INSIDEART online
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ARTIGIANI SENZA FAMA Come è cambiato l’artista dal Medioevo ai primi del Novecento e come si è trasformato a livello sociale e intellettuale il suo ruolo? Lorenzo Madaro
How has the artist changed from the Middle Ages to the early 20th century, and how has his role changed on the social and intellectual planes?
CRAFTSMEN WITH NO FAME FOCUS
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Philip Galle, A Painter’s Workshop, 1595, Rijksprentenkabinet, Amsterdam
INVISIBILI MA INDISPENSABI LI (MANIFESTAZIONE
INVISIBLE BUT IND
ARTISTI 2020)
ISPENSABLE (ARTIS T DEMONSTRATION
Artifex e magister: nei documenti medievali quelli che oggi chiameremmo artisti vengono indicati con questi termini. In epoca medievale, infatti, le attività connesse alla macro sfera dell’artifex erano distinte dalle artes liberales, di contenuto scientifico e intellettuale, e inserite invece tra quelle meccaniche. Il magister opera per una progettualità più ampia, corale, al servizio di un committente e soprattutto di una pluralità che include ovviamente singole maestranze. Un impegno destinato molto spesso alla celebrazione di una sfera divina, visto che le committenze erano per lo più di carattere religioso. “Del Medioevo – ha precisato lo scrittore e saggista Adriano Napoli – abbiamo perduto e dimenticato molto, ciò è vero ma indubbiamente riduttivo. Quanti dei manufatti medievali sono firmati? Pochi, pochissimi. Perché? Forse il committente non gradisce. O forse non rientra affatto nell’orizzonte mentale dell’artista tramandare il suo nome”. Manca difatti all’artista medievale un’autonomia intellettuale, l’artista vive nell’anonimato e, solo in rari casi e con molta fortuna la sua fama viene raggiunta dopo la sua morte. “Egregius Odo magister explerit Me-
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Artier and Magister: in medieval documents, they were what we call artists today. In the Middle Ages, an antefix could be a craftsman as much as an artist, a performer and a practitioner of any art, whose professional activities were more of mechanical nature than closely related to liberal arts of scientific and intellectual content. On the contrary, a magister generally worked at the service of a client and, above all, was engaged in professional activities that required the work of different laborers. Quite often, the multiplicity of skills were put to the services of divine celebration, given that the commissions were mostly of a religious nature. “We have lost and forgotten a lot about the Middle Ages, and this is as much true as it is an understatement – explains writer and essayist Adriano Napoli. How many of the medieval artifacts are signed? Few, very few. Why? Perhaps the client did not like it. Or perhaps the artist himself did not care about consigning his name to posterity”. Indeed, medieval artists were not afforded intellectual independence; they lived in anonymity and, only in rare cases and with great luck, was fame achieved posthumously. “Egre-
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tensi fotus in urbe quiescit”, indica ad esempio l’iscrizione postuma di Oddone di Metz, architetto della Cappella Palatina di Aquisgrana, che ben chiarisce come l’operato di questa nascente professione inizi ad acquisire valore e dignità nell’opinione pubblica. Così come sul lato posteriore dell’altare d’oro in Sant’Ambrogio a Milano, l’autoritratto di Vuolvinio “Magister faber” che viene incoronato dal santo patrono della basilica esemplifica la nuova considerazione data all’artista. Siamo ancora nel IX secolo e questi sono casi fortuiti, per certi versi. Nei fatti bisognerà attendere l’XI secolo per poter assistere a uno sviluppo più concreto di questa nuova consapevolezza. Pensiamo a Buscheto, autore-architetto della cattedrale di Pisa. Siamo nella seconda metà del secolo, la sua tomba viene inclusa nella facciata occidentale dell’edificio, con straordinaria visibilità. Sul finire del secolo Lanfranco a Modena compare quale “ingegnoso, dotto” su un’iscrizione coeva e, contestualmente, compare anche l’esaltazione dello scultore Wiligelmo: “Quanto sis dignus onore claret scultura nunc Wiligelme tua”. Passa il tempo e il ruolo dell’artista acquisisce ulteriori sguardi. In Italia soprattutto, con la nascita dei primi comuni si sviluppa un’attenzione diversa nei confronti dell’artista anche da parte di quella che potremmo definire proto-borghesia. Ed è così che nomi come Cimabue e Giotto vengono finanche citati da Dante nella Divina Commedia e Simone Martini è ritratto in ben due sonetti del Petrarca. È complesso ripercorrere
gious Odo magister explerit Metensi fotus in urbe quiescit”, reads the posthumous inscription of Odo of Metz, architect of the Palatine Chapel in Aachen, which makes it clear how the work of this nascent profession began to acquire value and dignity in public opinion around this time. Likewise, on the back side of the golden altar in the Basilica of Sant’Ambrogio in Milan, we can admire the self-portrait of Vuolvinio “Magister faber”, whose crowning by the Basilica’s patron saint exemplifies the new status afforded to the artist. We are in the ninth century, and such cases are mostly fortuitous. Indeed, we must wait until the eleventh century for greater awareness of the artist to begin to solidify. Let’s think of Buscheto, author-architect of the Cathedral of Pisa. We are in the second half of the century, his tomb was interred in the western façade of the building, where it had extraordinary visibility. At the end of the century, Lanfranco in Modena was remembered as “ingenious, learned” on a coeval inscription and, at the same time, sculptor Wiligelmo was celebrated as: “Quanto sis dignus honor claret sculpture nunc Wiligelme tua”, an artist worthy of the honour bestowed upon him. With passing time, artists were given more attention. In Italy, greater attention is nurtured towards artists by the so-called proto-bourgeoisie, particularly at the time of the birth of the first municipalities. And that is how names like Cimabue and Giotto received mentioning by Dante in his Divine Comedy, and Simone
CULTURE DO
ESN’T FEED
François-Joseph Heim, Charles X awarding prizes at the 1824 Salon, 1827, Louvre Museum, Paris
CON LA CULT U R NON SI MANG A IA (GIULIO TREM
ONTI)
Jean-Michel Basquiat pictured in his Studio with Flexible,1986, photo Lizzie Himmel, courtesy The Estate of Jean-Michel Basquiat 2018
JEAN MICHEL BASQUIAT
cur at
Jean Michel Basquiat trova il suo spazio nel mercato dell’arte alla fine del ’900, scardinando un sistema dominato da uomini bianchi. Personalità fuori dagli schemi, è autore di un cosmo in equilibrio su un filo che separa i salotti dell’Upper East Side di New York con i club dell’East Village. Pur non volendo essere ricordato come un artista nero, Basquiat mostra al pubblico il volto della comunità afroamericana. Nelle sue opere vive una “memoria culturale” che contamina un immaginario newyorkese con influenze africane. SAMO, l’acronimo con cui si firma per le strade della Grande Mela, è il principio di una ricerca sul mondo reale, segnato da ingiustizie razziali, che accompagnerà tutta la sua breve e folgorante carriera. Basquiat è un’icona e le opere di questo giovane creolo sono ancora in grado di farsi stendardo di una lotta alla discriminazione che dura da secoli. Jean Michel Basquiat found his place in the art market at the end of the 20th century, unhinging a system dominated by white men. Out-of-the-box personality, he is the author of a cosmos balanced on a thread that separates the living rooms of New York’s Upper East Side from the clubs of the East Village. Though not keen on being remembered as a black artist, Basquiat shows the public the face of the African American community. His works embody a “cultural memory” that contaminates a New York imaginary with African influences. SAMO, the acronym with which he signs his work on the streets of the Big Apple, is the principle of a research on the real world marked by racial injustices, which accompanied his short and dazzling career. Basquiat is an icon, and the works of this young Creole artist still serve as the banner of a fight against centuries-long discrimination.
