione disegnato da Jereon Jacobs, artista olandese che vive e lavora a Berlino, ospiterà un programma di incontri ed eventi progettato da Kaleidoscope e Nero, due realtà editoriali e curatoriali di particolare interesse internazionale. Cura e Motto, altre due realtà editoriali, una con sede a Roma e l’altra a Berlino, cureranno invece un “bookshop” molto particolare dedicato a libri e magazine d’artista, pubblicazioni realizzate da editori indipendenti, coinvolgendo personalità quali Adam Carr e David Platzker, fra gli altri. Un vaso di pandora di pubblicazioni rare». Quali sono gli appuntamenti da non perdere? Quali gli ospiti principali? «Il programma, coordinato da Kaleidoscope, sarà strutturato come lo scorso anno in tre giornate. Il palinsesto di ognuna delle tre giornate sarà concepito in collaborazione con tre centri no profit di alto profilo internazionale: sono stati invitati a partecipare realtà quali Salt, centro di matrice istituzionale con sede a Istanbul; Studiolo, spazio


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Hugo Canoilas ”A Stone, a shoe and a bycicle”, 2011 cortesia galleria Collicaligreggi Sotto: Christina Kubisch ”Cloud II”, 2011 cortesia Mario Mazzoli foto Philine von Duszeln A destra: Andrea Sala Empire 140 225, 2011

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gestito da curatori indipendenti a Zurigo; e 1857, “artist-run space” di Oslo. La scelta nasce dalla volontà di dare voce ad anime diverse, come anche a tre aree geografiche vivaci, dove questi centri sono radicati e influenti. Si tratta di spazi diventati punti di riferimento per le rispettive comunità artistiche tenuti d’occhio anche dall’“establishment” come fondamentali luoghi di ricerca e “talent scouting”. Verranno analizzati, in incontri, interviste e “talk”, le dinamiche e specificità di questi centri e le loro interazioni con il sistema artistico ufficiale. A seguire, nella tarda serata, un programma di “performance” musicali e video, coordinato dalla rivista Nero». Quali sono le risposte della fiera alla crisi? E quest’ultima ha delle ripercussioni anche nel mondo dell’arte contemporanea e nella manifestazione da lei diretta? «Non si può certo dire che l’attuale momento economico non abbia ripercussioni anche nel mondo dell’arte. È necessario uno sforzo da parte di tutti, curatori, galleristi, collezionisti, per non lasciarsi pervadere dal sentimento di sfiducia che in questo momento condiziona gli animi di molti. Sono certo che il futuro, mi auguro molto prossimo, non potrà che essere migliore». Che posto è riuscita a occupare Roma contemporary nel panorama delle fiere italiane e internazionali? «A livello nazionale, una realtà in crescita. Malgrado il periodo non facile, Roma in questo momento è la città che presenta i segnali di vitalità nel settore dell’arte contemporanea più simportanti nel nostro paese, e la fiera è certamente diventata un appuntamento significativo nel panorama artistico locale e nazionale. A livello internazionale si procede più lentamente; in questo particolare momento storico ed economico, accreditare Roma con una nuova meta del contemporaneo non è impresa facilissima. In realtà questo è un problema che coinvolge tutto il paese e non riguarda solo le singole destinazioni». Quali sono, secondo lei, gli sforzi in più da fare per farla crescere ulteriormente? «Una maggiore coesione di intenti e di sinergie da parte dei più significativi operatori locali, sia pubblici che privati, espressa sino ad ora solo in forma embrionale e a corrente alternata. Malgrado le buone intenzioni espresse da molti e messe in pratica da alcuni vedo ancora disomogenea la capacità di coordinarsi intorno ad alcuni appuntamenti di grande rilievo e richiamo, uno dei quali dovrebbe essere rappresentato della fiera, un’occasione ancora non pienamente utilizzata per partecipare e presentare in maniera omogea un sistema dell’arte contemporanea. Una migliore e maggiore capacità di investimento per promuovere e accreditare a livello internazionale l’intero sistema del contemporaneo locale, fiera compresa, sarebbe auspicabile».

MALGRADO LE BUONE INTENZIONI È ANCORA DISOMOGENEA LA CAPACITÀ DI COORDINARSI SU GRANDI EVENTI COME LA FIERA


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LA MOSTRA Prospettive italiane Prospettive Italiane, percorsi, visioni, orizzonti, a cura di Ludovico Pratesi, è un evento determinato alla promozione dell’arte italiana delle ultime generazioni che si svolge in concomitanza con la quinta edizione della fiera Roma contemporary. Dal 24 al 26 maggio, saloni del Ninfeo di palazzo Borghese, largo Fontanella Borghese 22, Roma. Info: www.wannenesgroup.com

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ella spettacolare cornice di palazzo Borghese, in una serie di saloni con volte affrescate affacciati sul ninfeo della residenza di una delle famiglie più importanti della Roma barocca, la mostra Prospettive italiane riunisce importanti opere di 26 artisti italiani delle ultime generazioni, in un ideale dialogo tra antico e contemporaneo che coinvolge per la prima volta artisti, galleristi e musei per la promozione dell’arte emergente, sotto l’egida della casa d’aste Wannenes. Un’operazione coraggiosa ma necessaria per valorizzare una generazione artistica che è stata costretta a trovare sostegno all’estero prima che nel nostro paese, troppo occupato a conservare il passato per poter investire sul futuro. Così, in un momento di crisi economica e culturale, è importante riscoprire e sostenere un gruppo di artisti abituato a muoversi in uno scenario globale, dove lo stesso status dell’artista si è gradualmente aperto verso il mondo, grazie a una rete di relazioni che lo rende più consapevole nei confronti delle nuove sfide internazionali. Ma chi sono oggi gli eredi di Maurizio Cat-

INVESTIRE NEL FUTURO A palazzo Borghese gli artisti su cui puntare un evento collaterale a Roma contemporary in cui scende in campo la casa d’aste Wannenes di LUDOVICO PRATESI*

telan, che con la sua ultima personale al Guggenheim museum di New York ha sbalordito il mondo con la forza di una visionarietà tutta italiana? A palazzo Borghese abbiamo voluto presentare una campionatura di opere che spaziano dalle tecniche tradizionali come la pittura e il disegno fino a linguaggi espressivi emersi negli ultimi decenni come la fotografia e l’installazione, all’insegna di un fertile e fecondo eclettismo, in linea con la tendenza che caratterizza la scena internazionale. Sul versante della scultura Chiara Camoni crea combinazioni di oggetti trovati per dare vita a intime visioni quotidiane, mentre Andrea Sala rivisita il design degli anni Sessanta di Bruno Munari per creare installazioni legate alla tradizione modernista, che costituisce uno degli elementi fondanti della ricerca di Diego Perrone, autore di opere legate all’analisi di relazioni complesse tra forma, suono e spazio. In bilico tra ironia del quotidiano e memoria storica appaiono le sculture e i collage di Alessandro Piangiamore, che sviluppano interessanti combinazioni tra spazialità e percezione alla ricerca di nuove forme archetipali. Anche Pietro Ruffo uti-

lizza il collage su carta per interpretare conflitti politici ed etnici o questioni filosofiche e storiche complesse, mentre Luca Bertolo propone una pittura concettuale, che ne rilegge la grammatica formale e cromatica con soluzioni felici e interessanti. Sul versante della fotografia troviamo le visioni estreme e surreali di Paola Pivi insieme agli interni domestici dei quali Giovanni Ozzola coglie le atmosfere sospese e malinconiche e alle immagini stranianti di Rä di Martino, che descrivono i set dei film di fantascienza abbandonati nel deserto della Tunisia. Interessanti e originali le opere che si ispirano a tecniche più intime come il disegno, alla base della ricerca di Sergio Breviario, che rappresenta immagini in cui ogni riferimento spaziale e temporale viene annullato e sostituito da una dimensione sospesa e quasi metafisica,o di Francesco Barocco, che si appropria di tecniche come l’incisione per creare inaspettati punti di contatto tra la storia dell’arte e gli oggetti comuni, in un gioco di rarefatti rimandi tra materia e simbolo. *critico e curatore della mostra


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VEDO CINESE GUARDO IL FUTURO Con vent’anni di ritardo rispetto all’Occidente prende piede la videoarte del gigante rosso Al Pecci di Prato una grande mostra ricostruisce la storia dei suoi protagonisti di MARCO BAZZINI*


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el settembre 1995 Qiu Zhijie, uno tra i primi video artisti cinesi, vide nel padiglione americano della Biennale di Venezia l’opera di Bill Viola “Buried secrets”. E scrisse nei suoi appunti: «Uscendo dallo spazio buio dell’installazione mi sembrava di aver fatto una doccia calda. Sono andato allo stand che vendeva i cataloghi e ne ho acquistato uno. L’ho aperto subito e mi sono detto che quel tipo aveva 18 anni più di me». In quello stesso anno, dopo il suo rientro a Pechino, iniziò a organizzare mostre, a scrivere e tradurre tesi per promuovere lo sviluppo della videoarte in Cina. Un semplice aneddoto di vita che dimostra come gli artisti cinesi che hanno iniziato a sperimentare il video nel loro paese appartengono alla generazione successiva rispetto ai precursori occidentali. Infatti un “gap” di oltre vent’anni separa l’ingresso del video nell’arte contemporanea dell’Impero di mezzo dalle prime sperimentazioni avvenute in Europa ai primi anni Sessanta: Zen Tv di Nam June Paik. Un’opera presentata nel 1963 in occasione della mostra “Exposition of music/electronic television” alla galleria Parnass de Wuppertal (Germania). Si deve attendere il 1988 e Zhang Peili, il vero pioniere della videoarte in Cina, con la sua prima fatica, 30 x 30, presentata in anteprima alla mostra “The China avant-garde” un anno dopo, per registrare nella cronologia degli eventi la prima opera video della Cina continentale. Non sono trascorsi nemmeno dieci anni che Wang Jianwei e Feng Mengbo fanno la loro comparsa in una mostra internazionale, il primo con “Production” (1996) e l’altro con “My private album” (1994-1995) sono invitati a Documenta X a Kassel. Wang Jianwei è forse l’artista più difficile da restringere in una categoria perché le sue opere possono essere lette sia come documentari sia come videoarte. “Production”, ad esempio, è un montaggio di circa un’ora di moltissimo materiale registrato nella zona urbana e rurale di Chengdu, nella provincia di

OGNI AUTENTICA SPERIMENTAZIONE ARTISTICA È LEGATA ALLA COMBINAZIONE DI DIVERSI FATTORI E ALLE CIRCOSTANZE SOCIALI ED ECONOMICHE

Sun Xun, “Beyond-ism”, 2010 A sinistra: Wang Jianwei, “Symptom”, 2007-2008 cortesia dell’artista e Long march space


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Sichuan e ha partecipato anche a molte sezioni documentarie di festival cinematografici. Feng Mengbo invece è uno tra i primi ad avvalersi dei linguaggi multimediali che si svilupparono negli anni Novanta. È questa l’epoca in cui anche in Cina l’immagine in movimento raggiunge la sua prima maturità di linguaggio e notorietà di pubblico. Nel settembre 1996 Wu Meichun e Qiu Zhijie organizzano “Phenomenon/Image: chinese video art exhibition”, la prima mostra di videoarte di ampio respiro in Cina, che ebbe grande importanza nello sviluppo di questo genere artistico. Dagli anni Duemila gli artisti approfondiscono le possibilità narrative del mezzo e utilizzano tutte le tecniche a disposizione, animazione compresa. Sono anche gli anni in cui arrivano al successo artisti come Cao Fei con i suoi racconti metropolitani e Yang Fudong con i suoi intrecci temporali e le grandi atmosfere poetiche, mentre oggi le più giovani generazioni rappresentate tra i molti da Lu Yang, Wang Sishun e Chen Zhou spaziano tra citazioni tecno e memorie personali. Ogni autentica sperimentazione artistica è strettamente legata alla

combinazione di diversi fattori e alle circostanze connesse ai cambiamenti sociali ed economici, tra cui, almeno per il video, l’avvento della televisione nelle famiglie come mezzo di intrattenimento più che di informazione (ma in quegli stessi anni avviene anche da noi con l’arrivo della televisione commerciale) cui la Cina è andata incontro negli ultimi tre decenni. In Cina l’appropriazione del mezzo video per fini artistici è stata repentina come una “mossa del cavallo” perché una piattaforma estetica, teorica e tecnologica era già presente e stava in Occidente. Da lì si poteva partire. Con la sensibilità, la cultura e l’occhio di chi è bravo a accelerare e a immaginare il futuro. Nella mostra “Moving image in China 1988-2011” si racconta questa breve e intensa storia, per una parte parallela anche alla nostra, e come questo paese, sotto l’unico ombrello dei “new media”, abbia saputo conquistare la scena internazionale per la qualità dei suoi artisti. *direttore del centro Pecci e curatore della mostra

LA MOSTRA “Moving image in China 1988-2011” La mostra ”Moving image in China 1988-2011”, curata da He Juxing, Guo Xiaoyan, Zhou Tiehai e Marco Bazzini, si divide in quattro sezioni che ripercorrono lo sviluppo della videoarte cinese dalla fine degli anni ‘80 a oggi. Una selezione di oltre quaranta opere dal primo video di Zhang Peili, fino a una delle ultime produzioni della star internazionale Yang Fudong. Catalogo Silvana Editoriale. Fino al 29 luglio, centro Luigi Pecci, viale della Repubblica 277, Prato. Info: 0574531828; www.centropecci.it

Yang Fudong, ”Yejiang/The nightman cometh”, 2011 In alto: Chen Chieh-jen, ”Factory”, 2003


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MARCA, EVAN PENNY ELOGIO DEL DUBBIO IN CARNE E OSSA NELLA SUA OPERA LA DIMENSIONE PROSPETTICA, L’IDENTITÀ MULTIPLA, L’ALTERAZIONE DELLE MISURE, L’ASSOTTIGLIARSI DELLA TERZA DIMENSIONE SONO TUTTI SCARTI RISPETTO AL REALE IN CRISI

di ALBERTO FIZ (DIRETTORE DEL MARCA DI CATANZARO)

Evan Penny con “Aerial #2”, 2006

«L

a mia opera ha maggiori punti di contatto con Paul Cézanne e Alberto Giacometti piuttosto che con Duane Hanson e John De Andrea». Potrebbe sembrare paradossale l’affermazione di Evan Penny. Invece, contiene i principi cardini di una ricerca che prende la strada del perturbante attraverso la reinvenzione dell’immagine sottratta ad ogni forma di riconoscibilità immediata o di evidente certezza. Se tutta la vicenda della scultura contemporanea che ha come punto di riferimento George Segal, agisce sull’assurdità connessa al vero in un’esasperazione dell’elemento tautologico e autoreferenziale, Penny sottolinea lo stato latente di chi osserva attratto e, nello stesso tempo respinto, da quanto si palesa come familiare. L’adesione di Penny all’iperrealismo e all’oggetto in quanto tale appare solo una messa in scena, un inganno della mente e dell’occhio. Al di là della facciata, l’artista canadese innesca un’azione di sabotaggio che mette in discussione la componente percettiva secondo una metodologia tesa ad evacuare lo sguardo impedendogli di rimanere fisso. Ciò significa, fondamentalmente, una visione che diventa luogo intorno a cui costruire le nuove immagini. In tal senso, il riferimento a Cézanne appare particolarmente significativo in quanto il maestro francese dipinge una materia che sta all’interno della forma con lo scopo di ricostruire l’oggetto partendo dalla sua essenza in una progressiva presa di distanza dal suo immediato riconoscimento. Ciò che conta non è riprodurre ma rappresentare disponendo il proprio sguardo ad osservare in maniera differente. Così lo stesso luogo (basti pensare a La Montagne de Saint Victoire) si trasforma ogni volta di fronte al riproporsi della percezione originaria. Non è un caso che Cézanne rappresenti un riferimento essenziale per Giacometti che ha fatto del visibile e del rapporto con l’assoluto il cuore pulsante della sua indagine. Ebbene, Penny va incontro all’incidente della visione operando sulla componente emotiva dell’oggetto teso a disorientare

l’osservatore che si trova di fronte a certezze negate. La conoscenza passa attraverso l’incapacità di riconoscere e di riconoscersi come se, improvvisamente, tutto ciò che ci circonda diventasse estraneo o non più controllabile. Nella sua opera la distorsione prospettica, l’identità multipla, l’alterazione delle misure, l’assottigliarsi della terza dimensione sono tutti scarti rispetto al reale apparente entrato definitivamente in crisi. La veridicità dei materiali, inoltre, innesca per reazione un meccanismo di scetticismo e di presa di distanza nei confronti dell’opera che va a determinare l’ambiguità della visione. Si tratta di un atteggiamento molto diverso rispetto a quello che si prova di fronte a sculture iperrealiste che accentuano il senso di straniamento e di alienazione ma non incrinano la visione. Le figure di Hanson che nascono dai calchi delle persone impegnate nel loro lavoro, per esempio, ci pongono di fronte al dubbio se ciò che stiamo osservando sia una figura in carne ed ossa oppure una copia. Ma una volta certificata la sua presenza come opera d’arte all’interno del museo ci s’interroga sulla sua disposizione nello spazio e sul significato che può assumere. Differente è il caso di Penny che non ci pone di fronte alla copia del vero ma ci conduce in quella zona oscura dove le nostre certezze vanno in frantumi.

LA MOSTRA “Re figured” A cura di Alberto Fiz e di Daniel J. Schreiber, direttore della Kunsthalle di Tubinga, al Marca di Catanzaro la prima mostra in Italia di Evan Penny, tra i maggiori interpreti dell’arte plastica contemporanea, dal titolo ”Re figured”. Presentate oltre 40 sculture accompagnate da una selezione di disegni e stampe fotografiche. I lavori sono in silicone, resina e bronzo, molti dei quali hanno una dimensione monumentale. Catalogo Verlag der Buchhandlung Walther König. Fino al 30 giugno, Marca, via Turco 63, Catanzaro. Info: 0961746797; www.museomarca.info


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a cura di SILVIA NOVELLI

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MERANO Dennis Oppenheim A un anno dalla scomparsa, un omaggio a Dennis Oppenheim. Dal 19 maggio al 9 settembre, Merano arte ospita una mostra curata da Valerio Dehò che presenta 12 sculture-installazioni realizzate tra la metà degli anni Ottanta e la fine del decennio successivo. Il filo rosso che lega le opere è l’idea di una continua metamorfosi delle forme in cui gli elementi costruttivi e decostruttivi si sommano, dando vita a effetti emozionalmente forti. Merano arte, via Portici 163, Merano. Info: www.kunstmeranoarte.org

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REGGIO EMILIA

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MILANO Collezione Acacia

Don Mc Cullin

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1 Cindy Sherman “Untitled film still n.24”, 1978 2 Mimmo Paladino Scudo, 2007 3 Fabrizio Campanella Il folle, 2012 4 Yves Klein “L’esclave de Michel-Ange”, 1962 5 Samuel Aranda foto vincitrice del “World press photo 2011” 6 Bill Viola ”The emergence” 2002 foto Kira Perov 7 Don Mc Cullin Di prima mattina a west Hartlepool, 1963, cortesia Don Mc Cullin (Contact press images) 8 Dennis Oppenheim, “Photo Focus on the Masters”, 2006. Dietro l’opera “Bus home”, 2002 9 Marzia Migliora La morte tornò a letto..., 2007

La mostra Don Mc Cullin, la pace impossibile, dalle fotografie di guerra ai paesaggi 1958-2011 racconta il Novecento visto con gli occhi di uno straordinario testimone. Quello proposto dai curatori Sandro Parmiggiani e Robert Pledge è un percorso di enorme potenza espressiva, lungo 160 immagini scattate in alcuni dei teatri in cui Mc Cullin ha scelto di essere presente. Dall’11 maggio al 15 luglio, palazzo Magnani, corso Garibaldi 29, Reggio Emilia. Info: 0522454437; www.palazzomagnani.it

Palazzo reale ospita la mostra Gli artisti italiani della collezione Acacia-Associazione amici arte contemporanea. L’evento espositivo, curato da Gemma De Angelis Testa e Giorgio Verzotti, propone circa trenta opere di artisti della collezione d’arte contemporanea dell’associazione. Tutte le forme espressive delle arti visive sono qui rappresentate, dalla pittura alla scultura, dalla fotografia al video alle installazioni. Fino al 24 giugno, palazzo Reale, piazza Duomo 12, Milano. Info: www.acaciaweb.it

VARESE Bill Viola Il Fai-Fondo ambiente italiano rende omaggio all’artista internazionale simbolo della videoarte con la mostra Bill Viola, ”Reflections” a villa Panza, dal 12 maggio al 28 ottobre. Le dodici videoinstallazioni in mostra documentano la ricerca artistica di Viola dalla metà degli anni Settanta a oggi e sono state pensate e scelte dall’artista. I lavori di Viola dialoghano con l’humus d ella collezione di Giuseppe Panza, in un percorso di spiritualità, un viaggio tra luce, colore e misticismo. Villa e collezione Panza, piazza Litta 1, Varese. Info: 0332283960

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FAENZA Mimmo Paladino

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MODENA “The collector’s choice” Dal 13 maggio al 20 luglio viene presentata a Modena, al complesso di Sant’Agostino, un’importante selezione di opere dalla collezione di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo dal titolo ”The collector's choice”. Le opere sono state scelte dalla stessa Sandretto, in collaborazione con Filippo Maggia. La mostra raccoglie oltre 100 lavori tra fotografie, video e installazioni. Ex ospedale Sant’Agostino, largo Porta Sant’Agostino 228, Modena. Info: 0 59239888; www.fondazionefotografia.it

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Sono un centinaio le opere esposte nella grande personale dal titolo Mimmo Paladino, ceramiche che il Mic di Faenza dedica all’artista campano dal 25 maggio, a cura di Claudia Casali. Il percorso espositivo presenta sculture di grandi dimensioni, installazioni complesse accanto a produzioni minori testimoniano la poliedrica personalità dell’artista. A tratti quasi brutale nell’utilizzo di un materiale primordiale come la terra, Paladino espone opere fondamentali della sua produzione e alcuni inediti. Fino al 7 ottobre, Museo internazionale delle ceramiche, viale Baccarini 19, Faenza (Ravenna). Info: 0546697311; www.micfaenza.org

SPOLETO

FIRENZE

Secondavera

Arte torna arte

Artisti italiani di varie generazioni protagonisti del progetto Secondavera. Il curatore Gianluca Marziani ha ideato un paesaggio espositivo che si trasforma da una sala all’altra, passando dal disegno di Walter Gasperoni alle sperimentazioni di Carlo Moggia, dalle evoluzioni pittoriche di Fabrizio Campanella alla natura iperpop di Epvs. In parallelo, attraverso il progetto ”Collicola on the wall”, crescono gli interventi sulle pareti del museo. Fino al 3 giugno, palazzo Collicola, piazza Collicola 1, Spoleto (Perugia). Info: www.palazzocollicola.it

Arte torna Arte, a cura di Bruno Corà, Franca Falletti e Daria Filardo, è una mostra che raccoglie trentasei opere di trentadue artisti contemporanei riunite nelle storiche sale della Galleria dell'Accademia di Firenze, dall’8 maggio al 4 novembre. L’esposizione occupa anche le sale della collezione permanente (la Tribuna del David, la Galleria dei Prigioni, la Gipsoteca, la sala del Colosso) con l’obiettivo di creare un dialogo tra presente e passato. Proposte le tecniche più tradizionali quali pittura, scultura, disegno ma anche la fotografia, il video, la ”performance”, le installazioni ambientali. Galleria dell'Accademia, via Ricasoli 5860, Firenze. 4 Info: 055294883

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ROMA “World press photo 2012”

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La mostra ”World press photo” non è soltanto una galleria di immagini sensazionali, ma un documento storico che permette di rivivere gli eventi cruciali del nostro tempo. Il suo carattere internazionale, le centinaia di migliaia di persone che ogni anno nel mondo visitano la mostra, sono la dimostrazione della capacità che le immagini hanno di trascendere differenze culturali e raggiungere livelli immediati di comunicazione. Fino al 20 maggio, Museo di Roma in Trastevere, piazza S. Egidio 1B, Roma. Info: 060608


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TESORI(UNPO’) FUORIMANO Riapre a Milano con spazi rinnovati l’Hangar Bicocca, curato da Bertòla e Lissoni di MANFREDI LAMARTINA

