LDP 3/2019

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APPROFONDIMENTO

pordenonelegge

Libertá di Parola 3/2019 ——

Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo. (Voltaire)

Benefici & videogiochi Un connubio (im)possibile? di Gregorio Ceccone “Vorrei parlare con mio figlio di videogiochi e digitale ma non sono sicuro di come fare”. Questa è una domanda che spesso mi viene fatta durante le mie formazioni con genitori e adulti. Molto spesso noi adulti ci sentiamo estrania-

ti dal mondo digitale di cui fanno parte i nostri ragazzi. Ragazzi che on-line sembrano sicuri di sé ed in grado di muoversi con velocità e competenza. 
 Altre domande tipiche fatte da genitori e adulti sono: i videogiochi fa-

Dal 18 al 22 settembre torna il giallo in città. E' il colore di pordenonelegge, la Festa del Libro con gli autori che quest'anno compie vent'anni. E' un evento che deve alla “grafica” e al “digitale” parte del suo “appeal” sul numeroso pubblico. Per scoprirne la ragione siamo andati nel dietro le quinte a conoscere chi si occupa della comunicazione della manifestazione culturale più attesa dell'anno. a pagina 7

ranno male al cervello di mio figlio? Può venire qualcosa di buono dalle ore passate a giocare a Minecraft? Come posso convincerlo a smettere di giocare a Fortnite? Quali sono i videogiochi più adatti alla sua età? Se sei un genitore, probabilmente ti sarai fatto alcune, o tutte, queste domande. Potresti anche aver notato che la maggior parte delle indicazioni diffuse rispetto all’utilizzo dei videogiochi e sull'uso dei media tra gli adolescenti alimentano spesso la paura, la preoccupazione e il disprezzo verso questo universo digitale. Come persona che studia i media e amante dei videogiochi, è frustrante che la ricerca sui giovani e sui media tenda a concentrarsi molto spesso solo sugli effetti negativi. Non nego l’utilità degli studi che esplorano il lato “oscuro” del digitale in quanto forniscono ai genitori informazioni utili su come insegnare ai bambini sane abitudini dei media ma è anche molto importante riconoscere come i media digitali possano effettivamente essere positivi o benefici per i giovani. Attualmente, circa il 97% dei ragazzi adolescenti gioca ai videogiochi: che si tratti di una gara occasionale a Mario Kart a casa di un amico o di una vera e propria ossessione per Fortnite. Ci sarà un motivo per cui il mercato dei videogiochi è sempre più diffuso ed in espansione, no? 
Studi recenti hanno scoperto che molti giochi possono avere effetti positivi ugualmente significativi sia per bambini che per i ragazzi. La prossima volta che il tuo bambino o figlio adolescente ti chiederà di scaricare un nuovo gioco, continua a pagina 2

CODICE A S-BARRE

Arte in carcere, due laboratori per i detenuti del castello di Pordenone a pagina 6

INVIATI NEL MONDO

Alla scoperta dei profumi e dei colori del Marocco, viaggio nelle città imperiali a pagina 11

PANKA AMBIENTE

Con i volontari di Legambiente nella Val d'Arzino a pagina 12

PANKA STORIE

Allevare gli alpaca: la storia del giovane Edoardo Braida a pagina 13

NON SOLO SPORT

Freccette, sport emergente anche nel Pordenonese a pagina 14


IL TEMA

Che cosa c'è in gioco nell’uso dei videogiochi Per i genitori in cerca di risposte la parola d'ordine è «non demonizzarli, ma favorirne un utilizzo adeguato da parte dei figli» di dott. Pietro Defend, psicoterapeuta Consultorio Familiare AAS5 Pordenone “Mio figlio sta molte ore sullo smartphone a fare videogiochi, non studia più, esce poco, si trascura, passa tutto il tempo davanti allo schermo del p.c. e non parla più con nessuno in famiglia. Ho provato a toglierglieli, ma ha reagito in modo violento, non so che fare.” Con questo tipo di interrogativi molti genitori accedono alla consulenza psicologica offerta dal Consultorio Familiare di Pordenone, chiedendo come possano distogliere il figlio dal videogioco e reintegrarlo in attività che ritengono più congrue per lui (studio/sport/vita familiare). E’ una domanda che porta con sé tutto il dolore di un genitore impotente di fronte al cambiamento adolescenziale e incapace di capire il figlio.

Il videogioco è considerato la causa di questo cambiamento e l’unica soluzione che viene in mente al genitore è di impedirne l’utilizzo creando continui litigi e conflitti sull’utilizzo dello stesso. Generalmente a queste scelte del genitore l’adolescente reagisce in modo violento aumentando il contenzioso con i genitori opponendosi ai divieti sull’uso del videogioco sia litigando con loro, che assumendo una posizione passiva in cui si dimostra non interessato a nulla. Questo genere di richiesta sta diventando sempre più frequente e l’attesa del genitore è di trovare un’alternativa al videogioco che rimotivi il ragazzo e lo faccia diventare più simile alle proprie attese. Il “focus” della consulenza in

continua dalla rpima pagina

capacità di un giovane di prestare attenzione per periodi di tempo più lunghi. La “risoluzione non lineare dei problemi”, in particolare, si è distinta per i ricercatori come uno dei vantaggi maggiori offerti dai videogiochi. Nel tempo, i giocatori tendono ad essere più in grado di destreggiarsi tra diverse situazioni di “problem solving” nella vita reale e, nel tempo, a guadagnare voti migliori a scuola. Una tra le più note critiche al medium

considera quindi come questo gioco potrebbe supportare competenza, autonomia e capacità relazionale. Costruire competenze. Una delle caratteristiche più impressionanti dei videogiochi sono i benefici cognitivi. Gli studi hanno inoltre dimostrato che il gioco può migliorare la coordinazione occhio-mano, la risoluzione di problemi complessi, la memoria e la

questo scenario non è quello di sostituire il videogioco con qualcos’altro, ma di riattivare quella comunicazione genitore/figlio che si è interrotta e non ha permesso al genitore di capire cosa sta succedendo al figlio. Spesso però il videogioco perde la sua capacità ludica e diventa una modalità esclusiva d’interazione tra il ragazzo e il resto del mondo, una cartina tornasole del disagio adolescenziale. E’ una fuga da sentimenti d’inadeguatezza e di vergogna riguardante la percezione del proprio corpo, della propria immagine, del Sé, confrontata a modelli di successo sociale. Si osserva cioè una chiusura sociale che a volte diventa un vero e proprio “ritiro sociale” dove il videogioco è l’unico spiraglio di luce e di contatto con gli altri. Da questo punto di vista il fenomeno è stato studiato a lungo in Giappone, dove gli hikikomori, oggi arrivati alla seconda generazione, sono stati studiati e osservati come fenomeno sociale di cambiamento nelle relazioni umane e nella difficoltà di comunicazione della società contemporanea. In molti di questi casi, che si osservano anche nella nostra realtà, l’aspetto ludico e di divertimento creativo tipico del gioco è stato sostituito dalla incapacità di interagire con il mondo esterno e dell’utilizzo del videogioco come unica alternativa all’isolamento più completo. Da questo punto di vista il videogioco rappresenta l’unica risorsa dei soggetti che non si sentono capaci di affrontare un confronto con la vita reale e il web offre loro un’occasione per non restare completamente isolati e apatici. Per quanto riguarda un altro tema ricorrente rispetto ai videogiochi e cioè la correlazione tra gioco e violenza, da un recentissimo studio (Przybylski, Weinstein, 2019), che ha coinvolto adolescenti di 14-15 anni, è emerso che

non c’è alcuna evidenza che pone in relazione diretta l’esposizione a videogiochi con contenuto violento e l’assunzione di comportamenti aggressivi. Altro studio recente e interessante da segnale per comprendere meglio la Igeneration, è quello di J. M. Twenge, docente di Psicologia alla San Diego University, che ha pubblicato nel 2018 :” Iperconnessi” da Einaudi e di cui si può trovare una sintesi sul sito del Centro Regionale per la Promozione alla Salute della Regione Piemonte ( https://www.dors.it ). In conclusione, non bisogna demonizzare i videogiochi, ma favorirne un utilizzo adeguato. È una responsabilità che spetta ai genitori, sin da quando i figli sono piccoli. Si devono fare dei patti di fiducia, i figli devono sapere che il tempo per i videogiochi c’è, ma ha un limite. Si deve fare una sorta di “contratto” da stipulare con loro, insieme al divieto di un uso notturno, visto quanto interferisce con la qualità e la quantità del sonno, andando a ledere le capacità di attenzione e concentrazione, intaccando l’umore, il ritmo sonno-veglia e avendo conseguenze sul sistema immunitario. E’ importante stabilire in-

del videogioco è che l’utilizzo prolungato nel tempo di questo può condurre ad uno stile di vita inattivo o sedentario. È un aspetto che va sicuramente gestito educando al limite e alla capacità di gestire le pause durante le sessioni di gioco. Esplorare l’autonomia. I giovani di oggi sono molto più limitati in termini di "tempo libero" prima e dopo la scuola rispetto alle precedenti generazioni di loro coetanei. Di

conseguenza, si affidano ai media digitali per godersi un tempo significativo e non strutturato assieme ai propri amici. È importante che i genitori cerchino un certo equilibrio tra tempo libero on-line e offline. I giochi possono fornire un portale per i giovani che possono provare in modo sicuro e divertente nuove sfide, il che aiuta a sviluppare il loro senso di motivazione interiore. Inoltre il medium videoludico permette al giocatore


sieme un tempo massimo da trascorrere a giocare, magari utilizzando anche un orologio in modo che si rendano conto del tempo che hanno passato davanti allo schermo e mantengano un legame con la realtà. Se poi i videogiochi diventano un elemento di distacco dal mondo reale in funzione di un ritiro nel virtuale, è il caso di domandarsi da cosa nasce quel ritiro e come è possibile aiutare l’adolescente a superare la sensazione di inadeguatezza rispetto al mondo reale non tanto impedendo loro l’accesso al gioco, ma interrogandosi su cosa ha prodotto quel ritiro e quel comportamento che preoccupa gli adulti. Una maggiore conoscenza del mondo dei videogiochi utilizzati dal ragazzo, può essere un modo per i genitori di avere in modo diretto una dimostrazione del funzionamento mentale e sociale del proprio figlio e come tale è una fonte ricchissima di informazioni e/o conferme rispetto alla conoscenza del proprio figlio e delle sue competenze e obiettivi di crescita. Consultorio Familiare Distretto del Noncello AAS n. 5 "Friuli Occidentale" Via De Paoli, 21 Pordenone tel. 0434 237880 e-mail consultorio.pn@aas5.sanita.fvg. it Il Consultorio è un Servizio sanitario - psicologico e sociale al quale si può accedere direttamente, senza impegnativa e fornisce prestazioni gratuite. Il Consultorio si rivolge ad adolescenti, adulti, coppie e famiglie. Il Consultorio accompagna la famiglia lungo tutto il suo cicolo vitale.Gli adolescenti possono trovare uno spazio di ascolto psicologico per problematiche di tipo relazionale, oltre a consulenze sulla sessualità e contraccezione.