tutti i cambiamenti storico-sociali che hanno portato all’affermazione del ruolo dell’artista; lo storico dell’arte Enrico Castelnuovo in merito ha scritto pagine fondamentali. Le corporazioni diventano spazi fondamentali per l’organizzazione del lavoro e, in un certo senso, fungono da veri e propri sindacati anche se nei fatti perimetrano gli artisti in un’orbita ancora troppo poco intellettuale. Già dai primi del Trecento, ad esempio, i pittori si associano all'Arte dei Medici e Speziali, pur restando relegati a un ruolo subalterno rispetto a chi forniva loro le materie prime per il lavoro. È con l’arrivo del Rinascimento che si assiste a una vera e propria rivoluzione, che riguarda per lo più il contesto. Dalle botteghe, in cui vi è una rigida organizzazione del lavoro tra artista, assistenti e apprendisti, si passa poi alle corti, che oggi, con un po’ di fantasia, potremmo definire residenze d’artista. Leonardo da Vinci può essere considerato una delle prima figure complete di artista e intellettuale in senso moderno, attorno al quale ruotava quello che era un nuovo sistema di produzione e commissione del lavoro: il mondo mecenatistico. Altre figure chiave nel panorama artistico segnano in modo indelebile la storia, figure chiave che personificano ruoli estremi, maledetti, contribuendo all’affermazione di un personaggio totalmente fuori da ogni canone. Pensiamo a Caravaggio e alla sua rocambolesca vita, che i suoi biografi tracciano con specifico rigore (sulla letteratura artistica, soprattutto quella sulle Vite, prima e dopo Vasari, ci
Martini is portrayed in two sonnets by Petrarch. It is complex to retrace all the historical-social changes that led to the affirmation of the role of the artist; art historian Enrico Castelnuovo wrote seminal works on this subject. Corporations became fundamental loci for the organisation of work and, in a certain sense, functioned as real trade unions even if, in fact, they placed artists in an orbit that was still too little intellectual. As early as the early fourteenth century, for example, painters were associated with the Art of the Medici and Speziali, while remaining relegated to a subordinate role compared to those who provided them with the raw materials for their work. It is with the Renaissance that we witness a real revolution in the artistic field. From the workshops, in which the activities of artists, assistants and apprentices were rigidly organised, we move on to courts, which, with a little imagination, we could define artist residences. Leonardo da Vinci can be considered one of the first all-round artists and intellectuals in the modern sense; a new system of production and commissioning of work gravitated around him: it was the patronage world. Other key figures in the artistic panorama indelibly left their mark in history, key figures who personify extreme, cursed roles, contributing to the affirmation of out-of-the box characters. Let’s think of Caravaggio and his daring life, which his biographers retrace with specific rigor, highlighting flickers and antinomies, deeds and works with the same pathos
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ter of Art X as
Black (artists’) lives matter
by Luiss M ed
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Artemisia Gentileschi, Autoportrait as St Catherine of Alexandria, 1615-17, courtesy The National Gallery, London
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Nel panorama artistico fallocentrico del ’600, Artemisia Gentileschi è coraggio e audacia, talento e desiderio di giustizia. La produzione artistica di Gentileschi è il grido soffocato di una donna, è l’intensità della sua lotta nei confronti della violenza maschile dominante nell’epoca barocca, che la vede incredibilmente resistente in tutta la sua fragilità. Nel suo lavoro emergono quei sentimenti legati agli episodi che hanno segnato la sua vita: in Giuditta che decapita Oloferne sembra possibile avvertire l’ira di non veder riconosciuti, in quanto donna, i propri diritti, proprio come accadde in seguito al processo relativo alla violenza sessuale subita nel 1611. In un’epoca in cui l’immagine di una donna affondava le sue radici nella sola difesa dell’onore, l’artista romana ebbe lo spirito di continuare a percorrere la sua strada: fu la prima donna ad essere ammessa all’Accademia del disegno di Firenze e un’antesignana del femminismo moderno. In the phallocentric art scene of the 17th century, Artemisia Gentileschi is courage and audacity, talent and desire for justice. Gentileschi’s artistic production is the suffocated cry of a woman and the intensity of her struggle against the dominant male violence in the Baroque era, which she resisted in all her fragility. Her work gives a voice to those feelings that marked her life’s vicissitudes: in Giuditta che decapita Oloferne, we feel her anger for not having her rights, as a woman, recognized, just as it happened following the trial for the sexual abuse she suffered in 1611. At a time when the image of a woman had its roots in the sole defense of honor, the Roman artist had the spirit to continue following her path: she was the first woman to be admitted to the Florence Academy of Art, and a forerunner of modern feminism.
sarebbe tanto da scrivere, ma una lettura del dello storico dell’arte austriaco Julius von Schlosser è un ottimo rimedio per colmare tale vuoto), evidenziando guizzi e antinomie, gesta e opere con lo stesso pathos che si riserva agli eroi moderni. E ancora celebri esempi di questo percorso alla ricerca dell’identità d’artista sono Bernini, Borromini, Reni, Rubens, Carracci, Rembrant ma anche chi è venuto prima e dopo di loro, da Mantegna a Rosalba Carriera. Quest’ultima spadroneggia nel Settecento con i suoi pastelli dai toni forti e insieme impalpabili, rivelando ed eternando l’eleganza aristocratica di cui il nuovo secolo si fa portatore sano. Il fatto che sia donna, inoltre, merita un altro capitolo fondamentale, quello del ruolo terribilmente secondario delle donne nell’arte, purtroppo, per certi versi, ancora oggi radicato nella società e nelle istituzioni. Basta pensare all’ennesima mostra tutta al femminile presentata di recente alla Galleria Nazionale, Io dico io. I say I., titolo ispirato alla straordinaria Carla Lonzi che purtroppo resta forse un’occasione persa per una riflessione profonda sulla questione di genere. Anno paradigmatico per una nuova rivoluzione è il 1855: Gustav Courbet inaugura un’esposizione personale parallela a quella del Salon ufficiale, in cui mette in mostra i lavori rifiutati dalla giuria accademica. Un gesto che funge da spartiacque, un momento che cambia per sempre la storia dell’arte. Da quel momento nascono i cosiddetti Salon des refusés, che nei
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reserved to modern heroes (on artistic literature, especially that of the Lives of Caravaggio, before and after Vasari, there would be much to write, but a reading of Austrian art historian Julius von Schlosser is an excellent remedy to fill this void). Other examples of this journey in search of a professional identity are Bernini, Borromini, Reni, Rubens, Carracci and Rembrant, without forgetting those who came before and after them, from Mantegna to Rosalba Carriera. The latter dominates in the eighteenth century with her pastels with strong yet impalpable tones, revealing and eternalising the aristocratic elegance of which the new century is a healthy bearer. The fact that she is a woman also allows addressing another fundamental chapter underscoring how female artists had been relegated to a secondary role, a reality which, in more ways than one, still holds true today. Just think of the umpteenth all-female exhibition recently presented at the National Gallery, Io dico io. I say I., a title inspired by the extraordinary Carla Lonzi who, regretfully and arguably, remains a missed opportunity for a in-depth reflection on the gender issue. The year 1855 is the paradigmatic year for a new revolution: Gustav Courbet inaugurated a personal exhibition parallel to that of the official Salon, in which he put on display works rejected by the academic selection panel. It was a watershed moment that changed the history of art forever. From that moment, the so-cal-
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ARTEM ISIA GENTI LESCH I
La leggerezza del segno come arma Lightness of the sign as weapon
by Luiss M ed
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Bas-relief, Nanni di Banco, Orsanmichele church, Florence
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I NOSTRI ARTISTI CHE CI FANNO DIVERTIRE (GIUSEPPE CONTE)
OUR ARTISTS WHO MAKE US
HAVE FUN
fatti inaugurano il circuito alternativo dell’arte. Il collezionismo diventa una pratica cara anche ai borghesi e il mercato dell’arte, grazie all’impegno di personaggi mitici come Ambroise Vollard, imprenditore e gallerista francese, inizia a radicarsi con proprie specifiche regole. Gli artisti amplificano il proprio ruolo organizzandosi in autonomia rispetto al sistema (basta pensare a ciò che fanno gli impressionisti quando decidono di riunirsi esponendo nello studio del fotografo Nadar). La piena consapevolezza del proprio ruolo intellettuale fa adesso i conti anche con la coscienza di un proprio ruolo in quello che oggi definiamo sistema dell’arte. Pablo Picasso in questo è un pioniere: ha rapporti con le gallerie, sviluppa un proprio impegno specifico nella gestione del proprio mercato e assume, sin dall’epopea cubista, un atteggiamento maturo rispetto al ruolo dell’artista nella società. Se in età medievale il valore di un’opera era quantificato soprattutto in base alla tipologia di materiali impiegati, con il tempo sono cambiati i canoni del collezionismo e di quello che poi diventerà il mercato dell’arte. L’artista è intellettuale tra gli intellettuali (d’altronde bastava recarsi una mattina qualsiasi di un giorno qualsiasi del 1910 in una caffetteria parigina di Montmartre per comprendere l’atmosfera che si respirava). Pittori, scultori, scrittori e poeti si ritrovavano per concepire nuovi immaginari e per rivoluzionare, ancora una volta, il proprio ruolo nella società.
led Salon des refusés were born; in essence, they inaugurated an alternative venue to display art. Collecting art became a preferred bourgeois practice, as the art market, thanks to the commitment of mythical characters such as Ambroise Vollard, French entrepreneur and gallerist, began to take root with its own discrete rules. Artists amplified their role by organising themselves independently from the system (just think of what the Impressionists did when they decided to get together and exhibit in the studio of photographer Nadar). Full awareness of one’s own intellectual role now also comes to terms with the awareness of one’s own role in what we now call the art system. Pablo Picasso pioneered this new-found consciousness: he engaged with galleries, defined his own specific commitment in the management of his own market and, since the start of the Cubist experience, took on a mature attitude vis-à-vis the role of the artist in society. If, in the Middle Ages, the value of a work was quantified above all on the basis of the type of materials used, over time the canons of art collecting and the modern-day art market have changed. An artist becomes an intellectual among intellectuals (after all, a morning visit to a Parisian café in Montmartre in 1910 would be enough to savour the flair surrounding it). Painters, sculptors, writers and poets came together to conceive new imaginaries and to revolutionise, once again, their role in society.
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Marina Abramović, Art must be beautiful…Artist must be beautiful…, 1975, video still, courtesy Center For Art and Media Bild Kunst, Bonn
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Nei primi anni del ‘900 iniziano le prime sperimentazioni artistiche sul corpo, che prendono poi piede a pieno titolo negli anni ’60 con il nome di Performance Art. La barriera pubblico/artista, arte/realtà decade; il corpo, non più metafora, si fa tela, argilla. I nuovi volti sono molti, da Chris Burden a Gina Pane fino a Marina Abramović, che spinge la sua arte agli estremi del possibile. Rhythm 0 segna la rottura definitiva tra un’arte contemplativa e una partecipativa. L’artista presta il suo corpo immobile, come oggetto tra i tanti appoggiati su un tavolo. Si arriva così a un climax inatteso: una pistola alla mercé dei visitatori viene messa nella mani dell’artista, il dito pronto a premere sul grilletto. È un panorama di totale anarchia: regole istituzionali, etiche e morali decadono per lasciare spazio a un’espressione artistica priva di limiti e, soprattutto, priva di un’autorialità troppo stringente. È il pubblico, insieme all’artista, a plasmare i significati dell’opera. The first artistic experiments on the body began in the early 1900s, to eventually go full steam in the 1960s under the name of Performance Art. The public/artist, art/reality barrier fell away; the body, no longer a metaphor, becomes canvas and clay. Many new faces, from Chris Burden to Gina Pane and Marina Abramović, push art to the extremes of what is possible. Rhythm 0 marks the final break between a contemplative and a participatory art. The artist lends her immobile body, as one of the many objects placed on a table. This leads to an unexpected climax: a gun at the mercy of the visitors is placed in the artist’s hands, the finger ready to press the trigger. It is a panorama of total anarchy: institutional, ethical and moral rules fall, paving the way to a boundless artistic expression, and, above all, without an overly stringent authorship. It is the public, together with the artist, who shapes the meanings of a work.
