APPROFONDIMENTO
La città del fumetto
Libertá di Parola 2/2019 ——
N°
Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo. (Voltaire)
Da nemmeno un anno è nato un contenitore culturale ed artistico unico nel suo genere che va sotto il nome di PAFF!. È l'acronimo di Palazzo Arte Fumetto Friuli, un progetto promosso dall'Associazione pordenonese Vastagamma e sostenuto, tra gli altri, dal Comune di Pordenone, che sta ridando vita a Villa Galvani. Succede in un territorio che da trent'anni è fucina di grandi nomi per la storia del fumetto italiano. a pagina 7
INVIATI NEL MONDO
Spilimbergo e Cividale, un giro in bicicletta nella campagna friulana lungo cento chilometri a pagina 11
PANKAKULTURA
Sergio Cammariere a Vocalia, «Vi racconto come mi sono innamorato della musica» a pagina 12
PANKANEWS
Xtreme Days a Sacile Quando lo sport si spinge fino al suo limite di Chiara Zorzi Dal 5 al 7 luglio si terrà a Sacile la ormai consueta kermesse dedicata al free style e agli sport estremi. Stiamo parlando degli “Xtreme Days”, format ideato dall’Associazione culturale “Sacile Cambia Marcia”. Il gruppo, nella forma di comitato organizzatore, è nato nel 2011 dando vita alla prima edizione di "Kart in piazza", un endurance di kart a squadre in circuito cittadino, e portando a Sacile un evento fino ad allora mai visto all'interno della splendida cornice del centro storico della città.
Nel febbraio 2014 nasce l'Associazione, costituita da dodici soci fondatori oltre a più di cento soci, per organizzare sempre a Sacile i primi “Xtreme Days”. Il festival ottenne un successo oltre ogni aspettativa, richiamando numerosissimi tra appassionati, atleti e pubblico. L’edizione 2018, da ultimo, ha visto oltre 45.000 spettatori in tre giorni, 250 ore di workshop, gare e attività organizzate e 21 discipline sportive. E' un festival da vedere, quindi, ma anche da provare, soprattutto per i più piccoli
che vedranno attrezzato per loro un intero parco cittadino. A fare da cornice a tutto questo sarà il centro storico di Sacile, noto come “Giardino della Serenissima” per la sua bellezza, che diventerà una location suggestiva, quanto mai insolita, e che ha reso gli “Xtreme Days” un festival unico nel suo genere in Italia in quanto il solo che trova spazio tra contrade, antiche dimore, parchi, il fiume ed ogni angolo di un intero centro città. Dalle slackline allo street boulder, dal parkour ai tuffi acrobatici, dal flyboard al freestyle motocross, interi parchi trasformati in adventure park, zone relax e area camping, e molto altro ancora. L’edizione 2019 sarà organizzata dall’Associazione Pro Sacile in collaborazione con “Sacile Cambia Marcia” e con il supporto di molte altre realtà territoriali che consentiranno come ogni anno la riuscita dell’evento.
Dieci anni di Libertà di Parola: cari lettori diteci la vostra con il sondaggio online a pagina 13
PANKAULTRÀ
L'ultima stagione neroverde sugli spalti del Bottecchia. In attesa della serie B a pagina 14
IL TEMA
Xtreme Days, una scarica di pura adrenalina Viaggio tra gli sport estremi della kermesse sacilese di Giorgio Doardo Ogni anno per gli Xtreme Days gli antichi selciati, le piazzette, i porticati e le strette calli di Sacile si trasformano quasi per incanto in un’animatissima e variopinta kermesse di sport estremi. Da assiduo frequentatore dell'evento, mi basta socchiudere gli occhi ripensando alle passate edizioni, che già mi sento immerso in questo magico mondo. Alcuni grossi olmi dall’impressionante altezza giacciono imponenti sulle rive del Livenza, offrendo ai bimbi la loro personale prova di coraggio: attrezzati con ergonomici appigli simili a piccole rocce o a fenditure, si lasciano scalare dai più abili e impavidi che, accuratamente muniti di imbrago e cordame, sotto la vigile attenzione degli istruttori, intraprendono la loro piccola scalata, il tree climbing. Oltre il campo di gara dello streetbulder, i più esperti scalatori senza corde si cimentano nell’arrampicare vecchi palazzi e balconate aggrappati come gechi tra le sporgenze ed i logori mattoni degli antichi palazzi nobiliari. Avanzo tra i chioschi, attraverso un grande portale in pietra ed eccomi nella zona parkour. È un incredibile ed esuberante modo di districarsi in salti mortali, avvitamenti e balzi, inventato dai francesi alcuni anni fa, nel quale gli atleti utilizzano muretti, scalinate ed arredi urbani come
rampe di lancio eseguendo figure a corpo libero con estrema precisione ed equilibrio nei movimenti. La musica è ovunque e lo speaker
lo slackline. Un ragazzone dai lunghi capelli ci cammina sopra con un incredibile semplicità: si dondola, effettua balzi e capriole ricadendo
ha appena annunciato lo show dei Dunking Devils: dalla vicina Slovenia, in perfetto style americano, questi matti giocatori di basket, utilizzando un piccolo trampolino sotto canestro, eseguono schiacciate spettacolari a vertiginosa ripetizione in circensi evoluzioni che tengono le famiglie entusiaste con il naso al cielo. La folla è in delirio e, seguendo il flusso dei visitatori, arrivo nella piazza principale, il centro nevralgico della kermesse. Scorgo al centro una sottile linea agganciata ai due lati della piazza ad una decina di metri dal suolo: è la fettuccia del-
su quei pochi centimetri con precisione millimetrica. Sono esterrefatto, ma qui l'adrenalina è lo zucchero della festa e subito viene appeso alla stringa un lungo lenzuolo rosso che dal cielo scende sino a terra: sono i tessuti aerei. Una splendida ragazza inizia ad attorcigliarcisi salendo e scendendo con la grazia di una crisalide intenta alla metamorfosi: la leggerezza del suo corpo snello e muscoloso intento in queste circensi evoluzioni aeree è veramente qualcosa di speciale. La sera sta arrivando e, mentre le ombre dei palazzoni svaniscono tra le acque del Livenza, il grande palco si anima di luci. È il momento dell’urban dance nel quale le scuole di ballo si alternano sullo stage in frenetici balli dal mitico sapore hip hop, alcuni con i corpi ricoperti di led colorati, altri portano maschere underground perfettamente coordinati nelle loro breake dance metropolitane che il pubblico
sembra apprezzare all’unanimità. Al microfono lo speaker sembra non tenere il ritmo della scaletta, perché già in fondo alla piazza si ode il rombo ossessivo dei motori accesi pronti a dare il loro meglio. Siamo al clou della serata: sfavillanti moto da cross e massicci quad si preparano per una lunga serie di impressionanti salti al fulmicotone. Una grossa rampa metallica proietta i piloti ed i loro mezzi ad altezze stratosferiche dove, sfidando ogni legge di gravità, eseguono ogni forma di acrobazia, dai giri di 360 gradi ai salti mortali avanti o indietro seguiti da nuvole di fumi bluastri emessi dagli scarichi dei mezzi in massima accelerazione. Gli applausi sono interminabili ed i flash dei telefonini creano uno scenario stroboscopico irreale racchiuso da una morsa di persone. Mi allontano dalla piazza, riattraverso il parco e raggiungo il riderkamp. La
mia tenda e montata qui, a ridosso dell’area di atterraggio di un grosso elicottero a disposizione dei più interessati visitatori per una emozionante vista dall’alto. Sono esausto e crollo in un riposo ricco di sogni estremi che mi vedono unico protagonista. Sono le dieci del mattino e mi desto scosso dagli schiamazzi dei bimbi intenti ad affrontare il pump track, una pista simile a quella delle automobiline giocattolo ricca di gobbe e paraboliche, da percorrere in bicicletta lasciandosi spingere dalla forza centrifuga impressa dai dossi. Che dire, una
vera figata, ma sono quasi le dodici, il sole e alto e mi dirigo verso il centro in prossimità del fiume. Il ponte che lo attraversa è già pieno di gente e quasi a spintoni cerco di conquistarmi una nicchia a ridosso del parapetto: non sono assolutamente disposto a perdermi lo show del flyboard. Sotto giù nel pelo dell’acqua, il gommone dei vigili del fuoco con la sua squadra di sommozzatori pronti ad ogni evenienza, si prepara all’assistenza e, tra le grida di grandi e piccini, dal gomito del Livenza giù in fondo al centro storico appare una idromoto con due persone a bordo. Un grosso tubo corrugato lungo una decina di metri devia il potente flusso d’acqua, che serve da propulsore, dal posteriore della moto trasferendolo sotto i piedi di questo improbabile performer e come per incanto l’idrogetto lo innalza su, sempre più su, sotto gli sguardi sgranati dei bambini, increduli spettatori di questo angelo acquatico che, come un vero delfino, volteggia nell’aria creando splendide spirali, rituffandosi nel Livenza per riemergere illeso e sorridente. Rientro verso la tenda, concedendo ancora furtive occhiate agli skaters che saltano macchine come fossero poca cosa e mentre i sup (sorta di surf da usare in piedi aiutati da un lungo remo) scompaiono tra le anse del Livenza. Riapro gli occhi, assaporo già il ritorno a Sacile della kermesse e penso che adoro gli sport estremi, sono il massimo che un corpo performante possa concedere ad un uomo, spingendolo oltre il limite delle proprie possibilità ginniche, oltre l’immaginabile.
