Libertá di Parola
N°1/2023 —— Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo.
Evelyn Beatrice HallN°1/2023 —— Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo.
Evelyn Beatrice HallMemoria
Il Medioevo è oramai riconosciuto come un'epoca ricca di avvenimenti importanti, non più buia, oscura e angusta. Spesso nella mentalità comune la parola "medioevale" è usata in modo critico, ma oramai è ampiamente riconosciuto che è proprio in quest’epoca che si sono gettate le basi del mondo mo-
derno: occhiali, orologi, la stampa, i mulini a vento sono stati inventati in questo fantastico millennio; Dante, Leonardo Da Vinci, Federico II di Svevia e Lorenzo de’ Medici, solo per citarne alcuni, sono personaggi storici che hanno segnato profondamente la nostra cultura. Il Medioevo è dunque parte della nostra sto-
La Pedemontana pordenonese con la sua biodiversità è il tema dell'approfondimento di questo numero di Ldp. Parliamo della ricchezza e bellezza di un'area che, inserita nelle Prealpi friulane, merita di essere scoperta in tutte le sue peculiarità. È compresa tra montagna e pianura e custodisce piccoli angoli di Paradiso naturale: dal biotipo Palù di Livenza alle acque cristalline della Forra del Cellina.
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ria anche se spesso ce lo dimentichiamo. Feste medievali e rievocazioni storiche sono testimonianza di questa ricerca e riscoperta di una identità locale delle comunità, anche nel nostro Friuli occidentale. Il territorio è ricco di appuntamenti estivi che esaltano le bellezze di alcuni borghi tra i più belli d’Italia. Succede a Caneva durante le Giornate Medioevali della manifestazione “Castello in festa" di luglio, mentre ad agosto c'è il Palio dei Rioni a Cordovado; a settembre c'è il "Medioevo a Valvasone", quindi a seguire "La Giostra dei castelli" a Torre di Pordenone. Sono appuntamenti immancabili delle estati pordenonesi, che richiamano migliaia di persone e coinvolgono altrettanti volontari nella realizzazione degli eventi. All'epoca immediatamente successiva al Medioevo, ossia al Rinascimento, è invece dedicata a Spilimbergo la "Rievocazione storia della Macia", che si tiene ad agosto. Chi partecipa alle rievocazioni storiche come figurante o artista, deve unire la pratica con la conoscenza del periodo al quale fa riferimento: diventa quindi una felice e appassionata mistione tra studio e arte. Chi invece vi partecipa come spettatore vive da parte sua un tuffo nel passato, tra costumi, ambientazioni, cibo e musiche di un'epoca tra le più affascinanti che arricchisce, nel mentre diverte e coinvolge.
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La stagione delle rievocazioni storiche in Friuli occidentale inizierà anche quest'anno a luglio e si concluderà nel mese di settembre. Sono cinque appuntamenti con la storia e il folclore nel segno dell'aggregazione. Il primo sarà a Caneva, dove le "Giornate Medioevali" animate dalla Pro Castello da più di cinquant'anni coniugano cultura, storia, musica, enogastronomia e la rievocazione storica. La manifestazione si ispira alla leggenda della bella Teresina e del suo sposo Ottone. La comunità di Caneva decise di perdere la fanciulla chiedendo in cambio un ricordo indelebile all’imperatore. Fu così che Ottone donò una campanella a memoria di Teresina. La rievocazione storica di Caneva ricorda quella giornata in tutto e per tutto: l’apertura delle botteghe
al mattino, l’arrivo di Ottone, i banchetti, il notturno medioevale e per finire la partenza dei due innamorati. Ad agosto la rievocazione storica della "Macia" a Spilimbergo è dedicata all’antica misura di lunghezza per stoffe. Quattro giorni di iniziative interamente dedicate al Rinascimento, con la riproposizione di antichi mestieri, bivacchi,
L'organizzazione e la gestione di un evento che richiama trenta mila persone in tre giorni non può essere lasciata al caso e questo il Gaf, "Grup artistic furlan", lo sa bene dal momento che, da più di trentanni, organizza la rievocazione storica di Valvasone. «I tre giorni sono solo la conclusione di un percorso, la ciliegina sulla torta ma anche i più faticosi!» dice Giuseppe Balducci, consigliere del Gaf, al quale abbiamo chiesto di accompagnarci nel dietro le quinte dell'organizzazione dell'evento. «Le mie giornate durante la rievocazione in realtà sono una unica lunghissima giornata intervallata da alcuni momenti di riposo - inizia a raccontare -. Si parte alle 7 del mattino per chiude-
osterie, saltimbanchi, musici e giullari, accampamenti degli armigeri e spettacoli faranno da corona alla rievocazione storica della Macia, che si tiene nel centro storico della città. Seguirà, sempre ad agosto, a Cordovado la manifestazione "Cordovado Medioevale".
musiche, spettacoli d’epoca, cerimonie religiose e civili. Importanti ed immancabili gli appuntamenti della solenne messa pontificale in onore dell’Assunta; il palio, ovvero la corsa a piedi seguendo la seconda cerchia di mura, il corteo storico della Macia e la cena da Torre a Torre. Lungo tutto il borgo vecchio bancarelle dei mercatini, antiche
re alle 2 di notte, seguendo e cercando di risolvere tutti gli inghippi di una manifestazione che vede in campo mille volontari appartenenti alle associazioni locali, undici taverne, una cinquantina di artisti e duecento rievocatori. Innumerevoli sono le situazioni da gestire anche sotto l’aspetto della sicurezza che è un aspetto da non sottovalutare mai». Soltanto una squadra
Organizzata dalla Pro Cordovado, rievoca il giorno in cui Ridolfo da Cordovado sancì la resa del rivale Andrea Trotto, liberando le terre friulane. In questa atmosfera di vittoria la manifestazione propone il palio dei rioni in cui i quattro borghi del paese si sfidano in altrettante specialità: la caccia al simbolo, il furto delle botti, la giostra delle bandiere e il tiro con l’arco. Decisamente goliardica è la notte dei bifolchi del sabato sera, in cui il sidro è la bevanda principale e imponente il corteo della domenica con 300 figuranti. A settembre, il Gaf –"Grup artistic furlan" di Valvasone organizza da 31 anni il "Medioevo a Valvasone", curando nei minimi dettagli una tre giorni ricca di animazioni. Ciò che caratterizza la manifestazione è il tema, il quale varia ogni anno e si concretizza nello spettacolo serale, spesso itinerante ma generalmente
compatta può affrontare un carico di lavoro così importante. «Per me partecipare al Medioevo è qualcosa di naturale - dice Alan Culos, - ma non di scontato. Io sono letteralmente cresciuto con questa manifestazione, vedendo prima mia madre far parte del Gaf per poi addentrarmi io stesso in questo mondo. Le mie giornate al medioevo si dividono tra il teatro dei misteri (dove curo l’allestimento delle scenografie e il coordinamento delle comparse durante la rappresentazione)
realizzato nella splendida scenografia del castello. Immancabile è la cena medioevale nello splendido chiostro, le sfide cavalleresche nel Brolo, le innumerevoli taverne dislocate tra il parco Pinni e nelle vie del Borgo animate e gestite dalle associazioni locali. Bella e caratteristica l’animazione per i più piccoli che sfidano i genitori nell’attesissimo assalto al castello, la caccia ai mestieri, i giochi medievali di abilità e la fiera degli animali. Immancabili gli artisti di strada e le esibizioni del gruppo tamburi. Sempre affascinante è la sfida amichevole con gli altri gruppi (quello con il gruppo di Assisi è oramai un sodalizio storico), provenienti da altre città, a suon di ritmi incalzanti e prove di
abilità degli sbandieratori. A fine settembre, a Torre di Pordenone, per l’associazione Il Castello quest'anno sarà la 37esima edizione della "Giostra dei castelli", la rievocazione dell’invasione dei Turchi del 1499. Si narra che Scanderberg, capitano cristiano rinnegato, signore di Bosnia abbia invaso e conquistato mettendo a ferro e fuoco le terre della Comina. A salvare la situazione furono un gruppo di valorosi, capeggiati da Franco del Borgo, capo dei balestrieri di Spilimbergo. Nella notte del 30 settembre sferrarono un attacco alle truppe turche, oramai sicure delle loro posizioni, causando loro innumerevoli perdite. Dopo la sconfitta I Turchi levarono le tende ingannati dal pensiero che l’attacco ricevuto fosse il preludio di una battaglia più consistente con delle altre truppe veneziane in arrivo. Falconieri, arcieri, armigeri, giullari e danzatrici riportano ogni anno il quartiere di Torre a rivivere il proprio importante passato medievale mentre per gli amanti del cibo sempre pronta è la locanda che oltre a dissetare i viandanti offre la Chalda basata su un’antica ricetta 1500.
e l’animazione musicale durante il giorno, nelle strade di Valvasone con uno spettacolo». Si può affermare che non c’è orario durante quei giorni settembrini, ma solo una tabella di appuntamenti da rispettare «per comporre una magia che accade solo a Valvasone», rimarca Giuseppe. «Senza dimenticare “il caretto” - aggiunge quest'ultimo -, ossia l’unica taverna errante di Valvasone». È nata su iniziativa di un gruppo di amici, tra cui ci sono anche Giuseppe ed Alan. La sua gestione non è per niente uno scherzo: già soltanto portarla in centro storico è un'impresa. «Il resto è fatica, gioia, tensioni - continua Alan - che si sciolgono alle tre di notte del venerdì, dopo aver mangiato l’immancabile pasta di Ricky magistralmente cucinata in
convento. Ci dà la carica per arrivare fino al lunedì mattina, quando si deve sbaraccare l’intero centro storico e quindi anche la medesima "taberna errante"». Giuseppe e Alan, ne avrebbero ancora molte di curiosità da raccontare e sostengono che servirebbe un papiro per racchiudere i nomi di chi collabora all'ottima riuscita della manifestazione. Si perdoni, tuttavia, lo scrittore, se non ce la fa, per ragione di spazio, a menzionare e ringraziare l’intero popolo di Voleson! (g.a.)