È

un ritorno importante, quello dell’Hangar Bicocca. Perché si tratta di uno spazio unico, quasi fuori dal tempo. Una gemma nata negli enormi capannoni industriali dell’area Ansaldo-Breda che nel corso degli anni (è attivo dal 2004) è riuscita a convogliare su Milano il meglio dei fermenti artistici internazionali. Negli ultimi mesi nei luoghi dell’Hangar è stato fatto un lavoro importante di “restyling” per rilanciare la sfida di un centro che si è rivelato propulsivo per la cultura non solo meneghina ma anche del resto d’Italia. Nuova è anche la direzione, affidata a Chiara Bertòla. La peculiarità dell’Hangar, sin dalla sua fondazione è stata quella di privilegiare un approccio sperimentale all’arte, con un occhio di riguardo in particolare per le installazioni “site specific”, ovvero pensate e realizzate seguendo lo stile dei locali dell’Hangar. Lo scorso 11 aprile, dunque, gli spazi sono stati riaperti al pubblico dopo qualche mese di pausa. Che si tratti di una notizia importante lo conferma il curatore della programmazione, Andrea Lissoni: «Il ritorno a pieno regime dell’Hangar Bicocca è importante perché si tratta del segnale di

un grande investimento non solo sull’arte e sulla cultura, ma anche sulla città e sull’intera collettività». Gli obiettivi, adesso, si fanno sempre più ambiziosi, anche grazie alla solidità di una proposta che ha pochi eguali. «Il nostro desiderio più grande – prosegue Lissoni – è di rendere l’Hangar un luogo d’eccellenza per l’arte contemporanea. Ci piace l’idea che abbia un raggio d’azione di portata internazionale ma, allo stesso tempo, vorremmo che si imponesse anche come un polo di servizi di conoscenza e di formazione rivolti ai cittadini dell’area della grande Milano». L’avvio della nuova fase è coincisa con una serie di novità di rilievo: un nuovo spazio dedicato ai bambini, una parete multimediale interattiva, un’area polifunzionale per laboratori e conferenze e un rinnovato ristorante-caffetteria. L’Hangar Bicocca, dunque, «si apre al territorio – continua il curatore – anche grazie a politiche di gestione specifiche come gli orari dilatati (dalle 11 alle 23), la gratuità, le attività educative. È sul coraggio che si fonda ogni scelta culturale che sia realistica rispetto ai tempi e che sia visionaria rispetto al futuro». Il nuovo “start” dell’Hangar Bicocca è rappresentato da


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LA SEDE Un capannone polivalente

Sopra: la plenimetria dello spazio indicati il laboratorio multimediale (1) la sala dedicata ai più piccoli (2) lo spazio ristoro (3) e quello informativo (4) A sinistra: l’esterno dell’Hangar Bicocca In alto: l’ingresso dello spazio foto Agostino Osio

L’Hangar Bicocca è uno spazio espositivo nella periferia nord di Milano. Nato dalla riconversione dello stabilimento industriale dell’Ansaldo-Breda, dal 2004 è un centro dedicato alla produzione, esposizione e promozione dell’arte. In particolare, viene dato ampio risalto alle mostre cosiddette ”site specific”, ideate e realizzate rispettando le caratteristiche degli spazi dell’Hangar. Dopo qualche mese di stop per un ”restyling”, da aprile i quindicimila metri quadrati dell’Hangar sono di nuovo a disposizione dei milanesi, con nuove aree (per esempio c’è una parete multimediale interattiva e locali per le conferenze) e iniziative dedicate ai più giovani. Il grande laboratorio dalla vocazione sperimentale e divulgativa è affidato alla direttrice Chiara Bertòla e al curatore Andrea Lissoni. L’orario di apertura è dalle 11 alle 23, l’ingresso è gratuito. Hangar Bicocca, via Chiese 2, Milano. Info: 0266111573; www.hangarbicocca.org


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IL NUOVO HANGAR Parla la direttrice

LE MOSTRE Artisti internazionali

Hangar Bicocca, nata nel 2004 come spazio aperto alla creazione, all’esposizione e alla diffusione dell’arte contemporanea, si affaccia al 2012 con importanti cambiamenti grazie a un processo di ristrutturazione realizzato dallo studio C03 progetti. I quindicimila metri quadri di questa costruzione si rinnovano per misurarsi con percorsi culturali ed espositivi sempre più approfonditi. Spazi migliorati per indirizzarli a funzioni maggiormente potenziate. «L’ingresso – dice la direttrice Chiara Bertòla – è stato ampliato dando una struttura più museale e più stabile a tutto l’impianto architettonico e all’ingresso c’è un ”info wall”, creato dall’artista Carlo Sinatti. Questa parete multimediale interattiva – continua la direttrice – è una parete speciale, costituita da una serie di schermi che si aggiornano continuamente. Ci sono informazioni su tutte le attività che si sviluppano all’interno dell’edificio, come interviste fatte ad artisti che si sono presentati all’Hangar, con la loro storia e le schede delle mostre». Inoltre, è stata realizzarta un’area per le attività creative di bambini, una sala polifunzionale destinata alla lettura di riviste o libri e un ristorante dal gusto e dallo stile molto contemporaneo. (Valentina Cavera)

Sono due le mostre con cui ha riaperto l’Hangar Bicocca e che resteranno aperte al pubblico fino al 10 giugno. ”Non non non”, a cura di Andrea Lissoni e Chiara Bertòla, è la prima retrospettiva di installazioni e di opere di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, e comprende sette film originali e un ”display” concepito dagli artisti che ospita disegni, acquerelli e un video. ”Shadow play”, invece, a cura della stessa Bertòla, è dedicata al tedesco Hans-Peter Feldmann, che ha vinto nel 2010 l’Hugo Boss art prize del Guggenheim Museum. Il lavoro è un crocevia tra fotografia e cinema, installazione ambientale e teatro.

VORREMMO CHE SI IMPONESSE COME UN POLO DI SERVIZI DI CONOSCENZA E DI FORMAZIONE RIVOLTO AI CITTADINI

LA COLLEZIONE PERMANENTE Le opere Anselm Kiefer (1) I sette palazzi celesti, 2004 Fausto Melotti (2) La sequenza, 1981

In alto da sinistra Chiara Bertòla la sala dell’Hangar con la mostra “Non non non”

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a destra: il nuovo spazio dedicato ai bambini foto Agostino Osio


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due iniziative interessanti. «C’è innanzitutto “Non non non” – spiega Lissoni – la prima retrospettiva mai realizzata dei lavori di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi. È un’iniziativa della quale siamo molto orgogliosi, dopo che il Moma, il Centre Pompidou, la Tate e la Biennale di Venezia hanno presentato i loro film in numerose rassegne e mostre personali. Risultato di due artisti coraggiosi, radicali come se ne vedono sempre di meno in giro, purtroppo. Poi c’è “Shadow play” di Hans-Peter Feldmann, opera di un uomo coerente, rigoroso e centrale nel panorama artistico. Questi personaggi condividono la postura ma anche l’ossessione per i cataloghi e le raccolte di immagini. Oltre che per i giocattoli, la poesia, la meraviglia». Ma quali sono le caratteristiche che un artista deve avere per suscitare l’interesse e la passione di chi cura la programmazione dell’Hangar Bicocca? Lissoni è diretto: «Deve avere autenticità, qualità, rigore, suggestione visiva, pensiero e profondità. Gli aspetti che cerco in un’opera sono tutti qui. E d’altronde ciò che mi ha spinto ad appassionarmi all’arte e alle sue splendide storie è stata la possibilità di vedere la realtà sotto altri punti di vista». La trasversalità, infatti, per Lissoni è ciò che rende

un’opera artistica qualcosa di unico e, contemporaneamente, permeabile alle suggestioni del tempo e dell’interpretazione. «La trasversalità è importante quanto la capacità di un’opera di essere attraversabile da più possibilità di senso». Con queste premesse, è lecito chiedersi se Milano possa tornare ad avere un ruolo di primo piano nella scena artistica internazionale. Per Lissoni la centralità del capoluogo lombardo «è senz’altro un auspicio. Milano sta passando un periodo di fiducia, senso civico e desiderio collettivo. Direi che ci sono tutte le premesse per fare bene». Fiducia nel futuro, dunque, anche alla luce di ciò che l’Hangar Bicocca ha in programma per i prossimi mesi. «A giugno presenteremo un progetto espositivo del team di architetti indiani Studio Mumbai, destinato a muoversi all’interno dello spazio di Hangar e ad accogliere altri artisti. Inoltre, ospiteremo un’opera “site specific” dell’artista cubano Wilfredo Prieto». Attraverso un’offerta culturale, educativa e didattica, L’Hangar Bicocca riparte con l’obiettivo di stimolare i visitatori a misurarsi con le idee degli artisti e con le opere, rendendole comprensibili e accessibili a tutti, addetti ai lavori e non.


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la storia della lira

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Sotto: gli interni della A3 arte contemporanea In basso: lo staff della galleria da destra Massimiliano Alberico Grasso con i soci Lycourgos Lambrinopoulos Silvia Frassetto e Cristiana De Paola

UNO SPAZIO DI SCAMBIO E INCONTRO Salerno, la A3 arte contemporanea punta sui giovani La politica del fare per uscire dalle logiche del mercato di SILVIA NOVELLI

IL DIRETTORE Architetto e curatore Massimiliano Alberico Grasso, architetto e curatore indipendente, nasce a Sulmona il 14 agosto 1980. Laureato in architettura all’università Federico II di Napoli, matura una formazione storica, con attenzioni rivolte da sempre alle nuove tendenze contemporanee. Nel 2008 inizia l’attività di curatore indipendente. Responsabile di Progetto arte, studio di consulenza e comunicazione di settore, collabora con diverse testate italiane. Dal 2011 è alla direzione di A3 arte contemporanea di Salerno.

uando dei ragazzi si mettono insieme per dar vita a una nuova impresa, ci si aspetta che questa sia plasmata da uno dei cardini della nuova economia: la virtualità. E invece, può capitare il contrario. Per animare il confronto artistico si sceglie di puntare sulla valorizzazione dello scambio e del confronto reale con le persone. Succede a Salerno, dove nel novembre del 2011 nasce A3 arte contemporanea, una galleria che fonda le sue basi appunto sull’incontro e sull’unione di artisti e non, per dar vita a una realtà dinamica, energica e generatrice di idee. Massimiliano Alberico Grasso, architetto e curatore indipendente, ha fondato lo spazio insieme ai due architetti Silvia Frassetto e Lycourgos Lambrinopoulos e alla responsabile delle relazioni esterne Cristiana De Paola. Come nasce l’idea di aprire una galleria e con quale spirito? «L’idea prende vita dall’unione di quattro giovani menti unite da un unico comune denominatore: l’arte. Formazioni diverse, ma obiettivi comuni, hanno dato vita a un progetto ambizioso ma innovativo. La galleria è frutto di una travagliata gestazione e nasce a conclusione di un determinante percorso professionale. Questo periodo è stato indispensabile per capire e comprendere che il concetto di arte, snaturato della sua essenza più intima, negli ultimi anni si è dovuto prostrare, perché schiacciato dalle leggi di mercato. La peggiore causa? L’avvento delle gallerie commerciali. Il termine è ambiguo ma credo renda bene il concetto. Lo studio vuole essere il punto di incontro per gli addetti ai lavori, per gli appassionati

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LA MOSTRA Crepe La ricerca di Flavio Grasso non prevede lavori di natura classica, non rispecchia i canoni della scultura antica. Le crepe, ognuna identificata con un numero progressivo, prodotte in pezzi unici, sono da collocare nel più moderno filone concettuale, sicuramente meno espressivo e immediato, ma probabilmente più inciso e concreto. La mostra è a cura di Massimiliano Alberico Grasso. Dal 12 al 26 maggio.

In alto, da sinistra: Flavio Grasso, Crepe, 2010 L’ingresso della galleria

e per tutti coloro che hanno voglia di ritrovarsi in un luogo versatile in cui la cultura, l’espressione, le tendenze prendono vita e forma attraverso il fare arte». Quali artisti attraggono la tua attenzione? «Il grande tema trattato è l’arte contemporanea o, meglio, la giovane arte contemporanea. Lo studio nell’arco di pochi mesi è diventato un vero e proprio laboratorio espositivo, una vetrina per giovani artisti. Si punta molto sulle nuove generazioni, sulle avanguardie, sulla crescita reciproca. Possiamo definirlo un incamminarsi mano nella mano sulla strada del contemporaneo. Ciò che ci attrae è un lavoro di tipo sperimentale, non a caso una delle ultime mostre prendeva il nome di Tras-mutazioni. È stata una piacevole e interessante occasione figurativa per presentare nuovi nomi ma soprattutto lavori insoliti. Altro obiettivo fondamentale sarà quello di avvicinare la sensibilità comune a quelle forme, a dire di

molti non codificabili, che allontanano il pubblico da questo mondo così affascinante. Saremo i traduttori dei messaggi informali, concettuali, multimediali». Cosa significa lavorare nel settore dell’arte contemporanea in una città del sud? «Probabilmente questa è una delle domande più difficili, ma sicuramente la più avvincente. Non a caso è un elemento determinante del lavoro che avvertiamo quotidianamente sulla nostra pelle e sul quale abbiamo cucito il nostro abito. Dobbiamo distinguere due aspetti: uno puramente riferito al settore e, quindi, allo spazio galleria e l’altro riferito all’ambiente locale o territoriale. Dovendo descrivere il primo, essere galleristi e soprattutto esserlo giovani oggi, non credo faccia molta differenza se sei di Milano o Palermo. In entrambi i casi sai che devi fare i conti con i colossi dell’arte contemporanea, con le grandi gallerie, rispetto alle quali non sei nulla, di conse-


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LA SEDE Nel cuore della città Lo studio A3 arte contemporanea nasce nel cuore di Salerno, in via Mario Iannelli, alle spalle della storica via dei Mercanti, uno dei fulcri del commercio della città. Lo spazio, presente su strada con due vetrine, si sviluppa in un unico ambiente di trenta metri quadri. Sobrio e raffinato, curato e personalizzato nei minimi dettagli, si presenta come un luogo caldo ed accogliente. Il tutto lo rende un ideale contenitore di espressioni artistiche. A3 arte contemporanea; via Mario Iannelli 30, Salerno. Info: www.a3artecontemporanea.it

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guenza sei sconfitto in partenza. Allora due sono le cose: o abbandoni l’idea in cui credi o, testardamente, realizzi il tuo progetto, cerchi di farlo con serietà, professionalità e infinita passione. Al momento debito, quando sarà l’ora di trarre delle conclusioni, il tempo e il destino saranno determinanti per una selezione naturale. Il secondo aspetto invece è quello più arduo, perché più diretto. In questo caso ti trovi a dover gestire tutto ciò che è fortemente legato alle abitudini del luogo. Il problema si presenta quando ti si chiede perché in galleria non ci siano artisti locali. Ed ecco che devi lavorare di sensibilità cercando di far capire che il mondo reale va oltre i confini tracciati sulla carta. Se riesci in questo, il resto scivola via come un intrigante viaggio appena iniziato, attraverso il piacere della scoperta. È qui che si trova giovamento: sei riuscito nell’intendo di instaurare un dialogo con il tuo fruitore solo grazie al lavoro dell’artista. Il puzzle, finora

inesistente, prende forma tassello dopo tassello. Il sud è una terra molto fertile, bisogna solo avere la pazienza di aspettare il raccolto». Oltre alla mostre, lo spazio propone iniziative ed eventi artistici? «Sono in programma per i prossimi mesi seminari di storia dell’arte,“workshop” e presentazioni di concorsi». I progetti in cantiere? «Sono molti, alcuni ancora in fase embrionale a causa della complessità di realizzazione e del momento particolare che sta vivendo il nostro paese. Anche in questo settore bisogna calcolare bene i rischi, ma non ci demoralizziamo, abbiamo solo bisogno di pazienza e perseveranza. Alcuni porgetti sono pronti per partire: un concorso sull’etichetta d’autore, due collaborazioni esterne con gallerie sul territorio nazionale e la partecipazione a una fiera d’arte contemporanea».

GLI ARTISTI IN GALLERIA Alcune opere Flavio Grasso (1) Crepe n. 31, 2010 Francesco Cecere (2) Narciso dal fumo in bocca, 2010 Giuliano Pastori (3) ”Cul de sac”, 2009 Giuseppe Cannistraro (4) Senza titolo, 2008 Fabian&Barny (5) Albero pensiero, 2009


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AOSTA Vasilij Kandinsky

TORINO E bellezza sia

Il museo Archeologico regionale di Aosta presenta la grande mostra Va silij Kandinsky, l’arte astratta tra Italia e Francia, a cura di Alberto Fiz. La rassegna focalizza l’attenzione sulla ricerca astratta del maestro russo. In esposizione un nucleo importante di opere di Kandinsky, dipinti e tecniche miste provenienti da collezioni pubbliche e private italiane e straniere, e alcuni capolavori degli anni Trenta e Quaranta mai presentati prima d’ora in Italia. Dal 26 maggio al 21 ottobre, Museo archeologico regionale, piazza Roncas 12, Aosta. Info: 01 65 27 44 01

Il concetto di bellezza muta nel tempo, in stretto legame con le convenzioni e le trasformazioni sociali. Mai come nel corso del ‘900 si è arricchito di così tante sfumature. Il percorso della mostra, a cura di Federico Piccari, è un viaggio nel XX secolo: scultura, disegno, pittura, fotografia e video conducono in territori che i media e la quotidianità hanno reso familiari. Si arriva ai giorni nostri incontrando le sperimentazioni di artisti contemporanei, più attenti a un ideale di bellezza contaminato dall’esperienza e dal vissuto. Fino al 29 luglio, fondazione 107, via Sansovino 234, Torino. Info: www.fondazione107.it

TORINO Gigi Gaston, “the black flower”

Il senso della vita

Per la prima volta in Italia Josh Gosfield e il suo lavoro su Gigi Gaston. Gigi è un’artista divenuta famosa tra gli anni ‘60 e ‘70, cantante e icona amata dal pubblico e dai media. Gosfield ne ripercorre la carriera e la vita. Dal 4 maggio al 20 giugno, Claudio Bottello, via Bogino 17H, Torino. Info: www.claudiobottello.com

National geographic Italia presenta l’annuale mostra fotografica, a cura di Guglielmo Pepe. Un viaggio per immagini dedicato ai valori che accomunano gli esseri umani. Ottanta lavori di 45 grandi nomi della fotografia. Dal 17 maggio al primo luglio, Museo regionale di scienze naturali, via Giolitti 36, Torino. Info: 0114326365

GENOVA

LA SPEZIA

Carta bianca Firenze

Concetto Pozzati

Lorenzo Bruni, Daria Filardo e Pietro Gaglianò curano il progetto Carta bianca, una mostra che presenta la vitalità delle ricerche dei giovani artisti presenti a Firenze, proponendo tre diverse chiavi di lettura per interpretare i lavori di ciascuno. Fino al 21 maggio, villa Croce, via Ruffini 3, Genova. Info: www.museovillacroce.it

Concetto Pozzati, cornice cieca e Superfici sensibili, dialoghi con il supporto sono due progetti sulla natura dell’opera d’arte, due mostre distinte ma tenute insieme da un sottile gioco intellettuale. A cura di Marzia Ratti. Fino al 30 settembre, Camec, piazza Battisti 1, La Spezia. Info: http://camec.spezianet.it

MILANO Immagine della luce

L’umile e il sublime

La mostra, a cura di Paolo Bolpagni e Francesca Pola, presenta artisti contemporanei internazionali che indagano il tema dell’interpretazione della dimensione luminosa da parte della creativià visiva. Dal 12 maggio al 4 luglio, villa Clerici, via Terruggia 14, Milano. Info: www. villaclerici.it

Un aspetto singolare del lavoro di Lino Mannocci è rappresentato dal suo costante interesse per i grandi temi della tradizione. L’artista raggiunge una preziosa quanto rara suggestione metafisica e surreale. Dal 10 maggio al 9 giugno, Cartiere Vannucci, via Atto Vannucci 16, Milano. Info: www.cartierevannucci.com

Nino Mustica

“Kyresophia”

Senza abbandonare la pittura, Nino Mustica fa della ricerca e dell’innovazione i cardini del suo percorso cercando sempre nuovi territori da esplorare. La mostra è a cura di Fortunato D’Amico. Dal 2 maggio al 2 giugno, Bianca Maria Rizzi & Matthias Ritter, via Cadolini 27, Milano. Info: www.galleriabiancamariarizzi.com

”Kyresophia”, la conoscenza di Kyre. È quanto mai appropriato il titolo della mostra: si tratta infatti di un viaggio nella vita, nelle emozioni e negli incubi dell’artista indonesiano Oky Rey Montha, Kyre per gli amici. Dal 4 maggio al primo giugno, Primo Marella gallery, viale Stelvio, Milano. Info: www.primomarellagallery.com


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pagine a cura di MARIA LUISA PRETE

NOVATE MILANESE

PASOLINI A CASA TESTORI I disegni e i ritratti dello scrittore di DAVIDE DALL’OMBRA*

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a mostra che va in scena a casa Testori è il risultato di alcuni anni di studio, infiniti ripensamenti, molti stravolgimenti, numerosi ritrovamenti, qualche assestamento, improvvise epifanie e sostanziali rifiniture. È la versione di un racconto della vita e dell’opera di Pier Paolo Pasolini che, pur senza poterlo sapere, avremmo sempre voluto fare. […] È così che le otto stanze del pian terreno diventano altrettanti temi da approfondire e da svolgere, uno dopo l’altro, in una successione che risulta meravigliosamente cronologica. Il filo conduttore è l’attività grafica e pittorica di Pasolini ed è questa a chiamare a sé i temi, non viceversa: dai dipinti e disegni

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degli anni 40, il segno del disegno viene ripercorso fino alla fine. […] Dagli autoritratti degli anni Quaranta e Sessanta al Narciso, dai ritratti di Longhi ripresi da un’immagine in controparte ai ritratti multipli della Callas, fino al misterioso profilo del disegno-testamento ripetuto ossessivamente, il tema dello specchio è uno dei leitmotiv della mostra. *curatore della mostra, cortesia casa Testori

Pasolini a casa Testori, a cura di Davide Dall’Ombra e Giovanni Agosti, fino al primo luglio, casa Testori, largo Testori 13, Novate Milanese (Milano). Info: www.casatestori.it

MANTA Marisa Merz

“Fear”

Per la prima volta il lavoro di Marisa Merz in una grande antologica. La mostra presenta una molteplicità di opere, sia storiche che recenti, con l’intento di esprimere il carattere intimo e visionario della sua poetica. Dal 16 maggio al 2 settembre, fondazione Merz, via Limone 24, Torino. Info: www.fondazionemerz.org

Davide Binello presenta sei video intitolati ”Fear”. Di breve durata ma di impatto tagliente, gli episodi trasmettono con caparbia lucidità l’angoscia derivante da un’ennesima, e sistematica, catastrofe ambientale. Dal 6 al 27 maggio, Santa Maria del monastero, via Rivoira, Manta (Cuneo). Info: 3476472690

PAVIA

ROBECCO SUL NAVIGLIO

Prova d’artista

Incredibile carta

Prova d’artista, sperimentazioni tra grafica, segno e colore, è una collettiva, curata da Susanna Zatti e Francesca Porreca che e mette in rilievo il momento di sperimentazione che precede la realizzazione dell’opera. Dal 5 maggio al 3 giugno, castello Visconteo, viale XI febbraio, Pavia. Info: www.museicivici.pv.it

Installazioni in carta di Caterina Crepax, Satsuki Oishi, Daniele Papuli, Elise Valdorcia e Nikki van Es. La mostra, a cura di Vevé Benini, rende omaggio a questo materiale, protagonista del mondo dell’arte. Dal 6 al 27 maggio, galleria casa Dugnani, via Mazzini 10, Robecco sul Naviglio (Milano). Info: www.galleriacasadugnani.it

Concerto

A meno di non ricorrere a una fotografia

L’universo multiforme di Raimondo Rossi è protagonista dell’antologica Concerto. In mostra oltre trenta opere tra ceramiche, oli e pastelli, incisioni, acquerelli, sculture in bronzo e disegni a china, scelte da Gaetano Fermani. Dal 22 maggio al 16 giugno, spazio Rossari, via Luigi Rossari 5, Milano. Info: 0276001837

Una corposa collettiva, a cura di Flaminio Gualdoni, di maestri e artisti internazionali. Tema la fotografia, intesa come strumento d’indagine e riflessione. Fino al 17 giugno, Lattuada studio, via dell’Annunciata 31, Milano. Info: 0229000071; www.lattuadastudio.it

“Close to me”

Monique van Genderen

Luca Reffo segue il suo ultimo progetto ”The secret week”, una serie ispirata alle vicende del marchese Camillo Casati Stampa di Soncino. Sette piccoli acquerelli su carta e oli su tela. Un viaggio intorno all’anima e alle sue forme. Dal 18 maggio al 25 giugno, galleria Rubin, via Bonvesin de la Riva 5, Milano. Info: www.galleriarubin.com

Monique van Genderen ha realizzato una nuova serie di astrazioni liriche su ceramica e tela. L’artista è principalmente una pittrice le cui opere vanno al di là del classico dipinto, sono installazioni sull’ambiguità della visione e della percezione. La mostra è a cura di Lorella Scacco. Dall’11 maggio al 14 luglio, Effearte, via Ausonio 1/a, Milano. Info: www.effeartegallery.com


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PORDENONE

TRIESTE

La sfida della fotografia

Orizzonti dischiusi

In mostra oltre trecento foto e una cinquantina di volumi che attraversano la conoscenza dell’evoluzione tecnologica, espressiva e culturale della fotografia. La mostra è a cura di Italo Zannier e Denis Curti. Dal 27 maggio al 22 luglio, galleria Pizzicato, via Bertossi 9, Pordenone. Info: www.artemodernapordenone.it

Finalmente esposta la raccolta d’arte più rappresentativa della cultura artistica slovena in Italia. Accade nell’ampia rassegna Orizzonti dischiusi, a cura di Joško Vetrih, Franco Vecchiet, Maria Masau Dan e Donatella Capresi. Fino al 17 giugno, ex Pescheria, riva Nazario Sauro 1, Trieste. Info: www.triestecultura.it