di interrompere o cambiare esperienza quando non si sente sufficiente motivato oppure non si trova a suo agio nell’ambiente digitale proposto. Queste possibilità permettono di sentirsi parte di una squadra o apprezzati per le proprie caratteristiche e capacità da un gruppo di pari. Sviluppo della rete relazionale. Il lato competitivo dei videogiochi può avere del potenziale. L'eccezionale diffusione del videogioco tra i

Naonian Retro-Gaming Society, l'alternativa al gioco individuale Si trova a Torre ed è un luogo di aggregazione con videogame dagli anni Ottanta ad oggi di Milena Bidinost Giocare ai videogiochi alla “vecchia maniera”, insieme e nella stessa stanza, come si faceva un tempo. Questo è lo spirito di “Naonian RetroGaming Society”, un luogo di aggregazione di Pordenone che è anche un progetto pionieristico in Friuli Venezia Giulia (e forse anche oltre regione) nato da un'idea di cinque giovani appassionati giocatori tra i 23 e i 35 anni di età della provincia. Senza fini di lucro e a loro spese, due anni fa hanno creato un punto di ritrovo per quanti sono accomunati dalla passione per il gioco. Un anno fa NRS si è poi trasferito nella sede attuale, in via G. Cantore 49 nel quartiere di Torre di Pordenone, grazie al supporto dell'Associazione Torre. Michele Barbisin è uno dei cinque che hanno inventato e che gestiscono questo punto di incontro nel loro tempo libero e con le loro personali risorse; con lui ci sono anche Luca, Ivan, Massimiliano e Andrea. «Internet sta portando via la concretezza dello stare insieme giocando e questa cosa non ci piaceva – racconta Barbisin -. Così ho proposto ai miei amici di creare un luogo in cui le persone possano coltivare la loro passione senza isolarsi. Siamo contenti di come sta andando il progetto, abbiamo dalle 20 alle 50 persone a sera presenti, tra i 16 e i 40 anni: ci sono adulti, un po' meno gli adolescenti, e ci sono anche bambini con i loro papà. In molti casi sono nate delle amicizie.

Abbiamo tra i nostri utenti alcuni stranieri che, poiché non conoscono nessuno in zona, da noi trovano un'occasione per integrarsi condividendo una passione comune». Alla NRS si gioca con altri anche ai giochi Single Player, come si faceva una volta, passandosi il controller. Il centro è aperto tutti i venerdì e i lunedì dalle 20.30 alle 24. Attualmente i soci sono circa 250. Informazioni sulle attività si possono trovare nel sito www. naonianretrogamingsociety. wordpress.com e nell'omonimo gruppo facebook. I giochi che NRS mette a disposizione sono tantissimi, dalle prime console degli anni Ottanta ai giochi attuali. Si va dal Tetris all'ultimo Mario Kart. «Facciamo ruotare i giochi o le console in modo che ci sia spesso qualcosa di nuovo – dice Michele -. I venerdì inoltre organizziamo anche dei tornei aperti a tutti e cerchiamo di proporre “sfide” per stimolare

i soci a provare determinati titoli». NRS punta molto sui videogame, ma non manca nemmeno di una saletta dedicata ai giochi da tavolo e di carte. E' una alternativa virtuosa al gioco individuale on-line. «Non si può fermare il cambiamento che anche nel settore dei giochi sta avendo la società contemporanea – osserva Michele – ma si può indirizzarlo verso un uso sano degli stessi, non demonizzandoli ma mantenendone la caratteristica che avevano un tempo, che era quella di incontrarsi in sala giochi o in casa di qualcuno e condividere». In questa “avventura” i ragazzi della NRS, dopo due anni, sono ancora quasi da soli a mandare avanti il progetto. «A parte l'associazione Torre – osserva il giovane – non abbiamo ancora trovato nessuno che ci sostenga consentendoci di ampliare il progetto, che in molti fuori regione ci invidiano».

giovanissimi rappresenta un fattore di inclusione da non sottovalutare, e la ricerca dimostra come i giocatori in erba abbiano tendenzialmente meno problemi a stabilire relazioni con i propri compagni di scuola, o a partecipare ad attività di gruppo. I ricercatori hanno confermato che cooperare insieme per sconfiggere un nemico comune, reale o immaginario, può rafforzare i legami sociali tra gruppi di giocatori. Alcuni

adolescenti (e adulti) usano i giochi digitali per sfuggire o evitare altri tipi di interazione sociale, che può essere percepita come più complessa, difficile, imbarazzante. Ancora una volta educare, stabilire limiti e fare delle pause è fondamentale. Il primo suggerimento è di non denigrare il mondo videoludico dei nostri bambini e ragazzi, ma di capire cos'è che piace e che cosa lo rende così attraente. Per scoprire quali videogiochi

sono i più adatti a loro, consiglio di confrontarsi con altri genitori che hanno figli della stessa età, di controllare le valutazioni on-line attraverso siti come SocialWarning, Mamamò o GregorioCeccone.com oppure dal sito di valutazione PEGI.it. Un altro suggerimento è provare a fare una partita ai videogiochi assieme a nostri figli. Potrebbe essere un momento di intimità familiare in cui avvicinare il loro mondo digitale al nostro.


RUBRICHE

“Il cercalibro”, uso e riuso dei testi di scuola Per il quarto anno l'iniziativa si è svolta in biblioteca: è un aiuto concreto per le famiglie in difficoltà. Coinvolti anche i ragazzi di Jaqueline “Venghino, gente, venghino”. Anche quest’anno, per la quarta volta consecutiva, il chiostro della biblioteca civica di Pordenone ha ospitato l’evento che preannunciava l’inizio del nuovo anno scolastico per i ragazzi delle scuole superiori. Titolo dell'evento, “Il cercalibro”. Lo dice la parola stessa: tutti a cercare i libri per il nuovo anno, con più o meno brio, nella speranza che “almeno quest'anno fammi promosso”, come recitava un famoso libro degli anni ’90. L’idea è nata dall’Associazione di volontariato “Il nostro pane quotidiano” con il patrocinio del Comune di

Pordenone e del Centro Servizi Volontariato del Friuli Venezia Giulia, e con la collaborazione di Informagiovani, Biblioteca e A.I.P.I, che ormai da quasi sei anni si occupa della distribuzione di materiale scolastico per le famiglie in difficoltà. IL 25 e 26 luglio i ragazzi hanno potuto mettere alla prova le loro capacità di abili venditori di testi usati (e speriamo ben studiati), organizzandosi un banchetto e proponendo gli stessi testi ai compagni di uno o due anni più giovani. I genitori questa volta erano banditi. Certo, qualcuno è stato accompagnato da mamma o

papà, altri invece si sono dimostrati maturi negli acquisti e hanno saputo scegliere con esattezza quanto l’insegnante aveva richiesto per la classe successiva. L’evento ha avuto un rilevante successo, la partecipazione è stata libera e gratuita, con l’unico vincolo di preiscrizione dei giovani venditori che si sono dimostrati bravissimi commercianti. L’ottica de “Il cercalibro” è stata sia quella di risparmiare qualche soldino perché, si sa, i libri di scuola costano, ma anche quella di avvicinare i giovani al concetto di uso e riuso per il rispetto dell’ambiente ed aumentare la con-

