L'Irrequieto - Numero 20 - Aprile 2016

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L’Irrequieto Rivista Letteraria

Associazione Culturale L’Irrequieto Firenze - Paris Aprile 2016 www.irrequieto.eu redazione@irrequieto.eu © Giacomo Braccialarghe


DIREZIONE Alessandro Xenos, Donatello Cirone

REDAZIONE Donatello Cirone, Luca Saracino, Luigi Balice, Alessandro Xenos, Elisa Saracino

CONCEZIONE E REALIZZAZIONE GRAFICA Luigi Balice

DISEGNI E LOGO Giacomo Braccialarghe

WEBMASTER Donatello Cirone

INFORMAZIONI E COLLABORAZIONI info@irrequieto.eu / redazione@irrequieto.eu

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In questo numero But still breathing di Lina Liebe Gravità zero di Donatello Cirone I melograni: Accampamento / Maceries Ossium di Luca Saracino ma/re #7 di Roberto Pireddu Il passaggio in auto (9a parte) di Alessandro Xenos Ricci Dorothy di Piero Mng Ritratto di famiglia di Mara Abbafati Nulle part di Nicola Lonzi Appena la notte depone la sua pena di Giuseppe Semeraro Doppio sogno #3 di Luca Cini In volo di Donatello Cirone Gocce d’acqua #4 di Luca Cini La creatura intelligente di Federica Gullotta La nicchia di Piero Mng e Luca Saracino


But still breathing

Š Lina Liebe

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Gravità zero Donatello Cirone

A Mawue Mi torna sempre alla mente Ungaretti, non so perché. Sono un uomo ferito / E me ne vorrei andare/ E finalmente giungere, / Pietà, dove si ascolta/ L’uomo che è solo con sé. 1 Non la conosco tutta questa poesia, troppo lunga per i miei due neuroni, troppo lunga per Ungaretti, forse. Troppo lungo il tratto che mi separa dalle altalene, troppo lungo il silenzio degli amici, troppo lungo il salmodiare dei sicuri, troppo corto il fiato, troppo lunga l’attesa. Troppe occasioni perse. Troppo indaffarati, tutti, a portarsi croci, a nascondere bestemmie. Troppo lungo il tratto che mi separa dal mare. – A Gravità zero frate’ – così mi ripete Jer ogni volta che mi intravede. – A gravità zero frate’. Hai capito? – Sì! Gli rispondo Sì, conscio del fatto che non lo capirò mai, e mi sta bene. 1

Giuseppe Ungaretti, La pietà, 1928, Inni.

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Chi ha detto che dobbiamo capire tutto della vita. Tutti vogliono la verità, Thoreau anche la voleva, io alla fine preferisco la verità che si svela sugli occhi dei bugiardi. Ha ragione Jer, credo. A gravità zero, oh sì mi piacerebbe viaggiare a gravità zero. Siamo costretti a cadere? Jer? Jer ha capito tutto. Esce tutte le mattine alle 3 – a gravità 7 – dice lui – si spacca la schiena – aggiunge. Non so cosa faccia, porta a casa quello che deve, mangiano lui, sua figlia e sua madre. Alle tre di pomeriggio torna, si sdraia accanto alla sua principessina bionda e si addormenta, forse è in quel momento che Jer va a gravità zero. Ungaretti ancora, oddio stamani sembra voglia farmi compagnia per tutto il tragitto casa–scrivania: Su alla volta lieve / l’incanto s’è troncato / E piombo in me / E m’oscuro in un mio nido2. Mi piacerebbe adesso togliermi questo cappotto, questo maglione, i pantaloni stretti, i calzini colorati, i boxer, e nudo addormentarmi come un pulcino senza piume, al caldo di un nido di paglia pronto a bruciare sotto un cielo senza neve. Mi liscio la barba, che bella barba che aveva Ungaretti! Gravito a forza 12, forse, non so niente di gravità, di forze, di fisica. Non so niente di quasi tutto. Jer invece sa qualcosa, Ungaretti almeno aveva avuto il coraggio di sopravvivere alla trincea, Io? Io niente, ho solo un po’ di barba, a cavallo fra un finto hipster e un coglione in cerca di approvazione. Jer non chiede approvazione, se la prende. Jer non chiede nulla a nessuno. Jer è coraggioso. Anche Ungaretti lo era: 2

Giuseppe Ungaretti, A riposo, 1916, Il porto sepolto.