VERONA

VICENZA

Lucio Fontana

Il complesso della semplicità

Le opere di Lucio Fontana compongono un percorso che consente di trovarsi a contatto con una buona parte delle tecniche utilizzate dall’artista. Una panoramica sugli anni che vanno dal 1937 fino alla sua morte, nel 1968. Fino al 23 giugno, studio La città, lungadige Galtarossa 21, Verona. Info: www.studiolacitta.it

La mostra dedicata al giovane Emanuele Sferruzza Moszkowicz, a cura di Angelo Cruciani, presenta una selezione delle sue creazioni. Un nuovo mondo viene alla luce, ricreando la complessità capillare della natura. Fino al 2 giugno, Misael concept area, corso Palladio, Vicenza. Info: www.misael.eu

BOLOGNA Uno, nessuno e centomila

Lieu Municipal Lieu Municipal d'Art Contemporain d'Art Contemporain

Espace Le Carré Angle rue des Archives / rue de la Halle Tel 03 20 74 46 96 www.mairie-lille.fr

La prima personale in Italia di Marcus Egli raccoglie una serie di opere ispirate a Bologna ma aderenti a quelle che sono le ossessioni dell’artista: l’attesa, l’assurdo, l’anonimato, la folla e la solitudine. Le opere ”Capture” e ”Identités aléatoires” sono ispirate all’impatto emotivo con il memoriale dell’attentato alla stazione di Bologna del 1980. Per l’artista, l’orologio fermo alle 10.25 è il simbolo del momento preciso in cui il destino sceglie chi colpire nella folla e chi risparmiare. Dall’11 maggio al 29 giugno, galleria Oltre Dimore, piazza San Giovanni in Monte 7, Bologna. Info: www.oltredimore.it

BOLOGNA

REGGIO EMILIA

Con gli occhi alle stelle

Dalla parte delle donne

Nella mostra Con gli occhi alle stelle, a cura di Andrea Dall’Asta, Ilaria Bignotti, Matteo Galbiati, Massimo Marchetti e Michele Tavola, otto giovani artisti provenienti dall’esperienza del premio San Fedele riflettono sul sacro. Fino al 28 ottobre, Raccolta Lercaro, via Riva di Reno 57, Bologna. Info: www.raccoltalercaro.it

Nella collettiva Dalla parte delle donne, tra azione e partecipazione, a cura di Federica Bianconi e Chiara Canali, 25 artiste affrontano il tema del ruolo feminile nella vita sociale, economica, culturale, artistica e politica. Dall’11 maggio al 24 giugno, galleria Parmeggiani, corso Cairoli 2, Reggio Emilia. Info: 0522451054

LUCCA

PIETRASANTA

Elogio del bello

Tempo di Corea

La produzione di Ugo Nespolo si caratterizza per un’accentuata impronta ironica, trasgressiva. La mostra propone una selezione di 18 opere, rappresentative del suo percorso creativo. Fino al 20 maggio, fondazione Banca del monte di Lucca, piazza San Martino 4, Lucca. Info: www.fondazionebmlucca.it

Oltre sessanta artisti coreani per una grande mostra di scultura. Opere monumentali somo collocate in piazza del Duomo e nel complesso di Sant’Agostino, mentre sculture medie e piccole vengono presentate nell’attiguo palazzo Panichi. Dal 5 maggio al 3 giugno, Pietrasanta (Lucca). Info: www.comune.pietrasanta.lu.it


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VENEZIA Robotica

William Congdon a Venezia

La mostra Robotica raccoglie i lavori prodotti nell'arco degli ultimi vent'anni da alcuni dei più influenti artisti della scena slovena, nazione all'avanguardia nel campo dell’applicazione della tecnologia all’arte contemporanea. Dall’11 maggio al 3 giugno, A plus A centro, San Marco, calle Malipiero 3073, Venezia. Info: www.aplusa.it

La mostra, curata da Giuseppe Barbieri e Silvia Burini, con l’apporto di Rodolfo Balzarotti, riunisce molti degli esiti più significativi della produzione di William Congdon sul soggetto veneziano. Dal 5 maggio all’8 luglio, Ca' Foscari esposizioni, Ca’ Giustinian dei vescovi, Dorsoduro 3246, Venezia. Info: 0412346947

BOLOGNA Senza tempo

Riflessioni

Luca Gastaldo propone un’installazione e un allestimento ad hoc, per consentire di vivere per alcuni istanti come tra le trame della natura, in un abbandono dei sensi ai ricordi senza tempo. La mostra è a cura di Alberto Mattia Martini. Fino al primo giugno, spazio Testoni, via D’Azeglio 50, Bologna. Info: www.giannitestoni.it

Presentata da Beatrice Buscaroli, la personale di Peter Demetz si compone di 12 sculture in legno. ”Uno sviluppo ulteriore del suo pensiero elegantissimo, della sua tecnica ineccepibile”, scrive la curatrice. Fino al 9 giugno, galleria Artforum, via Dei Bersaglieri 5/e, Bologna. Info: 051229544; www.artforum.it

VERONA

ACHILLE SOARDI L’URBANO ROCK

e hai iniziato l’attività come artista che dipinge sui muri o altre superfici esterne, come puoi compiere lo spostamento dentro lo studio? Un pittore, per di più, che deve lavorare in fretta: se ti trovano con lo spray in mano rischi di essere scoperto. Achille Soardi ci fornisce una possibile risposta. Dentro il suo studio crea l’equivalente ai fatti del mondo esterno tramite l’impiego di graffiti, collage e materiali presi dalla quotidiana vita urbana; in più, lavora in quello che sembra un modo deliberatamente lento che riflette il lento scolorire, sbiadire e decadere dello stesso mondo esterno. Spesso lavora su grande scala: un altro, quasi letterale, rispecchiamento di ciò

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Il graffitista entra in galleria di MICHAEL HAGGERTY*

che troviamo fuori. I risultati sono lavori solidi e tangibili che, però, non sono mai statici. In effetti, la vita delle strade è comunicata vivacemente e abilmente tramite la vitalità del suo tocco: non ha mai perso contatto con le sue origini di graffitista né con la sua immersione nella cultura “pop”. Per “pop” non voglio dire “pop art” ma la cultura vibrante del rock, della moda, delle feste: la cultura della gioventù. *critico, testo in catalogo, cortesia Kn studio

Achille Soardi, fino al 24 giugno, Kn studio, San Giovanni in Valle 19, Verona. Info: www.kn-studio.it

FIRENZE La verità è figlia del tempo...

Guerrieri d’amore

La mostra di John Lovett e Alessandro Codagnone, a cura di Alberto Salvadori, nasce dall’interpretazione di un testo fondamentale del teatro moderno, la Vita di Galileo, di Bertolt Brecht. Dal 4 maggio al 23 giugno, museo Marino Marini, piazza San Pancrazio, Firenze. Info: www.museomarinomarini.it

La mostra raccoglie una selezione di opere nuove mai esposte, insieme ad alcuni lavori storici. Un percorso nel tempo e nello spazio, nel mondo di Tarshito. L’esposizione è a cura di Olivia Toscani Rucellai e Mauro Lovi. Dal 9 maggio al 9 giugno, Otto luogo dell’arte, via Maggio 13 rosso, Firenze. Info: www.ottoluogodellarte.it

SAN GIMIGNANO

CHIETI

“Inside out”

De Chirico, l’apocalisse e la luce

La pratica artistica di Nikhil Chopra sconfina tra ”live art”, teatro, pittura, fotografia, scultura e installazione. Le sue ”performance”, in gran parte improvvisate, indagano la soggettività indiana post-coloniale. Fino al 20 agosto, galleria Continua, via Del Castello 11, San Gimignano (Siena). Info: www.galleriacontinua.com

Di Giorgio de Chirico si conoscono bene l’opera e i capolavori legati alla metafisica. Poco indagata è, invece, la tematica religiosa. La rassegna è curata da Giovanni Gazzaneo e Elena Pontiggia. Fino al 15 luglio, Museo palazzo de’ Mayo, corso Marrucino 121, Chieti. Info: www.fondazionecarichieti.it


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ROMA Soltanto un quadro al massimo

“The siberian girl”

La diciottesima edizione del ciclo Soltanto un quadro al massimo, curata da Ludovico Pratesi e Joachim Blüher, mette a confronto l’opera di Gino De Dominicis e quella di Sigmar Polke. Dal 3 maggio al 7 giugno, Accademia Tedesca di villa Massimo, largo di villa Massimo 1-2, Roma. Info: 0644259331; www.villamassimo.de

Anna Franceschini, la cui peculiarità è quella di utilizzare la pellicola, muove dall’utilizzo di procedimenti legati all’analogico per approdare a una dimensione simbolica. La mostra è a cura di Laura Barreca. Dal 25 maggio al 21 giugno, ex Elettrofonica, vicolo Sant’Onofrio 10, Roma. Info: www.exelettrofonica.com

Altri mondi

La luce oscura della materia

Mondi fantastici, esseri immaginari, supereroi. Nella mostra Altri mondi, quattro artisti, in modo diverso, lavorano con queste fascinazioni: Alessandro Cannistrà, Stefania Fabrizi, Myriam Laplante, Gaia Scaramella. Dall’11 maggio al 13 giugno, The Office contemporary art, via Ostilia 31, Roma. Info: 0639750996; www.theofficeart.it

Un viaggio attraverso l’oscurità che rivela il suo splendore segreto, una materia tenebrosa che si illumina di bagliori: su queste linee si muove il progetto di Roberto Almagno e Sandro Sanna, a cura di Lorenzo Canova. Dal 18 maggio all’8 luglio, museo Bilotti, viale Fiorello La Guardia, Roma. Info: www.museocarlobilotti.it

NAPOLI Panta rei

“Magic mirror”

Il progetto di Moio & Sivelli (Luigi Moio e Luca Sivelli), a cura di Chiara Pirozzi, si compone di una videoinstallazione e di una proiezione nelle quali il duo mette in scena la cronaca di un viaggio e i suoi ricordi. Fino al 22 maggio, Dino Morra arte contemporanea, via Poerio 18, Napoli. Info: www.dinomorraartecontemporanea.eu

In un'atmosfera metafisica, emergono le fotografie di Luisa Menazzi Moretti che compiono un percorso magico tra realtà e immaginazione. La mostra, a cura di Dens Curti, gioca sul sottile equilibrio tra verità e illusione. Dal 10 maggio all’8 giugno, Fabbrica delle arti, via De Gasperis 24, Napoli. Info: www.fabricadellearti.com

CASERTA

BARI

“Promised land”

Nunzio

Ritratti di immigrati, volti spesso oscurati dal linguaggio comune. Un prezioso invito a guardare in volto le persone, a osservarle con curiosità e rispetto, e superare diffidenze e paure. Tutto questo nelle immagini di Giovanni Izzo. Fino al 20 maggio, La signora Alice, via Gasparri 202, Caserta. Info: www.lasignoraalice.it

Nunzio è uno scultore tra i più significativi dell’arte italiana, protagonista della nuova scuola romana. Il suo lavoro si identifica sempre più con la tradizione classica esaltando il rapporto con i materiali tra cui il legno. Fino al 15 giugno, galleria Bonomo, via Dall’Arca 19, Bari. Info: www.galleriabonomobari.it

presenta

Alex Pinna QRQ F·q QLHQWH GD VSLHJDUH Mostra personale

10 Maggio ² 10 Giugno 2012 Villa Di Donato - Piazza S. Eframo Vecchio - Napoli info Ph.: +39 081 660216 ore 9,30 ʹ 13,30 segreteria@art1307.com www.art1307.com

ROMA Altre notti a Roma Omar Galliani ha fatto del disegno il proprio codice, dilatandone i confini e le dimensioni, restituendo a questa tecnica una nuova identità. La personale, a cura di Claudio Proietti, propone una serie di opere storiche e inedite progettate in parte a Roma durante i soggiorni romani dell'artista. Questa esposizione che si svolge in concomitanza con Omar, Roma, Amor al museo Bilotti nell’Aranciera di villa Borghese, continua idealmente il percorso di Galliani nella città eterna aggiungendo nuovi e sconosciuti elementi al proprio viaggio. Fino all’8 giugno, Casa d’arte Artribù, via Depretis 86, Roma. Info: www.artribu.it


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Nina Könneman

Sguardi condivisi

Nella personale di Nina Könneman, a cura di Michele D’Aurizio, vengono proposte diverse opere video. L’artista cattura attimi in cui gli individui si rivelano vulnerabili, partecipi e al tempo stesso estranei agli eventi descritti. Dal 26 maggio al 13 luglio, Pastificio Cerere, via degli Ausoni 7, Roma. Info: www.pastificiocerere.it

La personale dell’artista genovese Claudia Peill, a cura di Alberto Dambruoso, presenta una serie di acrilici realizzati su tela e base fotografica, che hanno come tratto fondamentale il concetto di sdoppiamento. Fino al 15 giugno, Mara Coccia associazione, via del Vantaggio 4, Roma. Info: www.maracoccia.com

“At times we remember the movements but not the words”

Forte piano: le forme del suono

La personale di Beatrice Scaccia, a cura di Ilaria Caravaglio, è un’indagine dell’io attraverso un intimo e individuale percorso carico di tracce che provengono dal passato dell’artista. Fino al 19 maggio, Bosi artes, via Pinciana 41, Roma. Info: 0632110131; www.bosiartes.com

La mostra, a cura di Achille Bonito Oliva, presenta l’originale ricerca di artisti internazionali che lavorano sulla smaterializzazione dell’opera. Le opere sono disseminate negli spazi interni ed esterni dell’Auditorium. Dal 2 maggio al 10 luglio, Auditorium, viale Pietro De Coubertin, Roma. Info: www.auditorium.com

Latinamente

Percorsi di arte povera

A cura di Dores Sacquegna, un progetto che vede per la prima volta a Napoli interessanti artisti latinoamericani. Un panorama multiplo e complesso, come è quello della realtà politica, economica e sociale del continente sudamericano. Fino al primo giugno, Area 24 art gallery, via Ferrara 4, Napoli. Info: www.adrart.it/area24

Percorsi di arte povera, Claudio Cintoli, Alighiero Boetti, Alberto Burri, Mario Merz, è una collettiva a cura di Andrea Ingenito. Circa venti opere ricostruiscono l’apporto individuale dato al movimento da quattro artisti molto diversi. Fino al 2 giugno, Andrea Ingenito contemporary art, via Cappella vecchia 8/a, Napoli. Info: www.ai-ca.com

BARLETTA

CAGLIARI

L’odore della luce

“Reverse”

Una pittura, quella indagata in L’odore della luce, che ha due protagoniste: la donna e la natura in una scena fatta di quotidiana straordinarietà. La mostra è curata da Emanuela Angiuli. Dal 5 maggio al 19 agosto, pinacoteca Giuseppe De Nittis, via Cialdini 74, Barletta (Bari). Info: www.comune.barletta.ba.it

”Reverse”, a cura di Micaela Deiana, è un progetto che vede cinque artisti – Alessandro Biggio, Marco Lampis, Pietro Mele e il duo Quit Project – lavorare l’uno con la produzione dell’altro, modificando opere, posizioni ed energie. Fino al 20 maggio, Exmà, via San Lucifero 71, Cagliari. Info: 070666399

ROMA

FUOCO CREATIVO NELLA MATERIA Valerio Giacone allo Spazio 120 di CRISTIAN PORRETTA*

ntensi e suggestivi i lavori di Valerio Giacone scandagliano le profondità dell’anima, sembrano fuoriuscire da un magma incandescente di energia e si imprimono nella materia e nella memoria. Gli elementi naturali, il ferro, il legno, la cera si alternano; il fuoco dà vita, scolpisce e trasforma le immagini che vibrano nell’aria, ora liquide, ora ferme nei colori terrei. Il processo creativo diviene più gestuale, l’artista dirige la sua ricerca verso un sentire più profondo, scompaiono la linea retta e le sovrastrutture geometriche, le atmosfere tendono a una maggiore astrazione arrivando a toccare i recessi di un immaginario in continuo divenire. I paesaggi urbani, prima in co-

I

struzione, si sciolgono in cromatismi caldi e avvolgenti. Le figurazioni umane escono dall’isolamento, in cerca di sconosciute relazioni, di legami ancestrali, mai del tutto rivelati. Il viaggio nell’arte di Giacone ci conduce in un vortice di forze contrapposte, dove azione e volontà si fondono con un’intensa spiritualità, in un percorso che porta a un equilibrio di evocativa bellezza. *gallerista e curatore della mostra, testo in catalogo

Alle origini, il fuoco, dal 12 maggio al 31 luglio, galleria Spazio 120, via Giulia 120, Roma. Info: 0664760439; www.spazio120.it


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a cura di ZOE BELLINI

MILANO Ai Weiwei

MILANO Collettiva

PESARO Collettiva

Il giorno prima dell’inaugurazione del Miart, gli addetti ai lavori erano presenti alla prima personale di Ai Weiwei in Italia. Atmosfera ”very English”. Unico assente giustificato l’artista che, non contento di essere sorvegliato dai poliziotti del regime di Beijing, recentemente ha fatto installare in casa quattro webcam accese 24 ore su 24. Info: www.lissongallery.c om(D. A.)

Alla Nowhere gallery si osservano immagini video scottanti di una Cina nascosta, agli antipodi del potere. Molti gli artisti cinesi, in particolare pechinesi, che hanno preso parte a questa iniziativa. Intravisti, nel buio dello spazio espositivo, vari artisti tra cui Vincenzo Castella e curatori come Riccardo Conti. Info: www. nowheregallery.c om (V. C.)

Fermento pesarese 1960-1990 è il nome della collettiva che ha visto riunirsi intorno alle opere dell’archivio Bucci personalità di spicco dell’ambiente cittadino: dal direttore della Pescheria Ludovico Pratesi al deputato Oriano Giovanelli e gli artisti Giovanni Termini, Luigi Carboni, Marco Neri e Gabriele Arruzzo. Info: www. centroartivisivepesc heria.it (G. B)

ROMA Elio Varuna e Ron English alla Mondo bizzarro Sono accorsi in molti alla galleria capitolina Mondo bizzarro per festeggiare i quindici anni di attività artistica di Elio Varuna. Roberto D’Agostino, l’attore Jonis Bascir (nella foto con l’artista), il dirigente Rai Angelo Mellone e il collezionista Antonio Martino sono solo alcuni tra le personalità intervenute. E intorno a loro tanti bambini scorrazzanti, affascinati dalle colorate tele dell’artista romano che ha esposto nella doppia personale ”Pop rhapsody”, a cura di Julie Kogler, insieme a Ron English. L'incontro tra uno dei mostri sacri del ”lowbrow” e dell’”undergrund art” americana e uno dei massimi esponenti del pop surrealismo italiano, ha dato vita nella galleria romana a un vivace colloquio artistico. Fuori, sotto gli occhi vigili del grande ritratto a muro firmato Sten e Lex, venivano stappate diverse bottiglie di vino. Info: www.m ondo bizzarrogallery.co m (G. B.)

ROMA Collettiva

ROMA Marco Tirelli

SALERNO Fiorelli

Un delizioso ”brunch” ha accompagnato l’anteprima della collettiva Trieste alla Federico Schiavo gallery. Protagonisti gli artisti Matthew Day Jackson, Jessica Jackson Hutchins e Jay Heikes (nella foto), Karthik Pandian ed Erin Shirreff. Trieste è il nome del batiscafo che nel 1960 ha toccato il punto più profondo della fossa delle Marianne. Info: www.federicaschiavo.com (M. C.)

Riempire La pelanda non è cosa facile. C’è riuscito Marco Tirelli, con le sue opere giganti. All’inaugurazione una sfilata di volti noti: da Bonito Oliva a Ontani, da Ceccobelli a Dessì, dai critici e galleristi ai giornalisti. Avvistato anche Francesco De Gregori, con immancabile Borsalino (nella foto di Eugenio Marcuzzi). Info: www.macro.roma.museum.it (M. L. B.)

Tensione aurea è il titolo della personale dell’artista romana Emanuela Fiorelli (nella foto), un percorso espositivo legato dalla tematica della tensione negli spazi e in natura. Presenti all’inaugurazione, tra gli altri, Massimo Cappellani, ricercatore matematico e fotografo, e la danzatrice e scenografa Katia di Rienzo. Info: www.galleria verrengia.it (F. F.)


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IL BOOK RACCONTATO DALL’AUTORE

DOPPIO ROSSO UN SOLO VIAGGIO Una storia su due luoghi che stanno per cambiare di NEIGE DE BENEDETTI

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l mio amico Guglielmo mi ha regalato una bussola: perditi, ma non troppo. È il 9 di maggio del 2011. Salgo su un aereo per Pechino, emozionata e nervosa, non riesco a dormire. Non sei mai stanco, in Cina. C’è troppo da vedere, anche per la sosta di un semplice battito di ciglia. Mi sento gli occhi grandi, per tutto il tempo, vogliono ingoiarla tutta intera, la Cina. Provo continuamente ad avvicinarla a me, con paragoni con il mondo che conosco, e così Shanghai mi sembra Las Vegas, Suzhou Venezia, in qualche campagna c’è persino un’ombra di colli piacentini. Non è vero niente: non assomiglia a nulla che ho già visto e finalmente mi perdo, tra caratteri di giada e sale da tè. Qualche settimana dopo ho viaggiato parecchio, a bordo di automobili, aerei, treni super veloci, barche. Nel frattempo sono arrivata fino a Chengdu. «Per i panda dovete aspettare domani». E va bene. Allora prendiamo la macchina e andiamo in qualche posto lì intorno. Incontriamo un anziano pittore che con mano tremante mi scrive “xue”, neve, Neige, su un grande foglio, va da sé, rosso. Il cielo è grigio, ma non fa troppo caldo. Saliamo in macchina. Accendo il telefono e leggo il messaggio “partiamo per Cuba”. Leggo a voce alta. È in quel momento che il mio compagno di viaggio, Giampaolo, mi dice: «Certo che… Doppio rosso». Qualche mese dopo sono all’Avana, c’è un cielo carta da zucchero con nuvole di zucchero filato. Il tramonto sul Malecón è


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Neige De Benedetti Sulle due pagine: alcuni scatti da Doppio rosso

LA FOTOGRAFA E LA MOSTRA De Benedetti alla Feltrinelli Neige De Benedetti è nata a Milano l’11 febbraio 1988. Dopo la maturità classica, ha studiato fotografia al London college of communication. Ha lavorato come junior photoeditor di Vogue Italia e con Skira nel 2010 ha pubblicato La notte di Mattia. La mostra di fotografie tratte dal volume Doppio rosso – con testi di Adriano Sofri e Giampaolo Visetti – sarà itinerante nel 2012 e 2013 nelle librerie Feltrinelli, a partire da Milano (Manzoni) il 12 giugno. Info: www.lafeltrinelli.it

Neige De Benedetti Doppio rosso Skira 168 pagine 30 euro

come re Mida, trasforma tutto in oro. Fa caldo e la musica ti entra in ogni goccia di sudore, se non balli non esisti. A Cienfuegos, nel parque José Martì, c’è un grande cartellone, l’ennesimo, con il Che. “Tu ejemplo vive, tus ideas perduran”, dice. E mentre gli punto addosso l’obbiettivo, nel mirino compare un leone di pietra. Torno indietro, alla città proibita, al leone di pietra che fa la guardia a Mao. E certo che... Doppio rosso. E così, a passo di rumba e su strade sconnesse, con contorno di propaganda e profumi di platani fritti, si arriva fino a Guantánamo. Son così diversi questi cubani qua, da quei cinesi là. Eppure si somigliano. Ci somigliamo tutti, quando leggiamo un libro, ci addormentiamo sul lavoro, andiamo in bicicletta, disegniamo all’angolo di una strada. Ho ventiquattro anni, quelle rivoluzioni sono un eco lontano, Mao è quello di Andy Warhol, il Che un bel ragazzo col sigaro in bocca sul muro della mia stanza, icone che fanno già parte della Storia. Quelle rivoluzioni sono due signore invecchiate, con i capelli bianchi e le rughe in volto, segni di lotte e speranze perdute, giocano a dama, o a mahjong, e fanno l’occhiolino a quelle di oggi, belle ragazze, arabe, dagli occhi brillanti. Doppio rosso è la storia di un viaggio, o due, a rincorrere due luoghi che stanno per cambiare, a mordere l’ultimo minuto prima di… Avanti e indietro da una parte all’altra dell’oceano, a un certo punto ci si rende conto che non è solo di Cina e Cuba che si parla, ma di noi.