«Immergersi nella storia, divertendosi e creando durature relazioni di amicizia». Con queste parole Simona Gatto descrive il dietro le quinte di ogni rievocazione storica. Originaria di Cosenza, Simona da anni vive e lavora a Venezia. È insegnante di lingua nelle scuole superiori e musicista diplomata in canto rinascimentale e barocco al Conservatorio di Venezia, dove continua a studiare musica antica, oltre a frequentare un corso di dottorato in musicologia applicata. In Friuli Venezia Giulia Simona viene da anni per partecipare, come artista, alle rievocazioni. Da tempo, in particolare, è presenza fissa durante il Medioevo a Valvasone, un'esperienza che descrive come "magica". «Sono molto legata al Friuli Venezia Giulia - racconta l'artista - le persone sono molto accoglienti e vivono la dimensione dell'antico con grande passionalità, sia che si tratti degli organizzatori delle manifestazioni, sia della popolazione e del pubblico.
Esiste un rigore nella cura dei dettagli che è concreta espressione di quanto questi eventi siano molto sentiti. Per noi artisti, viverli dal loro interno è un'esperienza professionale e umana meravigliosa».
Simona Gatto partecipa alle rievocazioni in Friuli Venezia Giulia dal 2013. In provincia di Pordenone, in particola-
re, viene da molti anni con il suo gruppo Finis Terrae, portando un repertorio suggestivo di musica medioevale. Il gruppo è composto da Walter Rizzo, suonatore di ghironda, strumento a corde di origine medioevale, bombarde e cornamuse, Roberto Romagnoli alle percussioni e voce, Luciano Sberze alla cornamusa e nickelharpa. Simona è invece cantante, percussionista, suonatrice di ghironda e flauto. «A Valvasone ci rapportiamo con il direttore artistico e il suo staffracconta l'artista - che ci inseriscono nel programma degli eventi lungo le vie del borgo della tre giorni di festa. L'illuminazione a torce, le antiche taverne, i figuranti: tutto è armonico e realizzato con cura dei dettagli». Da alcuni anni i Finis Terrae vengono coinvolti anche nello spettacolo teatrale che si tiene nella piazza del castello di Valvasone. «Ci prepariamo da soli nei brani musicali - dice Simona - e arriviamo a Valvasone in anticipo per provare con la compagnia teatrale. Partecipare ad una rievocazione è un'esperienza che merita di essere fatta sotto tutti i punti di vista. Molti sono i giovani che collaborano e questo è un altro aspetto bello: è un modo sano di viversi la storia e il confronto con gli adulti, in uno spirito di divertimento e collaborazione».
Parlare di mondo giovanile e consumo di sostanze spesso espone ad ondate ideologiche, e quindi è opportuno dotarsi delle giuste lenti per osservare il fenomeno e pensare ad interventi mirati. È già difficile reperire dei dati credibili per dare una giusta misura al fenomeno: solo facendo riferimento ai dati ESPAD, studio transnazionale condotto contemporaneamente in 35 Paesi europei che ha come obiettivo il monitoraggio a livello europeo dell’uso di sostanze tra gli studenti (studio che metodologicamente potrebbe essere ampiamen-
te criticato), nel 2021 un po’ meno del 20% dei ragazzi tra quindici e vent’anni ha fatto uso di sostanze nell’ultimo anno in Italia, pari a circa 460 mila persone. È un dato indicativo, su cui molto ci sarebbe da ragionare, ma almeno è una base da cui partire per riflettere su un fenomeno che non si può certo definire marginale e affrontabile con formule semplificanti. Avere questo metro di confronto ci permette anche di verificare quanto sia sbagliata l’equazione tra uso di sostanze e condizione di problematicità e dipendenza: per fortuna (e
soprattutto per la capacità e competenza dei ragazzi) la maggior parte dei giovani che usano sostanze lo fa per un certo periodo, magari in modo massivo e talvolta abusandone, ma per la gran parte questo fenomeno rientra dentro canoni di compatibilità e non ha esiti problematici. Solo un’esigua percentuale del numero sopra indicato presenta un rapporto difficile con la sostanza, sconfinando in una condizione di aperto disagio verso il quale è necessaria un’adeguata considerazione. Ad oggi molti servizi per le tossicodipendenze
di Beatrice Zanin, educatrice professionale SerD Pordenone trici" o "dipendenzacentrici" negli incontri, ma di trovare insieme ai ragazzi il senso del-
Lo scorso mese di ottobre è stato avviato un gruppo psicoeducativo per giovani consumatori dai sedici ai venticinque anni, che ha preso forma dalla collaborazione tra il SerD urbano el'associazione I Ragazzi della Panchina. Ogni giovedì pomeriggio, dalle 15.30, i ragazzi si incontrano nella sala al primo piano della sede dell'associazione, in via Fiume 8 a Pordenone, insieme a due educatori e a una psicologa con cui affrontano diverse tematiche che il gruppo ritiene importante trattare. L’idea dei conduttori, supportata dalla guida arricchente della dottoressa Cristina Meneguzzi, responsabile del Servizio, è quella di non essere soltanto "sostanzacen-
si stanno interrogando sulla loro difficoltà a intercettare i giovani, i quali, pur sviluppando un rapporto problematico se non addirittura una condizione di dipendenza dalle sostanze, non oltrepassano la soglia degli ambulatori se non costretti da fattori esterni (dalle pressioni genitoriali fino alle prescrizioni legali). È una questione complessa, strettamente correlata a processi di identificazione e costruzione identitaria e a forme di esplorazione delle modalità d’uso delle sostanze. “Al Serd ci vanno i tossici”, dicono i ragazzi, riferendosi
le esperienze quotidiane, mettendole in parola in un luogo tutelante, dove l’operatore è
pronto ad accogliere e ad esserci per avere uno scambio vero e reciproco. Gli interrogativi principali che emergono dalle esperienze dei ragazzi fanno capire l’aspetto contraddittorio e dissociato della nostra società, nella quale il ritirarsi per un po’ nella propria camera, usare sostanze per lenire la sofferenza e colmare il vuoto, oppureavere dei pensieri mortiferi può essere l’ultimo gesto estremo di difesa di un ragazzo per non fallire ed essere disapprovato. Invece di fuggire dal problema, si chiede ai ragazzi di parlare di quell’ostacolo enorme e si cerca di stuzzicare in loro lo
«Non esiste un metodo univoco, ma processi di ascolto, di partecipazione e di co-costruzione di occasioni di benessere e cambiamento»
all’archetipo passato del consumatore di eroina per via endovenosa, e differenziando quindi la loro condotta di uso che spesso prevede l’assunzione di un mix di sostanze con frequenze e temporalità variabili. La predisposizione di un piano farmacologico con somministrazione di metadone, propedeutico poi ad altre proposte educative e terapeutiche, che nei percorsi d’uso di eroina spesso costituisce il primo aggancio della persona al Servizio, non risulta né desiderabile né attrattivo per molti giovani consumatori, non li motiva alla domanda di aiuto. Diventa quindi centrale chiedersi: quali sono le coordinate per una progettualità – educativa, terapeutica, animativa… – rivolta ai giovani consumatori di sostanze? È una domanda aperta, che non può mantenere il lessico e i modelli di azione dei precedenti decenni, fondati su esperienze di vita diverse, su rappresentazioni ormai obsolete dei consumatori di sostanze e delle loro scelte di vita. È un itinerario che interroga le capacità relazionali dei Servizi sanitari, sociali ed
sviluppo di tutto quell’insieme di abilità cognitive, sociali ed emotive riconosciute a livello internazionale in ambito preventivo e di intervento educativo chiamate “life skills”, che possono diventare utili nel fronteggiare le esperienze di vita quotidiana. Le tematiche affrontate sino ad oggi sono state le più disparate. La profondità del pensiero dei ragazzi attiva negli operatori la motivazione alla riflessione: capire come poter accogliere al meglio certe intenzioni, come sostenere i ragazzi dentro le situazioni difficili, accettare l’esistenza della propria fragilità e trovare delle modalità di riflessione alternative, ovvero che, anche se non è facile avere uno "spazio nel palazzo, almeno si vede il mare fuori da terrazzo!", come recita un post-it che i partecipanti hanno scritto un giorno, a fine incontro, per riassumerne i contenuti e dirsi come sono stati nella seduta. L’idea è quella di essere sempre a fianco dei ragazzi non soltanto con la mente, aspetto fondamentale, ma anche facendo delle esperienze insieme. L’uscita fatta insieme alla mostra di Bansky a Trieste ne è un esempio. Gli incontri del giovedì pomeriggio sono sempre aperti.