Si può smettere di bere, io l'ho fatto «Bevevo quel che bastava a farmi star male. Ho mollato, e sto cento volte meglio» di Ferdinando P. Chi di noi non ha mai bevuto diluente, disinfettante, o carburante. Succede milioni di volte. Tutte le volte che uno manda giù [spesso con un po’ di schifo, inconfessato] un rosso, uno spritz col bitter, oppure un birrino [“non sarà un problema...”], o superalcolici, deve tener presente che in quella bevanda c’è un tot di “chimica” altamente tossica. Un liquido infiammabile. L’alcol (etanolo) è così. Si beve per cambiare il proprio stato mentale, che in quel momento sembra essere, oppure è davvero, il peggiore del mondo, quindi uno farebbe di tutto, purché qualcosa cambiasse. Ma ogni volta è la stessa esperienza: cinque-dieci minuti di non so cosa, neanche piacevole, poi il down, maledetto. È naturale che dopo

avere introdotto nel proprio organismo una roba come l’alcol, uno provi malessere. È un antigelo. Dà un po’ di depressione. Sono tanti, quelli che ripetono questo atto implacabilmente peggiorativo. Io sono tra quelli che sbagliavano ogni giorno. Spero che sia finita: l’alcol è la peggiore delle droghe. Devasta. Per quello che dà, si prende troppo. Deprime brutalmente,

lo ripeto, 9 su 10. Ma in tutto questo c’è una bellissima notizia: se uno interrompe l’assunzione di alcol, già nel giro di ore o giorni vede virare l’umore da pessimo ad accettabile, e col passare di ore e giorni molte cose cambiano. Ci si sgonfia, la pelle migliora, il pensiero è più chiaro, le reazioni sono adeguate agli stimoli, col grande vantaggio che non rischi di fare danni ogni momento. Si sta tanto meglio. Vedere da fuori uno che smette di bere è come assistere a una rinascita. In pochi giorni si guadagnano anni, come aspetto. Indipendentemente dal qua-

sapevolezza del valore dei materiali scolastici. Proprio questo ultimo motivo ha fatto sì che, nelle due giornate dedicate all’evento, venissero raccolti materiali per la “Cartoleria solidale” che aiuta ogni anno e con costanza centinaia di famiglie del Pordenonese. Che dire, quindi? "Il cercalibro” ha fatto bene all’ambiente, alla società e al portafoglio dei genitori. Speriamo che il prossimo anno si ripeta nuovamente questa occasione di condivisione per favorire lo scambio fra i giovani e promuovere i gesti di solidarietà all’interno del proprio territorio. dro clinico, smettere ti trasforma in una persona più bella da vedere. Non sono messo bene, come forza di volontà, ma quella che ho è bastata per mettere un punto. Spero di tenerlo, quel punto. Noi ci sentiamo “autorizzati a bere” persino da Gesù: nel rito della Comunione si parla di vino come di “frutto della vite e del lavoro dell’uomo”. Il vino è benedetto, al pari del pane, perché è il sangue di Cristo. Ma era imprevedibile che santificare e ritualizzare il bere avrebbe arrecato un danno sociale enorme, facendo sentire miliardi di uomini e di donne, nei secoli, in diritto di ripetere quel rito, anche in modo deteriore e autolesivo, magari persino blasfemo, oppure semplicemente conviviale. Dio, gli Alpini, la Cultura enologica, il Cinema, i Poeti maledetti: se uno vuole brindare, anche da solo è sempre in ottima compagnia. Smettere di bere, è una manna, ma sul serio. Viene da dentro, non dal cielo. Ed è molto meglio. Io bevevo quel che bastava a farmi star male. Ho mollato, e sto 100 volte meglio. Il messaggio è che “ si può fare”.


Il polline, il super alimento prodotto dai fiori e benefico per la salute

ricostituente per le persone anziane e come integratore per gli sportivi. Un po' come succede per il miele, anche il polline ha diverse caratteristiche, gradevolezza ed usi

in base ai fiori dai quali proviene. Si trovano in commercio pollini dolci di castagno (il miele è però conosciuto per le sue note amare), o più amarognoli come il salice. L’apicoltore raccoglie il polline grazie a delle trappole poste all’ingresso dell’arnia, che catturano le pallottoline all’interno di un cassetto che viene regolarmente estratto e setacciato da eventuali impurità. Una volta in mano all’apicoltore, egli sceglierà se essiccarlo, operazione rischiosa in quanto a temperature superiori i 45° rischia di perdere parte delle sue proprietà, o congelarlo così com’è. A questo punto è lecito chiedersi “ma come si mangia il polline?”. Per coloro che non l’hanno mai assaggiato, è consigliabile iniziare in maniera graduale perché i prodotti apistici possono indurre, in alcune persone con sensibilità accertata, delle reazioni allergiche. Le modalità di consumo dipendono dai gusti e dalla fantasia del consumatore. Si può benissimo consumarlo così com’è, fresco, in un cucchiaio da minestra (dose giornaliera consigliata), o mescolarlo allo yogurt, all’insalata. Cercatevi un apicoltore di fiducia, in quanto il polline, come il miele, risente dell’inquinamento ambientale che ora più che mai, condisce i nostri cibi da tavola.

minore è la sua qualità. Un altro accorgimento da tenere presente riguarda la percentuale delle proteine: se è compresa tra il 28 ed il 26% va bene per cani che fanno un’attività intensa; se tra il 26 e il 24% per un cane che non svolge particolari attività. Seguendo queste piccole indicazione, già potrete fare una selezione adeguata del cibo che acquistate per il vostro amico a quattro zampe. Passiamo ora a come nutrirlo. I cuccioli fino ai 16 mesi hanno bisogno di mangiare tre volte al giorno. I cani di media/ grossa taglia mangiano due volte al giorno, soprattutto per evitare la torsione gastrica, con l’attenzione comunque di non far fare troppo moto all'animale nel periodo immediatamente successivo al pasto. I cani di piccola taglia, invece, possono nutrirsi anche una sola volta al giorno. L’importante è anche la dose che viene somministrata e

che si rispetti il rituale. Il cane inizia a mangiare quando gliene diamo la possibilità; se dovesse avanzare del cibo nella ciotola non lasciarglielo a disposizione ed eventualmente ridarglielo al pasto successivo; possibilmente il cane mangia in un momento diverso da quello della famiglia. Il “nutrire il cane preparandogli il pasto in casa” è invece un argomento che richiederebbe di essere approfondito, in quanto complesso. Ci limitiamo nel dire che se diamo al cane sia crocchette che cibo preparato in casa è bene equilibrare le dosi, di modo da non esagerare nella quantità totale di cibo che consuma. Le verdure generalmente vanno bene: patate, zucchine, vanno evitate invece le cipolle, l'aglio e le verdure a foglia larga (insalata,spinaci e simili). La frutta va bene, purché non sia l’uva che è tossica come la cioccolata e l’alcool.

Racchiude tutti gli elementi necessari alla vita e può essere consumato puro o mescolato ai cibi di Luca Cefaratti Il polline ha l’aspetto di una polvere colorata a seconda del fiore da cui proviene. La sua dispersione nell’ambiente avviene grazie al vento e grazie alle api e altri insetti pronubi. Le api raccolgono e conservano il polline per nutrire la covata, che necessita di proteine durante la fase di crescita delle larve. Ogni singolo granulo di polline racchiude tutti gli elementi necessari alla vita, tra cui tutti gli aminoacidi, milioni di fermenti lattici, proteine (più della carne e del pesce), zuccheri, vitamine del gruppo B, C, E, provitamina A, acido folico, rutina e sali minerali, alcuni dei quali piuttosto “rari” in natura (zinco, bario, manganese, rame, selenio). Vista la completezza e la complessità dei suoi componenti, il polline viene definito un super alimento, utile nella prevenzione e nella cura di numerose condizioni. Diversi studi con-

fermano la sua efficacia in casi di anemia, arteriosclerosi, astenia, coliti, depressione, diabete, prostatiti, reumatismi, stipsi e altro ancora. Il polline è molto efficace anche come

PANKADOG

Cibo, come nutrire il nostro cane Come e cosa dargli da mangiare e cosa non mettergli mai nella ciotola di Giorgio Achino Oggigiorno nutrire adeguatamente un cane, fornendogli tutti i valori nutritivi di cui necessita, è molto semplice. Si può scegliere tra una vasta gamma di prodotti presenti sul mercato. Quello che preme tutti noi è dare qualcosa di buono al nostro amico, qualcosa che lo nutra adeguatamente. Nel farlo è sempre bene ricordare che è meglio avere un cane magro che obeso. Quindi a cosa dob-

biamo stare attenti quando compriamo delle crocchette? Innanzitutto va tenuto conto della percentuale di ceneri residue presenti, ovvero i residui di produzione che si trovano nei silos di produzione delle crocchette stesse: è meglio se sono al di sotto del 7%. Nelle etichette è indicata la tipologia di proteine utilizzate: meno ce ne sono meglio è; maggiori tipologie di proteine sono presenti nel cibo, infatti,


CODICE A S-BARRE

Arti grafiche e design in carcere, due nuovi corsi per i detenuti Il progetto è stato finanziato dal Servizio Sociale dei Comuni dell'Ambito territoriale del Noncello e coordinato da I Ragazzi della panchina di Elena Gaglioti, specialista in arti grafiche, e Mila Marzotto, architetto e arredo d'interni, docenti del corso Si è concluso il progetto di formazione culturale tenutosi durante il mese di agosto all'interno della casa circondariale di Pordenone, rivolto ai detenuti. La realizzazione è stata resa possibile grazie alle sensibilità congiunte del Servizio Sociale dei Comuni dell'Ambito territoriale del Noncello, che ha fornito i mezzi finanziari necessari, dell'associazione i Ragazzi della panchina e della direzione dell'istituto carcerario che, aderendo alla proposta, hanno voluto dare un segnale di concretezza all'obiettivo rieducativo della pena, previsto dalla stessa Costituzione. Due i laboratori, guidati rispettivamente da ciascuna di noi professioniste. “Arti Grafiche” (Gaglioti) Produttivo umanamente il lavoro svolto e buono l'allenamento sotto il profilo tecnicoespressivo. Il mio gruppo si è dimostrato colpito dall'attività, oltrepassando l'iniziale timore, desideroso di mettersi all'opera per appuntare su carta impressioni, colori, segni, momenti. Costruire un rilassato contesto umano è stato il primo passo, unico terreno che possa dar luogo ad un sistema pacifico e produttivo. Con una buona dose di rispetto, credo che entrambe le parti

ed informale, con la conseguenza che il materiale prodotto possa vantare una certa qualità interna e formale, resa manifesta attraverso la sua propria struttura.