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IL (DI)SEGNO COME UN’ARMA Cristina Gardumi è la fresca vincitrice di Arte Laguna Un segno deciso che tratteggia i lineamenti dell’anima di CHIARA PIROZZI

A destra: Cristina Gardumi A sinistra: Notebook 1 sulla mancanza 2012 l’opera vincitrice del premio Arte Laguna nella sezione pittura

egami, istinti e mancanze sono le categorie dell’animo umano indagate da Cristina Gardumi, vincitrice del premio Arte Laguna 2012 per la sezione pittura. Attraverso il disegno, l’artista mette in scena il racconto didascalico di passioni carnali a partire dalla relazione tra uomo e bestia. Il segno sbiadito e liquido, carico di potenza espressiva, è rivelatore di una ricerca profonda e intima ma nello stesso tempo capace di essere portatore di storie e impulsi collettivi. La tua formazione si muove dall’accademia di Belle arti al diploma di attrice. In che modo i due mondi si fondono? «Dopo l’accademia di Belle arti ho iniziato a interessarmi al linguaggio della performance e al teatro sperimentale. Sono una perfezionista, volevo migliorarmi come “performer” e ho pensato che l’accademia

L

di arte drammatica potesse aiutarmi. Sono riuscita a entrare alla Silvio d’Amico dove ho imparato quello che mi interessa davvero del teatro. Lo studio era così intenso che, dolorosamente, ho sospeso per un po’ la pittura ma poi ho capito che si trattava solo di un’interruzione. Ho accumulato tantissimo: energia, frustrazione, amore e dolore. Stavo maturando in silenzio, senza accorgermene. Nel momento in cui ho ripreso in mano il pennello tutto ciò che aveva taciuto è tornato a galla. I primi tempi disegnavo per ore, oggi passo giorni senza lavorare, ma so che sto raccogliendo impressioni e impulsi. Quello che faccio è il frutto di una congiunzione tra arte drammatica e visiva. Nei miei lavori metto in gioco dei personaggi, li immergo in situazioni quotidiane ma di per sé teatrali. Il foglio è la scena, l’acqua, e i liquidi sono la luce. Gioco a creare tensione


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tra le dramatis personae dei disegni e gli oggetti con cui interagiscono, oppure tra loro e l’osservatore. Il mio obiettivo è trovare una chiave di volta che sostenga un linguaggio ibrido. Non so se passerò al video, all'installazione, alla performance o rimarrò ancorata alla pittura, ma il punto di partenza è di certo il disegno». Perché hai scelto di esprimere la tua poetica mediante il disegno? «È la via più breve e allo stesso tempo la più difficile. Le prime volte mi sono sentita dire: “interessante esporre dei bozzetti”. Mi sono offesa. I miei lavori non preparano all’opera: sono l’opera. Disegnare è un atto naturale, la modalità espressiva più immediata. Disegnare significa dividere lo spazio attraverso il segno e trasformarlo. Il pittore e lo scrittore hanno in comune l’uso del segno, nel mio caso è proprio l’inchiostro. Entrambi hanno la freddezza necessaria a

impugnare un’arma, quella di uno è una punta morbida e umida, quella dell’altro è dura come il ferro di un chirurgo, ma non fa differenza. L’effetto è lo stesso. Il corpo pallido del foglio subisce, passivo in apparenza e deserto a prima vista. Ma l’assassino conosce la sua vittima. Pittore e scrittore sanno: il vuoto spaventa solo all’inizio». Le tue sono delle storie per immagini. Come dai vita alla narrazione? «All’inizio puntavo su disegni singoli, mi piace l’idea che l’opera richieda un approccio individuale. Appena ho provato a esporre i lavori, uno accanto all’altro, si è affacciata l’idea del libro e il concetto di una successione di appunti che creano la storia. La prossemica dei disegni gioca sulla possibilità che ne esista una relazione. Non occorrono parole perché la storia prenda forma. I titoli dei lavori sono indicativi di un tema che può ricor-

rere in tutti gli episodi messi insieme». Parlami dei Bestiari: tecnicamente come ha origine il lavoro, da dove trai ispirazione e cosa vuoi rappresentare? «Non lavorando con i bozzetti, il disegno mi dà la sensazione di lavorare senza rete. Siamo io, il foglio di carta semplice, oppure la carta da acquerello, la “pen brush” a inchiostro o il pennello. Non c’è possibilità di cancellare il segno. Gli errori, se ci sono, restano sul foglio ed è l’unico luogo dove trovo il coraggio, se non l’orgoglio, di mostrarli. Sul foglio dichiaro come il mio cervello si sia confuso. Quando disegno sono in una specie di trance, come se seguissi un discorso interiore con tematiche ricorrenti che hanno a che fare con la parte più profonda di me. Il tema della metamorfosi mi ha sempre affascinato, il rapporto tra uomo e animale in primis, e credo che dal contrasto nasca l’evidenza, come in fotografia.


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L’ARTISTA

CRISTINA GARDUMI

1978 Nasce il 29 dicembre a Brescia

2002 Si diploma all’accademia di Belle arti di Verona Prima collettiva Quale dove, a cura di Renzo Margonari, al Museo arte contemporanea Mama, Gazoldo degli Ippoliti (Mantova)

2003 Prima performance all'interno della Creazione ansiosa, da Picasso a Bacon a cura di Giorgio Cortenova, Galleria d'arte moderna e contemporanea palazzo Forti, Verona

2007 Si diploma all’accademia d’arte drammatica Silvio D'Amico, Roma

2011 Vince il premio Celeste nella categoria pittura

2012 Vince il premio Arte Laguna, sezione pittura a cura di Igor Zanti, Nappe dell'Arsenale Venezia Il bello degli animali, 2011 A sinistra: “Sexy shop”, 2011

“Figure dal tratto sottile dal volto animale e dal corpo umano evocano l’affinità tra l’uomo e la bestia, metafora delle molteplici associazioni di pensiero. Il volto felino trova il suo corrispondente nell’audace sensualità di un corpo femminile, mentre la testa di un piccione accompagna la sua metà umana nella solitudine di un viaggio senza tempo (Antonella Colaninno, critica 2011)

Dino Morra, via Carlo Poerio 18, Napoli tel: 08119571824 www.dinomorraartecontemporanea.eu

QUOTAZIONI Da 300 a 3.000 euro

SITO www.cristinagardumi.com

I suoi personaggi sono sospesi in un lento processo di metamorfosi, corpi mutati e mutanti, che in allegorie carnevalesche continuano a parlarci dell’olimpo come di un remoto ricordo, ma soprattutto, loro malgrado, raccontano della comune esperienza umana (Sandro Bettin dal catalogo Metamorfosi, 2012)

GALLERIA

BOTTA & RISPOSTA L’arte della vita in 10 domande Cosa sognavi di diventare da grande? «La barista, mi affascinava l’idea di portare agli altri qualcosa, di distribuire da bere». Come sei diventato artista? «Grazie alla mia ostinazione, o forse alla mia ingenuità. Ho sempre insistito per fare quello che sentivo, senza compromessi». Cosa vorresti essere se non fossi artista? «Una pasticciera». Hobby, passioni? «Il cinema, da Hitchcock a David Lynch e Cronenberg, la letteratura, la cucina vegana». Come definiresti la tua arte? «Il tentativo di risolvere la ”questione del contorno”». Come definiresti la tua vita? «Caotica». Ci sono valori eterni, nell’arte o nella vita? «Il rispetto di sé e degli altri, in entrambe. Arte e vita sono la stessa cosa, a ben guardare». Chi sono i tuoi maestri nell’arte o nella vita? «Potrei citarne cento, ma più che di maestri parlerei di esempi. Io tendo a cercare continuamente maestri nella vita, è una vecchia debolezza. Artisti che mi ispirano, per la profondità del loro percorso e la sperimentazione nel linguaggio, sono tra gli altri Louise Bourgeois, Kiki Smith, Francesca Woodman, Niki De Saint Phalle, ma anche Twombly e Rauschenberg. In teatro amo Nekrosius». Cosa trovi interessante oggi? «La molteplicità degli stimoli, degli impulsi che puoi accogliere, facendo ben attenzione a non farti travolgere». Cosa non sopporti di questo tempo? «La scarsa importanza che si dà alla meritocrazia, oggi e da sempre, in questo paese. Per fortuna almeno un paio di volte sono stata smentita».


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IL CORPO PALLIDO DEL FOGLIO SUBISCE, PASSIVO IN APPARENZA E DESERTO A PRIMA VISTA. MA L’ASSASSINO CONOSCE LA SUA VITTIMA. PITTORE E SCRITTORE SANNO: IL VUOTO SPAVENTA SOLO ALL’INIZIO

LE MOSTRE Da Firenze a Napoli Dal 12 al 19 Cristina Gardumi tiene alla Cité www.lacitelibreria.info) una perdi Firenze (w sonale, in occasione della presentazione del romanzo Fotogramma atipico di Karim Buzer, con illustrazioni e opere. Il 15 luglio espone, alla Chiesa di san Zeno di Pisa, un’installazione in situ a cura di Elisa Barone. Dal 16 al 18 settembre la sua arte è nello spettacolo ”Besame macho”, di Massimo Di Michele, al teatro Vascello di Roma www.teatrovascello.it). Dal 27 settembre (w al 31 ottobre è alla Dino Morra di Napoli con una personale a cura di Chiara Pirozzi www.dinomorraartecontemporanea.eu). (w

Da qui l’idea di fondere uomo e bestia, di immergere tali chimere in situazioni umane o, di contro, selvatiche per portare a galla cosa ci rende così simili. Al di là della dimensione animalista, quello che mi interessa è l’aspetto antropologico. L’innocenza e la purezza dell’animale l’abbiamo perduta: siamo creature condizionate. I miei stessi condizionamenti emergono mentre disegno, non a caso si parla di mancanza, solitudine, senso di colpa e di errore. Nella prospettiva di creare una mitologia personale, sarebbero queste le mie ossessioni. Amo anche prendermi in giro e trovo nel grottesco una valvola di sfogo». Lo scorso anno hai vinto il premio Celeste e da poco Arte Laguna con l’opera Notebook 1, Sulla mancanza. Quali sono le aspettative che ne derivano?

«Ero convinta che servisse essere raccomandati per vincere. Mi sono iscritta con un misto di scetticismo e sfida. Subito dopo il premio Celeste ero entusiasta: una conferma che la mia lingua fosse comprensibile agli altri. Le opportunità che speravo si aprissero non sono arrivate o non subito. Intanto ho continuato a lavorare senza perdere di vista la mia ricerca e mi sono mossa per trovare occasioni espositive e contatti utili. Il premio Arte Laguna rientrava in questo piano. Quando mi hanno proclamata, la sorpresa è stata totale. Avevano appena annunciato che avevo vinto una mostra alla Little Italy di Milano. Il sistema dell’arte è complicato, conviene armarsi di pazienza e buone conoscenze che siano in grado di darti dei saggi suggerimenti. Come nel teatro, ha peso un po’ di fortuna».

Che rapporto hai con la critica e col sistema dell’arte? «La critica non l’ho ancora affrontata direttamente o lei non ha ancora affrontato me. Il famoso “art system” è un universo da esplorare, un po’ alla Alice nel paese delle meraviglie, ma con un paio di forbici in tasca: quelle servono sempre». Che progetti hai per il futuro? «Mantenere viva e sincera la mia ricerca e trovare come valorizzare il mio lavoro. Sto collaborando con la galleria Dino Morra arte contemporanea di Napoli per organizzare una mostra a settembre. Inoltre un mese fa sono stata in residenza in Marocco al Centre d’art contemporain di Essaouira, è stata un’esperienza di crescita e confronto con differenti modi di fare arte».


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La pittrice inventa trame labirintiche dove far proliferare il suo Bestiario

NOI,PARENTI DEL MITICO MINOTAURO di BRUNO BANDINI*

“M

etto insieme le prove per cercare l’assassino”. Ce lo dice lei, Cristina Gardumi, per informarci del processo indiziario che motiva il suo bestiario. Ma questo colpevole chi potrà mai essere? L’oggetto della rappresentazione? L’artista? L’osservatore? Gardumi, spudoratamente, indica il passato come quella materia infida, misteriosa e ambigua, sulla quale l’immaginazione si riversa per rendere accettabili i conflitti che lo hanno segnato in modo indelebile. D’altra parte non siamo forse stati informati che il diavolo si cela nei particolari? E nei particolari che Gardumi tratteggia, nelle pagine del suo bestiario si dispiega la geografia degli slittamenti di affinità che tra il vivente umano e quello non umano continuano a delinearsi. Se è vero che, come l’autrice avverte, «ciò che separa uomini e animali è l’innocenza che l’umanità perde appena mette piede nel mondo», vale a dire quelle forme di consapevolezza che la civiltà in qualche modo impone, è altrettanto vero che sussistono zone della nostra fragile identità che paiono sottrarsi ai vincoli della convenzione, resistere alle lusinghe della quotidianità. È un po’ come se ci trovassimo a vivere all’interno dei sogni arcani di Odilon Redon o nelle sceneggiature labirintiche di David Lynch. Eppure c’è un luogo in cui riverbera il mito di quella composizione in cui umano e non umano si incontrano: il labirinto. Il labirinto, è una costruzione, o forse un percorso, che conta almeno su due caratteristiche essenziali e complementari: la complessità della sua pianta e la difficoltà a percorrerla. Come dire: non è difficile o improbabile entrare in un labirinto. Più complicato è uscirne. A meno che noi non si sia quel soggetto che, per necessità o per sorte, è destinato a viverlo. Il labirinto è altresì un artefatto che custodisce quel segreto terribile che è frutto dell’incontro appassionato di umanità e di natura, di regola e di furore, di misura e di dismisura. Insomma, un campo di tensione dove si esercita, come nell’arte, lo scontro tra Apollo e Dioniso. A pensarci bene, noi stessi costruiamo labirinti, la nostra residenza, il nostro vissuto. Oggi non siamo più parenti di Teseo e di Arianna, ma del Minotauro. *filosofo e critico

Ritratto di signora gentile, 2011 A sinistra: Animebestie, 2012


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GLIALTRI MONDI DIMIMMO Centonze espone al Palaexpò di Roma Una personale tra misticismo e scoperta di GIORGIA BERNONI

A

vederlo di persona, così minuto e dall’abito sempre elegante, non si direbbe che è la stessa persona la cui mano impasta e firma le grandi tele cariche di futuribile passione. Si muove veloce, Mimmo Centonze, in senso fisico, quando attraversa i corridoi degli spazi espositivi che lo vedono protagonista, e in senso teorico, quando in pochi anni riesce a focalizzare l’attenzione della critica più elitaria e a emergere, a poco più di trent’anni, dal pastoso magma degli artisti contemporanei nostrani. Con un occhio a De Chirico, che omaggia da adolescente realizzando la sua prima copia d’autore su tela, Cavalli fuggenti, e una mano alla plasticità dell’anatomia di da Vinci, l’artista di Matera intraprende un percorso di dedizione e ostinazione verso il sacro fuoco dell’arte che lo porta dal piccolo studio allestito nello scantinato di casa ai maestosi spazi del palazzo delle Esposizioni di Roma, passando per il padiglione dell’Arsenale alla 54esima Biennale di Venezia. È in questa occasione che espone il piccolo ritratto del boss mafioso Totò Riina, definito dal critico Luca Beatrice “addirittura delizioso, non fosse che il personaggio in questione è Totò Riina, difficile pensare di metterselo in casa”. Dalla predilezione per i ritratti ai familiari, che Centonze rileva da Lucian Freud, alla scelta di ritrarre paesaggi desolati di abbandonati spazi industriali, protagonisti della serie sui capannoni, le sue opere tendono verso un misticismo di ricerca che si manifesta, però, negli oggetti e nei particolari apparentemente lontani e contrari a uno stato di grazia. Centonze non nega, infatti, la sua spiritualità, rafforzata da una lettura quotidiana della Bibbia, che si riversa anche nella musica, altra grande sua passione, dedicandosi alla composizione di brani per orchestra, in seguito elaborati al computer, e alla scultura, scoperta e concretizzata negli ultimi anni con l’opera Conversione. Mentre è ancora intento a realizzare le opere inedite per la personale capitolina, curata da Vittorio Sgarbi, Centonze ci guida alla scoperta della sua poetica. Che rapporto hai con lo spazio della tela, fisicamente limitato, e la vastità delle vedute che caratterizzano i tuoi esterni? «Lo stesso rapporto che devi avere con la vita: sai di non avere un’esistenza illimitata a disposizione e allora cerchi di sfruttare al massimo il tempo che hai e, ancora meglio, di non trascurare l’evidente esistenza di un creatore. Proprio come nelle rappresentazioni dei miei capannoni: dipingi un interno ma tendi a uscirne per spingerti verso quella luce spirituale che ti attira lì fuori».


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Mimmo Centonze Capannone, 2008 A destra: Famiglia sul parquet, 2006-2007 Il padre dell’artista, 2002 A pagina 59: l’artista foto Manuela Giusto

LA MOSTRA Al palazzo delle Esposizioni di Roma La personale, dal titolo Mimmo Centonze, propone oltre quaranta tra dipinti e sculture. A cura di Vittorio Sgarbi, la monografica presenta un ventaglio di opere che tracciano gli ultimi dieci anni di sviluppo del percorso artistico di Centonze. Una novità della mostra è rappresentata anche dall’originale allestimento della sala Fontana, con un inedito itinerario espositivo: le opere sono infatti raccolte in modo tale da creare un peculiare triplo percorso concentrico. Dal 19 maggio al 10 giugno. Palazzo delle Esposizioni, Roma. Info: www.palazzoesposizioni.it

Cosa ti affascina del ritratto? «La duplice possibilità che ti dà realizzarlo: rappresentare qualcosa di visibile ma al tempo stesso scavare con il mezzo pittorico per far riaffiorare quello che non si vede e che inspiegabilmente rimane impresso sul volto di chi ritrai. Inoltre è inevitabile lasciare anche traccia di te stesso sul ritratto di un’altra persona. È davvero affascinante» La mostra capitolina presenta delle opere inedite, come hai lavorato a queste nuove tele? «Nel caso di Lettura biblica e Ragazza sul parquet con peluche si è trattato di un processo molto lungo: sono opere che ho iniziato nel 2007 ma ho lasciato incompiute a causa dell’idea incontenibile di dipingere capannoni, nel 2008. Le ho lasciate allo stato di abbozzo sapendo comunque di avere delle buone opere che in seguito avrei ultimato». Come stai vivendo questa crescente attenzione nei riguardi del tuo lavoro? Sei stato anche segnalato tra i 100 artisti contemporanei

DEL RITRATTO MI AFFASCINA LA SUA DUPLICITÀ: RAPPRESENTARE QUALCOSA DI VISIBILE E INSIEME SCAVARE PER FAR AFFIORARE CIÒ CHE NON SI VEDE

italiani e tra i 70 artisti della Biennale di Venezia sui quali investire. «Come un riconoscimento alla mia caparbietà: ricordo mia madre che mi pregava di cercarmi un lavoro più sicuro, anche a mezza giornata, per dedicare il resto del tempo alla pittura. Ma io a 14 anni avevo già deciso». Pur essendo giovane, dipingi già da vent’anni. Come credi si evolverà la tua ricerca artistica? Sei affascinato anche da altri mezzi o la pittura soddisfa la tua necessità di espressione? «Dal 2009 realizzo sculture, anche di grandi dimensioni, ma mi ha sempre attratto il fatto che il dipinto ha un grande vantaggio rispetto ad altre forme d’arte: con un colpo d’occhio puoi percepire l’opera nel suo insieme, in un solo istante. Ed inoltre è sempre lì, proprio davanti a te. Nel caso di una scultura devi necessariamente girarci attorno e ne vedrai sempre un punto di vista che ne esclude altri oppure se ascolti una sinfonia devi aspettare un’ora prima di “vederla” completa ma soltanto nella tua mente, perché le note che hai appena ascoltato sono già state assorbite dal tempo trascorso».


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GALLERIA Il mappamondo, via Borgonuovo 4, Milano tel: 0229002435 www.ilmappamondo.com

QUOTAZIONI Da 3.000 a 20.000 euro

SITO www.mimmocentonze.com

LO SPAZIO INTESO COME VORAGINE Le grandi tele di Centonze ci disorientano e insieme ci attraggono come la luce sul fondo di una caverna di VITTORIO SGARBI*

L’ARTISTA Da Matera alla Biennale 1979 Mimmo Centonze, all’anagrafe Domenico Centonze, nasce il 10 giugno a Matera

2007 Espone alla mostra Nuovi realismi, la centralità dei linguaggi tradizionali, al museo Michetti di Francavilla al Mare dove conosce Vittorio Sgarbi

2009 A Milano tiene la sua prima personale Mimmo Centonze lo spazio e il nulla

2011 Partecipa alla Biennale di Venezia dove espone il ritratto Totò Riina al Padiglione Italia dell’Arsenale

Una discesa agli inferi; la voragine dello spazio. Pochi pittori del nostro tempo hanno, più di Mimmo Centonze, il senso della vastità dello spazio. Le sue grandi tele ci disorientano e ci attraggono come la luce sul fondo di una caverna. Dobbiamo avanzare. Dobbiamo arrivare all’origine della luce. Centonze è partito da una ammirazione illimitata per Lucian Freud, ne ha ripetuto i soggetti, ne ha riprodotto gli ambienti e le atmosfere, ne ha avvertito la lacerazione; ma poi è intervenuta una insoddisfazione, per difetto di trascendenza. Freud ha un ingombro di naturalismo che opprime le sue immagini, le stringe a una dimensione quotidiana, anche se universale, dolente, dominata da una pietas crudele. Ma in Freud non c’e’ speranza, non c’è salvezza. I suoi personaggi sono condannati, vivono il loro inferno quotidiano. Centonze, ammirando il pittore, non può accettarne la visione tragica, amara. E, nella sua ricerca vorace, brucia; e, come le anime del Purgatorio, espia una colpa nella certezza della Grazia. È raro che un pittore sia religioso: ma Centonze non può correre il rischio di essere devozionale, di dipingere la gloria di Dio in una dichiarazione di fede che la pittura non consente. Deve cercare un’altra strada. Per questo si applica a dipingere il vuoto. È lo spazio dei mistici, in una equivalenza pittorica delle Coplas al divino di Juan de la Cruz: “Più salivo in alto, e più il mio sguardo si offuscava, e la più aspra conquista, fu un’opera di buio; ma nella furia amorosa, ciecamente m’avventai, così in alto, così in alto, che raggiunsi la preda”. È l’esperienza del mistico. È la conquista della luce. Ma richiede di attraversare il buio, la notte oscura: “O notte che guidasti, o notte grata più dell’aba chiara; o notte che legasti, amato con amata, amata nell’amato trasformata!”. Per raggiungere questo obiettivo amoroso, Centonze concepisce grandi spazi luminosi su grandi tele. E, per arrivare alla luce, attraversa macerie, cumuli di rifiuti, combustioni. La sua ricerca si accontenta di un particolare in cui si nasconde Dio. *critico e curatore della mostra, estratto da Mimmo Centonze, lo spazio e il nulla, cortesia Protagon


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MILANO, RIAPRE IL MIA L’ideatore della fiera Fabio Castelli: «L’interesse per la fotografia sta crescendo»

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pensare che la fotografia ha poco più di cento anni, che si è passati dalla lastra ai megapixel. Da quando la si considerava poco più che roba da chimici a oggi, diventata protagonista di un’intera fiera. Succede a Milano, dove il collezionista Fabio Castelli ha ideato il Mia: la fiera della fotografia giunta quest’anno alla sua seconda edizione. «L’evento offre molte novità rispetto al passato – spiega Castelli – a partire da due nuovi premi, uno per gli artisti presentati dalle gallerie e l’altro per le cosiddette proposte Mia. Una mostra dedicata a Gianfranco Chiavacci, da poco scomparso, e un’esposizione votata interamente alla videoarte intervallano il cammino fra uno stand e l’altro. È stato introdotto un padiglione riservato alla fotografia di moda, con autori, artisti e gallerie di fama internazionale. Aumenta inoltre lo spazio dedicato all’editoria – continua il collezionista – quest’anno rappresentata da 40 stand per offrire al visitatore una scelta fra il popolato mondo della stampa fotografica». E men-

Ugo Mulas Pubblicità per tessuti Taroni, 1970

L’EVENTO ”Milan image art” L’edizione di quest’anno del Mia conta 250 espositori nazionali e internazionali, nuove proposte e i grandi nomi della fotografia. Tra i tanti: Gabriele Basilico, Eliot Erwitt, August Sander e Andy Warhol. A ogni artista è dedicato uno stand e la fiera si trasforma così in una costellazione di piccole mostre. Non solo foto, ma anche editoria specializzata e uno spazio riservato alla videoarte. Non mancano laboratori e progetti speciali come la mostra su Gianfranco Chiavacci. Dal 4 al 6 maggio, Superstudio più, via Tortona 27, Milano. Info: www.miafair.it

tre nel resto del mondo le fiere di fotografia sono ormai consolidate da noi restano una novità, ma Castelli non dispera: «L’interesse per quest’arte sta aumentando ed è anche merito delle ultime tecnologie come le macchinette digitali o gli smartphone che producono curiosità verso un’arte tutto sommato accessibile a tutti. Per il resto – continua – credo che il collezionismo italiano sia ancora legato all’idea dell’unicità dell’opera d’arte, dell’oggetto singolo e del suo unico possessore; questo ovviamente con la fotografia, come con la grafica e la videoarte, non è possibile. Eppure le cose stanno cambiando, lo dimostrano i dati della scorsa edizione e le molte presenze nazionali e non che sono presenti quest’anno al Mia». E se pensate che in un mondo tappezzato di immagini di ogni sorta acquistare delle foto non abbia alcun senso, Castelli avverte: «Chi compra fotografie compra opere d’arte, compra immagini che vanno al di là del loro valore documentaristico. Non è certo un caso se l’acronimo di Mia è Milan image art».


