DEHORS
Ecco i trend 2023 del fuoricasa
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PRIMA COLAZIONE
Per gli italiani non è soltanto tradizione
Ecco i trend 2023 del fuoricasa
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PRIMA COLAZIONE
Per gli italiani non è soltanto tradizione
Da anni avvertiamo del rischio che la ristorazione italiana possa perdere la sua identità dopo le tante, troppe, fughe in avanti per rincorrere mode, marketing e nuovi gusti che spesso durano lo spazio di un mattino. C’è a volte la ricerca di novità fini a sé stesse e che alla fine portano solo ad un’omologazione per cui mangiare un uovo poché a Milano, a Copenaghen o a Shanghai cambia ormai poco, salvo la distanza da casa. Spesso la sensazione è quella di entrare in locali di tendenza, ma senza anima, dove l’unica differenza è la lingua che parlano i camerieri. Un po’ come succede, in un fast food, dove la proposta (misera) è uguale ovunque.
Sarà l’effetto della globalizzazione, o della logica del gregge di certa stampa e di tanti blogger che elogiano questi modelli, ma spesso davanti a certi piatti “fantasiosi” ciò che si percepisce è solo l’estraneità ad un territorio o a una cultura. E come se non bastasse abbiamo avuto, e continuiamo ad averli, troppi congressi e opinionisti che hanno la pretesa di dettare la linea a tutto un comparto, salvo poi servire da cassa di risonanza per i soliti noti o per quanti pensano che ciò che conta sia solo il “fine dining” e le sperimentazioni fini a sé stesse. Il risultato è che la cucina italiana, con valori, aromi e stile, stava perdendosi per strada.
Per carità, l’alta cucina è fondamentale in ogni Paese. E lo è soprattutto in Italia e per la sua immagine nel mondo. La ricerca di tecni-
che e materie prime è indispensabile ed utile a tutto il sistema, ma il valore di una certa ristorazione lo si misura quanto più è capace di rappresentare uno stile di vita e una cultura. E questo è proprio quello che negli ultimi anni si rischiava di perdere.
Abbandonando ogni provincialismo, c’è voluta una pandemia per fare capire a molti cuochi che certi limiti - anche economici - non potevano essere superati. Menu ricchi di proposte sono stati ridotti, così come sono state abbandonate alcune lavorazioni che risultavano un insulto al buon senso e all’etica.
Per fortuna si avverte una sorta di giro di boa e nell’aria c’è tanta voglia di italianità, anche negli stranieri che sono tornati a frequentare il nostro Paese. Non a caso i piatti più celebri di due grandi tristellati (Niko Romito e i fratelli Cerea), sono gli spaghetti al pomodoro e i paccheri alla Vittorio. Grazie all’impegno di molti cuochi si ripropongono ricette della tradizione in chiave contemporanea e si valorizzano prodotti della nostra filiera agroalimentare. Che è poi ciò che ci si aspetta da professionisti che sono la nostra prima fila per la promozione dell’Italia. Questa è la strada da seguire ed è a questi modelli che devono puntare gli interventi del Pnnr che non pos-
Nel nostro Paese si avverte una sorta di giro di boa e nell’aria c’è voglia di italianità: molti cuochi ripropongono ricette della tradizione in chiave contemporanea e valorizzano prodotti della filiera agroalimentare
Dopo il via libera del Governo all’esenzione della tassa sul plateatico fino al 31 dicembre, i ristoratori investono per valorizzare spazi graditi alla clientela dopo l’emergenza pandemica, uniformandosi alle città europee. (credito foto Gibus - pergola bioclimatica Twist - Bar caffetteria Antica Sacile)
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▶ Questo simbolo indica che c’è un video
Èun’espressione tratta dal “Vangelo secondo Matteo” e che può ricondurre a quanto segue. Un nostro tesserato di Padova, che ha preso parte a Brescia alla “Festa nazionale del Cuoco”, si è visto recapitare, dopo oltre 40 giorni, una sanzione pecuniaria del Comando di Polizia Locale per aver violato la zona a traffico limitato di Piazza Vittoria, luogo dell’evento, e dove doveva scaricare materiale pesante dalla sua auto. Essendo presente in auto anche sua moglie (con disabilità certificata), l’autoveicolo sarebbe stato autorizzato per legge all’accesso. Nessuno degli addetti dell’ordine pubblico ha contestato alcuna violazione.
Il nostro socio, una volta notificata la violazione e la relativa sanzione pecuniaria, si è attivato, tramite il numero verde indicato nel verbale, per fare ricorso. L’interlocutore telefonico ha consigliato di scrivere direttamente al Comando. La loro risposta categorica è stata che il conducente dell’autoveicolo avrebbe dovuto richiedere autorizzazione preventiva al Comando oppure presentare ricorso con documentazione entro i due giorni, non dalla notifica, ma dalla violazione. Il non conoscere le aree Ztl in una città, dove mai aveva messo piede prima, e il portarsi in prossimità alla piazza di soli cinque metri non per piacere, ma per lavorare, nulla è valso per l’Ufficio ri-
corsi della Polizia locale; il malcapitato, consapevole che la legge non ammetta ignoranza, (a chi fa comodo, a detta mia), a malincuore ha pagato, evitando così il ricorso alla Prefettura o Giudici di Pace ed eventuali e ulteriori esborsi economici e, soprattutto, perdite di tempo.
Non voglio entrare nel merito “tecnico e giuridico” della questione, ma conoscendo la correttezza della persona penalizzata, mi permetto di fare alcune lecite considerazioni, come presidente, e come gesto solidale verso quel cuoco che, a sue spese e a titolo gratuito, era presente assieme a noi di Fic per dare lustro anche alla amministrazione della città di Brescia. Per l’evento di Brescia opportuno sarebbe stata da parte dello stesso Comune (attraverso il sindaco) una consapevolezza maggiore di even-
tuali disagi incorsi nei due giorni da parte dei numerosi cuochi della Fic, provenienti da tutta Italia e dall’estero, dove la non conoscenza di strade e viabilità del centro storico ha creato loro disagi e difficoltà. Sarebbe stato utile un maggiore coordinamento e comunicazione con amministrazione e polizia locale, forse anche una maggiore loro presenza, non per multare, ma a supporto di questo insolito flusso e con un minimo di giustificata tolleranza per delle eventuali problematicità.
Abbiamo appena mosso i primi passi nel 2023. Ci siamo lasciati alle spalle momenti difficili e il futuro a livello globale non è affatto roseo. Il nostro comparto negli ultimi mesi si è battuto con entusiasmo, ma a suon di impegno e sacrifici per tornare a una normalità dovuta. Il mondo e le tendenze, in ogni settore, cambiano con declinazioni certo positive, ma anche controproducenti, se non dannose.
Per questo mi preme rimarcare alcuni punti di fondo, le basi da cui la nostra associazione trae linfa vitale. Innanzitutto, l’importanza di fare squadra. Euro-Toques è un universo autorevole che si sviluppa e continua a guadagnare consensi grazie al valore dei suoi associati che, insieme, fanno della cucina ita-
liana un modello di ispirazione assoluto. Altro snodo fondamentale che mi preme riprendere è l’educazione del consumatore e dei futuri consumatori, i bambini, a un’educazione alimentare consapevole. E questo aspetto coinvolge non solo le dinamiche di una nutrizione sana ed equilibrata, ma anche il dover e voler porre un argine agli sprechi. Non si tratta solo di una questione di food cost e andamento economico di una cucina.
A monte c’è un aspetto etico che non può essere ignorato. L’impegno di Euro-Toques a sostegno di chi è in difficoltà è una delle missioni della nostra associazione. A fine novembre una nostra delegazione si è recata a Bucarest, in Romania, per un evento di beneficenza a sostegno dell’Associazione Volontari Pentru
Zimnicea, che si occupa di bambini che vivono in condizioni di disagio e povertà. Abbiamo consegnato ai volontari un assegno da 3mila euro raccolti grazie alle donazioni dei membri di Euro-Toques e dall’Italia è partito per Bucarest un camion pieno di vestiti. A metà dicembre, a Cagliari, nell’ambito del contest internazionale “Un piatto senza confini”, abbiamo allestito una cena di gala il cui ricavato è stato devoluto in beneficenza. Continuiamo così!
Anche in pasticceria bisognerebbe organizzarsi in modo da avere sempre poco invenduto per evitare eccessi di stoccaggio, problemi con la scadenza dei prodotti e spreco di materie prime costose. Va, quindi, effettuato un calcolo preciso che tenga in considerazione lo storico del venduto dell’anno precedente: per i panettoni, per esempio, le previsioni vengono fatte già nel periodo di luglio-agosto, quando arrivano gli ordini dalle aziende per i regali di Natale, in modo da riuscire a produrre la giusta quantità ed evitare di rimanere con troppi prodotti in eccesso stoccati.
A dicembre si fanno le ultime consegne, poi qualcosa rimane per arrivare alla fine delle feste. Un piccolo negozio tende a preferire il rimanere senza prodotti da vendere piuttosto che lasciare dell’invenduto sugli scaffali, e magari ordinare quanto basta da un collega più grande per non deludere i propri clienti. Ci sono anche donazioni alle associazioni, alle mense, alle carceri da tenere in conto.
Una soluzione per recuperare l’invenduto di lievitati e simili è di proporli sotto forma di altro dolce, per esempio in un tiramisù, oppure fare quello che si fa di regola con i
prodotti che dalla lavorazione escono imperfetti nella forma, pur essendo buonissimi, e che non vengono messi in vendita: si tagliano a cubotti e si offrono a bocconcini in negozio e in caffetteria, a chi prende un caffè, un tè, una cioccolata, a chi viene per fare un ordine e mentre aspetta degusta qualcosa di goloso. Sono sempre graditi e l’assaggio è sempre un’eccellente pubblicità alla qualità del proprio prodotto. Questa soluzione è valida per prodotti di pasticceria da forno, lievitati e torte, mentre nel caso di preparazioni con creme come i tronchetti, prima della scadenza vanno tagliate a fette e offerte come monoporzione alla clientela, che gradirà la coccola e la degustazione.
Il periodo è delicato. Ansie e paure non sono svanite dopo la pandemia. Eppure c’è bisogno di guardare oltre. Andare avanti e pensare in positivo. Conpait ci prova. Con la formazione e con le nuove “leve” che quotidianamente vengono invogliate e coinvolte.
Da dove ripartire? Dalle emozioni e dalla varietà incredibile dei nostri dolci. Che ricchezza le nostre tradizioni. Ognuno così diverso, ognuno così identificativo e identitario di una città, di un borgo, di una regione, di una semplice strada o di un rione. Possiamo certamente dire che questa è anche la nostra ricchezza. Ogni volta, in ogni luogo, si impara qualcosa in più e si conosce una ricetta diversa. Allo stesso modo i nostri clienti e chi entra nelle nostre attività. Da quelle vetrine, allestite con passione sacrifici e impegni, spesso si ha l’imbarazzo della scelta. “Prendo questo, anzi quello…». Un patrimonio che la cultura pasticcera ha ormai donato al popolo italiano. Non possiamo, dunque, far disperdere tutto ciò: ecco perché serve continuamente aggiornarsi per crescere. Anzi, “per non fermarsi”, come recita il nostro slogan sulla formazione. Conpait crede in questi
principi e porta avanti ogni singola richiesta proveniente da tutte le zone.
Serve però anche un messaggio diverso: tutti noi pasticceri, ognuno per proprio conto, dobbiamo promuovere le eccellenze e le tradizioni, oltre che le ricette e i segreti dei nostri dolci. Come? Organizzando eventi, partecipando alle iniziative pubbliche, raccontando ai giovani come si fa quella preparazione o quell’impasto. Trucchi e saperi di una professione che deve andare oltre la semplice vendita di un dolce. Una bella sfida, veramente. Ed una visione in positivo che può far passare in secondo piano quelle preoccupazioni che accompagnano tutti noi.
Nel 2023 la nostra associazione festeggia i dieci anni di attività. Un traguardo importante che coinvolge tutti gli associati attivi nei diversi settori che compongono il mosaico dell’arte dolciaria. Pasticceria, gelateria e cioccolateria sono leve portanti del made in Italy e indiscusso orgoglio nazionale. Dieci anni vissuti intensamente. Siamo cresciuti come numero di professionisti che hanno scelto di aderire alla Fipgc e come eventi che ci hanno visto protagonisti in numerosi scenari, sempre in prima linea sul fronte formazione e promozione delle numerose sfaccettature delle nostre attività, dall’utilizzo ottimale delle materie prime a quello delle attrezzature. Tra gli obiettivi che ci siamo posti per affrontare il futuro, di rilievo l’allargamento della presenza della Federazione all’estero. In questo senso è già operativo un accordo con un’associazione omologa in Perù, che diventa la referente della Fipgc in America Latina.
Nel nostro Paese tutto il 2023 sarà focalizzato sulla celebrazione del nostro decennale. Tra i primi eventi, a Carrara, nell’ambito della fiera Terreno Ct, va in scena il Campionato italiano di Pasticceria, Gelateria e Cioccolateria che elegge i tre componenti della squadra che rappresenterà l’Italia ai Mondiali di Milano Host il prossimo ottobre. Sempre a Carrara, dal 26 febbraio all’1 marzo, un centinaio di nostri Maestri presenta i prodotti tipici
dei propri territori. Questo per sottolineare ancora una volta quanto sia articolato l’universo dolciario italiano. Gli eventi celebrativi proseguono con la seconda edizione del Campionato italiano Panificazione e con tutta la serie di competizioni che ci vedono da sempre promotori.
Sarà ancora più ricco, poi, il calendario di master professionali e di laboratori di pasticceria. La Federazione nasce infatti con lo scopo di unire tutte le realtà esistenti sul territorio, dalle scuole ai grossisti, dalle associazioni alle imprese del settore, per favorire una collaborazione più intensa e sviluppare la crescita del settore artigianale. La formazione è uno snodo portante di questa filiera. Da dieci anni tracciamo questo percorso e continueremo con sempre maggior determinazione.
Un sorriso e un benvenuto o un saluto caloroso predispongono l’ospite o il collega o il dipendente a un’interazione positiva. Oggi essere approcciabile è sicuramente un grande valore aggiunto che un direttore deve avere e significa saper mettere le altre persone a loro agio. Significa, inoltre, saper ascoltare, condividere, capire a fondo cosa viene discusso, avere un confronto aperto e costruttivo.
Chi è approcciabile riesce sempre a ottenere più informazioni e sapere le cose che accadono per primo. Deve avere un approccio caloroso, piacevole e gentile. Oggi giudicare le persone, essere arrogante, insensibile, non avere le capacità di stare nel gruppo e apparire sempre molto indaffarato è sicuramente una formula per l’insuccesso sia personale sia professionale.
Il personale come i clienti cercano persone empatiche con le quali discutere per risolvere le situazioni che si debbono affrontare. Saper ascoltare con l’attenzione dovuta diventa cruciale. Non farsi disturbare dal telefono che squilla, dalla fretta di terminare l’incontro, mostrare un’attenzione svogliata. Non è sempre necessario dare
delle risposte alle domande che vengono poste. A volte la sola capacità di ascoltare l’interlocutore significa risolvere buona parte del problema. Se uno è arrabbiato lascialo sfogare senza interromperlo, se non trova opposizione a quello che esterna in poco tempo si calmerà e perderà buona parte della sua aggressività. Cerca di instaurare un rapporto personale con l’interlocutore, cerca dei valori o interessi comuni, parla un po’ di te al di fuori del lavoro.
Ascolta, ascolta, ascolta anche quello che non viene detto perchè spesso il non detto è la parte più importante ed è più significativo di qualsiasi parola. Il linguaggio non verbale ha altresì una grande importanza e spesso può influire enormemente sui risultati stessi dell’interazione. Quindi, lavoriamo sulla nostra approcciabilità perché la stessa può fare la differenza tra un direttore di successo e uno mediocre. Il tempo speso con
empatia con clienti, dipendenti e colleghi ripaga sempre abbondantemente: siamo, quindi, empatici e risulteremo vincenti.
Uno dei momenti più toc canti ed emozionanti è stata ancora una volta la cerimonia di proclamazione dei Professionisti dell’anno. Per la diciottesima volta da quando, nel 2004 è stata istituita questa premiazione, le associazioni hanno individuato al loro interno l’associato che si è distinto maggiormente durante l’anno 2022.
Le caratteristiche che hanno tro vato maggiore risalto nelle motivazioni degli 8 premiati (uno per associazione) sono state parecchie, tra cui i succes si ottenuti sul lavoro, il contributo assicurato alla associazione di appartenenza, le ore dedicate alla formazione dei colleghi, le docenze sostenute nelle scuole alberghiere, l’essere di esempio per serietà impegno e voglia di apprendere, divulgatori delle proprie professioni.
Nel mio intervento di introduzione dei Professionisti dell’anno ho riportato all’attenzione dei presenti e dei collegati in diretta streaming le preoccupazioni che abbiamo nel nostro comparto relativamente alla carenza di personale e crisi di vocazione e, soprattutto, all’evidenza da parte di tanti dei soli aspetti meno belli delle nostre professioni. Per controbattere a quest’ultimo punto, nelle settimane precedenti, al congresso avevo richiesto a un associato per associazione di scrivermi una lettera aperta, così l’ho
chiamata, dove ognuno di loro mi raccontasse cosa lo aveva fatto innamorare e cosa continuasse a fargli amare la professione scelta. Il messaggio, in realtà, era rivolto agli allievi delle scuole alberghiere che hanno seguito la cerimonia o potranno rivederla sul nostro canale YouTube Solidus Turismo richiamando “2022 Cerimonia Premiazione Professionisti dell’anno”.
La lettura di questi scritti, avvenuta in maniera solenne da un associato per associazione, ha evidenziato quante buone ragioni esistano per intraprendere una professione, qualunque essa sia, nei nostri alberghi e non solo, che possa davvero offrire opportunità di lavoro e di crescita professionale e culturale, di studiare e parlare lingue diverse, di incontrare tanta gente proveniente da tutto il mondo, in sostanza regalare soddisfazioni professionali e stili di vita vincenti.
Dopo la pandemia e la mancanza di personale, ecco che arriva a ciel sereno un’altra grande novità (uso questo termine “grande novità” perché il mio pensiero e tutt’altra cosa), il Governo o meglio il ministro del Turismo riduce le tasse sulle mance dei camerieri, sostenendo che questo servirà per far aumentare l’occupazione in tutto il settore della ristorazione.
A me sembra un’idea folle, come si può pensare di sopperire alla carenza e mancanza di personale detassando le mance? Ci sono molti altri problemi da risolvere per invogliare e motivare i giovani a intraprendere questa attività.
In primis bisogna considerare questo mestiere, molte volte sottopagato, in base alle molte ore di impegno (breakfast, lunch, dinner) e che è logorante e stressante. Oltre a questo, la nostra professione permette di dedicare poco tempo alla propria famiglia, considerando che molti luoghi di lavoro sono distanti da casa e molte volte in altre regioni, e offre rare possibilità di trascorrere il sabato, la domenica e alcune
Valerio Beltrami Presidente Amirafestività tra le mura di casa: molte volte, infatti, ci troviamo di fronte ai figli grandi e quasi non li conosciamo.
Inoltre non riesco a capire come sarà possibile conteggiare le mance considerando che in Italia esse vengono date direttamente in mano al cameriere o, a volte, introdotte in appositi contenitori. Quindi, potrei dire un’entrata non visibile ed esentasse, anche perché sul conto oggi non è prevista la voce “mancia”, cosa che avviene in altri
Paesi e dove la mancia è “obbligatoria”. Bisogna anche considerare che oggi l’uso di lasciare la mancia è sempre più raro, una consuetudine che avveniva in passato, prima dell’arriva dell’euro. Oggi è sempre più rara la clientela che, dopo il soggiorno in hotel o meglio dopo una pranzo o cena al ristorante, ti lascia i 20, 50 euro: questo anche a causa dell’aumento del costo della vita. In conclusione credo che se non si ci riunisce intorno a una tavola rotonda Governo, formazione, imprenditori, sindacati e associazioni di categoria, perderemo l’ultima carta vincente per sfruttare la risorsa più importante che abbiamo in Italia: il turismo.
Si può pensare di sopperire alla carenza di personale detassando le mance?Bernardo Ferro Presidente Abi Professional
Un caro saluto a tutti e spero che le festività, ormai passate, siano state per tutti voi piene di divertimento e soddisfazioni sia per chi ha lavorato e sia per chi ha avuto la fortuna di poter stare vicino ai propri cari.
Anno il 2022 partito in sordina (purtroppo il maledetto virus era ancora presente), ma debbo dire che con il passare del tempo tutto è sembrato più roseo. Effettivamente tutti quei colleghi che ho incontrato e sentito erano molto soddisfatti del lavoro. Le soddisfazioni le ho avute anche io, sia sotto il profilo lavorativo sia personale, ma anche a livello associativo mi posso ritenere soddisfatto.
Abi Professional nel 2022 ha avuto un aumento di iscrizioni e sono convinto che con l’impegno di tutti i soci cresceremo ancora. Abbiamo avuto un maggior seguito anche dai nostri sponsor, che continuerò a ringraziare, perché senza di loro tante cose belle non si potevano, non si possono e non si potranno fare. Infatti grazie a loro abbiamo organizzato manifestazioni in tutto lo Stivale in location da urlo:
• il “Nuraghe Drink” nella piazzetta principale di Portorotondo, organizzato dalla sezione Sardegna;
• il memorial “Medardo Casella”, organizzato dalla sezione Emilia Romagna;
• il concorso al “Golf Club dell’Ugolino”, dove i partecipanti hanno concorso dietro al banco che fu di Fosco Scarselli, organizzato dalla sezione Toscana;
lo splendido concorso regionale che si è svolto a Messina;
il concorso del Centro Italia, organizzato dal vulcanico Max Urru e il suo gruppo di lavoro;
il concorso del Nord Italia, organizzato dalla sezione Lombardia;
uno scenario incredibile a Tropea per il concorso regionale calabrese; ormai un successo, il concorso più alto d’Europa “Skyway Cocktail Competition”, organizzato dalla sezione valdostana;
• il concorso con i premi più ambiti “Elba Drink”;
• grazie alla sezione Veneto, si è tornati a competere in piazza San Marco a Venezia con il “Trofeo San Marco”;
• un concorso meraviglioso svoltosi in terra siciliana, all’Isola delle Femmine: la sezione della Trinacria ne ha organizzato uno nazionale da favola.
E, per concludere, Abi Professional ha insignito, nel convegno annuale di Solidus, Nicola Bressan (coordinatore del Veneto) come professionista dell’anno. Ed il 2023? Sono convinto che sarà un successo, grazie all’impegno e al contributo di tutti.
Dopo il via libera del Governo all’esenzione della tassa sul plateatico fino al 31 dicembre, i ristoratori investono per valorizzare spazi graditi alla clientela dopo l’emergenza pandemica, uniformandosi alle città europee
di Martino LorenziniTavolini all’aperto e dehors liberi fino al 31 dicembre 2023. Lo prevede la riformulazione di un emendamento all’interno del decreto Milleproroghe approvato dal Governo: una modifica che permette di alimentare una vera e propria rivoluzione per la ristorazione (basti pensare che nella sola Roma sono state presentate ben 6.700 domande). Una tendenza, quella di fare ricorso al dehor, emersa
dopo la pandemia e che sta portando sempre più imprenditori ad andare oltre. Si stanno infatti cercando ampie aree verdi o dismesse da trasformare in veri e propri locali dove poter sviluppare la propria attività di ristorazione.
La clientela è da tempo alla ricerca di nuovi spazi conviviali da vivere all’aperto, in ambienti informali, grandi, dove poter mangiare, sorseggiare un drink e al tempo stesso ascoltare della buona musica. Per capire come è nata e come si svilupperà questa tendenza
abbiamo intervistato Roberto Antobenedetto, fondatore dello studio Rpm
Proget di Roma specializzato nella progettazione e nella riqualificazione di locali e ristoranti (fra questi Comodo, sito a Roma a pochi passi dalla Fontana di Trevi, o il Don Pasquale, aperto all’inizio dell’anno, sempre nel rione Trevi). «I dehors 2.0 sono ormai diventati più che un’appendice del ristorante - ha spiegato Antobenedetto - sono dei veri e propri locali nei quali poter fare ristorazione all’aria aperta e al tempo stesso offrire una serie di servizi di intrattenimento».
L’esenzione del pagamento della tassa sul plateatico per bar e ristoranti ormai è diventata ben più che un mero sostegno alle attività commerciali che, tra lockdown e distanziamenti, avevano pagato un pesante contributo al Covid. Sta infatti alimentando una vera e propria rivoluzione del concetto di dehor. Una rivoluzione che si ispira a una tendenza da tempo in auge nelle grandi città europee come Lisbona, Budapest, Formentera e mondiali, come Miami e New York e che si ispira allo Scorpios Mykonos, locale situato nell’omonima isola della Grecia.
«Finora in Italia erano ben pochi i ristoratori che decidevano di investire nei dehors - ha spiegato Antobenedetto - Il motivo è semplice; spesso finivano per lottare contro i ricorsi al Tar, specialmente in città come Roma dove c’è un monumento storico praticamente a ogni metro della città, e dove finora era quindi molto difficile riuscire a realizzare progetti che ottenessero il pieno consenso da parte della Sovrintendenza alle Belle arti. Adesso invece, che c’è stato il via libera, chi può investire investe nei Dehors 2.0. Ovvero è alla ricerca di ampi spazi,
aree verdi o dismesse, che, grazie al mite clima italiano, specialmente al Centro e al Sud d’Italia, possono essere sfruttati praticamente tutto l’anno. Stiamo assistendo a una grande riscoperta del turismo in Italia da parte degli stranieri e degli stessi italiani e quindi anche queste nuove aree non fanno altro che alimentare questa voglia di vivere in ambienti che magari una volta erano utilizzati per altri scopi. Penso per esempio ai grandi complessi industriali ora abbandonati. La loro riqualificazione sta facendo riscoprire dei veri e e propri quartieri finora considerati periferici nella città di Roma».
Per comprendere meglio la rivoluzione in atto Antobenedetto, che ha in cantiere progetti a Roma e a Capri, ha spiegato nel dettaglio le sue cause scatenanti.
«Come avviene all’estero le persone cercano sempre di più un’esperienza diversa dalla abituale cena al ristorante - ha premesso Antobenedetto - Ma non solo, preferiscono di più starsene all’aperto, magari in un bel
giardino, ampio diversi metri quadrati, da vivere in maniera informale e dove poter quindi mantenere la propria privacy e, al tempo stesso, avere la possibilità di socializzare e di fare nuove conoscenze, in un ambiente frequentato da persone di età differente e di diversa estrazione sociale». E così gli spazi si dilatano, aumentano al tempo stesso anche i coperti, si modificano i servizi (c’è una maggiore richiesta di drinks e bevande alcoliche e cambia anche la proposta culinaria) e si devono quindi ripensare gli ambienti e anche la gestione del locale stesso. «Andranno maggiormente in voga i brunch, i dopocena e gli aperitivi - ha spiegato l’architetto - Per cercare posti del genere, la gente viene anche in periferia, con la speranza di trovare anche un più facile parcheggio rispetto al centro storico. Ed ecco quindi che in città come Roma si stanno riscoprendo aree un tempo considerate periferiche, che ospitavano degli stabilimenti industriali, oppure delle antiche masserie, finora restaurate solo per ospitare grandi eventi fini a se stessi come matrimoni, cresime, comunioni e compleanni».
Antobenedetto ha spiegato che per arredare i nuovi dehors non basta mettere qualche tappeto per terra, bisogna ovviamente investire delle risorse, sebbene talune voci, come per esempio quella legata ai condizionatori, molto sentita per chi vuole aprire un ristorante, siano ovviamente assenti.
«Servirà sicuramente avere più personale per riuscire a gestire il maggior numero di coperti - ha spiegato l’architetto - Ma non solo, ser-
virà ripensare all’illuminazione. Di solito in un ristorante le luci sono soffuse, mentre in un dehor tutti gli spazi devono essere adeguatamente illuminati e ovviamente questo aspetto incide maggiormente sulla spesa rispetto a quella di un locale tradizionale. Anche la musica ha un aspetto importante. Di conseguenza bisognerà garantire un adeguato impianto sonoro in grado di coprire l’intero locale e poi bisognerà pagare anche il Dj. L’arredamento sarà poi informale, ma, al tempo stesso, ricercato. Ultimamente vanno molto
i mobili provenienti dal Nord Africa, fatti di legno invecchiato o di bambù, abbinati a qualche importante complemento d’arredo. Ci saranno quindi in prevalenza tavolini, ma anche grandi tavolate per ospitare le comitive o per mettere in contatto diverse compagnie al fine di poter godere di un momento condiviso. Servono inoltre bagni più grandi di quelli che abitualmente si trovano nei ristoranti, specie in quelli del centro di storico di Roma dove gli spazi (compreso quello riservato al magazzino) vengono sacrificati a vantaggio dei coperti a svantaggio del servizio. Nei dehors i bagni devono essere per forza divisi tra uomini e donne e devono essere dotati di anticamera».
La cucina resta pur sempre l’anima centrale di un locale e anche nei dehors va quindi ripensata per adattarsi al meglio alla nuova tipologia di clientela. «La cucina interna sarà sicuramente più piccola rispetto a quella di un tradizionale ristorante - ha ripreso Antobenedetto - Lì vi si dovranno infatti fare soltanto alcune preparazioni e quindi bisognerà dotarsi anche di una sala di appoggio. Bisognerà invece allestire all’aperto un forno dedicato alla pizza e una grande griglia, larga anche 3 metri e dove posizionare da una parte la carne e dall’altra il pesce. Tutto questo affinché la clientela possa osservare da vicino chi cucina. In sintesi nei dehors assistiamo a una cucina più snella e leggermente diversa da quella tradizionale».
I ristoratori che decidono di valorizzare un dehor danno inoltre molta importanza anche a temi inerenti la sostenibilità, il plastic free, lo spreco di cibo e i prodotti a Km 0.
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L’esterno di bar e ristoranti è diventato un luogo non solo da proteggere e riscaldare, ma da arredare, da vivere. Il mondo produttivo ha calato le sue carte con una gamma di articoli ad alto contenuto di servizio
Il Covid ha dato una spinta inaspettata a una tendenza che era già in atto, ma si muoveva con timidezza nel mondo Horeca, soprattutto tra autunno e inverno e in Nord Italia. Prima della pandemia l’arredo per esterno studiato per affrontare i mesi più rigidi viveva in un mercato un po’ imbrigliato. Solo gli operatori più dinamici osavano, anche perché la clientela non era anco-
ra pronta a questa aggiunta. Tra mascherine e vaccini gli stili di vita sono però cambiati e “l’aperto” è diventato sostanza e in molti casi sopravvivenza. In aggiunta, le ordinanze comunali hanno agevolato l’occupazione del suolo pubblico e quando è stato dato il via libera i consumatori, questa volta con un approccio più pragmatico, hanno incominciato a riempire i dehors, non preoccupandosi più se si era a Trieste o a Torino, in novembre o in gennaio.