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Magister Collinus, The apothecary's shop, XV-XVI century, Issogne Castle
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A N I R Ć MA MOVI RA B A
Il corpo si fa arte The body becomes art
by Luiss M ed
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Giulio Alvigini, 2021, cover focus (p.55) Giulio Alvigini, sui social Make Italian Art Great Again, è autore della cover del focus. Nel 2020 ha pubblicato il libro Manuale per giovani artisti (italiani semplici), meme e sistema dell’arte italiano, edito da Postmedia Books. “Gira voce — scrive Alvigini — contemporaneo sia un servo di scena, un vetrinista del lusso. Ma cosa sono gli artisti se non dei sempiterni cortigiani al servizio di qualcosa o qualcuno? Che si chiami Dio, Papa, Napoleone, regime, denaro o successo, non è sempre una forma di sudditanza? Il sistema vuole dei dissidenti incoscientemente complici. Io preferisco i saltimbanchi consapevolmente camerieri”.
Giulio Alvigini, on social networks Make Italian Art Great Again, is the author of the Focus cover. In 2020 he published the book “Manual for young artists (simple Italians), memes and the Italian art system”, published by Postmedia Books. "There is a — Alvigini writes — rumor that the contemporary artist is a stage servant, a luxury window dresser. But what are artists if not eternal courtiers at the service of something or someone? Whether it is called God, Pope, Napoleon, regime, money or success, isn't it always a form of subjection? The system wants dissidents who are unconsciously complicit. I prefer acrobats knowingly waiters”.
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OLTRE IL NOVECENTO Le metamorfosi dell’artista: dal cooperativismo dei gruppi novecenteschi alla solitudine digitale contemporanea Gianpaolo Cacciottolo
The artist’s metamorphoses: from the cooperativism of twentieth-century groups to contemporary digital solitude
BEYOND THE TH 20 CENTURY FOCUS
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Russolo, Carrà, Marinetti, Boccioni and Severini in front of Le Figaro, Paris,1912
Nessuna eco di modernità baudelairiana, né quel maledettismo ottocentesco che Hans Belting ci ha suggerito risiedere nella ricerca spasmodica e fallimentare del capolavoro assoluto; nessun cedimento al fascino della narrazione cine-letteraria di cui sono stati vittime, tra gli altri, Caravaggio e Modigliani. Per cercare il seme di una comunque rischiosa genealogia dell’artista italiano contemporaneo è necessario dirigersi verso le coste frastagliate del Novecento, un secolo segnato da peripezie storiche e artistiche dalle quali, in buona parte, dipendono le posture degli attuali protagonisti della scena dell’arte. Se è vero che in Italia più che altrove il peso della tradizione caratterizza le traiettorie dell’arte e degli artisti, è altrettanto vero che da questa, e dal rifiuto o messa in discussione della stessa, sono scaturite le risultanti di maggior rilievo che hanno in qualche modo attestato una presenza variamente costante dell’arte italiana all’interno di uno scenario ormai, da tempo, definitivamente globale. Il racconto di un Novecento
No echo of Baudelairian modernity, nor that nineteenth-century “cursedism” that Hans Belting suggested to us reside in the spasmodic and unsuccessful search for an absolute masterpiece; no yielding to the fascination of cine-literary narration of which, among others, Caravaggio and Modigliani were victims. To look for the seed of a risky genealogy of the contemporary Italian artist, it is necessary to head towards the jagged coasts of the twentieth century, a century marked by historical and artistic vicissitudes upon which, in large part, the postures of the current protagonists of the art scene depend. If it is true that in Italy, more than elsewhere, the weight of tradition characterises the trajectories of art and artists, it is equally true such tradition, or its rejection or questioning, has yielded the most important results that have somehow attested to a variously constant presence of Italian art within a scenario that has long been definitively global. The story of a twentieth century as a possible century
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come possibile secolo dell’arte italiana, sul quale si è interrogato Angelo Trimarco, ad esempio, passa necessariamente dall’operazione cartografica condotta da Germano Celant tra il 1981 e il 1994 mediante lo strumento, suo prediletto, della mostra, in un disegno di ricerca di affermazione internazionale che ha toccato alcune delle maggiori capitali mondiali dell’arte: Parigi 1981 (Identité italienne: l’art en Italie depuis 1959), Londra 1989 (Italian Art in the 20th Century. Pinting and Sculpture 1900-1988), New York 1994 (The Italian Metamorphosis 1945-1968). La partita per una possibile “identità italiana”, che Celant ha sempre cercato di svincolare “dal provincialismo e dal nazionalismo del genius loci” a favore di “una coscienza internazionale” (Arte dall’Italia, Milano 1988), si è giocata prevalentemente sul campo delle dicotomie e di polarità apparentemente antitetiche e spesso comunicanti: passato e futuro, tradizione e innovazione (o rivoluzione), avanguardia e neoavanguardia, individuo e gruppo o movimento. In questo mosaico il Futurismo, la Metafisica, l’Informale, poi Arte Povera e Transavanguardia sono gli spazi riconosciuti entro i quali l’artista italiano ha scoperto le proprie carte e ha cavalcato le onde in forma di adesione, di contestazione o, in alternativa, di solitaria e interstiziale coesistenza. Se Marinetti è stata la figura radicale attorno alla quale orbitava intellettualmente la
of Italian art, which Angelo Trimarco has questioned, for example, necessarily passes from the cartographic operation of Germano Celant between 1981 and 1994 through the instrument, his favorite, of the exhibition, in a research design of international success that has touched some of the world’s major artistic capitals: Paris 1981 (Identité italienne: l'art en Italie depuis 1959), London 1989 (Italian Art in the 20th Century. Painting and Sculpture 1900-1988), New York 1994 (The Italian Metamorphosis 1945-1968). The play for a possible “Italian identity”, which Celant has always tried to free “from the provincialism and nationalism of the genius loci” in favor of “an international conscience” (Arte dall’Italia, Milan 1988), mainly unfolded on the field of dichotomies and apparently antithetical and often communicating polarities: past and future, tradition and innovation (or revolution), avant-garde and neo-avant-garde, individual and group or movement. In this mosaic, Futurism, Metaphysics, Informal, then Arte Povera and Transavantgarde are the recognized spaces within which the Italian artist showed his cards, riding waves in the form of adhesion, protest or, alternatively, of solitary and interstitial coexistence. If Marinetti was the radical figure around which the dynamic Futurist line orbited intellectually, in the
Arte povera, New York PS 1, 1985, Luciano Fabro, Germano Celant e Paolo-de Grandis, photo Maria Mulas
Marcel Duchamp at Centre Georges Pompidou, Paris, 1947, photo Georges Meguerditchian, courtesy CNAC:MNAM, Dist. RMN-Grand Palais : Art Resource, NY
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Il caso, l’accadere privo di prevedibilità, diviene, grazie all’opera di Marcel Duchamp, parte integrante dell’opera d’arte. Di fronte alla crudeltà della guerra il pensiero non riconosce più credibilità alla storia, tenta invece di legittimare il caso e accoglierlo. Con “l’orinatoio”, ready-made risalente al 1917, inizia una rivoluzione nella storia delle belle arti. Il gesto artistico fa il passo in avanti anticipato dal Cubismo: diviene estremo al punto da mettere in questione l’idea stessa dell’arte per come l’immaginario collettivo era stato abituato a concepirla, si fa “non-senso”, assolutamente libero nella forma e nella grammatica. Duchamp non intende semplicemente sdoganare l’arte dalle sue ambientazioni, ma porsi a un livello dialettico con lo spettatore che implichi l’appello a tutte le sue capacità immaginifiche. Con la sua celebre Fontana l’artista umilia volutamente il codice che assiste il gusto estetico dello spettatore medio e al contempo dissacra la dimensione museale, che diverrà sipario di qualcosa di assolutamente alieno al suo contesto tradizionale. Chance, happening without predictability, becomes, thanks to the work of Marcel Duchamp, an integral part of the work of art. Before the cruelty of war, thought no longer recognizes the credibility of history, trying instead to legitimise and accept the case. The revolution in the history of fine arts begins with a readymade “urinal”, dating back to 1917. The artistic gesture takes a step forward foreshadowed by Cubism: it becomes extreme to the point of questioning the very idea of art as the collective imagination had been accustomed to conceiving it, it becomes “non-sense”, absolutely free in form and grammar. Duchamp does not simply intend to decouple art from its settings, but to place himself on a dialectical level with the viewer that implies the appeal to all his imaginative abilities. With his famous Fontana, the artist deliberately humiliates the code that assists the aesthetic taste of the average viewer and, at the same time, desecrates the museum space, which will become the curtain of something absolutely alien to its traditional context.