Oltre venti specialità sportive nel Giardino della Serenissima Spazio ad esibizioni, corsi e escursioni per ogni età. Atleti provenienti da tutta Italia di Associazione Sacile Cambia Marcia “Xtreme Days” è un format unico ed innovativo che porta nel centro storico della città di Sacile oltre venti discipline sportive freestyle ed “estreme”. Due sono le anime della manifestazione: da un lato gli spettacoli emozionanti e adrenalinici rappresentati da atleti di fama internazionale; dall’altro i workshop, i corsi e le escursioni dove tutti possono rendersi protagonisti. L’organizzazione del format “Xtreme Days” è molto complessa. Richiede un impegno costante tutto l’anno e si pregia della collaborazione di oltre venti associazioni sportive del territorio con cui nel tempo si è creata un’importante sinergia che ha fatto crescere di anno in anno il festival e che ha fatto sì che molte delle discipline in programma trovino continuità durante l’anno con l’organizzazione dei relativi corsi. La realizzazione in centro città è ciò che rende certamente unica la manifestazione. Sacile con i suoi parchi, il fiume Livenza, i palazzi storici costituisce una cornice magica e insostituibile. La collaborazione con il Comune di Sacile, i residenti, e la Regione Friuli Venezia Giulia è consolidata e fondamentale. Il pubblico della manifestazione proviene prevalentemente dal Triveneto, mentre atleti e sportivi arrivano da tutta Italia. Il meeting di Parkour è in assoluto lo spazio più internazionale, tra quelli in cui si articola l'evento, con ragazzi provenienti da Russia, Germania, Turchia, Spagna, e Slovenia, solo per citarne alcuni. Anche per questo l’evento è da sempre considerato importante veicolo di promozione del nostro bellissimo territorio. Xtreme Days è una manifestazione family friendly in quanto ci sono iniziative per grandi e piccoli, per chi già conosce le discipline, per chi le vuole provare per la prima volta, oppure per chi vuole più semplicemente passare un weekend divertente godendosi spettacoli sportivi e mu-
sicali. Protagonisti del festival sono gli action sports più in voga del momento tra cui il parkour, lo skate, l’arrampicata, l’acroyoga e la danza su tessuti aerei. Il freestyle trova declinazione negli show di basket, schiacciate a canestro, calcio e bici bmx. Fra gli alberi dei parchi e i palazzi del centro vengono tese a varie altezze le slackline, fettucce di pochi centimetri su cui esercitare il proprio equilibrio e compiere evoluzioni rimbalzando sulla fune. Il magico contesto della città di Sacile ci permette di sfruttare le sue naturali caratteristiche sicché non mancano mai le iniziative sul fiume Livenza: come gli spettacoli emozionanti di flyboard e le escursioni in SUP o canoa. Sarà possibile, infine, godersi la vista della città a bordo di un elicottero con cui vengono organizzati tour panoramici mozzafiato. Per i più piccoli il parco dell’Ortazza si trasformerà in un Adventure Park dove anche i bambini potranno cimentarsi in attività in pieno spirito freestyle, come l’arrampicata sull’albero, i lanci da una sponda all’altra del fiume con teleferica, i passaggi su ponte tibetano, una pista fatta di onde curve, chiamata pumptruck, su cui divertirsi con le bici, i pattini o lo skate. Inoltre, per i bambini dai 6 ai 12 anni
di età è possibile iscriversi all’Xtreme Kids Camp: è questo un percorso divertente della durata di cinque ore per provare giocando tutti gli sport del Festival accompagnati da animatori e istruttori. Per questa sesta edizione 2019 sono stati inseriti a programma anche dei tornei di basket 3vs3, beach volley, street soccer, e battaglia con arco e frecce. Infine, ogni serata di Xtreme Days Festival si chiude con importanti intrattenimenti. Venerdì 5 luglio il rock la farà da protagonista con due importanti band: gli AlterEgo – trio divertente molto noto nel territorio – e i Seveso Casino Palace – band finalista di X-Factor. Sabato 6 luglio il Main Show: un concentrato delle principali discipline, due ore di sport e urban dances. Domenica 7 luglio chiuderanno la manifestazione le finali dei tornei, lo spettacolo di flyboard in notturna e l’intrattenimento musicale di Radio Company.
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Il figlio più grande A Trieste, alla ricerca dei genitori biologici e di una famiglia sommersa dai disagi di Simone Sapere di essere il figlio più grande di una famiglia sommersa dai disagi, mi ha fatto crescere la voglia di essere uomo. Volevo cercare le mie origini per poter dare una mano ad una famiglia che ho sempre desiderato e mai avuto. Ma come avrei potuto incontrarla? Un giorno partii, destinazione Trieste. Mi sistemai presso un affittacamere e, da un call center, iniziai a telefonare a tutti quelli che avevano lo stesso cognome del mio padre biologico. Dopo innumerevoli tentativi trovai un suo cugino, che mi diede l’indirizzo della seconda moglie di mio padre. La chiamai e lei mi invitò ad andare a casa sua. Viveva in evidente povertà: non aveva neanche il gas ed utilizzava uno scalda acqua che assomigliava ad un reperto della seconda
guerra mondiale, con il quale faceva ogni cosa. Mi colpì un quadro appeso, raffigurate quello che doveva essere uno dei miei fratelli, vista la somiglianza con me; la signora me lo confermò e mi disse anche che ero l’ultimo fratello che mancava all’appello. Mi lasciò stupefatto. Seppi da lei che mio padre era stato un cabarettista di discreto successo, che poi aveva aperto un piccolo negozio di antiquariato con dei soci sloveni (i quali gli procuravano delle refurtive che lui sistemava e rivendeva, cosa che gli costò qualche anno di carcere per ricettazione) e che, successivamente, divenne un’autista di linea dei bus di Trieste. Morì di infarto l’anno prima del mio arrivo a casa sua. Peccato, lo avrei voluto conoscere. Sapere che era stato un
Da bambina «Quel luogo era senza tempo, le ore sembravano non trascorrere mai ed io volevo solo tornare a casa» di Jaqueline Mi ricordo quando mi accompagnava. Sentivo le lacrime uscire dagli occhi, ma non dicevo niente, non volevo farla soffrire. Anche lei stava in silenzio. Stringeva la mia mano per paura che le scappassi, ma si capiva che neppure lei era felice di quello che stava facendo. Mi aveva comprato anche un cestino rosso con delle bandierine stampate. Dentro ci mettevo Filippe, il pupazzo greco, e una merendina che trovavo nel cassone. Odiavo quella sciarpa bianca che mi metteva davanti alla bocca perché la mia salute non peggiorasse ancora di più. In testa avevo un colbacco di pelo marrone che il papà mi aveva comprato in
non so quale paese dell’Est. Odiavo pure quello perché mi faceva sentire diversa dagli altri bambini, un po’ perché mi chiedevano se avessi un gatto in testa e un po’ per-
uomo con una morale così frivola mi mise una tristezza infinita. Avevo sempre pensato che la sorte gli avesse portato via i figli. Purtroppo invece fu uno stile di vita non adatto a crescere dei bambini. Gli assistenti sociali lo compresero subito. Per questo diedero tutti i figli in adozione in tempi brevissimi. Per fortuna mia i miei fratelli erano rimasti tutti in Friuli così potei conoscerli. Chiesi a quella donna perché i miei genitori non avessero mai cercato i loro figli. La sua risposta fu una mezza incognita: erano i figli a dover cercare il padre e non viceversa; lui era un donnaiolo e, si sa, la carne e debole, quindi collezionava donne e perdeva figli in giro. Poi mi mostrò una cesta in vimini con all’interno un cuscino e una copertina azzurra: da bambino io dormivo lì, con vicino un piccolo maialino che mi teneva caldo. Mi raccontò che quando mio padre venne a vedere il suo primogenito, la nania (la bambinaia in dialetto triestiché mi chiedevano perché il mio papà fosse andato così lontano. Un giorno poi mia madre decise di mandarmi nell’asilo di quartiere. Il giorno in cui mi portò per la prima volta splendeva il sole, ma io non capivo ancora bene per quale motivo fossi lì. Davanti a noi si apriva un grande salone con al centro, disposte a cerchio, delle piccole cabine verdi fra loro comunicanti. Ai lati del salone si aprivano stanze e corridoi che non ricordo dove portassero. Ad un certo punto la maestra obbligò mia madre a lasciarmi da sola con gli altri bambini e lì cominciò la tragedia. Quando andai ad appendere il
no) togliendo la copertina gli mostrò prima il maialino. «E' tutto suo padre», disse, quindi scoprì la parte dove mi trovavo io. A sentire quel racconto, non seppi se ridere o altro. Chiesi quindi dei miei fratelli e sorelle, e di mia madre e mi furono dati tutti i riferimenti. Di mia madre la donna disse che si trovava in carcere, ambiente che frequentò diverse volte per reati legati alla prostituzione e allo spaccio, per induzione alla prostituzione minorile, riduzione in schiavitù e spaccio di cocaina. Venni anche a sapere che avevo due zii alcolizzati e tossicodipendenti. Con quelle informazioni in mano, salutai e me ne andai per continuare le ricerche della mia famiglia. mio cappottino rosa e il mio cestino nella cabina che mi era stata assegnata, mi accorsi subito di una bambina rannicchiata nel suo posticino che, abbracciando il suo Mao rosa pallido, stava piangendo ciucciandosi il dito. Quegli occhi verde chiaro mi sono sempre rimasti impressi. Io e quella bambina saremmo poi diventate grandi amiche. Quel luogo era senza tempo. Le ore sembravano non trascorrere mai. Ricordo quando, con rabbia, prendevo i pastelli a cera celeste o viola e scarabocchiavo il foglio. Non mi interessava che il mio foglio fosse il peggiore di tutti, il mio era un segno di protesta e volevo che le maestre lo capissero. C’era un rifiuto totale verso quell’ambiente che non mi rappresentava. Quanto mi davano fastidio tutti i bambini che sedevano e strisciavano per terra. Filippe, ad un certo punto, mi era stato sequestrato perché così ero obbligata a stare con gli altri bimbi. A me non fregava niente di tutto ciò. Volevo solo scappare. Andavo nella mia cabinetta e piangevo assieme a Claudia. Volevo solo tornare a casa.
Come una scossa di terremoto «La tua tossicodipendenza? Dopo la rabbia, la speranza: figlio mio ti starò vicino» di una mamma Ciao Figlio mio, ti scrivo perché spero che questo possa alleggerire per alcuni minuti il mio stomaco che ha subito un trauma di non poca importanza. Non so quale sia il modo giusto per cominciare a spiegare questa disavventura, ma ci provo. Ho iniziato ad avere dei sospetti qualche mese fa e mi sono trasformata in una “Mamma investigatrice”. Tutte le tue bugie andavano a tuo favore ed io – dopo avere frugato tra vestiti, cassetti e nascondigli più impensabili - ero comunque soddisfatta perché la ragione ti era sovrana ed il mio era solo un abbaglio dettato dalla convinzione del “tu non lo faresti mai, ti conosco bene, sei mio figlio”. Così pensavo. Invece un giorno mi è caduto addosso un fulmine a ciel sereno. È capitato a me, Mamma, e a tutta la nostra famiglia. Scoprire, per puro caso ed in tua presenza, che sei tossicodipendente mi ha devastata. “Tossicodipendenza”, è una parola che ho già cancellato una marea di volte in queste poche righe, tanto mi fa male. È una realtà contro la quale non avrei mai voluto sbattere. È una scossa di terremoto tremenda, che ti sotterra: preghi sia un incubo con la speranza che da lì a poco ci sia il risveglio. In quei primi minuti lascio la verità in standby, mentre al di sotto del mio sembrare incredula, sta per esplodere la disperazione. Il cuore mi fa cosi male che ancora mi domando come sia potuta sopravvivere, così “sotterrata”. D’improvviso mi appari come uno sconosciuto. Mi assale la rabbia e vorrei prenderti a botte. In quei pochi secondi penso a me, a come ti sei permesso di farmi cosi male.