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a cura di ALESSIA CERVIO

FORMAZIONE & LAVORO_INSIDE ART 63

PALADINI DI PEZZA CONTRO IL TEMPO

FUMETTI REALI

Il laboratorio di Mimmo Cuticchio per imparare l’arte delle marionette siciliane

QUADRI A CENA

Da una quindicina d’anni l’associazione palermitana Figli d’arte Cuticchio porta avanti il progetto di una scuola per pupari e cuntisti, narratori professionisti di storie epicocavalleresche, con l'obbiettivo di garantire un futuro all’antica tradizione teatrale dei pupi, le grandi marionette siciliane che raccontano le imprese dei paladini di Carlo Magno. Questo importante progetto di recupero dell’opera dei pupi e del cunto, che unisce tradizione e sperimentazione, si avvale della collaborazione del comune di Palermo, dell’accademia nazionale d’Arte drammatica Silvio D’Amico di Roma e di prestigiose istituzioni culturali europee. I giovani allievi della scuola, di età compresa tra i 18 e i 26 anni, ricevono una formazione multidisciplinare che garantisce le competenze per produrre spettacoli e controllarne tutte le fasi, dallo sbalzo dei metalli delle armature all'intaglio del legno per i corpi, dalla pittura delle scenografie alla realizzazione dei costumi. La scuola per pupari e cuntisti sta organizzando un laboratorio per giovani attori-narratori guidato da Mimmo Cuticchio, fondatore dell’associazione. Il laboratorio, che si svolge dal 25 luglio al 5 agosto all'interno del parco archeologico di Selinunte (Tp), è finalizzato alla realizzazione di un evento corale. Oltre al tradizionale racconto orale, i partecipanti potranno sperimentare altre tecniche di teatro di figura, teatro da strada e musicale. Per partecipare è necessario inviare una richiesta, allegando un curriculum completo di foto e motivazione, all'associazione Figli d’arte Cuticchio, via Bara all'Olivella 95 Palermo, oppure all’indirizzo email pupi@figlidartecuticchio.com. Scadenza 15 giugno. Info: www.figlidartecuticchio.com

Un bando per artisti impegnati Si è aperto il bando per ”Reality draws”, selezione nazionale per disegnatori e/o sceneggiatori sotto ai 35 del fumetto di realtà. Il tema è raccontare la quotidianità a fumetti, in 4 tavole a tecnica libera. In palio un ”workshop”, progetti editoriali, mostra e catalogo. Scadenza 18 maggio. Info: www.realitydraws.it

Una vetrina per giovani creativi Io espongo è una vetrina per artisti esordienti in cerca di nuovi spazi. Il concorso senza selezione si svolge ogni mercoledì nei locali del Tac-Pastis a Torino, dove si partecipa con una sola opera a tema libero. Ai vincitori, votati dal pubblico, una personale con catalogo. Scadenza: dicembre. Info: www.associazioneazimut.net

NON SOLO IMMAGINI Un lavoro per “Save the children” Il ”contest” internazionale L'immagine del suono si rivolge ad autori e registi cinematografici, documentaristi e ”film maker” che realizzano un cortometraggio utilizzando brani del catalogo Cinevox. In palio un contributo per la creazione di un video per "Save the children" e altre opportunità professionali. Scadenza 15 luglio. Info: http://contest.cinevox.it

UNA RESIDENZA IDEALE All’insegna della mobilità

METROPOLI ”LOW COST” Idee per città più vivibili Fra quarant'anni, sette dei nove miliardi di abitanti vivranno in città. ”Future cities, planning for the 90%” invita artisti, ”designer” e architetti a presentare progetti visivi per migliorare la vita nelle metropoli. Proposte innovative a basso costo che riflettano su problematiche quali l'edilizia, i trasporti, l'ambiente, il tempo libero e il sovraffollamento. 10 progetti sono selezionati per un catalogo e una mostra a Venezia che si terrà dal 27 agosto al 1 settembre, durante la XIII edizione della Biennale d'architettura. Il progetto vincitore viene annunciato all”opening” dell’esposizione. Scadenza 31 maggio. Info: www.premioceleste.it/futurecities

”Instant house” propone a studenti e a neolaureati in architettura, ingegneria e ”industrial design” la sperimentazione di una struttura residenziale inclusiva e aperta, con servizi legati alla mobilità di ricercatori e ”visiting professors” al Politecnico di Milano. In palio premi in denaro. Scadenza 4 giugno. Info: www.instanthouse.it

3D PER IL SOCIALE Primo premio mille euro La forza creativa della tecnologia al servizio della società: ”View social contest” si rivolge a creativi, ”designer” e appasionati di grafica digitale che abbiano realizzato un corto, un video musicale o una pubblicità con animazioni 3D o effetti speciali e che affronti temi legati all’attualità e al sociale. Per il primo premio sono previsti mille euro. Scadenza 30 giugno Info: www.viewconference.itgiugno


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LEUCÒ ART GALLERY L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DEI SENSI Inaugurato il 20 aprile il nuovo spazio per l’arte con una collettiva di scultori e ceramisti

A sinistra, dall’alto: Vinny Maio, Ala rosso 2010 Leopoldo Vercelloni Cinzia 1999 Nicola Biondani La scatola del padre 2011

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l 20 aprile a Milano in via Butti 29, sotto la direzione artistica di Stefania Pennacchio e la collaborazione fattiva di Virginio Battanta, si è inaugurato un nuovo spazio creativo: Leucò art gallery. La nuova galleria ha un’attività artistica decennale a livello internazionale e vanta la collaborazione di personaggi prestigiosi come Philippe Daverio e Santo Versace. Lo spazio nasce su un territorio lontano, difficile ma fecondo: Reggio Calabria. L’artista Stefania Pennacchio nella sua galleria concretizza il desiderio di creare un confronto, un’aggregazione artistica e intellettuale. Quello stesso spazio ora è a Milano. Il titolo della mostra è La gioia: Gaudium metabolico. Il curatore della mostra è un giovane storico dell’arte, Giuseppe Favasuli, che così si esprime: «Questa collettiva apre i lavori di un progetto che prevede un ampio ventaglio di proposte in vista dell’Expo 2015 mediante una squisita lettura delle emozioni attraverso arte e gusto. Il felice connubio è il nostro modo di suscitare vibrazioni estetiche interne, per offrire al visitatore la possibilità di metabolizzare e rielaborare sensazioni e pensieri che diverranno poi emozioni e azioni quotidiane. L’apertura di questa officina milanese ha visto una collettiva di scultori ceramisti. La peculiarità concettuale del lavoro di Beloli presenta il dono del ritmo elegante dell’arte classica unita al dinamismo dei principi contemporanei alla ricerca delle verità primigenie. L’artista Biondani sublima le sue grandi competenze tecniche con un linguaggio personale dove l’edonismo della forma si declina in dolce malinconia. Lo “spleen” delle sue sculture ricorda a ogni osservatore di riflettere sulle profondità dell’esistenza umana. Al confine

tra il design e la scultura, Vinny stupisce per la sintesi plastica che conserva tutta la forza espressiva della sua scultura, con la quale, attraverso cromie raffinate e profili eleganti, è riuscita a ottenere una cifra estetica inconfondibile. L’artista Di Tullio ascolta e accompagna con sapienza le vibrazioni cromatiche e le tensioni materiche che riverberano le forze intime che giacciono all’interno della terra e che lui modella con plasticità attraverso un gesto forte e gentile. L’artista raccontando il proprio universo interiore si serve del figurativo coniugandolo con l’imprevedibilità di un’ottima tecnica “raku”. Nella creazione dei suoi volti, la Ferrario, per esprimere le proprie emozioni, usa il medium orale quasi a voler urlare la sua interiorità, mentre l’unilateralità visiva indica la personale ricerca artistica In fieri. Le fini rappresentazioni della scultrice Yaya hanno il dono di una delicata femminilità e lo “humor” sottile e scanzonato della sua intelligenza creatrice. L’uso del colore non sovrasta mai l’opera plastica ma la riveste con un equilibrio sapiente. Adriano Pompa gioca con la propria creatività gravitando intorno ad un ideale onirico che esprime la contemporaneità con la purezza di un afflato nobile e ammirato attraverso un corpus prolifico di forme rivitalizzate dalla sua peculiare originalità. Poeta della materia e del vernacolo milanese, Vercelloni scava volumi pieni e vuoti con metrica decisa e netta, sente la materia e sembra condividerne il progetto intrinseco nascosto dentro di essa. La galleria porterà la mostra al museo della ceramica di Colonia. Info: www.leucoartgallery.com


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arte contemporanea è un terreno fertile dove apprendere, sperimentare e imparare sui temi del mondo. E la didattica dell’arte nei musei applica degli insegnamenti utili per dare sfogo alla creatività del bambino e aprire la mente dell’adulto. Già dagli anni Cinquanta e Sessanta il tema della didattica nei musei era attuato nei più importanti musei italiani di arte antica e moderna quali la Galleria nazionale di arte moderna, la galleria Borghese, il Gabinetto nazionale delle stampe, il Museo etrusco di villa Giulia e i musei comunali di Roma, ma anche la Pinacoteca di Brera e il Museo della scienza e della tecnica di Milano, la Galleria degli Uffizi di Firenze, il Museo del Sannio di Benevento, il Museo nazionale di Reggio Calabria e di Messina. Oggi è divenuto uno dei servizi fondamentali, al punto da essere inserito nelle maggiori realtà istituzionali di arte contemporanea. Allo stato attuale il nostro paese può vantare modelli educativi europei all’avanguardia, grazie a una rete professionale che coinvolge i diparti-

menti didattici dei principali musei sparsi in tutto il territorio nazionale: dal Mart di Trento e Rovereto, passando per la fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino e il Castello di Rivoli, scendendo verso il Mambo e la Gam di Bologna, proseguendo per palazzo delle Esposizioni e le Scuderie del Quirinale di Roma, per arrivare al Madre di Napoli e ancora fino alle isole. La metodologia seguita nei diversi programmi didattici permette di far vivere al bambino un’esperienza unica e diretta con l’opera d’arte. Da Bruno Munari a oggi “Giocare con l’arte” – dal nome del primo laboratorio dell’artista del 1977 – continua a essere l’approccio ludico e formativo adottato dai musei, con il quale il bambino ha la possibilità di sviluppare le capacità estetiche e sensoriali nei confronti dell’opera: guardare all’arte come esperienza educativa permette di instaurare un rapporto attivo ed emozionale con il quale si forzano gli stereotipi che la società impone, sviluppando un contatto intimo e personale in grado di potenziare le basi cognitive del proprio

IMPARAL’ARTE EMETTILAINGIOCO I musei puntano sui laboratori per bambini: un mezzo utile per interpretare la realtà di SIMONA CRESCI


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Da un minimo di 15mila ((Palaexpo e Mambo) a un massimo di 70mila (Mart) le presenze annue ai laboratori per bambini

DOVE SI IMPARA L’ARTE

A pagina 65: un laboratorio didattico a pagina 68: bambini in visita a una mostra

MUSEION Il primo in Italia

MART Metodologia ad hoc

GAMEC Arte per tutti

CASTELLO DI RIVOLI Attività all’esterno

Il Museo di arte moderna e contemporanea di Bolzano offre, tra le prime istituzioni in Italia, un programma di attività didattiche per le scuole dell’infanzia, primarie e secondarie e per le famiglie. Museion, via Dante 6, Bolzano. Info: 047 19 77 11 6; www.mu seio n. it

La linea metodologica adottata dal Mart è quella della scomposizione e ricostruzione delle opere d’arte da parte sia dei bambini che degli adulti al fine di utilizzare il giusto codice di lettura per comprendere il contemporaneo. Mart, corso Bettini 43, Rovereto (Trento). Info: 800397760; www.mart.trento.it

”Arte per tutti” è il motto dell’attività dei servizi educativi della Gamec. Dai laboratori per piccoli, ai progetti per la scuola, ai corsi d’aggiornamento per insegnanti, porta avanti l’idea di museo come spazio di dialogo e confronto. Gamec, via San Tomaso 53, Bergamo. Info: 035270272; www.gamec.it

Le attività del castello di Rivoli non si esauriscono all’interno del museo, con percorsi didattici legati alle mostre, ma si estendono all’esterno grazie a convenzioni con enti e istituzioni. Castello di Rivoli, piazza Mafalda di Savoia, Rivoli (Torino). Info: 0119565222; www.castellodirivoli.org

sentire. Perché sviluppare i sensi attraverso un coinvolgimento diretto dettato dal gioco fa nascere sentimenti di meraviglia e di stupore che possono influenzare la visione della realtà. In fondo il bambino, così come gli artisti, pensa per immagini e l’opera d’arte, spiega Cristina Francucci, ideatrice del progetto europeo Didart, «non deve essere intesa come un “testo” di apprendimento, ma come pretesto per assumere un atteggiamento estetico capace di distaccarsi dall’arte per rivolgersi con uno sguardo innovativo a tutto ciò che ci circonda». In virtù dell’educazione allo sviluppo degli atteggiamenti del sentire che conducono il bambino a una visione emotiva della realtà, alcuni dipartimenti educativi offrono percorsi anche al di fuori del museo, consentendo di instaurare un importante rapporto con il tessuto urbano di appartenenza. È il caso del Mambo di Bologna che attraverso appuntamenti esterni riuniti nel progetto Percorsi emotivi propone laboratori con i quali i bambini rintracciano gli aspetti sensibili del loro vivere quotidiano per l’esplorazione dell’ambiente urbano in cui risiedono. O ancora la collaborazione tra il dipartimento educativo della fondazione Sandretto Re Rebaudengo e i licei, le accademie e gli istituti d’arte presenti a Torino con i quali progettano “workshop” atti ad analizzare i temi legati all’arte contemporanea. Al di là delle numerose proposte educative finalizzate all’interpretazione della realtà attraverso l’analisi e l’applicazione dei linguaggi del contemporaneo è importante riportare iniziative didattiche supportate dalla presenza dei genitori o di un insegnante. È il caso dello Scaffale dell’arte a palazzo delle Esposizioni di Roma, una biblioteca specializzata in editoria internazionale d’arte per ragazzi e per adulti che mette a di-

sposizione del visitatore libri di storia dell’arte, illustrazione e attività con l’obiettivo di supportare le funzioni didattiche dei laboratori. L’avviamento di una grande mostra ospitata nei musei prevede, infatti, una formazione che sia in grado di far sviluppare al bambino quell’impulso creativo e quello stupore necessari per avvicinarlo al linguaggio dell’arte. E il metodo applicato dalle realtà già elencate, in linea con quello dei musei internazionali, si basa su un primo avvicinamento all’opera attraverso la visita alla mostra e un secondo, legato alle attività laboratoriali, dove il bambino viene stimolato nella sua creatività e condotto nel magico mondo dell’arte. Dalla visita animata alla mostra, i bambini incontrano l’opera d’arte e, partecipando attivamente alla relazione con essa attraverso il percorso guidato dagli operatori, raggiungono gli spazi ludici opportunamente allestiti nei musei, per dare sfogo alla loro fantasia. Il gioco, principale interprete di una giornata al museo, diviene così elemento fondamentale affinché il bambino passi naturalmente dalla capacità di guardare a quella di fare. In fondo Munari scriveva: “Capire che cos’è l’arte è una preoccupazione (inutile) dell’adulto. Capire come si fa a farla è invece un interesse autentico del bambino”. L’affluenza sempre più numerosa del pubblico alle iniziative didattiche museali disseminate su tutto il territorio nazionale, da un minimo di 15mila (Palaexpo e Mambo) a un massimo di 70mila (Mart) presenze annue e una media di laboratori dai quattro ai sei al giorno, contribuisce a una fruizione attiva dell’opera d’arte in grado di sviluppare i sensi e provocare emozioni e capace di offrire le basi per divincolarsi dai modelli formativi che la società impone.


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DIDART Idee in circolo dall’Unione europea Didart (2002 – 2009) è il progetto finanziato dall’Unione europea come migliore proposta per la didattica contemporanea. In sette anni di attività ha raggiunto l’obiettivo prefissato: sono circolate idee, sono nati confronti, collaborazioni e progetti. Il finanziamento ha coperto le spese dei viaggi tra il personale delle realtà museali internazionali coinvolte, la produzione del kit multimediale ”Identikit”: un video, un sito internet, un cd rom, un libro, un questionario, un percorso e-learning, una collezione di immagini, per parlare di identità e dei linguaggi artistici contemporanei. Malgrado la decorrenza dei termini di finanziamento, Didart continua con la sua politica di scambio e collaborazione tra musei italiani e stranieri. Info: www.didart.net

PER SAPERNE DI PIÙ

Serena Giordano Disimparare l’arte Il Mulino 228 pagine 15 euro

Paola Vassalli Educare all’arte Electa 128 pagine 25 euro

F. Pellegrino Se vedo... Capisco Natyvi pagine n. d. 14 euro

MAMBO Aiutare il senso critico

CENTRO PECCI Sperimentazioni doc

PALAEXPÒ E SCUDERIE Nuovi percorsi

MACRO Indagine giocosa

I percorsi proposti dal Mambo si fondano sull’idea di arte come strumento necessario ai processi educativi. Le opere diventano non solo un testo da conoscere ma anche un pretesto per sviluppare il senso critico. Mambo, via Don Minzoni 14, Bologna. Info: 0516496611; www.mambo-bologna.org

Le attività svolte al centro Pecci forniscono modi diversi per avvicinarsi alla realtà museale e a quella dell’arte, attraverso una continua sperimentazione di metodi e linguaggi. Centro per l’arte contemporanea Pecci, viale della Repubblica 277, Prato. Info: 05745317; www.centropecci.it

I servizi educativi di palazzo delle Esposizioni (via Nazionale 194, Roma; info: www.palazzoesposizioni.it) e Scuderie del Quirinale (via XXIV maggio 16, Roma; info: www.scuderiequirinale.it) propongono nuovi percorsi per osservare e interpretare la realtà con i linguaggi del contemporaneo.

Le proposte didattiche del Macro sono incentrate sul tema Arte in gioco: l’intento è di rileggere l’arte contemporanea attraverso l’esperienza ludica intesa come mezzo d’indagine intrinseco all’opera d’arte stessa. Macro, via Nizza 138, Roma. Info: 06671070423; www.macro.roma.museum

CENTRI ESTIVI Musei aperti da giugno a settembre Alla chiusura delle scuole c’è l’esigenza di organizzare il tempo libero per i propri figli assicurandoci che possano divertirsi e, magari, imparare qualcosa. Per venire incontro alle esigenze lavorative dei genitori il museo diviene centro estivo. Da giugno a settembre alcuni continuano la loro attività di polo formativo culturale, che dalla mattina fino al tardo pomeriggio vede l’alternarsi di iniziative didattiche per favorire l’incontro con l’arte. Il centro estivo, pensatocome pratica di accoglienza e integrazione del bambino, diviene il luogo dove l’educazione passa attraverso le suggestioni sensoriali che solo un museo o un centro culturale è in grado di sviluppare. L’unico comun denominatore: imparare giocando. Per saperne di più basta informarsi nei musei della propria città.

COME DICE MUNARI CAPIRE COME SI FA L’ARTE È UN INTERESSE AUTENTICO DEL BAMBINO

In media vengono organizzati da 4 a 6 laboratori a settimana per le scuole e sabato e domenica da 2 a 4 laboratori per le famiglie

INIZIATIVE DIDATTICHE E SOCIALI Laboratori gratis e progetti per disabili Oltre alle proposte didattiche legate alle mostre, alcuni musei si distinguono per progetti speciali. È il caso del Madre di Napoli che offre laboratori gratuiti rivolti ai meno abbienti con l’obiettivo di attuare un processo di socializzazione tra i bambini. Il museo diventa luogo di sperimentazione attraverso la pratica del fare e dello stare insieme grazie al quale i giovani partecipanti contribuiscono alla riqualificazione del proprio quartiere. La pianificazione di laboratori rivolti ai portatori di handicap contraddistinguono le attività del Macro di Roma, del Mart di Trento e Rovereto e del Mambo di Bologna.


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NUOVI ALFABETI ARTISTICI Intervista con Paola Vassalli, responsabile dei servizi educativi al Palaexpò di Roma di SIMONA CRESCI

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aola Vassalli, nata a Metaponto (Matera), ha girato l’Italia prima di approdare a Roma dove vive e lavora. Si occupa di arti visive e cultura dell’infanzia ed è responsabile dei servizi educativi e del laboratorio d’arte del palazzo delle Esposizioni e delle Scuderie del Quirinale. La sua ricerca, nata da una passione, l’ha portata a curare grandi mostre dedicate ai maestri dell’illustrazione contemporanea in Italia e all’estero. Negli anni Novanta è consulente artistico della fiera internazionale del libro per ragazzi di Bologna. Autrice di cataloghi, articoli e saggi, cura la collana Educare all’arte di Electa. Nel 2007, con la riapertura del Palazzo delle Esposizioni, progetta i nuovi spazi per la didattica creando lo Scaffale d’arte, biblioteca specializzata nell’editoria internazionale d’arte per ragazzi. Vassalli, come si svolgono i laboratori didattici al palazzo delle Esposizioni e alle Scuderie del Quirinale? «In assenza di una collezione permanente, le nostre proposte dialogano con le grandi mostre in corso, puntando sulla qualità degli spazi del laboratorio d’arte per le attività educative rivolte ai diversi pubblici e in particolare ai più giovani». Lavorare solo sulle mostre è un limite? «Al contrario è un grosso stimolo, perché ogni volta ci costringe ad approfondire la ricerca e a modificare il linguaggio».

Qual è l’approccio alla didattica dell’arte? «Utilizziamo i linguaggi del contemporaneo per rileggere l’arte e le forme espressive di tutti i tempi attraverso le opere e le parole degli stessi artisti, convinti che un’educazione all’arte debba essere soprattutto un’educazione alla vita». Cosa si trasmette con il vostro metodo? «Come ci insegnano gli artisti, siamo alla ricerca di occhi sempre nuovi per guardare la realtà: qual è il senso vero delle cose e dei rapporti, cosa ci propone la vita nell’incontro con la natura e con gli altri? I nostri progetti vogliono fornire nuovi alfabeti per un’educazione all’arte». La vostra didattica è incentrata più sull’apprendimento o sull’educazione del bambino? «Sull’educazione, ma nel senso etimologico di accompagnare con la relazione e con il rapporto. Il bambino pensa per immagini come in realtà fanno gli artisti, anche senza sapere il perché, si pone e ci pone domande centrali sulla vita attraverso le immagini. Quel pensiero che da adulti ritroviamo nei sogni». In che modo? «Attraverso il nostro personalissimo rapporto empatico con l’opera, la storia, la vita degli artisti. Entrare nella mostra, incontrare gli artisti, ascoltare la voce delle opere, per passare poi in laboratorio a sperimentare forme, tecniche e materiali».

Caterina Arcuri Origine, 2011

Come si svolgono i laboratori? «Attraverso una visita “animata”, cioè partecipata, alla mostra e un’attività creativa in laboratorio, dove ci serviamo di diversi strumenti. Fondamentale, per la didattica e per la formazione degli operatori, è il libro d’arte e di didattica dell’arte che il pubblico può trovare nel nostro scaffale: una collezione unica e internazionale per creare storie di segni, forme, colore». E il tunnel di luce che si trova all’ingresso dell’atelier del palazzo delle Esposizioni cosa rappresenta? «“Pénétrer l’invisible” dell’artista francese Nathalie Junod Ponsard, unica opera permanente del palazzo delle Esposizioni, vuole suggerire un attraversamento, l’uscita dal mondo reale e l’entrata in quello dell’arte. Nel tunnel il bambino vive un primo momento d’incontro con l’opera, vive l’arte. Attraverso il tunnel si arriva nel cubo, una scatola magica, uno spazio neutro che cambia in dialogo con le diverse mostre e rivive grazie alla collaborazione con gli artisti, per una sempre nuova dimensione di meraviglia e stupore. Perché, per dirla con le parole di Gianni Rodari, “una parola, gettata nella mente a caso, produce onde di superficie e di profondità, provoca una serie infinita di reazioni a catena, coinvolgendo nella sua caduta suoni e immagini, analogie e ricordi, significati e sogni”».