dinamica linea futurista, nei decenni successivi, in particolare per Arte Povera e Transavanguardia, il ruolo decisivo del critico militante ha, insieme a un sistema sostenuto allora principalmente dalle gallerie private, determinato le sorti dell’artista italiano contemporaneo. Con la caduta del muro di Berlino, le derive neoliberiste, la globalizzazione e la “bomba informatica” (Virilio) il mondo dell’arte ha conosciuto una serie di evoluzioni che a loro volta hanno promosso il format biennale come momento espositivo ufficializzante, diffuso su scala planetaria, e hanno proclamato, in sostituzione del critico, il curatore come nuovo assoluto protagonista della scena, giudice e arbitro sempre più influente dei destini degli artisti. A questo scenario va aggiunto il ruolo sempre più sporgente delle riviste, divise ormai da tempo tra la funzione di necessario supporto infrastrutturale e l’aspirazione a un attivo co-protagonismo (copertine, pubblicazioni, premi, spazi espositivi) che calamita le ambizioni e impegna le energie dell’artista contemporaneo in una misura non così distante di quanto faccia il museo, diventato nel frattempo uno
following decades, in particular for Arte Povera and Transavantgarde, the decisive role of the militant critic, together with a system supported then mainly by private galleries, determined the fate of the contemporary Italian artist. With the fall of the Berlin Wall, neoliberal drifts, globalization and the “information bomb” (Virilio), the art world has undergone a series of evolutions which, in turn, have promoted the “biennial” format as an officializing exhibition moment, disseminated on a planetary scale, and have proclaimed the curator, rather than the critic, as the new absolute protagonist of the scene, the judge and increasingly influential arbiter of the destinies of artists. To this scenario, we must add the increasingly prominent role of magazines, divided for some time between the function of necessary infrastructural support and the aspiration to an active co-protagonism (covers, publications, prizes and exhibition spaces) that magnetize ambitions and engage the energies of the contemporary artist to an extent not too far from what the museum does, which, in the meantime, has become an
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EL MARC P AM H C U D
La regola del caso The rule of chance
by Luiss M ed
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Surrealist Group, 1930
spazio sempre più elastico. Nel microclima italiano l’artista contemporaneo si inserisce, come ingranaggio essenziale, in un meccanismo sistemico segnato da iper-produzione e iper-visibilità – “L’importante è figurare quanto più possibile sulle riviste specializzate e fare comparsa alle grandi mostre”, scriveva Michaud già nel 1989 – in una dimensione di convivenza tra sfera pubblica e privata. Venuta meno la fiducia nella rivolta e nella contestazione, e la necessità di un’identità nazionale, ci si è ripiegati su se stessi e sull’importanza di sapersi costruire un profilo convincente e in continuo aggiornamento, spendibile dentro e fuori i confini e utile alle logiche dell’application, principale modalità di partecipazione a bandi, premi e programmi di residenza, spazi ineludibili per l’espressione artistica e, ancor di più, fonte primaria di sostentamento e sopravvivenza. Le parole di Tommaso Trini del 1973 su DATA risultano oggi ancora efficaci: “L’artista vive nella
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increasingly elastic space. In the Italian microclimate, the contemporary artist inserts himself, as an essential gear, into a systemic mechanism marked by hyper-production and hyper-visibility – “The important thing is to appear as much as possible in specialized magazines and be at major exhibitions”, wrote Michaud already in 1989 – in a dimension of coexistence between public and private spheres. With the lack of trust in revolt and protest, and the need for a national identity, we turned in on ourselves and on the importance of knowing how to build a convincing and constantly updated profile, usable inside and outside the borders and useful for the logic of the application, the main mode of participation in calls, prizes and residency programs, unavoidable spaces for artistic expression and, even more, primary source of sustenance and survival. Tommaso Trini’s 1973 words on DATA are still powerful today: “The art-
INSIDEART 15 FOCUS Superstudio, Hidden architecture, 1970, photo Cristiano Toraldo di Francia
BANKSY, Flying Copper, 2004, courtesy Sotheby's
cur at
I
BANKSY
by Luiss M ed
I graffiti si fanno strada nell’arte statunitense degli anni ‘70, sbarcando poi in Italia per adozione. Banksy, attraverso l’estetica delle sottoculture, riporta in auge una forma espressiva la cui forza appariva relegata ai margini della società, estranea al mondo dell’arte. I suoi stencils sono accessibili a chiunque, anche ai meno esperti, ma celano dietro una grafica minimal una forte denuncia alle ingiustizie sociali. Banksy fa dell’anonimato il suo potere, aumentando il senso di critica dietro un linguaggio comune, un’identità universale. Si muove eclettico sul filo della performance: riesce a mantenere la clandestinità creandosi notorietà nell’anonimia. Incarna l’idea dell’artista come personaggio-mito, uomo-eroe che combatte il sistema, un sistema che tende a non respingere la protesta ma ad assorbirla, inglobarla, manipolarla. Graffiti made their way into American art of the 1970s, then landed in Italy by adoption. Through the aesthetics of subcultures, Banksy brings back an expressive form whose strength seemed relegated to the margins of society, foreign to the world of art. His stencils are accessible to anyone, even the less experienced, but conceal a strong denunciation of social injustices behind minimal graphics. Banksy makes anonymity his power, increasing the sense of criticism behind a common language and a universal identity. He moves eclectically on the thread of performance: he manages to keep his secrecy by creating notoriety in anonymity. He embodies the idea of the artist as a character-myth, a man-hero who fights the system, a system that tends not to reject protest but to absorb it, incorporate it and manipulate it.
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ter of Art X as
L’invisibilità è un super potere Invisibility is a super power
INSIDEART 16 FOCUS
Amalia Ulman, Excellence&Perfection, 2014
divisione tra lavoro intellettuale e lavoro fisico-materiale, tra sfera della libertà e sfera della necessità”. Alla luce di ciò l’impatto della pandemia si è rivelato drammaticamente frontale e ha costretto l’artista a pensare e agire essenzialmente per immagini e contenuti digitali. In un mondo, quello dell’arte contemporanea, contraddistinto da mobilità frenetica e pubbliche relazioni, l’impressione è che, per quanto possano funzionare le vie telematiche, questo sia solo un periodo di forzata transizione, un intervallo imposto al termine del quale si tornerà gradualmente alle vecchie abitudini. L’artista contemporaneo, visto in un’ottica sociologica, in Italia come altrove, è un lavoratore e ha bisogno di determinate condizioni per produrre e per rispondere alle richieste di un mercato che può avere esigenze differenti da quelle artistico-intellettuali. In questo spazio di conflitti, oscillazioni, ammiccamenti e compromessi, non entra la figura del genio o del maledetto, ma piuttosto compare quella di un* ragazz* con la spina nel fianco, per dirla con Morrissey, che non potrà resistere ancora a lungo dietro lo schermo di un computer.
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ist lives in the division between intellectual and physical-material labor, between the sphere of freedom and the sphere of necessity”. In addition, the impact of the pandemic turned out to be dramatically head-on, forcing the artist to think and act essentially for images and digital content. In the world of contemporary art, characterised by frenetic mobility and public relations, the impression is that, however much the electronic ways may work, this is only a period of forced transition, an imposed interval at the end of which we will return gradually to old habits. The contemporary artist, seen from a sociological point of view, in Italy as elsewhere, is a worker and needs certain conditions to produce and to respond to the demands of a market that may have different needs from the artistic-intellectual ones. The figure of the genius or the cursed does not enter this space of conflicts, oscillations, winks and compromises; rather, what we see is the a boy/girl with a thorn in his/her side, who, to put it as Morrissey, will not be able to resist for long behind a computer screen.
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Douglas Coupland, Deep Face, 2015
Jon Rafman. photo Dan Wilton, 2014
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PROFESSIONE ARTISTA Che differenza c'è tra un medico e un artista? Il primo è un lavoro, il secondo no. Questo pensano tutti. Ma qualcosa sta cambiando Alessandro Caruso
What is the difference between a doctor and an artist? The first is a job, the second is not. This is what everyone thinks. But something is changing
OCCUPATION ARTIST FOCUS
INSIDEART 19 FOCUS
Il contesto Covid, specialmente dopo il primo lockdown, quando il Governo ha predisposto forme di sostegno a determinate categorie professionali, ha fatto riemergere la questione in tutta la sua complessità: come si inquadra nel nostro ordinamento la figura dell’artista? In effetti, il caso italiano è caratterizzato da una tendenziale fumosità di questo argomento, motivo per cui, specialmente nell’ultimo anno, si sono intensificate le energie intellettuali per cercare di dare una risposta chiara e soprattutto contemporanea a questa domanda. Come dimostra l’impegno di Alessandra Donati e Franco Broccardi, un’avvocatessa e un commercialista esperti in materia artistica, che tra le altre cose stanno sostenendo le iniziative di Art Workers Italia, la prima associazione di categoria degli artisti. Ne abbiamo parlato con loro. Giuridicamente parlando, chi è un artista per il nostro ordinamento? «Benché fin dal 2007 il Parlamento Europeo abbia richiesto agli stati membri dell’Unione europea di adottare misure volte a uniformare e tutelare la professione artistica, la figura professionale dell’artista è ancora solo marginalmente e sommariamente delineata nel nostro ordinamento. Si tratta piuttosto di una professionalità riconosciuta a livello sociale, attraverso le regole del mercato dell’arte, mentre manca una disciplina organica che individui a livello sostanziale, organizzativo e fiscale una specifica professionalità. Se nell’ambito del diritto d’autore la mancanza di una distinta definizione costituisce elemento positivo, dal punto di vista fiscale e previdenziale, invece, sarebbe necessaria l’individuazione di una specifica categoria professionale. Il diritto d’autore, infatti, non individua prerogative per la qualificazione dell’autore in quanto artista, essendo l’attivazione della tutela del diritto d’autore giustamente svincolata da riconoscimenti esterni, corporativi o di certificazione accademica: il titolo originario dell’acquisto del diritto di autore è costituito dalla creazione dell’opera, quale
The Covid-19 context, especially after the first lockdown, when the Government established forms of support for certain professional categories, has made the question re-emerge in all its complexity: how does the figure of the artist fit into our system? In fact, the Italian case is quite undefined when it comes to this issue, which is why, especially in the last year, intellectual energies have intensified in an attempt to give a clear and above all contemporary answer to this question. As demonstrated by the commitment of Alessandra Donati and Franco Broccardi, the former a lawyer and the latter an accountant with expertise in the artistic field, who, among other things, are supporting the initiatives of Art Workers Italia, the first artist-only trade association. We talked about it with them. Legally speaking, who is an artist for our legal system? «Although since 2007 the European Parliament has asked EU Member States to implement measures aimed at standardising and protecting the artistic profession, the professional figure of the artist is still only marginally and summarily outlined in our legal system. It is a professionally recognised occupation on a social plane, through the rules of the art market, but there is no organic discipline that identifies the profession at a substantial, organisational and tax-related level. If in the field of copyright the lack of a distinct definition is a positive element, from a tax and social security point of view, however, it would be necessary to identify a specific professional category. In fact, the concept of copyright does not identify prerogatives for the qualification of the author as an artist, being the activation of the protection of copyright released from
Franco Broccardi, dottore commercialista. Esperto in economia della cultura, arts management e gestione e organizzazione aziendale. È coordinatore del gruppo di lavoro "Economia e cultura" presso il CNDCEC. / Chartered Accountant. Expert in Economics of Culture, Arts Management and Business Management and Organisation. He is the coordinator of the “Economy and Culture” working group at the CNDCEC. Alessandra Donati, avvocato of Counsel in NCTM, Professore di Diritto Comparato dei Contratti – Unimib e di Legislazione di Mercato dell'Arte in NABA. / Of Counsel at the NCTM Law Firm, Professor of Comparative Law of Contracts – Unimib and of Art Market Law at NABA.