educativi, la loro possibilità di venire percepiti come luoghi di riferimento e di ascolto, disponibili e presenti. Se c’è una domanda che rimane invariata nel tempo, nonostante il passare delle generazioni, è un appello alla relazione, al contatto. Se i Servizi, pubblici e privati, riescono a svincolarsi da un immaginario di puri dispensatori di prestazioni e riscoprono una loro vocazione a (ri)diventare luogo di incontro, di un contatto che
è in sé restituzione di dignità, calore e protagonismo alle storie delle persone accompagnate, potranno in questo riscoprire un senso, un orizzonte verso cui orientare i gesti della loro quotidianità operativa. È la sollecitazione di una curiosità amorevole verso le storie di questi ragazzi e le scene in cui sono attivi, per rompere rappresentazioni stereotipate e adultocentriche. Ascoltare è il primo passo per evitare generalizzazioni e pregiudizi, per cercare di interrogarci su cosa c’è sulla Luna, quali finalità e intenzioni i giovani ritrovano in queste pratiche, senza fermarci ad una limitata demonizzazione del dito che la Luna indica, al comportamento di uso in sé.
È una spinta a creare contesti inclusivi e non stigmatizzanti, in cui i giovani non vengano appiattiti a puri “problemi con le gambe”, ma abbiano la possibilità di essere riconosciuti nelle loro competenze, contesti dove sperimentare versioni positive di se stessi. È una focalizzazione educativa sul piacere, che evita di cadere in una sterile competizione con la sostanza, ma punta invece ad allargare lo spettro delle esperienze potenzialmente attivanti e aiutare le persone nel gestire i tempi e i ritmi della loro eccitazione. È l’allestimento di una palestra emotiva in cui riconoscere, nominare e gestire i vissuti che quotidianamente i ragazzi attraversano nelle loro esperienze di vita. È apertura alla creatività, per moltiplicare i canali di comunicazione ed espressione dei singoli. Non esiste una risposta univoca e preconfezionata, esistono processi di ascolto, di partecipazione e di co-costruzione di occasioni di benessere e cambiamento, con tutte le potenzialità che essi portano con sé. Buona esplorazione!
Il Dipartimento delle Dipendenze di Pordenone, con la collaborazione dell’Associazione I Ragazzi della Panchina, offre la possibilità a genitori di figli che utilizzano sostanze stupefacenti di partecipare a una serie di incontri informativi e di supporto. L’attività del "Gruppo Parola" è nata con lo scopo di dare un "luogo" e un "tempo" ai genitori per riconoscere, narrare ed elaborare eventi dolorosi legati ai comportamenti a rischio dei propri figli e per fornire informazioni tecnicopratiche riguardo l’uso di sostanze in adolescenza. L’obiettivo è favorire l’espressione e la condivisione del disagio vissuto dai genitori nella gestione delle relazioni all’interno del sistema famiglia. Il gruppo intende attivare nei genitori l’ascolto attivo ed empatico, migliorare la percezio-
ne personale di autoefficacia e rafforzare le strategie utili a fronteggiare situazioni stressanti. I genitori condividendo il dolore hanno l’opportunità di comprendere molte più cose di sé stessi e far fiorire una nuova consapevolezza. Le ferite possono trasformarsi in punti di forza per aiutare ad affrontare meglio le sfide future. Nell’attraversare il dolore si offre un terreno fertile per rafforzare la propria sensibilità e la capacità di adattarsi a situazioni traumatiche. Nello sfuggire al dolore, diversamente, la persona si anestetizza, si nasconde in una realtà fittizia e contrariamente potrebbe sviluppare una vulnerabilità maggiore di fronte agli eventi avversi. Sostare in una situazione dolorosa senza farsi sopraffare, permette di attivare una riflessione riguardo a ciò che sta
accadendo. Gestire il dolore significa viverlo: in ciò risiede l’opportunità di accettarlo e accoglierlo per quello che è, ossia come parte inevitabile dell’esperienza umana. Gli incontri complessivi sono otto: sono iniziati a marzo e proseguiranno sino al 28 giugno, con una frequenza quindicinale dalle ore 17 alle ore 18.15 nel Dipartimento delle Dipendenze di Pordenone in via Interna, 5. La conduzione del gruppo è affidata ad una psicologa e psicoterapeuta del Servizio e ad una educatrice socio-pedagogica dell’Associazione dei Ragazzi della Panchina. Per le adesioni contattare silvia.masci@ asfo.sanita.fvg.ito panka.pn@ gmail.com; o telefonare al 0434-373195 (da lunedì a giovedì dalle ore 8 alle 13) o al 3755588996 (da lunedì a venerdì dalle ore 13 alle 18).
Un giorno chiamai una persona per avvisarla del mio ritardo: “Ohi ho perso l’autobus, aspetto il prossimo”, le dissi. E lei mi rispose: “Ma non ti stanchi di aspettarlo?”. Mi torna in mente quella frase ora, ora che non parliamo di autobus, ma di persone. Per la creazione di un bambino serve uno spermatozoo e un ovulo, giusto? E chi fornisce questi ingredienti? Due adulti che diventeranno i futuri genitori biologici della nuova creatura. Ma i genitori, chi sono? I genitori sono coloro che ci insegnano a vivere, a saltare gli ostacoli, ad essere forti e che soprattutto rimangono. Già, sono persone che restano nella tua vita. Sono una persona che cerca di umanizzare le scelte altrui, perché credo che tutti siano perdonabili per i loro sbagli; siamo tutti
esseri umani. Un giorno spiegai questo a mio padre, colui che è stato assente per 17 anni, e lui mi rispose dicendo che eravamo molto simili e che gli dispiaceva non esserci stato. Mi passò un brivido per la schiena, non so se era dovuto all’emozione, oppure perché sentivo dentro di me quel demone interiore che mi
È finita l'estate. Dopo mesi che non frequentavo Casa Edolo e i suoi abitanti, ci ritorno e percepisco tutto un ambiente diverso dall'ultima volta in cui ci sono stato. Casa Edolo è una struttura per persone con disabilità gestita dalla cooperativa sociale Spazio Aperto Servizi di Milano, che si occupa di servizi a persone con problematiche di autismo, disabilità e grave marginalità. In questa casa ho svolto i lavori di pubblica utilità da fine settembre 2021 fino ad inizio estate 2022. Mentre scrivo, sono passati dei mesi dall'ultima volta
che ci sono stato e ora sono di nuovo qui per svolgere le ultime ore (circa una ventina) di lavoro, dato che il mio periodo di messa alla prova finirà a febbraio 2023 e richiede un impegno costante. Si sente la mancanza di Maria che ha deciso di trasferirsi in un'altra casa della cooperativa e di Laura, operatrice socio sanitaria, nonché mia complice per eccellenza, che ha deciso di accettare un'altra offerta di lavoro. I ragazzi sono cambiati. Andrea ha i capelli lunghi, è sempre il più alto della casa ed è sempre il più inte-
diceva “sta mentendo”. Ora la verità la conosco: la sua era tutta una bugia. Non siamo per niente simili, né di aspetto, né di carattere. Ringrazio la genetica per avermi fatta totalmente diversa. Nonostante io abbia il suo Dna nel mio sangue, non sono lui e non lo sarò mai. Per 17 anni ho nutrito un rancore dentro di me,
rista non soltanto della casa, ma di tutti gli operatori e volontari, e da vero tifoso soffre per l'amata Inter che al momento non ha iniziato bene il campionato. Andrea non è soltanto un grande interista, ma è anche un grande sopportatore, perché il fratello del suo coinquilino è un milanista nato, come quasi tutti quelli che gli stanno attorno, infatti, basta accompagnarlo una volta in palestra per entrare nel covo dei milanisti e sentirli argomentare scherzosamente sull'andamento del proprio club. Francesco è felice di vedermi, mi riconosce subito e mi saluta, ha sempre con sé la sua pallina con cui gioca e va in giro per la casa. Rebecca invece è più tranquilla, è pure fidanzata, si vede che la brezza di questa estate le ha fatto bene. Le mie ore in questa casa sono quasi esaurite e mi porto dentro tanti bellissimi e felici ricordi. Tornare a lavorare e sentirmi utile per me è stato molto più che gratificante. Nella mia vita mi sono sempre sentito poco utile, se non a me stesso. Vedere che
a causa della sua perenne assenza e perché scoprii che, subito dopo la mia nascita, iniziò a creare una nuova famiglia con un’altra donna e ciò vuol dire che non c’è stato neanche durante il parto. Non mi ha voluta, questa è la verità. Giorno dopo giorno, continuava a inviarmi foto della sua famiglia e di come erano felici alla notizia di una sorellastra maggiore che si trova in un altro paese. Tuttavia pretendevo comunque delle scuse sincere, ma rimasi stupita dalle sue parole: “Se credevi che io avessi delle scuse, sappi che non ne ho”. La situazione stava diventando così pesante che perdevo sempre più forze per scrivergli. Dopo settimane, arrivò il fatidico momento in cui, finalmente, buttai fuori quello che avevo dentro: gli spiegai quanto la sua assenza mi aveva fatto soffrire e quanto sperassi di sentire delle scuse. Niente, se ne andò. Bloccò il mio numero e mi disse: “Quando ti scuserai, chiamami”. Non devo nessuna scusa, non è colpa mia. Il modo in cui affronto la vita potrebbe farla amare a chi mi sta attorno ed è per questo che voglio apparire forte agli occhi degli altri, per dimostrare che c’è speranza di futuro e felicità: “Get out while you can”(cit Banksy).