possano dimostrare una certa soddisfazione per quanto detto, prodotto e capito. Dinamiche relazionali, scambio di pensieri ed ascolto stanno alla base e precedono il raggiungimento di un buon risultato grafico che, nello specifico, va identificato con la ideazione e composizione di un manifesto pubblicitario attraverso diverse tecniche grafico-espressive manuali. Sulla base di questo contesto si edifica la progettazione grafica di manifesti pubblicitari strutturati sulla base di ciò che il gruppo di lavoro di Mila Marzotto stava al contempo costruendo. Per fare ciò abbiamo inizialmente osservato e studiato alcuni manifesti appartenenti a periodi storici differenti. Quindi abbiamo smembrato alcuni manifesti in tutte le loro componenti, per capirne la struttura e poterla riutilizzare nel contesto del nostro lavoro. Sono emersi lavori carichi di ironia, delicatezze, ingegno, pensieri e ripensamenti, svolti con serenità e rispetto verso ciò che stava graficamente prendendo forma. Ognuno ha interpretato singolarmente il progetto, attribuendo forme e significati attraverso modalità differenti. Credo che lo stesso disegno grafico abbia contribuito a strutturare una dimensione di lavoro distesa

“Arredamenti e complementi d'arredo” (Marzotto) Durante il percorso il mio gruppo di lavoro si è cimentato nella produzione di complementi d'arredo come la sedia Rietveld, lampade ed oggettistica varia, misurazione della sala colloqui e sua reinterpretazione grafica a discrezione di ognuno. Proprio in questa occasione ho notato

- e riporto con piacere - alcuni esempi felici che raccolgo con grande stupore. In primo luogo differenze e peculiarità culturali emerse nel corso delle attività e della produzione dei manufatti: quando si è trattato di misurare la sala colloqui e reinterpretare lo spazio graficamente, ciascuno l'ha conformata in base alla propria cultura ed alle sue abitudini. Troverete per questo disegni di soggiorni, camere da

letto, sale da pranzo diverse da come normalmente siamo abituati a concepire. Oltre a ciò, in alcuni casi è emersa la volontà di non rappresentare nulla che fosse indirizzato ad una utenza ipoteticamente abbiente, nonostante si tratti di una dimensione puramente teorica e potenziale su carta. Due piccoli insegnamenti che mi hanno fatto comprendere di non dare mai nulla per scontato o già dato. In generale, durante il percorso lavorativo in carcere ho notato con piacere grande rispetto ed un buon interesse da parte dei presenti verso la materia e le attività relative. Vogliamo ringraziare le persone che hanno partecipato alle attività, la casa circondariale di Pordenone, le strutture comunali preposte, l'associazione i Ragazzi della panchina e la dottoressa Alessandra Santin per averci introdotte in questo contesto e per il fatto di dare valore alla formazione in ambito culturale, specie in ambiti delicati come questo. Qui abbiamo avuto il compito di garantire degli input, dare valore al manufatto ed alla persona e concentrare un programma di modo da rendere le persone autonome rispetto ad un ipotetico futuro e garantendo strumenti che permettessero di lavorare in autonomia al di là della singola lezione. I due progetti, pur essendo separati, s'intrecciano a livello contenutistico: sedie, lampade ed elementi d'arredo quale filo conduttore, declinati nei due gruppi di lavoro in progetto grafico (manifesto) e rispettivo prodotto fisico. Il corso ha visto una significativa adesione da parte dei detenuti ed è per questo soddisfacente risultato ottenuto che è stato deciso di esporre gli elaborati prodotti al pubblico cittadino. La mostra avrà luogo nel tardo autunno a Pordenone.


L'APPROFONDIMENTO ————————————————————————

#pnlegge2019 di Michela Zin, direttore Fondazione Pordenonelegge Quando nel 2000 è nato pordenonelegge.it, quel punto it poteva sembrare fuori luogo o inutile. E i meno tecnologici se ne chiedevano anche il significato. Cosa aveva a che fare il libro con il mondo digitale? Perché era necessario registrare un dominio web a supporto di incontri con gli autori? Il virtuale avrebbe soppiantato il reale? A ripensarci ora, pordenonelegge dimostrò di essere “avanti” vedendo nel mondo del web l’amplificatore di quel che stava per accadere in una piccola cittadina del nordest d’Italia. Ma pordenonelegge, conoscendo la forza della carta stampata capì anche che era necessario tenere gli occhi bene aperti su quel che stava accadendo in rete. Oggi siamo presenti nei più importanti e utilizzati canali social e soprattutto abbiamo un sito che è cresciuto passo passo insieme a noi ed è diventato la bacheca ufficiale delle nostre comunicazioni. Senza dimenticare la nostra newsletter che raggiunge ormai quasi 30.000 iscritti. E la collana di ebook dedicati alla poesia. Non è stato facile per chi ama il profumo della carta adeguare la propria comunicazione alle regole del web. Anche perché se è vero che per il festival abbiamo tre validissime collaboratrici che gestiscono egregiamente i nostri profili, durante l’anno la maggior parte della comunicazione sui social è curata internamente. Abbiamo dovuto cercare di tenere alta l’attenzione dei nostri follower anche quando gli effetti della piacevolissima “ebrezza da attenzione” delle

giornate del festival tende a sfumare, anche se cose da comunicare ne abbiamo sempre. Ma abbiamo anche aiutato il nostro pubblico a diventare tecnologico. Con la creazione di “Amico di pordenonelegge”, per esempio, i primi anni la maggior parte delle persone si recava allo sportello sia per fare la donazione che per prenotare gli incontri al festival. Oggi la percentuale si è completamente capovolta e la tecnologia è diventata più gradita. Non è facile diversificare la comunicazione a seconda del canale usato. Non è banale far in modo che tutti possano essere coinvolti, che tra autori e case editrici condividano i nostri post, che ci sia spazio per il locale ma anche per l’internazionale, che si sia proprio lì a cogliere quell’attimo specifico. Il festival pordenonelegge ha una macchina organizzativa molto complessa perché tutto accade in quelle cinque giornate e bisogna avere una costante lucidità per coordinare il tutto. Durante l’anno è un po’ più semplice ma comunque va tenuta una linea editoriale coerente con quel che la Fondazione vuole far conoscere al proprio pubblico. E bisogna sempre trovare nuovi modi per restare vicini ai nostri appassionati lettori. Come il recente canale Telegram che ogni settimana informa sull’attività della Fondazione e che diventerà particolarmente utile anche per il festival. Per il futuro abbiamo molti progetti in cantiere. Speriamo di riuscire a concretizzarli.


Immagini, video e note: il lato facebook di pordenonelegge La giornata tipo del team di comunicatori che lavora durante la manifestazione. La pagina è attiva tutto l'anno per le altre iniziative di Gianluca Giannetto Facebook è il social network più utilizzato al mondo, con oltre 2 miliardi di utenti, di cui 31 milioni solo in Italia ed è, naturalmente, uno dei canali social utilizzati da pordenonelegge. A spiegare come lavora il team facebook nelle giornate del festival è la sua coordinatrice, Fosca Pozzar Collinassi, che collabora con il festival dal 2013. Come ti sei avvicinata al lavoro di social media manager e come è iniziata la tua collaborazione con pordenonelegge? Dopo il mio percorso di studi in Lettere all’università, ho iniziato a lavorare come volontaria all’interno di alcuni festival culturali della regione come il Far East Film Festival, Mittelfest e al Trieste science+fiction festival, curando la rassegna stampa. Durante la collaborazione con pordenonelegge mi sono appassionata della creatività di questo mestiere, realizzandomi in questo ambiente anche a livello professionale.

Come viene gestita la pagina durante l’anno e qual è la particolarità di Facebook rispetto agli altri social? La pagina viene aggiornata internamente durante tutto l’anno, raccontando le attività che svolge la Fondazione, ma è durante le giornate del festival che si attiva in modo importante. La particolarità dell’algoritmo, non ci permette la pubblicazione di molti post nel corso della giornata, a differenza di altri social come Instagram o Twitter, il

lavoro non si svolge “live” e vi è una grossa attività di cernita qualitativa dei contenuti in collaborazione con la direzione del festival. Come è strutturata una giornata tipo durante il festival? I post che vengono prodotti durante il festival seguono un piano editoriale giornaliero, che viene elaborato al mattino in maniera condivisa, cercando di sfruttare tutti i formati che FB mette a disposizione (immagini, album,

I tweet che raccontano il festival Dietro l’hashtag ufficiale #pnlegge2019 una squadra di giovani volontari uscita dai banchi di pordenonescrive di Sara Rocutto Pordenonelegge ha aperto un proprio profilo Twitter nel 2012. Da allora ogni edizione del festival è accompagnata da centinaia di cinguetti (i tweet) che raccontano in diretta gli incontri con gli autori. Dietro alle tastiere, o meglio, dietro agli smartphone, ogni anno si alterna un gruppo di circa una decina di persone formato da volontari e volontarie che i curatori del festival incontrano ogni anno dietro ai banchi dei corsi di scrittura creativa di pordenonescrive.