Il gruppo come strumento I percorsi di aiuto proposti dal Dipartimento per le Dipendenze di Pordenone di Sara Lenardon Il Dipartimento per le Dipendenze di Pordenone offre ai genitori l'opportunità di partecipare a dei percorsi di gruppo dedicati a tematiche legate all'uso e abuso di sostanze psicoattive legali e illegali che, oltre a dare degli strumenti e delle chiarificazioni sull'argomento, trattano aspetti relazionali come “la genitorialità”, “la comunicazione” e “le tappe evolutive dell'adolescente” che, per quanto generiche, assumono un'incidenza e un significato specifico all'interno di quadri patologici legati alla dipendenza. L'esperienza di gruppo nasce dalla necessità di poter trattare e far fronte a problematiche comuni contemporaneamente, che non significa precludere la presa in considerazione della singolarità dei vissuti personali, ma al contrario, poter far parte di uno spazio collettivo dove l'esperienza personale possa essere depositata in modo sicuro. Ecco che quindi, un gruppo gestito e guidato da professionisti, può rispondere in modo per-
Ma chi cavolo sei per farmi male e perché? Tra urla e passi inconsapevoli (non sento più le gambe) mi impongo un “Alt”. Voglio morire. Questa, la mia prima reazione. In quell’attimo è stato solo dramma. Mi sono sentita una fallita. Dopo i primi giorni interminabili, però, qualcosa si muove. Si chiama speranza. Si intraprende una nuova strada. Devi sapere, però, che in questo momento - e non so per quanto – ho perso la totale fiducia in te ed è qui che cresce la mia delusione. In quei giorni pensavo che dovevo assolutamente fare qualcosa ma ero inerme. Ho chiesto ed ho implorato aiuto perché ero e sono ancora disperata, ma devo farmi forza, lo devo a noi. Lo ammetto provo un senso di vergogna. È un sentimento naturale, perché mi sono spogliata e messa a nudo. Devo ringraziare chi ci è stato vicino. Alcune persone le abbiamo ringraziate insieme, hanno compreso lo shock che abbiamo subito ed in punta di piedi fanno capolino. Provo mille emozioni contrastanti, i tormentati sensi di colpa che non mi lasciano in pace, passo dalla disperazione alla rabbia, dalla delusione all’incertezza con la paura di non potercela fare. Ma io non ti mollo. Ti ho desiderato come non mai e per un bel po’ - te l’assicuro – sarò la tua ombra. Un giorno, forse, mi ringrazierai. Ringrazierai soprattutto te stesso, per la tua nuova rinascita. L’amore che provo per te è infinito. Mamma Cari genitori, a voi dico questo: abbiate coraggio e forza, perché non siamo soli. Mai avrei pensato di salire quegli scalini per entrare al Sert. Mai. Ora sono convinta che è stato un bene averlo fatto. Poteva capitare l’irreparabile, quindi, mi infilo le scarpe quelle leggere, quelle comode, e riparto pian piano, passo dopo passo, in un mondo che non avrei voluto conoscere. Indosso la divisa da “mamma poliziotta” perché comunque devo vigilare. Sempre. Fatelo anche voi. I sospetti nascono dall’amore ed io purtroppo sebbene sia sempre stata molto attenta non lo sono stata abbastanza. Sono mentitori seriali. Non si finisce mai di imparare, mai essere troppo sicuri che a noi non potrà accadere. Nessuno ha l’immunità per un dolore enorme. Ho pianto davanti a tutti, mi sentivo in trappola, nelle sabbie mobili; sicuramente ci saranno ancora giornate dure da affrontare, ma non permetterò a niente e a nessuno di buttarci giù. Sarà un percorso lungo ma non siamo soli ed abbandonati. Per questo voglio ringraziare di cuore tutta l‘equipe del Sert di Pordenone. tinente ai bisogni umani primari: riconoscimento, accudimento e sicurezza. L'essere parte di un gruppo contribuisce a rendere i singoli più protetti e rassicurati grazie alla possibilità di creare nel tempo dei rapporti empatici con i partecipanti, basando gli scambi comunicativi, verbali e non verbali, su aspetti di fiducia, di sintonia emotiva (rispecchiamento) e di vicinanza di pensiero (risonanza cognitiva). Rispetto al lavoro individuale, il gruppo permette il confronto con più persone, con più storie che possono essere più o meno vicine a quella personale; il dialogo con l'altro, in questo senso, muove delle dinamiche e dei meccanismi personali per lo più inconsci (transfert e controtransfert) che mirano ad aumentare l'auto riflessione e l'auto comprensione del proprio funzionamento (meta-cognizione) predisponendo così, il singolo, ad una possibilità di cambiamento. Una tipologia specifica di gruppo è quello definito “di parola”, dove l'obiettivo è principalmente quello di poter dare a più persone, che per l'appunto condividono delle situazioni comuni, l'opportunità di potersi esprimere in merito a queste evitando il giudizio in un'ottica di confronto, sostegno e apprendimento reciproco. Basandosi su argomenti e tematiche proposte dai facilitatori o dai componenti stessi, si creano un “luogo” e un “tempo” nei quali i partecipanti hanno l'opportunità di narrare fatti dolorosi condivisi. Per informazioni si può contattare il Servizio per le Dipendenze al numero 0434.373111 dalle 9 alle ore 12 oppure l'Associazione I Ragazzi della Panchina al numero 349.6303611 dalle 13 alle 18.
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Dai pungimi Usi e benefici dell’apitoxina, il veleno delle api di Luca Cefaratti L’ape è un insetto sacro, magico, misterioso. Grazie all’instancabile lavoro delle operaie che popolano i cieli, gli alberi e i fiori, noi umani possiamo assaporare ben il 75% della produzione alimentare. Altro che “no Martini, no party!”, è più sensato dire “no api, non mangi”. Già questo basterebbe per nutrire estremo rispetto verso questi piccoli imenotteri. Ben pochi sanno che ogni cosa all’interno dell’alveare è utile all’uomo in termini di benessere e salute. Per ragioni di spazio mi limiterò a dire che miele, polline, pappa reale, propoli, cera, pane d’api e larve sono alimenti che hanno numerose proprietà e utilizzi. Giusto per citarne alcuni: hanno ef-
fetti antiossidanti, antimicrobici, antiparassitari, antinfiammatori, analgesici e altro ancora. Se volete approfondire l’argomento vi consiglio il sito www.apiterapiaitalia. com. In questo articolo mi soffermerò a descrivere perlopiù
gli effetti del veleno d’ape e i suoi molteplici usi. La terapia con il veleno d’api era già conosciuta in tempi remoti. Nel 2015 in Italia è nata la “Associazione Italiana ApiTerapia” per sviluppare progetti di ricerca ed evidenze cliniche che rendano l’apiterapia una pratica terapeutica accreditata e riconosciuta. Vediamo allora perché l’ape punge, come agire e quali sono i vantaggi. L’ape aggredisce, come tutti gli animali, solo se si sente minacciata. Nell’uomo, il pungiglione conficcato nella pelle va rimosso con tempestività affinché il veleno non venga pompato fino al suo esaurimento. L’ammoniaca e tutte le sostanze basiche neutralizzano prontamente il veleno, ma
fate attenzione perché l’ape, quando punge, emette un feromone d'allarme che provoca nelle compagne uno "stato di all'erta", richiamandole sull'obiettivo punto. Una volta iniettato però, il veleno si rivela utile in caso di artrite, crampi mestruali, reumatismi, nevralgie, sciatica, emicrania, ma anche come antinfiammatorio (uno dei più forti in natura), abbassa la pressione arteriosa, è radioprotettore e molto altro. Tempo fa lessi un articolo dove si narrava che gli apicoltori anziani, a suon di punture sulle mani, non soffrissero di artriti e artrosi. Per concludere, vorrei citare come nella “scala del dolore da punture di insetti” di Schmidt, la puntura d’ape vene definita “noiosa”, niente in confronto con la puntura della formica proiettile, il cui dolore equivale a “camminare sui carboni ardenti con dei chiodi di sette centimetri piantati nei calcagni“. Quindi, non temete le api, ma rispettatele per la loro intelligenza e il contributo che danno alla vita su questo fragile pianeta.
tempo, ma a l l e esperienze acquisite. In pratica gli anim a l i n o n sono in grado di r icordare quanto tempo prima ci sia stato un evento, ma attraverso delle associazioni imparano dal loro vissuto, evitando le situazioni e cercando di rivivere le esperienza piacevoli. Questo tipo di memoria è stata definita “associativa”. Questo studio potrebbe spiegare alcuni dei comportamenti dei nostri animali domestici, ad esempio riguardo al cibo. Da cuccioli i cani imparano il posto in cui ci sono le ciotole, i movimenti che il padrone compie prima di farli mangiare, il rumore del cibo, quindi hanno memoria di tutto il processo che li porterà a nutrirsi. Non ricordano però quando hanno mangiato l’ultima volta.
Nel nutrirsi sono guidati non dal ricordo, ma dalla fame, ovvero dall'istinto. Un altro esempio sono le feste che i cani fanno al loro padrone. Chi possiede un cane sa perfettamente che se si assenta da casa per cinque minuti o per un'ora per il suo piccolo amico non fa nessuna differenza, proprio perché non sa “tenere conto” della durata della lontananza. Una volta rientrato lo troverà sempre pronto a scodinzolare e ad accoglierlo felice.
