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Giovani e sostanze, come costruire progetti di aiuto

di Ezio Farinetti, psicologo e psicoterapeuta

Parlare di mondo giovanile e consumo di sostanze spesso espone ad ondate ideologiche, e quindi è opportuno dotarsi delle giuste lenti per osservare il fenomeno e pensare ad interventi mirati. È già difficile reperire dei dati credibili per dare una giusta misura al fenomeno: solo facendo riferimento ai dati ESPAD, studio transnazionale condotto contemporaneamente in 35 Paesi europei che ha come obiettivo il monitoraggio a livello europeo dell’uso di sostanze tra gli studenti (studio che metodologicamente potrebbe essere ampiamen- te criticato), nel 2021 un po’ meno del 20% dei ragazzi tra quindici e vent’anni ha fatto uso di sostanze nell’ultimo anno in Italia, pari a circa 460 mila persone. È un dato indicativo, su cui molto ci sarebbe da ragionare, ma almeno è una base da cui partire per riflettere su un fenomeno che non si può certo definire marginale e affrontabile con formule semplificanti. Avere questo metro di confronto ci permette anche di verificare quanto sia sbagliata l’equazione tra uso di sostanze e condizione di problematicità e dipendenza: per fortuna (e soprattutto per la capacità e competenza dei ragazzi) la maggior parte dei giovani che usano sostanze lo fa per un certo periodo, magari in modo massivo e talvolta abusandone, ma per la gran parte questo fenomeno rientra dentro canoni di compatibilità e non ha esiti problematici. Solo un’esigua percentuale del numero sopra indicato presenta un rapporto difficile con la sostanza, sconfinando in una condizione di aperto disagio verso il quale è necessaria un’adeguata considerazione. Ad oggi molti servizi per le tossicodipendenze

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