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I Han van Meegeren, 1945, photo Koos Raucamp, courtesy GaHetNa (Nationaal Archief NL)
Arrestato per aver venduto dei Vermeer a due capi nazisti nel maggio del 1945, sarebbe stato condannato all’ergastolo se non fosse riuscito a dimostrare di averli creati lui stesso. Come prova, infatti, dipinse un ultimo falso in tribunale di fronte a una giuria scettica che lo aveva già bollato come mitomane. Le opere avevano passato il giudizio positivo di due massimi esperti di Vermeer e della pittura olandese. Creò solo pezzi “autentici” e mai semplici copie o imitazioni né pastiche, evitò materiali a lui contemporanei ed ebbe l’accortezza di trovare gli stessi usati dal maestro di Delft. Raschiava tele del ‘600 senza valore per creare la base, le lavorava per produrre il craquelé finale e l’indurimento dei colori. Meegeren ha messo in ginocchio esperti, storici, collezionisti e musei importanti, pioniere di un’attenzione falsificatoria che non ha precedenti.
HENRICUS ANTHONIUS VAN MEEGEREN
Arrested for selling Vermeer’s works to two Nazi leaders in May 1945, he would have been sentenced to life imprisonment had he failed to prove that he was indeed the author of those replicas. As evidence, in fact, he painted one last forgery in court, before a skeptical jury who had already branded him a mythomaniac. The works were vouched by two leading experts on Vermeer and Dutch paintings. Van Meegeren created only “authentic” pieces and never simple copies, imitations or pastiches; he avoided contemporary materials and was careful to find the precise ones used by the Delft master. He scraped worthless 17th century canvases to create the base, and worked them to produce the final crackle and hardening of colors. Meegeren brought experts, historians, collectors and important museums to their knees, pioneering an unprecedented attention to falsification.
particolare espressione di lavoro intellettuale e si considera autore colui che viene indicato come tale. Dal punto di vista fiscale, invece, la normativa si limita a prevedere che l’artista possa rientrare nella categoria dei lavoratori autonomi». Quali sono i requisiti per definire una professione? E i vantaggi di una professione riconosciuta? «È indubbio che l’attività degli artisti visivi, così come tutta la filiera che ne discende, abbia caratteristiche peculiari e uniche e che quindi necessiti di un percorso regolamentare autonomo. Spesso si sente equiparare il riconoscimento della professione artistica con l’introduzione di un codice Ateco più specifico dell’attuale “altre creazioni artistiche e letterarie” in cui, molto genericamente, si fa riferimento all’attività di artisti individuali quali scultori, pittori, cartonisti, incisori, acquafortisti, aerografisti, così come a tutti coloro che si occupano della stesura di “manuali tecnici e della consulenza per l’allestimento di mostre di opere d’arte”. Tale classificazione non presuppone né fonda il riconoscimento di una specifica professionalità: è un qualcosa tutto da costruire ed è un percorso che stiamo portando avanti supportando AWI, Art Workers Italia, la neonata associazione che raggruppa gli artisti per dare forma a un organo rappresentativo della categoria. Non si tratta di costituire un albo né di porre
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external, corporate or academic certification acknowledgments: the original title of the purchase of an author’s right is constituted by the creation of the work, as a particular expression of intellectual work, and the author is considered anyone who is listed as such. When it comes to tax matters, however, the legislation limits itself to establish that the artist can fall into the category of self-employed workers». What are the requirements to define a profession? And the advantages of a recognised profession? «There is no doubt that the activity of visual artists, as well as the entire chain deriving therefrom, has peculiar and unique characteristics and, therefore, requires an independent regulatory process. We often hear the recognition of the artistic profession equated with the introduction of a more specific ATECO code than the current “other artistic and literary creations”, in which generic reference is made to the activity of individual artists, like sculptors, painters, cartoonists, engravers, etchers, and air-brushers, as well as to all those who deal with drafting “technical manuals and consultancy for the preparation of exhibitions of works of art”. This classification does not presuppose or posit the recognition of a specific profession: it is something to be built and a path we are pursuing by supporting AWI, Art
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I falsi originali prima della riproducibilità tecnica Fake originals before technical reproducibility
by Luiss M ed
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Paola De Pietri, Rimini Venezia, 2020
barriere all’entrata, ma creare un “luogo di appartenenza”, un’associazione, un “sindacato” se vogliamo, tramite il quale arrivare a un riconoscimento anche formale di una professione. Il requisito non è in un codice Ateco, lo ribadiamo, ma nella capacità di assunzione di responsabilità verso il proprio mestiere. Una professione riconoscibile all’esterno, riconosciuta in quanto tale, ha la possibilità, per non dire il dovere, di svolgere azioni lobbistiche a difesa della categoria, di far valere l’aumento del proprio “peso specifico” nelle contrattazioni economiche e nella formazione di standard contrattuali, di difendere i diritti di una moltitudine di protagonisti culturali che troppo spesso non hanno la possibilità di parlare con una voce sola e forte. Nel contempo tutto questo comporta obblighi di trasparenza di cui non si potrà non tenere conto». Cosa serve alla professione artistica per essere riconosciuta e tutelata in quanto tale? «La necessità di una rappresentanza giuridica per gli artisti visivi è un fatto reale: non può esserci riscontro economico e lavorativo se non si viene percepiti come portatori di valore. Senza la percezione di questo valore, che passa in primo luogo dalla definizione di ciò che si è, diventa difficile poter emergere. Si tratta di rimarcare una professionalità che si traduce in chiarezza dei rapporti lavorativi, con tutto ciò che questo comporta: una richiesta
Workers Italia, the newborn association bringing artists together in order to give shape to a representative body of the category. It is not a question of setting up a professional register or placing barriers to membership; rather, the goal is to create a “locus of belonging”, an association, a “trade union” if you like, through which to arrive at a formal uniform recognition of a profession. Let me repeat, the requirement is not to be found in the ATECO code, but in the capacity to assume responsibility towards one’s profession. An externally recognizable profession, recognised as such, has the possibility, not to say the duty, to lobby in defense of the category, to assert the increase of its “specific weight” in economic negotiations and in the formation of contractual standards, and to defend the rights of a multitude of cultural players who, too often, do not have the opportunity to speak with a single assertive voice. At the same time, all this entails obligations of transparency which cannot be ignored». What does the artistic profession need to be recognised and protected as such? «The need for legal representation for visual artists is a real fact: there can be no economic returns and employment benefits if we are not perceived as bearers of value. Without the perception of this value, which, first of all, requires the definition of what one is, it is difficult to be
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Martin Allegra, Piccolo Teatro Grassi, Milano, 2020
di trasparenza che sostituisca l’invisibilità e che permetta a nuovi artisti di crescere come soggetti economici». Uno strumento funzionale a consolidare la professione dell’artista, sotto il profilo giuridico, fiscale e sociale, dovrebbe essere il contratto. Esiste una disciplina omogenea in questo ambito? «L’artista, il gallerista e il collezionista concludono i loro affari nel mercato italiano dell’arte con una stretta di mano e con un generico affidamento della reciproca considerazione di attendibilità: la prassi degli scambi è altamente informale. Alla regolamentazione della creazione artistica, nei suoi aspetti di tutela e di circolazione, si applicano le regole e gli istituti generali del diritto, non vi è una considerazione specifica per i contratti che hanno ad oggetto in modo distinto le opere d’arte: i tipi di contratto del codice civile sono stati concepiti per il trasferimento e l’utilizzazione di merce in genere. La figura professionale dell’artista, solo marginalmente delineata nel nostro ordinamento, risulta poco responsabilizzata anche a causa della scarsa chiarezza che la stretta di mano riesce a comunicare e assicurare: in particolare risultano spesso poco chiari nel rapporto con il gallerista le modalità di finanziamento delle opere, il tipo di legame che vincola l’artista a una galleria, la regolamentazione
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seen and heard. It is a question of emphasising a profession that translates into clarity of working relationships, with all that this entails: a request for transparency that replaces invisibility and allows new artists to grow as economic subjects». A functional tool to consolidate an artist’s profession, from a legal, fiscal and social point of view, should be the contract. Is there a uniform discipline in this area? «The artist, the gallery owner and the collector finalise their business in the Italian art market with a handshake and with a generic trust in the mutual consideration of reliability: the practice of exchanges is highly informal. The rules and general institutions of law apply to the regulation of artistic creation, as it pertains to protection and circulation; there is no specific consideration for contracts that have as their object the works of art in a distinct way: the Italian Civil Code envisions types of contract intended for the transfer and use of goods in a broad sense.The professional figure of the artist, only marginally delineated in our legal system, is not held accountable also due to the lack of clarity that the handshake manages to convey and secure: in particular, the methods of financing works, the type of bond that binds an artist to a gallery, the regulation of exclusivity conditions, as well as the