qualcuno mi considera, mi chiede aiuto, mi ascolta e mi fa sentire apprezzato, mi fa stare meglio. Dal primo giorno in cui sono entrato in Casa Edolo mi sono promesso di trattare il mio lavoro di pubblica utilità come se fosse un lavoro a tutti gli effetti e credo che questo si sia visto. Potrei raccontare tantissimi episodi divertenti, tipo di quella volta in cui Andrea stava facendo una cura agli occhi che come effetto collaterale lo faceva continuamente piangere. Mentre eravamo fermi al semaforo in macchina, vedo avvicinarsi una signora appartenente alla comunità Sinti che, battendo sul finestrino per chiedermi se poteva pulire il parabrezza, nota Andrea piangente e mi chiede: "Perché piange? Gli hai fatto del male?" e, alzando la voce, rivolgendosi ad Andrea aggiunge: "Ti ha picchiato?".
Io ovviamente scoppio a ridere, mentre Andrea continua a piangere. Sono state 260 ore spese nel migliore dei modi, perché non sono stato io ad aiutare gli altri, ma gli altri ad aiutare me.
«Quando lo conobbi gli spiegai quanto la sua assenza mi aveva fatto soffrire e quanto sperassi di sentire delle scuse. Niente, se ne andò»
di Mauro Caldana, naturalista e scrittore
La biodiversità nelle Prealpi friulane, compresa quella lungo il contrafforte prealpino pordenonese, risente dell’influsso di diverse situazioni ambientali. L’escursione altitudinale, che da un paio di centinaia di metri sale oltre i duemila, l’esposizione diretta ai raggi solari e la ventilazione, spesso sostenuta, ne sono esempi. Inoltre, il contrafforte è un riferimento migratorio per milioni di uccelli. Nelle giornate terse, dall’alto versante è visibile il mare Adriatico. Attraversandolo, lo scirocco porta sulle Prealpi grandi masse d’aria umida, che possono scaricare pioggia a volontà. A proposito di mare, il contrafforte possiede note mediterranee, infatti, la ventilazione e l’insolazione gli conferiscono connotati ambientali adatti ai rettili. Ecco perché vi si concentrano alcune preziose coppie di biancone, splendidi rapaci diurni che si nutrono di colubridi, soprattutto saettoni e biacchi. L’acqua di tanti torrentelli, più temporanea che perenne, scende nelle ghiaie pedemontane diventando un fantasma che percola nel sottosuolo, fino alla linea delle risorgive, collocata in pianura, a una ventina di chilometri di distanza. Le rocce sono compagne lungo qualsiasi sentiero del contrafforte. Si tratta, perlopiù, di calcari derivati dall’attività biologica di scogliere marine antichissime. Esempi di organismi fossili di scogliera, raramente interi, più spesso frammentati, sono le comuni Rudiste, molluschi bivalvi estinti. Mossi dalle dinamiche della crosta terrestre, in tempi geologici, questi ambienti antichi si sono solidificati, spezzati, sollevati e innalzati nell’atmosfera per migliaia di metri, come il gruppo montuoso del Cavallo. Fino a circa dodicimila anni fa, le erosioni glaciali, il trasporto e l’accumulo di montagne di detriti operato dai fiumi hanno riempito un mare che si trovava poco lontano. Ecco perché la pianura friulana è definita "pianura alluvionale". Anche l’uomo fa la sua parte nel conformare l’ambiente prealpino,
con le attività di governo del bosco e del pascolo. Quest’ultima, oggigiorno notevolmente ridotta, offre prodotti ricercati per la genuinità. Altri interventi antropici, più o meno recenti, hanno determinato cambiamenti ambientali sul contrafforte, come la viabilità stradale, gli insediamenti urbani, le condotte idriche, i comprensori sciistici, i poligoni militari. Dalle vette più alte del contrafforte sono visibili, verso Nord, le Dolomiti. Sono montagne carbonatiche/magnesiache molto più vecchie dei carbonati di scogliera, caratterizzate da fossili propri e paesaggi che, al crepuscolo, riflettono tinte rugginose. Sono panorami che il mondo ci invidia! Non vi sto parlando solo delle Dolomiti che si ergono di là dal Piave, come i famosi monti Civetta, Pelmo, Antelao… ma di cime dell’alta Val Cellina, cioè il Vacalizza, il Pramaggiore, la Cima dei Preti, il Duranno…: rispetto alle prime, sono divise da valli profonde e incise, particolarmente selvagge. Hanno sentieri ricercati dagli amanti delle escursioni solitarie e impegnative. A decretare il valore mondiale di questa parte di territorio italiano ci ha pensato l’UNESCO, che ha iscritto le Dolomiti al prezioso elenco delle sue bellezze. Negli ultimi decenni, la riduzione delle attività di malga, che in passato caratterizzavano profondamente l’economia del contrafforte prealpino e delle valli vicine ha decretato la riconquista dei pascoli da parte della foresta. Di conseguenza, l’ago della bilancia ecologica si è spostato a favore di certi animali, a discapito di altri. Sui posti, specie che sembravano perse, hanno ripreso vigore. Un esempio è il cervo: con solo un paio di piccole comunità storiche (Cansiglio e Val Settimana)
è ritornato a colonizzare tutte le valli prealpine. Le leggi naturali prevedono che, dove si diffonde una specie predabile, i suoi predatori ritornino, infatti, da alcuni anni, nelle Prealpi pordenonesi è ricomparso un predatore mitico, il lupo.
La ricchezza di risorse naturali a Polcenigo non è una novità, ne sono prova i ritrovamenti archeologici del sito palafitticolo del Palù di Livenza risalenti fin al paleolitico antico (4.900 a.C.). L’ambiente naturale con la ricca presenza di acque (le tre sorgenti del Livenza, l’antico lago del Palù, le olle di risorgiva), la corona di colline e la retrostante montagna, il tutto racchiuso in pochi chilometri, garantiva, nei vari periodi dell’anno, una ricchezza di opportunità per quelle popolazioni dedite alla caccia e alla raccolta e, successivamente, alla coltivazione e all’allevamento. L’ambiente attuale è il risultato di profondi interventi storici, che mostrano un recente passato di forte sfruttamento della terra, dei boschi e della fauna; al contrario, le veloci trasformazioni socio-economiche degli ultimi decenni, con la progressiva riduzione delle attività agricole nelle aree marginali, hanno lasciato ampio spazio alla natura che sta riconquistando vaste superfici della montagna e della collina. Questo abbandono ha consentito la ricolonizzazione dei pascoli e delle magre praterie dei versanti esposti al sole da parte di boscaglie eliofile e termofile con orniello, carpino nero e roverella, con alcune varianti a castagno (intorno a Mezzomonte) dove il suolo è più profondo. Diversa è la vegetazione dei
versanti collinari in ombra, con castagno, farnia, acero di monte e qualche faggio isolato, dove sono presenti interessanti forre umide con specie igrofile e sciafile. La ricchezza di habitat diversi consente di ospitare molteplici comunità animali: dalle varie specie di anfibi del Biotopo Naturale del Palù di Livenza, recentemente istituito, alla sempre più numerosa presenza di ungulati, caprioli, cervi e cinghiali che, incuranti del rischio del traffico e della caccia, si spingono sempre più spesso negli orti e nei giardini. Questa ricchezza di prede spiega anche il recente arrivo del lupo che si è stabilito per ora nella Foresta del
Cansiglio, ma vista la sua mobilità, non si esclude potrà, in un prossimo futuro, frequentare la pianura e le colline polcenighesi come già avviene in altre zone del Pordenonese. Una ricca avifauna frequenta i diversi ambienti: dalla zona pianura con le risorgive e le marcite, al Colle di San Floriano con l’interessante Parco Rurale con prati e piccoli allevamenti di razze minori, fino alle vette prealpine. In primavera, nei boschi collinari, si sentono diversi picchi: il muratore, il verde e il più grande picchio nero. In montagna è frequente avvi-
stare la poiana, lo sparviere e più raramente il più furtivo astore, tutte specie appartenenti alla famiglia dei rapaci diurni; abituali sono i voli del corvo imperiale che controlla il territorio. Il vivace merlo acquaiolo nidifica lungo il Gorgazzo e il Livenza, mentre le rondini montane si riproducono nel centro storico (Borc), con un curioso fenomeno di svernamento, per cui a Polcenigo si possono vedere delle rondini volare anche in pieno inverno. Le fioriture di marzo nel sottobosco collinare sono spettacolari con ellebori, bucaneve, vari anemoni, epatiche, il tutto accompagnato dal profumo intenso dell’aglio orsino e dal canto melodioso del tordo bottaccio e della capinera. Altrettanto belle sono le fioriture di maggio e giugno nei prati prealpini con genziane, asfodeli e le inten-
se peonie, tanto per citare le più appariscenti. Polcenigo si estende fino alla parte orientale della foresta demaniale del Cansiglio, con boschi estesi ed evoluti di faggio, abete rosso e bianco; l’integri-
tà ecologica di questi ambiti forestali è tale da favorire l’istituzione, anni fa, delle riserve naturali integrali di Pian de le Stele e di Col Piova: aree lasciate completamente all’evoluzione naturale senza nessun intervento antropico. Il fenomeno carsico, con il più profondo e famoso Bus de la Lum, caratterizza anche la dorsale Cansiglio – Cavallo, con doline e inghiottitoi che movimentano l’orografia del suolo e arricchiscono di microhabitat la parte sommitale della catena prealpina, dove sono ancora attive tre malghe con il bucolico alpeggio estivo: Fossa de Bena, Costa Cervera e Col dei S’cios.
