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Fabrizia Pons
by ACI
Fabrizia Pons e le note vincenti
La navigatrice torinese nella sua carriera ha corso con i più grandi piloti, sfiorando il titolo mondiale insieme a Michèle Mouton con cui ha vinto il Sanremo 1981, primo equipaggio tutto al femminile a vincere un rally valido per il Campionato del Mondo
■ Stiamo parlando di un personaggio che ha fatto la storia delle quattro ruote, basti pensare che è l’unica, insieme con il francese Jean-Claude Lefèbvre, ad avere conquistato punti nel Mondiale WRC sia come pilota che come navigatrice. E dire che, giovanissima, aveva iniziato con il motocross: sfidava, come racconta in una bella intervista pubblicata da AutoHebdo, i ragazzi e si divertiva anche ad occuparsi della parte meccanica, una passione che poi ha sempre coltivato. “Ero l’unica donna, ma le moto pesavano il doppio di me così erano più gli infortuni che i risultati” esordisce. Ha gareggiato dal 1971 al 1975, poi a fermarla è stata proprio un infortunio: “Ho rischiato l’amputazione della caviglia – racconta – e a quei tempi la chirurgia non faceva i miracoli di adesso. Così la Federazione motociclistica non mi ha permesso di continuare in quanto non avrei potuto superare la visita medica agonistica”. Decide di passare alle quattro ruote. A 18 anni e tre mesi aveva già preso la patente. A 20 anni arriva la prima auto da corsa, regalatale dalla mamma, una Autobianchi A112 Abarth con cui si iscrive, senza dirlo a nessuno, al primo rally che vince nella classe fino a 1000cc. “Era il Rally team 971, con partenza da Chieri – ricorda – e mi sono presentata al via molto competitiva, come del resto fa parte del mio carattere, anche se non potevo certo immaginare quel risultato finale. Non ci volevano credere neppure i miei avversari che, alla fine, smontarono pezzo per mezzo tutta la mia macchina nuova fiammante per verificare se ci fosse qualche
irregolarità. Non volevano infatti credere che una sconosciuta debuttante centrasse subito il successo”. Il suo talento cristallino balza invece subito agli occhi degli addetti ai lavori. “Disputo un’altra gara, in cui ho provato a fare un tunnel parallelo al Monte Bianco – ci dice con il sorriso – ma al di là di questo arriva la telefonata del Jolly Club che mi mette a disposizione l’Alfa sud gruppo 2 con cui corro nel ’76 e 77”. Nel 1978 diventa pilota ufficiale Opel Italy per una stagione, in cui arrivano al Rally di Sanremo i suoi primi punti mondiali. “L’anno dopo speravo in una macchina per crescere, per fare il salto di qualità, invece alla fine ho deciso di smettere”. Ma proprio nel 1979 l’incontro con
Nel 1979 inizia il sodalizio con Lucky con cui, pur con qualche pausa, gareggia vincendo titoli italiani ed europei
Lucky, al secolo Luigi Battistolli, segna la svolta e il passaggio dal volante al sedile di destra. Lui la chiama per rimpiazzare il suo navigatore per la Targa Florio e lei vola in Sicilia. Al termine della prima tappa il pilota vicentino le chiede di terminare la stagione al suo fianco. “Nel ‘79- 80 abbiamo partecipato al Campionato italiano, alla Mitropa Cup che abbiamo vinto e a gare in mezza Europa”. Un sodalizio che, pur con qualche pausa, continua tuttora confermandosi vincente. E’ storia recente il titolo italiano storico su terra, l’ennesimo tricolore insieme con tre europei in bacheca. Nel frattempo arriva un altro incontro che segna la carriera di Fabrizia Pons, quello con Michèle Mouton, la grande campionessa francese. “Io naturalmente conoscevo lei –
prosegue nel racconto - ma anche i giornali, dopo i successi in Europa con Lucky, avevano iniziato a parlare di me. Si ritrovò così ad Ingolstadt, per firmare il contratto con l’Audi, ma senza la sua navigatrice, Annie Arrii. Parlandone con Carlo Cavicchi, allora direttore di Autosprint, lui le disse che c’era una ragazza che faceva al caso suo. Risultato? Michèle mi telefonò a casa: mi ricordo che ero a tavola con mia madre quando ricevetti la chiamata, che però considerai uno… scherzo. Quasi quasi le riattaccai la cornetta in faccia dopo averle risposto con un ironico “Oui, tout de suite” (sì, subito) quando mi propose di correre insieme il mondiale. Per farla breve, non diedi la minima importanza alla cosa. Il giorno dopo mi ritelefonò Carlo Cavicchi, che invece conoscevo bene, e mi chiese cosa stessi facendo perché mi stavano aspettando ad Ingolstadt. L’unica richiesta era che sapessi leggere le note in francese. Io presi il primo aereo e firmai il contratto”.