Una dinamica evolutiva nata su un terreno fertile, come dimostra il fermo immagine, datato primavera 2022, tratto dal Rapporto “Il valore economico e sociale della distribuzione Horeca nel post Covid-19”, realizzato dal Censis in collaborazione con Italgrob, la federazione italiana dei distributori Horeca. “Per l’88,3% del campione intervistato la presenza di una rete di bar, caffè, pasticcerie, enoteche e ristoranti è importante per assicurare la buona qualità della vita, rendendo i territori vitali e aperti alla relazionalità. Il 68,8% è convinto che la presenza degli esercizi pubblici renda i luoghi anche più sicuri e frequentabili. Il 67,3% (il 74,8% dei giovani) ritiene che proprio la presenza dei locali consenta di organizzare al meglio la movida, evitandone le degenerazioni. Invece, l’assenza degli esercizi pubblici condanna i territori al declino economico e al degrado sociale”. Su questa spinta, e con i dehors destagionalizzati che sono andati moltiplicandosi in lungo e in largo per tutto il Paese, l’esterno di bar e ristoranti è diventato quindi un luogo non solo da proteggere e riscaldare, ma da arredare, da vivere. E il mondo produttivo ha calato le sue carte. A maggior ragione tenuto conto del fatto che il 31 dicembre scorso sono scadute le semplificazioni e le deroghe concesse durante la pandemia per l’occupazione di
suolo pubblico da parte dei locali. Senza una proroga, tutto sarebbe tornato come nel pre-Covid. Ma la proroga è arrivata. Grazie alle richieste avanzate dalla Fipe-Federazione italiana pubblici esercizi, i dehors sono salvi fino al 31 dicembre prossimo.
Il ruolo dei Comuni
«I dehors hanno ridato vivibilità e sicurezza a molti spazi urbani - ha dichiarato a Italia a Tavola Luciano Sbraga, vicedirettore di Fipe Sono apprezzati dai cittadini e, se ben gestiti e normati, danno l’immagine di una città sempre più accogliente e consentono di migliorare la qualità della vita di tutti. I sei mesi di proroga devono essere utili ai Comuni per realizzare dei regolamenti appositi per i tavolini all’aperto. Dobbiamo passare da una situazione emergenziale a una situazione strutturale, che non deve avere regole identiche, ma deve essere un giusto compromesso. I dehors sono uno spazio pubblico, non estraneo alla città, ma parte del tessuto urbano e che dà valore a questo spazio. Per aumentarne la qualità degli arredi servono investimenti, ma per investire servono regole chiare e definite, in modo che si evitino distorsioni».
Il mondo produttivo è pronto da tempo. A Bolzano Lusini porta da oltre 30 anni la sua esperienza in fatto di attrezzature e soluzioni nel mondo Horeca. Soluzioni a elevato contenuto di servizio e di sostenibilità. «La stagione outdoor 2023 - spiega il project manager Fabrizio Deidda - sarà caratterizzata da una particolare attenzione per i materiali e il design dei mobili da esterno
Lusini quest’anno ha riposto particolare attenzione alla scelta di legni per esterno certificati Fsc, proveninenti dunque da foreste gestite in maniera sostenibile. È il caso della nuova serie di mobili Cassaro in legno massiccio di eucalipto, composta da un divano e una poltrona, corredata da morbidi e ampi cuscini, che la rendono particolarmente confortevole, e un moderno design in tessuto intrecciato rope».
Punta, invece interamente sul design, la collezione di mobili Bevera in alluminio verniciato a polvere. Una gamma di sedie, poltrone e tavoli dalle forme classiche e sinuose che lasciano sicuramente il segno nell’arredo di terrazze e aree all’aperto.
Fondata nel 1982, Gibus di Saccolongo (Pd) negli anni si è costantemente evoluta arrivando oggi a essere uno dei player di riferimento, a livello globale, nel settore outdoor design di alta gamma per gli ambiti Horeca e Residenziale. «Forte di un know how di
oltre 40 anni - sottolinea l’amministratore delegato Alessio Bellin - Gibus presenta all’interno della propria ampia gamma molteplici soluzioni particolarmente interessanti per il canale Horeca, a partire dalle pergole bioclimatiche, avanzati modelli che
abbinano una struttura solida e resistente a un’innovativa copertura a lame in alluminio orientabili, in grado di ruotare da 0 a 135°. Proprio grazie a tale tecnologia, questa soluzione è ideale per sfruttare l’outdoor di bar, ristoranti e hotel, creando un’area sotto cui i clienti possano godere di un piacevole microclima, proteggendosi dall’esposizione diretta alla luce del sole, dalla pioggia o dall’irruenza del vento, in qualsiasi stagione. Le nostre pergole bioclimatiche hanno in più un ulteriore valore aggiunto per gli operatori professionali: sono in sostanza un prodotto estremamente versatile, in quanto personalizzabile in diverse modalità e quindi in grado di adattarsi a qualsiasi contesto. Oltre a essere proposte in svariati modelli, dimensioni, finiture e cromie, queste strutture sono state infatti progettate con un concept modulare che permette la libera combinazione di singole pergole, consentendo di coprire anche spazi esterni molto ampi».
La grande versatilità di questo prodotto è data infine anche dall’ampia gamma di accessori di cui può essere dotato: vetrate e riscaldatori per garantire una temperatura più gradevole nei mesi freschi, tende verticali per offrire più comfort quando il sole è basso all’orizzonte, impianti audio, sistemi di illuminazione a Led o ancora, per esempio, il sistema di riscaldamento della superficie delle lame Snow Melt System, in grado di prevenire la formazione e l’accumulo della neve sulla copertura.
Sempre in Veneto, nel Trevigiano, Contral è un’azienda specializzata nel mercato dell’arredamento outdoor, con particolare focus verso il suo utilizzo nell’Horeca. «Nata nel 2001spiega il titolare, Roberto Moro - si è da subito affermata sul mercato
di riferimento per la qualità e la durevolezza dei suoi prodotti. Grazie a una politica di continui investimenti nella ricerca dei migliori materiali e delle migliori tecniche manifatturiere. Organizzata in modo flessibile, è capa ce di dare risposte puntuali a produzioni assai diverse tra loro, contando sull’espe rienza di partner selezionati e sulla capacità del suo polo logistico situato a Villorba».
Le numerose sedie e poltronci ne marchiate Contral, da anni presen ti nelle piazze e nei vicoli di Venezia, stanno a testimoniare la grande af fidabilità della produzione, anche in presenza di agenti atmosferici parti colarmente aggressivi, quali maree e nebbie saline. Oggi Contral rinno va l’immagine del marchio, con una veste al passo con i tempi e, soprat tutto, con nuove ed eleganti collezio ni all’insegna di un design ricercato e accattivante, mantenendo tutti i re quisiti di qualità e stabilità. Un altro fiore all’occhiello è il molto apprezza to servizio post-vendita, offerto a tutti i clienti, talvolta anche oltre i termini di garanzia.
A Tribiano, nel Milanese, Vortice è da sempre un punto di riferimento per i pubblici esercizi. «Esistono sul mercato differenti tipi di sistemi e attrezzature per ambienti esterni - si sottolinea dall’azienda - adatti a creare un giusto tepore che consente alle persone di frequentare, anche nelle stagioni fredde, terrazze e dehors di bar, ristoranti, hotel e locali pubblici in generale. Questo comporta lo sfruttamento di spazi che sarebbero inutilizzabili, ma esige la necessità di scegliere un prodotto sicuro per chi ne usufruisce ed efficiente da un punto di vista ecologico ed economico. Il tradizionale fungo a gas, oggi, è sempre più in disuso per l’impatto ambientale, la dispersione del calore con conseguente aumento dei costi di esercizio e per le problematiche, non trascurabili, relative agli standard di sicurezza da rispettare per lo stoccaggio di bombole a gas. Le lampade a infrarossi rappresentano invece una valida alternativa: riscalda-
tempo, riduzione dei consumi energetici, rispetto per l’ambiente e sicurezza per le persone.
Soluzioni studiate per soddisfare le nuove esigenze dei pubblici esercizi che oggi devono offrire alla clientela anche un servizio all’aperto destagionalizzato. A Milano il ristorante Rugantino utilizza il dehors tutto l’anno. «Siamo in una zona pedonale meravigliosa di fronte alle Colonne di San Lorenzo - spiegano - Durante i mesi freddi abbiamo in piena attività un’ampia veranda dotata di pareti scorrevoli e di funghi riscaldanti che accoglie una settantina di coperti. Oggi la richiesta è potente, interno o esterno non fa differenza. All’inizio la clientela era un po’ titubante, ma l’affaccio sulla piazza è così seducente che ha fugato subito ogni dubbio».
Sempre a Milano il bar Flow della centralissima piazza Borromeo è un’istituzione. Vanta un dehors con un centinaio di coperti che nelle bella stagione si può conquistare solo se si prenota. «È in attività tutto l’anno - puntualizzano dal locale - e la clientela continua a consumare all’aperto anche in inverno. Con la pandemia lo spazio all’aperto è diventato quasi un’esigenza per molti. Come copertura abbiamo dei tendoni, ma non essendoci paratie non ci conviene mettere funghi che riscaldano. Con quello che costa il gas, poi».
Ci spostiamo a Firenze al Viktoria Lounge Bar, zona Santa Croce, tempio della mixology. Anche qui la clientela non rinuncia al suo drink all’aperto anche quando le temperature non sono le più invitanti. «I nostri ospiti sono soddisfatti - si commenta - Sulla pedana esterna al locale abbiamo installato 2 ombrelloni a chiusura dotati di lampade irradianti. Una soluzione che funziona per 5 tavoli e una quindicina di coperti. E per chi non sa rinunciare all’abbinata cocktail-sigaretta è il non plus ultra».
no direttamente i corpi, come i raggi del sole, senza dispersione di calore nell’ambiente, rappresentando così un sistema efficiente e assicurano una perfetta eco-compatibilità perché, in assenza di fenomeni di combustione, non disperdono nell’aria sostanze
inquinanti e cattivi odori». Per questo motivo Vortice ha scelto di progettare sistemi per esterni esclusivamente basati sulla tecnologia del riscaldamento a raggi infrarossi, posizionandosi in una fascia medio alta del mercato per qualità dei prodotti, durata nel
La gamma è composta da più modelli di lampade riscaldanti, tutte dotate di una ricca dotazione di accessori così da permetterne l’installazione nelle più svariate situazioni, risolvendo un ampio ventaglio di esigenze: dalla semplice installazione a parete della Thermologika, che ha anche una versione di design, alla Thermologika Soleil System, una soluzione completa che offrendo tante possibilità di montaggio permette un miglior sfruttamento degli spazi esterni, fino all’ultima novità di prodotto, la Thermologika Colonna installabile su un palo e la Sky da appendere a un soffitto, in caso di presenza di una tettoia.
Tutti i modelli della gamma si caratterizzano per l’estrema versatilità e semplicità di installazione e, grazie a certificazioni ottenute dai più importanti enti internazionali, sono sicuri, duraturi nel tempo, a risparmio energetico e rispettosi dell’ambiente. Dal punto di vista dell’efficienza energetica e dei consumi, le lampade a raggi infrarossi di Vortice costituiscono il sistema più efficace ed energeticamente efficiente per garantire il comfort termico in spazi aperti. Inoltre, il principio di funzionamento delle lampade a infrarossi ne assicura la perfetta eco-compatibilità, senza dispersioni in atmosfera di sostanze inquinanti e cattivi odori, senza le complicazioni legate alla sicurezza e i costi insiti nello stoccaggio dei fusti di gas dei tradizionali funghi.
Sempre in Lombardia, a Palazzolo sull’Oglio (Bs), Pedrali da sessant’anni produce arredi multimateriale per il
contract e la casa collaborando con designer di respiro internazionale. «Tra i principali trend in atto - spiega Monica Pedrali, ceo dell’azienda - prosegue l’attenzione crescente nei confronti degli arredi per gli spazi outdoor delle nostre abitazioni, nei dehors di ristoranti e caffetterie e nelle aree comuni degli ambienti di lavoro. Questi spazi sono sempre più pensati per garantire il benessere delle persone e consentire un’evasione dalla realtà. L’idea è quella di portare all’esterno il comfort caratteristico degli arredi per indoor. Realizzate con materiali di alta qualità, le collezioni outdoor Pedrali garantiscono resistenza alle diverse condizioni atmosferiche, una facile pulizia e la durata nel tempo. Sono prodotti leggeri e facili da movimentare, spesso impilabili per salvaguardare lo spazio se non utilizzati o essere facilmente riposti a fine giornata. Sia per le collezioni indoor, che per quelle outdoor, da sempre Pedrali porta avanti un percorso legato alla sostenibilità ambientale che parte dal prestare attenzione, già in fase progettuale, oltre che durante il processo produttivo, ai materiali utilizzati, all’ottimizzazione del consumo di materie prime e alla razionalizzazione delle risorse, oltre che al riuso e/o riciclo dei rifiuti, alla disassemblabilità e al controllo delle emissioni».
Nel 2020 Pedrali ha presentato le sue collezioni “recycled grey” in polipropilene riciclato: 50% da scarto di materiale plastico post consumo e 50% da scarto di materiale plastico industriale. Al Salone del Mobile 2022 è stata presentata la versione “recycled grey” di Souvenir, la collezione di sedute disegnata da Eugeni Quitllet. Disponibile in versione sedia o poltrona, nasce dalla volontà di reinterpretare le
classiche sedie di colore verde che si trovano nel Jardin des Tuileries o nel Jardin du Luxembourg, icone di Parigi conosciute in tutto il mondo. Souvenir riprende la forma di queste sedute, reinterpretandola attraverso il ricorso a un nuovo materiale. Il risultato è una seduta monoblocco realizzata in polipropilene e pensata specificatamente per l’utilizzo outdoor. Leggera ma estremamente resistente, Souvenir si caratterizza per un’armonia di forme in grado di integrare tutti gli elementi che la compongono in modo organico e naturale. Le forme morbide e le doghe tridimensionali rendono la seduta di Souvenir molto confortevole. Le sue gambe si allargano nella parte finale confluendo in un caratteristico piedino. Souvenir delinea e definisce il proprio spazio ovunque collocata, che sia un giardino, una terrazza o una caffetteria all’aria aperta. L’obiettivo è quello di far sentire a proprio agio chi vi si siede.
Cmp Design ha, invece, ideato Lamorisse, una poltrona pensata per stare all’aria aperta. Il telaio in allumi-
nio la rende perfetta per una veranda lungomare, per i dehors ombreggiati, per una tavola a bordo piscina e persino per il ponte di una nave. La sua leggerissima struttura, realizzata in estruso di alluminio, con gambe a sezione ovale saldate a un bracciolo a sezione rotonda, accoglie un morbidissimo cuscino generoso e avvolgente.
La caratteristica principale di questa poltroncina è il contrasto tra la struttura portante, un telaio dalla forma sobria e il cuscino ricco e accogliente. In Lamorisse è possibile rimuovere agilmente il cuscino, impilare i telai e riporre i cuscini distesi per occupare il minor volume possibile. Il facile collocamento del cuscino sulla struttura favorisce inoltre lo stoccaggio e la movimentazione e consente di aggiornare le parti imbottite, senza ricorrere alla sostituzione dell’intero prodotto. Tutti gli elementi del prodotto sono distinti, indipendenti e svincolati, perciò facilmente separabili in fase di dismissione.
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Affacciato su una spettacolare e solitaria baia della costa sarda, a pochi chilometri da Alghero (Ss), l’Hotel Porto Conte è una meta ambita per chi cerca una pausa ristoratrice dalla quotidianità, che solo la completa immersione nella natura incontaminata può offrire. La struttura occupa una posizione straordinaria in riva al mare.
Recentemente l’Hotel Porto Conte ha rinnovato le terrazze al servizio del bar e quella al piano superiore, per ampliare nonché rendere più confortevoli le aree destinate a eventi e cerimonie; queste zone sono state in sostanza valorizzate dalle pergole bioclimatiche Gibus modello Twist, distribuite secondo un articolato disegno che esalta le potenzialità degli spazi all’aperto.
In sole tre settimane, grazie alla flessibilità del concept di Gibus Twist, sono stati installati innanzitutto sei moduli di fronte alle vetrate del bar, al piano inferiore; più nello specifico, le pergole sono state disposte in due gruppi da tre, ai lati della terrazza, per mantenere libero il percorso centrale che conduce alla spiaggia. Non solo: altri otto moduli sono stati posizionati sulla terrazza più elevata, a formare un unico grande pergolato con la fascia centrale leggermente più alta, in modo da adattare il disegno al prospetto dell’edificio e permettere l’ingresso della luce naturale con le lame in posizione di chiusura. Al piano superiore, invece, i due moduli centrali con altezza maggiore presentano uno sbalzo frontale,
che ha permesso l’allineamento degli elementi verticali dell’intera struttura.
Dotate di un design contemporaneo ed essenziale, le pergole Twist elevano ulteriormente la personalità architettonica ed estetica dell’intera struttura: le linee pulite e i volumi scultorei dei modelli Gibus hanno dato vita a un’area outdoor scenografica e suggestiva, in cui gli ospiti dell’hotel possano respirare la bellezza di questo sorprendente luogo. Estremamente avanzate anche dal punto di vista tecnologico, le pergole bioclimatiche Twist consentono di regolare l’esposizione al vento e al sole, al variare delle condizioni atmosferiche. Grazie alle lamelle orientabili che scandiscono la copertura, le quattordici strutture firmate Gibus permettono in sostanza di attenuare l’irraggiamento solare diret-
to e, al contempo, di gestire il flusso d’aria naturale; se necessario, inoltre, possono essere ermeticamente chiuse in pochi secondi, proteggendo lo
spazio sottostante dalle intemperie. Per rendere le terrazze funzionali e indimenticabili anche la sera, tutte le pergole bioclimatiche Twist installate presso l’Hotel Porto Conte sono state equipaggiate con strisce perimetrali Led Spot RGB; utile a fornire il miglior comfort visivo nelle ore notturne, questo sistema d’illuminazione regala un’atmosfera mozzafiato, intrisa della poesia di un panorama sublime, del romantico sciabordio delle onde che si infrangono sulla spiaggia e dell’immensa emozione che il contatto con una natura così straordinaria può trasmettere al calar del sole.
A seguito dell’importante traguardo raggiunto a fine 2021, quando l’azienda aveva registrato un incremento dei ricavi del 61,4%, Gibus ha migliorato ancora una volta le pro-
prie performance, tanto da chiudere il 2022 con ricavi pari a 84 milioni di euro, corrispondenti a una crescita del 15,5% rispetto all’anno precedente. Questo risultato è attribuibile non solo alla crescita organica, che ha beneficiato anche nel 2022 dell’iniziativa sconto in fattura 50%, ma anche al significativo contributo del Gruppo Leiner, acquisito lo scorso 30 settembre e consolidato a partire dal 1° ottobre. Forte di una visione sempre più internazionale, Gibus ha messo a segno un incremento a doppia cifra sia in Italia sia all’estero: la società ha infatti registrato ricavi pari a 62,1 milioni di euro (+15,2% rispetto al 2021), sulla penisola, e a 21,9 milioni di euro (+16,3%), al di fuori dell’Italia. �� cod 93663
15°
Ha preso ufficialmente il via il 30 gennaio la 15esima edizione del “Personaggio dell’anno dell’enogastronomia e dell’accoglienza - Premio Italia a Tavola”. Il sondaggio promosso da Ita-
lia a Tavola ha, da sempre, lo stesso obiettivo: dare la possibilità al grande pubblico di esprimere le proprie preferenze ed eleggere - attraverso una “gara” amichevole che vuole rafforzare lo spirito di squadra nell’Ho-
Ha preso ufficialmente il via la 15esima edizione del “Personaggio dell’anno dell’enogastronomia e dell’accoglienza - Premio Italia a Tavola”. Tanti i grandi nomi che si sfideranno nel nuovo sondaggio. Confermate le sei categorie: cuochi, pizzaioli e panificatori, pasticceri, sala e hotel, barman, opinion leader
reca - i sei professionisti che si sono spesi al meglio nella valorizzazione dell’enogastronomia e dell’accoglienza made in Italy.
Confermate anche per quest'anno le categorie, che sono sei: Cuochi, Pizzaioli e Panificatori, Pasticceri, Sala e Hotel, Barman, Opinion leader. I candidati sono 36 per ciascuna categoria, per un totale di 216 professionisti che gareggiano per conquistare il
titolo di “Personaggio dell’anno”. La pagina con tutti i nomi dei candidati, per i quali si possono esprimere fino a 3 preferenze per categoria, è pubblicata sul sito www.italiaatavola.net. I risultati sono visibili in tempo reale, sia sulla pagina dedicata, all’interno del sito, sia in homepage all’interno di un apposito box.
Le date dei tre turni
Il 1° turno (in programma dalle 12 del 30 gennaio alle 12 del 20 febbraio) ha una durata di 3 settimane e comporterà il passaggio da 36 a 12 candidati per categoria; il 2° turno durerà 2 settimane, dalle 17 del 20 febbraio alle 12 del 6 marzo (al termine i candidati diventeranno 6); il 3° turno durerà una sola settimana, dalle 17 del 6 marzo alle 12 del 13 marzo, nella quale il pubblico voterà i 6 finalisti di ciascuna categoria per decretare chi saranno i “Personaggi dell’anno”.
L’obiettivo della 15esima edizione del sondaggio è confermare i grandi numeri del 2022 che hanno visto votare, complessivamente, quasi 700mila utenti, con il picco massi-
mo del primo turno (226.716 voti). Le premesse ci sono tutte: è già possibile immaginarsi sfide imperdibili. Tra i cuochi, per esempio, il neo tristellato Antonino Cannavacciuolo sfida il più stellato d’Italia, Enrico Bartolini, ma anche Rocco Pozzulo, già vincitore del sondaggio e presidente della Federazione italiana cuochi. Ma non è finita qui. Tra i maestri del pane e della pizza sono attesi grandi nomi: Ciro Salvo affronta, tra gli altri, due pezzi di novanta come Gino Sorbillo e Gabriele Bonci, entrambi già vincitori nelle passate edizioni. Imperdibile poi lo “scontro” tra Sal De Riso e Iginio Massari nella categoria Pasticceri. Tra i candidati per Sala e Hotel spiccano i nomi di Paolo Porfidio, Alessandro Scorsone e Luca Vissani: tutti e tre hanno già conosciuto il sapore dolce della vittoria negli scorsi anni. Stesso discorso per Tony Berry, Marina Milan e Carmine Perciballi tra i Barman. Curiosa, infine, la sfida tra gli Opinion leader. Tanti, anche in questo caso, i nomi da tenere sottocchio: Bruno Barbieri e Giorgio Locatelli da Masterchef, ma anche Chef Hiro e Ettore Prandini, presidente di Coldiretti. Tra i 36 candidati della categoria non mancano vincitori del passa-
Sono tre le novità. La prima è la scelta di posticiparne l’inizio al 30 gennaio. Questo per permettere ai candidati, impegnati a livello lavorativo durante le festività, di organizzare con calma la propria candidatura. La seconda è, invece, una nuova formula, più agile: la durata del sondaggio è stata ridotta da 9 a 6 settimane. La terza è, infine, un gradito ritorno: verso la fine della primavera tornerà il grande evento in presenza nel quale verranno premiati tutti i vincitori del sondaggio. All’inizio di ogni nuovo turno tutti i voti saranno azzerati, per questo i candidati avranno bisogno del massimo sostegno del pubblico per riuscire a superare ogni fase e qualificarsi per il podio.
L’anno scorso i vincitori sono stati Giuseppe Di Iorio per i “Cuochi”, Gino Sorbillo per i “Pizzaioli e Panificatori”, Sal De Riso per i “Pasticceri”, Ezio Indiani per “Sala e Hotel”, Tony Berry per i “Barman”, Jerry Bortolan per gli “Opinion leader”. �� cod 93716
Stefano Baiocco Villa Feltrinelli (Gargnano)
Silvia Baracchi Il Falconiere (Cortona)
Enrico Bartolini Enrico Bartolini Mudec (Milano)
Antonino Cannavacciuolo Villa Crespi (Orta San Giulio)
Moreno Cedroni Madonnina del Pescatore (Senigallia)
Alessandro Circiello Palazzo Esposizioni (Roma)
Matteo Metullio Harry's Piccolo (Trieste)
Giuseppe Di Iorio Aroma Palazzo Manfredi (Roma)
Giuseppe Geraci Modì (Torregrotta)
Giuseppe Germanà Hotel Villa San Martino (Martina Franca)
Alessandro Gilmozzi Ristorante El Molin (Cavalese
Oliver Glowig Locanda Petreja Borgo Petroro (Todi)
Antonella Ricci Ricci Osteria (Milano)
Solaika Marrocco Primo Restaurant (Lecce)
Rosanna Marziale Le Colonne Marziale (Caserta)
Federico Sgorbini (già) Ristorante Lino (Pavia)
Seby Sorbello Sabir Gourmanderie (Zafferana Etnea)
Domenico Stile Enoteca La Torre Villa Letitia (Roma)
Ciccio Sultano Duomo (Ragusa)
Niko Romito Reale
Corrado Bombaci Villa Zuccaro (Taormina)
Gabriele Bonci Pizzarium (Roma)
Renato Bosco Renato Bosco (San Martino Buon Albergo)
Marzia Buzzanca Pizzaiola Sommelier (Termeno)
Tiziano Casillo Consulente e testimonial AB Mauri (Bergamo)
Matteo Cunsolo La Panetteria (Parabiago) Presidente Richemont
Vincenzo Fotia L'Artigiano della Pizza (Siderno)
Teresa Iorio Le Figlie di Iorio (Napoli)
Francesco Martucci I Masanielli (Caserta)
Aurora Mazzucchelli Casa Mazzucchelli (Sasso Marconi)
Stefano Miozzo Zio Mo' (Legnago)
Enrico Murdocco Tellia (Torino)
Simone Padoan Pizzeria I Tigli (San Bonifacio)
Sara Palmieri Pizzaiola gluten free (Avellino)
Roberto Perotti Perotti Forneria (Lumezzane)
Mauro Petronella I Petronella (Altamura)
Paolo Piantoni El Forner (Brescia)
Pierluigi Police O'
Sergio Russo Verace Elettrica (Milazzo)
Ciro Salvo 50 Kalò (Napoli)
Federica Samarani Samarani Pizze (Pianengo))
Giovanni Santarpia
Giovanni Santarpia (Firenze)
Giuseppe Amato La Pergola (Roma)
Renato Ardovino Le Torte di Renato (Battipaglia)
Gianluca Aresu Pasticceria Piemontese (Cagliari)
Giacomo Besuschio Pasticceria Besuschio (Abbiategrasso)
Luigi Biasetto Pasticceria Biasetto (Padova)
Vetulio Bondi I Gelati del Bondi (Firenze)
Paolo Caridi Casa Mastroianni (Lamezia Terme)
Damiano Carrara Atelier Damiano Carrara (Lucca)
Antonio Chiera Criscenza (Palermo)
Massimo Chierico Pasticceria Massimo Chierico (Roma)
Davide Comaschi DaV Selection (Albano Sant'Alessandro)
Matteo Cutolo Pasticceria Generoso (Ercolano) Presidente FIPGC
Alessandro Dalmasso Pasticceria Dalmasso (Avigliana)
Antonio Daloiso Particceria Daloiso (Barletta)
Sal De Riso Pasticceria Sal De Riso (Minori) Presidente AMPI
Ida Di Biaggio aVista Gusti Nomadi (Sicilia)
Melissa Dolci Content Creator Cookist
Gino Fabbri Gino Fabbri Pasticcere (Bologna)
Alessandro Marigliano I Marigliano (San Giuseppe Vesuviano)
Iginio Massari Pasticceria Veneto (Brescia)
Gianluca Fusto Fusto (Milano)
Fabrizio Galla Pasticceria Galla (San Sebastiano da Po)
Dario Loison Loison Pasticceri dal 1938 (Costabissara)
Pietro Macellaro Pasticceria Macellaro (Piaggine)
Luca Montersino Luca Montersino Contemporary Chef (Acquaviva)
Angelo Musolino Pasticceria La Mimosa (Reggio Calabria) Presidente Conpait
Isabella Potì Bros' (Lecce)
Roberto Rinaldini Rinaldini Store (Milano)
Daniele Scarpa
Pasticceria Nellys (Chioggia)
Francesca Speranza Sugar Artist (Roma)
Matteo Stucchi
I Dolci di Gulliver (Sulbiate)
Tiri Bakery (Potenza)
Sara Abdel Masih Hotel Manager & Founder SAM Academy (Milano)
Paola Batani Ceo Batani Select Hotels (Milano Marittima)
Vanni Berna Sommelier Le Cantine dei Dogi (Mirano)
Gabriele Bianchi Maitre Hotel Villa San Martino (Martina Franca)
Bernabò Bocca Sina Hotels (Firenze) Presidente Federalberghi
Sandro Camilli Sommelier (Amelia) Presidente AIS Italia
Salvatore Castano Sommelier Friarwood Fine Wines (Londra)
Claudio Ceccherelli Amministratore Delegato Shedir Collection (Roma)
Gabriella Cicero General Manager Duomo (Ragusa)
Cristiano Cini La Tagliatella (Arezzo) Presidente Ais Toscana
Maria Carmela Colaiacovo Capuccini Hotel (Gubbio) P. Confindustria Alberghi
Luca Costanzi F&B Manager Ristorante Mirabelle (Roma)
Giuseppe Cupertino Wine Manager Borgo Egnazia (Savelletri)
Alessandro D'Andrea General Manager Senato Hotel (Milano) Presidente ADA
Livio Del Chiaro Sommelier e titolare La Divina Enoteca (Firenze)
Laila Gramaglia Restaurant manager President (Pompei)
Andrea Gualdoni Head Sommelier Da Vittorio (St. Moritz)
Francesco Guidugli NH Hotel (Milano) Presidente Solidus Turismo
Livia Iaccarino Direttrice Don Alfonso 1890 (Sant'Agata sui Due Golfi)
Benito Langella Elite Cafè (Pavia)
Alberto Lavorgna
Alessandro Nigro Imperiale Four Seasons Grand Hotel (Cap Ferrat)
Alessandro Scorsone Cerimoniere a Palazzo Chigi (Roma)
Andrè Senoner Wine & Beverage Consultant (Laion)
Gaia Serafini Sommelier Oxeye (Londra)
Noemi Desirée Amato El Cantinero Again (Pinerolo)
Daniele Antinoro Hotel Capo Nord (Rosolina)
Gianni Arrigoni Hotel Li Cucutti (Budoni)
Luigi Barberis Caffè degli Artisti (Alessandria)
Patrizia Bevilacqua Bevande Futuriste (Treviso)
Rachele Bottino Almaranto Relais (Calamandrana)
Nicola Bressan Bar Manager (Venezia)
Irene Deiara Resort Valle dell'Erica (Santa Teresa di Gallura)
Sossio Del Prete Beefbar (Milano)
Francesco Drago Riva Club (Bari)
Antonio Ferrara The Bar Aman Venice (Venezia)
Salvatore Scamardella Freelance (Napoli)
Gianfranco Sciacca Bacio Elité (Bagheria)
Debora
Ambassador Ron Flor De Caña (Brescia)
Francesca Romana Barberini Segreti in Tavola (RDS)
Bruno Barbieri Giudice MasterChef Italia
Marco Bianchi Viaggio nel corpo umano (Food Network)
Ruben Bondì Personal Chef, consulente e Food Influencer
Gioacchino Bonsignore Rubrica Gusto (TG5)
Alessandro Borghese Alessandro BorgheseCelebrity Chef
Aurora Cavallo Food Blogger "Cooker.girl"
Donatella Cinelli Colombini (già) Presidente Le Donne del Vino
Antonella Clerici Conduttrice “È Sempre Mezzogiorno!” (Rai1)
Marco Colognese Food writer e critico gastronomico
Fiammetta Gatto Food & Travel Content Creator
Chef Hiro Ambasciatore della cucina giapponese in Italia
Luca Iaccarino Giornalista Corriere della Sera
Giorgio Locatelli Giudice MasterChef Italia
Francesco Lollobrigida Ministro dell'Agricoltura
Chiara Maci Blogger e conduttrice L'Italia a Morsi
Marina Malvezzi Blogger MangiareBene.com
Carlo Petrini Fondatore Slow Food
Giacomo Pini Ceo GpStudios
Valerio M. Visintin Giornalista e critico Corriere della sera
Altro che editoriali o congressi dei super esperti. Bastano neanche due ore di un film per demolire tutta la retorica su cui si è costruito il tempio del cosiddetto “fine dining”, la cucina raffinata che spesso viene tanto più celebrata quanto più è estrema, incomprensibile e irrispettosa del cliente. Se la vera arte è quella che fotografa e anticipa i tempi, "The Menu", il film in streaming su Disney+, può davvero considerarsi un capolavoro per la capacità di spazzare via, con un’efficacia incredibile, tutti i luoghi comuni e le deformazioni che hanno accompagnato negli ultimi tempi una certa alta cucina autoreferenziale, che pretende di
essere accettata come un atto di fede, dimenticando che un cuoco non è un Guru e solo raramente può essere considerato un artista, mentre spesso è un bravissimo artigiano.