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SUI BINARI DELLA COMPETITIVITÀ Largo a una nuova classe creativa emergente per tornare a produrre cultura

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uoghi, esperienze e marchi unici apprezzati in tutto il mondo legano la nostra tradizione a una incredibile attitudine all’essere creativi, all’ingegnarsi e al saper fare. Dalla moda al design, passando per cinema, musica e arti visive, fino ad arrivare all’immenso patrimonio di beni culturali, il paese avrebbe tutte le carte in regola per riprendere a costruire la trama di un sogno senza complessi di inferiorità. Talenti, creatività e innovazione potrebbero rappresentare i termini di un nuovo dizionario di base in grado di fornire una risposta sia all’esigenza di sviluppo che all’emergenza occupazionale. Lo stesso talento, la stessa creatività e la stessa innovazione che oggi in Italia non hanno la benché minima possibilità di liberare tutte le energie di cui sarebbero capaci. Passando al setaccio il territorio, città per città, non è raro incontrare un gran numero di intraprese ad altissimo tasso creativo cui, però, evidentemente non basta avere ottime idee e “business plan” di rispetto. Non in assenza di un microclima regolatorio favorevole; non senza una revisione dei sistemi di governo delle politiche culturali. Probabilmente – come peraltro sostenuto da due economisti della cultura, Fabio Severino e Michele Trimarchi – varrebbe la pena di provare a rivedere la matrice di svi-

luppo ormai datata e senza più spinta per reggere il passo con la crescita al tempo della crisi. A partire dalla revisione di una “governance” che così come impostata oggi mostra tutti i limiti di qualcosa che già nei fatti è stato superato. È necessario strutturare e rafforzare “hub” e “cluster” a contenuto creativo che abbiano la forza di rimettere il sistema sui binari della competitività aprendo a nuovi processi di inclusione nelle scelte: chiamando amministrazioni centrali e periferiche, enti locali, istituzioni culturali, imprese, enti cooperativi, operatori culturali e artisti, a condividere i termini di una “partnership” pubblico privata in grado di assicurare ampia sostenibilità a politiche culturali ambiziose e concretamente attuabili a vantaggio sia di una diffusione della creatività e con essa di una maggiore attrattività di investitori esteri, che alla creazione di nuovi posti di lavoro e una più intelligente allocazione delle competenze. In breve, significherebbe fare largo a una nuova classe creativa emergente per riprendere a generare un incredibile valore aggiunto di cui abbiamo disperato bisogno e che farebbe solo bene al paese e a coloro che lo abitano. Michele Gerace (consigliere di amministrazione Palaexpò)


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BUONE IDEE SELEZIONATE CONSTILE Claudia Consolandi, socia Acacia e notaio con il pallino dell’arte: «Una passione di famiglia» di ORNELLA MAZZOLA

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a il nome di un fiore ma con la botanica non ha nulla a che fare: è Acacia, l’associazione Amici arte contemporanea, presieduta da Gemma De Angelis Testa. L’idea della fioritura, dello sbocciare di un virgulto, non è però estranea allo spirito dell’associazione che, oltre alla salvaguardia e alla divulgazione dell’arte contemporanea, lavora per la promozione dei giovani talenti, ai quali è dedicato un premio. I cento soci, collezionisti di esperienza, hanno costituito per Acacia una collezione in continua crescita, per la quale si progetta un museo ad hoc e che, fino a giugno, è esposta al palazzo Reale di Milano (vedi box a pagina 32). Accanto agli obiettivi più immediati, comunque, i sogni nel cassetto non mancano. Ce lo confida Claudia Consolandi, consigliere dell’associazione e titolare di una delle collezioni di maggiore prestigio: la realizzazione di una serie di fontane d’artista a Milano, ad esempio nella zona degli antichi Navigli. «Un sogno, un’utopia», os-

Claudia Consolandi con il fratello Enrico


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LA COLLEZIONISTA “Amica” di Brera

LA COLLEZIONE Alcune opere

Claudia Consolandi è nata l’8 febbraio 1955 a Milano, dove dopo la maturità classica e la laurea in giurisprudenza esercita dal 1984 la professione di notaio. Con il marito Didier Adler, di origine belga, sposato nel 1985, e con le due figlie, studentesse rispettivamente di 21 e 19 anni, condivide la sua passione per l’arte contemporanea. Socia fondatrice dell’associazione Acacia (Associazione amici arte contemporanea, costituita nel 2003; info: www.acaciaweb.it) è membro del consiglio di amministrazione dal 2010, nonché del consiglio direttivo degli Amici di Brera.

Lucio Fontana (1) Concetto spaziale. Attese, 1964

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serva tra il serio e il faceto, dato il costo di una simile idea, che resta però un punto d’arrivo nel concetto di un’arte che va non solo contemplata, ma vissuta. È quanto, in piccolo, realizza lei stessa con la sua ricca collezione, distribuita non solo nelle case di proprietà, ma anche all’interno dello studio notarile. L’iter è quello comune a molti: una passione per l’arte ereditata e a sua volta tramandata, una forma di educazione al gusto che comporta uno stile di vita. «Ho acquisito questa passione fin da bambina dai miei genitori, collezionisti prima di arte antica e poi contemporanea, a partire dagli anni Cinquanta. Io e mio fratello Enrico abbiamo visto entrare in casa opere di Fontana, di Castellani e altri grandi artisti e siamo stati sempre condotti a mostre ed eventi». Dagli anni Novanta, poi, Claudia e suo marito muovono i primi passi della propria collezione orientandosi sulla fotografia. L’interesse è sempre rivolto alla novità, all’originalità. La collezione diventa di proporzioni enormi quando la coppia eredita la

Enrico Castellani (2) Superficie bianca, 1966 Gianni Caravaggio (3) Panorami, 2000 Alighiero Boetti (4) Mappa, 1972-73 Sabrina Mezzaqui (5) Cento di questi giorni, 1996-97 foto Roberto Marossi

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metà delle opere di famiglia: siamo nell’ordine di centinaia di pezzi dove poi, come spesso accade, i più cari sono quelli di valore affettivo: Concetto spaziale di Fontana, una mappa di Boetti e un multiplo in plastica del celebre dito di Cattelan, quello che riproduce in piccolo la grande scultura in marmo della Borsa di Milano. Ma come ci si regola nella scelta di un nuovo acquisto? «Molto importante è il confronto critico, lo scambio di idee. Gli altri collezionisti, i curatori, i galleristi, sono referenti preziosi. Il rapporto personale con l’artista è un elemento interessante ma preferisco sempre partire dall’opera, vederla e in un secondo momento eventualmente conoscere l’autore», osserva la Consolandi. Quanto alla speciale alchimia che fa di quell’opera un elemento di attrazione per il collezionista, al di là dei consigli, l’aspetto chiave risulta, più che estetico, squisitamente concettuale: «L’opera d’arte non deve tanto essere bella quanto avere dietro un’idea, un progetto», conclude la collezionista.

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DUE PUCCINI DA PODIO Il pittore livornese conquista la vetta nazionale con una copia di opere

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Elida Sergi

Nella pagina successiva, da sinistra: Yves Klein “Fc 1”, 1962 Andy Warhol “Brigitte Bardot” 1974

Victor Hugo

Victor Hugo Vivez et mourez 277mila euro

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PODIO ESTERO

Souvenir de Belgique 409mila euro

1 PODIO ITALIA

artista livornese Mario Puccini fa il bis, piazzando ben due dipinti ai primi posti tra i più venduti, mentre una buona posizione la guadagna un’opera attribuita a un artista della scuola veneta di fine XVII secolo. È questo, idealmente, il podio della aste italiane del mese. A livello internazionale, invece, a farla da padrone sono lo stile e la storia: quelli offerti dalla collezione Victor Marie Hugo, messa a disposizione da Christie’s in un’asta a Parigi. Tra souvenir realizzati a mano, documenti autografi e originali autoritratti quello che emerge è fondamentalmente tutta la nostalgia, la malinconia e il desiderio di solitudine del padre del Romanticismo francese. Partiamo dall’Italia, dove in una ricca asta della casa d’aste Pananti di Firenze, i due dipinti venduti al maggior prezzo sono entrambi di Puccini: il primo, Scogli ad Antignano, ha fruttato la buona cifra di 14mila euro. Data la bellezza dell’opera e dato anche il valore di stima dell’opera, che si aggirava tra i 17mila e i 19mila euro, ha in verità un po’ deluso anche se quest’opera è la numero uno nella top ten del mese. A pari merito, un altro dipinto sempre dello stesso autore dal titolo Bosco, datato 1912-13. Qualità del tratto del pennello e scelta dei colori azzeccata caratterizzano questo lavoro dell’artista livornese. Staccato di soli duemila euro, quindi con un risultato realizzato in sala pari a 12mila euro, un dipinto molto interessante, attribuito a un artista della cosiddetta scuola veneta. È un olio su tela, si chiama Storie di Giuseppe ebreo, e vi sono rappresentate delle scene tratte dalla Bibbia. Scenario abbastanza diverso a livello internazionale, dove questo mese a farla da padrone è stato tutto un fiorire di souvenir e documenti autografi nella mostra personale dedicata al padre del Romanticismo francese, Victor Hugo. L’autore dei Miserabili in questi oggetti messi all’asta rivela in sostanza molti tratti della propria personalità: dalla nostalgia alla frustrazione, dai momenti di felicità a quelli di rabbia. La presenza di Hugo è stata ben captata dagli acquirenti dell’asta, che hanno mostrato di apprezzarla: un “Souvenir de Belgique”, sostanzialmente un dipinto rappresentante un paesaggio inserito in una cornice di legno, è stato aggiudicato a un collezionista per l’ottima cifra di 409mila euro. “Vivez et mourez”, un altro dipinto, molto particolare perché si compone di due parti (una relativa alla vita e una, appunto, alla morte) è stato battuto per un’altra interessante cifra, 277mila e infine un’importante raccolta con ben 60 documenti: carte personali, relative all’intera famiglia dell’autore, che sono state molto apprezzate e decisamente contese tra i presenti all’asta. Pensati con una stima decisamente bassa, tra i mille e i 1.500 euro, sono stati venduti per 100 volte il loro valore, facendo totalizzare alla casa d’asta con sede a Parigi circa 115mila euro. A quota 106mila euro, sempre appartenente alla collezione Hugo, Edmond de Goncourt e il suo “Journal”, ingiallite pagine piene di fascino con raccolte degli anni dal 1872 al 1877.

Mario Puccini

Mario Puccini

Bosco 14mila euro

Scogli ad Antignano 14mila euro

Victor Hugo raccolta di 60 documenti 115mila euro

3 autore sconosciuto Storie di Giuseppe ebreo 12mila euro


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A New York l’asta da non perdere riguarda la tela ”Fc 1” Nella stessa vendita anche altri capolavori del ”post war”

Galleria Poleschi casa d’aste Milano, 16 e 17 maggio Arte moderna e contemporanea: ”Voyage”, 2001, tecnica mista su tela (120x200 cm) di Luca Pignatelli, stima 30-33 mila euro. Info: www.poleschicasadaste.com

IL PRIMATO DI YVES KLEIN

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n’asta imperdibile è battuta da Christie’s a New York l’8 maggio. “Fc 1” (Fire color 1), pigmento e resina sintetica su tela, non è soltanto il più importante lavoro di Yves Klein a essere offerto all’asta, ma è considerata anche la più importante opera del “post war” europeo per la quale è atteso un record mondiale per l’artista. Realizzato nel 1962, l’anno della prematura morte di Klein a soli 34 anni dopo soli 7 anni di carriera artistica, è stimato 30-40 milioni di dollari, il che include l’artista nella ristrettissima cerchia degli artisti più cari del “post war” internazionale. “Fc 1” rappresenta la sintesi delle capacità artistiche e delle intenzioni filosofiche di Klein, fuoco, antropometria, pigmento blu internazionale di Klein (Ikb) e rosa. Dichiara Loic Gouzer, esperto internazionale di “post war”: «Fc 1 di Klein rappresenta per l’arte europea quello che per l’arte americana rappresenta “Number one” di Pollock. È il suo ultimo lavoro che fonde tutto quello che ha reso Klein nella sua breve carriera un maestro dell’arte del dopoguerra: l’ossessione dell’artista verso i concetti di presenza e assenza, vita e morte. Si attende che l’opera possa infrangere il record per qualsiasi opera europea di “post war”». Per questa opera Klein arruolò due modelle in qualità di pennelli. Nella prima fase di questo processo creativo le modelle erano cosparse di acqua e, seguendo le indicazioni di Klein, i corpi erano premuti sul grande foglio di cartone appositamente trattato. Una volta lasciata la loro traccia sulla tela, Klein con l’uso di un dispositivo simile a

IL CALENDARIO Gli appuntamenti del mese

una torcia lanciava una fiamma intensa vero la tela, carbonizzandone parte della superficie. Solo nelle parti toccate dal corpo delle modelle l’umidità impregnata resisteva all’effetto della fiamma, facendo emergere apparizioni spettrali dei corpi che si librano trascendenti sul piano del quadro. Nella fase successiva le modelle stesse lasciano sulla tela impressioni delicate dei loro seni e delle cosce. Poi Klein le istruiva perché applicassero sulla superficie uno strato più spesso del suo pigmento Ikb, mentre migliorava le loro “silhouette” con l’uso di un aerografo. In questo modo il lavoro è stato creato senza alcun contatto diretto con l’artista. La stessa vendita di Christie’s comprende la collezione di espressionismo astratto statunitense di David Pincus con altri due capolavori assoluti del “post war”. “Orange, red, yellow” di Mark Rothko del 1951, stimato 35-45 milioni di dollari, è considerata infatti la più importante opera dell’artista ad apparire sul mercato dopo che “White center (yellow, pink and lavander on rose”) dello stesso artista, è stato venduto per 72,8 milioni di dollari, mentre “No. 28”, di Jackson Pollock, del 1951, è stimato 20-30 milioni di dollari. Di una delle più ambite artiste contemporanee, Cindy Sherman, Christie’s offre nella stessa serata “Untitled # 96”, una stampa vintage dell’iconica fotografia del 1981 con stima 2,8-3,8 milioni di dollari. La stessa Christie’s nel 2011 aveva venduto un altro esemplare di questa fotografia per 3.890.500 dollari. Stefano Cosenz

Sotheby’s Londra, 22 e 23 maggio Collezione del gallerista e ”playboy” Gunter Sachs di opere d’arte con un realizzo atteso di oltre 20 milioni di sterline. Tra queste il ritratto di Brigitte Bardot che fu la seconda moglie di Sachs, realizzato da Andy Warhol nel 1974, stima 3-4 milioni di sterline. Info: www.sothebys.com Lempertz Colonia, 23 maggio Arte contemporanea: ”Sonnenkreuz”, bronzo patinato del 1947-48 di Joseph Beuys, stima 180-200 mila euro. Info: www.lempertz.com Farsetti Prato, 25 e 26 maggio Arte moderna e contemporanea: Rosso, tela estroflessa e acrilico di Agostino Bonalumi del 2008, stima 32-42 mila euro. www.farsettiarte.it Info:w Sotheby's Milano, 24-25 maggio Arte moderna e contemporanea: Superficie argento, 1970 di Enrico Castellani, stima 400-600 mila euro; Cretto bianco, 1970 di Alberto Burri, stima 500-700 mila euro. Info: www.sothebys.com Wannenes Roma, 24 e 26 maggio Prospettive italiane, percorsi, visioni, orizzonti è un evento per promuovere l’arte italiana delle ultime generazioni che si svolge a Roma, a cura di Ludovico Pratesi, in concomitanza con la fiera ”Roma contemporary”. Il 26 maggio, le opere esposte saranno messe all’asta: sono tutte stimate entro i 30mila euro. Info: www.wannenesgroup.com


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MODENA ASPETTA IL POLO CULTURALE Pronto per il 2017, sorgerà nell’area dell’ex ospedale sant’Agostino L’architetto Aulenti: «Sarà il più importante intervento urbano in Italia» di ANDREA RODI

IL PROGETTO Prima parte per il 2015 Dal 1753 al 2004, il complesso di sant’Agostino ha svolto la funzione di struttura ospedaliera nel cuore di Modena. Nel 2008 è stato acquistato dalla fondazione Cassa di risparmio della città emiliana, che ha successivamente bandito un concorso per la riqualificazione e per la progettazione di un nuovo polo culturale. Una selezione dei progetti è stata messa in mostra nell’estate del 2010. L’intervento, diretto da Gae Aulenti, riguarda oltre 24mila metri quadri di superficie. Una prima ”tranche” terminerà nel 2015, mentre per il 2017 è previsto il completamento del lavori. Info: www.gaeaulenti.it


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Sotto: rendering dell’auditorium In basso: l’intero progetto Nella pagina precedente: rendering della biblioteca cortesia Ingegneri riuniti

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orto nel centro storico di Modena nel 1753, per volontà del duca d’Este Francesco III, l’ospedale sant’Agostino è rimasto in funzione per oltre due secoli e mezzo, fino a quando non è si è deciso di trasferire la struttura sanitaria nel nuovo e più efficiente polo di Boggiavara. Già nella seconda metà del XVIII secolo, in seguito a un ampliamento che affiancò l’infermeria militare all’originario ospedale, il complesso di sant’Agostino poteva essere definito a buon diritto un edificio ambizioso, con i suoi oltre 24mila metri quadrati di superficie. Ora sta per risorgere a nuova vita per mano dell’architetto Gae Aulenti, che ne ha curato il progetto che lo trasformerà nel nuovo polo culturale della città di Modena. Già autrice, a inizio degli anni ‘80, della superba riqualificazione della Gare d’Orsay di Parigi, e più recentemente, della ristrutturazione del Palavela di Torino e della realizzazione dell’Istituto culturale italiano di Tokio, Aulenti non teme di definire il progetto modenese come «il più importante intervento urbano italiano. Un insieme che dal punto di vista sociale e culturale sarà unico in Italia». Non c’è dubbio che si tratti di un’opera importante e significativa, non soltanto per le dimensioni dell’area su cui avverrà l’intervento ma anche per lo scopo di portare a compimento la trasformazione di Modena in una delle capitali culturali italiane. Non si tratta, infatti, di un mero trasloco delle due principali biblioteche cittadine – l’ universitaria Estense e la civica Poletti – all’interno dei locali dell’ex ospedale, ma della creazione di una struttura polifunzionale, in cui, all’innovativo centro per la lettura, si affiancheranno un centro linguistico internazionale gestito dall’università di Modena e Reggio Emilia; uno spazio espo-

sitivo che ospiterà la collezione d’opere fotografiche e di videoarte della fondazione Cassa di risparmio di Modena, committente principale dei lavori di riqualificazione; un altro spazio, che già si profila come il più importante della città, destinato alle mostre temporanee e una sala auditorium di oltre duecento posti. Il tutto verrà completato da un’ampia zona destinata ai servizi commerciali, che sarà tra le prime a vedere la luce. «Il progetto è particolarmente complesso – spiega Aulenti – poiché si tratta di circa 25mila metri quadrati in centro storico, però state tranquilli: per il 2015 faremo in tempo a realizzarlo, almeno in parte». «L’obiettivo – precisa Andrea Landi, presidente della fondazione – è quello di concludere entro il 2015 una parte dell’intervento, almeno per quanto riguarda l’area commerciale, il centro per la fotografia e per l’immagine e il centro linguistico per l’internazionalizzazione. Questo consentirà, oltretutto, di mantenere alcune attività culturali anche durante l’apertura del cantiere». Fiore all’occhiello dell’intero progetto sono senza dubbio le due torri del centro bibliotecario, «in parte trasparenti e con un braccio meccanico che recupererà i libri. Penso che questo meccanismo – conclude soddisfatta la grande progettista milanese – inserito nella parte nord delle torri, sarà una bella cosa». Per ora, non è dato sapere altro. La Fondazione appare particolarmente cauta nel lasciar trapelare notizie e immagini del progetto e, probabilmente, tanta cautela è dettata dalla coscienza di avere a che fare con un intervento realmente innovativo che potrebbe fare di Modena una città culturalmente all’avanguardia, alla stregua di Bilbao con il suo splendido polo Guggenheim, o del quartiere dei musei viennese.


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A destra: Atelier Oslo, La lanterna, Norvegia, 2008 Sotto: Bjarke Ingels group, National gallery of Greenland, 2010 Nella pagina seguente: Toyo Ito & associates, biblioteca universitaria d’arte Tama, Tokyo, Giappone, 2004-2007

Valerio Paolo Mosco Nuda architettura Skira 354 pagine 34 euro

La nudità caratterizza le architetture di nuove costruzioni che riscoprono il valore figurativo del corpo di VALERIO PAOLO MOSCO*

RITORNO ALL’ESSENZA, UNA

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ltimamente da più parti assistiamo al ritorno ad una architettura nuda, spogliata, asciugata, antidecorativa, semplificata non solo nelle forme, ma anche negli apparati concettuali. È un fenomeno generalizzato, dal basso, che non fa riferimento a un sistema di pensiero definito, non ha padri putativi e non è supportato da alcuna istituzione accademica. Quel che è certo è che il ritorno alla nudità rappresenta una significativa rottura rispetto a un passato che ha visto il proliferare di architetture di tutt’altro genere: vestite, tendenti a nascondere il più possibile i loro corpi. L’arcinoto museo Guggenheim di Bilbao di Frank O. Gehry può essere considerato l’epigono di una stagione architettonica, iniziata negli anni Sessanta, che è andata esaltando il rivestimento fino a farlo diventare nel tempo un’icona o una scultura avvolgente il corpo dell’edificio. Questo genere di architettura, adeguatamente definito degli involucri, ha rappresentato per diversi decenni un paradigma di riferimento capace di consentire di esprimere il massimo grado di libertà iconografica e plastica, dando la possibilità a quel desiderio di comunicazione a tutti i costi, tipico del postmoderno, di esprimersi compiutamente. Ma nel tempo questa libertà è diventata prima maniera, in seguito arbitrio, in alcuni casi capriccio, tanto che gli involucri hanno mostrato sempre più i loro limiti, resi ancora più evidenti da un invecchiamento precoce dei loro rivestimenti che rapidamente hanno perso la loro iniziale scintillante perfezione. L’odierna riscoperta della nudità va quindi considerata innanzitutto come una reazione nei confronti dell’architettura degli involucri, un fenomeno che non a caso matura


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ARCHITETTURA 77

REAZIONE ALL’INVOLUCRO in un momento storico in cui il capitalismo arrembante della prima globalizzazione, di cui gli involucri hanno rappresentato l’espressione monumentale, sembra implodere in una crisi profonda, dai tratti non ancora definiti ma strutturali che come tali impongono un “denudamento”, ormai non più procrastinabile, del nostro modello di sviluppo. L’attuale architettura nuda si presenta in forme estremamente diverse. [...] Un fatto è certo: nel ritorno alla nudità l’architettura risulta, come spesso accade, in ritardo rispetto alle altre arti le quali già da tempo hanno riscoperto il valore figurativo del corpo tanto da liberarsi dai residui ormai sterili dell’astrattismo: un’operazione che l’architettura stenta ancora a realizzare. In arte, ancora oggi, nudità è sinonimo di Marcel Duchamp. Come ricorda Octavio Paz nel suo saggio sull’artista, Apollinaire già un secolo fa affermava che Duchamp era l’unico rimasto in grado di dipingere realmente nudi in quanto era l’unico che avesse sostituito all'ormai morto nudo iconologico, un nudo alternativo, moderno, simbolico, rivelatore, sebbene in maniera elusiva, di essenze metafisiche. Senza i nudi di Duchamp, quindi, non ci sarebbero oggi i nudi di Matthew Barney, Vanessa Beecroft, Marina Abramovic, Damien Hirst. È dunque questo il contesto in cui avviene il ritorno della nudità in architettura, un ritorno che è necessario considerare in una prospettiva al passato, alla ricerca delle ragioni di un paradigma che da oltre duecentoanni corrisponde alle ragioni più intime del moderno, ma che per le sua implicita enigmaticità rimane sfuggente. *estratto dal volume Nuda architettura, cortesia Skira


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GALLERY HOTEL ART SUI TETTI DI FIRENZE Nel capoluogo toscano un albergo dove vivere la storia e le bellezze della città e conoscere i grandi nomi della fotografia con la galleria Brancolini Grimaldi di FRANCESCO ANGELUCCI

LA MOSTRA Slim Aarons Ad accogliere il turista nell’albergo non poteva che esserci Slim Aarons: il fotografo statunitense famoso per aver descritto il ”jet set” negli anni ’50 –’80 fotografando piscine. Donne in costume e aperitivi all’aperto rappresentano il periodo segnato dagli eccessi di una dolcevita a stelle e strisce. Le celebrità vengono fermate con l’occhio di un fotografo che ha misurato il suo obbiettivo con la guerra e i cui scatti diventano le copertine di prestigiose riviste quali Life o Vogue. Stretti nei rettangoli dei suoi negativi ritroviamo Jackie Kennedy Onassis, Marilyn Monroe e Kirk Douglas, solo per citarne alcuni. La mostra è fino al 20 giugno.

L’ALBERGO Vicolo dell’oro 5 Firenze www.lungarnocollection.com

In alto, da sinistra: Penthouse Pitti suite la hall dell’albergo A sinistra: uno scatto di Slim Aarons Nella pagina succesiva:: la libreria e in basso: la terrazza suite


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ono poche le città che si riconoscono dai tetti. Firenze è una di queste. Prima che dalle strade, prima che dalla facciate delle chiese, è dall’alto, sulle tegole rosse, che la città racconta la sua storia da Brunelleschi alle antenne paraboliche. E se proprio non avete una casa fiorentina, allora ci sono le terrazze del Gallery hotel art, ma anche se siete fiorentini potete sempre andare a vedere la mostra fotografica dell’artista statunitense Slim Aarons, stesso posto stesso bar. Arte nell’arte, verrebbe da dire, perché la struttura a quattro stelle del Gallery hotel art ha la firma dell’architetto fiorentino Michele Bönan e appartiene alla Lungarno collection fondata da Ferragamo. E forse in una città come Firenze non poteva essere diversamente. «È da oltre 10 anni – spiega Elisa Badii, manager della galleria Brancolini Grimaldi – che collaboriamo con il Gallery hotel art nella scelta degli artisti da esporre negli spazi dedicati all’arte. È la stessa Camilla Grimaldi, dopo aver lavorato con Ferragamo, che diventa consulente artistica per le mostre temporanee nell’albergo. Solo successivamente apre una galleria autonoma dedicata all’arte contemporanea continuando però a collaborare con l’hotel». E se state pensando che uno spazio vale l’altro, che in fondo fra muri bianchi non c’è poi tutta questa differenza vi state sbagliando. «L’albergo e la galleria sono due ambienti e quasi sicuramente frequentati da persone diverse – continua Badii – se in una galleria il visitatore viene esclusivamente per vedere una mostra, in un hotel l’esposizione che accoglie il turista diventa una sorpresa inaspettata. Quindi, è chiaro che i percorsi che proponiamo nell’albergo sono di più ampio respiro, in grado di raccogliere anche un pubblico non esperto in questioni d’arte». Il fatto che la Brancolini Grimaldi sia specializzata in fotografia contemporanea non può che agevolare quel lavoro di mediazione fra grande pubblico e alta qualità dell’esposizione. Così, il cliente dell’albergo si ritrova in «un percorso espositivo che si snoda in tre ambienti tutti al pian terreno – chiarisce la manager – dove uno spazio centrale accoglie i visitatori e poi una libreria e una sala adibita per la colazione costruiscono il percorso della mostra. Spesso il turista, una volta viste le foto, raggiunge la nostra vicina galleria perché spinto da quelle immagini e curioso di vederne delle altre. Si crea così uno scambio di pubblico fra noi e l’hotel originale e dinamico».