Per riuscire nell’impresa di una comunicazione utile ed efficace durante le giornate del festival si lavora a stretto contatto con i team di riferimento dei canali Facebook, guidato da Fosca Pozzar e Instagram, coordinato da Angela Biancat, con l’Ufficio Stampa, i fotografi e videomaker e con la Direzione operativa per permettere il miglior scambio di informazioni ed essere sempre pronti ad affrontare ogni tipo di situazione. La scommessa della squadra, che ho

il piacere di coordinare dal 2013, è quella di riuscire a cogliere ogni anno alcune frasi, citazioni, momenti, capaci di colpire il pubblico di Twitter e dare, tra retweet (le condivisioni dei tweet da parte dei vari utenti) e cuoricini (l’equivalente dei Mi Piace su Facebook), la massima visibilità al festival, ai suoi autori, alla città e allo stesso tempo provare a far arrivare l’atmosfera che si respira a Pordenone anche a chi non è potuto esserci. Ogni anno c’è qualcosa di

video, note). Per cui è necessario coordinarsi con tutto il team, che prevede almeno quattro persone più fotografi e videomaker. Di norma il primo post prevede una fotografia che introduce gli incontri e le attività e si chiude con un video “cartolina” che riassume tutte le emozioni vissute nella giornata, ma ogni giorno il programma può cambiare. Cosa cercate di trasmette agli utenti? I nostri obiettivi sono di far vivere tramite parole e immagini lo spirito delle giornate del festival: cerchiamo di costruire uno storytelling che rifletta le emozioni e il calore che il pubblico trasmette ogni anno. Per coinvolgere ulteriormente le persone proponiamo anche delle attività social: nel 2017 abbiamo lavorato ad un “librone”, un romanzo partecipato scritto dai passanti del festival, mentre nel 2018 abbiamo organizzato dei photo point, dove chiedevamo di “incorniciarsi” con il proprio libro preferito ed altre attività simili negli anni precedenti. Un altro obiettivo che ci poniamo è quello di informare: sono moltissime le persone che ci scrivono durante il festival chiedendo informazioni su orari, autori, eventi ed è nostro compito rispondere in maniera puntuale alle richieste, funzionando come un vero e proprio info point virtuale. Cosa serve per svolgere questo lavoro? Durante il festival si lavora tantissimo, la giornata può


sembrare infinita e i cinque giorni vengono vissuti al massimo. Il confronto tra tutto il social media team è quotidiano ed incessante e bisogna essere pronti a tutto e rimanere in costante contatto. Per svolgere al meglio il proprio lavoro bisogna essere prima di tutto motivati ed appassionati, essere flessibili perché l’imprevisto è sempre dietro l’angolo e soprattutto dare sfogo alla propria creatività per cercare di rappresentare al meglio ogni aspetto di pordenonelegge. Per concludere, hai qualche aneddoto del festival che racconta il tuo lavoro?

 Di aneddoti ce ne sarebbero moltissimi, ogni giorno andrebbe ricordato per intero. Ma l’episodio che ricordo con più piacere è legato ad uno dei messaggi di posta privata che riceviamo ogni giorno, in cui una signora che per la prima volta era lontana da Pordenone, ci ringraziava per averle fatto vivere in pieno tutte le emozioni che pordenonelegge dona alla città anche a distanza. Un messaggio del genere ricompensa tutta la fatica e l’impegno speso.

nuovo: nuovi componenti del team, nuove funzionalità del social che richiedono attenzioni diverse, nuovi pubblici da raggiungere e da coinvolgere nel racconto corale dell’evento. Su Twitter sono infatti presenti moltissimi scrittori, case editrici, giornalisti, lettori appassionati capaci di amplificare e far conoscere l’anima di pordenonelegge non solo su scala nazionale: per questo l’hashtag ufficiale del festival, #pnlegge2019, è costantemente monitorato. Il canale è poi usato anche per informare il pubblico su variazioni di programma ed eventi collaterali al festival e contemporaneamente permette di ricevere in tempi rapidi risposte a domande specifiche anche attraverso l’uso dei DM, i Direct Message, attraverso i quali è possibile contattare in maniera privata l’account e ricevere risposta in tempi brevi.

Scatti sugli autori, ecco come li immortala Instagram È il social network più usato dai giovanissimi: immediato e veloce fa respirare al pubblico in diretta l'atmosfera della festa del libro di Marta Viale Nel team social di pordenonelegge troviamo gli instagrammer, la squadra di ragazzi che gestisce la pagina Instagram dell'evento. A raccontarci la figura dell'instagrammer è stata Angela Biancat, libera professionista come “social media trainer”, che con entusiasmo li forma e accompagna in questo progetto. Stiamo parlando di circa una decina di persone, proveniente dal territorio pordenonese e dintorni, che durante tutta la durata dell'evento collabora per portare il festival su Instagram, un social sempre più in espansione. Perché scegliere proprio Instagram? E' uno strumento snello che permette di valorizzare non soltanto l'aspetto sensoriale delle immagini e dei suoni, ma anche contenuti testuali grazie alla possibilità di inserire didascalie e commenti. È il social dei giovanissimi che possono essere coinvolti, attraverso questa pagina, in iniziative culturali e di crescita. L'organizzazione parte già da luglio, quando vengono selezionate le persone che faranno parte del team. Quali caratteristiche vengono richieste loro? Angela ci spiega che oltre ad essere essenziali una discreta conoscenza del social e un buon occhio per la fotografia, sono importanti anche capacità di problem solving, gestione dello stress e flessibilità. Le difficoltà che si possono incontrare sono molte. Bisogna essere nel posto

giusto al momento giusto, cercare di arrivare prima che tutti i posti in sala siano occupati per evitare di rimanere fuori, cogliere la frase che riesca a racchiudere il pensiero dell'autore e non farsi prendere dall'ansia da prestazione né dallo stress. L'imprevisto si trova dietro l'angolo ed è necessario che ciascuno impari a pensare in modo alternativo per risolvere al meglio le situazioni inaspettate. A volte è questione di istinto, e forse di un po' di fortuna. Capiamo da subito che si tratta di un lavoro dinamico che varia di anno in anno e che si trasforma nel corso stesso di un'unica edizione. Ciò è dovuto alla velocità con cui le reti sociali cambiano il loro modo di proporsi alle persone. La sfida per chi fa questo lavoro è proprio questa, stare al passo con il rapido mutamento in atto. Vi chiederete dunque cosa faccia nella pratica chi sceglie questa esperienza. Gli obiettivi principali sono due. Il primo è fornire allo spettatore alcune informazioni pratiche su pordenonelegge e su questo si lavora a partire dal mese di agosto. Il secondo e più importante è avvicinare lo scrittore al lettore, anche quando quest'ultimo non possa partecipare alla manifestazione. Ancor prima dell'inizio dell'evento a ogni instagram-

mer vengono affidati alcuni autori che dovranno catturare nel loro obbiettivo. Ogni giorno sulla pagina instagram di pordenonelegge compaiono, una “storia” per ogni conferenza, ovvero un piccolo video nel quale lo spettatore può ascoltare da casa propria una piccola parte del meeting, e tre album contenenti le trenta foto più belle e significative degli autori all'interno della “gallery”. Ognuno utilizza il proprio smartphone e una cartella condivisa su drive, niente di più. «Non è il mezzo a fare l'instagrammer - osserva Angela - ci vogliono la passione e il desiderio di far respirare alla gente il festival». Per tale motivo la coordinatrice fornisce ai ragazzi alcune direttive su un corretto ed efficace svolgimento del lavoro, ma lascia loro anche molta autonomia e libertà di scelta. La discrezione e il rispetto profondo per il lavoro che stanno svolgendo e il contesto in cui si trovano fanno parte dell'atteggiamento che tutti devono mantenere. I ragazzi di fatto scelgono gli autori che seguiranno basandosi sulle loro curiosità e i loro interessi per una coordinazione sul lavoro che mira all'alimentazione dell'entusiasmo e della motivazione di tutti i componenti del gruppo. «Più ti senti libero, più aumenta l’entusiasmo. Il risultato che ottieni è qualitativamente migliore» continua Angela. Gli utenti sembrano accogliere e percepire l'attenzione che gli instagrammer portano nel loro lavoro: lo scorso anno si sono registrate ben 1000 visualizzazioni e 400 like alle foto della gallery.


Giallo e nero i colori della Festa del libro con gli autori Oggetti, libri e animali i soggetti scelti in questi vent'anni per publicizzarla. Le scelte creative che ispirano l'immagine di pordenonelegge di Alain Sacilotto e Andrea Lenardon Camminando per le strade di Pordenone durante i giorni del festival del libro con autore, può capitare di imbattersi in alcune figure curiose: asini, gatti, mucche, ciliegie e camaleonti. Non si tratta di uno zoo, ma dei soggetti grafici, ogni anno sempre diversi, che accompagnano e caratterizzano pordenonelegge. Queste semplici immagini riempiono manifesti, opuscoli, gadget e social e sono legate tra loro, dal cromatismo giallo-nero e dalla creatività dello studio "DM+B&Associati" di Patrizio De Mattio e Gabriele Bomben, che cura l’immagine della Fondazione Pordenonelegge da diciassette anni. Ai suoi albori, vent'anni fa, l'allora nascente festival ha visto il coinvolgimento di Ferruccio Montanari, grafico udinese e creatore del logo di pordenonelegge con la scelta cromatica giallo-nera che caratterizza l'evento ancora oggi. Montanari ha iniziato questo lavoro sull'immagine del festival di cui ha seguito le prime due edizioni. Nella terza gli è subentrato Mario Rigoni ed è anche nata la prima direzione artistica. Dalla quarta edizione in avanti, quasi tutto ciò che è grafica e immagine esce da De Mattio e Bomben.