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delle condizioni di esclusiva, così come la definizione del termine di durata del contratto. La scelta del regolamento contrattuale, invece, è la presa di coscienza della complessità della relazione tra i contraenti, produce come effetto il riconoscimento dei limiti del potere contrattuale di ciascuno e, dunque, contribuisce a creare una necessaria quanto opportuna chiarezza di ruoli. Il contratto scritto è utile per l’artista, che, attraverso l’individuazione dei propri diritti e obblighi, può imporsi un’organizzazione del lavoro adeguata alla propria professionalità e, allo stesso tempo, fruire di uno strumento adatto per tracciare e mantenere un legame con la vita della propria opera; è utile all’opera d’arte, che riceve dallo scambio di indicazioni delle parti una tutela più specifica per la conservazione e il restauro, basti pensare alla fondamentale proposta del Pacta, i protocolli di certificazione per la autenticità, cura e tutela dell’opera contemporanea (adottato dalla DGAAP con circolare 7/2017, già strumento di valore in questo senso); il contratto in forma scritta, poi, costituisce adempimento richiesto dallo stesso legislatore per la gestione dei diritti di utilizzazione economica. La formalizzazione degli equilibri contrattuali, la formalizzazione dei ruoli e la divisione di rischi, costi e vantaggi economici concorrono a fornire maggior chiarezza in or-
definition of the term of the contract are not at all crystal clear. The choice of a contract-related regulation, on the other hand, is the awareness of the complexity of the relationship between the contracting parties, whose effect is to produce the recognition of the limits of the contractual power of each party and, therefore, to contribute to the creation of a necessary and appropriate clarity of roles. The written contract is useful for the artist, who, through the identification of his rights and obligations, can impose an organisation of work suited to his professionalism and, at the same time, benefit from a suitable tool to trace and maintain a link with the life of his work; it is useful to the work of art, which, from the exchange of information of the parties receives greater protection when it comes to conservation and restoration. Let’s think about the fundamental proposal of the PACTA, the certification protocols for the authenticity, care and protection of any contemporary work (adopted by the DGAAP [General Directorate for Contemporary Art and Architecture and Suburbs] with Circular 7/2017, and already a valuable tool in and of itself); a written contract, then, constitutes a fulfillment required by the law for the management of the rights of economic exploitation. The formalisation of contract requirements and of roles, and the division
Superblast, 2021, photo Giovanni Savi, courtesy Manifattura Tabacchi
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dine al ruolo professionale di ciascuno dei contraenti. Per AWI stiamo proprio lavorando alla definizione di modelli contrattuali utili in questo senso». Qual è l’importanza di un archivio per un artista? «Avere un archivio significa aver organizzato la propria produzione in modo professionale, significa investire nel futuro: un archivio ben strutturato costituisce per il mercato la garanzia della corretta e autentica identità della produzione dell’artista. L’archivio ha conquistato una funzione centrale nel contesto del mondo e del mercato dell’arte perché non costituisce solo fonte di informazione e conoscenza, autorevole riferimento per la ricostruzione della vita e della personalità di un artista e della genesi della sua opera, ma in quanto oggi è divenuto, anche, un imprescindibile strumento di identificazione e di garanzia della sua produzione autentica». La configurazione giuridica della professione comporterebbe una diversa responsabilità tributaria? Attualmente l’unico onere osservato è il regime iva. Cosa potrebbe cambiare? «Un riconoscimento professionale non comporta di per sé la modifica di uno status fiscale, ma certamente ne aiuterà l’inquadramento, eliminando le zone d’ombra legate
of risks, costs and economic benefits combine to provide greater clarity regarding the professional role of each party to a contract. At present, we are working on the definition of useful contract models on behalf of For AWI [Art Workers Italia]». What is the importance of an archive for an artist? «Having an archive means having organised one’s production in a professional way, it means investing in the future: a well-structured archive constitutes for the market the guarantee of the correct and authentic identity of the artist’s production. The archive has earned its central function in the context of the artistic world and market, because it is not only a source of information and knowledge, an authoritative reference for the reconstruction of the life and personality of an artist and of the genesis of his work, but also an essential instrument of for identification and guarantee of authentic art production». Would the legal configuration of the profession result in a different tax status? Currently the only burden applied is the VAT regime. What could change? «Professional recognition does not in itself involve the modification of a tax status, but it will certainly help its classification, thus eliminating the gray areas linked to
Pablo Picasso, photo Gjon Mili, Getty Images, 1949
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Giotto portrait by anonymous painter, 16th century, courtesy Musée Du Louvre
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Solo in tempi recenti si è in parte riusciti a sollevare lo stigma secondo cui il valore di un’opera d’arte, se non completamente eseguita dalla mano dell’artista, risulti sminuito. Eppure è dall’epoca medievale che il fare artistico segue una modalità quasi industrializzata: l’ambiente di bottega non era infatti solo da considerarsi un luogo di studio per giovani artisti impazienti di imparare da un grande maestro, bensì un’impresa vera e propria. E propria di Giotto fu un’incredibile maestria, riconosciutagli da personaggi come Vasari e Cennini, nel gestire questa sua impresa con risultati straordinari: si vedano i Crocifissi di Firenze, di Padova, o di Rimini, eseguiti con una tale uniformità stilistica grazie alla tayloristica scansione del lavoro ideata in ogni suo punto dal capo-maestro, da rendere innegabile il valore di ciascuna di esse nonostante la certezza dell’intervento dell’intera bottega. Only in recent times has it been possible to partially lift the stigma according to which the value of a work of art is diminished, if it is not completely executed by the hand of the artist. Yet, it is from the Middle Ages that artistic making has followed an almost industrialized way: the workshop environment was indeed not only to be considered a place of study for young artists eager to learn from a great master, but a real enterprise. And Giotto’s was incredibly skilled, as vouched by personalities like Vasari and Cennini, in managing this enterprise with extraordinary results: take a look at the Crucifixes of Florence, Padua, or Rimini, produced with such Tyloristic work cadence conceived point-by-point by the master, to make the value of each of them undeniable, notwithstanding the certainty that the laboratory’s artists had also contributed to the works.
a professioni “non altrove classificabili”. L’iva in ambito artistico, peraltro, è uno degli argomenti di discussione che ciclicamente torna a galla. Affrontarlo con una voce unica potrebbe portare a un ascolto più attento dato a un comparto economico finalmente organizzato e percepito come affidabile. Più importanti potranno essere i riflessi contributivi: il riconoscimento giuridico significherà eliminare pratiche “non occasionali”, ma anche poter accedere a servizi di tutela sociale finora non raggiungibili. Un risultato da non sottovalutare, come abbiamo potuto verificare nell’ultimo anno». Molte volte gli artisti sono i primi a essere poco edotti e preparati su queste tematiche. Quanto pesa questo gap? «Enormemente. Chiaramente parliamo di un universo variegato in cui convivono buone pratiche e noncuranza, importanti artisti strutturati e altri molto meno. Di certo la mancanza di una casa comune, di una associazione di categoria che sappia coordinare le diverse anime e farsi portavoce del settore ha contribuito a un passato di indifferenza politica con tutto ciò che ne consegue. Il tema del riconoscimento e della rappresentanza, proprio per questo, non è più rinviabile».
professions that cannot “be otherwise classified”. In the artistic field, the VAT is one of the topics of discussion that resurfaces every now and then, as in a cycle. Tackling it with a single voice could lead to more attention paid to an economic sector that would be finally organised and perceived as reliable. Contribution implications may be more important: legal recognition will mean eliminating “non-occasional” practices, but also being able to access social protection services that have not been accessible until now. It is a result not to be underestimated, as we have been able to determine in the last year». Many times the artists are the first to be hardly informed and prepared on these issues. How heavy is this gap? «It is huge. Clearly we are talking about a variegated universe in which good practices and carelessness coexist, there are well known organised artists next to others who are not. Certainly the lack of a common home, of a trade association that knows how to coordinate all the stakeholders and acts as a spokesperson for the sector has contributed to a past of political indifference, with all that follows. The theme of recognition and representation, precisely for this reason, can no longer be postponed».