- Ci fu subito feeling con Mouton?
“Immediato: eravamo differenti di carattere, ma nello stesso complementari. Per quanto riguarda il problema della lingua io sapevo sia il francese che l’inglese come l’italiano. Mia madre era decisamente avanti per i tempi e aveva voluto che, fin da piccola, li imparassi. Ore ed ore che però hanno dato risultato. Non ho mai avuto problemi: il cervello, quando ero in macchina, si settava secondo la modalità prescelta: francese, inglese, tedesco, ma anche spagnolo e… svedese. Ho fatto dei test in Svezia leggendo le note pur non sapendolo parlare. Ecco, devo ammetterlo, bisogna essere un filo portati. Il bello che con Michèle parlavo in francese nelle prove e poi in inglese nei trasferimenti perché lei voleva impararlo. Con Vatanen, invece, succedeva il contrario: le note in inglese e poi le conversazioni in francese”. E con Michèle Mouton arriva nel 1981 la vittoria al Rally di Sanremo: “Un successo storico, di un equipaggio tutto al femminile, anche se allora non mi resi subito conto di quello che avevamo fatto”. Nella stagione successiva fanno addirittura meglio, sfiorando il titolo mondiale perso per una manciata di punti: “Nel 1982 abbiamo vinto tre gare, ma sarebbero potuto essere tranquillamente anche sei. Purtroppo si è messa di mezzo la sfortuna costringendoci al ritiro in corse che ci vedevano al comando come successo in Nuova Zelanda”.
- Rimpianti?
“Assolutamente no. Sono una persona che guarda sempre avanti e, appena una cosa è passata, il pensiero è già rivolto ad altro”. La coppia italo – francese continua a correre insieme fino alla fine del 1985 quando Fabrizia decide di smettere e di lasciare i motori: “Mi sposo il 18 gennaio 1986, il giorno della partenza del Rally di Montecarlo, nel Principato di Monaco, proprio per dimostrare che si stava aprendo una nuova fase della mia vita”. Diventa mamma di Ludovico ed Elisabetta, però ad un certo punto non sa dire di no ad un amico, Giorgio Tessore, con cui corre il campionato auto storiche: “Dovevano essere poche gare, ma alla fine sono state 15 – riprende – Così mi è tornata la voglia di tornare a gareggiare nel mondiale anche se, dopo che si rimane fuori per un po’ di tempo, non è facile rientrare nel giro. Il caso ha voluto che leggessi su Autosprint che il navigatore di Ari Vatanen, Bruno Berglund, avrebbe lasciato. Così presi carta e penna e scrissi al campione finlandese proponendo
la mia candidatura ad affiancarlo. Lui mi rispose che, appena Bruno avesse smesso, mi avrebbe chiamato. E così è stato”. Nel 1994 corrono assieme il Mondiale: “Prima avevo fatto tre gare in Italia con Piero Longhi con la Toyota della Grifone, ma poi sono salita in macchina con Ari”. E anche in questo caso è stato subito feeling: “È stata pura gioia lavorare con Fabrizia Pons. Forse avevo bisogno di questa esperienza per apprezzare cosa significasse avere una navigatrice che chiama le note in toni dolci che hanno un effetto decisamente rilassante per la pace mentale di un pilota!” si legge nel sito ufficiale di Vatanen. “Forse i toni dolci non sono proprio miei – scherza Fabrizia – perché sono una persona molto determinata anche se nello stesso tempo tranquilla. Quando salgo in auto e mi allaccio le cinture ci sto proprio bene: sento di essere al posto