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Il contrafforte prealpino pordenonese
di Mauro Caldana, naturalista e scrittore
La biodiversità nelle Prealpi friulane, compresa quella lungo il contrafforte prealpino pordenonese, risente dell’influsso di diverse situazioni ambientali. L’escursione altitudinale, che da un paio di centinaia di metri sale oltre i duemila, l’esposizione diretta ai raggi solari e la ventilazione, spesso sostenuta, ne sono esempi. Inoltre, il contrafforte è un riferimento migratorio per milioni di uccelli. Nelle giornate terse, dall’alto versante è visibile il mare Adriatico. Attraversandolo, lo scirocco porta sulle Prealpi grandi masse d’aria umida, che possono scaricare pioggia a volontà. A proposito di mare, il contrafforte possiede note mediterranee, infatti, la ventilazione e l’insolazione gli conferiscono connotati ambientali adatti ai rettili. Ecco perché vi si concentrano alcune preziose coppie di biancone, splendidi rapaci diurni che si nutrono di colubridi, soprattutto saettoni e biacchi. L’acqua di tanti torrentelli, più temporanea che perenne, scende nelle ghiaie pedemontane diventando un fantasma che percola nel sottosuolo, fino alla linea delle risorgive, collocata in pianura, a una ventina di chilometri di distanza. Le rocce sono compagne lungo qualsiasi sentiero del contrafforte. Si tratta, perlopiù, di calcari derivati dall’attività biologica di scogliere marine antichissime. Esempi di organismi fossili di scogliera, raramente interi, più spesso frammentati, sono le comuni Rudiste, molluschi bivalvi estinti. Mossi dalle dinamiche della crosta terrestre, in tempi geologici, questi ambienti antichi si sono solidificati, spezzati, sollevati e innalzati nell’atmosfera per migliaia di metri, come il gruppo montuoso del Cavallo. Fino a circa dodicimila anni fa, le erosioni glaciali, il trasporto e l’accumulo di montagne di detriti operato dai fiumi hanno riempito un mare che si trovava poco lontano. Ecco perché la pianura friulana è definita "pianura alluvionale". Anche l’uomo fa la sua parte nel conformare l’ambiente prealpino, con le attività di governo del bosco e del pascolo. Quest’ultima, oggigiorno notevolmente ridotta, offre prodotti ricercati per la genuinità. Altri interventi antropici, più o meno recenti, hanno determinato cambiamenti ambientali sul contrafforte, come la viabilità stradale, gli insediamenti urbani, le condotte idriche, i comprensori sciistici, i poligoni militari. Dalle vette più alte del contrafforte sono visibili, verso Nord, le Dolomiti. Sono montagne carbonatiche/magnesiache molto più vecchie dei carbonati di scogliera, caratterizzate da fossili propri e paesaggi che, al crepuscolo, riflettono tinte rugginose. Sono panorami che il mondo ci invidia! Non vi sto parlando solo delle Dolomiti che si ergono di là dal Piave, come i famosi monti Civetta, Pelmo, Antelao… ma di cime dell’alta Val Cellina, cioè il Vacalizza, il Pramaggiore, la Cima dei Preti, il Duranno…: rispetto alle prime, sono divise da valli profonde e incise, particolarmente selvagge. Hanno sentieri ricercati dagli amanti delle escursioni solitarie e impegnative. A decretare il valore mondiale di questa parte di territorio italiano ci ha pensato l’UNESCO, che ha iscritto le Dolomiti al prezioso elenco delle sue bellezze. Negli ultimi decenni, la riduzione delle attività di malga, che in passato caratterizzavano profondamente l’economia del contrafforte prealpino e delle valli vicine ha decretato la riconquista dei pascoli da parte della foresta. Di conseguenza, l’ago della bilancia ecologica si è spostato a favore di certi animali, a discapito di altri. Sui posti, specie che sembravano perse, hanno ripreso vigore. Un esempio è il cervo: con solo un paio di piccole comunità storiche (Cansiglio e Val Settimana) è ritornato a colonizzare tutte le valli prealpine. Le leggi naturali prevedono che, dove si diffonde una specie predabile, i suoi predatori ritornino, infatti, da alcuni anni, nelle Prealpi pordenonesi è ricomparso un predatore mitico, il lupo.
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