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Il groviglio dei sentieri / possiede la mia cecità.3 Siamo tutti ciechi, inutili e privi di quella grazia per vivere in pace, per non essere violenti, per non accanirci contro i deboli. Siamo tutti forti quando si tratta di urlare a pieni polmoni, in gruppo, contro un manichino a pezzi. Una generazione di angosciati che strappano paghette più o meno ricche. Vado a lavoro, o chiamatelo come volete, dovrei scappare, forse. Prima dei sessanta il mio C.V. sarà completo. Non è proprio come Karate Kid, “metti la cera-togli la cera” ma si avvicina: alzati-dormi, sali sul busscendi dal bus, badgia-sbadgia. Ho fatto tardi stamani, gravità 78, forse. Corri, corri, ma per andare dove? Per fare cosa? Jer ha veramente capito tutto. Ogni tanto, però, una fessura nel creato lascia libera un’anima leggera destinata a toccarci, un viso dolce, le mani delicate, un sorriso stampato che ci ricorda la bellezza di questo andare e ritornare, del trovarsi, dello scoprirsi. Il desiderio e la malinconia, l’attesa. Jer va in trincea, io invece mi dipingo il volto e conto i respiri delle mie emozioni, cerco di sorridere, di improvvisarmi felice, di stringere la mano a uno sconosciuto di passaggio, di accarezzare, nei miei sogni, i capelli di chi passeggia, saltellando, sulle onde liete del mare. Il sole tramonta: Il carnato del cielo / sveglia oasi / al nomade d’amore.4 3 4

Giuseppe Ungaretti, Monotonia, 1916, Il porto sepolto. Giuseppe Ungaretti, Tramonto, 1916, Il porto sepolto.

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i melograni rubrica di Luca Saracino

o t n e m a p m a c c A Voglio accamparmi nel tuo cerchio, nello sguardo scaleno che posi sulla sera, sui tuoi divani soffici di cuscini sovrapposti con stoffe colorate, dal profumo di zafferano. Sotto il neon del cielo irreversibile dell’apocalisse voglio aggrovigliarmi a te, entrambi stipati dentro un razzo diretto verso il mare di granito della luna. Voglio sfruttare ogni sbalzo imprevisto del cosmo per respirarti accanto e appoggiare la fronte sul tuo collo.

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aceries mossium Alla crip vertebreta dei Cappucc ini a decora re i soffi ci sono tibie e tti come scapole, Non sem f o s b s e r r a o un ciel teschi e neanche occhi gra o stellato . sto luog ndi, il sole nodni essere a Rom o a , s i m m può nean a solo u i dice le morte d n c i con gli a h i e v n e o i n m t t te infini m a una p a più gran g i n a r ta, c e in azie de accet tazione nte opera decoostellata di ossaque. La coscienza della finite rativa ed è zza dell’u forse la dell’irris o orio del vivere. mo, la piena

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ma/re #7

Š Roberto Pireddu

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Il passaggio in auto parte nona

Alessandro Xenos

Il cameriere aveva appena annunciato la fine del servizio delle bevande calde. Gli ultimi anziani avventori avevano lasciato il posto a chiassose orde di studenti. Alla terrazza de La pleine lune era l’ora dello chassé-croisé dell’aperitivo. Cinque giovani italiani armati di un mazzo di carte e una chitarra scassata si preparavano a una briscola con serenata improvvisata, un classico del lunedì sera universitario. Un po’ più lontano sedeva Adrien, l’inquilino cieco del secondo piano, assieme a due amici. Il più alto dei due aveva l’aria affranta e portava sul viso i segni di una colluttazione, un vistoso ematoma contornava il suo occhio sinistro. Estelle vedendolo, gli si fece vicino preoccupata.

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Feuilleton

– Aaron, che ti è successo? – Niente di che, una sciocchezza.


Feuilleton

Intervenne Adrien. – Sì, come no, una sciocchezza! Si è fatto aggredire da quei cretini della via Courreau, l’hanno picchiato a sangue e derubato. E sai perché? Perché dicono, camminava come un gay. Ti rendi conto? – Figli di puttana! – Puoi dirlo. – Mi dispiace, come ti senti? Sei andato a sporgere denuncia? – No, non ci vuole andare, dice che preferisce non avere altri problemi nel quartiere, per favore diglielo anche te… – Sono d’accordo, Aaron è importante, vai all’ospedale e poi sporgi denuncia. Il ragazzo annuì con i lucciconi agli occhi, ma lo fece solo per essere lasciato stare tranquillo, sapeva già che non sarebbe andato alla centrale. In futuro avrebbe semplicemente evitato di passare da quella strada, il suo unico desiderio era di scordarsi il prima possibile dell’accaduto. Estelle riprese: – Scusate ragazzi, vi porto via Adrien per un secondo, è per una cosa importante.