Parliamo di un film che tutti i cuochi, i ristoratori, il personale di sala, i critici gastronomici, i pretesi gourmand o i più semplici buongustai dovrebbero vedere come occasione di aggiornamento professionale. Con un rigore impietoso, che alterna ironia, horror e perfetta conoscenza di come funzionano certi ristoranti, la satira del regista Mark Mylod è la più efficace denuncia di come una certa ristorazione abbia voluto imporre gusti e mode, grazie ad una sorta di voyerismo, che stampa e televisione hanno creato e sostenuto negli anni,
Ragion stellata: quando un ristorante ha il solo obiettivo di conseguire riconoscimenti da una guida rinomata, puntando più sul fenomeno (come appare il piatto), che sul noumeno (il piatto in sé).
enfatizzando la figura e il ruolo del cuoco, che era arrivata a sostituire nell’immaginario collettivo perfino i calciatori. Con tanto di discepoli adoranti pronti ad usare le foto dei piatti accese sui social come tante candele su un altare.
"The Menu" rappresenta anche un po’ la fine di una parabola ispirata al buonismo che idealizzava il mondo della cucina, fatto di sacrifico e impegno. Altro che “Ratatouille”, il lungometraggio del 2007 che attraverso il topino Rémy raccontava l’amore per il cibo e la commozione per gusti e sapori che ci ricollegano a momenti importanti della nostra vita. Il ristorante era immaginato come il luogo dove ognuno di noi si ritrova a suo agio e dove è il calore, non solo quello delle fiamme dei fornelli, a caratterizzare l’ambiente. Persino il freddo e spietato critico enogastronomico, assaggiando la ratatouille di Rèmy, alla fine cede al sentimento che il piatto gli trasmette, riportandolo indietro a sapori mai dimenticati della sua infanzia.
"The Menu" è un film che vuol proprio abbattere questa mentalità e lo fa mettendo in atto una vera propria parodia di una certa alta cucina
A distanza di nemmeno 16 anni, questo nuovo film, distrugge l’immagine di una certa alta ristorazione che sembra perdere di colpo credibilità, e da occasione di piacere diventa luogo di finzione, esagerazione e paranoia. Diventa anzi un’occasione da evitare per non rischiare addirittura di perdere la propria vita, secondo il film. Il fine dining, tanto celebrato sulle riviste patinate per pochi eletti, viene messo alla berlina con una crudezza ed un’ironia che pareggiano in maniera quasi perfetta le esagerazioni dei troppi cuochi, anzi, gli chef, appagati quando la brigata grida all’unisono “SI CHEF!”, come nelle ridicole parodie che Masterchef fa di una cucina.
La realtà, poi, è per fortuna meno cruenta rispetto alla morte di quasi tutti i protagonisti del film. Ci si limita magari alla chiusura di uno dei “santuari” di un modo estremizzato di intendere il rapporto fra cucina, ricerca, ristorazione e cliente. Pensiamo al Noma di Copenaghen che cede le armi per avere forse debordato rispetto alla funzione di un ristorante, sia pure tristellato e ai vertici delle classifiche mondiali stilate da chi dovrebbe avere "testato" tutti i ristoranti del mondo.
Ma il valore del film “The Menu” non si ferma qui. Oltre ad aver squarciato il velo quasi intoccabile che avvolge certi star chef, mette a nudo i difetti delle gestioni abilmente coperte dal marketing e il bigottismo di critica e clienti. Con intelligenti citazioni sull’abuso di credibilità di alcuni ristoranti, si colpisce la gestione (il patron-angelo che viene fatto annegare).
E qui tornano alla mente gli scandali sull'uso e abuso di materie prime contraffatte, ma spacciate per prodotti unici (comprati magari al supermercato). Ma non mancano poi impietosi ritratti di critici disancorati dalla realtà che, al pari degli star chef (di cui sono spesso talent scout e complici), celebrano riti sul nulla. Nè mancano all'appello i clienti che, alla ricerca dell’effimero, sono disposti a pagare qualunque cifra per sedere a un tavolo e mostrare sui social le foto del culto a cui partecipano.
Quando si parla di “una certa ristorazione” ci riferiamo a quella fatta di autoreferenzialità e sceneggiate teatrali in cui si dà l’illusione di inseguire chissà quale perfezione (l’acqua di mare ghiacciata su un pezzo di scoglio nel piatto), viene schernita come nessuno aveva mai osato fare. Così come si sottolinea il vuoto che lascia spesso una ricerca talmente sofistica da annullare il piacere di mangiare. E questo perché il cuoco ha magari annullato il piacere di cucinare, che diventa un atto freddo, orientato più a stupire: tanto, troppo spesso si parla di esperienze in un ristorante, anche se in pochi comprendono cosa mangiano.
A volte il fine dining esasperato è la negazione delle emozioni che può suscitare un piatto: in molti clienti, infatti,
scatta la quasi omertà nel nascondere il fatto di non aver capito il piatto o l’esperienza in sè. Il cibo dovrebbe risvegliare in chi mangia dei sentimenti o ricordi - pensiamo ancora al film "Ratatouille”
- innescati dal sentimento e dall'amore di chi cucina, che finiscono nel piatto. Ed infatti la protagonista di “The Menu”, è l'unica che riesce a salvarsi dall’omicidio-suicidio che coinvolge tutto il personale del ristorante e i clienti, perché riporta alla memoria dello chef quando in gioventù cucinava felice degli hamburger in un semplice ristorante. Salvo poi inaridirsi in una ricerca fine a se stessa che non lascia però memoria. Ma d’altra parte, è la morale del film, in certi locali ci si va solo perché sono costosi, qualche guida li premia e fa figo andarci.
E come non citare del film anche l’episodio del pane (l’essenza della vita e della nostra cultura a tavola), che non viene servito, ma c’è al contrario la portata del «piatto di pane senza pane»: il pane è per i contadini - dice lo chefquindi agli ospiti privilegiati, voyeristi del nulla, non viene servito alcun pane con le salsine da intingere. Una presa per i fondelli che però la maggior parte dei commensali accetta e si autoconvince della scelta fatta solo per stupire. Quasi un richiamo alla cucina molecolare di cui abbiamo perso traccia, o quasi, per la sua inconsistenza, ma che aveva fatto versare fiumi di inchiostro a tanti critici entusiasti del nulla…��cod 93454
di Matteo Scibilia
Superato il momento del rumore dell’intervista di René Redzepi al New York Times, in cui dichiara la volontà e la scelta di chiudere il suo ristorante Noma a Copenaghen, riprendiamo la notizia su cui tutto lo spoil-system del settore ha cominciato a riflettere. Il Noma è un ristorante premiato negli ultimi anni, tra o, forse, uno dei migliori al mondo, 3 stelle Michelin, che sicuramente chiude, o probabilmente continuerà l’esperienza gastronomica sulla scia di quanto ha fatto già, Ferran Adrià con il suo ElBulli in Spagna. La motivazione resa pubblica di questa scelta è una difficoltà nella
sostenibilità dell’impresa stessa. Frase, a nostro giudizio, che può nascondere diverse sfaccettature della situazione. Ma prima di affrontare e analizzare cosa può aver contribuito alla scelta di René, diamo un’occhiata al comparto in Italia.
Una ristorazione di qualità spesso identificata con il termine “stellata”, che forse valorizza a parole una ristorazione un po’ lontana dalla realtà. Un’analisi molto corretta interpretata anche da Paolo Massobrio su Avvenire, che condividiamo, recita più o meno: i ristoranti super stellati sono in crisi. Noi tiriamo dentro questa storia anche la Michelin, la guida che naturalmente premia e ri-
lascia le famose stelle. Forse l’enfasi di tutto questo eccesso di visibilità di cuochi e ristoranti è arrivato al capolinea? La cucina stellata è la fotografia e rappresenta la tradizione del nostro Paese? Qualche crepa si intravede, tutto il sistema mediatico della ristorazione mostra qualche cedimento.
Un ristorante è un’impresa complessa, spesso appiattita sulla figura dello chef, ma in realtà al suo interno ha altrettante figure importanti per il buon funzionamento dell’impresa stessa: la sala con i suoi interpreti, gli addetti, il sommelier, il maître, o comunque chi governa la sala, chi fa gli acquisti delle bevande (soprat-
tutto il vino), la cucina con la sua brigata e le figure essenziali come gli addetti alle pulizie e lavaggio. Ma anche chi fa i conti: oggi con l’aggiunta di competenze fiscali, quali fatture e complessi terminali in collegamento con l’agenzia delle entrate, a cui si aggiungono i rapporti con le piattaforme di prenotazioni e, non ultimo, anche chi si occupa delle relazioni con i social e con i siti di recensioni: insomma un’organizzazione complessa spesso sottovalutata.
La realtà è aggravata ancor di più da una serie di adempimenti fiscali unita a un costo del lavoro molto elevato in Italia, che incoraggiano modalità di comportamenti di lavoro in “nero” o come nel caso dello stesso Noma, ma con rumor anche qui nel nostro Paese, che denunciano comportamenti poco corretti, tipo stagisti sfruttati o apprendisti non pagati, in quanto appunto occupati in ristoranti importanti.
Le materie prime, quelle buone e, in molti casi, vere eccellenze italiane sono aumentate, ma solo pochi ristoranti sono in grado di trasferire questi aumenti sul conto o, più semplicemente, aumentando il prezzo dei piatti, senza il rischio di perdere clientela.
Gli aumenti dei costi energetici stanno ulteriormente mettendo in difficoltà il comparto, che tra l’altro meriterebbe una specie di sanatoria e di rottamazione tecnologica: alcuni studi recenti della Fipe-Federazione italiana pubblici esercizi fotografano un’anzianità di strumentazione di cucina molto preoccupante, come, ad esempio, lavastoviglie con media di vita di 25 anni,
che naturalmente incidono sui costi energetici ma, se rapportate ad altre strumentazioni tipo induzione e forni moderni, limitano le tecniche di cucina e la crescita professionale degli addetti.
L’altra vera difficoltà del settore è la mancanza di personale: sono mesi che si discutte di questo problema. La colpa dicono in tanti è del Covid, che sembra sia intervenuto sulla voglia di lavorare e di mettersi in gioco di molti.
e curioso, ma che si fa portare a casa pizze, sushi e altri piatti con delivery e rider così organizzati al limite della vergogna?
gestione
Il problema del personale non è solo del comparto della ristorazione, ma coinvolge molti ambiti lavorativi. Tuttavia, nella ristorazione stanno venendo meno, tra gli altri, la cultura, la passione, la curiosità. Un vero e proprio cambiamento generazionale. Un passaggio epocale, dunque, che sta trasformando dalle radici la ristorazione del nostro Paese. Da un lato una ristorazione stellata e creativa dall’altro una ristorazione tradizionale e famigliare.
personale. Così come forse accaduto a Ferran Adrià. Che sia davvero insostenibile oggi una cucina così creativa? E in Italia?
Torniamo al Noma, ma rileggendo la storia di ElBulli di Ferran Adrià. Ristorante nato negli anni 70, ai margini di un piccolo club di golf a Roses in Catalogna, che, grazie alla famiglia Schilling, crebbe in maniera vorticosa sino alla presenza e acquisizione di Adrià e alla sua bravura (è stato miglior cuoco al mondo per anni). Ma tutto ciò non è bastato. Anche lui ha dovuto affrontare una sostenibilità di costi, di tecniche di cucina innovative, ma che non hanno permesso nel tempo la continuità del suo sogno? Lo stesso percorso di René a Copenaghen? Probabilmente sì. È ciò rischia di provocare frane, più o meno grandi, anche nella ristorazione stellata italiana.
Bisognerà cambiare il linguaggio e domandarci subito se fra due anni mangeremo realmente insetti e i ristoranti stellati avranno clienti per resistere in un mercato così complesso? Vincerà l’ossobuco o il maiale pata negra? Si riuscirà a soddisfare un cliente sempre più complesso, in apparenza più preparato
Sappiamo che i conti dei molti ristoranti di casa nostra non sono buoni. Finanziatori più o meno occulti, grandi firme del vino e della moda sostengono molti dei nostri superchef, imprenditori attratti dallo scintillio di vini e tavole sfarzose, ma inesperti di quanto raccontato agli inizi, che inciampano facilmente sui tanti problemi di una impresa che forse soddisfa qualche peccato di gola, ma che quadra raramente i conti.
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Per René Redzepi la motivazione è la difficoltà nella sostenibilità dell’impresa stessa, tra costi di
e del
Salvare la dieta Mediterranea, sì certo, ma qualcuno è possibilista, «Mangiamo le lumache, perché una cavalletta no?». Insetti utili per l'ecosistema? Meno scarti anche con un bel piatto di trippa. Ecco cosa dicono Derflingher, Fusco e Castellani, alcuni i grilli li hanno già provati. Asacert pensa a tutelare i ristoranti "Grilli free"
di Elisa SantamariaIl via libera dell’Unione Euro pea alla commercializzazione di alcune varietà di insetti sta scate nando la reazione del mondo della ri storazione, tra chi assolutamente rifiu ta il loro utilizzo in cucina, e chi invece è più possibilista, come lo chef Loris Caporizzi, esperto in entomofagia, ritiene che "individuare fonti alimentari alternative non è una scelta, è una necessità", e da tempo propone piatti a base d'insetti.
Per lo chef Enrico Derflingher, presidente di Euro Toques Italia e International, e dal 2014 Ambasciatore della Cu-
cina italiana è una questione di cultura. Derflingher, lecchese d’origine, ha girato il mondo molto per la sua professione, trascorrendo anche numerosi anni in Giappone e in Cina: «In tanti anni di lavoro in Asia ho provato a mangiare api, serpenti, e molti altri insetti. I grilli li ho provati 15 anni fa fritti: come li cucinano loro, sono digeribili e anche buoni, ho provato tutte le cucine del mondo per lavoro e curiosità e posso dire che non hanno nulla a che fare con la nostra storia, cucina e tradizione: non è giusto usare i grilli in Italia».
«Ho studiato questi alimenti in Cina, ho visto nei laboratori come vengono preparati, è vero: c’è scarto zero e non inquinano. Ma resta che sicuramente non possiamo accettare una situazione di questo genere, io sono uno dei due ambasciatori della cucina italiana nel mondo e assolutamente escludo di utilizzare gli insetti nella mia cucina».
Euro Toques - ricorda Derflingherè nata 40 anni fa proprio per tutelare la cucia italiana nel mondo: «In Cinaconclude il presidente - ci sono 52 tipo-
«Ho mangiato gli insetti in Cina, ma in Italia non entrano nella mia cucina»
logie diverse di cucine, alcune molto buone. Inoltre, è giusto dire che l’immagine della cultura e della cucina cinese che hanno le persone non è assolutamente quella reale, ma nulla hanno a che vedere con i nostri prodotti italiani, gli insetti non entreranno nella mia cucina».
A differenza di chef Derflingher, Andrea Fusco, chef del ristorante fusion Taki Off di Roma è più aperto alla possibilità di introdurre piatti a base di insetti: «Se ne parla da diversi anni degli insetti delle loro qualità. In Italia non mi è mai capitato di mangiarli, mentre in Sud America alcuni chef stellati li stanno già sperimentando. Voglio provarli e credo che il futuro sarà questo, ma ci vorrà del tempo nel nostro Paese. Rimpiazzare la dieta Mediterranea non credo che sia una possibilità imminente, ci vorranno molti anni, piuttosto penso che possa essere qualcosa che si può integrare nella nostra cucina, come già accaduto. Io sono pronto ad inserire gli insetti nel mio menu. Del resto sono importanti per l’ecosistema, sono ricchi di proteine è hanno un impatto ambientale minore rispetto ad esempio, agli allevamenti. Ci vuole del tempo. Mangiamo le lumache perché non una cavalletta o un verme? Poi la differenza la facciamo noi: come renderli particolari, attraenti e con la voglia di essere mangiati.
Anche Vittorio Castellani, chef Kumalè, nella sua vita ha girato il mondo, ha provato 70 tipi di insetti, ma ne salverebbe solo 4: «Le popolazioni asiati-
che sono popolazioni che da secoli si nutrono e hanno abitudini entomofoghe. Ad esempio, in Thailandia, area molto povera, gli abitanti li mangiano per supplire ad alcune carenze alimentari, per loro è importante mangiare insetti. Non è comunque una novità, sono molto scettico sul fatto che in occidente si debba arrivare a mangiare gli insetti, meglio tornare a mangiare cibi poveri come il quinto quarto, le frattaglie, le parti scartate degli animali, quelle che i nostri nonni mangiavano», commenta Fusco che sottolinea come in questo gli scarti delle lavorazioni animali sarebbero sicuramente meno, «Dovremmo fare una lotta agli sprechi piuttosto: buttiamo troppo, come accade anche al supermercato, è necessario un lavoro sull’educazione ai consumi anche a scuola», conclude.
Sull’argomento interviene anche Fabrizio Capaccioli, amministratore delegato di Asacert - ente di certificazione, ispezione e valutazione ideatore del Protocollo di certificazione ITA0039 per la certificazione degli autentici ristoranti italiani all’estero - anche per lui è un netto "no": «Per noi è aberrante solo il pensiero, è impos-
sibile accettare quella che non stento a definire una vera e propria aggressione alla dieta Mediterranea, di cui questo Paese è il fondatore. Abbiamo intenzione di creare una certificazione, come azienda, in modo da distinguere quali ristoranti non fanno uso di queste farine: una sorta di ‘Grilli free’» spiega l’amministratore delegato di Asacert.
L’impegno della società nel tutelare il Made in Italy non si limita ai confini nazionali, «In un momento storico in cui viene sdoganato l’utilizzo di farine di insetti - aggiunge CapaccioliITA0039 by Asacert, il protocollo a cui hanno aderito partner importanti come Coldiretti ed Euro Toques, certifica gli autentici ristoranti italiani all’estero. Siamo sempre in prima linea per la tutela e la valorizzazione dei prodotti della nostra tradizione gastronomica, che rappresentano un pezzo importante della nostra cultura, anche all’estero. La tutela che introduciamo è concreta e digitale, grazie all’App gratuita ITA0039, che consente a tutti i consumatori del mondo di scoprire se il prodotto che stanno acquistando è veramente italiano. I dati che stiamo raccogliendo daranno vita ad un Osservatorio ed un rapporto annuale sull’Italian Sounding», conclude Capaccioli.�� cod 93762
Carlo Sichel nasce a Catania nel 1959. La sua strada professionale all’inizio è un’altra. Si laurea in giurisprudenza perché vuole fare il magistrato. Ma per motivi familiari è costretto a essere assunto in banca. Divide la sua vita lavorativa fra Catania e Milano e soggiorna nel capoluogo lombardo dal 1982 al 1987. Durante questo periodo conosce Luigi Veronelli e comincia a prendere corpo la sua passione per il vino. Ritorna a Catania e apre Il Carato. All’inizio è solo enoteca con salumi e vini.
Nel 1992 ritorna spesso a Milano per motivi di lavoro. Risale a quegli anni l’amicizia con Carlin Petrini e con Arci Gola Slow Food di Bra (Cn). Conoscendo Slow Food si innamora dei rossi toscani e piemontesi e dei bianchi trentini e friulani. L’enoteca solo con salumi e formaggi necessita di un cambiamento. E Carlo che di cucina conosce solo la teoria attraverso i libri letti decide che, per ci-
mentarsi ai fornelli, doveva assolutamente studiare.
Carlo Sichel è un bravissimo autodidatta. Segue dalla Sicilia le evoluzioni italiane, francesi e spagnole. Le mode e le tendenze. Prova, sperimenta e i suoi clienti sono i suoi unici termini di paragone. Vuole ritornare alla cucina sul fuoco e oggi fa consulenze, organizza cene e lo chiamano per ricevimenti e eventi.
Le sue ultime proposte? Tubetti, crema di tenerumi, brodo affumicato alle alghe, cozze, vongole e yogurt dei campi Iblei, oppure tonno rosso scottato in salsa di aiolì, croccante salato di sesamo nero e polpettine di pane. La sua attuale sede operativa è Petralonga, un vecchio casale con una bellissima campagna etnea, dove l’azienda vitivinicola Etna Urban Winery accoglie gli ospiti, con degustazione di vini e cibo. Il cibo è compito di Carlo che, attualmente, sta formando un giovane cuoco che segue le sue indicazioni e le sue direttive. Idee e progetti per il futuro? Troveremo Sichel in Sardegna. Una regione che ama particolarmente. Teniamolo d’occhio �� cod 92540
Da bambino cosa sognavi di diventare?
Cowboy
Il primo sapore che ti ricordi.
Il latte condensato
Qual è il senso più importante?
Il gusto nella sua eccezione ampia, anche olfattiva
Il piatto più difficile che tu abbia mai realizzato.
Quello che ancora devo realizzare
Come hai speso il primo stipendio?
Aereo Catania Milano per andare a trovare mia moglie
I tre piatti da provare almeno una volta nella vita.
Pecora bollita di mio cognato Tore con le patate, le penne burro e ricci di Moreno Cedroni, tartare di lepre di Mauro Uliassi
Cosa non manca mai nel frigo di casa tua?
Formaggio, pomodoro e Gin
Qual è il tuo cibo consolatorio? Lo spaghetto al pomodoro
Che rapporto hai con le tecnologie? Amore e odio, le studio, le utilizzo ma non sono la mia priorità
All’Inferno ti obbligano a mangiare sempre un piatto: quale?
Zucchina bollita
Chi inviteresti alla cena dei tuoi sogni?
Mia moglie e i miei figli
Quale quadro o artista rappresenta meglio la tua cucina?
“Convergence” di Jackson Pollock
Se la tua cucina fosse una canzone quale sarebbe?
“La libertà” di Giorgio Gaber
giusta per farle crescere». Insomma, Apei e Conpait sono due realtà importanti che puntano sul territorio, sulle eccellenze, sulla formazione continua e sugli scambi di nozioni. Dinamiche e proposte congiunte, comunicazioni e dottrine univoche legate al mondo dolciario. Uniche, per certi versi. Un segnale più che incoraggiante ed entusiasmante, che accoglie le migliori professionalità e le eccellenze più esclusive della pasticceria e del mondo del dolce.
«Le imprenditorie più illuminate e i tecnici più sapienti, che intendono offrire la propria esperienza per la formazione, la diffusione, la promozione della cultura dolciaria, stagliandosi nel panorama come alveo di raccolta delle nuove leve e di tutti coloro che, nell’esempio coerente della dedizione tesa alla perfezione dei fondatori, vogliano raccogliere il testimone per affrontare le sfide del futuro precorrendo i gusti, le tecniche e l’estetica del nuovo orizzonte» - hanno dichiarato da Apei.
Massari, ha chiosato sull’importanza di investire nei prodotti locali all’estero: «Bisogna guardare ai cugini francesi. Da Nord a Sud abbiamo delle materie prime che sono invidiate da tutto il mondo. E noi che siamo italiani non ci crediamo e utilizziamo quelle stranie-
re. Direi che bisogna guardare alla nostra territorialità. Il nostro mercato non possiamo rivolgerlo solo agli italiani perchè siamo invidiati in tutto il mondo. E se portiamo questi messaggi al Ministero, riceveremo il loro appoggio». ▶�� cod 93489
Laboratori, gare, presentazioni, accordi e tesseramenti. L'appuntamento, tornato nella sua collocazione temporale ideale , come ha ricordato il presidente di Ieg Lorenzo Cagnoni alla cerimonia di inaugurazione, ha rafforzato ulteriormente il lavoro portato avanti dal presidente Angelo Musolino e da tutta la squadra associativa. «Queste giornate, in una delle fiere più importanti a livello internazionale, mostrano che Conpait può dare un contributo importante all'economia del Paese e alla crescita dell'intero settore» ha commentato a margine.
L'’obiettivo delle due associazioni è anche quello di occuparsi della formazione giovanile nel settore, che negli ultimi anni ha sofferto e ha visto un notevole calo d’interesse da parte delle nuove generazioni. «Con le scuole stiamo creando un protocollo con il Miur per specificare i docenti che potrebbero seguire i ragazzi - ha proseguito Musolino - Il personale c’è, ma non hanno la formazione giusta per far crescere un ragazzo».
Gino Fabbri, vicepresidente di Apei, che ha rappresentato in quest’occasione l’assente e presidente Iginio
E poi la soddisfazione enorme per la squadra italiana che ha trionfato alla Gelato Europe Cup. Il team tricolore composto dal coach Davide Malizia, Vincenzo Donnarumma, pasticcere, e Rosario Nicodemo, gelatiere, si assicura così la partecipazione alla decima edizione della Gelato World Cup. «Siamo estremamente felici per la partecipazione del maestro Malizia che subito dopo aver festeggiato la vittoria ha fatto tappa nel nostro punto ritrovo, ricevendo abbracci e complimenti» ha spiegato Angelo Musolino. Allo stand anche i protagonisti e la coppa in bella vista. Da qui l'annuncio: dal 2025 la Confederazione dei pasticceri d'Italia avrà l'onore di organizzare totalmente la competizione.
Ad essere omaggiati, con tanto di tessera ad honorem, anche la squadra italiana che si è classificata terza alla Coupe du Monde de la Patisserie. Martina Brachetti, Jacopo Zorzi e Alessandro Petito hanno ricevuto incoraggiamenti e plausi, insieme al coach Manuele Forcone che ha curato la direzione tecnica ed agli allenatori, già Campioni del mondo 2021, Massimo Pica, Lorenzo Puca e Andrea Restuccia. ▶�� cod 93593
«I docenti ci sono, ma non hanno la formazione giusta per far crescere un ragazzo»
AMPI, la storica associazione dei maestri di pasticceria, quest’anno celebra l’anniversario dei 30 anni dalla fondazione
L'Accademia dei Maestri pasticceri festeggia al Sigep un traguardo storico che coincide con l'avvio dell'attività del gruppo giovani. Per il presidente Sal De Riso la missione è fare crescere i pasticceri italiani
dell’Accademia e cosa chiedere di meglio che festeggiare al Sigep questo traguardo. Del resto questa è la fiera a cui AMPI partecipa da sempre
e stavolta lo fa con un grande stand ispirato al tema “Baking the future”, di fatto il palcoscenico internazionale da cui sono partiti i festeggiamenti con l’evento “Trent’anni di grande pasticceria italiana”. Uno stand che vede la partecipazione di Mulino Caputo, Julius Meinl e Consorzio dell’Asti Spumante e del Moscato d’Asti Docg.
Una grande festa aperta a pasticceri, autorità, espositori, amici e ospi-
ti in cui sono stati ripercorsi gli anni trascorsi e sono stati raccontati i progetti avviati nel nuovo corso dell’Associazione, come AMPI Giovani, il gruppo costituitosi lo scorso anno e composto da ragazzi e ragazze pasticceri, pastry chef e consulenti di pasticceria con età compresa tra i 20 e i 30 anni.
Sul palco, insieme al Presidente AMPI Salvatore De Riso, Corrado Peraboni (Ad Italian Exhibition Group Spa), Flavia Morelli (Manager Italian Exhibition Group Spa) e Giorgia Maioli (Manager italian exhibition group Spa).
Durante l’evento sono stati anche conferiti due importanti riconoscimen ti: Giuseppe Amato ha ricevuto la targa per aver portato con umiltà e grande personalità la pasticceria da ristorazio ne italiana alla sua massima espres sione, ottenendo il riconoscimento di migliore pasticcere da ristorazione del mondo; Denis Dianin, invece, riceve il riconoscimento di motore instancabi le di AMPI, punto di riferimento per ge nerosità e capacità professionali. Gra zie al suo impegno l’Accademia ha raggiunto traguardi che le hanno per messo di rafforzare la sua immagine nel panorama internazionale della Pa sticceria.
A dare il via al party celebrativo vero e proprio, che ha visto oltre 300 ospiti presenti, la degustazione di una monu mentale torta realizzata dai Maestri
AMPI (Diego Crosara, Giancarlo Cortinovis e Roberto Cantolacqua.) accompagnata da un brindisi con l’Asti Docg, servito sia in purezza che in miscelazione all’interno del drink iconico della Denominazione piemontese: Asti Signature Cocktail ideato dal flair bartender Giorgio Facchinetti. Per l’occasione sono state create delle magnum serigrafate e personalizzate di Asti Spumante e Moscato d’Asti con il logo dei 30 anni di AMPI.
«Compiamo trent’anni, siamo poco più che ragazzi, quindi, e come ragazzi siamo desiderosi di continuare, con ancora maggior impegno, in quella che è la nostra missione condivisa: comunicare e far crescere la pasticceria italiana. Siamo a Sigep grazie alla strada percorsa in questi tre decenni ma ci siamo, anche e soprattutto, perché animati dalla ferrea volontà di spingere sull’acceleratore e continuare a cre-
scere insieme. Il party è un momento di festa speciale ma, soprattutto, l’inizio formale di tutte le attività per il trentennio che animeranno quest’ anno sino a culminare nel grande Simposio pubblico di Milano che si svolgerà ad ottobre», dichiara il Presidente AMPI, Salvatore De Riso.
E aggiunge Paolo Sacchetti, Vicepresidente AMPI: «Durante questi trent’anni siamo cresciuti e abbiamo raggiunto la maturità. Sono stati tanti i progetti che abbiamo portato avanti insieme e quest’anno abbiamo lanciato il progetto AMPI Giovani. Si tratta di una vera e propria occasione costruttiva di confronto. Noi condividiamo con i giovani la nostra esperienza e la nostra professionalità, loro ci aiutano a guardare il mondo pasticceria in un’ottica più fresca e diversa. Si tratta di uno scambio di stimoli per continuare la nostra missione.»