PANKADOG
Fido ha la memoria corta Il cane non sa calcolare il tempo, ma reagisce in base alle esperienze acquisite di Giorgio Achino Il cane è un animale che vive il presente, il “qui ed ora”. Non riesce a vivere nel ricordo e neppure nel futuro prossimo oltre un lasso di tempo molto breve. Questo è vero se l’azione si ripete quotidianamente oppure se questa ha avuto un forte imprintig sull'animale. Faccio un esempio. Se la prima volta che avete cercato di mettere il collare al vostro cane avete fatto accidentalmente cadere un vaso, spaventandolo, è molto probabile che ogni volta che cercherete di ripetere questa azione lui avrà il ricordo del rumore e dello spavento. Ciò non significa però che non voglia mettersi il collare, la sua cioè non è una decisione ma una reazione istintiva. Pazienza e comprensione delle cause risolveranno la situazione, soprattutto bisogna cercare di
trasformare l’associazione negativa al collare con una positiva. La memoria nel cane quindi ha sicuramente una valenza, ma non ne influenza emotivamente le azioni come nel caso di noi umani. Il cane vorrà fare una cosa o meno, ma non sarà spinto da emozioni tipo rancore, antipatia e soprattutto una paura preventiva. Una ricerca canadese effettuata all’Università del Western Ontario (Canada) da William Roberts pare sia riuscita a dare una risposta alla domanda che in molti si sono sempre posti: cosa ricordano gli animali e perché ci sembra che ricordino perfettamente tutto, mentre gli studiosi hanno sempre affermato il contrario? Roberts è arrivato alla conclusione che la loro memoria, come quella degli altri animali, non si rifa al
L'APPROFONDIMENTO ————————————————————————
La città del fumetto di Milena Bidinost
Pordenone è città del fumetto grazie ad un progetto unico in Italia che ha l’ambizione di diventare un centro di riferimento internazionale per il genere artistico e un luogo di contaminazione con altre arti. È il PAFF!, acronimo di Palazzo Arte Fumetto Friuli, ospitato nell’ottocentesca Villa Galvani recentemente restaurata ed ampliata, all'interno del verde dell'omonimo parco. È nato nemmeno un anno fa e in pochi mesi ha già messo a segno numeri importanti e conquistato il pubblico. Il PAFF! è il primo sito del genere in Italia e tra i pochi esistenti in Europa: un'esposizione permanente dedicata al fumetto, che diventa strumento per dialogare con tutte le altre forme d’arte e per aprirsi a tutte le fasce di pubblico. Il papà del progetto è Giulio De Vita, pordenonese classe 1971 fumettista e disegnatore noto a livello internazionale; a gestirlo c'è l'associazione pordenonese Vastagamma di cui lo stesso De Vita è presidente e a sostenerlo ci sono le istituzioni, a cominciare dal Comune di Pordenone. Dopo un anno di sostanziale chiusura, fatta eccezione per pochi eventi di breve durata, il complesso museale della galleria d'arte moderna e contemporanea Pizzinato in Villa Galvani l'anno scorso ha riaperto le porte con questa nuova veste, diventando sede del Palazzo Arte Fumetto Friuli e tornando a nuova vita. Il PAFF! si propone come un progetto innovativo e unico nel suo genere; nasce da un'autorevole realtà fumettistica che da oltre trent'anni lavora nel pordenonese (l'associazione Vastagamma), portando sul territorio autori, studiosi, mostre ed eventi già riconosciuti. Oggi questa nuova realtà intende far leva sul versatile linguaggio del fumetto per renderlo un importante tramite culturale. Il fumetto al PAFF! non è considerato unicamente come oggetto di studio e celebrazione, ma come “gancio” per avvicinare fasce di pubblico nuove alla cultura e alle tematiche più disparate. L'arte sequenziale ha delle caratteristiche ineguagliabili di appeal, di facilità di fruizione e di duttilità e si presta a interagire e dialogare con tutte le altre discipline artistiche, culturali, sociali, scientifiche permettendo così di approfondire un numero svariato di
discipline ed argomenti. Il PAFF! inoltre non si ferma alla sola proposta di eventi espositivi, ma si declina nel suo svolgersi in azioni didattiche, ludiche, formative. Vuole diventare, dunque, un polo nazionale e internazionale di cultura dedicato al fumetto e ha già in fieri sinergie e collaborazioni di ogni natura, grazie alla sua valenza di contenitore culturale prismatico e interattivo. Il progetto è anche quello di riqualificare il contesto urbano su cui sorge il PAFF! rilanciando un contenitore culturale da tempo poco attivo; di divenire un perno per il nuovo turismo esperienziale di tutta l'area geografica; di fare formazione e funzionare come incubatore di idee e di nuove start-up; di ospitare eventi e incontri per partner privati. La struttura a settembre ha ospitato le anteprime di “Comics Soon” e le prime tre mostre dedicate a “Milo Manara: Fellini/Shakespeare“, “Toni Capuozzo & Miron: La culla del terrore“ e “Luca Salvagno: Odorico da Pordenone“. L'inaugurazione ufficiale del PAFF!, alla presenza delle istituzioni, è avvenuta invece a dicembre con l'evento espositivo inaugurale, la mostra “Smudja: da Leonardo a Picasso. Viaggio a fumetti nella Storia dell'Arte“ tenutasi fino a maggio. L'opera di Gradimir Smudja ha incarnato le strategie del Palazzo Arte Fumetto Friuli e offerto il contenuto ideale ad iniziare questo percorso, per il suo aspetto al tempo stesso divulgativo, divertente e perfetto per interessare e incuriosire il pubblico, anche quello meno abituato, ad approfondire la conoscenza dei maggiori artisti della storia dell’arte. Dopo Smudja, un'altra mostra di respiro internazionale con Giorgio Cavazzano, il grande maestro del fumetto mondiale e autore di “Side by Side“. L'esposizione di 100 delle sue più famose opere originali tra tavole a fumetti, illustrazioni, schizzi, studi e gli straordinari e rarissimi dipinti realizzati in 50 anni di carriera è in corso in questi mesi al PAFF!, fino al 22 Settembre. Come già per Smudja, l'inaugurazione della mostra è avvenuta alla presenza dell'autore, un'altra importante esperienza per gli appassionati del genere resa possibile grazie a questo grande contenitore culturale che è il PAFF!.
Gradimir Smudja, passeggiando lungo la storia «L'artista ha saputo conciliare la solennità delle più grandi opere d’arte con l’ironia dei fumetti» di Jaqueline 1,2,3…PAFF! Chi di voi ha avuto il piacere di ammirare la mostra dedicata “Gradimir Smudja: da Leonardo a Picasso. Viaggio a fumetti nella Storia dell’Arte” potrà confermare di aver fatto una passeggiata nella storia senza accorgersi del trascorrere del tempo. Non è stata la classica mostra “Zia, quando usciamo?”, ma, anzi, “Zia, fammi una foto al Mouline Rouge che poi la mando alle mie amiche”. Smudja è pittore, illustratore e autore di fumetti serbo di origine e italiano di adozione: considerato da molti uno dei più abili e talentuosi autori viventi, è ancora poco conosciuto al grande pubblico. A lui il PAFF! ha dedicato un excursus di oltre cento opere che ha ripercorso - attraverso il virtuosismo, l'ironia, la vivacità e l'incondizionata passione per il racconto - un meta-viaggio dell'arte all'interno della propria storia e degli artisti più importanti. Questa iniziativa, sostenuta da Comune di Pordenone e Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, con la partnership del FAI (Fondo Ambiente Italiano), di Cooperativa Melarancia e di Associazione Màcheri, ha saputo coinvolgere grandi e piccini,
raccontando quasi 500 anni di storia della pittura in modo leggero, divertente e alternativo. È un modo differente di percepire la storia dell’arte così come ce l’hanno propinata al liceo (il mio prof non me ne voglia) e al contempo è un'occasione per introdurre le nuove generazioni ad una materia che il più delle volte viene dimenticata o studiata malvolentieri. Volete mettere quanto possa essere più accattivante un quadro di Michelangelo se compare anche un micione bizzarro e una fanciulla impertinen-
Non solo mostre ma anche formazione Ricca è la proposta di corsi e laboratori artistici per bambini ed adulti di Mi. Bi. Solamente nei primi sei mesi dalla sua inaugurazione il PAFF! ha realizzato 78 attività laboratoriali per adulti e per bambini, 64 eventi, 11 mostre, totalizzando 12.209 presenze. Sono numeri che raccontano come il Palazzo Arte Fumetto Friuli non sia una semplice galleria espositiva. È nato per
essere – e lo sta diventando un luogo esperienziale a 360 gradi con al centro il fumetto a fare da filo conduttore. Il PAFF! è un non-museo multidisciplinare e trasversale, motore socio-culturale, moderno e innovativo. Non si ferma alla sola proposta di eventi espositivi, ma realizza anche
te? Una vecchia pubblicità diceva: “Giocando, si impara” ed è questo il messaggio che viene trasmesso. Smudja interpreta l’arte in modo che questa perda quel rigore e pesantezza che la rendono spesso la materia associata alla noiosità e al passato. Con Smudja ci si diverte, avvince. Ti viene quella voglia di accelerare il passo, non perché tu sia esausta, ma perché sale la curiosità di vedere cosa ci sia nella sala successiva. Poi ti fermi davanti all’opera e fra te e te pensi: “Grandioso, un artista in grado di rendere
meno cupo anche Durer”. Ed è questo l’artista moderno. Un genio che si adatta alle nuove tecniche pittoriche, non trascurando quello che risulta essere il cuore della pittura europea. La bravura di un artista sta proprio nel saper coinvolgere e attirare pubblico di qualsiasi età e livello. E Smudja in questo è un vero fenomeno perché ha saputo conciliare la solennità delle più grandi opere d’arte con l’ironia dei fumetti. Aggiungiamo poi quel tocco di multimedialità che attira l’attenzione di tutti. Ditemi che nessuno di voi, passando nei corridoi, ha lasciato una dedica o una firma sul vetro con il pennarello messo a disposizione, magari con sguardo furtivo, per risentire il brivido di quando eravamo più giovani e aspettavamo che l’insegnante si distraesse per scrivere “Forza Juve” alla lavagna. Così come immagino che più di qualcuno abbia timidamente guardato attraverso la feritoia per capire cosa ci fosse dietro. Io non vi svelo il segreto, perché mi auguro che ci possa essere una seconda occasione per riproporre la mostra e lasciarsi sorprenderere un'altra volta di fronte alla bravura di questo artista.
azioni didattiche, ludiche, formative e valorizza il territorio dal punto di vista turistico. Èun polo nazionale ed internazionale di cultura dedicato al fumetto che ha già avviato collaborazioni di ogni natura con più realtà del territorio, grazie alla sua valenza di contenitore culturale interattivo. È un “creatore” di proposte per il pubblico adulto, ma non dimentica nemmeno le fasce più piccole nell'intento di trasmettere conoscenza e amore per l'arte attraverso lo strumento delle visite guidate, dei laboratori e del gioco. In occasione della mostra ”Side by side” sono ad esempio tornate le visite guidate dedicate ai più piccoli, mentre un'occasione unica per vivere l'estate al PAFF! tra divertimento, creatività e fumetti è la proposta
del “Campus PAFF!”, dedicata ai bambini dai 6 ai 12 anni. Quest'ultimo sarà organizzato al raggiungimento del limite minimo di iscrizioni e si terrà dal 1° al 12 luglio, quindi dal 26 al 30 agosto e dal 2 al 6 settembre. Sarà un percorso originale e guidato, sul filo dell'arte. Durante le mattine i piccoli ospiti del Campus giocheranno, impareranno, conosceranno. Ogni giorno, si partirà dalla magnifica mostra “Giorgio Cavazzano – Side by Side” e, in seguito, i partecipanti saranno coinvolti in numerose attività artistiche applicando le più diverse tecniche espressive. Formazione, gioco, divertimento e immaginazione saranno al centro degli incontri sotto l’esperta guida delle professioniste dello studio Eupolis.