Lo studio DM+B&Associati segue la Fondazione Pordenonelegge durante tutto l'anno e non solamente nei giorni del festival: ha sposato in pieno l'eredità grafica lasciata dai predecessori con i colori e il font che sono rimasti immutati nel tempo. L'evoluzione dell'immagine, invece, è un percorso sempre vivo di continua ricerca di sintesi volta a dare un'identità forte e un bellissimo abito alla Fondazione e al festival di pordenonelegge. Se nei primi anni i poster erano complessi e mostravano quasi delle storielle, finalizzate a veicolare un messaggio preciso, nel proseguo della progettazione dei visual, gli autori hanno dettato una linea più essenziale con soggetti fotografici utili soprattutto a creare impatto e curiosità nello spettatore. «L'importante è che l'immagine piaccia, incuriosisca e trasmetta sensazioni positive in chi la guarda – spiega De Mattio -. Non è fondamentale trasmettere un messaggio. Penso invece sia molto più bello che ogni persona, in base al suo essere e alla sua storia, possa interpretare a suo modo: non intendiamo svelare nessun messaggio specifico o significato nascosto". Gli animali o gli oggetti

utilizzati non hanno quindi un senso preciso, ma si incastrano perfettamente nello spirito, anche di leggerezza, di quella che è definita proprio come una festa. Fino al 2013 venivano preparati addirittura tre manifesti, con diverse immagini, per edizione: uno portante, uno per i bambini e uno jolly. Successivamente i grafici, in accordo con la direzione e i curatori artistici, hanno deciso di puntare su un'unica immagine giocata in maniera ironica o con giochi di colore. È il frutto di un rapporto di fiducia costruito in anni di lavoro confronti positivi sempre finalizzati alla crescita dell'evento. Questa collaborazione ha sicuramente inciso efficacemente nella visibilità del festival, che è potuto diventare un punto di riferimento e un esempio virtuoso in Italia. Tra le idee più vincenti sicuramente c'è quella del gatto nero che ha riscosso un grande successo e ha ottenuto la simpatia del pubblico e degli scrittori, come ad esempio Corrado Augias che ha

voluto addirittura incorniciare il manifesto da tenere per sè. Un'altra creazione spettacolare è stata “la casa gialla”. Nel 2014, al fine di ideare una mostra non convenzionale dei precedenti manifesti, lo studio DM+B&Associati ha pensato di decorare interamente di giallo e con i poster giganti, una casa di Via Mazzini. Una trovata d'impatto che risponde a quella creatività che un grafico deve avere per «andare un po' oltre, sperimentare e avere il coraggio di provare per sorprendersi e sorprendere», osserva il professionista. La leggerezza di fondo necessaria per trovare ogni anno un'immagine che diventi vetrina del festival è la stessa che la grafica di pordenonelegge vuole trasmettere. Un lavoro impegnato e silenzioso che non ha orari o schemi fissi, ma piuttosto una ricerca continua. Per Patrizio De Mattio «le idee non hanno momenti e schemi predefiniti, balenano in qualsiasi istante e l'abilità sta nell'essere rapidi a saperle cogliere e veicolare». De Mattio ci è riuscito anche quest'anno: il camaleonte scelto per questa ventesima edizione porta con sè l'idea di esaltare il concetto del giallo, per rafforzare il valore comunicativo e il senso di appartenenza a questo colore.


INVIATI NEL MONDO

Il Marocco delle città imperiali «Tra moschee, mercati, palazzi, ristoranti e riad, in un paese che ha lasciato il segno in me» di Piero Della Putta Uno capisce molte cose, a visitarlo, il Marocco. O, perlomeno, torna dal Marocco convinto di aver capito molte cose, anche se sicuramente non è così. Ecco, in sintesi, il mio viaggio attraverso le città imperiali: un viaggio che prelude ad un ritorno alla ricerca del Marocco meno visitato e probabilmente autentico. Ryananir, e si va: da qualche tempo da Treviso i voli per Fes e per Marrakech rendono questo Paese molto più vicino, molto più abbordabile economicamente che in passato. Ed allora, perché non approfittarne? Passaporto e via alla ricerca di nuovi orizzonti, di un Marocco ben diverso da quello che noi italiani immaginiamo. La prima cosa che salta agli occhi è l’assenza degli stereotipi che colmano le menti dei miei coetanei, che purtroppo han viaggiato poco, molto meno

dei loro genitori, costretti dalla povertà ad emigrare. Se è vero che nei pressi dei turisti ci sono frotte di persone pronte a vivere alle loro spalle, di espedienti, è vero che la gentilezza della gente comune lascia il segno. La voglia e l’orgoglio di mostrare un Marocco diverso si percepiscono ovunque, a voler fare attenzione. A partire da Fes, dunque, la prima delle città imperiali. Primo ostacolo, trovare il riad che mi ospita, ostacolo che ritroverò più volte: le medine sono complesse, sono un dedalo di viuzze di persone che in questi luoghi

sono destinate sovente a trascorrete tutta la loro esistenza. Trovato il riad – una casa antica, riadattata a moderno bed and breakfast ad esser semplici – la cosa più bella della vacanza marocchina: ci si perde, tra palazzi, mercati, ristoranti, tra bancarelle che con facce diverse vendono le medesime cose. E’ un vociare incessante, quello che ti accompagna nella tua vacanza marocchina: è il vociare della vita all’aria aperta, della vita di relazione, è il vociare di chi vuol e deve sopravvivere. Usciti da Fes, capitale culturale del Paese, e affondato nei

suoi palazzi, do una rapida occhiata a Meknes, alla sua piazza e alle sue fortificazioni, con l’impossibilità costante di visitarne le moschee ed il palazzo imperiale che lascia l’amaro in bocca, ma che non impedisce di coglierne l’austera bellezza. Rabat, raggiunta in un treno tanto puntuale quanto moderno, è invece la capitale politica, porta sull’oceano atlantico segnata da una pesante influenza francese e separata dall’incantevole Sale solo da un fiume, da attraversare sul ponte, in tram o sui barconi che traghettano verso una città splendida, sospesa tra modernità e storia. Meno interessante ai miei occhi Casablanca, dove però l’unica moschea visitabile del Marocco – la terza al mondo per dimensioni - è un trionfo sull’oceano di materiali pregiati che inneggiano all’Islam. C’è da scegliere, sulla costa atlantica, ed Essaouira è la scelta migliore: la sua medina, i suoi souk, il suo mercato del pesce e le sue coste ventose, che incantarono registi e musicisti a partire da Jimi Hendrix, van viste accuratamente. Van scoperte con la lentezza di un Paese ospitale: così faccio, prima di arrivare a Marrakech, dove prima di tornare a casa val la pena farsi rapire dalla piazza Jamaa el Fnaa e dai giardini Majorelle, salvato dall’oblio da Yves Saint Laurent e ricordo tra i più belli di un Marocco che lascia il segno.


PANKA NEWS

Montagnaterapia, un approccio vincente Da “Legati ma liberi...passo dopo passo” la nascita di "AttivaMente Montagna" di Pier Paolo Bottos La montagnaterapia “è un originale approccio metodologico a carattere terapeuticoriabilitativo e socio-educativo (…) progettato per svolgersi, attraverso il lavoro sulle dinamiche di gruppo, nell’ambiente culturale e naturale della montagna”. E' questo il filo conduttore di “Legati ma liberi…passo dopo passo”, l’attività di montagnaterapia promossa dal Dipartimento per le Dipendenze dell’Aas5 Friuli Occidentale nata nel 2011 con il coinvolgimento di cittadini amanti della montagna, utenti e operatori del Dipartimento, la sezione di Sacile del CAI, la scuola di arrampicata “Val Montanaia”, l’associazione “I Ragaz-

zi Della Panchina”, e varie ACAT del territorio. Nell’estate 2016 le persone che da anni e con continuità collaborano alla realizzazione del progetto hanno costituito un team, per affrontare in modo condiviso

progettazione e gestione delle diverse attività. Il progetto prevede la partecipazione a un incontro preparatorio, l’uscita giornaliera e un incontro post-uscita. Nell’uscita si sperimentano diversi approcci alla montagna: escursionismo, ferrata, arrampicata, ciaspolata, e si approfondiscono gli aspetti culturali legati al contesto in cui si svolge l’attività. Nell’incontro preparatorio il team propone il tema dell’uscita attraverso attività di gruppo: si forniscono inoltre le informazioni sul percorso, sul territorio e sulla storia del luogo, sul significato educativo dell’esperienza, e le informazioni pratiche (vestiario, pranzo, tempi). La rielaborazione del vissuto dell’uscita viene curata dal team nell’incontro successivo, in cui si propone ai partecipanti la condivisione di pensieri ed emozioni e la scelta delle fotografie rappresentative dell’esperienza

vissuta. Nel marzo 2017, come naturale evoluzione del team, è stata costituita l’associazione “AttivaMente Montagna”, con il fine di occuparsi degli aspetti logistici, gestionali, formativi e promozionali relativi al progetto “Legati ma liberi”. Nel febbraio 2018 l'Associazione è anche subentrata all’ACAT Sanvitese nella gestione del finanziamento 2018/19 al progetto concesso dalla Regione e confermato per il 2019/20; ha attivato un “Corso teorico pratico di arrampicata sportiva in montagnaterapia”; ha partecipato, con relatori e collaboratori, al convegno CAI triveneto sulla Montagnaterapia del marzo scorso a Caneva; ha organizzato, in collaborazione con altre Associazioni, e ha partecipato il qualità di relatore con i suoi volontari al convegno di Montagnaterapia di maggio a Pordenone. Infine dalla primavera di quest'anno è entrata a far parte del nuovo gruppo di Montagnaterapia della sezione CAI di Sacile. Per informazioni e per partecipare alle attività è possibile contattare l'Associazione inviando una e mail all'indirizzo: attivamentemontagna@ gmail.com