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Fecero qualche metro tenendosi a braccetto. – Adrien, mi devi aiutare. So che Sebastian ti vende dell’erba, ma vorrei sapere se ultimamente ti ha proposto altro, della cocaina per esempio. – No, non è così stupido, lo sa che te l’avrei detto. – Già. – Ma se ti può aiutare la mia amica Juliette mi ha parlato di una “neve”pura appena arrivata nel quartiere. Se è qui le possiamo chiedere da chi l’ha presa, la vedi da qualche parte? Estelle si guardò un po’ intorno, poi vide due bionde sedute proprio accanto al tavolo degli italiani. Juliette e Camille stavano approfittando della serenata bevendo un cocktail al rum e succo di zenzero. Juliette ogni tanto gettava uno sguardo a uno dei giocatori di briscola dal naso maschio e le sopracciglia spesse, che dal canto suo non mancava di ricambiarla. – É seduta laggiù! – Chiamala, dille di venire qui.

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Feuilleton

Estelle si avvicinò al tavolo e le sussurrò qualcosa all’orecchio, poi insieme si avviarono verso Adrien. Senza tanti fronzoli quest’ultimo le spiegò sommariamente la situazione e le chiese chi le avesse fornito


Feuilleton

la cocaina. La ragazza non sembrò imbarazzata dalla schiettezza della domanda e rispose seneramente: – Un amico dell’università, si chiama Jérôme. La prendo sempre da lui, ma non mi ha mai detto chi gliela fornisce. Questa volta me l’ha fatta pagare più cara dicendomi che si tratta di roba pura appena arrivata dalla Colombia. – Davvero non hai idea di chi possa essere il suo fornitore? chiese Estelle. – Non saprei dirti, lo conosco da poco e al di fuori dell’università non ci frequentiamo. – Quindi non sai dove possiamo trovarlo? Sai dove abita? – Una volta mi ha detto che stava in cima all’Avenue de Lodève. – Dietro la cité Polie? – Sì, immagino di sì, ma non sono sicura. – Va bene, grazie Juliette. Di’ al cameriere di segnare il prossimo giro sul mio conto e, per informazione, il ragazzo che gioca a carte si chiama Antonio, è uno a posto, se vuoi ti posso girare il contatto. (facendole l’occhiolino) Mi raccomando però, non raccontare a nessuno di questa conversazione, nemmeno alla tua amica. Juliette arrosì abbozzando un sorriso di complicità, poi tornò a sedersi accanto a Camille.

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– Hai sentito Adrien? – Sono cieco, mica sordo. – Eh, appunto, dobbiamo trovare questo Jérôme, sono sicura che compra la roba di Ruben, ma c’è da capire chi si occupa dello spaccio. – Dobbiamo? Scusa, io cosa c’entro in questa storia? – Sei mio amico e ho bisogno dell’aiuto di qualcuno di cui mi possa fidare. – Va bene, ho capito, ma Claire non ti può dare una mano? – Ah già, Claire, mi sono scordata di richiamarla. Il problema è che sta andando a Parigi, non so quanto possa essermi utile a distanza. – Sì, me l’ha detto, ma prova a chiamarla, magari conosce qualcuno che ti può aiutare. – Hai ragione, la chiamo subito. Il telefono squillò per un secondo appena. – Estelle, ce ne hai messo di tempo per richiamarmi, ti devo dire delle cose importanti. – Sì, scusa, ma stavo interrogando delle persone, di che si tratta? – Proprio di questo, ho scoperto chi è Miguel Negredo…

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Feuilleton

CONTINUA NEL PROSSIMO NUMERO


Riccioli Dorothy

Š Piero Mng

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Ritratto di famiglia Mara Abbafati