Mondo Disney, Cavazzano in mostra fino a settembre
Pordenone e della Regione Friuli Venezia Giulia, esplora l’opera del maestro veneziano per aree tematiche e i generi narrativi toccati nella sua poliedrica e pluridecennale produzione: dalla fantascienza al western, dalle città ai supereroi, dalla musica all’avventura. Cavazzano dal 1967
ha disegnato centinaia di storie memorabili disneyane; ha reinterpretato i grandi classici della letteratura e del cinema come Casablanca, La Strada, Novecento, il recente Topo Maltese; ha “paperinizzato” decine di personaggi famosi: Vincenzo Paperica/ Mollica, Mina Uack/Mina, Paperotti/Jovanotti; il suo segno inconfondibile influenza da decenni il fumetto umoristico e per questo è considerato un mito Disney al pari di Iwerks, Barks, Gottfredson; nel 2018, in occasione delle celebrazioni dei 90 anni di Mickey Mouse, ha realizzato, come disegnatore-simbolo, sei francobolli per Poste Italiane a tema con tiratura di otto milioni di copie. La mostra “Giorgio Cavazzano Side by side” si protrarrà fino al termine di Pordenonelegge ed è visitabile dal martedì al venerdì dalle 16 alle 20; sabato e domenica dalle 10 alle 20. Nel fine settimana le visite guidate si tengono alle 15 e alle 18. Tra le opere in esposizione, anche la produzione non-Disney dell'artista con il graphic-novel veneziano de l’Uomo Ragno, Dylan Dog, le avventure western di Silas Finn per il mercato francobelga, i polizieschi di Altai e Jonson sceneggiati da Tiziano Sclavi, albi divulgativi, illustrazioni per l’infanzia, il Gioco dell’Oca per la Del Negro, fino al fumetto sui personaggi dei game di Angry Birds.
artisti che si sono esibiti, sia nel bell'auditorium che immersi nelle gigantografie colorate delle esposizioni. Abbiamo cominciato con lo straordinario violoncello di Riccardo Pes e proseguito con il magico saxofono di David Zucchi, venuto dal Canada. Entrambi sono stati abilissimi ad inserire brani dal repertorio classico e da composizioni proprie nella magia del mondo disegnato da Smudja. Sono inoltre moltissime le collaborazioni che abbiamo attivato, aprendo a tutte le realtà del territo-
rio: collaboriamo con Pordenone Blues Festival e con Blues in Villa, che ha portato a PAFF! Sonic due concerti di Jazzinsieme e una serata con Enrico Rava dedicata alla presentazione del libro su Miles Davis. Con la Scuola di Musica Città di Pordenone abbiamo organizzato quattro serate consecutive di concerti di fine anno, con chitarre classiche, violini, cantanti, batteria, pianoforte. Grandissimo l’afflusso del pubblico, ma soprattutto il coinvolgimento di tutti quelli che hanno partecipato. Sabato 22 e domenica 23 giugno due date di Piano City e il lunedì seguente una giornata di masterclass pianistica. Un altro appuntamento in calendario è quello di domenica 14 luglio con il concerto dell’ensamble coristica diretta dal Maestro Emanuele Lachin.
Il PAFF! espone 100 opere del fumettista veneziano che da mezzo secolo incanta grandi e piccini di Milena Bidinost Dopo Gradimir Smudja, dal 26 maggio al 22 settembre il PAFF! propone un'altra grande mostra di livello internazionale: è dedicata ad un mito vivente del fumetto umoristico mondiale che, negli ultimi cinquant'anni, con i suoi disegni ha accompagnato generazioni di bambini e non solo bambini. Lui è Giorgio Cavazzano ed è il fiore all'occhiello di questa estate al PAFF!, il Palazzo Arti Fumetto Friuli di Pordenone. Veneziano, classe 1947, Cavazzano è l’unico autore al mondo autorizzato a realizzare dipinti dedicati ai personaggi disneyani, privilegio concesso prima di lui solo a Carl Barks (1901-2000), l’inventore di Zio Paperone. Il PAFF! gli dedica un'esposizione di oltre 100 opere originali tra tavole a fumetti, illustrazioni, schizzi, studi e gli straordinari rarissimi dipinti realizzati in mezzo secolo di carriera. È stata inaugurata
il 26 maggio alla presenza dell'artista ed è un percorso per adulti e bambini, una visita esperienziale memorabile, nel contesto urbanistico e architettonico immerso nel verde di Parco Galvani. La mostra, a cura del PAFF! e di Francesco Verni, con la collaborazione del Comune di
Quando la musica va a braccetto con il fumetto Negli spazi espositivi del parco Galvani, anche PAFF! Sonic, il ramo musicale del PAFF! di Michele Giacalone PAFF! Sonic è il ramo musicale del grande albero del PAFF! L’idea di unire musica e fumetto nasce nel 2003, quando insieme a Giulio De Vita decidemmo di creare l'Associazione Vastagamma, che oggi gestisce il PAFF! A quel tempo ero bassista nel gruppo rock Vastagamma, proposi all’amico Giulio, già un grande fumettista, di farci un videoclip. Ne venne fuori un piccolo capolavoro di ironia, che fu premiato dalla Fandango a Roma e sull’onda dell’entusiasmo ci chie-
demmo: “Perché non allargare questa esperienza, questa sinergia, ad altri artisti?”. Era già li lo spirito del PAFF!. Da allora fumetto e musica, a braccetto, hanno fatto tanta strada. Certo, ci sono innumerevoli esempi di collaborazioni tra Arti. Ma qui a Pordenone PAFF! Sonic ci mette una nota o meglio un baloon in più, e mira a coinvolgere tutte le fasce di età, in modo inaspettato, per far sbattere gli occhi e aprire la mente. In meno di sei mesi dall’avvio di PAFF! Sonic sono già molti gli
Quarant'anni di fumetti a Pordenone Emanuele Barison, uno dei padri fondatori di quest'arte, si racconta. Dai primi progetti degli anni Ottanta, alla creazione del PAFF!
intervista raccolta da Virginia Bettinelli Nel 1980, conobbi Eugenio Loi, grande appassionato di fumetti. Era il periodo di fumetti Marvel Comics editi, in Italia, dall'Editoriale Corno. Lui era riuscito ad ottenere, tramite degli amici della Base di Aviano, gli originali di “Spider Man” (L’Uomo Ragno), de “I Fantastici Quattro”, “Hulk” ed altri ancora. Eravamo lettori appassionati di questi fumetti e cominciammo a copiare i Supereroi. Io e Eugenio condividevamo questa passione per il disegno, così ad un certo punto abbiamo deciso di creare dei fumetti nostri. Scrivevamo dei testi, poi io disegnavo i personaggi e lui i fondi. Nel frattempo cercavamo lavoro come grafici pubblicitari. Un giorno siamo andati alla sede di “Città nostra” (uno dei primi giornali locali di scambi commerciali ed annunci), che all’epoca aveva un grande successo a Pordenone e cercavano dei grafici per rinnovare il logo e vari marchi. Ci presentammo dal direttore, Roberto de Luca, portando anche un portfolio da mostrare, tutti i fumetti che nel frattempo avevamo realizzato per passione, ed anche delle parodie di telefilm famosissimi come per esempio “Dallas”, diventato “Dolla$”. Il
direttore ne fu entusiasta e fu coraggioso da proporci una cosa che per me è stata una delle esperienze più emozionanti e fantastiche della vita. Praticamente mi son trovato all’età di vent’anni, ad avere la possibilità di gestire una rivista di fumetti tutta nostra. Il direttore decise di pubblicare una rivista chiamata “Fantasy” che conteneva tutti i nostri fumetti e di qualche altro nostro amico. Io ed Eugenio gestivamo tutto: i redazionali, le interviste, la rubrica delle lettere. Purtroppo la rivista è durata solo tre numeri perché c’era un problema soprattutto legato alla distribuzione. Ma alla fine la pubblicazione di “Fantasy”, è stata importantissima perché è stata la prima avvenuta a Pordenone; una sorta di lancio storico. Sono rimaste pochissime copie, purtroppo, a documentare la prima vera realtà fumettistica a Pordenone. Alla fine degli anni ’80, conobbi Romeo Toffanetti, col quale condividevo oltre che la passione per il fumetto, in quanto lui era già in quel periodo un disegnatore professionista, anche la passione per il cinema (assieme, nel 2006 realizzammo anche il film: Rockstalghia); e Davide Toffolo. Insieme fon-
L'arte fa bene alla comunità Vastagamma, laboratorio permanente di progetti artistici di Mi.Bi. L'associazione è nata nel 2002 per realizzare un videoclip del gruppo musicale Vastagamma e del creativo Giulio De Vita, che ne è diventato il presidente. Il video è stato inserito nelle nomination come miglior video al concorso nazionale “Video Killed the Radio Star“ promosso da Fandango Film a Roma. Da questa felice collaborazione l'Associazione intuisce le potenzialità del progetto Vastagamma come fucina di talenti e di collabo-
razioni in ambiti transdisciplinari e i suoi componenti decidono di mettere a disposizione del territorio le proprie competenze. Vastagamma dal 2003 è quindi un laboratorio di progetti artistici trasversali che ha sempre prestato attenzione al fumetto, sia per l’importante realtà presente sul territorio che per le particolari caratteristiche di questo linguaggio sempre innovativo, vicino ai giovani e adatto al connubio con altre discipline. Nel 2009 l'asso-
dammo la scuola del fumetto: “Gorilla bianco”. Demmo il via ad una serie di corsi e uno degli studenti che abbiamo avuto la fortuna di avere, proprio all’avvio fu Giulio De Vita che individuai subito come ragazzo di talento. Gli proposi di lavorare con me alla realizzazione del fumetto “Alex il Britanno”, ed in seguito anche per alcuni progetti francesi. Cominciò così la sua carriera di grande successo che tutt’ora continua a livello internazionale. Questa è per sommi capi la storia del fumetto dei principali protagonisti di Pordenone, per arri-
vare fino al Palazzo delle Arti e del Fumetto del Friuli. È un progetto pensato da Giulio de Vita, che poi mi ha invitato a partecipare: insieme ad altri professionisti, siamo riusciti ad avere la possibilità di rilevare Galleria Pizzinato e Villa Galvani e unire assieme le forze per realizzare il PAFF!. Un progetto pioneristico e coraggioso, ma che non è solo una mostra è anche un viaggio, fatto di fumetti, musica, un verde parco profumato di rose a maggio, un sontuoso palazzo dove il rumore della città si spegne e si accendono i colori, le note e la mente.