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L’imprenditore del Trecento The fourteenth-century entrepreneur
by Luiss M ed
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PROPOSTE CONCRETE
Finalmente AWI: l’associazione nata nel pieno della pandemia si propone di dare sostegno agli operatori del settore artistico Francesco Angelucci, Fabrizia Carabelli
Finally AWI: the association born in the midst of the pandemic aims to give support to operators in the art system
CONCRETE PROPOSALS FOCUS
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Bisognerebbe tornare indietro anni luce per individuare il contesto in cui, nel nostro paese, si è radicata la convinzione che l’artista sia l’anello debole dell’economia, che la produzione di cultura equivalga a una non produzione di fatturato. Parlare della crisi epocale che attraversa oggi il mondo dell’arte vuol dire ripercorrere la vita di un settore storicamente penalizzato che paga le conseguenze di anni, secoli, di trascuratezza da parte dei governi ma anche di cattive convinzioni e di ineducazione sociale. La pandemia ha portato a galla problemi e riflessioni legate allo statuto dell’artista e all’intera categoria del settore arte, che sono più che maturi per essere affrontati. Tanto più che l’artista in questo discorso non è solo, intorno al settore gravitano infatti quelle categorie di lavoratori che ancora oggi faticano a ottenere una giusta retribuzione e nuove professioni che mancano di inquadramento. Operatori del settore che per lo stato neanche esistono, sono sospesi in una bolla di anonimato professionale e affrontano ogni giorno il precariato in assenza di contratti o vincoli che li tutelino. In questo panorama fatto di rider della cultura e artisti senza identità ha trovato terreno fertile AWI: Art Workers Italia. Associazione nata durante la prima ondata della pandemia, che si propone di restituire dignità a un settore che ne ha davvero bisogno, oggi più che mai. L’idea di un gruppo di tutela per il mondo dell’arte ha un sapore rivoluzionario, quasi di altri tempi. Non temete possa correre il rischio di essere ritenuto anacronistico rispetto all’attuale contesto sociale? «L’azione di AWI non è volta a tutelare soltanto gli iscritti all’associazione, ma a creare strumenti tecnici, di consulenza e linguistici che tutelino tutti gli art workers, influenzando, sul lungo periodo, la complessiva cultura del lavoro nel nostro settore. Non siamo un sindacato, né una
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We would have to go back light years to identify the context in which, in Italy, the conviction that the artist is the weak link of the economy took root and that producing culture cannot be equated to generating turnover. To talk about an epochal crisis that the art world is experiencing today means tracing back the life of a historically penalised sector made to pay the consequences of years, if not centuries, of neglect by governments, alongside bad convictions and social ineducation. The pandemic has brought to light problems and considerations related to the artist as a professional and the entire category of the art sector, for which solutions are long overdue. In this debate, the artist is not alone; consideration is due to those categories of workers who still struggle to receive a fair salary, as well as new professions that have yet to be categorised. These sector operators are invisible to the government, gravitate in a bubble of professional anonymity and face precarious work every day, lacking national labour contracts or constraints that protect them. AWI Art Workers Italia has found fertile grounds in this landscape made up of cultural riders and artists. The association was born at the time of the first wave of the pandemic; its aim is to restore dignity to a sector in desperate need of it, today more than ever. The idea of a protection group for the art world has a revolutionary undertone that conceivably arches back to past times. Aren’t you afraid it may run the risk of being considered anachronistic with respect to the current social context? «AWI’s role is not only to protect its members, but also to create technical, consulting and linguistic tools that protect all art workers, influencing the overall culture of work in our sector in the long term. We are neither
JEFF K OON Jeff Koons with a toy version of his Lobster sculpture, 2012, photo Martin Schoeller
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Icona di stile neo-pop, Jeff Koons da broker di Wall Street decide di dedicarsi completamente all’arte negli anni ’80. Crea opere kitsch, unisce colori sgargianti, suggestioni prese dall’immaginario collettivo e materiali plastici. Reinterpreta il ready-made al tempo della società dei consumi: aspirapolvere decontestualizzati, elevati a oggetti contemplativi e musealizzati. Il suo è un linguaggio popolare, comprensibile al maggior numero di persone possibile, elogio alla banalità del quotidiano. Rende protagonisti gli oggetti dell’ “American way of life” fino a fare anche di se stesso un’opera d’arte. Nel 2013 Koons diventa l’artista vivente più pagato al mondo con sculture luccicanti ispirate ai giocattoli per bambini. Balloon Dog, battuta all’asta per 68 milioni di dollari, segna l’abbattimento del divario tra upper e middle class: la classe sociale di cui si prende gioco è la stessa che fa a gara per accaparrarsi le sue opere rendendolo una super star. Neo-pop style icon, Jeff Koons went from being Wall Street broker to completely devoting himself to art in the 1980s. He creates kitsch works, combining bright colors and suggestions borrowed from the collective imagination and plastic materials. He reinterprets the ready-made at the time of a consumer society: decontextualised vacuum cleaners, elevated to contemplative and museum-like objects. His is a popular language, understandable to as many people as possible, a tribute to the banality of everyday life. He makes the objects of the “American way of life” the protagonists, to the point of making himself a work of art. In 2013, Koons becomes the highest paid living artist in the world, with shimmering sculptures inspired by children’s toys. Balloon Dog, auctioned for 68 million dollars, marks the closing of the gap between upper and middle class: the social class he ridicules is the same one that competes to grab his works, turning him into a super star.
lobby, né un ordine – e non crediamo di poterci esaurire nella nozione di associazione di categoria. Non pensiamo che il nostro sforzo sia animato da logiche anacronistiche, a meno che l’idea di conferire dignità al lavoro non sia vista come anacronistica. In un mondo del lavoro estremamente frammentato, è viceversa nostra intenzione schierarci a fianco di tante altre battaglie: quella dei lavoratori dello spettacolo, dei riders, del precariato universitario, per fare qualche esempio». Dove storicamente possiamo rintracciare le origini del problema che affligge l’artista e il settore artistico in generale? «La domanda è complessa, non crediamo esista una risposta univoca. Potremmo speculare a lungo su preconcetti e costrutti culturali che influenzano la percezione dell’artista, menzionare la sistematica assimilazione dell’ambito della cultura al puro intrattenimento, o magari il fatto che sia stata derubricata ad accessorio del settore turistico, che a sua volta patisce una certa pigrizia di pensiero. Forse il nostro settore riflette e amplifica le generali problematiche del mondo del lavoro in Italia. Crediamo si debba far emergere anche una generale mancanza di consapevolezza internalizzata dagli stessi attori del settore – lavoratori inclusi. È estremamente importante comprendere chi siamo, motivo per il quale stiamo lanciando un’indagine di settore. Servono dati reali per evitare di riprodurre i preconcetti e le problematiche strutturali a cui la domanda fa riferimento».
a trade union, nor a lobby, or an order – and we do not believe we can simply qualify ourselves as a trade association. We do not think that our effort is driven by anachronistic logics, unless the idea of giving dignity to work is seen as anachronistic. In an extremely fragmented labour world, on the other hand, it is our intention to be on the side of many other battles fought with show business workers, riders and contract university professors, just to name a few». Where historically can we trace the origins of the problem afflicting artists and the art sector in general? «The question is complex, we do not believe there is a single answer. We could speculate for a long time on cultural preconceptions and constructs that influence an artist’s perception, mention the systematic assimilation of the sphere of culture into pure entertainment, or, perhaps, the fact that it has been declassified as an accessory to the tourism sector, which, in turn, suffers a certain laziness of thought. Perhaps our sector reflects and amplifies the general problems of the labour world in Italy. We believe that it is necessary to bring to the fore a general lack of internalised awareness from the same sector actors – including workers. It is extremely important to understand who we are, which is why we are launching an industry survey. Real data are needed to avoid reproducing the preconceptions and structural problems to which the question refers».
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ter of Art X as
L’artista al tempo del consumismo The artist at the time of consumerism
by Luiss M ed
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Venezia, demonstration February 24th, 2021
AWI si è formato durante la crisi dovuta alla pandemia di Covid-19. Che risultati pratici ha ottenuto in ormai un anno di attività? «Partendo dallo sforzo di immaginazione politica di un gruppo informale, oggi AWI è un’associazione che conta 260 iscritti e che collabora con esperti del settore legale, fiscale e amministrativo, enti di ricerca e università, decisori politici e istituzioni dell’arte e della cultura. Da marzo 2020 ad oggi abbiamo redatto un manifesto programmatico in cui raccogliamo proposte concrete per colmare le carenze sistemiche nel settore, condotto ricerche comparate sul lavoro culturale in Italia e all’estero, stiamo costruendo modelli contrattuali che rispondano alle reali esigenze degli art workers, un tariffario e linee guida per gli enti culturali. Dialoghiamo con decisori politici, realtà nazionali e internazionali simili ad AWI, partecipato a incontri e tavoli con enti impegnati sul fronte delle pratiche e delle politiche culturali. Abbiamo infine avviato collaborazioni e richiesto consulenze ad associazioni e cooperative che si occupano di indagini quantitative e analisi nel settore culturale: come dicevamo, stiamo lanciando la prima indagine di settore dedicata al lavoro nel campo dell’arte contemporanea in Italia. Frutto della collaborazione con ACTA, l’indagine vuole offrire un’analisi quantitativa e qualitativa delle condizioni lavorative dal punto di vista sociale, contrattuale e giuridico. Infine, stiamo creando schede riassuntive sugli strumenti giuridici e fiscali già esistenti per tutelare il lavoro degli art workers, compilate in collaborazione con la Prof. Avv. Alessandra Donati e il Dott. Commercialista Franco Mario Broccardi, nonché un glossario per le terminologie giuridiche e fiscali utilizzate, altre risorse utili e strumenti di formazione». Tra i progetti in corso avete promosso una piattaforma internazionale che mette insieme gruppi, istituzioni e organizzazioni che si occupano dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori della cultura in Europa e nel mondo.