di Enrico Bortolotto, dottore in scienze ambientali
Nelle immediate vicinanze delle sorgenti del fiume Livenza, l’area umida denominata “Palù di Livenza” funge da importante sito riproduttivo per svariate specie di anfibi come salamandra pezzata, tritone crestato italiano, tritone punteggiato meridionale, rospo comune, rospo smeraldino europeo, raganella dell’Italia settentrionale, rana dei fossi, rana di lataste, rana montana, molte delle quali protette a livello nazionale ed internazionale che scendendo dalla montagna nella loro migrazione incrociano un’importante via di comunicazione, la Strada Provinciale n. 29 "Pedemontana Occidentale". Ed è proprio questo il maggior ostacolo che gli anfibi trovano sul loro percorso in diversi momenti del ciclo vitale: l’attraversamento della carreggiata effettuato pre e post riproduzione dagli individui adulti e la risalita dei neometamorfosati (i nuovi nati) comporta la moria di molti individui, mettendo al contempo a rischio la sicurezza stradale degli automobilisti poiché lo schiacciamento ripetuto di diverse migliaia di anfibi modifica le condizioni dell’asfalto rendendolo scivoloso. Di fronte ai continui schiacciamenti dei poveri anfibi nel 2003 un cittadino polcenighese, il professore Mario Cosmo, fonda gli "Amici dei rospi", un insieme di persone unite dall’amore per la natura che si pone l’obiettivo di tutelare la batracofauna del luogo. Il gruppo,
composto unicamente da volontari, ogni anno si adopera nell’installare un sistema di barriere mobili che blocca temporaneamente gli anfibi in discesa. Queste installazioni, che sono oramai diventate un tratto distintivo della pedemontana polcenighese, rimangono installate da metà gennaio ai primi di aprile sul lato a monte della strada estendendosi per circa un chilometro in tre distinte zone ad alta densità di transito di anfibi: la zona antistante il biotopo “Palù di Livenza” a confine
con il Comune di Caneva, la zona al di sopra delle sorgenti del fiume Livenza e la zona al di sopra del Santuario della Santissima. Una volta completata l’installazione e non appena le condizioni climatiche sono favorevoli (buon grado di umidità e temperature non eccessivamente basse) inizia l’attività di salvataggio, svolta per lo più in orario serale in un tratto di strada completamente al buio, che vede i volontari attrezzati con giubbotto catarifrangente e torcia compiere anch’essi una migrazione continua traghettando verso i siti riproduttivi gli anfibi raccolti. Per cercare di ridurre al minimo lo stress agli animali, i secchi vengono svuo-
tati rapidamente evitando un eccessivo sovraffollamento e permettendo all’anfibio di continuare la migrazione lungo la direzione di discesa che stava seguendo. La soluzione che permetterebbe di salvare gli anfibi durante tutto l’anno è rappresentata dalle strutture fisse denominate sottopassi per fauna o “rospodotti”, costituite da un corpo centrale inserito al di sotto del manto stradale che funge da tunnel di collegamento tra due zone, bypassando la strada ed evitando così il pericolo di investimento. In attesa della realizzazione dei rospodotti, gli Amici dei rospi continuano la loro azione di tutela della fauna: gli anfibi raccolti in 20 anni di attività sono diverse decine di migliaia!
Da vent'anni i volontari si adoperano per la salvaguardia di questi anfibi nella zona antistante il biotopo “Palù di Livenza”, al di sopra delle sorgenti del fiume e
Un lungo e profondo canyon incide il margine meridionale delle Prealpi carniche, giusto a monte dell’alta pianura pordenonese, appena ad Est del paese di Montereale. Nel suo fondo scorrono limpide acque color turchese, su cui si specchiano le bianche rocce delle vertiginose pareti che limitano questo corso d’acqua. Stiamo parlando della forra del Torrente Cellina. Dal 1998 quest’area protetta è racchiusa nella Riserva naturale regionale della Forra del Cellina ed è gestita dall’Ente Parco Naturale regionale delle Dolomiti Friulane; essa è anche tutelata dalle direttive europee che formano la Rete ecologica Natura 2000, grazie ai suoi grandi valori paesaggistici ed ambientali. Indubbie, infatti, sono le particolarità estetiche legate alla sua morfologia. La forra, generata dalla millenaria attività erosiva dell’acqua del Cellina, si presenta come uno stretto canyon con bianche e sinuose pareti costituite prevalentemente da rocce calcaree che facilmente vengono alterate e sciolte dall’acqua, come tipicamente accade nel fenomeno del carsismo. Questa particolare morfologia crea delle condizioni uniche per la presenza di determinate specie di flora e fauna. Infatti, su questi ambienti rupicoli è possibile osservare alcune tra le più belle
e protette specie floreali della nostra regione, tra le qualispicca il Raponzolo di roccia. Più in alto, sulle spalle della forra e su terreni ben formati, si possono osservare altre specie molto appariscenti, come ad esempio la Pianella della Madonna, una tra le più appariscenti orchidee della flora italiana. Sempre sui cigli della forra si incontrano boschi di faggio misti con il carpino nero (dai quali un tempo l’uomo prelevava grandi quantità di legna da ardere). Quest’ultimo proprio sulle pareti rocciose, crea delle formazioni tipiche degli ambienti di forra, dove sfrutta piccoli lembi di terra per poter vivere, spesso assieme all’orniello e al tasso, meravigliosa conifera che ben sta negli ambienti umidi. Strettamente legata ai caratteri morfologici è anche la fauna presente in questa riserva. Infatti, la presenza di ungulati, per la maggiore il capriolo, è relegata quasi esclusivamente sulle spalle della forra e sui prati di ciglione; lo stesso vale per i predatori (come, ad esempio, martora e faina), per gli insettivori (tra cui il riccio e la talpa) e per i roditori (scoiattolo, ghiro e varie arvicole). Tuttavia l’aspetto forse più interessante riguarda l’avifauna, in particolare per alcune specie di rapaci che nidificano sulle pareti della forra e che sfruttano la vicina pianura
pordenonese per cacciare più facilmente in campo aperto. Tra questi vanno citati sicuramente il falco pellegrino, il gheppio, il gufo reale e la civetta. Tutti questi interessantissimi aspetti legati alla grande biodiversità di quest’area, sono osservabili, nel periodo estivo, percorrendo la ex strada statale che passa proprio a picco lungo la forra e che ora è aperta, nei mesi estivi, ai turisti, oppure, tutto l’anno, compiendo una facile camminata lungo il Sentiero naturalistico del Dint, dal quale si osservano sia il canyon, che i boschi presenti sui suoi cigli. Salendo a Nord lungo il corso del Cellina, quasi alle sorgenti,
si incontra un’altra area molto interessante, seppur meno appariscente rispetto alla forra, ovvero la piana di Pinedo. Questa pianura di fondovalle, di origini alluvionali, è da secoli utilizzata e colonizzata dall’uomo e quindi ha perso i suoi connotati originali. Tut-
tavia si possono osservare ancora caratteristiche, soprattutto vegetazionali, del tutto peculiari di questa porzione della Valcellina. Infatti, dato il suolo spesso magro e poco fertile, si possono incontrare estese formazioni di Pino mugo, specialmente nelle zone limitrofe ai corsi d’acqua. Questa specie è generalmente presente nelle fasce altitudinali più elevate, oltre il limite del bosco, mentre qui si trova a 600 metri di quota, generando un particolare fenomeno di stratificazione inversa della vegetazione. A conferma del rilevante peso che il suolo e il clima hanno su quest’area, vi sono estese formazioni di Pino nero e Pino silvestre, anche in fase ricolonizzativa di terreni agricoli abbandonati. In questo contesto eterogeneo, con presenza di molte radure e prati stabili sfalciati per la produzione di fieno, negli ultimi anni si è vista un’enorme crescita della popolazione di cervo, che di frequente si può osservare nelle ore notturne e che rappresenta un problema per la sicurezza stradale e per gli allevatori locali che utilizzano i prati. Infine, oltre al cervo, si annota la presenza anche del capriolo e, in generale, di una nutrita varietà faunistica, tra cui in tempi recentissimi si è aggiunta una perla di notevole importanza, ovvero il lupo!