Oggi la mamma ha preparato una merenda buonissima, pane burro e marmellata di fragole e mentre Leo addentava la fetta bella spessa, una goccia di marmellata è caduta sul tappeto bianco del soggiorno. Per non farla vedere l’ha subito spalmata ben bene con la scarpa da ginnastica e la goccia è diventata larga e piena di sporcizia che stava attaccata sotto la suola. Quando la mamma l’ha vista, qualche ora dopo, ha lanciato un urlo che

ha fatto vibrare tutti i vetri delle finestre e io ho avuto un po’ paura, poi è sparita ed è tornata poco dopo con un secchio pieno di aggeggi e detersivi, si è messa in ginocchio davanti al tappeto e ha cominciato a spruzzare e sfregare ma la macchia appiccicosa è rimasta com’era, così ha preso il tappeto e lo ha portato via, non so dove, forse in lavanderia o nel cassonetto. È ancora inverno, c’è sempre il

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camino acceso e dalla finestra alcuni giorni si vede la pioggia, a volte la grandine, addirittura la neve e spesso il vento che piega leggermente la magnolia ancora giovane al centro del giardino. Mi piace osservare la mia famiglia che la sera si siede sul divano, accanto a me, a guardare un film, ora fanno sempre i film di Natale che sono i miei preferiti, forse per questo amo l’inverno. Oppure perché è l’unica stagione in cui mi sento a mio agio e quello che mi circonda mi è familiare. Mentre invece quando osservo la primavera, da qui, mi viene il magone perché mi sento come quando qualcuno parla di una cosa che non riesco a capire.

scartati. Mentre immagino la mattina fatidica sento bussare alla porta, è papà che rientra dalla passeggiata con Rodolfo, il nostro cane. Lo sento borbottare mentre racconta alla mamma che Rodolfo ha fatto il pazzo, ha inseguito una cagnetta facendo cadere la signora che la portava a spasso. Si vedeva che Rodolfo era ancora agitato, cercava di staccarsi il guinzaglio da solo e quando papà riuscì a sganciarlo, Rodolfo partì di corsa puntando il divano, era a pochi centimetri da me quando spiccò un balzo pieno di energia. Mancò il divano, ma prese in pieno il tavolino di noce che gli stava accanto e lo rovesciò facendomi cadere sul pavimento ormai privo del tappeto peloso. Mi schiantai sul marmo chiaro finendo in mille pezzi, tutta l’acqua e i coriandolini di plastica bianca che fingevano la neve si sparpagliarono intorno a me.

Tra due giorni è Natale e sotto l’albero è già pieno di pacchetti colorati con fiocchi brillanti che riflettono le luci intermittenti, passo delle ore a guardarli e a fantasticare, provo a indovinare cosa ci sarà dentro e aspetto con ansia il momento in cui verranno

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«No, il pinguino con la neve… Rodolfo, l’hai rotto!» disse Leo. Non credo che la mia sfera di vetro si possa aggiustare, forse è finito l’inverno.

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Nulle part

serigrafia - 2016 Š Nicola Lonzi

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Giuseppe Semeraro

Appena la notte depone la sua pena

appena la notte depone la sua pena restano rumori nello stomaco e si muove qualcosa dentro un pugno che non dorme un silenzio di conchiglia un mare sotterraneo l’universo delle viscere e io sto lì, ascolto come delle voci come se nel mio cuore ci fosse una piazza un luna park un bar sempre aperto la giostra del sangue il lavoro della vita il miracolo che domani mi farà ancora prendere un treno mi farà bestemmiare appena sveglio mi farà dire ti amo e tenere stretta la tua mano

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Doppio sogno #3

Š Luca Cini

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Nelle sue pupille crollato dentro pesante come una falena di pietra gettata in una pozzanghera di agosto. Urlano le labbra, e le mani sudate con il desiderio di diventare una sola acqua, poi fiume e mare. Entrarle nell’anima, come una rondine nel nido. Delicatamente. Lentamente.

In volo Donatello Cirone

Sopravvivere alla noia del tempo, del dopo, del forse, del mai. Fragili come un filo d’erba sotto uno zoccolo armato.

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Gocce d’acqua #4

© Luca Cini

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La creatura intelligente Federica Gullotta

… Resisteva al caldo tremante, e al freddo demente che sempre inneggia al Caos – non c’è preambolo, introduzione o concilio: ci scrolla dal collo taurino. Di noi non mangia! Né cuce abiti di feltro scuro. Votata al tepore, abbandonava la neve irriverente a torture di fango – la neve, una volta le era regina, piatta governante dei piedi, sua aguzzina.

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L’Irrequieto Rivista Letteraria

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