FOCUS
AWI was founded during the Covid-19 pandemic crisis. What practical results have you achieved in one year of activity? «Starting from the political imagination effort of an informal group, today AWI is an association with 260 members, which collaborates with experts in the legal, tax and administrative sectors, research bodies and universities, political decision-makers and art and culture institutions. Since March 2020, we finalised a programmatic manifesto in which we collected concrete proposals to fill the systemic gaps in our sector, conducted comparative research on cultural work in Italy and abroad and have been creating contractual models that meet the real needs of art workers, along with a fee schedule and guidelines for cultural institutions. We dialogue with political decision makers, national and international bodies like AWI, and participated in meetings and roundtables with bodies involved in the field of cultural practices and policies. And, last but not least, we created partnerships and sought the input of associations and cooperatives that deal with quantitative surveys and analyses in the cultural sector: as we said, we are launching the first sector survey dedicated to work in the field of contemporary art in Italy. The survey, which is the result of our partnership with ACTA, aims to offer a quantitative and qualitative analysis of working conditions from a social, contractual and legal point of view. We are also creating summary sheets on existing legal and fiscal instruments to protect the work of art workers, in collaboration with Prof. Alessandra Donati, Attorney-at-Law, and Mr. Franco Mario Broccardi, Chartered Accountant, and preparing a glossary for legal and tax terminologies used alongside other useful resources and training tools». Among ongoing projects, you have promoted an international platform that brings together groups, institutions and organisations dealing with the rights of cul-
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Qual è la situazione che avete riscontrato a livello europeo in merito alle materie di tutela dei lavoratori del settore? Quali le differenze rispetto all’Italia? «Il progetto Hyperunionisation, vincitore del bando Culture of Solidarity della European Cultural Foundation, intende facilitare il dialogo tra organizzazioni che si occupano di diritti delle lavoratrici e lavoratori della cultura in Europa, una piattaforma di scambio per implementare pratiche di solidarietà condivise e attivare un processo di formazione collettivo. Hypermates, nato in seno al progetto, è un network internazionale in continua evoluzione di realtà che si occupano della tutela dei lavoratori dell’arte contemporanea. Nonostante le problematiche siano assolutamente trasversali, molti paesi (e Hypermates ne è la prova) hanno visto sorgere e solidificarsi numerose iniziative volte alla tutela dei lavoratori, con risultati estremamente concreti. AWI vuole colmare questo gap italiano, avvalendosi del dialogo e della solidarietà internazionale». Nella lettera inviata a Franceschini a maggio del 2020 indicavate una serie di punti necessari per un miglioramento del settore dell’arte. Il ministro ha mai risposto? Come? «Il ministro non ha mai risposto, ma siamo stati invitati a partecipare al Tavolo Permanente per i lavoratori della cultura indetto dal Ministero della Cultura. Ci sembra un buon segno». Negli ultimi anni si stanno studiando in materia giuridica nuove forme di tutela per dare risposta a una serie di esigenze legate alla costituzione di nuove figure di lavoratori non subordinati. Il digitale è stato senz’altro comMilano, National demonstration #unannosenzaeventi, February 23th, 2021
tural workers both in Europe and the rest of the world. What situation did you encounter at the European level with regard to the protection of workers in the sector? What are the differences compared to Italy? «The Hyperunionisation project, winner of the Culture of Solidarity tender awarded by the European Cultural Foundation, intends to facilitate the dialogue among organisations that deal with the rights of culture workers in Europe; it is an exchange platform to implement shared solidarity practices and activate a process of collective training. Hypermates, born within the project, is an international network in continuous evolution of organisations committed to the protection of contemporary art workers. Although the problems are definitely cross-cutting, many countries (and Hypermates is proof of this) have seen the rise and solidification of numerous initiatives aimed at protecting workers, with extremely concrete results. AWI seeks to bridge this gap in Italy, making use of international dialogue and solidarity». In the letter sent to Minister Franceschini in May 2020 you listed a series of points necessary for improvement in the art sector. Has the Minister ever replied? How? «The Minister never replied, but we were invited to participate in the Permanent Roundtable for Culture Workers organised by the Ministry of Culture. We think this is a good sign». In recent years, new forms of protection have been studied within legal frameworks in order to respond to a series of requirements related to the establishment of new figures of non-subordinate workers. The digital Torino, National demonstration #unannosenzaeventi, February 23th, 2021
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I Piero Manzoni at home with Merda d’artista, 1961, courtesy Fondazione Piero Manzoni, Milan
Contro lo stile, Piero Manzoni negli anni ‘50 è un giovane affamato di conoscenza e consapevole di voler portare una svolta radicale nel mondo dell’arte. Nel ’59 inaugura con Enrico Castellani Azimut, spazio di ricerca affine alla sua poetica. L’artista ha un carattere libero, indipendente, ironico, anti-conformista, come le sue opere. Manzoni vive per l’arte, tanto che il suo pensiero e il suo corpo sono protagonisti del suo lavoro. Con Manzoni tutto si fa arte: dall’escremento (Merda d’artista) al respiro (Fiato d’artista); persino un corpo qualsiasi, se firmato dall’artista, diviene opera. L’acquirente di “un Manzoni” è come se comprasse Manzoni stesso, poiché nella sua opera è presente l’artista con il corpo e con il pensiero. Con la sua ricerca anticonvenzionale, Manzoni cambia radicalmente le regole dell’arte, lasciando un punto di domanda sulla funzione stessa di quest’ultima.
PIERO ONI Z N A M
Bucking style, Piero Manzoni in the 1950s is a young man hungry for knowledge and aware of wanting to bring a radical change to the world of art. In 1959, with Enrico Castellani Azimut, he inaugurated a research space akin to his poetics. The artist has a free, independent, ironic and anti-conformist character, just like his works. Manzoni lives for art, so much so that his mind and body are the protagonists of his work. With Manzoni, everything becomes art: from excrement (Merda d’artista) to breath (Fiato d’artista); even an ordinary body, if signed by the artist, becomes a work. The buyer of a “Manzoni” artpiece conceivably buys Manzoni himself, since the artist is present in his works with body and mind. With his unconventional research, Manzoni radically changes the rules of art, leaving a question mark on its very function.
plice di modifiche e trasformazioni, da un lato creando nuove forme di lavoro, dall’altro andando a complicare ulteriormente la posizione di figure già deboli e non inquadrate da un punto di vista contrattuale. In che modo il discorso ha toccato il mondo dell’arte? «Crediamo che la fuga digitale abbia accentuato problematiche già esistenti: lavoro ancor più sottopagato, non dichiarato e non riconosciuto, moltiplicarsi delle ore di lavoro, stress da monitor, autosfruttamento. How to Strike, tavola rotonda moderata da Vincenzo Estremo nel contesto del progetto Hyperunionisation, toccava proprio la genealogia generale del lavoro nell’attuale mondo medializzato, condividendo le tattiche di auto-organizzazione e le strategie di legittimazione tipiche di diverse categorie di lavoratorə. Di fronte alla flessibilità, alla “piattaformizzazione”, alla parcellizzazione delle relazioni interpersonali che hanno ridefinito il lavoro contemporaneo, l’arte e lə lavoratorə che operano in questo campo si pongono come osservatorə interessatə, cercando di capire quale ruolo attivo possano svolgere nel panorama più ampio dei movimenti sociali. La tavola rotonda metteva in dialogo le esperienze di legittimazione del gig workers con i tentativi di organizzazione e protesta in campo artistico». Il mondo dell’arte contemporanea in Italia ha goduto negli ultimi anni di importanti finanziamenti di natura privata. Le richieste di AWI sono invece finalizzate a sen-
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revolution has undoubtedly been complicit in changes and transformations, on the one hand, by creating new forms of work, on the other, by further complicating the position of already weak professional figures for which not labour contracts had been drafted. How did this transformation touch the art world? «We believe that the digital revolution has accentuated already existing problems: more underpaid, under-the-table and unrecognised work, multiplying work hours, monitor stress and self-exploitation. How to Strike, a roundtable moderated by Vincenzo Estremo in the context of the Hyperunionisation project, touched on the general genealogy of work in the current mediatised world, sharing the tactics of self-organisation and the legitimisation strategies typical of different categories of workers. Art and workers who work in this field position themselves as interested observers, in response to the flexibility, the “platformisation” and the fragmentation of interpersonal relationships that have redefined contemporary work, trying to understand what active role they can play in the most broad of social movements. The roundtable allowed sharing the experiences of legitimation of gig workers concerning efforts to organise and protest in the artistic field». The world of contemporary art in Italy has enjoyed significant private funding in recent years. The AWI requests are instead aimed at raising awareness of state
ter of Art X as
Tutto è arte, purché firmato All is art, as long as it is signed
by Luiss M ed
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sibilizzare organismi statali e figure di governo rispetto a una materia che purtroppo gode di poca attenzione nell’opinione pubblica. Quale pensate debba essere il rapporto tra supporto statale e intervento privato? «Il rapporto tra pubblico e privato necessiterebbe una regolarizzazione: pensiamo all’annoso discorso relativo alla riforma del terzo settore. Non dovremmo limitarci a pensare al privato solo come soggetto interessato a sponsorizzare iniziative d’arte contemporanea, ma rimarcare in senso più ampio il ruolo dei detentori di grandi capitali, che ora più che mai potrebbero contribuire alla buona salute della pubblica cultura – e sanità, istruzione e via dicendo. Vedremmo estremamente di buon occhio uno dei provvedimenti più invisi alla classe politica e all’opinione pubblica italiana: la cara, vecchia patrimoniale. Per il resto, già dalla prima stesura del nostro Manifesto proponiamo l’ampliamento della platea degli enti che possono accedere a forme di mecenatismo – come l’Art Bonus – e delle attività che può sostenere, unitamente a ulteriori agevolazioni fiscali per le erogazioni liberali a sostegno dell’arte contemporanea e la facilitazione di forme di sponsorizzazione in arte contemporanea colmando il gap informativo esistente fra possibili sponsor e sponsee».
bodies and government players regarding a matter that, unfortunately, enjoys little attention in public opinion. What do you think the relationship between state support and private intervention should be? «The relationship between public and private would require regularisation: let’s think of the long-standing discourse on the reform of the third sector. We should not limit ourselves to considering the private sector only as a subject interested in sponsoring contemporary art initiatives, but emphasise in a broader sense the role of holders of large capital, which now more than ever could contribute to the good health of public culture, health, education, and so on. We would look very favorably to one of the measures most hated by the Italian political class and public opinion: the good old-fashioned estate tax. For the rest, already from the first draft of our Manifesto, we have been proposing the expansion of the roster of entities that can access forms of patronage – such as Art Bonus – and of activities that such patronage can support, together with additional tax breaks for donations to support contemporary art and to facilitate forms of contemporary art sponsorships by bridging the information gap existing between possible sponsors and sponsee».
artworkersitalia.it
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sibilizzare organismi statali e figure di governo rispetto a una materia che purtroppo gode di poca attenzione nell’opinione pubblica. Quale pensate debba essere il rapporto tra supporto statale e intervento privato? «Il rapporto tra pubblico e privato necessiterebbe una regolarizzazione: pensiamo all’annoso discorso relativo alla riforma del terzo settore. Non dovremmo limitarci a pensare al privato solo come soggetto interessato a sponsorizzare iniziative d’arte contemporanea, ma rimarcare in senso più ampio il ruolo dei detentori di grandi capitali, che ora più che mai potrebbero contribuire alla buona salute della pubblica cultura – e sanità, istruzione e via dicendo. Vedremmo estremamente di buon occhio uno dei provvedimenti più invisi alla classe politica e all’opinione pubblica italiana: la cara, vecchia patrimoniale. Per il
bodies and government players regarding a matter that, unfortunately, enjoys little attention in public opinion. What do you think the relationship between state support and private intervention should be? «The relationship between public and private would require regularisation: let’s think of the long-standing discourse on the reform of the third sector. We should not limit ourselves to considering the private sector only as a subject interested in sponsoring contemporary art initiatives, but emphasise in a broader sense the role of holders of large capital, which now more than ever could contribute to the good health of public culture, health, education, and so on. We would look very favorably to one of the measures most hated by the Italian political class and public opinion: the good old-fashioned estate tax. For
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