SPESSO IL TURISTA, UNA VOLTA VISTE LE FOTO, RAGGIUNGE IL NOSTRO VICINO SPAZIO ESPOSITIVO. SI CREA COSÌ UNO SCAMBIO FRA NOI E L’HOTEL ORIGINALE E DINAMICO


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Biknit Design Patricia Urquiola per Moroso, 2011. Poltrona e ”chaise longue”, per uso ”indoor” e ”outdoor”, in maglia tubolare in fibre tecnologiche, basamento in legno e struttura in acciaio

Clouds Design Ronan e Erwan Bouroullec per Kvadrat, 2009. Piastrelle 3D in gommapiuma termo-compressa e tessuto a doppio strato in gomma iniettata, disponibili in vari colori

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TESSERE DI DESIGN TRAME HIGH-TECH E TOCCHI VINTAGE OGNI GIORNO DI PIÙ GLI OGGETTI D’ARREDO SPERIMENTANO INCURSIONI NEL MONDO DEL TESSILE LAVORAZIONI ATTUALIZZATE, TEXTURE 3D, VOLUMI E TAGLI SARTORIALI VESTONO IL NOSTRO QUOTIDIANO

a cura di ANTONIA MARMO (SIGNDESIGN)

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Weavers Design Enrico Azzimonti per Bilumen, 2011. Collezione di lampade a sospensione in vetro soffiato e rivestimento in microfibra a trama forata, disponibile in tre colori

Rememberme Design Tobias Juretzek per Casamania, 2011. Seduta con struttura in metallo, resina e tessuti riciclati (jeans e magliette). Premio Good design 2011 del Chicago Athenaeum

Migration Design Formafantasma (Andrea Trimarchi e Simone Farresin) per Nodus Rug, 2011. Collezione di tre tappeti in lana lavorati a mano e ricamati a mezzopunto, in edizione limitata

Fragmented 02 Design Lanzavecchia +Wai (Francesca Lanzavecchia e Hunn Wai), 2011. Complementi modulari, ad uso storage o seduta, con struttura in acciaio e rivestimento in lycra

on lo sguardo a una tradizione immemore, oggi il design interpreta e valorizza, con rinnovata creatività e sperimentazione, l’universo tessile, amplificandone le potenzialità espressive, tra usi insoliti, attitudine ludica ed effetti estetici sorprendenti. Richiami a tecniche tradizionali “hand made” e processi produttivi avanzati, utilizzo di fibre naturali e filati “high tech”, texture tridimensionali e dettagli sartoriali, consentono di plasmare oggetti dalle identità multiple. Se un tempo gli esempi si limitavano a manifestazioni essenzialmente decorative, ora i tessuti si modellano in più evoluti elementi di arredo. Senza tralasciare un’attenzione tutta speciale per le attuali tematiche della sostenibilità. A metà tra arazzi contemporanei e abiti fuori scala, i tappeti della collezione Migration sono la rivisitazione creativa dello studio Formafantasma per Nodus Rug della tecnica del ricamo a mezzopunto e dell’immaginario romantico delle illustrazioni naturalistiche ottocentesche. Gioca con il macrosegno di una trama lavorata a maglia Biknit, poltrona e chaise longue disegnate da Patricia Urquiola per Moroso, fino a far diventare l’intreccio sia superficie decorativa che struttura portante, grazie a una calza tubolare di fibre “high tech”. Flessibili rivestimenti in nastri di tessuto lycra, intercambiabili nei colori, per “Fragmented 02”, a firma del duo Lanzavecchia+Wai, moduli “storage” capaci di trasformarsi reagendo al loro contenuto e al modo in cui vengono usati. Paesaggi domestici in mutazione e grande gioco di combinazioni per il progetto Clouds di Ronan e Erwan Bouroullec per Kvadrat, sistema a incastro di piastrelle 3D in tessuto tecnico, collegate da elastici speciali, che può essere proposto come una installazione a pavimento, parete o soffitto. Unisce il riciclo di indumenti usati a un’estetica pop la sedia Rememberme di Tobias Juretzek per Casamania, che prende forma, sempre diversa, da vecchi jeans e magliette, universalmente ricchi di ricordi, fissati nella resina su un’anima di metallo. Nella lampada Weavers di Enrico Azzimonti per Bilumen, una pelle artificiale in microfibra traforata, sagomata ed elastica, fascia un diffusore di vetro soffiato, generando visioni mutevoli e continua adattabilità all’ambiente.


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L’INVASIONE DEGLI ULTRACORPI Una collettiva presenta i lavori elaborati in relazione alla tematica del corpo umano

di GIORGIA BERNONI

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Denise Bonapace ”Àmano-cinturaguanto” 2006 A destra: allestimenti alla ”Florence design week”

are corpo alle idee per ottenere un oggetto, preferibilmente utile e bello insieme, e un’opera, possibilmente emozionante e vendibile allo stesso tempo, è una pratica che accomuna i design e gli artisti. E intorno al corpo, e alle sue suggestioni, in molti si sono sbizzarriti, cercando di rintracciarvi un punto di contatto tra la spiritualità dell’idea e la corporeità del risultato. Se si è attratti dal rapporto che lega questi due aspetti della creatività, basta recarsi a Milano dove è in scena, nelle sale Viscontee del castello Sforzesco, una mostra dedicata all’influenza che il corpo umano ha esercitato nella creatività contemporanea. Spaziando principalmente tra l’arte e il design ma anche tra l’architettura, l’arredamento, le arti applicate, la moda e i gioielli, la collettiva, curata da Beppe Finessi, presenta 208 lavori. «Una selezione di opere sorprendenti – dichiara Finessi – realizzate dai più significativi protagonisti della scena internazionale del design e delle arti visive che, a partire dal corpo, parlano anche di antropologia, sociologia, costume, società, tecnologia ed estetica del nostro tempo. Una sequenza transdisciplinare, quindi, costruita sulle infinite modalità di relazione tra sé e il resto del mondo, declinata in una moltitudine di pensieri e azioni alle diverse scale di progetto, tutte, di forte impatto sperimentale. Progetti dove le normali caratteristiche e capacità del nostro corpo vengono accelerate da idee e proposte evidentemente eccezionali». Dalla seggiola di Gaetano Pesce alle prove d’autore di Vito Acconci, dagli esperimenti di Naomi Filmer alle Forchette parlanti di Bruno Munari, dalla maschera di Didier Fiuza Faustino agli avvolgenti guanti di Denise Bonapace: gli oggetti avvolgono il corpo e restituiscono a chi li utilizza un contatto privilegiato con la realtà. «In un progetto espositivo ideato da Peter Bottazzi di estrema suggestione – prosegue il curatore – immerse in uno spazio sostanzialmente buio, acceso da lampade monitor e scandito da scuri velari semitrasparenti, sono allestite le opere esposte attraverso tre gruppi tematici corrispondenti ai tre ambienti delle sale: alludere al corpo, assecondare il corpo, superare il corpo. In quest’ultima sezione sono esposte le opere più irriverenti e provocanti, capaci anche di suscitare maggiore inquietudine».


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IL TEMPO COLLANTE DELLE FORME Torna nel capoluogo toscano la Florence design week “Connecting time” l’ambizioso tema della terza edizione

LA MOSTRA ”Ultrabody” a Milano La collettiva di artisti internazionali presenta oltre duecento opere, a cavallo tra arte e design, divise in tre sezioni, ciascuna per ogni sala Viscontea. L immagine grafica di ”Ultrabody” è stata affidata a Leonardo Sonnoli, graphic designer di fama internazionale e vincitore nel 2011 del Compasso d oro, che ha appositamente studiato un nuovo font, calibrato alle tematiche espresse dalle opere selezionate. Accompagna la mostra, un catalogo edito da Corraini. Fino al 17 giugno. Castello Sforzesco, sale Viscontee, Milano. Info: www.ultrabody.it

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l design in tutte le sue forme. E poi le arti e l’ingegno, intesi come strumenti di comunicazione e di valorizzazione della cultura e dell’identità locale nella visione globale. Torna dal 22 al 27 maggio la Florence design week, sette giorni nel capoluogo fiorentino dedicati all’incrocio fra le varie sfaccettature del mondo del disegno industriale: da “graphic” e “visual” al design dedicato alla moda, la musica e il cibo. Tema della terza edizione è un ambizioso “Connecting time”: al centro dei progetti in esposizione, selezionati attraverso un bando di respiro internazionale, c’è il rapporto creativo tra passato e futuro, linguaggio digitale e forma materica. Ma anche connessioni tra i diversi, ma neanche tanto,

sistemi dell’universo creativo e imprenditoriale, il cui confronto può traghettare verso soluzioni concrete per rispondere alla crisi mondiale. Otto i “format” pensati per questa terza edizione, che si snoda in molteplici sedi fiorentine come piazze, gallerie, biblioteche e case storiche: dal design delle abitazioni più belle della città ai nuovi spunti dell’artigianato contemporaneo passando per una duplice apertura all’arte antica e contemporanea con una sezione dedicata all’allestimento di palazzi storici e musei e un’altra emblematicamente battezzata “When art meets design!”. Info: www.florencedesignweek.com. Simone Cosimi


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SPOT ARTISTICI PER IL SOCIALE La Di Bruno, della 1861 united: «Le tematiche scomode? Difficili ma stimolanti» di GIULIO SPACCA

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erena Di Bruno è una figura di spicco nel panorama dei direttori artistici. Pluripremiata, ha lavorato con grandi aziende e si è dedicata al sociale realizzando con Emergency diverse campagne. Com’è nata la passione per la professione? «La passione è nata facendo questo lavoro. O meglio, mentre studiavo per impararlo. Non avevo mai pensato di entrare nel mondo della pubblicità, non sapevo neppure esattamente come funzionasse. Poi mi ha colpito la “brochure” di una scuola e ho deciso di frequentarla. In pratica a farmi innamorare della pubblicità è stata una pubblicità ben fatta». Nei suoi lavori c’è un’accurata ricerca dell’immagine, nella sua formazione che ruolo ha giocato l’arte in generale? «Non ho quella che si definisce una formazione artistica, anzi. Prima di fare l’accademia di Comunicazione ho frequentato ragioneria. Però mi sono sempre piaciute le belle idee e la creatività e questo ha influenzato il mio lavoro. Anche perché, negli ultimi anni in particolare, la pubblicità prende spesso ispirazione dall’arte». L’immagine è spesso utilizzata come metafora per coinvolgere lo spettatore: quanta preparazione dietro ogni campagna? «Anni fa c’era molto più tempo da dedicare a ogni singola campagna. E c’erano anche a disposizione “budget” più ingenti. Adesso, con la crisi, spesso ci si deve confrontare con pochi soldi e poco tempo. Inevitabilmente

il lavoro, a volte, rischia di risentirne. Ma per un creativo ogni campagna è come un quadro per un pittore: c’è molto di personale, quindi la preparazione è sempre molto scrupolosa e, parte cruciale di questa preparazione, sono la scelta del fotografo, dell’illustratore o del regista». Quale ruolo gioca la parola accanto all’immagine? Penso a “claim” diversi ma efficaci come “Tieni viva la forza del nero” per Perlana e “With mainly determination they all fight together for a common cause” per Emergency. «Il “copy” è fondamentale per la comprensione e la forza di una campagna. Ci sono casi però in cui “copy” e “visual” non hanno lo stesso peso, ma si arricchiscono sempre a vicenda e rimangono due parti essenziali per trasmettere il messaggio». Oggi è fondamentale la comunicazione a favore di organizzazione umanitarie, per tornare a guardare in modo più autentico ai valori della vita: c’è spazio per il sociale? «Credo che ci sarà sempre spazio per il sociale. È una comunicazione che a me piace molto, la trovo una grande sfida. È molto difficile far riflettere le persone su argomenti scomodi e che preferirebbero ignorare». In tempi di crisi ci si rifugia in cose già fatte o si prova a sperimentare? «Di sicuro la paura che si respira in questo momento di crisi si ripercuote profondamente sulla sperimentazione. C’è la tendenza a non osare ma è una cosa che si deve assolutamente cercare di combattere».

LA CREATIVA Insignita di diversi premi 1977 È nata il 30 agosto a Sesto San Giovanni

1999 Inizia a lavorare in Bbdo Italy, dove è promossa vicedirettrice creativa.

2008 Si sposta in 1861 united dove assume il ruolo di direttrice creativa. Ha conseguito diversi premi, tra i quali: Grand prix, Eurobest, Cannes Young Lions. Ha lavorato con clienti come Bmw, Mini, Pirelli, Yamaha Motor, Yamaha Marine, Lexus, Costa Crociere, Rtl 102.5, Breil, Ikea


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Uno scatto del progetto Perlana In basso: Serena Di Bruno A sinistra: immagini dallo spot Campari

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POVERA ROMA EX CAPITALE CULTURALE SEMPRE PIÙ FERITA OGGI SEMBRIAMO CAPACI SOLO DI DISTRUGGERE L’ARTE SACRA PARE SI SIA FERMATA A SECOLI FA MA LA CHIESA HA SEMPRE PARLATO IL LINGUAGGIO DEL SUO TEMPO, NON HA ALLORA PIÙ NIENTE DA DIRE? di ANDREA DALL’ASTA S. I. (DIRETTORE GALLERIA SAN FEDELE)

Oliviero Rainaldi un’immagine della statua di Giovanni Paolo II (2011) antistante la stazione Termini prima di essere “impacchettata“ per il rifacimento

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iorni fa a Roma, uscendo dalla stazione Termini, ho visto “impacchettata” la statua di Giovanni Paolo II di Oliviero Rainaldi. Per un attimo ho avuto un sussulto di speranza. Stanno forse spostando la statua in un posto più nascosto? Cosciente che si trattava solo di un’illusione, alcuni interrogativi mi hanno assalito. Perché accettare un’opera di così cattivo gusto in un posto tanto visibile? Povera Roma. Un tempo capitale della cultura, oggi è sempre più ferita. Non penso solo alla cementificazione della campagna romana, espressione di un paese incivile e corrotto, incapace di salvaguardare il proprio passato, ma anche a quanto si sta facendo per l’arte sacra. Se ogni epoca ha lasciato testimonianze straordinarie, oggi sembra che siamo capaci solo di distruggere. Visitando alcune chiese di straordinario interesse, ho potuto constatare interventi di pessimo gusto, realizzati con arredi brutti e sciatti. Come, per esempio, in Santa Maria del Popolo. Se la chiesa è un’opera d’arte, la sistemazione del presbiterio è una vera catastrofe. Tutto appare all’insegna dell’improvvisazione: ambone, altare, crocifisso. Perché si per-

mettono simili adeguamenti liturgici? Perché si accetta che questi scempi siano perpetrati accanto a opere di Caravaggio o del Carracci? Per completare gli affreschi di Sant’Andrea della Valle, che accoglie lavori straordinari come quelli del Domenichino, è stato interpellato il pittore Sergio Favotto. Dubitando fortemente della qualità dell’intervento, con patetiche tele in stile “secentesco”, resto amareggiato di fronte a scelte che segnano un ritorno senza appello al passato, come se l’arte sacra si fosse fermata a secoli fa. La chiesa ha sempre parlato nei secoli il linguaggio del proprio tempo. Non ha allora più niente da dire? Una visita al museo del Tesoro di San Pietro conferma che occorre davvero un cambio di mentalità. Oltre all’allestimento museale, vecchio e brutto, malgrado gli spazi siano potenzialmente splendidi, è sbalorditivo l’accostamento di opere antiche, di valore assoluto, a paccottiglie presentate come opere d’arte contemporanea. Meglio poi tacere sulla maggior parte delle squallide mostre di arte sacra che si svolgono nella bellissima basilica di Santa Maria in Montesanto, supposta chiesa degli artisti. Ci auguriamo solo che una seria riflessione sull’arte sacra possa avere inizio.


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Una vignetta di Zarathustra (fotomontaggio)

SUGLI SCAFFALI

LA CLASSE DI FONDERE UNIVERSI L’uomo con il sole in tasca di Cesare De Marchi passa dalla politica ai pantaloni troppo stretti della sua sequestratrice con rara leggerezza

Cesare De Marchi L’uomo con il sole in tasca Feltrinelli 189 pagine 17 euro

Torquato Tasso sarebbe orgoglioso di Cesare De Marchi. L’uomo con il sole in tasca continua una lotta contro le strette regole aristoteliche e se l’azione unica e i pochi personaggi del libro rientrano nei dettami del greco, l’unità di tempo, al contrario, si allarga spalmandosi su quattro giorni. Le ore si susseguono rapide lasciando scorrere una trama essenziale. La storia è presto detta: le nuove Brigate rosse rapiscono l’ex presidente del Consiglio Berlusconi per sottoporlo a un tribunale rivoluzionario. Nelle varie riunioni scorrono trent’anni di vita politica tutta italiana fra malefatte e crimini impuniti. De Marchi mette in scena un romanzo dove il vero si fonde con la creazione letteraria, dove il mondo intero si chiude nella stanza del prigioniero fra temi di primo ordine e banali screzi tra i tre sequestratori. Con rara scioltezza lo scrittore passa dalla politica ai pantaloni stretti, troppo stretti, della sequestratrice e grazie anche a uno stile secco e minimale riesce ad alleggerire un tema non certo superficiale. Il narratore è esterno, in tutti i sensi, con distacco descrive la semplice trama. Non ci sono giudizi ulteriori, tutto è ridotto all’osso e strettamente funzionale alla scena. L’ironia è dosata quanto basta come il sale sulla pasta, consentendo allo scrittore di uscirne pulito come un dio che, costruito un F.A.) mondo, se ne lava le mani. (F

Salvador Dalì I cornuti della vecchia arte moderna Abscondita 120 pagine 14 euro

Vittorio Sgarbi La stanza dipinta Bompiani 338 pagine 12 euro

I cornuti della vecchia arte moderna e forse il titolo dice già tutto. Il libro scritto da Salvador Dalì è in perfetto stile dell’eccentrico artista che con la stesura del testo conferma di voler essere stato a tutti i costi un testimone del suo tempo. Barocco come non potrebbe essere altrimenti, abbondante anche nello scrivere dove dopo una pioggia di parole esce una frase illuminante come: ”il minimo che si possa chiedere a una scultura è di non muoversi”. Il periodo sono gli anni ‘50 che per l’arte segnano una stagione di sperimentazione e l’affacciarsi degli Stati uniti.

Sono raccolte in questo libro una serie di saggi dedicati ai più svariati artisti, da Man Ray a Tullio Pericoli passando per Giorgio de Chirico, Renato Guttuso, e la scuola romana. Il minimo comune denominatore è la resistenza di un arte fuori dal coro e dalle mode passeggere. Sgarbi è autore anche di un altro testo in uscita, L’arte è contemporanea che ruota intorno al concetto di una contemporaneità rivolta non solo ai viventi, ma ai grandi del passato che continuano a emozionarci e con il nostro sguardo rendiamo appunto attuali.

Paolo Sorrentino Tony Pagoda e i suoi amici Feltrinelli 144 pagine 14 euro

Nel nuovo testo del regista scrittore Paolo Sorrentino ritroviamo vecchie amicizie e nuove conoscenze. Tonino, Frattini, Luigi Amitrano, Carmen Russo ed Enzo Paolo. Tony Pagoda è il protagonista dell’opera e la figura è ripresa da un personaggio creato dallo stesso Sorrentino e utilizzato per il suo primo film, Antonio Pisapia. I due combaciano in tutto, dall’essere cantanti melodrammatici cocainomani, all’avere la stessa età, 40 anni o giù di lì. In Pagoda è rappresenta un Italia fra la fine dei 70 e i primi anni ‘80 con i suoi eccessi e le sue paure.

Bonito Oliva Maria Nassisi Estetiche della globalizzazione Manifesto 180 pagg, 20 euro

Torna sugli scaffali delle librerie Estetiche della globalizzazione il testo scritto da Achille Bonito Oliva e Anna Maria Nassini. Nel libro viene tentata un’analisi sull’influenza che la globalizzazione ha avuto sulle arti e così Abo si rincammina in un territorio che gli è particolarmente consono quello dello sconfinamento, del nomadismo culturale come lo chiama lui. Ma questa volta il tutto è sorretto da una solida base filosofica merito certo della Nassisi. Viene trattata anche la tecnologia, sempre in rapporto con il mondo dell’arte.


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GIOVANNI MALAGĂ’

Storie di sport, storie di donne con Nicoletta Melone In una galleria di ritratti, il segreto dello sport al femminile Vincenti, nonostante tutto: perchĂŠ le atlete italiane hanno raggiunto negli ultimi anni traguardi eccezionali, superando pregiudizi e ostacoli maggiori dei loro colleghi maschi.


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LA STRAGE NON È DI MAGGIO

Francesco Barilli Matteo Fenoglio Piazza della Loggia Non è di maggio Becco Giallo 160 pagine 15 euro

Esce il primo volume firmato da Francesco Barilli in arte Baro, dedicato a piazza della Loggia di CHECCHINO ANTONINI

«C’

era più gente del solito. Pochi giovani, e questo mi ha stupito in negativo, ma molti giornalisti: un sussulto di dignità che m’è parso una beffa». Naturalmente Francesco Barilli, per tutti il Baro, era in aula il 14 aprile scorso a Brescia. «Se i mass media avessero seguito con costanza questo processo avrebbero dato ben altro contributo». È per questo che Barilli è diventato mediattivista attraversando i primi anni di questo secolo assieme ai parenti delle vittime di stragi, mafia e malapolizia. Sul web cura le reti-invisibili dove il trattino sta a significare l’intento di stracciare il velo dell’invisibilità che avvolge centinaia di storie. Di quel sabato in tribunale, ricorda ancora «il silenzio all’ingresso della corte» e il «brusio sommesso» seguito alla lettura del dispositivo che confermava l’assoluzione di tutti gli imputati per la strage del 28 maggio del ‘74 in piazza della Loggia. «Occhi lucidi, braccia allargate: compostezza e scoramento dei familiari, non rabbia, non sul momento, almeno. Anni fa probabilmente saremmo stati molti di più e saremmo andati proprio in piazza della Loggia a far sentire la nostra indignazione». Dall’aula di un tribunale, che ha fatto tabula rasa degli ultimi decenni di ricerca dei colpevoli, agli scaffali. In libreria è infatti appena uscito Non è di maggio, il primo volume di una “graphic


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Francesco Fasiolo Italia da fumetto Tunué 304 pagine 16 euro

novel” che Barilli e il disegnatore torinese Matteo Fenoglio hanno dedicato proprio a piazza della Loggia e che Becco Giallo ha pubblicato dopo i lavori dell’autore su piazza Fontana, sempre con Fenoglio, e su Carlo Giuliani, disegnato da Manuel De Carli. Stavolta Baro e Fenoglio hanno avuto a che fare con una materia ancora più complessa tanto che hanno deciso di darvi un respiro maggiore: due volumi. «Matteo e io – dichiara Baro – abbiamo pensato che se piazza Fontana è il punto di partenza di una fase storica, piazza della Loggia (con il treno Italicus) ne è il terminale, lo sbocco tragico. Dunque è nata l’idea ambiziosa di raccontare piazza della Loggia inserendola nel più ampio contesto del quinquennio nero 6974. La strage di Brescia ha avuto un iter giudiziario complesso: quattro istruttorie, uno stralcio, tre processi completi e uno chiuso in istruttoria: migliaia di atti processuali, con diversi uomini e scenari alternatisi sul banco degli imputati. Inoltre non ci pareva opportuno scrivere da subito del processo in corso: non volevamo che eventuali strumentalizzazioni recassero danno proprio ai familiari delle vittime. Per questo i due volumi. Nel primo, la contestualizzazione storica e gli eventi che portarono alla strage. Nel secondo, gli sviluppi processuali dal 1974 a oggi». Barilli prosegue esplicando gli espedienti narrativi adottati insieme a Fenoglio: «I lavori precedenti avevano un approccio più lirico evocativo, non erano

INDAGINE INTORNO AL FUMETTO ITALIANO Un’analisi accurata sulle sue trasformazioni in corso Le chiacchiere giornalistiche intorno al fumetto si attorcigliano intorno a un bipolarismo. Da un lato c'è chi continua a scoprire, a quasi mezzo secolo dalla nascita di Linus, che anche il fumetto è cultura. Dall'altro chi continua a celebrare il centenario del fumetto e contemporaneamente la sua crisi. La realtà è tutt'altra. Finalmente qualcuno se n'è accorto e ha costruito un libro vero, con pazienza e abilità. Italia da fumetto è destinato a diventare il testo base per comprendere la ”novelle vague” di giornalismo. Ad averlo scritto è Francesco Fasiolo, oggi poco più che trentenne ma giornalista appena fuori dal liceo. Oggi lavora nella redazione televisiva di Repubblica.it. Fasiolo ha letto quasi tutto quello che è uscito negli ultimi anni, ha incontrato autori e s'è confrontato con i critici. L’idea di fondo era indagare la mutazione negli scaffali dedicati alla letteratura disegnata: sono aumentati i giornalisti che scelgono quel linguaggio, crescono i personaggi e le ambientazioni italiane nei romanzi a fumetti. Che sia autoriale o seriale il nuovo fumetto ha sempre più voglia di agganciarsi alla realtà e, su questa linea, trova radici e compagni di strada dal ”new journalism” fino al teatro civile, contaminandosi con altri linguaggi artistici. Il libro, dunque, è un passaggio essenziale per chi voglia capire la trasformazione del fumetto nell’epoca delle diete mediatiche. La letteratura disegnata scopre una vocazione diversa dagli intenti pedagogici originali e la propria vocazione a raccontare i contesti assieme alle storie, la trama e l’ordito. (C. A.)