Ricco il programma di attività allo stand, in collaborazione con AlmaLa Scuola internazionale di cucina italiana. Forte del suo ruolo di essere collettore di esigenze e stimoli a favore della crescita del settore AMPI ha proposto 18 demo tecniche in cui un Maestro AMPI, o un importante ospite, ha realizzato un prodotto di pasticceria, mentre un consulente di settore al suo fianco ne ha illustrato e analizzato gli aspetti economici, produttivi e di marketing (dal food cost al labour cost fino alla sostenibilità e il marketing). L’obiettivo è stato quello di stimolare un’evoluzione nella mentalità del professionista di pasticceria soprattutto alla luce della situazione congiunturale socio-economica. ▶�� cod 93537
Foto Carlo FicoIl dolce e gli aspetti economici e produttivi
di Francesca Tagliabue per conto di AMPI
Ci vuole il passo lento, per visitare Treviso, e conoscerne i tesori artistici più noti, ma anche gli angoli nascosti, per scoprire scorci originali e assorbire il ritmo placido di questa cittadina solcata dai canali. A Treviso, cuore di quella che fu definita la “Marca Gioiosa et amorosa”, in riferimento a una provincia che sapeva godere dei piaceri della tavola e tra le lenzuola, si
incontrano due fiumi, il Sile e il Cagnan. I corsi d’acqua scorrono tra le vie della città, che nel centro storico è chiusa dalle mura. Sui canali si specchiano palazzi con porticati ed eleganti affreschi, si passeggia tra vicoli e ponti per raggiungere il centro della città, con il Duomo, la Cattedrale di San Pietro Apostolo, e la Piazza dei Signori, che dal 1210 ospita il Palazzo dei Trecento. Con il canale dei Buranelli, dove le donne in passato lavavano i panni, e l’isola della Pescheria, realizzata nel 1856 nel Cagnan Grando, che ospita il mercato ittico cittadino di giorno ed è sede della locale movida alla sera. Il Duomo, sorto nell’anno Mille e
Con due punti vendita il maestro AMPI Massimo Albanese è il punto di riferimento per cittadini e turisti che cercano una pasticceria di qualità in Treviso. Da assaggiare la sua famosaMassimo Albanese
poi ricostruito nel Settecento, custo disce la Cappella la splendida Pala dell’Annunziata, dipinta da Tiziano. Seguendo il fiume Sile dal centro della città e uscendo dalle mura, si incontrano antichi mulini e splendide ville in collina.
All’inizio voleva fare il cuoco, Max Albanese veneziano di Mestre. Fin da piccolo e, nonostante la ma dre gli ricordi le difficoltà della professione, insiste nel frequentare l’istituto alberghiero a Castelfranco Veneto (Tv), dove si innamora del la vena artistica e della precisione proprie dell’arte pasticcera. Questa passione lo porterà a formarsi da maestri del calibro di Luigi Biaset to e Iginio Massari, che lo incorag geranno a guardare oltre quella che era la pasticceria tradizionale dell’epoca. Cresce l’entusiasmo e a 29 anni lo porta a rilevare il negozio con laboratorio dove aveva lavorato, a Treviso. Un cambio di nome per dare una svolta, e in città nasce la Pasticceria Max, che con le sue novità porta in città aria fresca e suscita la curiosità e l’interesse dei locali. Appena apre, il maestro Albanese alza subito la qualità delle materie prime utilizzate, inserisce novità come mousse, creme leggere, abbinamenti particolari, dà un nuovo taglio ai “soliti” classici e propone tagli insoliti con spezie e oggi una linea di biscotteria vegana.
Dopo diversi concorsi nazionali e internazionali, nel 2004 Massimo Al-
mia Maestri Pasticceri Italiani, nel 2007, con una mousse al cioccolato fondente, bavarese al Baileys, frolla integrale e croccante di sesamo dedicata alla figlia, Irene. «L’esperienza in AMPI è un punto molto importante, un’avventura bellissima che mette a confronto i colleghi, per altro preparatissimi, promuove scambi e incontri utili», spiega il maestro. Nel 2014 apre il secondo punto vendita, una boutique con caffetteria in centro, a due passi dalla cattedrale.
Treviso reclama i natali del tiramisù, considerato un dolce del territorio e uno dei più conosciti e amati al mondo, e il Maestro onorerà questa delizia tutta italiana vincendo la IV edizione del Tiramisù Day Challenge nel 2021, primo tra cento pasticceri.
mascarpone che sono tra i pilastri “dolci” della città: tra tutte, amatissima è l’opulenta e irresistibile “Bignolata”, a base di spumone al caffè e mascarpone, con piccoli bignè e gocce di cioccolato, che il figlio Emanuele, che nella bella stagione segue la parte gelateria, ha trasformato in un gelato al mascarpone che nasconde piccolissimi bignè e gelatina al caffè. L’incontro con il cioccolato e Frédéric Bau gli spalanca le porte del fantastico mondo della pralineria e oggi il maestro è celebre anche per le sue proposte in questo campo, che spazia dalle classiche fino a quelle salate. �� cod 93212
Ciro Cascella rappresenta Napoli fatta a persona. Trentadue anni, due figli, sa correre e guadagnarsi la vita. «Sono veracissimo - racconta - Un napoletano dei Quartieri Spagnoli, che è entrato in pizzeria all’età di 17 anni e non ne è più uscito. Amore a prima vista, primo e unico mestiere».
Tanta gavetta, soprattutto a Napoli, ma anche a Caserta e Roma, per diventare il maestro pizzaiolo che nel 2020 ha inaugurato nel cuore chic della città Pizza 3.0 Ciro Cascella. «Certo, ci si è messa la pandemia di mezzo, ma ci siamo fatti conoscere per il valore del prodotto. Faccio una pizza contemporanea, che mantiene però ben salde le radici nella tradizione, nell’anima partenopea», sottolinea. Non a caso utilizza le farine di Mulino Caputo. «La farina di Napoli, che rispecchia l’anima dei pizzaioli».
Il mulino di corso San Giovanni a Teduccio (Na) a livello simbolico rientra
anche nella formulazione dell’insegna, quel Pizza 3.0 che incuriosisce e stuzzica. «Sì - spiega Cascella - il numero 3 qui ha più matrici: tre sono le farine che utilizzo, 3.0 vuole rappresentare la nuova generazione e il futuro della pizza e poi c’è un riferimento a Massimo Troisi con il suo film “Ricomincio da tre”, per me un grande stimolo visto che le mie origini non affondano certo nel benessere».
Le tre farine “galeotte” sono la Oro, la Viola e la Blu di Mulino Caputo. La Manitoba Oro è una farina forte ad elevato valore proteico, la Viola garantisce lunghi processi di lievitazione, mentre la Blu favorisce impasti con idratazione.
«Con questi tre gioielli creo il blend 3.0 - annota
Ciro Cascella - La mia miscela per un impasto che prevede una fermentazione di 24 ore e una lievitazione di 12. Idratazione al 78%. Il risultato è una pizza leggera e digeribile.
Farine professionali e affidabili. La gamma che presenta Mulino
Caputo ti permette di scegliere la farina esatta per il prodotto che vuoi fare. E vai tranquillo».
La carta di Pizza 3.0 propone un’offerta di oltre 30 ricette a rotazione stagionale. C’è tanta creatività, ma altrettanta tradizione e identità territoriale. Emblematica il Cappello di Pulcinella, una pizza fritta chiusa stile Napoli antica con ricotta di bufala campana Dop, ciccioli di maiale presidio Slow Food, pomodoro San Marzano Dop, provola affumicata dei Monti Lattari, pepe nero macinato, for-
Ma quali sono le pizze nel cuore del
gherita è Napoli - dichiara - Ma mi sono molto affezionato alla rivisitazione della Marinara Dop, per cui utilizzo pomodoro San Marzano Dop, pomodorini del Piennolo del Vesuvio Dop, olive taggiasche, scarole saltate in padella, aglio rosso, origano del vallo di Diano, olio evo e basilico». Insomma, Napoli come centro di gravità permanente. Con un’eccezione centrifuga: l’apertura a Milano in febbraio del secondo Pizza 3.0 Ciro Cascella.
«Un locale gemello, ma più grande, con una novità di rilievo: la pizza senza glutine». �� cod 93781
A Torre Pedrera (Rn)
il locale fronte mare guidato da Daniele Sarti
propone un menu a base di pesce, i classici primi piatti regionali e una nutrita carta pizze. Il valore aggiunto di Polparicca e Cuor di Pomodoro
Le dinamiche della vita professionale di Daniele Sarti hanno ruotato intorno all’area giusta per avere successo. Intorno a questo polo di attrazione si sono sviluppate le sue attività. Siamo a Torre Pedrera, appena a nord di Rimini, in piena Riviera Romagnola. Qui Sarti dal 1991 guida un discobar sulla spiaggia, bere miscelato, musica e vita notturna sono il suo mondo. Il classico imprenditore della notte sull’Adriatico, che a un certo punto della vita e della carriera vira e cambia rotta.
«Dodici anni fa - racconta - ho dato a questi muri un’anima nuova e ho trasformato il locale nel Mirage Restaurant e Pizza. La passione per la cucina è stata determinante, unita anche alla consapevolezza che il tempo passa e la notte richiede energie particolari. Invariato l’affaccio sulla spiaggia». Invariata anche la dedizione professionale all’accoglienza. Mirage Restaurant e Pizza sviluppa un centinaio di coperti, che nella bella stagione vanno al raddoppio con la clientela, rinforzata dagli arrivi internazionali, che si gode pranzo e cena in riva al mare.
«Proponiamo un menu molto articolato in prevalenza a base di pesce - spiega Daniele Sarti - Certo, siamo in Romagna e non mancano i nostri classici primi piatti regionali. La carta pizze ne conta più di trenta, tra speciali, tradizionali e bianche». Con
un’impostazione di questo tipo, il pomodoro, giocoforza, è una materia prima cardine sia in cucina sia di fronte al forno.
«Fin dall’inizio il nostro punto di riferimento è Cirio Alta Cucina con le sue referenze - annota Sarti - Utilizziamo in abbondanza La Polparicca e Cuor di Pomodoro. Alta resa e valore aggiunto sono assicurati».
Morbida e invitante, La Polparicca è caratterizzata da cubetti piccoli e regolari in una densa salsatura. Grazie alla sua consistenza conferisce gusto intenso a ogni ricetta. Sulla piz-
za esalta la polposità del pomodoro fresco ed è eccellente anche per primi piatti, soprattutto a base di pesce o verdure. Cuor di Pomodoro è caratterizzato da polpa cremosa, corposità, resa, gusto intenso e condibilità. Ideale per piatti che vogliono esaltare il sapore deciso del pomodoro. Due referenze che nel locale di Sarti hanno trovato la massima espressione tra salse e ragù e sulle mille variabili che offre l’universo pizza. �� cod 92730
Mirage Restaurant e Pizza �� 0541 723093 �� www.cirioaltacucina.it
Nome scientifico
Acmella Oleracea
Noto anche come
Pianta del Mal di Denti, Fiore del Curaro o Sechuan Button
Caratteristiche
Proprietà analgesiche e anestetiche, totalmente naturali e prive di effetti collaterali.
In cucina e nei cokctail
Il fiore elettrico è commestibile, di colore giallo o giallo e rosso. Se masticato dà pizzicore, intensa salivazione e freschezza in bocca. La sensazione è anche quella di avere la lingua anestetizzata.
arlare di cocktail che danno la scossa elettrica potrebbe sembrare una stravaganza, ma così non è: sono, infatti, già passati 12 anni da quando l’amico Dario Comini, lanciava questa novità, oltre a tante altre, nel suo Nottingham Forrest di Milano, utilizzando quello che al tempo veniva chiamato “fiore di curaro” o “fiore elettrico”, ma anche conosciuto come “fiore di Sechuan”, il
famoso pepe, o “pianta dei denti”. In realtà il nome scientifico è: Acmella Oleracea, una pianta officinale commerciabile alla stregua della menta, anche se in realtà non ebbe mai una grande diffusione, forse per la difficoltà nel poterla reperire o per l’alto costo nel suo utilizzo.
Un prodotto naturale, originario di Paesi subtropicali, quali il Brasile, dove è conosciuto con il nome di Jambu. Si è poi diffuso anche in Africa e in Oriente, dove è divenuto popolare grazie ai navigatori portoghesi del passato. Il prodotto è facile da utiliz-
zare per decorare cocktail ed essere masticato prima di berli, essendo un fiore commestibile, oppure per farne infusi o sciroppi da utilizzare quali in gredienti nelle ricette di cocktail della moderna mixology. Questo fiore è re peribile on line, anche se oggi ne esi ste una interessante produzione di al tissima qualità in Italia: Archè è un'a zienda che produce il fiore elettrico, coltivandolo in serra con un impianto acquaponico, con tecniche di agricol tura organica, fertilizzando e irrigando i fiori con acqua contenente le deie zioni dei pesci (la Carpa Koi) e trasfor
mando l’acqua con un filtro batterico in un perfetto nutrimento per i fiori. L’acqua purificata ritorna poi ai pesci, in un ciclo definibile come orticoltura circolare.
Dopo averlo masticato, la prima sensazione è quella di avvertire un sapore piuttosto acido, iniziando a stimolare le ghiandole salivari, dopo alcuni secondi inizierà un effetto analgesico e anestetizzante che sarà avvertito sulle gengive prima, sulla lingua e poi in tutta la bocca. Grazie alla intensa salivazione, induce lo stimolo della digestione. Aiuta, inoltre, chi è a dieta, in quanto contribuisce a smorzare la fame velocemente, sempre grazie alla intensa salivazione procurata. Il fiore poi altera la percezione dei sapori, migliorandone il gusto percepito sia degli alcolici sia dei cibi, essendo questo fiore già utilizzato da molti chef.
dalle multinazionali che lo producono in quantità industriali per la ristorazione e la medicina, ma che fornirà un prodotto di maggior qualità e intensità sensoriale.
Il fiore oggi può essere acquistato on line, anche se dal 2016 è stato commercializzato in alcuni mercati agri coli. Sicuramente la tipologia oggi prodotta e commercializzata in Italia è quella di maggior qualità per l’utiliz zo nel bere miscelato. Può durare 5/7 giorni in frigorifero a 5/6 gradi, se con servato fresco nel reparto verdura, ma è possibile congelarlo e conservarlo cosi per lungo tempo, scongelandolo poi all’occorrenza.
Non sono note controindicazioni al suo utilizzo, non si conoscono intolle ranze o allergie riscontrate in lettera tura, anche se ciò non è da escludere. Ovviamente deve piacere il piccante.
• 60 ml. London dry gin
• 0,5 ml. Vermouth dry
• 0,5 ml. Blu curacao
• Mix and strain, coppa a cocktail
• Twist di limone
• Un fiore elettrico in accompagnamento da degustare sorseggiando il drink.
Il fiore dal colore giallo ha un bell’aspetto e può essere appoggiato al bicchiere con una mollettina, oppure accompagnato al cocktail su un piattino. Lo si può accostare con qualsiasi cocktail, oppure con delle ricette originali inventate appositamente. Andrà fatto lo storytelling dell’abbinamento del cocktail al fiore, spiegando al cliente le sensazioni che andrà a scoprire. Potranno anche essere preparati infusi con il fiore o sciroppi lasciandolo in macerazione o in alcolati o in infusione a caldo con uno sciroppo di zucchero, oppure con la tecnica di osmosi nel sottovuoto.
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In occasione del 6° Convegno Nazionale troviamo il tempo per intervistare Tiziana Cesena. Ci incuriosisce la giovane età, ma anche il piglio deciso e determinato. Tiziana ha vent’anni è socia Accademia (con meno di 5 anni di esperienza nel settore) di Abi Professional. Lavora a San Martino Siccomario, in provincia di Pavia. Il locale di chiama Madeira: è moderno e multifunzionale, anche se la sua impostazione è più legata all’intrattenimento serale. Tiziana prepara le bevande e i cocktail e non è intimorita dall’età dei clienti, così come dalle loro richieste. L’approccio al bancone del bar arriva durante il
periodo degli studi. Tiziana, che frequenta un professionale di economia aziendale, si trova a dover monetizzare, facendo degli extra in un locale vicino a casa, a Borgonovo Ticino, La Corte.
Lì conosce Andrea Usberti (attuale coordinatore dell’Emilia-Romagna per Abi Professional). Andrea la nota e la vuole per lavorare sul banco bar. Tiziana si rende conto che gli piace stare al bar e preparare le bevande, al punto che decide di fare un corso professionale con Abi Professional.
Chiediamo a Tiziana cosa ne pensi dell’associazione e per quale motivo una giovane barlady debba farne
parte: «Far parte di un’associazione significa entrare in una grande famiglia. Una famiglia è solidarietà, condivisione, ma anche saper sacrificarsi e dare sempre il meglio rappresentandola». E ancora, le chiediamo, cosa farebbe, se ricoprisse dei ruoli importanti nell’associazione: «Cercherei di far concorrere tutti, soprattutto i giovani. Poi cercherei di creare momenti di studio, ma anche di aggregazione in modo da consolidare le amicizie, sentirci più forti è un modo per sentirci più sicuri e uniti».
In Abi Professional esiste anche un gruppo numeroso di barlady che fanno parte di Abi in rosa: «È la cosa che mi è piaciuta di più, queste barlady si prestano volontarie a iniziative a scopo benefico e questa è una cosa che fa onore a loro e all’associazione. Spero di avere presto l’occasione di far parte dei loro progetti».
Qual è il futuro di Tiziana? «Farò la stagione invernale a Cervinia all’Excelsior Planet, poi questa estate andrò all’Hotel Hermitage dell’isola d’Elba. In tutte e due le esperienze collaborerò con due grandi professionisti Ernesto Molteni a Cervinia e Marco Giovarruscio all’Elba».
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• 30 ml Genepì Ottoz
• 30 ml Galliano
• 20 ml Crema Cacao chiara Bols
• 20 ml Camomilla distillata
Valdoglio
Colore giallo ovviamente con un gusto dolce aromatico. Può essere servito freddo dopo cena d’estate, ma anche caldo: sarà quello che proporrà a Cervinia.
Un altro anno è finito e per molti operatori del settore Food&Hospitality doveva essere l’anno della ripresa dopo la pandemia. Tutti speravamo nel cosiddetto annus mirabilis. Purtroppo, il 2022 ci ha proposto un altro evento drammatico che rischia di trasformarsi nel colpo di coda determinante per tantissime attività. La guerra in Ucraina non solo ha scatenato una serie di problemi con conseguenze gravissime, ma sta svolgendo il ruolo di catalizzatore che ci costringe a cercare e direi, finalmente, “mettere a terra” soluzioni che da tempo dovevano trovare applicazione nei nostri modelli di business.
Esattamente un anno fa, gli esperti e gli analisti definivano il 2021 annus horribilis (anno orribile) che ha
registrato diversi record negativi, tra i quali spiccano i dati sulle nuove aperture di attività nel settore della ristorazione: 300 in meno rispetto al 2020, e meno della metà rispetto a 10 anni fa. Nel 2021 hanno avviato l’attività
8.942 imprese, mentre poco meno di 23mila l’hanno cessata. Il saldo è negativo per quasi 14mila unità. Resta, quindi, elevato il turn over imprenditoriale nel settore. (fonte Ristorazione 2021 - Rapporto annuale Fipe).
È ancora presto per dire quale sarà il saldo a fine 2022, ma basta guardarsi intorno per percepire i risultati che non promettono grandi soddisfazioni. Se l’estate bollente che abbiamo vissuto ha visto tanti imprenditori entusiasti dall'impennata di prenotazioni, la doccia fredda arrivata con le bollette energetiche ha spento il fuoco della speranza di una ripresa significativa.
In questo complesso scenario, che ne sarà del 2023? Se fate un velo-
ce giro sul web, troverete diversi trend che cavalcano in primis il concetto di sostenibilità ambientale, condito con innovazioni digitali e contornato dalle diverse esigenze dei consumatori. Personalmente penso, che salvo alcune previsioni, ponderate con analisi e studi seri, la maggioranza di questi trend inevitabili - secondo i loro autori - non sono altro che sforzi di marketing che hanno come unico scopo quello di far parlare del brand o del prodotto.
I lettori attenti notano anche che, per quanto riguarda i cosiddetti trend salutistici, cioè le tendenze che evidenziano la crescita dei consumi dei prodotti vegetariani, vegani e plant based, spesso nascondono una mera azione volta a dirigere le scelte dei consumatori verso prodotti definiti come buoni ed ecosostenibili, ma la
Il miglior proposito per quest'anno è quello di focalizzare l'attenzione sul valore delle persone sia come lavoratori sia come consumatori, in altre parole dare valore vero alla “filiera della professionalità”
realtà ci dice un'altra cosa. Produrre hamburger vegetali, bevande sostitutive del latte o tantissimi dei prodotti etichettati come “free from” oppure “clean” richiede processi produttivi che difficilmente possono passare come rispettosi verso l’ambiente, per non parlarne poi della necessità di aggiungere stabilizzanti, emulsionanti, conservanti e altri additivi che rendono alquanto sfumato il concetto di cibi salubri e naturali.
Un altro esempio in questa direzione sono gli imballaggi alimentari. Tralasciando le numerose polemiche più o meno corrette sulle recenti novità della Ppwr (Packaging and packaging waste regulation - adottata dalla Commissione Europea lo scorso 22 novembre) volta a promuovere riduzione, riutilizzo e riciclo degli imballaggi, è doveroso ammettere che innovazioni e trend futuri avranno un impatto positivo sui conti economici delle aziende, mentre quello sull’ambiente sarà tutto da valutare.
Questo genere di novità inizia ad infastidire anche i consumatori, più attenti e capaci di informarsi su ciò che comprano e mettono sulla tavola. Aumentare i prezzi dei prodotti con la scusa dell’introduzione di un imballaggio ecosostenibile piace poco, soprattutto se contenitore e imballo, oltre a essere ingombranti nello smaltimento, costano più del prodotto che avvolgono. Dicendo ciò non voglio essere pessimista nè tanto meno sminuire gli sforzi che sta facendo l’industria sulla strada della svolta verso un’economia sostenibile e circolare. Possiamo discutere se sia meglio ridurre, riutilizzare o
riciclare gli imballaggi, ma la sopravvivenza e la crescita degli operatori del settore non si può rinchiudere tra le mura della scatola legislativa che spesso risulta poco connessa con le problematiche reali del mercato.
La luce che personalmente intravedo nel fondo del tunnel sta in un consapevole e mirato ritorno alle radici e agli approcci imprenditoriali che si basano su quattro pilastri fondamentali: le cucine a km0 e filiera corta del territorio, la qualità al posto della quantità, il servizio professionale. Il tutto governato da un sistema efficiente di controllo informatico della gestione operativa che, a fronte di un budget sostenibile dell’attività, permetta di prevenire e aggiustare in tempo reale eventuali deviazioni inaspettate di costi e ricavi. La tanto decantata food experience perde qualsiasi valore, se non accompagnata da un servizio organizzato e attento che vede le persone al centro della cultura d’impresa e della qualità.
Ciò non significa però bandire le innovazioni e l’applicazione di nuove
tecnologie di produzione e conservazione o le nuove forme di ospitalità. Tra le innovazioni che ci attendono nei prossimi anni, ormai in fase di immissione sul mercato o di sperimentazione avanzata in vari Paesi del mondo, sicuramente vedremo lo sviluppo dei “novel food”, ovvero i nuovi alimenti o i nuovi ingredienti alimentari di origine vegetale e animale (insetti e microalghe) e della “cultured meat", ovvero la carne coltivata originata dalle cellule staminali.
Ma il miglior proposito per il nuovo anno è quello di riportare al centro delle nostre aspirazioni il fattore umano, il valore delle persone sia come lavoratori che come consumatori, in altre parole dare valore vero alla “filiera della professionalità”. Chiudo con la celebre frase dal libro “Fisiologia del gusto” di Anthelme Brillat-Savarin pubblicato nel lontano 1825“Gli animali si nutrono; l'uomo mangia; solo l'uomo di spirito sa pranzare”.
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Per informazioni:
www.giubilesiassociati.com
La temperatura ed il tempo di esposizione di un alimento sono fondamentali per assicurare alimenti idonei al consumo umano e non pericolosi. Il pericolo microbiologico è rappresentato dallo sviluppo di microrganismi alterativi e patogeni che a seconda della specie e della famiglia mostrano una specifica resistenza termica.
Essi si suddividono in:
• mesofili, cioè si riproducono tra circa i 7°C ed i 45°C;
• termofili, cioè sviluppano tra circa i 20°C-65/70°C
• psicrofili, cioè sviluppano tra circa i -10°C-20°C
In realtà la temperatura non rappresenta l’unico parametro che inci-
de sullo sviluppo di batteri, ma altri parametri intervengono nel creare condizioni favorevoli o sfavorevoli allo sviluppo e sono: pH ed attività dell’acqua (Aw).
La temperatura rappresenta, tuttavia, un parametro che non è controllabile come il pH e l’Aw per mezzo della ricettazione dell’alimento, ma solo tramite fattori esterni e quindi applicabile a qualunque preparazione senza doverne alterare le caratteristiche (se non lo stato fisico).
Ogni microrganismo possiede, pertanto, una resistenza termica definita che è correlata alla temperatura di crescita ottimale. L’esposizione a una temperatura per un determinato periodo di tempo permette quindi di controllare i parametri di crescita di eventuali patogeni come, ad esempio, la Listeria monocytogenes o la Salmonella spp. Di Listeria ne abbia-
mo sentito parlare molto ultimamente nei media a causa delle contaminazioni che sono emerse in alcuni stabilimenti produttivi, che hanno comportato la messa sul mercato di alimenti contenenti il ben noto batterio con conseguenti morti tra i consumatori.
La refrigerazione prevede la conservazione a temperatura compresa tra 0-4°C, mantenendo gli alimenti in un range di temperatura che rallenta lo sviluppo di gran parte dei microrganismi, mentre il congelamento ed il surgelamento operano a -18°C, temperatura alla quale lo sviluppo microbico si arresta. Ma congelamento è sinonimo di surgelamento? E nelle nostre
cucine congeliamo o surgeliamo?
Un prodotto è congelato quando arriva a -18°C al cuore in un tempo anche piuttosto lungo. È ciò che avviene in un freezer domestico o della ristorazione: ci vogliono più di 24 ore, a seconda di quanto prodotto c’è nell’attrezzatura, per arrivare al risultato voluto.
Un alimento è surgelato quando riesce ad arrivare alla temperatura di cristallizzazione massima (-7°C) nel più breve tempo possibile. Una linea giuda IIAS (Istituto Italiano Alimenti Surgelati) propone le tempistiche entro le quali mantenersi a seconda della pezzatura dell’alimento al fine di poter definire o meno il prodotto surgelato. È ciò che avviene quando viene impiegato un abbattitore a sonda. Il controllo della temperatura in queste fasi interviene sulla conservabilità di un alimento senza nessun effetto di “bonifica” sulla popolazione microbica già presente, in quanto a -18°C i microrganismi entrano in una fase dormiente.
Esso, dunque, è utile non solo per trasformare la preparazione e renderla gradevole al palato, ma anche per renderla sicura e portare alla morte termica i potenziali patogeni presenti.
Le cotture possono essere effettuate in svariati modi (forni, fornelli, al vapore, fritture, griglia…) e, se op-
portunamente controllate in termini di tempo/temperatura applicata, permettono di raggiungere l’obiettivo di sicurezza alimentare. Per essere sicuri di condurre efficacemente tale processo occorre raggiungere i 70°C al cuore per due minuti. E ciò vale anche nella fase di riscaldamento di un alimento.
Se si abbassano le temperature di cottura, si allungano i tempi e viceversa. Tale temperatura si raggiunge automaticamente in cotture in umido, bolliti, fritture, alla piastra o alla griglia, mentre nella cottura al forno il raggiungimento non è sempre scontato; pertanto, sarebbe opportuno verificare la temperatura al cuore del prodotto mediante termometro a sonda.
In caso di preparazioni in anticipo, occorre effettuare un raffreddamen-
to rapido (possibilmente tramite un abbattitore di temperatura) per poi posizionarli nel frigorifero. L’abbattitore è uno strumento fondamentale che permette di controllare e velocizzare le tempistiche di raffreddamento, impedendo la permanenza dell’alimento in un range di temperatura intermedio che rappresenta il range ideale per lo sviluppo microbico.
Il raffreddamento lento come lo scongelamento a temperatura ambiente costituisce un pericolo non solo per lo sviluppo microbico ma anche per la germinazione di spore o la liberazione di tossine. Se gli alimenti cotti vengono mantenuti a caldo fino alla somministrazione occorre invece mantenerli a 60- 65°C al cuore, sempre per stare al di sopra del range di temperatura favorevole agli sviluppi microbici.
Adeguati strumenti di misura come le sonde termometriche opportunamente tarate, assicurano il controllo di potenziali pericoli invisibili ad occhio nudo che possono però provocare, oltre ad alterazioni organolettiche degli alimenti, le cosiddette malattie a trasmissione alimentare (MTA). �� cod 92812 Per informazioni: www.pigaservice.it
L’esposizione a una temperatura per un determinato periodo di tempo permette di controllare i parametri di crescita di patogeni come, ad esempio, la Listeria o la Salmonella
un grande vino. La tartare di manzo è una portata d’élite nella nostra tavola e il compagno perfetto che vi permetterà di ottenere l’effetto “wow” è sicuramente il Marzemino Superiore della linea d’elezione Musivum siglata Mezzacorona.
Musivum (dal latino “mosaico”) è il progetto che va a valorizzare ed esaltare i singoli vigneti del territorio trentino che si distinguono per quali-
dienti che in vigna permettono di ottenere uve pregiate e di qualità unica.
Non convenzionale, il Marzemino Superiore Musivum Mezzacorona si rivelerà sorprendente, caratterizzato da un sorso ricco e pieno al palato, esaltato da note aromatiche che spaziano da un frutto maturo e caldo come la prugna e la marasca, richiami balsamici di eucalipto e coriando-
Un grande vino che con la sua struttura accompagnerà perfettamente la ricchezza del piatto e che con i suoi aromi darà enfasi e slancio agli ingredienti che lo arricchiscono. Inoltre, da non sottovalutare l’occhio che vuole la sua parte: il packaging moderno e accattivante Musivum sarà grande impatto per l’effetto sorpresa dei vostri ospiti.
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Musivium è il progetto di valorizzazione dei vigneti più pregiati di Mezzacorona: rese molto limitate e modalità e tempi di vendemmia dedicati, donano uve pregiate di qualità unica e affinate in cantina solo nelle migliori annate e in edizioni limitate. Il Marzemino si esprime con un intrigante profilo aromatico che spazia dal frutto maturo e caldo (prugna e marasca), a una speziatura di eucalipto e coriandolo con contorno di note balsamiche e di mandorla. Al palato offre una struttura fitta, ma delicata e una freschezza di frutto in retrogusto che lo rende un grande rosso.