ciazione ha varato anche l’iniziativa SocialComics. Nata inizialmente come community online di disegnatori e sceneggiatori intenzionati a condividere esperienze, tecniche e informazioni, presto si è evoluta in una mostra con asta di beneficenza di tavole originali donate dai fumettisti locali. È stata l'occasione per questi ultimi di rendersi utili alla comunità attraverso il proprio lavoro ed esprimere per la prima volta in maniera organica, attraverso un’azione benefica, un fermento nato oltre trent'anni fa e che oggi dà a Pordenone uno dei vivai di talenti più importanti d’Italia. SocialComics dimostra che il fumetto non è solo evasione e superficialità ma può svolgere, e svolge un importante ruolo sociale. In collaborazione con Fondazione Maruzza, SocialComics
con un “Mantello di Carta” libro composto da un racconto inedito di Carlo Lucarelli e da illustrazioni di cinquanta fumettisti di fama internazionale, nato per diffondere e promuovere in un modo nuovo le cure palliative pediatriche - ha fatto poi un balzo in avanti importante. Da un lato il gruppo si è mobilitato per un tema di grande spessore e delicatezza come la sensibilizzazione alle cure palliative domiciliari pediatriche, dall'altro ha allargato il raggio d'azione ad autori anche internazionali e di grande calibro concretizzando l’azione benefica in una pubblicazione. Dallo scorso anno Vastagamma è impegnata nel “Paff!“ il “Palazzo Arti Fumetto Friuli“, progetto che gestisce con il sostegno del Comune di Pordenone e della Regione Friuli Venezia Giulia.
INVIATI NEL MONDO
Cento chilometri in bicicletta nella campagna friulana Da Spilimbergo a Cividale e ritorno, per vistare la prima Festa delle Api di Elisa Cozzarini Servono mappe dettagliate per studiare gli itinerari da fare in bicicletta: bisogna riuscire a imboccare tutte quelle strade secondarie che in auto si evitano. Il ponte sul Tagliamento, a Dignano, devo passarlo per forza. È il Primo Maggio e non c'è tanto traffico. Il fiume scorre, con la sua ipnotica forma a rami intrecciati, azzurro tra isolotti di ghiaia chiara. Vorrei fermarmi ad ammirarlo. Dopo mesi di siccità, vederlo rivivere mi dà una grande gioia, però, dato che non ho idea di quanto tempo ci metterò per raggiungere Udine, non posso cominciare a fare soste da subito. Sto imparando a viaggiare in bicicletta, cerco di misurare tempi e distanze. A Dignano vado verso Flaibano, due paesi divisi dalla competizione su chi
organizza la sagra del frico più grande. Ci sono un cielo blu limpido e un sole rassicurante. Le montagne con le cime innevate all'orizzonte spuntano dalla pianura coltivata, con qualche albero e un reticolo di strade bianche ad attraversarla. Forse sono uscita dal percorso che avevo pensato di seguire, perché all'improvviso trovo un cartello con il nome di un paese che sono certa di non aver mai sentito né visto prima: Barazzetto, frazione di Coseano. Ho attraversato già cinque Comuni diversi in pochi chilometri. Questo piccolo centro è stato riqualificato di recente e la piazza merita la prima sosta del viaggio. Leggo che ci troviamo dove scorreva uno dei fiumi originati dal grande ghiacciaio tilaventino, che
arrivava fino alla pianura. Oltre la piazza, c'è il pozzo, con l'antica vera ricollocata al suo posto proprio con questa ristrutturazione. Mi resta il dubbio di cosa voglia rappresentare la nuova fontana in cemento, tra case e pavimenti di sassi. Non c'è tempo per rispondere a tutte le curiosità: mi rimetto in sella e affronto la via riqualificata di pietre rotonde che mi fanno desiderare l'asfalto. Imbocco l'ampia SP 60, che mi porterà dritto a Udine, una rotonda dopo l'altra, superando eleganti filari di gelsi, corridoi verdi di alberi e arbusti tra i campi coltivati, con all'interno tutto un cinguettio. Alle soglie della città, trovo come per miracolo una pista ciclabile e mi illudo che sia stata pensata per far entrare i ciclisti in sicurezza. Poche pedalate dopo, invece, la pista finisce senza preavviso in un prato. Faccio il sottopassaggio per le auto e vado oltre la tangenziale, entrando finalmente a Udine. Raggiungere la stazione è un percorso a ostacoli, per me che non conosco così bene la città fuori dal centro. E intanto i minuti passano. Penso che, se il treno per Cividale avesse qualche minuto di ritardo, forse potrei riuscire a prenderlo. Invece è partito in perfetto orario. Il prossimo è tra un'ora. Decido di proseguire in bicicletta, perché la stazione non è un posto per ciclisti. Neanche le strade lo sono. Da noi, tutto è disegnato per le auto. Mentre accompagno a mano la bicicletta nello strettissimo passaggio pedonale del cavalcavia della stazione, immagino una città diversa, disegnata per le biciclette e i pedoni, con l'aria pulita. Percorro un pezzo della famosa ciclovia Alpeadria, la FVG1, prima di riprendere la mappa e cercare le strade secon-
darie verso la Casa del Miele Nardini: è questa la mia meta. Oggi c'è la festa delle api. Nella piazza di Orsaria di Premariacco imbocco una via in discesa. Mi accorgo in tempo del segnale di pericolo: c'è un 15% di pendenza improvvisa e, sotto, il fiume Natisone color smeraldo. Se facesse più caldo mi tufferei. Il paesaggio sta cambiando,
dalla pianura sono spuntate dolci colline. Mancano pochi chilometri all'arrivo. Ad aspettarmi ci sono una birra, un panino, musicisti con la fisarmonica, decine di alveari e migliaia di api. Mi accorgo della stanchezza solo all'arrivo, quando mi siedo e mi rilasso. Non posso permettermi di perdere il treno da Cividale a Udine. Riparto presto, vado in discesa, attraverso l'affascinante Ponte del Diavolo pieno di turisti e corro in stazione. Cerco di riposarmi, perché poi avrò ancora 40 km in bici da Udine fino a casa. E in totale saranno 100.
PANKAKULTURA
Cammariere, «Ad iniziarmi alla musica è stato il mare» A maggio l'artista ha aperto la rassegna “Vocalia” al Teatro Verdi di Maniago a cura di Giorgio Achino Musicista, compositore e interprete della grande scuola cantautoriale italiana, a maggio nel suo concerto Piano solo Sergio Cammariere ha incontrato il pubblico di Maniago. Lo ha incantato con il suo mondo musicale, capace di sposare il jazz con i ritmi latino americani, la musica classica. Ma chi è Cammariere, l'artista, l'uomo dietro la sua musica? A Libertà di Parola, il musicista calabrese, romano di adozione, si è raccontato così. Tutto è iniziato a Crotone negli anni Sessanta. Il mio sogno era quello di diventare un musicista. Fin da quando avevo otto anni, grazie al coro parrocchiale, mi sono avvicinato alla musica classica suonando il mio primo strumento: una melodica soprano. Il passaggio dallo strumentino didattico alla tastiera fu naturale e crescendo, a 12 anni, cominciai a suonare l’organo a canne nella chiesa di San Giuseppe. A 13 anni mio padre mi regalò un organo Gem con il quale suonai nella mia prima band, gli Emmaus. La mia formazione musicale passò attraverso Schubert, Verdi, Bach e Debussy ma anche da i Genesis e I Pink Floyd. Al pianoforte mi sono avvicinato
grazie a mia cugina, che ne aveva uno. La mia iniziazione, tuttavia, la lego al mare quando da bambino mi addormentavo ascoltando quella musica infinita. Fondamentale fu anche mio padre, Salvatore Cammariere, un coltivatore diretto con la passione della fotografia e della musica. Grazie a lui e al registratore a bobine marca Geloso, su cui registrava tutte le canzoni di
La 13^ edizione di “Vocalia” Nato nel 2001 con l’obiettivo di caratterizzare l’offerta del Teatro Verdi di Maniago che aveva riaperto da poco dopo la ristrutturazione, “Vocalia” da sempre accende i riflettori sulla magia della voce umana, vero focus della manifestazione. E' una scelta che ha permesso alla rassegna di posizionarsi fra i maggiori eventi musicali del Friuli Venezia Giulia. Nel 2018, dopo sette anni di interruzione, il festival ha ripreso il suo cammino rientrando a pieno titolo fra quelle iniziative di spessore capaci di attrarre a Maniago pubblico dall’intero Nord-Est. “Vocalia” non è solamente musica, ma un ampio progetto culturale che, con il supporto organizzativo dell’associazione Thesis, coinvolge associazioni e scuole del territorio: Cinemazero, Filarmonica Maniago, il comprensivo “M. Hack”, l’istituto “E. Torricelli”, le associazioni Teatro Le Piramidi e ManiagoTeatro. “La musica e la parola”. A questa relazione, in assoluto la più stretta fra le arti, alla bellezza e all’intensità che la combinazione felice di “parola e musica” riescono a suscitare, è dedicata in particolare la 13^ edizione del festival tenutasi quest'anno. La rassegna è organizzata dal Co-
Sanremo, ho formato il mio Dna musicale ascoltando e riascoltando le canzoni italiane più belle, quelle di Carlo Alberto Rossi, Modugno, Sergio Endrigo, Sergio Bardotti, Giorgio Calabrese, Umberto Bindi, Bruno Lauzi (artisti che ho avuto l’onore di frequentare nella mia vita reale). Sempre in quegli anni (e sempre in una parrocchia) cominciai a comporre le mie prime musiche per alcune opere teatrali registrando su un Revox, due piste a bobine con un pianoforte a muro. Nello stesso periodo mi invitarono a suonare alla “CasaRossa” e diventai pianista dell’albergo. Suonavo quelle canzoni ascoltate da piccolo, inventando a volte anche melodie nuove, che nascevano in quel momento; avevo una spiccata predisposizione all’improvvisazione, i momenti che preferivo erano quelli in cui rimanevo solo e potevo giocare con le note, in piena libertà. Verso la fine degli anni ’70 mi trasferii a Firenze, dove avrei dovuto terminare gli studi all’università ma l’indipendenza economica raggiunta suonando allo Yellow Bar e poi al Il Tabetà mi fecero abbandonare gli studi. Grazie a Giancarlo Chiari, uno dei miei maestri iniziai a cantare, me lo suggerì lui e così cominciai a
farlo dal vivo proponendo un repertorio anglo americano, il jazz, la musica brasiliana e i cantautori italiani. Inoltre mi appassionavano le canzoni napoletane e i cantautori italiani, in particolare la scuola genovese, Paoli, Tenco, De André e poi Gaber, Jannacci, Guccini. Verso la metà degli anni Ottanta mi trasferii a Roma dove la mia carriera ebbe una svolta grazie anche a degli incontri determinanti: Pino Quartullo, che mi commissionò la colonna sonora per il film “Quando eravamo repressi” e successivamente Roberto Kunstler, con il quale iniziò una collaborazione per i testi che continua tuttora. Dopo la pubblicazione di “I ricordi e le persone”, Kunstler/ Cammariere e la Stress Band, nel ‘97 partecipai al Premio Tenco a Sanremo, condividendo il palco con Fabrizio De André, Paolo Conte e Francesco Guccini, vinsi una borsa di studio istituita dall’Imaie come miglior esordiente. Nel 2000 arrivò Biagio Pagano, il mio produttore, la persona a cui devo tutto il mio successo, che è stato al mio fianco come un fratello fino alla sua prematura scomparsa. (...) Oggi guardo al passato con tenerezza, penso a tutte quelle coincidenze che hanno cambiato il corso della mia vita, quel susseguirsi di eventi che, inconsciamente, ha contribuito alla mia formazione artistica. Il pianoforte in tutto questo ha un ruolo fondamentale, è lo strumento attraverso il quale esprimo la mia esistenza. A volte il cuore parla più delle parole, il motivo che mi ha spinto a pubblicare qualche anno fa un disco solo piano, “Piano”, una necessità. Etica, estetica e spiritual.