Ogni viaggio è un’esperienza di per sé arricchente sotto molteplici aspetti: incontrare culture, scoprire usi e costumi, assaporare gusti e inebriarsi di profumi e odori significa soddisfare l’esigenza fondamentale dello spirito umano, la curiosità. Cuba dà la possibilità al viaggiatore di immergersi in un’esperienza totalizzante. È sempre una questione di scelta come viaggiare, se affidarsi ad un tour operator o programmarsi autonomamente. L’isola di Cuba permette di fare entrambe le scelte. Chi governa l’isola ha strutturato il proprio mandato sulla sicurezza e chiunque può piuttosto agilmente organizzarsi in completa autonomia il proprio viaggio anche di giorno in giorno, senza nessun problema. I mezzi di locomozione sono i più disparati ma, ahimè, soprattutto quelli pubblici, non sono accessibili ai turisti. L’auto stop è una possibilità molto usata dalla popolazione locale e dagli stessi stranieri.
A Cuba di sicuro si possono fare esperienze che soltanto quest’isola può offrire. Quante volte vi siete chiesti dove vanno a finire in Italia i cinesi quando muoiono? Solitamente, per la complessità del rito funebre non perfettamente replicabile in terra straniera e per la forte connessione che questo popolo ha con l’aldilà e con le credenze sulla vita dopo la morte, gli anziani cinesi rientrano in patria dopo una certa età oppure, nella maggior parte dei casi, se la morte sopraggiunge in terra straniera, la salma viene fatta rimpatriare. Non è raro, tuttavia, che i corpi possano essere tumulati anche nei cimiteri del paese in cui la persona viveva. A Cuba questo succede, dato che l’Avana è una città dotata di cimitero riservato alla comunità cinese, evidentemente molto ben radicata.
Inutile nascondere la tematica del turismo sessuale. Non è difficile imbattersi in situazioni di “abbordaggio” del turista da parte di ragazze del posto. Abbiamo trascorso un’intera serata a fianco di un tavolo di ragazze, due adulte e due più giovani, forse addirittura minorenni. Le più grandi davano esplicite indicazioni su come agganciare il turista, spingendo le due "neofite" a buttarsi nei confronti degli uomini non accompagnati. Non stupisce…il sesso, si sa, è uno dei motori del mondo, ma la domanda che balza in testa è perché lo facciano. La risposta è palese e forse retorica, ma il fatto che una persona possa avere come unica risorsa per uscire dal Paese il matrimonio è quella più realistica. Attualmente le normative per chi vuole uscire dall'isola sono sempre più restrittive.
La natura pacifica del popolo cubano è rappresentata emblematicamente dall’uso dei cannoni utilizzati durante la guerra di indipendenza dalla Spagna a fine del diciannovesimo secolo. Non è difficile trovarli con la bocca di fuoco piantata nella terra a ribadire la loro inutilità, con funzione di sparti traffico o per delimitare un parcheggio. Questa rappresentazione della pace non è solo una bella metafora culturale, ma è realmente un concetto radicato nella popolazione. La pace a Cuba la si respira, è palpabile. Abbiamo girato in lungo e in largo, ma soprattutto a qualsiasi ora del giorno e della notte, senza mai sentirci in pericolo (vi giuro, non è incoscienza), senza mai incontrare situazioni di rischio. L’approccio delle persone è gentile, mai insistente. Il problema è, invece, che sono in migliaia a chiederti, per esempio, di cambiare soldi. Se c’è una lite in corso, c’è subito qualcuno che ricorda che i problemi della vita sono altri e che ci sono molti motivi per essere contenti e gioiosi della vita.
Cuba rimane un’isola delle contraddizioni in cui tutto è bello, tutto è accessibile, ma solo per i turisti, che sono ormai l'unica vera risorsa di sostentamento. La sua storia rimane l’aspetto più interessante, ma probabilmente ne è anche la sua gabbia. I prezzi sono altissimi per un isolano, paragonabili alla riviera veneta/ friulana, quindi, non così convenienti. Soltanto grazie al cambio del mercato nero si riesce ad avere la possibilità di accedere a dei prezzi realmente convenienti (cinque volte inferiori). L’impressione è che, in una città come l’Avana in cui la metà della popolazione è rappresentata da forze dell’ordine ed esercito, il mercato del cambio valuta sia una realtà tanto illegale, quanto accettata.
Tutto ha un prezzo, anche fare una foto. Il fascino delle due “fattucchiere” mi aveva rapito e ho provato a cogliere l’attimo senza che mi vedessero ma…sono stato ampiamente rimproverato sino a quando ho messo mano al portafoglio. La cosa simpatica è stata che pensavo di pagargli la foto che avevo rubato, loro invece mi hanno invitato a farne una in posa. Da attrici professioniste mi hanno richiesto il tempo necessario per trovare la loro posa e… click!
Cuba è un mondo a sé stante e le contraddizioni si palesano a qualsiasi occhio che non si voglia rinchiudere in un villaggio turistico. Il primo impatto è tanto destabilizzante, quanto affascinante. In quindici giorni si può capire ben poco, ma l’imprinting è significativo. Spero e mi auguro di poterci tornare per capire e approfondire questo mondo così diverso dal nostro.
a cura della redazione di LDP
Pordenone Docs Fest 2023 non sbaglia un colpo! Abbiamo partecipato alle proiezioni di Funeralopolis – A Suburban Portrait e di POSITIVə, entrambi docufilm di Alessandro Radaelli, giovane regista capace di riprendere veri e propri spaccati di vita, di vita reale che più reale di così non si può! Entrambi i docu promuovono tematiche legate all’attività della nostra Associazione: il consumo di sostanze e l’HIV. Sono due film osservativi, che mettono in luce tutti gli aspetti comunicativi, di stile di vita, di condizioni e condizionamenti di una vita legata ad una relazione importante: l’uso e l’infezione/malattia. Se Positivə, uscito nel 2021, non sta avendo particolari problemi nella distribuzione, tant’è che molte scuole in Lombardia lo stanno passando come docufilm
nell’ambito della promozione alla salute e per la lotta allo stigma, Funeralopolis lo stigma se lo porta addosso come un macigno. Eppure esistono film che trattano il tema del consumo in maniera esplicita e senza remore, che hanno avuto un successo ben oltre la durata della loro pubblicazione. Noi, I ragazzi dello zoo di Berlino
(1981), Trainspotting (1996) sono film che sono entrati nella cultura anche giovanile in maniera importante. Smetto quando voglio, commedia Italiana, addirittura è stato girato in tre atti! Ci siamo chiesti, quindi, quale sia il problema della distribuzione di questo documentario: il valore del tema, del messaggio a cui si lega varia se il canale è la finzione o la realtà? Eppure possiamo garantire che vedere e sapere che Vash e Felce (i due protagonisti) sono "in cerca
“Note a margine” è il nuovo club del libro nato a Pordenone a novembre del 2022, grazie ad una idea delle scrittrici pordenonesi Lorenza Stroppa e Paola Cadelli. Il club ha avuto fin dall’esordio un grande successo, raggiungendo subito una quarantina di iscrizioni. Il club di lettura si riunisce una volta al mese, ogni terzo giovedì del mese, nella sede di Polinote Cooperativa Musicale e accoglie persone di diversa età e genere, accomunate dalla passione per la lettura. Far parte di un gruppo di let-
tura è un’esperienza che arricchisce notevolmente, infatti offre l’opportunità di considerare i libri da angolature diverse, di cogliere aspetti nuovi. Il nome del club si rifà ai piccoli commenti che spesso si scrivono a margine delle pagine che leggiamo. Considerazioni personali che, se condivise, diventano occasione di confronto e di crescita. Ogni partecipante ha la possibilità di proporre un libro di letteratura contemporanea, poi vince (e viene letto da tutti) il libro più votato. Chi propone deve aver letto il testo;
ci sarà il mese del "Classico", quello del “Giallo o Thriller" e quello della "Poesia". Vengono letti anche libri di autori e autrici pordenonesi. Nell’incontro si condividono le opinioni in totale libertà: si può apprezzare, ma anche criticare i libri che vengono letti. Gli incontri sono molto piacevoli, oltre al confronto letterario c’è anche un momento finale conviviale. Sono in programma anche
del senso della vita, in attesa della morte, persi in un eterno girovagare (…) parlando di sesso e religione, esagerando con la droga, cantando il degrado e la violenza (…)", come recita la sinossi del film, non può essere istigazione al consumo! Forse è, anzi senza forse, lo spaccato di tutto ciò che un mondo adulto o un certo mondo non vorrebbe vedere e non vorrebbe neanche esistesse. Ma davvero vogliamo ancora negare l’esistenza di un fenomeno del consumo? Davvero vogliamo negare che le sostanze siano parte della storia dell’uomo? Davvero dobbiamo ancora sentire parlare di DROGA e non di sostanze, generando una classifica ingiusta di quelle “buone” (vedi il vino) e di quelle cattive? Possibile che si debba ancora concentrare sul dito (la sostanza), dimenticandoci della luna (la motivazione del consumo e della dipendenza)? Ringraziamo di cuore Alessandro Radaelli per l’impegno e la bontà del suo lavoro, ringraziamo ancora una volta Cinemazero che riesce a fornire sempre, non tanto un taglio originale, quanto reale, efficace e non mascherato o violato da una morale ingannevole. La morale può essere una chiave di lettura della vita, non un ostacolo alla vita.