Ricetta
dell'executive chef Stefano Goller, presidente dell’Associazione Cuochi TrentiniIngredienti (per 4 persone): filetto di manzo g 500, Trentingrana grattugiato g 100, tuorli d’uovo g 80, nocciole tostate g 70, cipolla rossa g 60, senape rustica g 30, semi di lino g 25, prezzemolo tritato g 20, olio extra vergine d’oliva q.b. e sale e pepe di macinino q.b.
Preparazione: per prima cosa, tagliare a coltello il filetto di manzo e porlo in una ciotola. Tagliuzzare, quindi, le nocciole tostate e aggiungerle ai cubetti di carne. A questo punto saranno da aggiungere: la cipolla rossa tritata in precedenza, la senape rustica, il prezzemolo tritato e i tuorli d’uovo. Condire con dell’olio extra vergine d’oliva, sale e pepe di macinino. Lavorare il tutto finché risulterà un impasto omogeneo. Fare, quindi, riposare per una mezz'oretta in frigorifero per insaporire bene. Per preparare le cialde: porre un coppapasta su un foglio di carta da forno, cospargere con Trentingrana grattugiato mescolato a dei semi di lino e cuocere per qualche decina di secondi in forno a microonde a potenza massima.
Togliere, quindi, dal forno a microonde e fare rapprendere il formaggio. A questo punto creare dei medaglioni con la carne condita, da racchiudere fra due cialde di Trentingrana. Porre il composto al centro del piatto e guarnire con gli ingredienti utilizzati per la ricetta.
Nel Belpaese difficilmente si rinuncia alla colazione, sia a casa, sia al bar, sia in albergo: a dichiararlo è il 91% degli italiani, che quando è in viaggio si lascia tentare anche dalla colazione continentale
Gianluca PirovanoAcasa, al bar, in hotel, ovunque si voglia, la sostanza non cambia: non può essere una buona giornata se non parte con un’ottima colazione. D’altronde certi ritornelli, che ci vengono ripetuti fin da quando siamo bambini, hanno sempre un fondo di verità. E, allora, chi non si è sentito dire almeno una volta che “la colazione è il pasto più importante della giornata”? In Italia, poi, l’attenzione sul tema è massima e sempre crescente.
Il nostro Paese, come d’abitudine, è molto conservatore e lascia che ancora dominino cornetto e cappuccino (o caffè) al bar, ma non disdegna esperienze nuove, che spaziano nel campo del salato e, soprattutto, nel mondo vegano. Ma procediamo con ordine…
“Il pasto più importante della giornata”, secondo gli esperti, dovrebbe fornire tra il 20 e il 25% del fabbisogno energetico giornaliero. Per questo motivo, sarebbe opportuno dedicare alla colazione almeno un quarto d’ora: questo tempo aiuta il corpo a rimettersi in moto riattivando metabolismo e neuroni e ad acquisire
il giusto apporto calorico dopo il digiuno notturno.
Lo schema
per una colazione perfetta è abbastanza semplice. Il primo pasto della giornata dovrebbe essere composto da una fonte di carboidrati (pane, cereali, gallette di riso, fiocchi d’avena, ecc.), da una fonte di proteine (latte, yogurt, uova, salmone, prosciutto, ecc.), da una fonte di grassi “buoni” (frutta secca, cioccolato fondente, burro di arachidi, ecc.) e da una fonte di vitamine (frutta o verdura di stagione).
Ma gli italiani rispettano questi dettami? Partiamo da una certezza: nel Belpaese difficilmente si rinuncia alla colazione. Il 91% degli italiani dichiara, infatti, di non poterne fare a meno.
Certo, poi ognuno ha le sue esigenze e i trend internazionali, uniti a orari di lavoro più flessibili e ai cambiamenti portati da due anni di pandemia hanno cambiato anche le abitudini di un Paese storicamente conservatore come il nostro.
Nessuna rivoluzione, almeno non ancora. In generale, la colazione è diventata più
abbondante, ma a dominare sono ancora i prodotti della tradizione. Il primo pasto della giornata è, infatti, a base di latte, caffè, biscotti, croissant e cereali. Si è registrato un aumento dei consumi di confetture (+1,9%) e delle intramontabili merendine (+1,2%), a cui si associa di contro una sempre maggiore attenzione agli aspetti salutistici.
A subire l’aumento maggiore sono stati, infatti, i biscotti integrali, senza zuccheri e in generale ritenuti salutari (+6,4%). In calo, invece, le vendite di fette biscottate (-0,4%) e di yogurt (-2,3%). Curioso, in questo senso, registrare l’aumento dei consumi di yogurt biologico, a ulteriore testimonianza di una sempre maggiore attenzione agli aspetti legati alla qualità del cibo.
Un discorso a parte lo merita il latte. Se, come detto, ancora gioca un ruolo da protagonista nelle colazioni italiane, il latte vaccino ha fatto registrare una contrazione importante, del 7,4%. Il motivo è da ricercare soprattutto nella forte crescita della dieta vegana, che non prevede quindi il consumo di prodotti di origine animale.
Non è allora un caso che a fronte della diminuzione dei consumi di latte vaccino faccia da contraltare l’aumento esponenziale delle be-
La giusta colazione per iniziare al meglio
vande vegetali, che hanno fatto registrare un notevole +23%. Una novità assoluta per le abitudini italiane che sono però dure da scalfire.
Ne è un esempio la colazione salata, che non sembra proprio voler sfondare. Gli italiani continuano a preferire quella dolce e si avventurano sull’altra sponda soltanto in occasioni speciali, spesso quando viaggiano (ma lo vedremo dopo).
Tutti al bar: cornetto
Ormai l’avrete capito, per gli italiani le tradizioni sono dure a morire. E tra queste, c’è la tradizione della colazione al bar. “Un cornetto e un caffè” o “Un cornetto e un cappuccino” sono le frasi con cui inizia la giornata di molti.
Certo, la crisi energetica e delle materie prime e, prima ancora, la pandemia, hanno fatto aumentare i prezzi e allontanato qualche cliente, ma si tratta di una fase destinata a esaurirsi. Anzi, per assurdo il Covid ha portato un’eredità positiva: la gente si è abituata a dedicare più tempo alla prima colazione e questo ha fatto sì che la finestra dedicata alle colazioni nei bar
e nelle pasticcerie si sia allungata. La conseguenza? Un aumento dello scontrino medio. Una questione non di certo di secondo piano se si considera che in Italia circa il 30% dei bar si dedica in prevalenza proprio alla prima colazione, vale a dire che concentrano al mattino almeno il 70% delle loro presenze giornaliere.
A emergere è una tendenza in particolare, che già aveva fatto capolino negli anni scorsi, vale a dire il consistente aumento dei frequentatori di bar pasticcerie.
Si tratta, senza dubbio, della conferma di quanto abbiamo già scritto: il cliente, che non rinuncia alla colazione al bar,
cerca sì la tradizione, ma con una spiccata attenzione alla qualità.
Ma se, tra la casa e il bar, l’italiano è poco avvezzo ai cambiamenti, c’è invece un luogo che viene spesso utilizzato per sperimentare e per avventurarsi in colazioni nuove, distanti dall’abitudine: stiamo parlando dell’albergo. Quando si è in viaggio, infatti, si è più disposti a uscire dai soliti binari e così ci si lascia tentare, soprattutto dalla colazione continentale o all’americana, con uova, salumi, formaggi, ma anche waffle, pancake, porridge e legumi, rigorosamente a buffet.
Una tendenza che trova conferma nei numeri: per il 73% degli italiani la colazione a buffet è un “must have” di una vacanza e quasi il 65% spiega come proprio la colazione sia uno degli elementi fondamentali che si prendono in considerazione al momento della prenotazione.
E così è naturale che l’87% degli italiani confermi di “sfruttare al massimo” la colazione a buffet, facendo anche più viaggi verso i tavoli per assaggiare le varie proposte.
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Da un lato c’è il pane, che richiama immediatamente all’idea di una colazione casalinga, tradizionale, immediata. Dall’altro c’è, di contro, il croissant, anch’esso a suo modo simbolo della colazione all’italiana, ma declinata al fuori casa, che sia al bar o in hotel. Due mondi per certi versi distanti, pane e croissant, ma che obbediscono a dinamiche molto simili.
Entrambe, infatti, vedono una prevalenza del surgelato nella loro offerta ed entrambe stanno facendo i conti con una sempre maggiore richiesta di attenzione agli aspetti legati alla salute che nel concreto si traducono in ricerca da parte delle aziende e in un’offerta che si amplia soprattutto con proposte healthy.
Se si parte dalla fascia alta, ci si trova a fare i conti con la gestione delle colazioni negli hotel a 5 stelle, unica per attenzione e qualità del prodotto. Negli hotel di lusso arriviamo ad avere fino a 8 tipi di brioche e croissant (vuota, crema, cioccolato, pan chocolate, integrale con confettura di lamponi, trecci-
na alle noci, girella con crema e uvet ta). Tutto proviene dal pastry chef che usa sempre farine italiane, ma burro francese o tedesco. La quantità? La sera dalla direzione centrale arrivano i numeri delle colazioni e quindi il nu mero viene calcolato, a questo viene aggiunto il 5 per cento per gli imprevi sti. L’impasto viene messo nell’impa statrice e fatto lievitare fino la mattina dopo. Nel caso del Four Seasons dopo la pandemia è stata fatta la scelta di dare la colazione solo à la carte, in questo modo la direzione ha più con trollo sulle quantità e sugli sprechi. Il pastry chef prepara sei tipi di brioche: croissant liscio, pain au chocolat, in tegrale al miele, turbante (tipo girella), croissant speciale con una crema alla vaniglia e una foglia d’oro, la veneziana e il panettone prodotto dal pasticcere interno.
All’Hotel Les Neiges d’Antan di Cervinia (Ao) il pastry chef prepara solo un tipo di croissant vuoto: «ne proponiamo solo uno, ma la clientela ha a disposizione una serie di marmel late fatte in casa di mirtilli, lampone… Tutta frutta a chilometro zero, anzi abbiamo creano appositamente un mobile con 40 tipi di prodotti tutti
biologici, dove la clientela può attingere a piene mani. La farina? Trattiamo solo farine di qualità, accuratamente selezionate», spiega il proprietario Ludovico Bich. Nella maggior parte delle strutture sono previste anche formule vegane a queste vanno aggiunti anche croissant gluten free, che si accompagnano a una vasta selezione di dolci senza glutine, dalla ciambellina alla torta. Questo vale anche per i bar che si orientano in due diversi modi, se parliamo di fresco. C’è chi si affida a produttori esterni e chi, invece, produce in prima persona. In questo caso parliamo di bar pasticcerie, anch’esse protagoniste di una crescita esponenziale tra le preferenze degli italiani, a conferma di come la ricerca della qualità sia tra gli indicatori da tenere presenti.
Nel mondo dei croissant surgelati: ce n’è per tutti i gusti
Fresco non è per forza sinonimo di qualità. Anzi, esistono prodotti surge-
Primini ReCacao, cornetto con lievito madre fresco di Cupiello con impasto bicolore
lati in grado di offrire al consumatore un’esperienza di alto livello. E per fortuna, ci viene da dire, considerato che, almeno per quanto riguarda i croissant, i surgelati rappresentano una fetta molto importante del mercato.
La maggior parte degli hotel e dei bar propone croissant surgelati. Alcune aziende hanno in catalogo i top di gamma: croissant con lievito madre fresco, farciti con confettura (senza aromi) di albicocca, nocciola e crema, oppure la versione vegana vuota o vegana integrale. L’alternativa, molto apprezzata nell’ultimo periodo sia al bancone sia nei buffet degli alberghi, è senza dubbio la farcitura al momento, su cui diverse aziende hanno puntato. È il caso, per esempio, Menz&Gasser, che lo scorso anno ha lanciato Jam in Jar, uno strumento pensato per i buffet, con l’obiettivo di valorizzare la confettura sul banco della colazione, eliminare il packaging non necessario e garantire la salubrità del . Con Jam in Jar gli alberghi possono garantire al cliente la possibilità di farcire sul posto il suo croissant con i prodotti Menz&Gasser che
Restando in tema di farcitura, interessante anche la proposta di Eurovo, che ha presentato la sua crema
pasticcera pronta fresca mantenere uno standard costante e adatta sia alle preparazioni della cola zione negli alberghi sia
Vai cereali: la tendenza salutistica
D per tutti i gusti.
Cornetto farcito ai mirtilli con impasto di farina integrale e curcuma della linea ReB di Forno D'Asolo
Jam in Jar di Menz&Gasserpiello che nel suo catalogo raccoglie più di 50 referenze sono pensate esplicitamente per gli hotel: «Si tratta delle versioni più pic cole - spiega l’azienda - Quelle tra i 20 e i 50 grammi. Usiamo soltanto farine italiane e prodotti privi di conservanti. Una volta in forno diventano volumi nosi e hanno un grande impatto visi vo a fronte di un costo competitivo».
Una proposta simile a quella of ferta da Forno d’Asolo. L’azienda trevigiana ha una gamma comple ta di croissant da 35/40 grammi. «I prodotti surgelati sono ideali perché consentono di non avere scarti di prodotti - sottolinea Andrea Ghir landa, branda manager infornata avviene al mattino presto: in genere gli hotel possiedono dei for ni, in caso contrario ne forniamo uno Smeg con 4/5 ripiani per scaldare 4/5 cornetti la volta».
tendenze di cui abbiamo già parlato, che strizzano l’occhio al mondo vegano e salutistico. «L’area vegana è in costante crescita e i suoi prodotti hanno un gusto allo stesso livello di quelli tradizionali - prosegue Ghirlanda - Noi lavoriamo molto sulle brioches e sui croissant in questo senso, ma anche su proposte alternative, con torte e tortine monoporzione e con (eccola che ritorna, ndr) la farcitura sul posto, che oltre a rendere il servizio al bar più spettacolare, permette di alzare il prezzo del prodotto e di avere una buona marginalità».
Per capire l’importanza di questo filone, basta analizzare le scelte delle aziende. Su tutte Bindi, tra i punti di riferimento per i prodotti surgelati di qualità al servizio di bar e alberghi.
All’ultimo Sigep l’azienda lombarda ha presentato due nuovi prodotti: un
croissant vegano al grano saraceno con gocce di cioccolato e mirtilli e un ciambellone vegano al grano saraceno con gocce di cioccolato e fiocchi d’avena. «Quella vegan è una tendenza che vogliamo cavalcare - ha confermato Antonio Balestrieri, brand and product manager di Bindi - Benessere e salute sono al centro delle richieste dei consumatori e gran parte dei nostri prodotti per le colazioni sposano questa linea».
E se si parla di salute, non si può non citare Dr. Schär. La sua proposta gluten free riguarda anche i croissant surgelati. L’azienda altoatesina produce, infatti, i Croissant à la francaise Schär, di pasta sfoglia senza glutine, da scaldare e accompagnare a marmellate così come a formaggi e affettati, grazie al loro sapore neutro. Il buon apporto di fibre li rende, oltretutto, un prodotto interessante anche dal punto di vista nutrizionale.
Croissant á la française di Dr. Schär Foodservice
Per il cliente la colazione in hotel è un momento di relax e di scoperta an che di prodotti di nicchia e ricercati. Per Pierluigi Sapiente, pastry chef di Molino Grassi: «Offriamo una linea biologica, frutto di ricerca sul grano prettamente italiano e abbiamo farine tecniche per prodotti dolciari, a cui è dedicata una linea specifica
Il momento della colazione si sta evolvendo e che ciò registriamo è un ritorno alla semplicità e un'attenzione crescente per i prodotti salutari». Sul tema della prima colazione interviene anche Mauro Serioli, commerciale di Molino Braga: «La colazione all'italiana è sempre molto amata con prodotti che vanno dalla classica brioche al croissant sfogliato. Noi proponiamo il mix cornetto, a cui si può integrare il multicereali».
La prima colazione è un tema particolarmente caro anche per Molino
Dallagiovanna, tanto che ha presen tato il progetto “La faccio all’italiana”: un tour in tre tappe, dove il maestro Gino Fabbri e Giacomo Pini, esperto del mondo horeca e docente Cast Alimenti, racconteranno l’evoluzione della prima colazione con le diverse opportunità per i pubblici esercizi.
Per quanto riguarda la prima colazione interviene anche Massimiliano Coletta, market & customer strategy manager di Metro Italia che sottolinea: «Tra i prodotti dolci più richiesti
dagli hotel per le colazioni abbiamo: la Nutella, il nostro yogurt alla frutta e i croissant vuoti, entrambi del nostro marchio Columbus. Per noi di Metro Italia la qualità è al primo posto e garantiamo il mantenimento della catena del freddo dal produttore al consumatore finale. Tutti gli ordini vengono trasportati nei nostri camion nel rispetto della catena del freddo e delle normative vigenti in materia di sicurezza alimentare».
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Pane, burro e marmellata. Tre parole, un’unica immagine evocativa, che richiama alla mente la colazione di migliaia di italiani. Il pane, con i suoi vari accompagnamenti, è infatti uno dei pilastri della colazione all’italiana. La sua presenza è fondamentale soprattutto in casa, ma non può non essere presa in considerazione anche quando si parla di bar e, soprattutto, di alberghi. Nel primo caso, infatti, non si può certo dire che il pane sia un protagonista.
Difficile vederlo tra le proposte
soppiantato da croissant e dolci di vario genere. Le uniche volte in cui fa capolino, si presenta quasi sempre in formato bauletto per toast classici (prosciutto e formaggio), ma anche per contaminazioni estere, in abbinata, per esempio, a salmone, crema di formaggio o avocado.
Discorso diverso per gli hotel nelle cui colazioni il pane è assoluto protagonista e che, allo stesso tempo, devono fare i conti con una sempre maggiore attenzione da parte dei clienti, che vogliono proposte ricercate e che strizzano l’occhio al
Il panorama dell’offerta legata al pane negli alberghi è quanto mai ampio. La fascia più alta, rappresentata dagli hotel di lusso, può arrivare ad offrire anche dieci tipi diversi di pane. In questi casi, tutto viene preparato all’interno dal maestro pasticcere con farine italiane 00, farina macinata a pietra meno lavorata, oppure l’avena, lievito madre o liquido o solido e a volte arricchite da semi. Troviamo: dalla focaccia alla pita, dal panino al latte al filone bianco o integrale da taglio e il pan carré. Di certo, c’è una tendenza che vale per tutto il mondo della ristorazione e trova conferma anche nella panificazione: la spinta salutistica. I clienti cercano, infatti, una proposta che contempli farine integrali, con cereali o biologiche e le aziende ne sono consapevoli.
«La colazione in albergo è un momento di relax e di scopertaconferma Pierluigi Sapiente, pastrychef di Molino Grassi - Gli ospiti vogliono quindi prodotti di nicchia e ricercati. Noi ci stiamo muovendo in questa direzione, con una linea di farine biologica, frutto di una ricerca sul grano, prettamente italiano, e con farine di grani antichi e macinate a pietra, perfette per chi vuole produrre pane da abbinare poi a creme e confetture». Accanto a questa proposta, Molino Grassi offre poi anche farine tecniche, «adatte sia al pane sia ai prodotti dolciari».
Una linea sposata anche da Molino Braga. «Il pane in albergo è fondamentale e le persone ne chiedono di tipologie sempre diverse - sottolinea Mauro Serioli, commerciale dell’azienda lombarda - Per que-
sto la nostra proposta copre anche richieste di questo genere, con farine integrali e multicereali».
Seasons una forma apposita allungata e non tonda per facilitare il taglio delle fette.
molte strutture, infatti, la scelta cade sui prodotti surgelati, considerati più adatti e funzionali.
Produrre pane all’interno non è però operazione facile e scontata. Richiede infatti personale e attrezzature specifiche. In altri casi, allora, il pane proviene da rinomati panifici, come Longoni, Grazioli e Roscioli, che usano farine e prodotti di qualità.
Al Four Seasons di Milano, per esempio, è stata fatta la scelta di offrire la colazione solo à la carte; quindi, il pane arriva al tavolo in un cestino già tagliato e assortito: uno integrale “siciliano” con semi e il secondo un pane bianco a chilometro zero con farina che proviene dal Parco Nord. Il panificio crea per il Four
Longoni fornisce l’Hotel Gallia sei diverse forme di pane, da quello con le noci al pan Tramvai classico della tradizione lombarda, passando per la segale di Chiaravalle ed il pane borbonico. Anche all’Hotel Les Neiges d’Antan di Cervinia (Ao) puntano sulla qualità: acquistano un pane fatto da Agriforno Delle Goilles, che coltiva a mille metri un grano speciale, lavorato a pietra e cotto nel forno. Altro pane viene dalla Biopanetteria di Saint Pierre (Ao), mentre i grissini da Biella.
Quello di cui abbiamo parlato fino ad ora rappresenta certamente la minoranza di ciò che normalmente accade negli alberghi del nostro Paese. In
Il modello di gestione è pressoché identico per tutti: una volta arrivato in hotel il prodotto surgelato viene messo e conservato nel pozzetto a -18°, per garantirne la qualità è fondamentale poi che il prodotto ricevuto in struttura non subisca l’interruzione della catena del freddo. Ogni sbalzo di temperatura può pregiudicare il corretto sviluppo del prodotto. Quando arriva il momento del servizio, le soluzioni sono essenzialmente due. Da un lato, per chi ha spazi e personale adeguato, il pane viene ravvivato nelle cucine della struttura, in più momenti e con l’obiettivo di servirlo caldo. Dall’altro c’è chi, privo di cucina, si affida a una gestione esterna.
Esistono, in questo senso, aziende specializzate, come Fedegroup, in grado di farsi carico della gestione della colazione, pane compreso, all’esterno, garantendo all’albergo meno complessità e, in alcuni casi, costi più ridotti. Fedegroup nelle colazioni offre pane a fette, sempre disponibile con impasto bianco e integrale, quest’ultimo arricchito, in base alla disponibilità, da semi, cereali e farine grezze. Non manca mai una proposta gluten free, per rispondere alle esigenze di clienti celiaci o intolleranti al glutine.
Anche se i procedimenti sono differenti, le tendenze del surgelato non si discostano da quelle del fresco. La clientela è attenta e preparata e chiede alle strutture un pane all’altezza delle sue aspettative. Così, anche in questo caso, le aziende hanno adattato la loro offerta ampliando le linee.
Per superare le complessità c’è chi si affida a un panificio esterno
È il caso, per esempio, dei pani taglio Bridor, in formato da 1,1 kg, che sono diventati un punto di forza per i buffet delle colazioni, prima di tutto per il loro gusto, la loro crosta e per la versatilità al taglio e all’utilizzo
viene rispettato un lungo periodo di riposo dell’impasto e la precottura avviene in forno a pietra. I pani proposti da Bridor sono a partire da farine di frumenti di tipo “1” o superiori, dal 2021 tutte le farine di frumento clas-
Anche Forno d’Asolo non è da meno. «La colazione italiana classica si sta evolvendo - spiega Andrea Ghirlanda, brand manager dell’azienda - La direttrice da seguire è quella del benessere. Per questo, nell’area pane, offriamo agli alberghi anche filoni ai cereali e integrali, perfetti da farcire poi direttamente in struttura»
E quando si parla di sensibilità alimentare è impossibile non parlare di Dr. Schär, che oltre alle farine senza glutine, offre nel suo catalogo anche il pane da rigenerare, perfetto per la colazione in albergo.
Per chi vuole gustare un panino con burro e marmellata o accompagnare salumi e formaggi a un caldo panino appena sfornato ci sono White Rolls Schär, morbida rosetta in imballo infornabile monoporzione con il 14% di pasta madre o la croccante, e Ciabatta Schär, sempre nel pratico imballo che consente la cottura promiscua con prodotti convenzionali nello stesso forno senza rischio di contaminazione.
Mix di panini colorati di Forno D'AsoloManagerialità e ottimizzazione di spazi e servizi, sono soltanto alcune delle parole chiave per rinnovare un servizio dalle enormi potenzialità; a cominciare dalla reputazione
più essere sottovalutato da chi fa dell'accoglienza la propria professione».
Quali sono i vantaggi nell'avere un servizio di colazione appetibile?
Ufuturo non può ignorare il servizio della colazione. Eppure finora in Italia è stato spesso sottovalutato; specialmente dal settore alberghiero. Come il ristorante anche il servizio della prima colazione ha delle enormi potenzialità e può servire a valorizzare e a rilanciare strutture che magari oggi si trovano in crisi.
Lo sa bene Giacomo Pini, imprenditore, Ceo di GPstudios, azienda di consulenza e formazione in ambito ristorazione e turismo e autore dei fortunati libri "Risto Boom. Crea il successo del tuo locale" e "L’Arte del Breakfast".
«Da quando c'è il mercato libero e gli alberghi possono aprire le loro porte anche a chi non ha prenotato una stanza per dormire, si è aperta per gli hotel un'enorme opportunità di rilancio - ha spiegato Giacomo Pini - Questa va però colta al meglio, attraverso un'analisi dettagliata del servizio e della stessa struttura, con le sue potenzialità e i suoi difetti. Ricordo, inoltre, che dopo il lockdown il 30% degli italiani ha deciso di dedicare alla prima colazione molto più tempo rispetto al passato; e in particolar modo quando è in vacanza. Un aspetto che non può
Se gestito in maniera impeccabile può diventare un vero e proprio punto di forza. In particolare, la prima colazione può essere un elemento distintivo di un albergo: grazie ad essa, si possono ottenere commenti positivi e pubblicità gratuita da parte dei clienti soddisfatti. Questo aspetto non va sottovalutato, perché può consentire di lasciare un'immagine vincente della struttura, e aiuta a ottenere reali riscontri anche sui social network. Questi ultimi, infine, permettono di attirare nuovi clienti grazie al passaparola. Ricordo infatti che il 75% delle recensioni online riguarda proprio esclusivamente il servizio di prima colazione.
Come è cambiata la colazione degli italiani?
Si è passati dal classico cappuccio con cornetto a un'offerta più variegata, che può essere composta da pancakes e waffle, uova, avocado toast, formaggi e salumi, porridge, legumi. Così ora è giusto affiancare alla selezione dolce anche quella salata.
In che modo una consulenza può rilanciare questo tipo di servizio?
Nelle strutture ricettive la ristorazione è un business. Per farlo rendere al meglio bisogna analizzarne sciente-
mente tutti gli aspetti. Noi, per esempio, studiamo l'ampiezza della sala dedicata alla colazione, ma anche la disposizione delle bevande e dei cornetti, arrivando a stabilire in che modo metterli nelle vetrinette per massimizzarne l’attrattività agli occhi del cliente. Non si tralascia nulla, nemmeno il colore delle tovaglie o dei tovaglioli, ma anche gli impiattamenti, perché il tutto potrebbe poi finire su qualche social network, immortalato dagli utenti. Studiamo anche la metratura della sala per le colazioni, guardiamo dove si trova la cucina e quanto tempo ci vuole per raggiungerla, ma anche come "ruotano" i clienti durante il servizio, osservando quali prodotti scelgono.
Come si può nell'immediato far salire la qualità del servizio?
Sicuramente inserendo nell'offerta prodotti naturali e magari preparati
da fornitori del territorio, quindi a chilometro 0, o meglio ancora, a filiera corta. Anche questo è un fattore che può richiamare, per esempio, gli stessi residenti a entrare nell'albergo soltanto per consumare una colazione ricca e di qualità, proprio come se fossero in vacanza. Ma anche puntare su una macchina in grado di fare il caffè come al bar può fare la differenza. L'ideale sarebbe anche avere del personale di sala in grado di fare dello storytelling dei prodotti, ovvero che sia in grado di raccontarteli, spiegandone le qualità e la provenienza. È inoltre molto importante valorizzare la location, scegliere, per esempio, se puntare sul dehors o su una stanza in particolare.
Questi cambiamenti rivoluzioneranno anche i bar?
Inevitabilmente rivoluzioneranno anche i bar; se vorranno sopravvivere ai mutamenti del mercato, dovranno
anche loro capire in che modo valorizzare le proprie proposte, su quali prodotti puntare e su che tipo di clientela avere. Gli alberghi, infatti, stanno ancora recuperando sulle colazioni, ma hanno sicuramente delle carte in più da giocare in questa sfida. E una di queste è proprio data dalla potenzialità degli spazi a disposizione. I bar, specialmente quelli più piccoli, dovranno puntare su altri aspetti. Per esempio sul servizio, sulla qualità dei prodotti, su come disporli all'interno del locale, nonché sulla bontà delle torrefazioni. I bar dovranno puntare sull'identità, trovare la propria e valorizzarla al meglio.
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Nasce il “Decalogo per il cappuccino perfetto. Come prepararlo”, accreditato come il primo del settore e articolato in 10 regole, è promosso da Ariete Fattoria
Latte Sano e si inserisce nel contesto dell’iniziativa Latte Sano Art Team con il coinvolgimento di influencer e professionisti del settore, per dare visibilità ai prodotti lattiero-caseari nel quadro della disciplina Latte Art.
1. Preparare un espresso perfetto | Alla base di un ottimo cappuccino deve esserci un espresso estratto nel migliore dei modi. I parametri per un’ottima ricetta prevedono che la bevanda venga estratta con 25-30 ml di caffè in tazza, in un tempo che varia tra i 20-35 secondi, con la pressione della macchina tra gli 8-11 bar ed il purge (lo spurgo dell’acqua) eseguito ad ogni erogazione.
2. Usare sempre latte fresco, alta qualità intero | Il latte giusto dovrebbe avere il 3,2-3,5% di proteine e il 3,2-3,8% di grassi. La proteina del latte è amica della schiuma perché funge da “tensioattivo” naturale e consente all’aria di rimanere inglobata nel latte.
3. Mai lasciare il latte fuori dal frigo | Il latte deve essere freddo, ben conservato in frigorifero a una temperatura di 4/6°C. Vietato lasciare il latte fuori dal frigo, anche mentre stiamo lavorando.
4. Scegliere la giusta lattiera | La lattiera deve essere di acciaio inox 18/10 dalla forma tronco conica con beccuccio. Ogni lattiera va usata sempre per la sua metà: per 1 cappuccino usiamo una lattiera da 35 cl mentre per 2 cappuccini usiamo una lattiera da 50 cl.
5. Vietato scaldare il latte più volte | Ogni cappuccino deve essere preparato con latte fresco appena preso dal frigorifero e una lattiera pulita.
6. Montare il latte nel modo corretto | La montata del latte si divide in due fasi, la prima serve a far inglobare l’aria mentre la seconda a creare il vortice per aumentare la temperatura del latte e ridurre le macro bolle che si formano nella prima fase.
7. Mantenere la temperatura del cappuccino tra i 55/60°C | A questa temperatura lo zucchero contenuto nel latte (lattosio) esprime al meglio la propria dolcezza, superando questa temperatura tende invece a diventare amaro.
8. Sporzionare il latte | Una pratica fondamentale nella preparazione di due cappuccini è dividere il latte in due lattiere: togliere la prima parte di schiuma e preparare il primo cappuccino, rincorporare quindi la parte del latte tolta con quella rimasta e preparare il secondo cappuccino.
9. Usare la tecnica Latte Art | Mai trascurare l’aspetto estetico. La tecnica Latte Art oltre a rendere la bevanda omogenea nel gusto gratifica anche la vista e può incidere considerevolmente sulla valutazione finale.