TUTTI HANNO APERTO IL PROPRIO LIBRO DEI RICORDI TUTTI HANNO CAMMINATO CON NOI LUNGO LE STRADE DI BRESCIA È UN’INCHIESTA SUL CAMPO

A sinistra: una tavola da Non è di maggio

prettamente giornalistici. In questo caso abbiamo cercato di fare un reportage a fumetti. Questo primo libro è un’inchiesta sul campo, ci è costato due anni di lavoro. Abbiamo seguito l’ultimo processo, intervistato alcune persone e ci siamo avvalsi del contributo di altri, tra cui Aldo Giannuli, Saverio Ferrari, Silvia Guarneri, avvocato di parte civile. Un ringraziamento speciale va a Manlio Milani dell’Associazione familiari vittime della strage. Tutti hanno aperto il proprio libro dei ricordi; tutti hanno camminato con noi lungo le strade di Brescia. È un’inchiesta sul campo». Perché usare il fumetto per una vicenda come quella bresciana e, più in generale, per questa zona oscura della storia contemporanea? Può la “graphic novel” essere una forma autonoma di indagine storica o giornalistica? «In Italia – conclude Baro – il fumetto non è ancora considerato un vero mezzo artistico o espressivo. Al massimo gli si riconosce di poter essere più appetibile per i giovani. Ogni messaggio dipende dal mezzo e va rapportato alle sue potenzialità: ogni forma espressiva è degna, se utilizzata bene e con onestà intellettuale, di essere veicolo per qualsiasi contenuto. Al limite è triste pensare che, su questi fatti, le sentenze hanno dato ben poca verità; libri, cinema e teatro (lo stiamo vedendo anche recentemente, su fatti diversissimi) con tutti i loro limiti fanno vibrare coscienze, creano dibattito».


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QUANDO IL CINEMA di MAURIZIO ZUCCARI

«Voglio che lo spettatore viva dentro al quadro»: I colori della passione di Majewski è un arazzo digitale, un banchetto estetico che fa di Bruegel un nuovo canone visivo

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a definizione più azzeccata l’ha data il New York Post: un meta-banchetto visivo. Lo sforzo creativo col quale Lech Majewski ha trasposto su tela La salita al Calvario di Pieter Bruegel da un’intuizione di Michael Francis Gibson questo è, un arazzo digitale: non sappiamo se sia la nuova frontiera della settima arte ma è certo un modo nuovo di trasporre l’arte al cinema. «Voglio che lo spettatore viva dentro il quadro», dice il regista, «che veda le persone così come sono dipinte nella tela». Detto, fatto. I colori della passione (ma meglio sarebbe stato il titolo originale Il mulino e la croce), da marzo nelle sale, fornisce agli spettatori un tour nelle Fiandre ai tempi del maestro fiammingo, concedendogli di entrare nella quotidianità meschina e grandiosa del tempo. Tre anni di lavoro tra le terre dell’Europa centrale e i cieli della Nuova Zelanda, “tableau vivant” con centinaia di comparse e ottimi attori, tra i quali l’io narrante del pittore, Rutger Hauer, Michael York nel ruolo dell’amico mecenate, Nicholas Jonghelinck, e Charlotte Rampling (Maria). Con l’usuale impasto di

computergrafica e 3d e un fondale dell’opera da lui stesso dipinto, Majewski opera una sutura tra teatro, cinema e videoarte, dando plastica visione di ciò che questa può essere sul grande schermo. Il regista polacco non è nuovo, del resto, a tali esperimenti: alla ricerca di un linguaggio cinematografico capace non solo di parlare d’arte, ma di farsi arte in sé, sulla scia d’illustri precedenti, da Greenway a Godard. Sua la sceneggiatura del Basquiat di Julian Schnabel e il Giardino delle delizie tratto dall’omonimo quadro di Bosch, premiato al festival di Roma del 2004. Sue le opere di videoarte esposte, ad esempio, al Moma di New York e alla Biennale di Venezia. Così, le vicende dei derelitti tormentati dagli sgherri dell’inquisizione spagnola, granuli di vita non troppo diversi dai chicchi di grano che le pale del mulino incessantemente macinano a picco sulla roccia, sotto lo sguardo d’un dio-mugnaio corrusco e assorto, si fanno paradigma non solo di un vissuto dove la pratica della libertà e della tolleranza religiosa è di là da venire, ma d’un banchetto visivo a tratti macabro e manierato, esempio di arte in video.


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È (VIDEO)ARTE Paladino: «Creare un film è qualcosa di analogo alla scultura ma è come plasmare con la luce» Il maestro della transavanguardia firma Quijote IL REGISTA Dalla pittura al Quijote Mimmo Paladino è nato il 18 dicembre 1948 a Paduli (Benevento), dove vive e lavora alternandosi a Roma e Milano. Pittore, scultore, scenografo, è tra i protagonisti della transavanguardia assieme a Chia, Cucchi, Clemente e De Maria. Le sue opere arricchiscono le principali collezioni pubbliche e private del mondo, fra cui il Museum of modern art e il Guggenheim a New York e la Tate gallery a Londra. Quijote è il suo primo film. Prodotto da Ananas srl, giunge in sala a sei anni dalla presentazione, nel 2006, alla Mostra del cinema di Venezia. Con Peppe Servillo e Lucio Dalla (che ne ha curato anche le musiche) e Mimmo Cuticchio voce narrante, esce nel circuito Distribuzione indipendente ed è ”on demand” su www.ownair.it

Nelle due pagine: due sequenze tratte da I colori della passione e Quijote Sopra: Mimmo Paladino, alla sua prima prova di regia

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o sempre pensato che un film non si sostituisca alla pittura, non vi si sovrapponga, è semplicemente un’altra cosa. Nello stesso tempo però se guardi nell’obiettivo, nel rettangolo della macchina da presa puoi immaginare che quello sia lo spazio della tela. Ma non solo questo. Quello che conta non è solo il momento delle riprese o della regia. Non è l’unico momento creativo. Molto avviene durante il montaggio, o la composizione delle musiche». Parola di Mimmo. Già, la musica. Quella di Lucio Dalla, al suo ultimo atto di vita e d’artista, come attore e compositore della colonna sonora nella prima prova alla regia di Mimmo Paladino con Quijote. Il maestro della transavanguardia lascia pennelli e scalpelli e dice la sua sulla settima arte. Misurandosi, come già Giovanni Grimaldi nel ‘68, con Don Chisciotte. «Per molti versi, il cinema è paragonabile alla scultura. Quando modelli una forma in creta o in gesso hai appena cominciato. Dopo c’è la fusione, la limatura, la patina. Non solo. I tempi di attesa, i tempi tecnici tra

un film e una scultura sono simili. E nel momento in cui ti fermi accade che poi rivedi il lavoro con occhi nuovi. E magari ricominci. Creare un film è qualcosa di analogo alla scultura ma è come plasmare la luce. Questo è quello che mi ha affascinato. Lavorare con la luce che si materializza, che diventa immagine, movimento, parola, suono. Probabilmente è stato proprio il confronto con la figura di Cervantes, e con i tratti sincronicamente confusi che l’hidalgo riunisce in sé: utopia, sogno, fantasia, sentimento, nobiltà, fierezza, coraggio, a mostrarmelo come possibile soggetto del mio primo film». Così, nelle parole del neoregista, nasce il Quijote costruito con un sistema di scatole cinesi, una struttura capace di restituire il gran teatro dell’hidalgo dalla nera figura, a zonzo nella terra del Sannio. Un viaggio, quello del Cavaliere della Mancia (Peppe Servillo), a cui si accompagna il fido scudiero Sancio Panza (Lucio Dalla) e l’incontro con la folla di maghi, fanciulle, imperatori nati dalla fantasia del massimo scrittore spagnolo del “Siglo de oro”, è narrato dalla mitica voce del contastorie per eccellenza, Mimmo Cuticchio.


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L’ARTE HA BISOGNO DI CONFLITTI: LA DIFFICOLTÀ DEL TESTO È LEGATA ALL’ESPRESSIONE DELLA RIVELAZIONE DEL PITTORE DI AVER FATTO UNA SCELTA SBAGLIATA

IL REGISTA E L’INTERPRETE Un collaudato duo artistico Francesco Frongia è nato a Busachi (Oristano) il 9 dicembre 1962. Da anni alterna l’attività di ”videomaker” con quella di regista teatrale. Tra lavori realizzati per il teatro dell’Elfo: i video di ”Angels in America” e le regie Nel buio dell’America dissonanze della scrittrice Joyce Carol Oates e, a quattro mani con Ferdinando Bruni, La tempesta di Shakespeare (2008), L’ultima recita di Salomé (2011). Ferdinando Bruni è nato il 23 giugno del 1952 a Gavirate (Milano). Da quando ha fondato il teatro dell’Elfo, nel 1973, lavora a tutto campo nelle produzioni della compagnia come attore, regista, scenografo e occasionalmente traduttore.

MARKROTHKO RITRATTO IN ROSSO Milano, al teatro Elfo Puccini un dramma ispirato alla vita dell’artista Frongia e Bruni portano in scena la pièce “Red” dello scrittore Jon Logan di DEIANIRA AMICO


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enso ai miei dipinti come a opere teatrali: le forme che appaiono sono gli attori sul palcoscenico” scrisse Mark Rothko nel 1948 sulla rivista artistica e letteraria “Possibilities”. La personalità complessa dell’artista diventa materia teatrale grazie alla penna dello sceneggiatore John Logan, che con la pièce “Red” si è aggiudicato sei Tony award nel 2010. A Milano una produzione del teatro dell’Elfo porta lo spettacolo in anteprima, dall’8 maggio al 3 giugno e il 15 e 16 giugno al Festival delle colline torinesi, con la regia di Francesco Frongia, Ferdinando Bruni nel ruolo di Mark Rothko e Alejandro Bruni Ocaña interprete di Ken, giovane assistente del maestro. Il dramma è ambientato nel biennio 1958-1959, quando Rothko ottenne la commissione della decorazione murale per il lussuoso ristorante “The four season” di New York, all’interno del Seagram Building, disegnato da Mies van der Rohe, momento chiave della carriera dell’artista in cui emerge l’incompatibilità tra la spiritualità della sua ricerca artistica e la destinazione glamour dell’incarico. La scena si svolge nello studio dell’artista, riprodotto attraverso le foto del suo atelier di New York: al centro una tela di enormi dimensioni, rossa, permette al pubblico di entrare a far parte dell’intimità e l’umanità complessa del personaggio. «Il lavoro più impegnativo – afferma Bruni – è stato trovare una credibilità umana al personaggio, evitando di farlo apparire solo attraverso i suoi scritti, come una macchina di citazioni fine a sé stesse. Oltre al personaggio storico il testo fa emergere una grande sensibilità personale». Il dialogo tra il maestro e l’assistente si trasforma in una messa in scena della maieutica socratica: tuttavia, nello scontro generazionale, Rothko risulta sconfitto dall’incapacità di conciliare il conflitto interiore tra integrità etica e consapevolezza della natura merceologica dell’arte. «L’arte – dichiara il regista Frongia – ha bisogno di conflitti: la difficoltà del testo è legata soprattutto all’espressione della gradualità della rivelazione per Rothko di aver fatto una scelta sbagliata, accettando la commissione del “Four season”, fino alla decisione di rifiutare di installare le sue tele nel luogo per cui erano state eseguite e, infine, l’allusione al suicidio che avverrà diversi anni dopo». Lo spettacolo si compone degli elementi che lo stesso Rothko riteneva necessari alla pittura: il conflitto e la tensione, l’ironia come forma di distacco per sfuggire al destino, l’arguzia e la consapevolezza della morte. Teatro Elfo Puccini, Milano. Info: www.elfo.org

BATTISTON È MACBETH In anteprima a Torino Se nel 2009 vince il premio Ubu come miglior attore italiano, due anni dopo gli viene assegnato il Pegaso d’oro premio Flaiano per la sua interpretazione in uno spettacolo dal titolo Diciottomila giorni, il pitone. Parliamo di Giuseppe Battiston, interprete di spessore che anche al cinema fa incetta di riconoscimenti e se sul grande schermo non ha avuto paura di interpretare il Messia, sul palcoscenico, dopo aver raccontato Orson Welles a modo suo, ha registrato una serie di ”sold out” in giro per l’Italia con Gianmaria Testa in Diciottomila giorni. Da un testo originale a un classico, Battiston sfida se stesso e ora per il 2012 sceglie un debutto in grande stile: il 15 maggio al teatro Carignano di Torino porta in scena, in prima nazionale, ”Macbeth” di William Shakespeare con la regia di Andrea De Rosa. Repliche previste fino al 3 giugno. Info: www. teatrostabilet orino.it (Claudia Catalli)

Barbara Saba in Milonga Merini foto Manuela Giusto A sinistra: Giuseppe Battiston Nella pagina precedente: Ferdinando Bruni allestisce il palco per lo spettacolo foto Luca Piva

MILONGA MERINI Poesia tango e follia a Roma «Io direi che il tango e la milonga esprimono in maniera diretta qualcosa che i poeti spesso hanno cercato di esprimere con le parole: la convinzione che combattere può essere una festa». Con queste parole Jorge Luis Borges tratteggia i contorni del sentimento che anima uno tra i balli più sensuali e amati del pianeta. Uno spettacolo teatrale, Milonga Merini, in programma al teatro Ambra alla Garbatella di Roma dal 15 al 27 maggio, porta sul palco la sana follia delle poesie di Alda Merini, scomparsa recentemente, insieme con la passione che caratterizza i passi della milonga. È una giovane Merini, interpretata da Barbara Saba, quella che accoglie gli spettatori nella sua milonga e che regala ricordi di momenti belli o tristi, racconti e amori. Ad accompagnarla sul palco un ballerino di tango, la cantante uruguayana Ana Karina Rossi, una delle più prestigiose interpreti di tanghi e milonghe e il Trio de la Sombra, un raffinato organico di tre musicisti. «La musica, per me – dichiara la regista Carmen Giardina – è quasi sempre lo stimolo più forte per creare una scena, non a caso sono passata dal punk al tango. Mi trovo a mio agio con il linguaggio della musica, non solo in senso stretto. In questo spettacolo, infatti, faccio ricorso anche a un accurato lavoro sui suoni, effetti sonori e sonorizzazioni. Info: ambragarbatella.blogspot.com (G. B.)


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IL SAPORE ONIRICO DEL RITMO Il pan del diavolo conquista con il secondo album Spirito d’altri tempi per un ”sound” rock e psichedelico di SIMONE COSIMI

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e non fosse pleonastico, visto che si fanno chiamare Il pan del diavolo, che come recita un proverbio siculo è alimento sempre avvelenato, del duo musicale siciliano più chiacchierato degli ultimi due anni basterebbe sottolineare l’alto tasso luciferino. E sexy. Fine, non servirebbe aggiungere altre etichette o attributi. Il loro mix d’esordio – il primo album, senza contare l’ottima accoglienza registrata da Sono all’osso, Ep pubblicato nel 2010 – è devastante per il suo carico di energia distillata. Dissimulatoria, onirica e sognante. Una tensione che ammalia senza che chi la addenta se ne accorga completamente. Tutto grazie a un’alternanza di scatenate tirate e cullanti discese sonore da scompigliare i capelli all’ascoltatore, facilitandogli un certo (salvifico) smarrimento psicofisico. Una musica, quella timbrata Il pan del diavolo, che sembra sbarcare almeno da un’altra epoca, se non da un altro mondo, più vicino alle latitudini del Mid-West statunitense o alla sperimentazione nordeuropea che a quello della caotica e mediterranea Palermo. Se non della fantomatica e cosiddetta scena indipendente italiana. La polvere del titolo pare invece quella accumulata sulle chitarre e la grancassa di Pietro Alessandro Alosi e Gianluca Bartolo, entrambi classe 1985, che macinano un “alt-rock” così vecchio per la loro età ep-

pure così innovativo. O almeno affascinante. All’unisono, i due confidano la loro filosofia. Piombo, polvere e carbone: perché questi tre elementi, per giunta non troppo salutari, ficcati nel titolo? «Piombo polvere e carbone è l’inizio della formula magica del disco, un hocus pocus che dà il via all’album. La musica aiuta la terapia e la trance, quindi una formula magica, una preghiera, sono il giusto inizio per chiudere gli occhi e iniziare a sognare. Nella finzione si usavano ali di pipistrello e roba del genere, nel rock‘n’roll noi abbiamo scelto piombo polvere e carbone». Un duo che sprigiona la potenza di un supergruppo d’altri tempi: dove trovate la carica? «Se lo spirito di altri tempi era quello di suonare fino a sanguinare, di rinunciare a tutto per il proprio racconto e fare tutto mentre si ama il proprio progetto direi che potrebbe essere proprio uno spirito di altri tempi ad alimentare la nostra energia. In più abbiamo sempre lavorato con la collaborazione di ottimi musicisti, tecnici e arrangiatori, cercando il massimo. Effettivamente siamo abbastanza cocciuti». Se doveste spiegare le vostre portentose cavalcate oniriche con un’etichetta, cosa scegliereste? «Con l’unica etichetta che ci sta simpatica. “Psycho billy”. Credo».

I due componenti del Pan del diavolo Pietro Alessandro Alosi e Gianluca Bartolo foto Cecilia Ibanez A destra: Ludovico Einaudi


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IL DISCO Piombo, polvere e carbone Piombo, polvere e carbone è la prima prova sulla lunga distanza per Il pan del diavolo, duo palermitano composto da Pietro Alessandro Aloisi (voce, chitarra e grancassa, nato a Palermo il primo aprile 1985) e Gianluca Bartolo (chitarre, palermitano nato il 10 gennaio 1985). Undici tracce per quaranta minuti d’atmosfere oniriche e maledette, veloci e spiazzanti, fra psichedelia, rhythm and blues e post-rock. Pubblicato per La tempesta dischi (la stessa dei Tre allegri ragazzi morti) e distribuito da Venus, l’album arriva a un paio d’anni dall’esordio, Sono all’osso, che li ha proiettati nell’universo dei gruppi indipendenti più interessanti – strepitosa l’accoglienza della critica - ed è stato arricchito da un tour di oltre ottanta date. A maggio suonano il 5 a Cagliari (Linea Notturna), l’11 a Castelnuovo (Verona, teatro Malkovic), il giorno dopo a Brescia (Vinile 45) e il 19 a Varese (Fuori chi legge). Info: www.ilpandeldiavolo.it

SIAMO MUSICISTI, NON PISTOLERI QUI IN SICILIA, VOLENTI O NOLENTI VENGONO FUORI MISTURE DIVERSE

“Outsider” della scena indipendente, suonate e sembrate fuori dagli schemi: da dove venite, umanamente e musicalmente? «Aggiungerei anche il fatto che geograficamente siamo cresciuti in Sicilia, dove non puoi toccare con mano quello che succede nella scena indipendente e quindi volente o nolente vengono fuori delle misture diverse, misture umane e nel nostro caso anche musicali. In generale siamo partiti con l’intento di dare voce alla musica italiana che stava soffocando, quella sincera, quella che non schiaccia l’occhio al successo facile. Racconti in italiano, basi rock‘n’roll o psichedeliche. Riprendere il filo creativo della vera musica italiana che a parte poche eccezioni si era interrotto negli anni Ottanta. Credo che come noi adesso ci siano molte band che vogliono farlo e negli ultimissimi anni gira, almeno sul palco e sul web, molta più musica di quella che si crede». Rinnovare l’approccio folk-rock con una punta di psichedelia, rhythm and blues e altrock: questa la ricetta? «Questi elementi ci hanno educato alla musica anche se non sono solo quelli. A guidarci più che una ricetta è uno spirito. Ok le ricette e le orchestrazioni musicali ma preferiamo sempre correre a briglie sciolte». Armati di sole chitarre e grancassa, vi sentite i nuovi pistoleri del western metropolitano nostrano? «Siamo musicisti, non pistoleri».

IL POETA E IL PIANISTA Poe e Einaudi all’Elfo Puccini In fondo la poesia è musica e le parole non sono altro che note. Se poi il musicista è Ludovico Einaudi e il poeta Edgar Allan Poe non si sa davvero chi ascoltare. Al teatro Elfo Puccini di Milano, con l’unica data del 15 maggio, il pianista e lo scrittore si incontrano di nuovo. Sì, perché il compositore milanese ripropone una sua opera dedicata proprio al maestro dell’horror e fra melodie sospese e accordi in sordina ci sono video e frammenti di film dedicati al poeta. L’”ensemble” è diretto da Carlo Boccadoro. Info: www. el fo. org (F. A.)


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IL MOTTO DI SPIRITO COME OPERA D’ARTE E LA CRISI DELL’IDEA AVERE IDEE, DA TRE QUARTI DI SECOLO A QUESTA PARTE, SEMBRA ESSERE DIVENTATA LA PREROGATIVA PER UNA CARRIERA DI SUCCESSO IN MOLTI CAMPI SOPRATTUTTO DOVE QUESTE SI SOVRAPPONGONO

di ALDO RUNFOLA (ARTISTA)

Yukio Fujimoto “Delete (The beatles/please please me)”, 2007 foto Kiyotoshi Takashima cortesia dell’artista e Shugoarts

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e penso a un fenomeno che l’epoca moderna ha generato è la cattiva luce in cui ha messo le idee, il discredito in cui ha gettato l’idea, o forse sarebbe meglio dire l’idea di idea. Avere idee, da tre quarti di secolo a questa parte, sembra essere diventata l’indispensabile prerogativa per una carriera di successo in molti campi, soprattutto in quei settori dove l’idea e gli apparati tecnici tendono a confondersi e a sovrapporsi. “Date le premesse, mi è venuta l’idea di fare così”. Chi non ha pensato una cosa simile almeno una volta? L’idea sarebbe qualcosa di estemporaneo che riguarda l’ispirazione del momento, non il processo del pensiero, la reazione a una situazione che probabilmente resterà senza conseguenze, non l’espressione di un pensiero che elabora il proprio oggetto col maggior rigore possibile. Qualche volta l’uso dell’idea, secondo questa accezione, produce ciò che potrebbe definirsi una battuta, la traduzione letterale di un asserto elementare in forma di immagine; qualche volta, solo un gesto. Nell’oggetto in cui prende corpo l’idea si afferma un’opinione, la forma di un giudizio indi-

NEXT STOP

viduale. Nulla di strano, nell’ambito di una discussione tra amici, degno di nota, se l’opinione in quanto puro asserto, senza elaborazione concettuale o approfondimento teoretico, tradotta in linguaggio estetico, immessa nel mercato, assume valore economico grazie a una massiccia campagna pubblicitaria. Può accadere allora che una comune battuta di spirito, alla quale non si presterebbe attenzione, venga venduta a cifre consistenti sotto forma di opera d’arte. Merito di Marcel Duchamp, certamente, merito del mercato e della socializzazione universale. Non tutto però è coerente e privo di ostacoli; allorché un funzionario qualsiasi dell’agenzia pubblicitaria dominante affermi che l’oggetto offerto in vendita è da considerare capolavoro, quando cioè si tratti di stabilire le sue qualità estetiche, reali, non presunte, oltre e indipendentemente dal fatto che concordino in molti nel credere che ne possieda o non costerebbe tanto, sorgono difficoltà. Qui sarebbe d’obbligo il rigore, uno sforzo di pensiero combinato a una prosa che sia almeno avvincente, se proprio non riesce a convincere; soprattutto, maggior rispetto per il lettore.

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ITALIA, LA CRISI VISTA CON GLI OCCHI DEGLI ARTISTI

BERENGO GARDIN ULTIMI SCATTI DA UN MAESTRO

MAXXI, CAM, RISO COSA FARE PER I NOSTRI MUSEI

NUOVI MECENATI DALLA FRANCIA CON PASSIONE


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Jean-Marc Bustamante, Villa Medici

5 febbraio – 6 maggio 2012 da martedì a domenica 10.45-13.00 / 14.00-19.00 giovedì fino alle 21.00 [lunedì chiuso] foto © Claudio Abate

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Accademia di Francia a Roma – Villa Medici Viale Trinità dei Monti, 1 – 00187 Roma info [+ 39] 06 67 61 1 – www.villamedici.it catalogo


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AI FERRI CORTI AI FERRI CORTI

17-04-2012

GUIDO TALARICO EDITORE

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Poste italiane spa spedizione in a.p. 70% Roma

ANNO 9 # 86 MAGGIO 2012

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KNITTING ART IL MOVIMENTO SBARCA IN ITALIA

ROMA CONTEMPORARY ALLA PELANDA

CRISTINA GARDUMI IL (DI)SEGNO COME UN’ARMA

IMPARARE E GIOCARE CON L’ARTE

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