incontri con l’autore. In questi mesi il gruppo è cresciuto molto e si è consolidato. C’è già stato un incontro con un autore letto dal gruppo: Michele Marziani, con il suo libro "La trota ai tempi di Zorro" (BE E editore), che si è tenuto il 20 aprile all’ex tipografia Savio. Inoltre, è stata avviata una collaborazione con Ascom-Federmoda per organizzare incontri con l'autore all’interno di spazi commerciali. La letteratura e la lettura entrano in spazi inusuali per offrire nuovi punti di vista.
Dal 29 marzo al 1° aprile si è tenuto il Pordenone Docs Fest, Festival realizzato da Cinemazero, che in cinque giorni ha mostrato in anteprima nazionale 25 film. In tutto sono stati proiettati 50 film provenienti da 28 Paesi del mondo. Da notare che la maggior parte di questi film, attenti alla realtà e alla inclusività, sono opera di donne. Proporre documentari e film dal mondo significa prendere posizione su questioni cruciali: guerre, la sostenibilità ambientale, problematiche sociali, culture diverse. Da segnalare il lavoro dell'ex fotografo siriano Caesar, che per conto dei Servizi di sicurezza turchi ha fotografato le migliaia di corpi senza vita, e torturati, dei carcerati di Damasco. Fuggito con 27.000 fotografie, Caesar li ha inviati ai media internazionali, portando una dura testimonianza all’attenzione del mondo.
Altro film da segnalare il film L’arte del silenzio di Marcel Marceau, in collaborazione con l’Ente nazionale sordi di Pordenone, che è stato tradotto in simultanea con la Lingua dei segni. Di forte impatto il documentario sulla "normalità" a Bucha, dopo i massacri, e l’intervento di Enes Freedom, giocatore di Basket, fermo oppositore della Turchia di Erdogan. Molto interessante anche la retrospettiva dedicata alle origini del documentario femminista italiano. Molti i film nei quali è stata ripresa e mostrata l’Italia più nascosta e in difficoltà. Un Festival molto utile per capire realtà scomode di cui nessuno parla. Sul G8 di Genova 2001 il film “se fate i bravi”; sulla minaccia atomica i film “Pluto” di Renzo Carbonera e “Via Argine 310” di Gianfranco Pannone. Il film "La scelte" di Carlo Bachschmidt ha acceso riflettori sulla controversia della Tav TorinoLione. Incentrata sul tema del lavoro l’opera prima di Marco e Lorenzo Enrico Gori “E tu come stai”. Tante le occasioni per conoscere e riflettere sulla società odierna, sulle realtà nazionali e internazionali. La cultura è anche questo. (d.d.)
di Virginia Bettinelli
bito in sintonia. Quindi all’inizio eravamo solo noi due a suonare ed esibirci qualche volta.
A gennaio a calcare il palco di Scenasonica, la rassegna di musica indipendente all'ex convento di San Francesco a Pordenone, c'era anche Anna McCarthy e la sua band, con l'album "What Are People For?". Nato da una collaborazione tra l'artista e la musicista e produttrice Manuela Rzytki, mostra l'equilibrio ideale tra vibrazioni hip-shake e un contenuto provocatorio. L'intero progetto nasce da una pubblicazione e una mostra di McCarthy che pone le basi per il contenuto e i testi dell'album, che è umoristico, poetico e politico. La serata è stata l'occasione per conoscere l'artista ed intervistarla.
Prima volta a Pordenone, che impressione avete avuto?
Ci è piaciuto molto suonare nella vostra città. Ci sentiamo onorati di essere stati inclusi in una programmazione così straordinaria di musicisti come i Meridian Brothers e The Dwarfs of East Agouza, che amiamo. Inoltre è sempre stato un mio sogno fin dall’infanzia quello di potermi esibire in una chiesa senza religione e manipolazione.
Com'è nato l'album?
Manuela Rzytki ed io abbiamo cominciato a collaborare qualche tempo fa. Mi sarebbe piaciuto creare una band musicale dal nome: What Are People For? (A cosa servono le persone?) e lei era interessata al fatto che io scrivessi le liriche per la musica che stava componendo e da quel momento ci siamo trovate su-
Poi agli inizi della pandemia abbiamo suonato nei Meadow of Therese (42 ettari di terreno dove viene organizzato l’Oktoberfestndr), per la prima volta come un quartetto con Paulina Nolte alla tastiera per le basi ritmiche e accompagnamento vocale, e Tom Wu alla batteria; tutto si è incastrato magicamente, tutto è andato a posto.
Una band di amici?
Noi quattro siamo amici da molto tempo e facciamo parte di un ambiente molto attivo a Monaco e caratterizzato da molti progetti riguardanti: arte, musica, teatro e cinema. A tenerci uniti è il nostro denominatore comune: non ci piacciono le categorie, i confini o il fanatismo, cerchiamo di provare il meno possibile e ci piace ballare sui tavoli! Per What Are People For ho scritto i testi, la musica è stata prodotta e registrata da Manu, e poi abbiamo invitato gli altri due a scatenarsi con noi. Ci rispettiamo molto l'un l'altro e la nostra collaborazione è saldamente radicata nell'intuizione e in un profondo senso di fiducia per fare tutto ciò che vogliamo assieme, anche se continuiamo ad esistere nei nostri regni individuali.
Quali sono i piani futuri?
Abbiamo altri spettacoli in programma quest'anno in Germania, Francia, Au-
stria, Norvegia e, naturalmente, di nuovo in Italia. Non abbiamo mai fatto un tour più bello: tanto stile, tanto buon cibo, tante belle persone che muovono i loro corpi in dolce armonia.
Un'ultima cosa, mi incuriosisce molto il tuo cappello, ha qualche significato? A Pordenone diciamo che “A quei della bereta nesun i ghe la peta”, ossia chi indossa il berretto non si lascia ingannare ed è il motivo per cui il cappello lo indosso anche io.
Il mio copricapo rappresenta una nuvola volutamente intrappolata nella mia testa, in altre parole: sono una grande sognatrice e con una testa pesante.