10. Curare la mise en place | Il cappuccino come l’espresso va sempre apparecchiato con il piattino. Il cucchiaino va posizionato alla destra del cliente con il manico rivolto verso di lui, così come il manico della tazza.
La 44ª edizione si chiude in linea con l’edizione record del Sigep 2020. La fiera ha prodotto cinque giornate all’insegna della concretezza, dell’incontro dei saperi e dell’alta formazione, dense di affari e networking
Emozioni, business, show e innovazione, tutto il comparto del foodservice dolce ha ritrovato la sua piattaforma mondiale e sotto il profilo dei visitatori si chiude in
linea con l’edizione record del Sigep 2020 (che fu poi seguita dall’edizione digitale 2021 e da quella del 2022 vissuta con le limitazioni ai trasferimenti che indussero al posticipo a marzo).
La 44ª edizione del Salone Internazionale di Gelateria, Pasticceria, Panificazione Artigianali e Caffè, organizzato da Ieg - Italian Exhibition Group insieme alla triennale ABTech, ha prodotto cinque giornate all’insegna della concretezza, dell’incontro dei saperi e dell’alta formazione, dense di affari e networking, all’interno di un panorama di offerta solido e innovativo, pronto ad assecondare ulteriore sviluppo.
È stato un Sigep della ritrovata fi-
AB
All' edizione di Sigep 2023, AB Mauri si presenta per la prima volta con uno spazio che si sviluppa in due aree distinte: un’area centrale aperta a tutti, dedicata a una serie di eventi Esg – Environment, Social e Governance con imperdibili showcooking, appuntamenti, testimonianze e interviste esclusivi, affiancata da un’area più riservata, con accesso esclusivo ai clienti e partner. In linea con la vision sostenibile dell'aziendaprevale la scelta di materiali e rivestimenti in legno naturale, piante aromatiche e una
comunicazione visual dedicata alle parole chiave legate ai valori ESG del Gruppo. Tiziano Casillo, consulente tecnico per il canale pizzeria, ha dichiarato: «Novità particolari non ce ne sono, se non ulteriori misure della Scrocchiarella. Anche quest'anno fa da padrona nel nostro stand: è un prodotto che, come si può vedere dall'affluenza di persone che lo assaggiano, sta creando un evento nella fiera stessa. Offriamo due nuove proposte nei formati, una 38x28 cm e una 20x52». ▶�� cod 93542
Alberto Di Marco, amministratore delegato dell'omonima azienda, ha presentato le principali novità: «Siamo conosciuti in tutto il mondo per prodotti innovativi, la pinsa è la nostra regina dato che l'abbiamo inventata nel 2001 ed è stata la vera innovazione del settore pizza. La esportiamo in più di 60 Paesi e ha avuto un'estrema crescita nel 2022. Nel 2023 andremo a incrementare la nostra produttività, grazie all'apertura di un nuovo stabilimento all'avanguardia di 400 mq con le più moderne tecnologie per le miscele di farine. ▶�� cod 93508
Al Sigep Agugiaro & Figna ha portato in vetrina Le Sinfonie, la linea di farine dedicata alla produzione artigianale in pasticceria, composta da nove referenze di farine di grano tenero e sei varianti di semilavorati delle migliori qualità, per soddisfare al meglio le esigenze nei diversi tipi di lavorazione che l’arte dolciaria prevede. La fiera è stata soprattutto l’occasione per esporre la nuova declinazione de Le Sinfonie: Magistrale, una farina elastica e duttile, ideale per prodotti da forno a lunga lievitazione
ducia, con le imprese che hanno riscoperto il valore delle relazioni e l’entusiasmo nel presentare le innovazioni prodotte nell’ultimo biennio vissuto fra tante difficoltà, un Sigep che ha espresso un'energia positiva percepibile in tutto il quartiere fieristico riminese, sold out con oltre 1.000 imprese su 28 padiglioni, per 130.000 mq di expo. Un settore connotato da forte dinamismo, innovazione e propensione all’export. Il food service dolce made in Italy diffonde nel mondo tecnologia e talenti. Un richiamo efficace e concretamente riscontrato a Sigep: i visitatori esteri sono arrivati a Rimini da 155 paesi. Per quanto riguarda le provenienze: 77% Europa con Germania, Spagna, Grecia, Francia e Gran Bretagna ai primi posti; 12% Asia e Medio Oriente con prevalenza da Israele, Libano, India, Corea e i Paesi dell’Area del Golfo; 7% Americhe con Stati Uniti, Canada, Messico, Brasi-
come colombe, panettoni, veneziane, focacce e pandori. Frutto di un attento e rigoroso lavoro di ricerca condotto insieme all’Accademia dei Maestri del Lievito Madre e del Panettone Italiano, Magistrale garantisce una fermentazione equilibrata durante tut te le ore di lievitazione, senza apportare te nacità agli impasti, e ne favorisce l’amalga ma a fronte di ingredienti ricchi e grassi, donando morbidezza e texture senza difetti strutturali nel lievitato finito. ▶�� cod 93511
MOLINO GRASSI PRESENTA LA NUOVA LINEA DI FARINE BIOLOGICHE E 100% ITALIANE
L’obiettivo di Molino Vigevano è quello di enfatizzare il concetto di gusto a 360° con uno sguardo attento alla sua evoluzione. Elisabetta Sacchi, senior brand manager dell'azienda, ha presentato così le novità: «Nello specifico abbiamo portato la nostra idea di gusto associata al mondo della pizza, ma anche con uno sguardo rivolto alla pasticceria. Abbiamo, infatti, una vasta e ricca gamma di farine che ricoprono le varie esigenze del pasticciere». ▶�� cod 93572
PINSA, FARINA PROFESSIONALE
XXL E GLUTEN FREE, LE NOVITÀ DI MOLINO SPADONI
In occasione della 44ª edizione del Sigep, l'azienda emiliana ha svelato la nuova linea “La Pasticceria Bio” che va incontro alle esigenze dei professionisti. Francesca Corvi, responsabile marketing dell'azienda, ha spiegato così i nuovi prodotti: «Presentiamo una linea di farine dedicate all'alta pasticceria: sono di forze differenti adatte a tutte le esigenze dei professionisti. Sono biologiche, di grano 100% italiano, perfette per creare le proprie ricette senza portare modifiche nelle metodologie produttive». ▶�� cod 93494
Protagonista per Molino Spadoni è la pinsa. «Grande spazio è riservato alla nuova Farina Professionale XLL – Extra Lunghe Lievitazioni, caratterizzata da una forza unica, fino a W 400, che la rende particolarmente adatta per la preparazione di impasti con lunghe lievitazioni, anche superiori a 72 ore, e ad alta idratazione. Allo stand anche il prodotto più innovativo, il preparato professionale per pane e pizza SuperproteiN della linea salutisticofunzionale» - ha detto Katia Borrini, responsabile marketing dell'azienda.
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Forno d'Asolo, azienda specializzata nel Bakery Dolce e Salato e Pasticceria surgelati, con una rete vendita diretta che raggiunge oltre 40mila locali del Fuori Casa in tutta Italia, ha presentato tantissime novità. «C'è stata una grande affluenza di persone, non so se superiore o inferiore al 2019, ma sicuramente ai livelli del pre-Covid. Siamo soddisfatti perché il nostro stand era molto ampio ed era posizionato molto bene, quindi abbiamo avuto un'affluenza totale e costante tutto il giorno» - ha spiegato Andrea Ghirlanda, brand manager di Forno d'Asolo.
Svelate, poi, le novità per il 2023: «Per noi il trend del benessere è molto importante. Quest'anno presentiamo tre novità nella linea Reb, la più alto vendente del mercato: un cornetto integrale vuoto con impasto di farina integrale e curcuma e, sempre con lo stesso impasto, un cornetto farcito ai mirtilli e uno alla crema di agrumi di Sicilia. Per la linea vegana, in continua crescita, presentiamo un ministrudel con farcitura di fragola e ribes e allarghiamo la linea delle crostate multicereali. I prodotti soluzione? Abbiamo identificato in questo momento difficile per il barista, a causa del costo delle energie e delle materie prime, una serie di prodotti: dei tortini già cotti da scongelare e servire, tre dessert monoporzione, semifreddi che vanno dal freezer alla tavola, e delle focacce farcite a doppia lievitazione, fatte con ricette regionali: anche in questo casa basta scaldarle nel forno. L'ultimo prodotto è la pinsa: la lanciamo in tre varianti, classica, integrale e monoporzione». ▶�� cod 93562
Gruppo Eurovo, da oltre 70 anni nella produzione di uova e ovoprodotti, è tornata in presenza alla 44ª edizione di Sigep 2023. «Quest'anno ripartiamo alla grande - ha Emiliano Di Lullo, direttore marketing dell'azienda - dal punto di vista del prodotto e del servizio. Abbiamo presentato, per esempio, la nuova Crema Pasticcera professionale fresca Eurovo Service nel formato da 1 kg. Dalla texture morbida e vellutata, è un prodotto ideale per gli ope▶�� cod 93570
le e Argentina ai primi posti e il 4% dall’Africa, in primis da Marocco, Algeria Egitto, Libia e Nigeria.
Inaugurato dal presidente nazionale di Confcommercio, Carlo Sangalli, insieme alle autorità locali e con l’intervento da remoto, nella seconda giornata, del ministro Francesco Lollobrigida (Agricoltura, sovranità alimentare e foreste), Ieg ha accolto 450 top
BURRO, PANNA, FORMAGGI: IL VALORE AGGIUNTO DI ELLE & VIRE PROFESSIONNEL E CORMAN
buyer provenienti da 78 Paesi del mondo, grazie alla partnership strategica con Ice Agenzia e il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, con il supporto della rete internazionale di regional advisor Ieg, presente in 60 Paesi. Sigep 2023 ha quindi segnato il pieno ritorno alla sua dimensione di salone leader mondiale per la gelateria artigianale e fra i primissimi per gli altri comparti dell’arte bianca e del caffè. Insieme ai dati numerici, è soprattutto la soddisfazione generale degli
Elle & Vire Professionnel e Corman (Gruppo Savencia Fromage & Dairy) si sono presentati a Sigep con un nutrito portafoglio prodotti. Elle & Vire Professionnel ha le sue radici in Normandia e offre un ampio ventaglio di tipologie di burro, panna, formaggi e dessert. A Rimini ha presentato agli operatori un gamma di burri differenti per sapore e texture: Burro Extra Secco, Burro
Multiuso, Burro Gourmet e Burro in monoporzioni. Articolata anche la linea di Cream Cheese, dall’Original American alla French Cream, alla Soft Style Cream Cheese. Preziose così come i dessert Tiramisù Panna Cotta e Crème Brûlée con vaniglia bourbon. Anche Corman vanta una lunga tradizione. Dal 1935 sviluppa, produce e commercializza le migliori tipologie di burro e grassi del latte funzionali per gli operatori professionali. Ha inventato il primo burro piatto per laminazione specifico per la produzione di pasta sfoglia, pasta lievitata sfogliata e croissant. Il burro piatto Corman ha facilitato e velocizzato il lavoro di panificatori e pasticceri in tutto il mondo, garantendo risultati perfetti e regolari. La materia prima fa la differenza e Corman lo conferma. In mostra a Sigep anche le referenze della linea di alta gamma Lescure, burro Aop (Dop) Charentes - Poitou.
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ria prima e verso il cliente. Il maestro Leonardo Di Carlo anche quest’anno ha curato la direzione artistica e coordinato i lavori del team di maestri e professionisti
Komuntu 80% si caratterizza per note legnose e amare sostenute da note di grué tostato. Il suo gusto è unico perché è il frutto del coinvolgimento di tutta la filiera e dell’assemblaggio di diverse varietà di cacao. Hukambi 53% è la prima copertura Ombré di Valrhona, libera dai codici della gastronomia consolidata. Questo cioccolato unisce la golosità del latte alla potenza del cacao del Brasile proveniente dalla Mata Atlantica. Intrigante e affascinante, con il giusto equili-
nary advisor Antonio Cuomo e Alice Fumagalli. Presentate anche le ultime novità Debic, come Cream Cheese e Cream Plus
Menù ha presentato alcune novità di rilievo per gli operatori professionali. «Ècheddar è una cremosa salsa a base di formaggio Cheddar realizzata con la tecnologia Evolution che ne mantiene inalterati sapore e colore - ha spiegato Federico Masella, responsabile marketing dell'azienda - Ideale per condire nachos caldi, farcire hamburgher o realizzare il celebre piatto americano Mac&Cheese. Il secondo lancio ha visto protagonisti tre gusti di Coulis (fragola, mango, fichi)».
BURROAROMA NATURALE FRATELLI BRAZZALE, TRA NATURALITÀ E SCIENZA
Città del Gelato, che da sempre sostiene e promuove le gelaterie nello sforzo di migliorarsi e ricercare la qualità, torna al Sigep portando in fiera le Farm di Eccellenze Contadine e lanciando le basi per il gelato cheto, presidente di Città del Gelato, ha presentato così lo stand della sua azienda: «Le nostre materie prime rappresentano l'aspetto essenziale. Attraverso il gelato rendiamo popolari anche i prodotti di nicchia di grande qualità che resterebbero sconosciuti». ▶�� cod 93516
BurroAroma Naturale Brazzale è la novità per il mondo della pasticceria e della panificazione che ha presentato Brazzale. «Un’innovazione che entra nel cuore dell’attività quotidiana. La preparazione alimentare BurroAroma Naturale Brazzale è un matrimonio fra il burro da latte di fattoria della filiera Panna Brazzale e i migliori aromi naturali creati ad hoc, fra la naturalità dei due prodotti base e l’altissima tecnologia del Brazzale Science Nutrition&Food Research Center (Bsc)» - ha spiegato Roberto Brazzale, presidente dell'omonima azienda. ▶�� cod 93536
L'azienda ha presentato i nuovi prodotti per il 2023: «La linea Chef Professional è una linea dedicata ai professionisti. Per questa gamma abbiamo due nuovi gusti: il fico e i marroni - ha svelato Maurizio Gianera, responsabile export dell'azienda - Sono scelte apposite per ampliare la linea di gusti visto il successo che sta avendo. È una linea nuova che abbiamo presentato un anno e mez-
Il 2023 di Bindi si apre con grandi novità: un nuovo logo, una nuova brand identity e un posizionamento come più grande pasticceria d'Italia. Bindi ha presentato la nuova collezione “Primavera-Estate”, un insieme di importanti innovazioni che seguono le linee strategiche della Bindi, utilizzando i prodotti iconici utiizzati dall'azienda e rappresentati in una nuova forma. Tra i prodotti, spicca la Torta della nonna 4.0» - ha spiegato Antonio Balestrieri, brand & product manager dell'azienda. ▶�� cod 93502
zo fa, con un packaging particolare. Abbiamo voluto favorire un'innovazione in termini di dimensione affinché l'utente che lo utilizzare, possa variare da un albergo fino ai laboratori più piccoli. Visto il successo, grazie alle caratteristiche del prodotto, stabile nel forno e adatto anche per la farcitura, abbiamo esteso la linea con questi nuovi gusti». ▶�� cod 93551
Infundo, la gamma professionale di Italia Zuccheri, ha portato diverse novità. «In fiera abbiamo presentato il brand Infundo, che è il marchio ideato per i professionisti della pasticceria e dell'arte bianca. Quest'anno proponiamo tre novità»ha spiegato Donatella Bratta, brand e trade marketing manager dell'aziendaEntrano infatti ad ampliare la gamma Infundo Extra Crescita ed Infundo Extra Tempo. Non ultimo, a completare la linea Infundo Carafin». ▶�� cod 93580
Uno stand completamente rinnovato, una gamma di attrezzature completa e all’avanguardia, un programma ricco di eventi pensati per permettere ai professionisti dell’arte bianca di lavorare con il lievito madre della tradizione, ma con tutti i vantaggi della tecnologia di oggi. Esmach, al fianco dei professionisti dell’arte bianca e della lievitazione, era presente in fiera con l’intera linea di prodotti che ha conseguito l’approvazione Avpn, l’associazione che promuove e tutela la vera Pizza Napoletana. ▶�� cod 93552
Per la prima volta nei suoi 50 anni, Rational ha raggiunto un fatturato di gruppo di poco superiore a 1 miliardo di euro nell'esercizio 2022 con le sue due linee di sistemi di cottura iVario e iCombi. «Per me cucinare prodotti veggie con la tecnologia Rational vuol dire avere la possibilità di poter offrire, a una platea sempre più ampia di clienti che hanno scelto di inserire nella propria dieta anche proteine vegetali, un’alternativa gustosa, mantenendo standard di qualità di cottura molto alti»spiega Marco Cameli, regional corporate chef di Rational. ▶�� cod 93521
CEI Systems ha presentato una nuova gamma di prodotti: i robot, diverse tipologie che aiutano il personale di cucina e di servizio all'interno del locale. «Per quest'anno abbiamo degli obiettivi particolari: perché inserire dei robot all'interno della ristorazione non è semplice - ha raccontato Vincenzo Siliato, presidente dell'azienda - Bisogna educare il cliente ad adoperarli e fargli ca-
Era presente con uno stand unico il Gruppo Waico con i marchi Effedue, Flamic, Starmix e Vitella. Uno stand a fianco di Italforni, brand che a novembre 2022 è entrato a far parte di questa realtà e che ha portato il gruppo a raggiungere l’obiettivo dei 40 milioni di fatturato. «Quella a cui hanno dato vita queste aziende è una casa che si prefigge l’obiettivo di accompagnare il professionista della pasticceria e della panificazione dalla lavorazione dell’impasto alla sua spezzatura, laminatura e, con l’arrivo di Italforni, cottura» - ha spiegato Paolo Zunino, a.d. del gruppo. ▶�� cod 93535
pire bene che tipo di prodotto sia. Deve dare una mano all'interno del locale. La sfida è questa: bisogna dire che è un prodotto che fa lavorare meglio e non che fa risparmiare sul personale. Sigep dà molta visibilità ai nostri prodotti. Insomma, la fiera di Rimini è una vetrina importante per un'azienda che fa della tecnologia il suo punto di forza».
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espositori e dei visitatori a decretarne il successo.
The NPD Group ha comunicato il sostanziale recupero dopo lo stop e le restrizioni del periodo pandemico: +3% del giro d’affari. Da Deloitte un Foodservice Market Monitor mondiale con valori su 2.525 miliardi di euro (+14% sul 2021). L’Italia è il primo paese europeo per valore di mercato dei ristoranti Full Service, con una quota complessiva di 36 miliardi di euro nel 2022. In fiera erano rappresentati i settori Gelato, Pastry, Choco, Coffee e Bakery, quest’ultima filiera potenziata grazie alla contemporaneità con AB Tech Expo. Show, contenuti e competizioni nelle sei Arene: Dolce, Gelato, Pastry, Choco,
https://www.italiaatavola. net/alimenti/farina-pastariso/2023/1/27/pavoni-italiaal-sigep-ha-presentato-nuovacollezione-per-2023/93504/
L'edizione 2023 di Sigep è stata la location ideale per presentare le ultime attrezzature culinarie di Welbilt, società di Ali Group, come il nuovo forno combi compatto Convotherm mini. Questa e altre novità, come il nuovo forno ultraveloce Merrychef conneX, sono state presentate a Rimini. La fiera è stata anche l'occasione perfetta per presentare i tre nuovi marchi del gruppo: macchine di ghiaccio Crystal Tips, abbattitore di temperatura Delfield e lavastoviglie W Maxx.
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Cierreesse Arredamenti si è presentata a Sigep con uno spazio dal design contemporaneo che si contraddistingue per l’innovazione e la creatività. Santo Scibetta, uno dei titolari dell'azienda, ha presentato così le tante novità portate a Sigep: «Novità molto forte è il banco crystal che abbiamo creato: c'è alta gamma di refrigerazione, movimento del banco elettrico. Questo prodotto si va a collocare sull'alta pasticceria, tanto che l'abbiamo fornito all'associazione Apei di Iginio Massari. E la stessa cosa con AMPI per i giovani».
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ZUCCHETTI
Zucchetti ha superato il traguardo di 1 miliardo di euro di fatturato. «Il settore sta diventando più digitale - spiega Angelo Guaragni, amministratore di Zucchetti Hospitality - La risposta è la modularità e la scalabilità della proposta con software adatti a diversi segmenti presenti sul mercato: dal piccolo bar alle grandi catene del food. Zucchetti offre piattaforme complete per supportare tutti gli operatori del mondo Horeca e i gestori nella conduzione e nel controllo dell’attività e del business». ▶�� cod 93515
PASSEPARTOUT:
Rudy Ricci, direttore dello sviluppo per il canale Horeca, ha illustrato le novità dell'azienda: «Abbiamo presentato tutta la nostra suite al completo: Passepartout Menu per la ge stione del punto vendita food and beverage. Tante le novità: il cloud dove possiamo conso lidare i dati e il controllo e la gestione per i nostri clienti in modo semplice e veloce. E poi
Gourmand, la gamma raffinata di stampi in silicone dedicati alla ristorazione e non solo, si arricchisce con nuovi design ricchi di dettagli, ispirati dalle forme organiche della Natura e dalle linee pure della geometria. Pavoni Italia, sotto la direzione di Gianmarco Sirtoli, e Paolo Griffa, propone sette nuovi stampi Tuiles dalle trame leggere e sorprendenti per decorare e valorizzare qualsiasi tipo di preparazione, salata o dolce, e adatti alla preparazione di appetizer, portate principali e dessert. �� cod 93504
Bakery e Coffee, con la la Start-Up Area e la Digital Talks. Un palinsesto arricchito da oltre 100 talk e 200 relatori, di cui 50 internazionali, più di 20 competizioni con 30 paesi partecipanti. Oltre 1.000 gli eventi organizzati dagli espositori.
In fiera tutti i grandi Maestri del dolciario made in Italy. Fari puntati su quattro concorsi internazionali: Gelato Europe Cup che ha selezionato le nazioni europee per la Coppa del Mondo a Sigep 2024, Bread in the City–Bakery World Cup, The Pastry
Queen il mondiale di pasticceria femminile e il Campionato Mondiale Juniores di pasticceria. Sigep e ABTech hanno attirato l’attenzione dei media italiani e internazionali che hanno prodotto un’audience
TO
torna a Rimini. Un'occasione per l'azienda di dare un ricco aggiornamento su tutta l'offerta di prodotti destinati al settore, ampliata nel corso del tempo e sempre più apprezzata nelle pasticcerie e caffetterie italiane. Giulia , responsabile marketing e copmunicazione dell'azienda, ha presentato le novità: «Dopo lo spritz analcolico, quest'anno abbiamo due prodotti nuovi: Hugo e Gin tonic analcolici. E poi Alpex Cola Zero e quella classica che si aggiungono alla nostra linea
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A Sigep, in un corner dalla forte identità sostenibile, Brita ha offerto la possibilità a tutti gli espositori di rifornirsi di acqua per le preparazioni da effettuare durante la fiera. In fiera è stata presentata Brita Water Spring, che permette di approvvigionarsi con tre tipologie di acqua ottimizzata con diversi metodi di trattamento, al fine di garantire la miglior resa in estrazione in base ai metodi adottati e alle qualità di caffè pro-
La famiglia Bazzara seleziona le migliori varietà di arabica e robusta per regalare un gustoso assaggio dell’Italian lifestyle. A Sigep, però, i fratelli Andrea e Marco Bazzara, rispettivamente sales manager e accademy director e quality control manager, hanno presentato le ristampe dei libri "La filiera del caffè espresso" e "La degustazione del caffé": «Sono l'ottava e la quinta ristampa. Siamo contenti che i libri abbiano avuto successo. In questa ristampa abbiamo affrontato un nuovo capitolo, relativo alla sostenibilità e alle induistrie 4.0». ▶�� cod 93556
poste. Le acque disponibili sono state: demineralizzata, decarbonizzata e addolcita. Insieme agli esperti Brita e a Elena Scordamaglia, Brita Water Sommelier, si sono svolte anche degustazioni e dimostrazioni sensoriali della “Brita Water Wheel”, la ruota dell’acqua messa a punto dall’azienda che mostra tutte le dimensioni e gli ingredienti che influenzano aspetti come gusto, odore e mouthfeel dell’acqua. ▶�� cod 93525
pari a 439 milioni di contatti lordi. 655 gli accrediti in sala stampa, dei quali 70 esteri. I profili social hanno raggiunto i 137mila follower e nelle giornate di fiera sono state 280mila le visualizzazioni degli operatori professionali dei profili espositori sulla piattaforma B2B Teo - The Eating Out Hub. La 45ª edizione di Sigep è in programma dal 20 al 24 gennaio 2024 alla Fiera di Rimini. Ma prima, Sigep, la piattaforma della community del foodservice dolce e del modo italiano di viverlo, si appresta a un nuovo, ambizioso appuntamento: Sigep China. Si terrà dal 10 al 12 maggio 2023 e sarà organizzato da Eagle, società interamente controllata da Ieg, in partnership con Fiera di Colonia, allo Shenzhen World Exhibition e Convention Center con Anufood China. �� cod 93611
AMPI, che quest'anno ha festeggiato a Sigep il 30° anniversario, ha ospitato nel proprio stand Mulino Caputo, Julius Meinl e Consorzio dell’Asti Spumante e del Moscato d’Asti Docg. Julius Meinl, la storica torrefazione viennese con cuore produttivo in Italia, è stata al fianco dell'Accademia maestri pasticceri italiani con i suoi prodotti di punta, in degustazione nel corner allestito all’interno dello stand. Per celebrare i 30 anni di attività dell’AMPI, Julius Meinl grazie anche all'esperienza di Jacopo Indelicato, Coffee Expert e Brand Ambassador, ha creato una speciale bevanda a base di caffè, un vero e proprio omaggio all'alta pasticceria e all'impegno profuso da AMPI. Nella preparazione della ricetta viene utilizzata la rinnovata miscela premium 1862 Vienna, un blend di chicchi 100% Arabica, provenienti prevalentemente dalla Colombia. Non solo un omaggio alla tradizione, al patrimonio e al gusto, ma una scelta che permette a Julius Meinl di continuare a sostenere gli agricoltori colombiani attraverso il Colombian Heritage Project. Anche la storica Docg Asti ha affiancato i Maestri pasticceri italiani e le loro creazioni con uno speciale bancone all’interno dello stand AMPI. L’Asti Spumante e il Moscato d’Asti Docg sono stati serviti nelle diverse tipologie disponibili. Giacomo Pondini, direttore del Consorzio di Tutela, ha donato al presidente AMPI, Salvatore De Riso, una speciale magnum logata e serigrafata per brindare alla storia, al successo e ai valori che accomunano la Docg Asti all’Accademia. Significativa anche la presenza di Mulino Caputo con il suo amministratore delegato Antimo Caputo a testimonianza delle stretto rapporto del mulino di Napoli con il mondo della pasticceria che si rafforza oggi anche con la partnership con AMPI. ▶�� cod 93537
FILIERA DEL CAFFÈ ESPRESSO"
Diverse generazioni, 170 anni di lavoro, il Molino Braga è una storia di innovazione tecnologica percorsa sulla linea dei valori tradizionali. È un’azienda molitoria specializzata nella trasformazione e lavorazione di grano tenero ed altri cereali di altissima qualità.
Le origini del Molino risalgono alla
di Brescia, dove la famiglia Braga conduceva un’attività artigianale. La rapida industrializzazione del Novecento e la crescita del volume di produzione portano a modernizzare progressivamente l’impianto che continua a evolversi e ad aggiornarsi fino ai giorni nostri. Nel 2015 la capacità produttiva dell’impianto viene portata a 330t/24h,
pianto molitorio, interamente realizzato dalla ditta Buhler.
Successivamente, la sede di Dello (Bs) viene ulteriormente ampliata con la costruzione di un nuovo magazzino annesso, l’inserimento di nuovi macchinari di ultima generazione. Nel 2020, l’azienda investe in uno stabilimento di circa 2mila metri quadrati, localizzato a pochi km dall’headquarter di Dello, dove viene effettuata la lavorazione con macina a pietra ed è dotato di un nuovo impianto per la miscelazione ed il confezionamento dei mix e semilavorati completamente automatizzato. Nel 2022 tutta la logistica viene automatizzata con shuttle di ultima generazione. Nel 2023 e nel 2024 la grande novità sarà il terzo insediamento a Dello: all'interno ci saranno le nuove linee di packaging, di insaccamento e di stoccaggio.
L’azienda è ritornata quest’anno a Sigep con uno stand e una comunicazione tutta nuova, presentando grandi novità in tutti e tre i segmenti: bakery, pasticceria e Horeca. Nel settore della pasticceria le grandi novità sono i mix preparati per la pasticceria, dalla frolla alla croissanteria e al panettone e i preparati per crema a freddo e per addensare le farciture. Nell'Horeca il focus è su Spaccanapoli, prodotto per la pizza napoletana, che sta avendo ottimi risultati, anche nel mercato europeo. Per il bakery, invece, la novità sono alcuni mix Progress. ▶�� cod 93496
Tante le novità che Molino Dallagiovanna ha presentato a Sigep 2023, tra cui PH4, la linea di lieviti naturali, attivi e inattivi, con la quale l’azienda emiliana arricchisce e completa la sua offerta ai professionisti dell’arte bianca. La linea PH4 comprende quattro prodotti specifici per diversi utilizzi: Supereasy è il lievito attivo ideale per pane, pizza in teglia e piccoli lievitati, mentre Superise è quello per pizza al piatto. Balancepower, invece, è il lievito inattivo ideale per il mondo della pasticceria, mentre Tastypower è quello pensato per pane e pizza.
Sigep è stata anche l’occasione per presentare insieme al Maestro Iginio Massari e a Giacomo Pini, consulente marketing e docente Cast Alimenti, la nuova edizione di Meet Massari Revolution, il progetto formativo rivolto ai professionisti e agli appassionati di arte bianca. Il tour si svilupperà in tre tappe e prenderà il via il 13 marzo nelle Marche, a Recanati, a Villa Anton in collaborazione con Tombesi. Proseguirà poi con un secondo appuntamento il 29 maggio in Calabria, a Crotone, al Grand Hotel Balestrieri in collabora-
zione con i rivenditori Dolciaria Rubino e Si.Ma Distribuzione per concludersi con un’ultima tappa straordinaria in Spagna, a Barcellona, il 25 settembre.
Un calendario ricco di eventi: focus sui dolci
Tanti i grandi Maestri poi che nell’arco dei cinque giorni di Sigep si sono avvicendati sul Palco del Gusto di Molino Dallagiovanna con i loro cooking show dedicati a dolci, pane, pasta e pizza. Il dolce è stato protagonista assoluto dell’appuntamento con il Maestro Giuseppe Amato e il suo “Ricordo D’Infanzia. Pane Latte e Cioccolato” e del Maestro Leonardo Di Carlo con “Il lievitato degli Innamorati”. Il Maestro Gino Fabbri e la figlia Valeria hanno interpretato il loro “Mattindoro 2.0”, il Maestro Iginio Massari ha guidato gli ospiti attraverso “L’evoluzione del cannoncino”, mentre il Maestro Denis Dianin ha presentato “La verticale di frolla”. Il grande Maestro Achille Zoia e il tecnico Fabio Del Sorbo hanno presentato il “Bauletto” realizzato con Balancepower, il lievito inattivo ideale in pasticceria, mentre i tecnici Gianluca Ferrari e Fabio Del Sorbo hanno illustrato l’impiego di Supereasy, il lievito attivo alleato dei piccoli lievitati in una dimostrazione dedicata al “lievitato salato”.