mune di Maniago con il sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia e la direzione artistica di Gabriele Giuga. «Parola e musica da sempre muovono l’animo dell’uomo – spiega il curatore del festival - lo scavano, lo incidono, lo indagano come nessun’altra combinazione di espressioni artistiche. I quattro artisti di questa edizione sono musicisti che alla parola hanno affidato lo stesso compito che hanno chiesto alla musica». Quest'anno “Vocalia”l si è aperto con il concerto “Piano solo” di Sergio Cammariere, cantautore e pianista che rispecchia l'animo e l'approccio unico tra intensi momenti di poesia intrisi di suadenti atmosfere jazz e coinvolgenti ritmi latini. E' seguito quindi il concerto di Nada, una voce che in tutta la sua lunga carriera è rimasta legata alla poesia per un'interprete e autrice dalla classe e dalla sensibilità uniche. Uno dei concerti che ha interpretato in maniera sorprendente il tema del festival è stato poi quello di Noa, cantante israeliana stella del firmamento mondiale della musica che ha rappresentato una bella esclusiva per “Vocalia”. Il suo tour, oltre a Maniago, ha toccato soltanto Roma e Napoli. A chiudere la rassegna, è stato quindi Mauro Pagani con “Crêuza de mä”, pubblicato nel 1984 e composto a quattro mani con Fabrizio De Andrè, rieditato nel 2014 e diventato un concerto. (g.a.)
IL RICORDO
Così ho conosciuto Guerrino, il guerriero Pubblichiamo una lettera di un amico arrivata in redazione. «Aveva sempre un sorriso, mai uno sgarbo o una contrarietà» di Giuseppe Alacqua Visto che avete utilizzato Voltaire, e fatte vostre due delle sue significative espressioni, permettetemi di farle anche mie e, pertanto ben venga la Libertà di Parola. Non sapevo che il mio vicino di casa, così amavo chiamarlo, aveva contribuito a far nascere, crescere, affermarsi un mensile così liberale. Un poco tutti hanno attinto dalla personalità di Guerrino, il cui nome si è prestato ad essere trasformato in Guerriero, nulla di più realistico. Quando comparve nella corte di via Montegrappa insieme ai suoi affetti, tutti noi residenti abbiamo fatto fatica a dargli una collocazione. Ci si chiedeva se avessimo acquisito un bravo vicino, o forse uno di quelli rumorosi, meglio, di quelli fantasma a seguito delle sue strane assenze, nulla lasciava trapelare dove andasse. Con il passare dei giorni, grazie ad un sottile servizio investigativo, a poco a poco si delineò e comparve l’immagine di una persona diversa; diversa per la problematica personale da risolvere, e ancora di più per la riservatezza, come a dire: “che nessuno ne parli, me la rubi, e tutta mia”, nel senso che ritenesse doveroso non caricare ad altri le sue preoccupazioni. Ad ogni sua ricomparsa, il caloroso tifo di sostegno dei residenti faceva sperare fosse la sua ultima assenza; ci convincevamo che si fosse allontanato giusto il tempo di un tagliando, per sistemare la sua meccanica ammaccata. Un giorno, che lo vidi rientrare da un giro in bici, pensai: ”che svolta significativa” purtroppo in seguito non lo vidi più pedalare. Ad incontralo non sapevi se chiedergli della sua salute, o di un articolo letto su Focus, o infine se parlare di futilità, comunque Guerrino ti rispondeva sempre con un sorriso, gentilezza; mai uno sgarbo o una contrarietà. Fu così che a seguito di una sua ricomparsa, mercoledì 30 agosto 2017, pensammo di trascinarlo fuori di casa lontano
dai fornelli, era trapelata la notizia che amava cucinare, e così dedicargli una serata diversa. Con la complicità di Emanuela apparecchiammo in un angolo della corte una tavolata in suo onore. Per l’occasione mettemmo due parole una di seguito all’altra per dare un significato alla serata … Va e viene, quasi scivolando con la sua auto. A volte mi sono chiesto da dove fosse apparso, e da dove scende, nessun sportello si è chiuso. Sempre silenzioso e discreto. Sembra voglia proteggere, preservare il prossimo, che ama con tenerezza, come a non volerlo coinvolgerlo nei problemi di sua vita, non parlarne. Non argomenti da salotto. Se il nome di ogni persona in passato era scelto per trasmettere certe caratteristiche o poteri coinvolti in essa, è giusto il suo “Guerrino”. Appropriato, sembra che lui ami i colori pieni di vita e fuoco. Nel cortile in cui si vive, a volte si parla di “Guerrino”, con la stessa delicatezza con cui lui entra ed esce dal portico, con stima, sottovoce e rispetto. Come a parlare di segreti, solo fra noi, i suoi vicini. Se ti capita di parlare con lui, lo senti fornito di un innato ottimismo che cerca di trasmetterti, come fosse ritornato da una gita. Ritorna a scivolare da sotto il portico, se non sta a riposare. Appena dirada le sue apparizioni, pensi che sia in gita. La vita va vissuta con grande grinta, giorno dopo giorno, ma sono le belle parole di chi sta bene, ma penso che il mio vicino, sia determinato a realizzare i suoi sogni nella sua famiglia. Ben ritornato, ti vogliamo bene! Il resto è noto agli amici e a quelli che lo hanno conosciuto bene, i giorni sono passati, tutto si è concluso così come il destino aveva designato, e così ebbi modo di assistere diciamo all’ultimo atto del suo transito terreno. All’interno del cimitero, si era tutti in attesa che le sue ceneri venissero poste nella definitiva collocazione, quando inaspettatamente un motivo musicale si eleva nell’aria, gli sguardi increduli e impreparati dei convenuti si incrociano, e, i presenti tutti si trovano immersi nelle note di un melodia che certamente Guerrino aveva deciso che venisse riprodotta in quel preciso momento. Ancora una volta ci stava lasciando un insegnamento, signori e signore, morire è l’ultima delle cose e degli impegni che dobbiamo assolvere, e, ripeto l’ultima che ognuno di noi deve in un futuro vicino o lontano adempiere. Facciamola con dignità e nel modo migliore, o almeno secondo il nostro desiderio.