Syria Poletti è stata una saggista, scrittrice e traduttrice naturalizzata argentina. Nacque a Pieve di Cadore nel 1917, ma visse con la nonna a Sacile fino al suo trasferimento a Buenos Aires, avvenuto nel 1938 per seguire i suoi genitori emigrati anni addietro. Syria utilizzò la propria esperienza personale di emigrante, trascrivendola nelle trame dei suoi numerosi libri. ‘’Gente conmigo’’ (1961, tradotto nel 1998 con il titolo ‘’Gente con me’’ dalla casa editrice Marsilio a cura di Claudia Razza) è il suo romanzo più celebre. La protagonista, nei capitoli iniziali, è il ritratto giovanile della scrittrice, legata al suo mestiere che lei ritiene indole e istinto, la scrittura. Le lettere che scriverà per gli altri faranno parte della sua vita sia come occupazione, sia come mezzo di speranza, legata al sottile filo delle poche parole scritte dai genitori emigrati prima di lei in Sud America, che la lasciarono sotto il patrocinio della nonna, sua mentore. Tramite le lettere che scrive, Syria rivive le vite altrui, di persone sparse tra i continenti del mondo in cerca
di fortuna, della cui esistenza l'unica concreta ma fioca prova risiedeva nelle incerte parole scritte e nei soldi chiusi nelle buste accompagnati da raccomandazioni di come spenderli. Syria descrive per questi figli lontani le vite di coloro che rimasero nella loro terra d’origine, le madri e le nonne tutte d’un pezzo che, torcendosi le mani nodose come radici indurite dal lavoro, predicavano il loro benessere e la fiducia nel loro ritorno a casa, trattenendo tra le labbra increspate le parole di bisogno e la necessità di chiedere loro del denaro. Le forti matrone con difficoltà avrebbero potuto chiedere la carità ai loro figli, partiti in cerca di un’effimera speranza di un futuro migliore in un luogo del mondo che non potrebbero indicare in una carta geografica. Syria rivive le loro vite, il loro dolore e le loro incertezze, assorbendo come fa la carta con l’inchiostro le loro storie tramite le lettere che vanno e vengono da lontano. Lei stessa si sente in un continuo limbo tra le due parti del mondo, il suo nido natale e l’oscurità cognitiva al di fuori dei confini. Non riuscendo inizialmente a distinguere il limite umano tra i due continenti, vive la giovinezza sognando di raggiungere la sua famiglia in Argentina, di cui ha poche notizie. Per fare ciò dovrebbe abbandonare le certezze del-
la propria terra d’origine e le proprie radici. Syria lascerà la sua terra a cui è particolarmente legata per trasferirsi nelle Americhe che, secondo lei, "si mangiano il cuore delle persone" come se avessero bisogno del sangue delle persone emigrate da consumare per crescere e costruirsi un’identità nuova, sempre più avida di umanità. Lo rilegge nelle numerose lettere che scrive, timorosa che possa succedere anche a lei, come è successo alla sua famiglia e a tutti i figli dai buoni propositi nelle fauci del mostro ctonio e oscuro che dalla sua prospettiva ha divorato. La storia della scrittrice, sospesa in un filo teso in due mondi opposti, ricalca la storia di quasi tre milioni di italiani che dagli inizi dell‘800 sono emigrati in Argentina con la speranza di un futuro più roseo per se stessi e la propria famiglia. Gradualmente si diffusero nelle campagne e nelle città di nuova costruzione, spinti dall’idea di una fertile Terra promessa propagandata dal governo argentino agli abitanti delle terre rurali italiane. Il viaggio era lungo e disagiato, e le condizioni di inserimento nel nuovo stato spesso non combaciavano con gli alti sogni di libertà dei nuovi abitanti. Il loro arrivo combaciò con la formazione di una nuova Argentina, libera dai demoni coloniali delle
epoche passate. Si ricordano numerosi agricoltori, viticoltori, pescatori e marinai, artigiani, uomini di scienza e imprenditori. L’egemonizzazione dei campi incolti, la nascita di nuove industrie, la formazione di novelle città sono state supportate dai nuovi cittadini che entrarono nello stato portando con sé i valori tradizionali della propria terra, ma non senza riscontrare le dure realtà dell’emigrazione come l’isolamento sociale, la faticosa vita lavorativa, dure condizioni di vita e il rapporto conflittuale con la popolazione nativa. La maggior parte di loro arrivò nel paese con un progetto temporaneo, nel cuore la volontà di rimpatriare con la fortuna guadagnata lavorando, simbolo del raggiungimento dei loro obiettivi. Anche Syria sognò spesso la sua terra natia, trascritta tra le pagine dei suoi romanzi e libri per bambini. Ma la sua fortunata carriera di scrittrice non le bastò per colmare questo vuoto, poiché non ci furono traduzioni in italiano delle sue opere, se non con il sopracitato Gente Conmigo. La sua fama si diramò in diversi generi letterari, i suoi scritti furono ampiamente apprezzati in America Latina, dove ricevette molti premi per le sue pubblicazioni. Jorge Luis Borges, famoso poeta e scrittore argentino, dirà di lei ‘se ci sono vere scrittrici argentine? Si, ce n’è una, ma è italiana’, tessendo le lodi alla sua collega emigrata. Tra i numerosi premi alla carriera, si ricordano il Premio Internacional Losada (1961), premio IBBY assegnato dall’UNESCO nel 1972 e 1985, e il premio Konex per la sua letteratura per l’infanzia. Il suo romanzo più fortunato ebbe anche un adattamento cinematografico negli anni ’60. Syria morì in Argentina nel 1991, dopo essere tornata a far visita alla sua terra natia e a Sacile, dove ritrovò un caloroso benvenuto.
LDP - LIBERTÁ DI PAROLA
Giornale di strada de I Ragazzi della Panchina ad uscita trimestrale o quasi
Registrazione presso il Tribunale di Pordenone N. R. G. 1719/2008 N. Reg. Stampa 10 del 24.01.2009
Direttore Responsabile Milena Bidinost
Capo Redattore Giorgio Achino
Redazione
i Scrive scrive scrive, piacere esigenza amore. Non trova pace nella sua vita trafelata, in perenne corsa alla ricerca di stare al passo con l’orologio che invece, implacabile, indica il tempo troppo velocemente. Nella scrittura trova invece la quiete, la pausa, sopra il delirio. Scrive per la Panka anche per questo, tentativo di pace in un mondo ostile.
Dolce, sensibile e a volte timida ma quando scrive si vede tutta la sua grinta, decisione e chiarezza. Dirige LdP come se stesse proteggendo un antico vaso durante un trasloco. Il suo pallino? Combatte quotidianamente la maleducazione con il sorriso sopratutto quando si mette alla guida. Un esempio da seguire.
Teatrante per diletto adesso applica la tecnica in Panka. A tutti dice: "Sarò chi vuoi, nella tua personale rappresentazione della vita"; palco e Panka si confondono. Benarrivato in questo teatro! Sempre in scena
Giorgio
Ezio Farinetti, Beatrice Zanin, Silvia Masci, Kika, Alessandro Abbate, Maura Caldana, Fabio Bidese, Enrico Bortolotto, Jacopo Verardo, Daniela Dose, Virginia Bettinelli, Selene Mazzocco, Chiara Zorzi
Editore
Associazione I Ragazzi della Panchina ONLUS
Via Fiume 8, 33170 Pordenone
Creazione grafica
Maurizio Poletto
Impaginazione Ada Moznich
Stampa P.M.P. via San Pietro, 3 33084 Cordenons PN
Fotografie
A cura della redazione.
Foto a pagina 1, 2 e 3 a cura delle organizzazione degli eventi storici
Foto a pagina 7 di Sergio Vaccher
Foto a pagina 8 e 9 uccelli di Corraso Besa, natura di Fabio
Bidese
Fpto a pagina 8 Ass. Amici dei rospi
foto a pagina 10 di Jacopo Verando
Foto a pagina 11 di Giorgio Achino
S: "Chiara, guarda che bella frase che ho scritto!" C: ”bella ma non si scrive così...” S: "ok non è perfetta ma il senso poetico..." C: "...si bello, ma non si scrive così in Italiano!" S: "Quindi?" C: “tienila, ma non è giusta!”. Quando scorri, la consapevolezza del limite, che scorre con te, è vitale. Grazie Chiara
Insegnante di lettere e storia alle Superiori. Giornalista pubblicista. Appassionata di lettura e scrittura. Ha ideato e cura da 23 anni il Progetto “Matilda mi racconti una storia?”, lettura di fiabe ad alta voce ai bimbi e ai loro genitori; ha ideato il progetto di lettura per ragazzi delle superiori “Leggiamo insieme”, giunto al 12 anno. Scrive fiabe, racconti e poesie. Vedete voi se puo’ andare bene per LDP.
Quando la vedi per la prima volta entri in un sogno parigino e già ti culli in quello stile anticonformista alla ricerca di verità, libertà e bellezza. Selene abita in rue bohémienne, a Pordenone! Poi vieni risvegliato dal tornado di parole e di idee che ti investe! Di sicuro non soffre della sindrome della pagina bianca: è un fiume pure lì. Bienvenue!
Ada
Delle quote rosa lei se ne infischia, non le servono! Essere presidente donna di un’associazione di tossici è da solo un miracolo in termini. Si ama e si teme nello stesso istante, tiene tutti e tutto sotto controllo, anche il conto in banca: - Ada ci servirebbe una penna.. “scrivi con il sangue che le penne costano..!”
Foto a pagina 12 di Elisa Caldana e Daniela Dose
Foto a pagina 13 Virginia Bettinelli
Foto a pagina 14 dal sito di Wikimedia
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Friulana doc, appassionata di Paesi e culture straniere. Ha girato e continua a viaggiare: potrebbe scrivere “inviati nel mondo” fino al 2050! Sbaracata a Pordenone per lavoro, l'abbiamo accolta e istruita agli usi e costumi locali. Ora è anche lei una ragazza della Panka. Welcome, مرحباً, bienvenido, مرحباً, benvignût al di qua dell'aghe!he!
Giorgio Achino Moznich Milena Bidinost Chiara Zorzi Selene Mazzocco Selene Mazzocco Daniela Dose Virginia Bettinelli Beatrice ZaninCAMPAGNA PER LA SENSIBILIZZAZIONE E INTEGRAZIONE SOCIALE DE I RAGAZZI DELLA PANCHINA