PANKA AMBIENTE

Con Legambiente nelle Prealpi carniche Una giornata con i volontari per monitorare la vegetazione della Val d'Arzino di Gianni S. Il 20 luglio 2019 ha segnato una svolta in me. Ho sempre avuto passione e propensione al contatto con la natura, che mi dà sufficiente energia per farmi strada in un mondo spesso ostile e disinteressato alle sorti degli uomini e del pianeta. Ma, se ci sono persone indifferenti a questo tema, ce ne sono anche tante altre che quotidianamente lottano per la salvaguardia della terra. Inizio così il racconto della prima giornata passata in compagnia dei volontari di Legambiente e non solo. Il ritrovo è in piazza a Pinzano al Tagliamento, lungo la Pedemontana friulana. Presto partiremo, imboccheremo il sentiero che porta alla cascata Sflunc, per poi salire al castello e terminare la passeggiata

all'Ossario germanico. Nel pomeriggio ci aspetta una bella rinfrescata nel torrente Arzino. A farci da guida è la forestale Anna Carpanelli che con passione ci accompagna nel riconoscimento delle piante, aiutandoci a distinguere tra quelle autoctone, del luogo, e quelle alloctone e invasive, le specie arrivate da altre zone

e che qui si trovano particolarmente bene, tanto da minacciare la biodiversità. Iniziamo a monitorare l'area e notiamo la presenza di numerose acacie, scoprendo con sorpresa che non sono native del Friuli. Sono state importate dall'America nel Settecento, come piante ornamentali, e si sono riprodotte nel nostro territorio

con enorme facilità, diventando invasive. In parte, la loro presenza è positiva, perché sono mellifere, il loro nettare viene usato dalle api per la produzione di miele. Altre specie alloctone invasive che notiamo sono l'ailanto, o albero del paradiso, l'acetosella gialla, la fitolacca, l'erigeron e altre specie dannose per l'ecosistema. Il nostro monitoraggio servirà ad arricchire il sito del progetto di Legambiente “Volontari per Natura”, che raccoglie rilievi fatti dai volontari in tutta Italia. Raggiungiamo infine il torrente Arzino, uno degli ultimi corsi d'acqua ad elevata naturalità sulle Alpi e partecipiamo al Big Jump, un grande tuffo, un evento simbolico esistente dal 2002 grazie a Roberto Epple, presidente della European Rivers Network. Si chiude qui il racconto di un'esperienza bellissima. Io mi impegnerò per diventare un volontario di Legambiente, ma ricordiamoci tutti che per rispettare la natura sono importanti i gesti che ognuno di noi compie ogni giorno.


PANKA STORIE

Edoardo, il ragazzo che alleva gli alpaca nella pedemontana pordenonese Ha 26 anni e la sua azienda è un laboratorio di coltivazioni tra cui anche lo zafferano di Virginia Bettinelli Edoardo Braida è un ragazzo di 26 anni che ha intrapreso un progetto che gli ha rivoluzionato la vita. Nel 2015 ha avviato un'azienda agricola che è un piccolo laboratorio di produzioni varie, tra le quali quello forse la più originale è l'allevamento degli Alpaca, con anche la coltivazione dello zafferano. Gli Alpaca sono animali che vivono nelle Ande, ma che Edoardo ha bene introdotto anche nella Pedemontana, a Traversio per la precisione. «Quando avevo 15 anni - racconta il giovane - ho assaggiato l’olio prodotto a Castelnuovo dal mio amico Lorenzo e ho pensato: “È proprio speciale quest’olio, anch’io lo vorrei fare un giorno! Lì mi è nata l’idea di poter avere un’azienda agricola tutta mia. E' stato però solamente cinque anni fa, dopo essermi diplomato come geometra, che ho deciso d’iscrivermi ad un corso per diventare imprenditore agricolo.

minata. Tutta la lana viene divisa per tipo e colore. Poi la mando a Vicenza dove c’è un piccolo laboratorio artigianale specializzato in lane pregiate. Nelle fabbriche vogliono almeno 600-700 chilogrammi di lana e tutte del medesimo colore, e ne hanno 22 diversi. Per me sarebbe impossibile.

La tua azienda l'hai chiamata Zalpa, che cosa significa? Zalpa è l'acronimo di Zafferano e Alpaca. Volevo realizzare qualcosa di unico e originale qui a Travesio. Tu sei venuta ad intervistarmi perché avevo alpaca, se avessi avuto pecore non credo mi avresti chiamato. Ho cominciato acquistando una decina di alpaca e ventimila bulbi di zafferano; adesso ho una media di 15, 20 alpaca e 80 mila bulbi di zafferano.

della zona. Inoltre c’è anche la possibilità di fare trekking con l’alpaca che è un animale docilissimo. È un’esperienza molto rilassante e con i Punti Verdi circa settanta bambini alla volta vengono a visitare l’azienda. Gli alpaca sono originari del Perù e da noi in questo periodo fa fa caldo per loro, escono al pascolo la sera. Hanno grossi problemi di stomaco e di vermi e se non li curi adeguatamente rischi di perderli. All’inizio ho avuto delle perdite ma poi grazie ad altri allevatori più esperti che mi hanno dato una mano, sono riuscito a gestire l’allevamento anche se non è una cosa facile. Ogni due mesi devo far fare le analisi delle feci a tutti i capi e trattarli. I pascoli sono divisi per maschi e femmine e li devo far spostare al massimo ogni due o tre settimane.

Qual è il mercato dell’alpaca? Mi occupo sia della vendita dell’animale che della produzione di lana finissima. Ho uno stallone ed una femmina di alta qualità e li faccio accoppiare. Il cucciolo di alpaca, il “Cria”, è molto ricercato perché la sua lana, alla prima tosa è una delle più pregiate al mondo, la “baby-alpaca”. Produco la lana e poi vendo i gomitoli ed alcuni prodotti finiti quali: berretti, sciarpe, ciabatte, realizzati da artigiani

Per quanto tempo producono lana? Per vent'anni. La lana di qualità varia dai 20 ai 25 micron (millesimi di millimetro) di spessore, più fina è, più vale. Possiedo tutti capi con ottima lana. Mi occupo personalmente della tosatura. Ci vogliono dai 20 ai 30 minuti per animale. Parto dalla prima scelta che è la lana della pancia, poi la seconda, quella delle zampe e poi la terza, che è quella della testa e della coda che viene eli-

L'allevatore è un mestiere che hai imparato dai tuoi genitori? No, però mio padre ha sempre avuto la passione per gli animali e per un periodo ha tenuto un cavallo, le arnie e ha ancora animali da cortile. Questi boschi erano di proprietà di mio padre e con il suo aiuto ho disboscato 3,5 ettari. L’11 luglio 2017, il mio compleanno, ho posato il primo palo del recinto e il 30 settembre abbiamo fatto la transumanza. Ho costruito le casette per gli animali, la frasca ed il punto vendita. Cos’altro produci? Come azienda agricola oltre allo zafferano produco: la cipolla rosa di Castelnuovo che è un presidio “Slow food”, susine autoctone, miele (15 arnie), olio d’oliva (140 olivi). Ho fatto anche un corso per imparare a fare le trasformazioni di prodotti spontanei del bosco e non solo quali

orticions, asparagi di bosco, aglio orsino, sciroppo di sambuco, marmellata alla mela e fiori di sambuco, sciroppo di menta, succo di mela (250 meleti) e la cipolla agrodolcecomposta. Ho anche 80 piante di pomodori per le salse e i pomodori secchi. Ho galline ovaiole, pavoni, oche, tutti liberi. Mi occupo anche delle fienagioni. Hai trovato delle difficoltà nell'avviare e gestire la tua azienda? La burocrazia. Secondo me dovrebbero insegnare qualcosa a scuola perché è come cadere da un nido senza saper volare. In compenso questo è un mestiere che mi sta dando tante soddisfazioni. La più importante? Sapere che qui prima non c’era nulla ed ora invece c’è tutto questo. Il lavoro che è stato fatto è enorme e quassù si respira la fatica che sta creando qualcosa di magico. Ci racconti qualche curiosità che non ci hai ancora detto? Gli alpaca hanno i denti solo sulla parte inferiore della mascella e gli zoccoli morbidi con i cuscinetti come i gatti per non danneggiare la vegetazione delicata delle loro zone originarie. Ho poi toccato il pelo morbidissimo dello stallone, che dopo aver vinto i concorsi ha capito di essere ammirato e posava con estrema fierezza alzando la coda. C'è poi un'ultima cosa che non vi ho detto ed è che ho tre soci: i miei cani da guardia.


NON SOLO SPORT

Freccette, non sono solo un gioco

inglese, in Italia le freccette non hanno ancora il riconoscimento ufficiale anche se il gioco si sta progressivamente diffondendo. Non esiste un'unica federazione come negli sport più diffusi ma ci sono più federazioni che permettono di giocare a livello nazionale, europeo e mondiale. Le principali federazioni che abbiamo in Friuli sono FEDI, FIDART

e OPEN DART. Sono loro a organizzare tornei e campionati, avendo tutte lo stesso format con serie A, B, C e D. Nelle categorie più basse il gioco ha ancora una connotazione aggregativa e amatoriale, accessibile a chiunque voglia mettersi alla prova. Dalla serie B però il livello si alza molto e, vista la competitività, è necessario allenarsi quotidianamente per perfezionare lo stile di gioco. Ovviamente la serie A rappresenta il top a livello italiano e può essere considerato professionismo. Nel pordenonese ci sono tre squadre di serie A, una decina di serie B e altrettante in C. Il nostro è un territorio fertile per le freccette come testimoniato dai successi che ha avuto la squadra “Bar stazione San Vito” campione per cinque anni di serie A e coppa Italia. Il sanvitese Patrick Susanna inoltre è arrivato secondo agli europei e ottavo ai mondiali di “soft”. Per iniziare a giocare ci si può allenare da soli e, tramite facebook, cercare delle federazioni per iscriversi ai tornei di singolo oppure la via più semplice è cercare qualche locale dove siano installate le macchine con il bersaglio, chiedendo in quali serate si disputano le partite per assistere e prendere contatto con una squadra.

fisico perché «per giocare a freccette bisogna conoscersi molto, avere padronanza e buona considerazione di sé», racconta Mayer. «Spesso mi rendo conto di come per me il rendimento con le freccette sia un po' un termometro del mio stato di benessere nella vita – afferma - penso sia così anche per altri. Per tutti gli sport un po' di serenità quotidiana aiuta, però nelle freccette questo è molto amplificato. Devi chiudere i 501 punti e nella partita c'è tutto: postura, respirazione, ossigenazione, matematica e ripetitività. In quella dimensione non c'è spazio per il nervosismo, è uno sport allenan-

te e alienante». Intorno alle freccette giocate in squadra c'è molta aggregazione e giovialità ma è sempre viva prima di tutto la sfida con se stessi nella quale, prendendo in considerazione una intera partita, la fortuna è quasi assente. Anche se si può praticare a squadre rimane comunque un gioco individuale nel quale ogni fallimento aiuta a crescere e ogni successo è appagante. «Spesso mi fa arrabbiare molto – confessa Mayer - ma quando tiri bene e ti meriti l'approvazione è spettacolare, ti da molta forza. Che si giochi bene o si giochi male l'unica responsabilità è sempre la tua”. (a. s.)

