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Libertà, responsabilità, e spirito critico - Quando la Filosofia si fa in pratica
Libertà, responsabilità e spirito critico - quando la filosofia si fa in pratica
Sara Marello 1
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Lo scorso martedì 10 marzo una sola domanda martellante mi accompagnava lungo il tragitto casa-Studio “E adesso che succede?”, una breve riunione, il Direttore Sanitario quasi deciso a chiudere e io restia, dubbiosa, benché conscia del pericolo.
Non ero tranquilla, stava succedendo tutto troppo in fretta e invece di ragionare e confrontarci in un dialogo costruttivo, avevamo iniziato a dare troppa risonanza alle opinioni di tutti. Pressioni alla chiusura da parte di diversi collaboratori, che non riuscivano a comprendere i nostri dubbi, dal momento che per loro era chiara la decisione da prendere e le loro motivazioni ragionevoli e condivisibili, nulla da obiettare su questo, ma era la loro decisione, andava bene per la loro situazione, non per la nostra.
Eravamo consapevoli di cosa c’era in gioco e quale fossero le alternative: tenere aperto correndo tutti i rischi del caso oppure chiudere in attesa di tempi più sicuri?
Mentre discutevamo e immaginavamo tutti gli scenari possibili, il telefono, pesantemente silenzioso come mai prima di allora, squillò. Un paziente, una brutta caduta e, per quanto sofferente, la sua voce preoccupata divenne sempre più calma e sollevata quando la mia voce gli dice che sì c’è qualcuno può occuparsi del suo ginocchio.
A quel punto è stato “facile”, uno scambio di sguardi e la decisione venne presa. Apertura per le urgenze, i pazienti post-intervento e per coloro che avevano iniziato terapie che non potevano essere interrotte. Tutto sottotono, appuntamenti diradati, un paio di giorni di apertura, ma sentivamo che stavamo facendo la cosa giusta.
“Giusta”, ho usato volontariamente una parola così importante e filosoficamente immensa, perché mentre sono qui che racconto questa mia
semplice esperienza mi rendo conto che la nostra è stata prima di tutto una decisione di stampo morale.
Non abbiamo pensato ad altro se non a “Che cosa è giusto fare? Come dobbiamo agire?”. E’ chiaro che da un certo punto di vista sarebbe stato molto più facile se fossimo stati obbligati a chiudere, oppure se avessimo avuto paura del contagio, perché il rispetto della legge o l’istinto di sopravvivenza avrebbero determinato, seppur in modo diverso ovviamente, la nostra scelta. Invece no, nessun condizionamento e nessuna costrizione, eravamo liberi di scegliere e consapevoli delle responsabilità che derivano da quell’esercizio di libertà.
Le responsabilità conferiscono dignità alla vita umana, dal punto di vista biografico segnano l’ingresso nella fase adulta, ma dal punto di vista esistenziale ricordano e fanno sentire l’onere del nostro essere agenti in mezzo agli altri, ciascuno di noi può fare e di fatto fa la differenza.
Se da un lato le circostanze ci hanno privato di una parte della nostra possibilità di azione e di scelta, dall’altro, se consideriamo l’evento come una riconfigurazione dello schema di gioco, è anche vero che la nostra libertà e il nostro poter essere sono sincategorematicamente infiniti, possiamo sempre immaginare e progettare un nuovo modo di essere al mondo.
Il modo di vivere nel mondo è solo e soltanto nostro, le circostanze lo possono ostacolare, possono farci deviare dal percorso immaginato, imporci una sosta o spingerci spediti verso il domani, ma in ogni momento siamo noi che abbiamo in mano il timone.
La prima impressione è quella di trovarci di fronte ad una forma di libertà residuale, siamo liberi dove ci viene concesso o riusciamo ad esserlo malgrado il progressivo sgretolarsi degli spazi d’azione e forse in alcune circostanze è l’unica libertà che possiamo esercitare. Il punto sta nel non trasformarla in abitudine, fondamentale è non dimenticarsi di com’era la vita prima e non smettere di immaginare come potrebbe essere diversa dopo.
Il rischio è alto, la gabbia in cui siamo chiusi per proteggerci dal pericolo potrebbe diventare il nostro habitat, che crediamo naturale o comunque più adatto a noi. Abbiamo ceduto parte della nostra libertà in nome di “un bene superiore”, magari la contingenza poteva anche giustificare la decisione, ma è importante tenere a mente che il contratto sottoscritto ha una scadenza e la negoziazione non è mai davvero conclusa, i costi e i benefici non sono calcolati una volta per tutte.
Questa pandemia è stata una grande occasione per esercitare e mettere alla prova il proprio spirito critico, sia per quanto riguarda il numero di notizie da cui siamo sommersi ogni minuto della giornata tra cui è difficile orientarsi nel tentativo di capire quello che sta capitando, sia nei confronti di coloro che veicolano tali notizie o che si trovano nella posizione di agire a livello sociale, politico o economico.
Non si tratta di essere in contrasto con qualsiasi cosa, per puro spirito di contraddizione, poiché anche la contrapposizione a tutti i costi risulta essere dannosa quanto l’adesione acritica alla narrazione che più ci alletta.
Essere critici non significa essere giudici, significa porre domande, dubitare e dialogare, la realtà ci impone di scegliere e lo dobbiamo fare a costo di sbagliare, ma proprio per questo dobbiamo essere consapevoli che ogni decisione non è altro che una certezza provvisoria che deve essere sempre interrogata e verificata.
Sono questi i momenti in cui è importante ricordarsi che filosofia e scienza sono alleate e non possono dimenticarsi l’una dell’altra, ad ogni affermazione la scienza chiede dati, dimostrazioni ed esperimenti di verifica, la filosofia argomentazioni e confutazioni, sempre alla ricerca del punto di vista contrastante che metta alla prova le proprie credenze. Chi erge le proprie opinioni a verità non si mette mai in discussione, cerca i cigni bianchi, le conferme e teme come il peggiore dei mali qualunque cosa che possa far vacillare le sue convinzioni; anzi di fronte al cigno nero, molto probabilmente, distoglierebbe lo sguardo, lasciandolo volare via per poi convincersi di aver preso un abbaglio. Questo è quello che deve farci paura.
Ecco dunque quello che auguro a tutti noi: la libertà della scelta e l’onere della responsabilità, l’errore che fa progredire la conoscenza e il dialogo interdisciplinare, che è il più potente strumento che abbiamo per affrontare una realtà che ci mette alla prova, ci ricorda che siamo fallibili e limitati, ma che è anche tutto quello che abbiamo e su cui possiamo agire per sopravvivere come Specie e realizzarci come Individui.