PANKA NEWS
Sondaggio online su Ldp Cari lettori, quest’anno festeggiamo i dieci anni di “Libertà di Parola”, il giornale redatto dall’associazione “I Ragazzi della Panchina” che ogni tre mesi è felice di incontrarvi sul web e nelle piazze. Il progetto, partito nel settembre del 2009, nasce dall’intento di creare un giornale in cui tutte le persone che di spazi sui giornali non ne hanno mai avuti possano avere la
possibilità di esprimersi. Anno dopo anno LdP è stato capace di unire realtà e persone diverse tra loro in un modo che non ci saremmo neanche immaginati, riuscendo a trasformarsi nel tempo fino a diventare uno strumento non solo di espressione, ma di vera e propria integrazione. Con grande sorpresa siete stati proprio voi lettori ad accogliere il nostro invito a “dire
la vostra” chiedendoci di poter partecipare, raccontando le vostre storie e arricchendo le pagine di “Libertà di Parola” con pensieri, sensazioni ed esperienze. Avete condiviso con noi viaggi, spettacoli, musica, traguardi, addii e molto altro ancora. È proprio per questi motivi che in occasione del decimo compleanno del giornale il nostro pensiero va a voi. Dopo dieci anni dall’inizio di questa straordinaria avventura umana prima ancora che editoriale, ci siamo fermati un istante per domandarci ancora una volta come
poter continuare a crescere e a migliorarci. Per questo abbiamo creato un sondaggio nel quale siete proprio voi ad esprimere le vostre opinioni riguardanti LdP. In questo modo ci darete la possibilità non soltanto di migliorarci, ma anche di conoscere i vostri gusti e i vostri punti di vista. Come si fa a partecipare? E' facile e veloce: compilate i campi richiesti e il gioco è fatto! Il tutto lo trovate sulla nostra pagina facebook: Panka Pordenone. Grazie per la collaborazione La Redazione LdP
PANKAULTRÀ
Serie B, il sogno neroverde è realtà I ricordi di una stagione emozionante vissuta sugli spalti a fare il tifo di Gianluca Giannetto “Sono sempre i sogni a fare la realtà”. Questa frase di un noto cantautore, accompagnata dalla presenza visiva di tante B neroverdi, è stata la scelta del tifo organizzato per aprire la sfida decisiva con la Giana Erminio del 28 aprile. Una coreografia che racchiude pensieri e desideri del popolo neroverde per questa fantastica stagione. È stata un sogno iniziato a luglio dello scorso anno a Bergamo e Pescara, con quella Coppa Italia che tanto ci aveva emozionato, con le storiche partite di Cagliari e San Siro, già narrate in una precedente edizione di questa rubrica. La stagione è partita con otto risultati utili consecutivi che hanno spinto il Pienne tra le prime posizioni della classifica di Serie C, nonostante un calendario spezzatino, figlio delle ormai croniche difficoltà del calcio italiano. Tanti sono stati i momenti cruciali che hanno dimostrato il carattere
vincente della nostra rosa: la vittoria in casa contro la Ternana, fino a quel momento schiacciasassi del torneo; la rimonta contro la Samb, con il Pordenone sotto 2-0 e che ha dato lo slancio per mantenere l’imbattibilità esterna mantenuta per tutta la stagione (unici in Europa); l’epica trasferta del 10 marzo a Trieste, con oltre 700 cuori neroverdi che hanno battuto all’unisono nei 90’ decisivi contro la Triestina, unica squadra del difficilissimo girone a tenerci testa fino all’ultimo giornata, fino a Gubbio con un settore ospiti stracolmo in attesa della promozione. Una promozione arrivata al Bottecchia proprio
Addio stadio Bottecchia, è stato bellissimo L'ultima partita, la festa e le luci che si spengono 25 maggio 2019. È una data che rimarrà per sempre scolpita nella memoria di qualsiasi tifoso neroverde per le emozioni agrodolci che ci ha trasmesso: in un solo giorno Storia e Futuro si intersecano in un tripudio di sentimenti. È il giorno dei festeggiamenti per la Promozione in Serie B e della Supercoppa di Serie C con i nostri beniamini in campo a esultare per il momento più alto dei nostri co-
quel 28 aprile, con una partita piena di momenti thriller che ha tenuto tutti i presenti in attesa fino al fischio finale che ha decretato l’approdo in serie B. Quello che è successo dopo la partita è noto: i cori, i caroselli, i fumogeni e le lacrime di gioia che si confondevano con la pioggia, caduta copiosa per tutta la notte della festa neroverde. Anche a distanza di qualche tempo da quella giornata, con in mezzo altre emozioni importanti e la vittoria del secondo trofeo della nostra storia, la Supercoppa di Serie C, non ci si rende ancora pienamente conto dell’impresa che abbiamo vissuto e di cosa
voglia dire essere in Serie B. Stiamo vivendo e scrivendo la storia calcistica di questa città. Il prossimo anno, quello del centenario della società, toccheremo il punto più alto, un sogno che vogliamo portare avanti il più possibile. Tra i tanti ringraziamenti letti e ascoltati, manca il grazie a quelli che sono stati i più “silenziosi” in queste settimane di feste. Un sincero grazie a chi da anni porta le pezze, i colori e la voce neroverde per tutto lo Stivale, a chi non ha mai saltato una trasferta, a chi era allo stadio sotto la pioggia, la neve, il sole torrido, a chi si è fatto i chilometri in giornate ed orari assurdi, a chi ha sacrificato ferie, giornate, notti per amore del Pordenone e dei nostri colori. Grazie Supporters. Grazie Bandoleros. Ci vediamo sugli spalti della serie B: ed è proprio strano pensare, scrivere e dire ad alta voce questa frase.
lori, ma è anche un giorno in cui la gioia si mischia con la malinconia. Dopo 92 anni di storia, il 25 maggio si è giocata l’ultima partita ufficiale del Pordenone allo Stadio Bottecchia. È stato teatro di questi ultimi splendidi anni ma anche di sconfitte, retrocessioni, contestazioni e di tutto quello che c’è dietro alle gradinate: le amicizie che vi sono nate, gli amori, le passioni, la sofferenza, i litigi. Un insieme di ricordi che ha caratterizzato tutta la giornata. Il Bottecchia è uno stadio in cui ben ricordiamo gli anni di purgatorio, delle serie minori, in cui tra le gradinate ti potevi contare sulle dita di qualche mano e che negli ultimi anni, grazie ai risultati ed al lavoro quotidiano degli ultras, si è riempito di giovani e tifosi, arrivando ai sold-out delle ultimi
stagioni. Ricordiamo bene sia l’indifferenza che l’amore che la nostra città è stata in grado di dare al nostro stadio. Forse al Bottecchia si giocherà ancora qualche partita, le giovanili del Pienne, la Primavera o chissà chi altro; forse torneremo anche a giocare tra quelle mura (ma tocchiamo ferro!) nel centro della nostra bella città. Ma dopo quel 25 maggio, dopo che le luci si sono spente, le urla di gioia dal campo sono finite mentre qualche romantico tardava ancora sui seggiolini della gradinata, si è chiusa una parte fondamentale della nostra storia. Ci siamo rivisti il 15 giugno alla Festa Neroverde – Bottecchia by night per festeggiare un’ultima notte tutti insieme. Addio Stadio Bottecchia. È stato bellissimo. (g. g.)
Hanno collaborato a questo numero
LDP - LIBERTÁ DI PAROLA Giornale di strada de I Ragazzi della Panchina ad uscita trimestrale o quasi Registrazione presso il Tribunale di Pordenone N. R. G. 1719/2008 N. Reg. Stampa 10 del 24.01.2009
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Virginia Bettinelli Scrive scrive scrive, piacere esigenza amore. Non trova pace nella sua vita trafelata, in perenne corsa alla ricerca di stare al passo con l’orologio che invece, implacabile, indica il tempo troppo velocemente. Nella scrittura trova invece la quiete, la pausa, sopra il delirio. Scrive per la Panka anche per questo, tentativo di pace in un mondo ostile.
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Chiara Zorzi S: "Chiara, guarda che bella frase che ho scritto!" C: ”bella ma non si scrive così...” S: "ok non è perfetta ma il senso poetico..." C: "...si bello, ma non si scrive così in Italiano!" S: "Quindi?" C: “tienila, ma non è giusta!”. Quando scorri, la consapevolezza del limite, che scorre con te, è vitale. Grazie Chiara
Si lancia dai pendii con i suoi rollerblade e siccome ha talento è riuscito a piazzarsi al 18° posto nel mondiale della disciplina e, pazzo com'è, con i suoi rollerblade va dapperttutto, perfino a dormire. La prossima sfida è diventare attore e giornalista: ce la farà il nostro eroe?
Milena Bidinost Per noi avere a che fare con una giornalista di professione non è mai facile: “Milena sai che ho sentito dire che.. vabbè dai, non importa”. Per lei avere a che fare con gli articoli che escono dalla Panka non è mai facile: “Scusate ma non credo che questa cosa si possa scrivere così perché giornalisticamente.. vabbè dai, non importa”. Milena, la mediazione è un’arte! Ben arrivata al MoMA!
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Gianluca Giannetto La Panka ha da sempre ospitato la tifoseria dei ramarri con affetto ed entusiasmo. “Out Low” identifica uno dei gruppi storici e quale miglior contesto se non quello della Panka poteva dare voce ai Fuori Legge?! Per LDP Gianluca scrive articoli dalle tematiche più diverse ma... voi non accontentatevi semplicemente di leggerli perché, essendo le parole capaci di un colore, troverete sempre il nero-verde ad esaltarle!
Simone Nel corso degli anni ha raggiunto tutti gli apici possibili, che sia Everest o Fossa delle Marianne, che sia vita o che sia morte, che sia amore o che sia odio. Stare con lui significa passare dall’essere certi che non ci sia più nulla da dire al restare sbalorditi dal fatto che ti ha ascoltato per davvero. Dopo un’assenza di tre anni è tornato con una carica speciale… speriamo non sia esplosiva ma piacevolmente regolata. Welcome Back!
Luca Cefaratti Psichiatria come origine, tossicodipendenze come presente. Si sta parlando di professione eh.. più o meno. Nuovo ingresso nella family, educatore istrionico, apicultore. Se fosse vero che ogni riccio porta un capriccio ne avrebbe da qui all’infinito ma, per ora, capricci pochi e voglia tanta. Ben arrivato, buon viaggio!
Redazione Giorgio Doardo, Associazione Sacile Cambia Marcia, Simone, Jaqueline, una mamma, Sara Lenardon, Luca Cefaratti, Giorgio Achino, Michele Giacalone, Virginia Bettinelli, Elisa Cozzarini, Giuseppe Alacqua, Gianluca Giannetto. Editore Associazione I Ragazzi della Panchina ONLUS Via Fiume 8, 33170 Pordenone
Impaginazione Ada Moznich
Giorgio Achino Teatrante per diletto adesso applica la tecnica in Panka. A tutti dice: "Sarò chi vuoi, nella tua personale rappresentazione della vita"; palco e Panka si confondono. Benarrivato in questo teatro! Sempre in scena Giorgio
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Sara Lenardon Seguendo le orme del fratello decide di fare il tirocinio da noi. Pazza. Per cui perfetta. Ginnasta di professione, studentessa per cultura, panchinara per passione. Scrive il suo primo articolo dall’altra parte del mondo, adesso scrive perché da noi ha scoperto un altro mondo.
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Capo Redattore Chiara Zorzi
Creazione grafica Maurizio Poletto
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Direttore Responsabile Milena Bidinost
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Ada Moznich Delle quote rosa lei se ne infischia, non le servono! Essere presidente donna di un’associazione di tossici è da solo un miracolo in termini. Si ama e si teme nello stesso istante, tiene tutti e tutto sotto controllo, anche il conto in banca: - Ada ci servirebbe una penna.. “scrivi con il sangue che le penne costano..!”
Stampa Grafoteca S.r.l. Via Amman 33 33084 Cordenons PN Fotografie A cura della redazione. Foto a pagina 4, 5 e 6 dal sito: www.xtremedays.it/ Foto a pagina 1, 4 e 5 dal sito: https://pixabay.com/it/ Foto a pagina 7, 8 e 9 dal sito: https://paff.it/ Foto a pagina di Emanuele Barison Foto a Pagina 11 di Elisa Cozzarini Foto a pagina 12 di Vocalia Foto a pagina 14 a cura del Pordenone Calcio Associazione i Ragazzi della Panchina ONLUS Via Fiume 8, 33170 Pordenone Tel. 0434 371310 email: panka.pn@gmail.com www.iragazzidellapanchina.it FB: La Panka Pordenone Instagram: panka_pordenone Youtube: Pankinari Per le donazioni: Codice IBAN BCC: IT69R0835612500000000019539 Codice IBAN Credit Agricol Friuladria: IT80M0533612501000030666575 Per il 5X1000 codice fiscale: 91045500930 La sede de I Ragazzi della Panchina é aperta dal lunedí al venerdí dalle ore 13:00 alle 18:00
I FUMETTI SONO LE FAVOLE PER GLI ADULTI STAN LEE
I RAGAZZI DELLA PANCHINA CAMPAGNA PER LA SENSIBILIZZAZIONE E INTEGRAZIONE SOCIALE DE I RAGAZZI DELLA PANCHINA