Tra gli eventi dedicati alla pizza quello del veneziano Andrea Clementi, vincitore della prima edizione di Pizza Bit Competition, la gara che ha visto sfidarsi nel 2022 oltre 180 professionisti da tutta Italia, e oggi tecnico interno di Molino Dallagiovanna. Andrea ha tenuto la masterclass “L’era della pizza” e presentato Superise, il lievito attivo pensato per la pizza al piatto. Anche
altri finalisti della prima edizione della competizione hanno animato il Palco del Gusto. Andrea Ciarloni e Lorenzo Groppi hanno portato una pizza al padellino intitolata “Giovanna-Bit”, Daniel Serale e Giovanni Spera la pizza al piatto “Racconti di pizza tra Alpi e Appennini”, mentre Alex Guidetti ha presentato “Verso Sud”. Sempre dedicato alla pizza l’intervento di Luca Di Massa, rappresentante dell’Associazione Verace Pizza Napoletana (Avpn), che ha portato in scena "La tradizione rinnovata" con laNapoletana 2.0 Plus.
Dedicati alla pasta i cooking show di Daniele Persegani dal titolo “Liquirizia al Mattarello” e di Walter Zanoni con “La pasta al quadrato”, mentre al pane hanno pensato il tecnico Nico Carlucci con una dimostrazione di pane all’avena intitolata “A Venire” e il tecnico Mattia Masala che ha portato sul Palco del Gusto il suo “Hamburger”, realizzato con il lievito inattivo Tastypower.
Concluso Sigep, gli impegni di Molino Dallagiovanna proseguono. Dal 1 al
3 marzo al Grand Hotel Paradiso di
Ponte di Legno (Bs) appuntamento con le semifinali di Pastry Bit Competition per decretere i 9 finalisti, che si sfideranno prima in Cast Alimenti con un dolce fritto e non sfogliato e successivamente con il Panettone in Molino Dallagiovanna per conquistare l’ambito titolo di Pastry Ambassador 2024. In calendario anche l'avvio della seconda edizione di Pizza Bit Competition. ▶�� cod 93540
Se l’eccellenza della gastronomia italiana è un concerto di mille sapori che di ogni regione rappresentano il clima, la cultura e la tradizione del territorio, Scrocchiarella è la base ideale per accogliere tutta la creatività che ogni chef vuole portare in scena utilizzando le materie prime, i profumi e i sapori del suo territorio.
È questo il leit motiv che meglio celebra uno dei valori Esg (Environmental, Social and Governance) di AB Mauri che riconosce nelle radici della
tradizione gastronomica italiana, la base di partenza dalla quale nascono anche le ricette più moderne. Allo chef la possibilità di modulare la tradizione, plasmandola sulle attuali esigenze di mercato. A conferma delle infinite soluzioni di interpretazione di farcitura, le nuove Preferite sono state interpretate da cinque giovani pizza chef che, utilizzando vari formati della versione “Sandwich” hanno preparato ognuno una ricetta rappresentativa di una diversa regione d’Italia. Ogni ricetta è raccon-
tata in un video emozionale che è possibile visiualizzare dal QR Code e che guiderà nella scelta del formato ideale per preparare la propria “Preferita”.
È il caso di Mauro Alba che con Coro Meu attinge alla tradizione con grande capacità creativa, preparando una ricetta della sua terra d’origine: la Sardegna. Dove il Porceddu è solo l’idea di partenza. Mauro abbina la dolcezza della pancia di maialetto, cotta in sottovuoto a bassa temperatura per assorbire appieno tutto il profumo del mirto, crea alternanza di gusto grazie all’acidità della crema di caprino con una nota di aceto di lamponi. E per finire, sceglie l’intensità di profumo e croccantezza della salvia fritta che dispone su tutta la lunghezza del Sandwich
Scrocchiarella rustica, formato 12 x 52. Con Mauro Alba tutto sembra un gioco e l’eccellenza traspare dal gusto e diventa pura innovazione. Nel suo cocktail bar “Lumen” a Cesena, come dice il barman Nicolas, “Scrocchiarella accompagna i nostri cocktail” e viene servita su un vassoio d’ardesia, in linea con il design di tutto il locale, a piccole porzioni per un pairing perfetto con i
cocktail, per un’esperienza sorprendente di gusto a 360 gradi, da consigliare a un vero intenditore gourmet. Mauro Alba, esperto conoscitore di impasti, sceglie Scrocchiarella perché è un prodotto adatto alla preparazione di piccola ristorazione e sempre pronta all’uso.
La scelta di Scrocchiarella per Aquafan di Riccione rappresenta appieno quanto il prodotto Scrocchiarella costituisca la giusta soluzione di proposta “food”. Sostiene Jari Forte, responsabile food per Aquafan e Costa Parchi: «Abbiamo scelto Scrocchiarella perché è un prodotto buono, sano e alla portata di tutti. Volevamo una propo-
sta che ben rappresentasse la gioia e il divertimento sano del nostro Parco anche nel momento della pausa pranzo». Non solo, Scrocchiarella, si presta a essere preparata in poco spazio anche dai giovani, alla prima esperienza lavorativa, dopo un breve affiancamento per acquisire un po’ di dimestichezza con la tecnica di farcitura». Infatti, interpreta la ricetta “Sandwich Rumagnol” con Scrocchiarella rustica
12 x 36 Lorenzo Mancini, giovane studente universitario che esprime il temperamento della gente della Romagna e il contesto di sano divertimento del Parco. Con soli tre ingredienti: prosciutto crudo, squacquerone e rucola, Lorenzo ha preparato una ricetta inedita dal gusto che conquista, che potrete assaggiare al Chiosco Scrocchiarella del Parco Aquafan dal prossimo giugno 2023. A esprimere anche quanto è caro l’aspetto dell’inclusività sociale la scelta di uno squacquerone di San Patrignano - Società Agricola.
Francesca Locatelli, titolare di Bamboo Natural Bistrò ci porta con tutto il suo entusiasmo di giovane chef, nella direzione della stagionalità e proprio nella stagione di trionfo della zucca in cucina ci propone la sua ricetta “A
Tutta Zucca”, utilizzando della zucca delica veramente tutto: buccia, polpa e semi. Per farci apprezzare il gusto naturale e dolce della zucca, Francesca sceglie il nuovo formato Scrocchiarella Sandwich 20 x 52 classica. Ad affiancare la dolcezza della zucca appena uscita dal forno e impreziosita da un elegante aroma di salvia, alcune fette sottili di provola o mozzarella di bufala affumicata. Arricchisce il gusto dolce della zucca, qualche fetta di speck tagliato e una salsa di cipolle caramellata che crea un po’ di goloso contrasto. Un vero e proprio inno al “Senza spreco” che si riallaccia a uno dei valori ESG più caro ad AB Mauri per il ciclo virtuoso di “Economia circolare” nella produzione del lievito.
Con Monica Lo Voi, food manager ma anche parte operativa di Workshop - Pizza in Pala, ristorante pizzeria di Savona, percorriamo le strade dei profumi e delle consuetudini della Liguria. Immaginatevi gli spazi dei vecchi mercati all’aperto che costituiscono anche un luogo di ritrovo per la gente del posto. Da Workshop - Mercato Civico di Savona, la proprietà propone Scroc-
chiarella venduta in teglie intere o mezze teglie da asporto, che il cliente può mangiare ai tavoli messi a disposizione nella zona comune del mercato. Con la sua ricetta, Monica porta tutta la ricchezza di sapore del coniglio alla ligure, cucinato alla vecchia maniera con brodo, vino rosso, cipolle, olive taggiasche e olio extravergine d’oliva nella Scrocchiarella Sandwich classica nuovo formato 28 x 38 e rende ancora più succulenta la farcitura con l’aggiunta finale di Prescinseua che dà anche il nome alla ricetta, un formaggio tipico del territorio, dall’acidità spiccata, rarità Dop ormai prodotta da pochissimi caseifici. Monica, che si occupa personalmente degli acquisti, ha scelto Scrocchiarella perché è un prodotto leggero, croccante e digeribile ed è sempre pronta all’uso.
Con la sua proposta dal nome “Guancia a Guancia”, Alessandro Resta delle “Officine Resta” di Roma, esperto nella preparazione di squisiti hamburger, amatissimi dai millenial che frequentano il suo locale, ma anche dai giovani e dalle famiglie, declina una ricetta della tradizione a una più attuale versione contemporanea e porta la carbonara nel Sandwich Scrocchiarella classica 12 x 28. Dopo aver cotto le uova in acqua a 65° per 45 minuti nel roner per pastorizzarle, prepara la carbocrema con uova, Pecorino Romano Dop e pepe nero che dispone in diagonale con la sac à poche su tutta la lunghezza del sandwich.
Alessandro riconosce tutti i vantaggi di Scrocchiarella nell’avere agevolato il suo lavoro e migliorato la sua qualità di vita. Alessandro ha scelto Scrocchiarella perché è pratica da utilizzare e rispecchia la qualità di un prodotto artigianale. Con Scrocchiarella è tutto più semplice, più veloce, più buono.
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e stoccaggio
Schär Foodservice, la divisione dedicata al canale Horeca del Gruppo Dr. Schär, presenta tra le novità la Pinsa Base Schär, una base lievitata, precotta e surgelata, per creare stuzzicanti pinse gluten-free. Ispirata all’antica ricetta della pinsa romana tornata di gran moda negli ultimi tempi, la Pinsa Base frozen Schär da 220 grammi è senza glutine, senza lattosio e vegana.
Preparata senza conservanti e lievitata naturalmente per oltre 24 ore, è prodotta con farine di primissima qualità garantite Schär e risulta leggera, croccante e altamente digeribile, grazie all’utilizzo di pasta madre di grano saraceno.
La versatilità della base frozen e l’alta richiesta della pinsa tra i consumatori rendono questo lievitato perfetto per ristoranti, pizzerie, mense, catering e bar che potranno così soddisfare la sempre crescente domanda di prodotti gluten-free dovuta al continuo aumento delle diagnosi di celiachia. Offrire ai propri clienti celiaci o sensibili al glutine una creativa alternativa alla pizza per diversi momenti di consumo, come un pranzo, una cena o un aperitivo sfizioso costituisce senza dubbio un servizio che fa la differenza. La Pinsa Base frozen Schär è pratica e sicura da ogni contaminazione,
grazie all’imballo monoporzione che la protegge durante trasporto e stoccaggio.
La preparazione è veloce e funzionale: basta scongelare per 8-10 minuti il prodotto, personalizzare la base mettendo sul top ingredienti gluten-free a piacimento e infornarla, su teglia a bordi alti dedicata, per 8-10 minuti a 220°C in forno non ventilato.
Grazie alla surgelazione, Pinsa Base frozen Schär ha una lunga shelf life di 14 mesi, rendendo questo prodotto ideale per i professionisti che vogliono ampliare la propria offerta di alimenti senza glutine per il crescente target celiaco che cerca questo alimento leggero, appetitoso e trendy. La Pinsa Base frozen Schär è presentata in cartoni contenenti 12 pezzi da 220 grammi. �� cod 93441
nuova
dedicata al canale Horeca del Gruppo Dr. Schär, è sicura da ogni contaminazione, grazie all’imballo monoporzione che la protegge durante trasporto
Nel cibo ormai da molto tempo tutto è focalizzato intorno alla parola qualità. Per alcuni prodotti è più semplice individuare il livello qualitativo, ma per altri non è scontato: esistono, infatti, molti parametri che entrano in gioco. La carne, per esempio, è un prodotto complesso e ricco di variabili. Nel nostro Paese c’è una antica tradizione di allevamenti a livello regionale: Vitellone bianco degli Appennini che comprende, la Chianina, la Marchigiana e la Romagnola, un rigido disciplinare ne regola l’allevamento, la Fassona in Piemonte e razze più o meno autoctone sono allevate in altre regioni. Non siamo, però, un ter-
ritorio di pianura e di pascoli in grado di allevare allo stato brado, per cui spesso gli allevamenti sono finalizzati al consumo locale e alla produzione di latte e quindi di formaggi.
Tutto è cominciato qualche anno fa. Alcune aziende specializzate in distribuzione di specialità del settore Horeca cominciarono a importare e distribuire carni estere con caratteristiche diverse dalle carni nazionali.
In assoluto la prima novità intorno agli anni ‘85/’90, fu l’arrivo della carne scozzese, l’Angus di Aberdeen: le prime carni supermarezzate, allevate in ricchi pascoli allo stato brado, misero in gioco nuove tecniche di cottura e di sapore che stimolarono la fantasia degli chef. Insieme a un altro grande
prodotto, l’agnello Presalè, o meglio il Prè-salès di Mont-San Michel, che provocò un po’ di confusione: in molti fraintesero il linguaggio e pensarono fosse un agnello presalato, in realtà erano animali che si cibavano di erba di pascoli “bagnati” dalla brezza marina, cioè da acqua salata, che in qualche maniera interveniva nel sapore finale delle carni.
Qualche anno dopo arrivarono i primi tagli della Wa-gyu, letteralmente manzo giapponese: una carne di altissimo livello e molto marezzata, caratterizzata da metodi e protocolli severi di allevamento e da animali allevati con massaggi e sakè, cibati con birra e che ascoltavano musica classica. Il successo fu tale che spinse alcuni allevatori di casa nostra, anche in Brianza a tentare di applicare i metodi Wagyu nell’allevamento di alcuni
capi di manzo nostrani, ma il costo della filiera non ne permise una facile diffusione: e si scelse la via dell’im portazione. Anche se in Alto Adige e in Emilia-Romagna alcuni allevatori hanno avviato da anni dei protocolli di allevamento che si rifanno alle meto dologie Wagyu, ma ormai il mercato era disponibile e pronto a recepire le novità. Ecco, quindi, che alcuni distri butori, Longino & Cardenal in primis, iniziarono con l’importazione e la distribuzione della regina di tutte le carni il “Kobe”, un manzo di origine Wagyu, ma in questo caso con una se lezione specifica, razza Tajima-gyu, la carne dell’imperatore, della prefettura di Hyogo che ha come capitale la città di Kobe. Gli standard di allevamento sono altissimi con un prodotto finale altrettanto eccellente e naturalmente con un costo elevato, con una emozione gastronomica di gusto e sapore impareggiabile.
Abbiamo accennato ad alcune razze del nostro Paese, ma in tutta l’Unione Europea cominciano ad essere diffuse altre razze del territorio, carni di manzi bavaresi dalla Germania, carni di manzo prussiano dalla Polonia, la
Frisona, francese di origine e olandese con il nome Hollandaise Pie-Noir, oltre alla famosa Charolaise.
Ma sono gli spagnoli che si stanno distinguendo con carni molto particolari tra cui: la carne galiziana. Gli spagnoli, oltre al famoso Pata Negra, maiale dai piedi neri che produce il relativo Jamon Iberico, allevano e producono carni di manzo anche di vacca vecchia di grande livello qualitativo. In Galizia, pastorizia e allevamento sono ancora condotti seguendo tradizioni storiche, in un’armonia tra uomo e natura che ne ha fatto un luogo ideale. L’alimentazione a erba, i grandi spazi,
e la cura verso gli animali, si ritrovano nei sapori delle carni delle vacche di Galizia.
Nel Galles del Nord, c’è una delle fattorie più grandi d’Inghilterra: il Rhug Estate. Una storia millenaria, che incarna i valori del proprio territorio e ha saputo dare spazio all’innovazione. Nel 1998, quando Lord Newborough ereditò la tenuta di Rhug dal padre, volle che quel terreno di più di 5mila ettari si convertisse al biologico. Sono nati così gli allevamenti biologici del Rhug Estate.
Con grande anticipo rispetto a molti altri imprenditori, Lord Newborough ha investito su uno stile di vita più sano, fondamentale per la salvaguardia del pianeta. Dal 2000 i suoi allevamenti sono certificati 100% biologici e i suoi animali vivono in un ambiente stress-free che influisce positivamente sulla qualità del prodotto finale. La filosofia di Lord Newborough punta tutto sulla filiera corta, dal campo al piatto. Gli animali sono allevati sui terreni della fattoria, dove si nutrono di erbe e prodotti coltivati in fattoria. �� cod 93155
Galbani Professionale è la marca di Galbani dedicata ai
del fuori casa un profondo assortimento di prodotti caseari e salumi per
sia di grandi sia di piccole dimensioni, e a tutti vengono garantiti prodotti funzionali per gli utilizzi quotidiani nelle cucine professionali, con una qualità costante garantita nel tempo.
Galbani Professionale, brand completamente dedicato al mercato out of home, ha un giro d’affari di circa 130 milioni di euro, fatto per circa l’80% da prodotti caseari e per la restante parte dai salumi, categoria di valore per il portafoglio di marca. Volendo focalizzarci su questi ultimi, sono i prosciutti cotti a fare la parte del leone, coerentemente con il mercato, essendo la prima categoria di salumi consumati nel fuori casa. I prosciutti cotti rappresentano circa la metà delle vendite di salumi Galbani Professionale. Sono il prodotto più versatile per la ristorazione perché si prestano a differenti utilizzi sia a freddo sia a caldo. L’azienda vanta un portafoglio molto diversificato sia in termini di fasce qualitative sia di formati. I prodotti più rappresentativi per la marca sono i prosciutti cotti Fetta Gustosa e Cotto Horeca, studiati per avere ottime performance sia in cottura con diversi tipi di forno, sia a freddo in panini, taglieri e sulle pizze gourmet. seguire Galbani Professionale vanta anche un’ampia offerta di salami e di mortadelle. La Mortadella da 3,5 kg con pistacchi è un prodotto venduto molto bene a bar e panifici per la farcitura dei panini, mentre nel portafoglio salami sono le varianti piccanti quelle più richieste dalle pizzerie che rappresentano la tipologia di cliente più importante per la marca. 3413
Il tagliere che qui proponiamo, composto da tre formaggi Dop, ha per due di essi la vacca come “madre” (origine del latte), per il terzo la madre è la pecora. Per due di essi il “padre” (territorio di provenienza) è il Nord, mentre per il terzo è il Centro, precisamente la Toscana. Età misurabile in anni per tutti e tre. Scopriamoli insieme e cominciamo con il Grana Padano Riserva Dop.
assoluta eccellenza, attestate da un ulteriore controllo a cui segue una seconda marchiatura a fuoco “Riserva”. Il suo gusto è ricco e pieno, fragrante e delicato: un sapore che ricorda il burro, il fieno e la frutta secca.
Grana
Per Grana Padano Riserva Dop il tempo è fondamentale per sancire la sua indiscussa elevata qualità. È stagionato “oltre 20 mesi” e ha caratteristiche di
La sua pasta a “grana” evidente ha una accentuata presenza di cristalli di calcio lattato, una chiara struttura a scaglia e un colore paglierino intenso e omogeneo. Ideale per essere degustato in purezza o grattugiato. Sugli abbinamenti diremo poi, stante la pragmatica esigenza di armonizzare il vino anche con gli altri due formaggi Dop
di cui ci apprestiamo a dire. Il Grana Padano Dop è un alimento completo e favorevole al benessere per il suo ottimo rapporto tra valore energetico, qualità e quantità di nutrienti contenuti, in particolare il calcio. È naturalmente privo di lattosio e non contiene glutine.
È un formaggio a pasta dura, cotta e a lenta maturazione, prodotto con latte vaccino proveniente da vacche munte non più di due volte al giorno e alimentate con foraggi verdi o conservati del territorio di produzione.
La zona di produzione interessa il territorio pressoché nella totalità le regioni Piemonte, Lombardia, Trentino (solo in quattro comuni in provincia di Bolzano), Veneto, EmiliaRomagna.
Le origini risalgono all’anno Mille, quando i monaci cistercensi, per rispondere alla necessità di conservare il latte in eccesso che veniva prodotto sul territorio, sperimentarono la produzione di un formaggio a pasta dura che durava nel tempo, il caseus vetus, poi denominato grana. Sin dal XII secolo questo formaggio era già una realtà affermata, con una vera e propria rete commerciale.
Ancora al Nord, prevalentemente il Friuli-Venezia Giulia, e ancora mamma vacca per il secondo formaggio Dop che mettiamo sul tagliere a beneficio dei gourmet: Montasio Stagionato Dop.
È un formaggio a pasta dura e cotta, prodotto esclusivamente con latte vaccino.
A seconda del periodo di stagionatura si distingue in quattro tipologie: Fresco, Mezzano, Stagionato e Stravecchio. La zona di produzione comprende l’intero territorio della regione Friuli-Venezia Giulia, delle province di Belluno e Treviso e parte di quelle di Padova e Venezia, nella regione Veneto.
Le origini risalgono al XIII secolo quando i monaci dell’Abbazia di Moggio Udinese affinarono le tecniche di produzione del formaggio delle Malghe del gruppo montuoso Montasio. La vicinanza con il “Canal del Ferro” che, fin dall’epoca romana, era un’importante via di comunicazione e di scambi mercantili, permise a queste tecniche di diffondersi nelle vicine valli delle Alpi Giulie e Carniche e in tutta la pianura friulano-veneta. La prima testimonianza
scritta risale al 1773 su un preziario della città di Udine.
Il Montasio Dop è definito il “formaggio del buon senso” in quanto, a ogni sua caratteristica, è associata una virtù di mezzo, con alto valore nutritivo e una composizione equilibrata di acqua, lipidi e proteine. Già a 60 giorni è naturalmente privo di lattosio, grazie al suo tipico metodo di lavorazione.
Particolarmente saporita, adatta non solo ad arricchire il tagliere, ma anche a guarnire alcuni piatti che escono dalla cucina è la salsa al Montasio Stagionato Dop. Semplice a farsi, di certo riceve il gradimento dei gourmet. Per preparare la salsa al Montasio sciogliere il burro in un pentolino adatto, aggiungere la farina, aggiungere il latte caldo e per ultimo il Montasio Stagionato a dadini molto piccoli. Girare delicatamente con un cucchiaio di legno fino a quando non si otterrà la salsa liquida ma cremosa e priva di grumi.
Ed eccoci al formaggio che si discosta dagli altri due per differenze genitoriali. Il papà è la Toscana (solo
la provincia di Pisa) e la mamma è la pecora. Stiamo parlando del Pecorino delle Balze Volterrane da Asserbo Dop. Si tratta del primo formaggio Dop italiano a caglio vegetale, è ottenuto dalla lavorazione di latte ovino crudo di pecore di razza Sarda allevate nella zona di produzione e caglio vegetale ricavato dalle inflorescenze di cardo o cardo selvatico. In base al periodo di stagionatura si distinguono quattro tipologie: Fresco, Semistagionato, Stagionato, da Asserbo. La tipologia da Asserbo è riservata alle forme la cui stagionatura va oltre i 12 mesi.
La zona di produzione del Pecorino delle Balze Volterrane Dop interessa il territorio dei comuni di Volterra, Pomarance, Montecatini Val di Cecina, Castelnuovo Val di Cecina e Monteverdi Marittimo ricadenti in provincia di Pisa, nella regione Toscana. Il Pecorino delle Balze Volterrane Dop evidenzia già nel nome lo stret-
to legame con il territorio di origine. Le “balze”, le grandi voragini scavate dalle acque meteoriche, insieme ai calanchi disegnano una morfologia inconfondibile che ha contribuito anche alla selezione di una flora specifica, in cui ha trovato ampia diffusione il cardo selvatico, ingrediente base del caglio che caratterizza il metodo di produzione del formaggio.
Le condizioni ambientali si sono rivelate ideali per l’allevamento ovino e la produzione di latte, attività radicate da secoli che hanno assunto un ruolo di rilievo nel tessuto produttivo. Testimonianze scritte che attestano la notorietà e l’apprezzamento per il pecorino locale sono databili già dal XV secolo e trovano costante conferma nei periodi successivi. Le essenze vegetali locali che caratterizzano l’alimentazione degli ovini al pascolo, diretta espressione delle caratteristiche pedoclimatiche del territorio di produzione, contribuiscono in modo
determinante a conferire al Pecorino delle Balze Volterrane Dop la particolare dolcezza e le note aromatiche che lo contraddistinguono.
Oltre che sul nostro tagliere, suggeriamo anche diverso ghiotto utilizzo che conduce a questa leccornia: Terrina di fonduta “Pecorino delle Balze Volterrane da Asserbo” con funghi porcini trifolati su bruschetta. E circa i vini? Non si può negarlo. L’happy problem sussiste. Ciascuno dei tre formaggi pretenderebbe un vino solo per sé. E però, pensa e ripensa, una soluzione vincente, quasi certamente gradita ai gourmet che beneficeranno di questo ghiotto tagliere l’abbiamo trovata. Eccola: Colli Orientali Del Friuli Picolit Passito. Un autentico tocco di classe per tutto il già sontuoso e squisito tagliere.
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La salsa di soia Kikkoman a fermentazione naturale è un classico Develey ed è adatta sia per cucinare sia da utilizzare come condimento. La salsa di soia a fermentazione naturale di Kikkoman viene prodotta, secondo la ricetta tradizionale, con solo quattro ingredienti puri: germogli di soia, gra no, acqua e sale, senza esaltato ri di sapidità.
La fermentazione natu rale lenta dura almeno sei mesi, per dar tempo all’aro ma di svilupparsi piena mente. Le caratteristiche distintive della salsa di soia Kikkoman sono il suo colo re marrone rossiccio e il suo aroma inconfondibile. La giusta dose di salsa di soia conferisce un gusto nuovo e deciso ai contorni crudi o cotti, accompagna ed esalta i piatti etnici, im preziosisce le carni e i su ghi più tradizionali.
Develey, realtà internazionale presente in 11 Paesi con sede a Monaco di Baviera, propone per il mercato Horeca una vasta gamma di oltre 100 referenze, tra queste la salsa di soia Kikkoman. Le sue caratteristiche principali sono l’alto contenuto di antiossidanti e le proprietà digestive e può essere impiegata nella cucina giapponese, cinese e asiatica, ma si adatta perfettamente a tutte le cucine del mondo, compresa quella italiana. Può essere, infatti, utilizzata per condire sushi, sashimi, tofu, carne e pesce, per le marinature, nella cottura di minestre e zuppe e per la preparazione di tante altre salse tradizionali, per esempio la Teriyaki. E non solo. Si può gustare anche su pizza, hamburger, nell’insalata o perfino nel dessert.
Ingredienti per 4 persone: 480 g polpa di manzo, 30 g salsa di soia Kikkoman, 250 g stracciatella classica, 10 g succo di limone, 10 g capperi tritati, 20 g olio evo, pepe e paprika dolce
Per la riduzione: 150 g salsa di soia Kikkoman, 150 g acqua, 50 g zucchero, 1 spicchio d’aglio, Profumi vari (alloro, salvia, rosmarino)
Preparazione: battere a coltello la carne e condirla con tutti gli ingredienti. Lasciare marinare almeno per 30 minuti. In un pentolino bollire la salsa di soia Kikkoman con acqua, zucchero e alloro. Ridurre il composto portandolo fino a circa 200 g. Unire il rosmarino, l’aglio e la salvia. Spegnere dopo alcuni minuti e filtrare. In un piatto fondo, mettere la stracciatella con un tocco di pepe. Sistemare al centro la tartare con l’aiuto di uno stampino. Condire con la riduzione di salsa di soia, gocce di olio al basilico e crostini di pane.
La versatilità di Kikkoman in 40 ricette
Develey, in collaborazione con lo chef Gregori Nalon ha sviluppato per gli operatori dell’Horeca 40 ricette di cucina italiana. Di origine veneta, con esperienza sia in campo nazionale che internazionale, Gregori ha messo in campo tutto il suo know-how per rendere le ricette uniche, eleganti e saporite, esaltando la versatilità della salsa di soia Kikkoman. Il risultato di questa proficua collaborazione sono le 40 ricette consultabili sul sito www.develey.it/brand/kikkoman �� cod 93096
Un cubetto, del peso approssimativo di dieci grammi, solubile in acqua calda , rivestito di stagnola e commercializzato in astucci di cartone da sei pezzi, ventiquattro se in confezione familiare: così si presenta ancora oggi il dado da brodo, anche se l’industria alimentare lo ha reso disponibile in forme diverse, granulare, gel o brodo già pronto.
Se lo conosciamo è grazie al barone tedesco Justus von Liebig, studioso e ricercatore nel campo della trasformazione e conservazione alimentare, che crea nell’Ottocento l’estratto di carne, commercializzato in vasetti di vetro. Sfruttando la moda francese di quegli anni di omaggiare un gadget al clienti per fidelizzarli all’acquisto, Liebig utilizzò le figurine da collezione, di cui sono state stampate fino al 1975 oltre 1800 serie. Sulle prime due serie viene riprodotto l’impianto di produzione dell’estratto di carne a Frai Bentos in Uruguay, dove la materia prima costava infinitamente meno
che in Europa, oggi il luogo è inserito nella lista dei patrimoni dell’Umanità riconosciuti dall’Unesco.
All’inizio del Novecento uno svizzero di origine lombarda, Julius Maggi, lancia sul mercato un preparato in cubetti a base di cereali, grassi ed estratto di carne, atto ad ottenere per semplice diluizione in acqua calda, un nutrimento sostanzioso e a buon mercato. Il suo nome, Bouillon Kub, ad alto contenuto di carne, viene confezionato in caratteristiche, vivaci scatole cubiche giallo-rosse. In effetti Maggi aveva perfezionato e trasferito in scala industriale l’intuizione del tedesco Justus von Liebig. La grafica della confezione di Bouillon Kub ha ispirato artisti diversi come Cappiello e Picasso. L’immagine di una testa di toro in cui un Bouillon Kub è sovrapposto all’occhio sinistro è diventata uno dei manifesti più noti di Leonetto Cappiello (1931). Nel “Paysage aux affiches” di Picasso un brodo Kub viene catturato in una rete di paesaggi urbani cubisti insieme a una bottiglia di Pernod. Occorre attendere gli anni
Sessanta del Novecento per la pubblicità televisiva. Indimenticabili la vignetta de Il vigile Concilia del buon brodo Lombardi e le scenette di Fabrizi e Totò per il brodo Star.
Nella dispensa degli italiani il dado da brodo si è affermato nel periodo fra le due guerre, favorito non tanto dalla qualità intrinseca del prodotto, quanto piuttosto da tre fattori essenziali: praticità d’uso, lunga conservabilità anche fuori dal frigorifero e costo irrisorio. Può essere completamente vegetale, a base di carne bovina, ma anche un mix dei primi due (il classico) oppure di pollo, solitamente definito dado delicato. I principali ingredienti del dado da brodo che troviamo in commercio sono il sale, in quantità variabile, molto spesso oltre il 50% del totale, a seguire gli esaltatori di sapidità (glutammato monosodico). Per il resto gli ingredienti dipendono dal tipo di dado, immancabili sono grassi animali o vegetali, aromi e conservanti e l’estratto di lievito. E per tornare alla pubblicità, “non è vero che tutto fa brodo!” �� cod 92667
Il maestro cavatore e custode del bosco Pino Crestini da Sestino (Ar), nella bella Toscana, ci dice, che il tuber borchii, noto come tartufo primaverile o falso bianco, crea il micelio dopo il tuber magnatum e che quindi, le piogge molto copiose dello scorso settembre hanno salvato molto della stagione del tartufo marzolino che verrà.