Nel pordenonese ci sono tre squadre di serie A, una decina di serie B e altrettante in C di Alain Sacilotto Secondo una leggenda popolare, il gioco della freccette nacque nel 1620, quando dei Padri Pellegrini a bordo di una nave inglese cominciarono a tirare delle freccette contro la base di una botte di legno durante il tempo libero. La svolta storica però avvenne nel 1908 grazie a Foot Anakin. In quel periodo la legge inglese proibiva il gioco d’azzardo nei locali e Anakin, proprietario di un pub, fu denunciato per aver dato luogo ad un gioco chiamato “Darts”. Anakin, ben consapevole della sua innocenza, si presentò in tribunale il giorno dell’udienza allo scopo di provare l’infondatezza delle accuse; egli infatti portò in aula un set di freccette e un bersaglio per dare a tutti una dimostrazione pratica che il gioco doveva essere considerato di abilità e non d’azzardo. Il giudice, osservata l'esibizione, diede ragione ad Anakin e da quel giorno lo sport delle freccette

iniziò a diffondersi riscuotendo molto successo. Ai giorni nostri si differenzia tra “steel”, ovvero freccette con punta di ferro, e “soft”, con punta in plastica. I migliori professionisti solitamente si sfidano a “steel” e spesso tra i primi dieci al mondo figurano nomi della Gran Bretagna. Rispetto all'Inghilterra, dove lo sport è riconosciuto dall'ente sportivo

Immergersi in un'altra dimensione Gli aspetti di questo sport raccontati da un giocatore Per conoscere al meglio questo sport emergente abbiamo intervistato Andrea Mayer, giocatore dei “No fora”: squadra locale di serie C, arrivata quarta ai nazionali della categoria con ambizioni di centrare la promozione in serie B. «Il gioco delle freccette – racconta Mayer – è molto particolare. Può sembrare rilassante ma non lo è per niente, perché richiede enorme concentrazione e spesso può essere frustrante. Pur praticandolo nel tempo libero, non lo si può considerare una valvola di sfogo come altri sport dove si compie uno sforzo fisico e diversi gesti tecnici a prescindere dal risultato, nelle freccette sei quasi in un'altra dimensione: tu, la macchina

e il gesto ripetitivo di tirare». Gli ingredienti per iniziare a giocare sono pazienza, costanza, motivazione e autoconsapevolezza. Con queste qualità chiunque può cominciare e raggiungere anche discreti risultati. Un pregio assoluto delle freccette infatti è quello di essere accessibile a 360°. Non ci sono restrizioni oltre la distanza di tiro dei canonici 2,37 metri, possono giocare maschi e femmine di qualsiasi età ed è anche uno sport economico. Mayer ci spiega che in squadra c'è anche una giovane di 13 anni e in alcune occasioni ha anche visto giocare a un buon livello una persona in carrozzina. L'unico limite che va considerato è quello mentale, non quello


Hanno collaborato a questo numero

LDP - LIBERTÁ DI PAROLA Giornale di strada de I Ragazzi della Panchina ad uscita trimestrale o quasi Registrazione presso il Tribunale di Pordenone N. R. G. 1719/2008 N. Reg. Stampa 10 del 24.01.2009 Direttore Responsabile Milena Bidinost

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Virginia Bettinelli Scrive scrive scrive, piacere esigenza amore. Non trova pace nella sua vita trafelata, in perenne corsa alla ricerca di stare al passo con l’orologio che invece, implacabile, indica il tempo troppo velocemente. Nella scrittura trova invece la quiete, la pausa, sopra il delirio. Scrive per la Panka anche per questo, tentativo di pace in un mondo ostile.

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Chiara Zorzi S: "Chiara, guarda che bella frase che ho scritto!" C: ”bella ma non si scrive così...” S: "ok non è perfetta ma il senso poetico..." C: "...si bello, ma non si scrive così in Italiano!" S: "Quindi?" C: “tienila, ma non è giusta!”. Quando scorri, la consapevolezza del limite, che scorre con te, è vitale. Grazie Chiara

Andrea Lenardon Andrea fa dell'amore la sua storia. Amore per la famiglia, amore per il suo mestiere, amore per le sfide. Ama la Panka al punto da esserne in squadra senza fare minuti giocati ma tifandola, sostenendola, supportandola. La panka è famiglia, è mestiere, è sfida, quindi Andrea c'è.

Milena Bidinost Per noi avere a che fare con una giornalista di professione non è mai facile: “Milena sai che ho sentito dire che.. vabbè dai, non importa”. Per lei avere a che fare con gli articoli che escono dalla Panka non è mai facile: “Scusate ma non credo che questa cosa si possa scrivere così perché giornalisticamente.. vabbè dai, non importa”. Milena, la mediazione è un’arte! Ben arrivata al MoMA!

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Piero Della Putta La particolarità di questo uomo è quella di non farti capire immediatamente da che parte sta. Ci parli, ti chiede, tu chiedi, analizza, critica ma poi ti regala il lato che funziona. La cosa straordinaria è che poi, senza particolari, ti accorgi che sta con te.

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Alain Sacilotto Avete presente l'espressione "Bronsa coverta"? Eccola qua la nostra nuova penna! La sua timidezza nasconde un infuocata sete di sapere! Dietro ogni ostacolo c'è un domani, dentro ogni persona ci può essere una miniera di gemme preziose. Lui ne è l'esempio: forza, coraggio, acume e personalità da vendere. Del resto solo così si può essere amanti del verde evidenziatore e innamorati fedelmente dei colori Giallo-Blu del Parma Calcio. Che dire... Chapeau!

Editore Associazione I Ragazzi della Panchina ONLUS Via Fiume 8, 33170 Pordenone

Impaginazione Ada Moznich

Giorgio Achino Teatrante per diletto adesso applica la tecnica in Panka. A tutti dice: "Sarò chi vuoi, nella tua personale rappresentazione della vita"; palco e Panka si confondono. Benarrivato in questo teatro! Sempre in scena Giorgio Gianluca Giannetto La Panka ha da sempre ospitato la tifoseria dei ramarri con affetto ed entusiasmo. “Out Low” identifica uno dei gruppi storici e quale miglior contesto se non quello della Panka poteva dare voce ai Fuori Legge?! Per LDP Gianluca scrive articoli dalle tematiche più diverse ma... voi non accontentatevi semplicemente di leggerli perché, essendo le parole capaci di un colore, troverete sempre il nero-verde ad esaltarle!

Redazione Gregorio Ceccone, Pietro Defend, Jaqueline, Ferdinando P., Luca Cefaratti, Giorgio Achino, Elena Gaglioti, Mila Marzotto, Michela Zin, Gianluca Giannetto, Sara Rocutto, Marta Viale, Alain Sacilotto, Andrea Lenardon, Piero Della Putta, Pier Paolo Bottos, Gianni S., Virginia Bettinelli.

Creazione grafica Maurizio Poletto

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Capo Redattore Chiara Zorzi

Stampa Grafoteca S.r.l. Via Amman 33 33084 Cordenons PN Fotografie A cura della redazione. Foto a pagina 1 di Federica Caleffi Foto a pagina 2, 5 e 14 dal sito: www.xtremedays.it/ Foto a pagina 3 a cura di Naonian Retro-Gaming Society Foto a pagina 4 di Jqueline e redazione Foto a pagina 6 di Elena Gaglioti e Mila Marzotto Foto a pagina 7, 8, 9 e 10 a cura della Fondazione Pordenonelegge Foto a pag 11 di Piero Della Putta Foto a pagina 12 di Pier Paolo Bottos e Legambiente Foto a pagina 13 di Edoarde Braida Associazione i Ragazzi della Panchina ONLUS Via Fiume 8, 33170 Pordenone Tel. 0434 371310 email: panka.pn@gmail.com www.iragazzidellapanchina.it FB: La Panka Pordenone Instagram: panka_pordenone Youtube: Pankinari Per le donazioni: Codice IBAN BCC: IT69R0835612500000000019539 Codice IBAN Credit Agricol Friuladria: IT80M0533612501000030666575 Per il 5X1000 codice fiscale: 91045500930 La sede de I Ragazzi della Panchina é aperta dal lunedí al venerdí dalle ore 13:00 alle 18:00

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Luca Cefaratti Psichiatria come origine, tossicodipendenze come presente. Si sta parlando di professione eh.. più o meno. Nuovo ingresso nella family, educatore istrionico, apicultore. Se fosse vero che ogni riccio porta un capriccio ne avrebbe da qui all’infinito ma, per ora, capricci pochi e voglia tanta. Ben arrivato, buon viaggio!

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Sara Racutto IInformatica ma soprattutto collegata, in rete ma mai nel sacco! Nonostante le infinite ore passate davanti allo schermo, trova sempre il tempo per delle belle uscite culturali, perché tra esser impegnata ed impegnarsi, passa una bella differenza.


LA LETTURA É IL VIAGGIO DI CHI NON PUÒ PRENDERE UN TRENO FRANCIS DE CROISSET

I RAGAZZI DELLA PANCHINA CAMPAGNA PER LA SENSIBILIZZAZIONE E INTEGRAZIONE SOCIALE DE I RAGAZZI DELLA PANCHINA


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