giusto”. Corrono assieme ancora nel ’95, poi nel ’96 inizia la nuova avventura con Piero Liatti: “Dall’indonesia in poi abbiamo partecipato al mondiale ed al Campionato Asia Pacifico e poi, ad inizio 1997, abbiamo vinto il Montecarlo, che segnava l’introduzione delle vetture Wrc. La corsa monegasca si ricorda sempre anche per questa importante novità come è successo quest’anno con le vetture ibride al via”. Un'altra stagione con Liatti, poi la nuova decisione di smettere: “Il mio matrimonio era finito e dovevo riorganizzare la mia vita – sottolinea – avendo due figli relativamente piccoli da seguire”. La lontananza dalle corse dura però poco: “Nel 2002 è stata garibaldina una festa di Michèle Mouton che mi fa conoscere Jutta Kleinschmidt. Mi presenta dicendole che aveva trovato la navigatrice per lei”. Arrivano così le Dakar, quelle originali, nel 2003-2004-2005-2006: “Anche con lei c’è stato subito feeling – rivela – ed è stata una grande maestra, soprattutto perché per me i raid rappresentavano un universo totalmente inesplorato”. A fine 2006 vuole lasciare nuovamente però c’è una nuova chiamata di Vatanen, sempre per la Dakar: “L’ultima l’ho corsa nel 2007, però devo confessare che mi piacciono di più i rally. I raid sono un’altra disciplina dove è vero che contano maggiormente le qualità del navigatore senza il quale non si può mai vincere”. Dice addio alla sabbia del deserto, tuttavia dal 2014 torna al fianco di Lucky, con cui ha vinto pratica-
mente tutto e con il quale si appresta a vivere la nuova stagione che dovrebbe segnare anche il ritorno a livello europeo dopo averci rinunciato nel 2021 a causa della situazione pandemica. “Con Gigi ci conosciamo da una vita – ci dice – E’ una persona incredibile, dalle grandissime capacità imprenditoriali unite alle qualità umane immense. Un pilota fantastico, velocissimo. Con lui è impossibile discutere: siamo sempre andati d’accordo. Lui poi conosce benissimo le macchine, tuttavia quando faccio gare spot con altri piloti mi piace riavvicinarmi alla meccanica. Ecco, il mio sogno sarebbe di passare due giorni in officina prima delle gare per conoscere tutti i dettagli delle vetture, che poi è fondamentale anche in caso di guasti”.
- Ma quando ha il tempo di fare la nonna?
“In realtà tutti i i giorni! Ho un nipotino, di 14 mesi, tenerissimo, che rappresenta la mia gioia, che però non giocherà mai con le macchinine. Anzi, mi sono arrabbiata quando a Natale gli hanno regalato una moto giocattolo. Del resto, i miei figli li ho sempre voluti tenere lontani dai motori. A Ludovico neppure piacevano e ha preferito il basket mentre ad Elisabetta ho detto di no. In famiglia bastava già una… matta”.
- Alle ragazze che sognano una carriera come la sua cosa consiglia?
“In realtà in Italia abbiamo delle ottime navigatrici. Bisogna però essere nel posto giusto al momento giusto per fare carriera. E’ una questione di fortuna arrivarci, poi invece bisogna essere bravi a rimanerci. Il problema è complesso perché non schieriamo piloti italiani nel mondiale e perché non abbiamo una casa italiana. In ogni caso, il mio consiglio è sempre lo stesso: imparare benissimo le lingue, conoscere a memoria i regolamenti e poi pregare che arrivi l’occasione giusta”.
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