In questa stagione non avremo grandi pezzature o dimensioni a livello del melanosporum o del magnatum ma già cavare pepite di 80/100 grammi, significherà avere un bel tartufo, soprattutto se cavato nei crinali più leggeri.
Il bianchetto, in questo momento, è il tartufo più attuale che ci accompagnerà nei prossimi mesi, anche se ancora troviamo il brumale e il melanosporum e il tuber Borchii lo troveremo fino a tutto il mese di aprile. I tartufi Bianchetto, raccolti nelle pinete di pino nero, di pino silvestre e di pino d’aleppo vanno un pochino scottati per togliere la nota agliacea.
Il Bianchetto è il cugino minore del tartufo bianco e ama le preparazioni gastronomiche calde: i brodi e le fondute di formaggio, in particolare.
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di Giuseppe CristiniUn gesto di narrazione e di poesia dei tartufi, magnificamente intrigante, dove ogni tartufo regala il suo profumo e ogni profumo ha la sua elegante caratteristica sensoriale. In realtà, in questo momento, sono sei i tartufi che si possono raccogliere, poiché il tartufo brumale o tartufo nero di inverno nella sua versione moscato, fa sempre parte della stessa famiglia.
Iniziamo quindi con il magnatum, che esprime una pepita molto profumata ed elegante, che possiamo trovare in natura fino a fine gennaio.
Accanto al prezioso bianco pregiato, incontriamo il tuber melanosporum, il périgord francese, che esprime una finezza e una raffinatezza sconfinata, che nulla teme olfattivamente nei confronti del più blasonato bianco, anche se con declinazioni differenti.
spesso nasce negli areali dove vegeta il tartufo bianco. Questo tartufo esprime sempre profumi fini e delicati. E poi il brumale nelle due versioni, quella più fungina e muschiata del nero d’inverno e quella più accattivante nella varietà moscato, finemente dolce, aromatico e appagante.
Incontriamo il tuber uncinatum, che si presenta con un peridio molto pronunciato e marcato, che può trovare ottima destinazione in cucina anche in cottura. Per passare poi al tuber mesentericum, dove la nota fenica imponente non è mai arrogante o aggressiva, soprattutto se raccolto attorno ai 1000 metri di altitudine.
del Tartufo nel Mondo
E questi sono i sette tartufi di questo periodo che Madre Terra ci regala e che riescono a impreziosire le cucine di tutta Italia e di tutto il mondo. Mancano al nostro racconto ovviamente il tuber aestivum e il tuber borchii, ma ne parleremo durante la relativa stagione di produzione. E infine buon tartufo! �� cod 93114
Continuiamo poi con il macrosporum o tartufo nero liscio, che molto
Visita:
www.accademiadeltartufonelmondo.it
Il Ristorante il Tiglio di Montemo naco (Ap) con il suo chef Enrico Mazzaroni, fresco dalla prima stella Michelin, riceve anche il prestigioso diploma di chef ambassador del tar tufo marchigiano nel mondo per la provincia di Ascoli Piceno. A conse gnare il prestigioso diploma il Diretto re della nuova Agenzia per il turismo e l’internazionalizzazione delle Marche, Marco Bruschini che ha detto: «È un grande onore per me e una grande responsabilità per Enrico quella di ricevere questo scettro, perché le sue mani, la sua magia e quella dei suoi colleghi chef possano fare grande la promozione del tartufo e delle Marche nel mondo».
Enrico, in modo entusiasta, riceve questa onorificenza e racconta del suo grande amore per la Sibilla e per i Sibillini e per questa Terra che ha nel cuore: «Con fierezza vorrei portare la bellezza di questi luoghi e la bontà del
tartufo dei Sibillini e della marchigianità nel mondo».
I Sibillini manifestano indubbiamente il miglior tartufo nero d’Italia e così Enrico mette nella sua cucina tutta la sua magia e quella del tartufo per regalare all’ospite un sogno magico.
Il direttore Marco Bruschini è pronto a lanciare il progetto internazionale “Le Marche nel mondo” e aggiunge che il tartufo tutto l’anno è un grande richiamo turistico per un turismo del lusso e altospendente, capace di far parlare delle Marche nel mondo.
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Icuochi e gli allievi che frequenteranno i corsi master nel Centro Accademio di Ca’ Virginia potranno trovare una dimensione di sperimentazione, di nuove proposte per un’alta formazione accademica fatta di valori sensoriali, di contaminazioni e di nuovi sapori e profumi per abbinamenti intriganti e affascinanti.
La Residenza di Ca’ Virginia Country House (Pu) mostra l’esperienza di accoglienza e di ospitalità del mondo gastronomico legato al tartufo, potendo contare, a due passi dalla struttura,
della presenza di tartufaie naturali coltivate che, assieme alla figura del cavatore e del cagnolino, fanno diventare tutto più facile e più bello, grazie a una filiera produttiva a centimetro zero. Nel primo Centro Accademico Internazionale pre sente al mondo verranno svolti corsi di alta formazione, master gastronomici, show cooking e si potrà anche scopri re la bellezza di abbinamenti di piatti al tartufo con i vini di tutto il mondo, per arrivare a raccontare un territorio che mette in mostra anche i nuovi mestieri della cucina. �� cod 93439
iuseppe Cristini e Massimo Garofoli hanno affrontato le tematiche dell’unione dei sapori tra il pesce e il tartufo ed, essendo Garofoli uno dei massimi esperti del pescato dell’Adriatico, è sicuramente in grado di trovare un sublime abbinamento con le varie tipologie di tartufo. Infatti lo chef afferma: «Ci stiamo impegnando in un progetto che punta a fondere la terra il mare: i profumi del tartufo e i sapori del mare Adriatico». Due sono i piatti pesce e tartufo che Massimo propone in carta nel suo ristorante a due passi dal mare.
Il primo è sicuramente uno spiedone di coda di rospo e salsiccia, fatto alla brace, con una base di spinaci e con le ossa della coda di rospo: ci ricaviamo un fondo come si faceva nella cucina classica di carne e la uniamo a una salsa al tartufo nero. A completare copiose lamelle di tartufo nero pregiato.
L’altro piatto è una canocchia glassata con acqua della stessa, affiancata a una costina di maiale aromatizzata con il tuber macrosporum, e poi fatta ai ferri unite a cime di rapa, andando a recuperare la parte acida con una granita di melograno. �� cod 92866
L’azienda maceratese è stata premiata per la genuinità del sogno dei due soci, Silvano Buccolini e Giuliana Papa, di poter recuperare ricette di una volta e varietà di antichi frutti, omai scomparsi dal territorio
Di PietroIl team 5-Hats, società di marketing strategico e operativo nel turismo e nel food&beverage e specializzata nella valorizzazione territoriale, ha assegnato per il sesto anno consecutivo il Premio Follia Creativa. Il riconoscimento viene annualmente assegnato a produttori,
professionisti, ristoratori albergatori che si distinguono nel settore Horeca per proposta, innovazione o sentimento imprenditoriale. Ad aggiudicarsi il premio per il 2022 è stata l’azienda agricola Si.Gi di Macerata.
Per Alessia Grola, presidente di 5-Hats: «Ogni anno il momento di assegnare il premio Follia Creativa diventa l’occasione per ripercorrere tutte le meravigliose esperienze che si sono vissute come team e ci tro-
viamo sempre in grande difficoltà a scegliere tra queste quella che maggiormente ci ha emozionato. Il rispetto del lavoro degli “artigiani del gusto” ci costringerebbe a premiarli tutti per il loro impegno, per il loro amore per ciò che fanno e per quello che insegnano con la loro professione... però purtroppo la scelta finale va fatta per assegnare il premio e siamo davvero emozionati nell’aver identificato questa piccola realtà marchigiana.
L’azienda agricola Si.Gi è sicuramente la degna rappresentante dei “Folli Creativi”».
Quest’anno è stato un anno “folle” e, quindi, in linea con il tema del riconoscimento: il vero anno di “liberi tutti post lockdown” ha accelerato una serie di opportunità e anche la conoscenza di nuove, per lo meno per noi, realtà sul panorama produttivo nazionale.
L’azienda, già vincitrice quest’anno del Wh Platinum Award al Merano WineFestival 2022, ha colpito immediatamente la nostra commissione in visita in azienda per la genuinità del sogno di poter recuperare ricette di una volta e varietà di antichi frutti, scomparsi dal territorio maceratese, come il gelso nero, la giuggiola, il fico Buccolini e Giuliana Papa, soci nel la voro e nella vita: le loro prime lettere formano anche il nome del brand, che unisce il desiderio imprenditoriale -
te sull’ambiente. Si.Gi oggi raccoglie l’eredità di altri grandi professionisti -
lmann nel 2021 e come nel 2020 il
zio portando il “Follia Creativa” per la prima volta nel centro Italia (nel 2019
clettica ristoratrice Antonella Passione nel suo meraviglioso ristorante).
chi ha il coraggio di sentirsi folle e creativo
L’azienda si aggiunge quindi a un albo d’oro di professionisti che di anno in anno vanno a costituire un vero e proprio movimento di rinascita e trasformazione del settore ristorativoturistico italiano. Il nostro compito, sempre vivo e sempre emozionante, è quello di dare voce a queste realtà che rappresentano al meglio il fare bene del Made in Italy, resistendo ed illuminando un percorso di certo fatto di molti sacrifici e fatiche, ma impreziosite dal genio e dalla resilienza di un Paese che non molla. Complimenti a voi folli creativi.. e complimenti a chi oggi ha il coraggio di sentirsi un pò folli o un pò creativi.
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La qualità costa all’agricoltore e va ad incidere sul consumatore attento, che vuole godere di un prodotto sano, che diventa anche esaltatore dei sapori e degli ingredienti della cucina regionale italiana
olitamente si pensa che una brutta annata in agricoltura, non possa essere peggiore di quella che verrà l’anno seguente. Purtroppo devo smentire questa affermazione, perché anche la raccol-
ta, che ci siamo appena lasciati alle spalle, ha portato meno quantità dello scorso anno, con un arrivo di mosca tra ottobre e novembre, che ne ha pregiudicato in alcune zone, la qualità.
Siamo passati da stime di produzioni del 2021 a circa 350mila tonnellate di olio extravergine, a 220mila tonnellate di questi ultimi
mesi. E quindi quest’anno non avremo olio eccellente sulle nostre tavole? Tutt’altro.
Ci sono grandi produttori che da lustri, producono in maniera seria e integerrima, riuscendo sempre a creare oli con profili sensoriali davvero emozionanti.
Queste donne e uomini, che vorrei definire eroi, dal Trentino, alla Toscana, passando per tutte le regioni del centro sud, hanno imparato sulla loro pelle che, per non scendere a compromessi con la indispensabile qualità dell’extravergine, bisogna seguire una filiera rigorosa fatta di poche regole, ma severe: raccolta all’invaiatura dell’oliva, tra i primi giorni di ottobre, (in Sicilia anche alla fine di settembre) e i primi di novembre.
Trasportare le olive immediatamente al frantoio e dove possibile, trasformarle entro pochissime ore. Usare solo frantoi moderni a ciclo continuo, con frangitori a dischi, martelli o coltelli e filtrare l’olio, meglio se prima della sua conservazione in cisterne di acciaio inox controllate da gas inerte come l’azoto o l’argon. Non imbottigliare tutto il prodotto subito, ma aspettare i vari ordinativi e per ultimo, anche qui in Italia il marketing e il packaging dell’olio per la vendita finale, sono diventati un argomento serio, per far arrivare al consumatore finale, consapevole e attento a questo alimento.
Se questi passaggi vengono compiuti con disciplina e attenzione, ci saranno due inevitabili effetti che ricadranno positivamente sul consumatore finale; l’olio sarà particolarmente profumato, fresco anche d’estate e in bocca avrà quasi sempre note amari e piccanti, frutto di antiossidanti naturali all’interno dell’oliva come i tocoferoli e i polifenoli, che danno all’extravergine
un aroma intenso e speziato. Il secondo fattore, ma che non è un peso per l’utente che sta per acquistare l’olio, è che un litro di quell’oro verde o meglio ancora, mezzo litro di quel prodotto, non potrà costare meno di 12 euro.
Questo perché lo sappiamo fin da bambini, la qualità, (quella vera e non quella sbandierata ai quattro venti), costa all’agricoltore e quindi, va a incidere anche sul consumatore attento, che vuole godere di un prodotto sanissimo, che finalmente diventa anche esaltatore dei sapori e degli ingredienti della nostra cucina regionale italiana.
Come ogni anno, in questa rubrica, mi ritrovo con piacere ma anche con un tono di preghiera verso i produttori, a esortarvi a creare sempre di più un olio di estrema qualità, pretendendo il rispetto dai frantoiani e dai vostri fornitori. Ai consumatori, che siamo noi, raccomando l’attenta lettura dell’etichetta della bottiglia, che racconti di un olio con una data di produzione certa, magari con su scritta la provenienza regionale o territoriale, grazie alle decine di Dop sparse in Italia e alle diverse Igp regionali.
E come iniziammo a raccontare ventidue anni fa, insieme al grande Gino Veronelli in tutto lo stivale, se il consumatore sapesse da che varietà di olive proviene l’olio, sicuramente si affezionerebbe di più al prodotto, chiedendo di acquistarlo sempre e quindi creando quella filiera dell’olio di eccellenza, che tutti noi stiamo aspettando da anni. Quindi, buon acquisto consapevole.
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Il vino e l’olio sono il vanto della Cantina e del Frantoio dell’Agraria di Riva del Garda (Tn), cooperativa che sta per festeggiare i 100 anni. La Cantina è dotata delle più moderne tecnologie al pari degli impianti all’avanguardia del Frantoio per la frangitura, l’estrazione e la separazione delle olive, raccolte con sistemi tradizionali da un centinaio di famiglie che curano un patrimonio di oltre 85mila piante sul territorio. �� cod 93524
Migliore rispetto ad altri grassi alimentari, un nuovo studio evidenzia i meriti di questa preziosa spremuta di olive: benefici resi noti dall’esperto di nutrizione e tecnoloGiorgio Donegani del comitato scientifico di Italia a Tavola che, insieme all’Oleificio Zucchi, racconta come l’olio extra vergine d’oliva possa essere un prezioso alleato per una vita all’insegna del benessere. L’olio extra vergine è un alimento in grado di proteggere il nostro cuore. Tra le ricerche più importanti, un recente studio americano ha preso in considerazione i dati di salute su un lungo arco di tempo (dal 1990 al 2014) di oltre 60mila donne e più di 35mila uomini, arrivando a concludere che anche solo 7 giorni di olio d’oliva al giorno riescono a ridurre il
rischio di malattie cardiovascolari del 15% e il rischio di malattie coronariche del 21%. Prendersi cura della propria pelle, inoltre, è un’importante pratica di benessere. Come spiega iil dottor Donegani: «L’olio extra vergine d’oliva ha un buon contenuto di tocoferoli, precursori della vitamina E, che viene definita la “vitamina della giovinezza” per la sua capacità di proteggere la pelle dall’invecchiamento precoce e di aiutare a fissare l’abbronzatura». Nell’ottica di una vita sana e longeva, è necessario contrastare anche i cambiamenti che favoriscono la progressiva perdita della massa ossea. «Diversi studi - prosegue Donegani - hanno confermato l’utilità dei polifenoli dell’olio extra vergine d’oliva per le ossa».
�� cod 93517
Vallepicciola, situata a Castelnuovo Berardenga (Si) nel Chianti Classico meridionale senese, vanta 107 ettari della proprietà. La cantina e la struttura ricettiva, tra cui gli ambienti di degustazione e la ven dita dei prodotti aziendali, sono inse riti in un contesto architettonico natu rale davvero unico. L’assaggio dei vini è stato molto interessante perché i tre vini proposti erano l’espressione più importante del territorio del Chianti Classico meridionale: il Vallepicciola
2021 Igt Toscana Bianco Chardonnay 100% Chardonnay in purezza invecchiato in barriques per 12 mesi, il Vallepicciola 2020 Igt Toscana Rosso Sangiovese 100% ottenuto da uve Sangiovese 100% con venti mesi di invecchiamento e quattro di affinamento in bottiglia e il Migliore 2019
Igt Toscana Rosso, creato con uve Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot, provenienti dai vigneti Montrepoli, Poggione e Mordese. Non poteva mancare l’assaggio dell’olio extravergine Dop Chianti Classico, frutto della spremitura delle olive Frantoio, Leccino e Moraiolo provenienti da 4mila piante sparse nell’azienda. Sentori di mela verde e foglia di carciofo con un finale speziato davvero intrigante. �� cod 93554
Eros Teboni
Miglior sommelier del mondo Wsa 2018
a bottiglia di spesso vetro scuro molato artigianalmente, con etichetta scritta a mano, del “Barbaresco 1870”, conservato alla Cascina Drago di San Rocco Seno d’Elvio (Cn), ne fanno la più antica bottiglia di Barbaresco in circolazione, ma le origini del celeberrimo vino piemontese sono molto più antiche. Tutti o quasi sono concordi che furono i Romani dopo la conquista delle Gallie a iniziarne la coltivazione, disboscando i fitti querceti di queste zone per impiantare vigneti di uva Nebbiolo. Il vitigno da cui, dopo almeno 26 mesi di affinamento si ottiene il Barbaresco, si coltiva nei territori comunali di Barbaresco, Neive, Treiso e frazione San Rocco Seno d’Elvio di Alba, su suoli calcarei, argillosi, esclusivamente in aree collinari. La famiglia Racca, il conte Riccardi Candiani di Neive e la famiglia Gaja di Barbaresco, che nel 1961 rinuncerà a produrre barolo, per dedicarsi al Barbaresco, sono stati precursori nel promuovere questo grande vino nel mondo. cod 92688
BARBARESCO DOCG IL BRICCO PIO CESARE
Varietà: 100% Nebbiolo
Forma di allevamento: guyot
Prezzo medio: 80 euro
Uno storico brand piemontese, fondato nel 1881 da Cesare Pio, imprenditore illuminato capace di portare nel mondo i suoi eccellenti Barolo e Barbaresco. E anche oggi dal suggestivo quartier generale della pluripremiata cantina piemontese, costruito a fine ‘700, sulle antiche mura romane della città di Alba, la Pio Cesare prosegue la sua affermazione con Pio, Augusto, Cesare e Federica Rosy. 70 ettari di vigneti, compresi i 14 destinati a Nebbiolo nella zona del Barbaresco. L’assaggio ci entusiasma, un sorso di grande struttura e potenza, rotondo, corposo, complesso, dal finale persistente, con note balsamiche, speziate, floreali, di frutti rossi maturi e viola. Una bottiglia di notevole livello prodotta in limitate quantità, da lasciare alcuni anni in cantina.
In abbinamento: Carrè di cinghiale alla griglia, salsa alla senape e spuma di polenta ricetta di Gian Marco Stefani del ristorante Stefani dal 1888 e socio Euro-Toques Italia
Varietà: 100% Nebbiolo
Forma di allevamento: guyot
Prezzo medio: 125 euro
È nei primi anni sessanta che si origina questa felice avventura imprenditoriale grazie a Giuseppe Rivetti, detto Pin e a Lidia. Proseguiranno i figli Carlo, Bruno, Giorgio e Giovanna inizialmente dedicandosi al moscato, il primo sul territorio nazionale a essere ottenuto da un singolo vigneto, per arrivare al Barbaresco con il vigneto Gallina nel ‘95, lo Starderi nel ’96 e il Valeirano nel ‘97. Lo Starderi si origina a 230 m slm, da vigne con un’età media di 55 anni, su suoli di marne calcaree con piccole percentuali di argilla. Ogni anno se ne ricavano appena 7mila bottiglie e circa 400 Magnum con dieci anni di affinamento. Un sorso elegante, strutturato, fresco, coinvolgente, che al naso manifesta lievi sentori di frutta rossa matura, mora, prugna e una nota esotica. In bocca è potente, equilibrato, persistente, ma anche sapido e tannico, con finale maestoso, intenso e lungo. In abbinamento: "Il piccione del Valdarno, composta di mela e cipolla", ricetta di Fabrizio Girasoli del Ristorante Butterfly (1 stella Michelin) e socio Euro-Toques Italia
Varietà: 100% Nebbiolo
Forma di allevamento: guyot Prezzo medio: 48 euro
È una storia di famiglia quella degli Abrigo, impegnati già negli anni '40 nell’attività di produzione e vendita di uva e vini. Un'azienda che ha fatto del Barbaresco il suo mantra, con 21 ettari vitati rispetto ai tre iniziali e la nuova cantina, sorta nel 2013, su progetto dell’architetto Marco Ferreri. Risale al 1996 l’acquisto della prima vigna nel cru Montersino a Treiso (Cn), dedicata al Barbaresco come il cru Merruzzano. Un Barbaresco espressione della varietà di Nebbiolo Lampia, ottenuto con pigiatura soffice, macerazione sulle bucce per circa 25 giorni e affinamento in barrique, tonneaux e legni nuovi. Al naso sentori di piccoli frutti rossi e neri e note balsamiche di liquerizia e tabacco. In bocca un crescendo, prima lieve, poi tannico, sontuoso, potente e di grande persistenza. Da stappare subito o da lasciare in cantina per alcuni anni.
In abbinamento: "Il Daino di Uberto a passeggio tra i noccioli della Pedemontana", ricetta di Alessandro Gavagna della Trattoria Al Cacciatore (1 stella Michelin) e socio Euro-Toques Italia
affinata quattro mesi in acciaio e altrettanti in legno (botte grande).
storia della Agostino Pavia è legata da sempre al territorio: i vigneti, tutti di proprietà, lo testimoniano.
Giuseppe e Mauro Pavia hanno voluto creare un'identità forte con la loro terra tanto che, nel comune di Agliano Terme (At), propongono agli appassionati la Barbera d'Asti in diverse espressioni.
Le tappe del loro cammino sono tutte importanti: negli anni '80 selezionano i vigneti nelle posizioni più adatte per la coltivazione del vitigno Barbera e, tramite accurati affinamenti, propongono sul mercato ben quattro tipi di Barbera d'Asti: Barbera d'Asti Superiore “La Marescialla”, Barbera d'Asti Superiore “Moliss”, Barbera d'Asti “Blina”, Barbera d'Asti “Casareggio”, tutte prodotte in collaborazione con l'enologo Lorenzo Quinterno. La Barbera d'Asti Superiore “Moliss” viene affinata in tonneau e botte grande per un anno in un “gioco di legni” che la rende unica. Entrambe sono equilibrate e intense. La Barbera d'Asti “Blina” viene affinata per un anno nell'acciaio ed è caratterizzata da un fruttato più accentuato, mentre la Barbera d'Asti “Casareggio” viene
Ma è la Barbera d'Asti Superiore “La Marescialla” il vino ammiraglio, ottenuta da un'accurata selezione di uve da vecchi vigne ti. "La Marescialla" viene ottenuta con una macerazione delle vinacce per 13-15 giorni, con frequenti rimontaggi. La fermentazione alcolica è a 28-30° C e maleolattica entro dicembre, mentre a gennaio è previsto il travaso e l'affinamento in barriques di Allier per 11-12 mesi. L'assemblag gio è in vasche d'acciaio per circa 3 mesi e l'imbottigliamento avviene nel maggio successivo. L'affinamento minimo in bottiglia è di 6 mesi. La capacità di invecchiamento è di 7-9 anni. Si presenta di colore rosso rubino intenso, con delicate sfumature violacee. Dal bouquet con intense note di frutta sciroppata e vaniglia, seguite da sensazioni empireumatiche (cacao, pane tostato, caramello, caffè torrefatto, frutta cotta). Al palato si presenta con una varietà di sapori che vanno dalla frutta rossa fresca alla confettura, dal vanigliato allo speziato, dal vinoso al goudron.
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La cantina Agostino Pavia di Agliano Terme (At) propone quattro tipi di Barbera d'Asti: Barbera d'Asti Superiore “La Marescialla”, Barbera d'Asti Superiore “Moliss”, Barbera d'Asti “Blina” e Barbera d'Asti “Casareggio”
Per affrontare con positività e lo sguardo rivolto al futuro la situazione attuale, cercando di lasciarci alle spalle il Covid-19, l’head sommelier del ristorante Terrazza Gallia di Milano, Paolo Porfidio, vincitore del Premio Italia a Tavola-Personaggio dell’anno 2019, nella categoria Sala e Hotel, prosegue su www.italiaatavola.net la video-rubrica dedicata ad alcune eccellenze del panorama vinicolo italiano. In questa pagina proponiamo la sintesi di alcune fra le più recenti video-degustazioni.
Vino ottenuto da uve Sangiovese (97%), presenta un colore rosso rubino intenso. Al naso le caratteristiche dei vitigni si armonizzano a dare un grande impatto olfattivo, in cui ribes e amarena si legano a nette note di cacao, tabacco e caffè. Impatto equilibrato dall’affinamento in legno che contribuisce con lievi sentori eterei. Il gusto è pieno, raffinato e complesso. Il tannino è morbido e la presenza di una equilibrata acidità rende l’assaggio affascinante sia a livello tattile sia gustativo. Si abbina perfettamente a primi piatti di cacciagione e al tartufo, cinghiale in umido e secondi piatti saporiti, con importanti salumi e formaggi stagionati. cod 92000
La selezione Laiten cresce su ripide colline in terreni calcarei, magri e ciottolosi. Una tessitura che dona a questo Lagrein freschi profumi di frutti di bosco come more e lamponi, abbinati ad un tannino vellutato che conferisce armonia ed equilibrio. Colore rosso rubino profondo; grande armonia al naso con sensazioni fragranti di frutti di bosco e spezie su uno sfondo caldo e avvolgente che ricorda il cioccolato. Gusto ricco, complesso e dalla lunga persistenza gusto-olfattiva; tannini dolci e setosi. Vino ideale per accompagnare piatti di carne in umido, selvaggina come anatra o faraona e la tipica carne salada trentina. Ottimo anche abbinato a formaggio o primi piatti saporiti. cod 92002
Rosso rubino intenso con riflessi violacei. Gli aromi sono profondi e complessi costituiti da un bouquet di frutta matura, uva passa, mora, amarena, cannella con un retrogusto di vaniglia e cioccolato fondente. Al palato è avvolgente, caratterizzato da un ricco bouquet di ribes nero, frutta sotto spirito e una nota speziata di pepe, tabacco e liquirizia. Un vino carnoso, pieno e ricco, ben vivacizzato dalla sapidità e dal perfetto bilanciamento tra tannini vellutati e acidità. Sfuma nel finale lungo ed inesauribile che ricorda tutte le sensazioni di tostatura del passaggio in legno al quale è stato sottoposto. Eleganza e struttura lo rendono perfetto con selvaggina da piuma e da pelo, carni rosse e formaggi a lunga stagionatura. cod 92514
La Capitale della Cultura italiana, che vede Bergamo e Brescia protagoniste nel 2023, abbraccia anche le produzioni enogastronomiche del territorio. La promozione delle eccellenze vede coinvolte anche le aziende vitivinicole e agroalimentari che, raggruppate sotto il cappello della Strada del Vino Valcalepio e dei Sapori della Bergamasca, sono pronte a mettere in mostra le loro peculiarità nei confronti dei moltissimi visitatori e turisti che sbarcheranno nelle due province.
Il 2023 sarà, infatti, un anno intenso di attività per la Strada del Vino Valcalepio e dei Sapori
della Bergamasca, che sta intessendo importanti relazioni con partner istituzionali in modo da cadenziare l’anno della Capitale della Cultura con una serie di eventi sia sul territorio che fuori provincia. Entro la primavera sarà presentata la nuova guida sulla ciclovia che unisce Bergamo e Brescia, un simbolo dell’unione fra le due città, in occasione del grande riconoscimento ricevuto, dove verranno mappate tutte le attività ricettive e di accoglienza pronte a ricevere cicloturisti e visitatori.
Ma l’attività della Strada del Vino Valcalepio e dei Sapori della Bergamasca prevede anche missioni internazionali in collaborazione con Visit
Bergamo e Sacbo, la società di gestione dell’aeroporto Il Caravaggio di Bergamo, verso nazioni e destinazioni che sono particolarmente vocate all’aspetto vitivinicolo e alla promozione dei prodotti agroalimentari. Sarà un 2023 importante e decisamente interessante anche grazie alla collaborazione con le istituzioni del territorio, da Regione Lombardia alla Provincia di Bergamo. Durante l’anno saranno inoltre organizzate visite e degustazioni in Bergamasca, in modo da mettere in luce le qualità delle produzioni tipiche. «Si tratta di un anno straordinario per promuovere la nostra cultura enogastronomica - commenta Enrico Rota, presidente della Strada del Vino Valcalepio e dei Sapori della Bergamasca - L’associazione, che conta più di 250 associati, sarà presente sia nella provincia di Bergamo sia nel resto d’Italia e all’estero con una serie di eventi, manifestazioni e attività». �� cod 93449
laudia Sciacca e Andrea Annino si conoscono in ingegneria a Catania, si sposano e lavorano insieme. Ma Claudia il cemento e i ferri non li ama molto, sogna la campagna, la vigna e fare un buon vino. Andrea da buon marito la segue. L’occasione la trovano nel 2016 a Caltagirone, territorio storico del vino, oggi al centro della sottozona classica dell’unica Docg dell’isola: il Cerasuolo di Vittoria, esattamente in contrada Valle delle Ferle. Sono 15 ettari, a quote poco meno di 400 m, con 11 di vigneti di soli Nero d’Avola e Frappato, 4 di quasi 50 anni con i due vitigni in pari frammisti a caso, gli altri li reimpiantano. Gli ingegneri ristrutturano il fabbricato realizzando, oltre alla cantina, 4 camere per l’ospitalità, un ampio salone per degustazioni ed eventi.
Tutti i cinque vini sono cru adagiati nel fondo valle in terreni pretta-
mente sabbiosi ricchi di minerali e materie organiche, quindi in un territorio ideale. In totale riescono a fare 20mila bottiglie all’anno. Degustiamo il Cerasuolo di Vittoria 2017, le cui uve sono vendemmiate insieme: tutto il processo avviene in acciaio a temperature controllate, con 2 anni in affinamento e 2 in bottiglia prima della vendita. Tra i premi ottenuti la gran medaglia d’oro al CMB col punteggio di 97/100.
Nel calice colore rosso rubino intenso: un olfatto di frutta rossa ancora fresca e di bosco anche con sensazioni muschiate, un tocco di vegetale e di balsamico, un insieme complesso ed elegante; al palato spicca il suo equilibrio acidotannico, una certa sapidità e tanta fragranza che fa risentire le note olfattive, un finale lunghissimo. Un vino di grande e affabile beva da abbinare a piatti di carne e ai salu mi, anche da pasteggiare in salotto. Ancora disponibili poche bottiglie, eventualmente prenotate la 2019.
cod 92717
Ricercato il packaging nella forma della bottiglia e nell’etichetta serigrafata in oro: una sorta di farfalla, forse un fiore. Una spirale che si avvolge con garbata eleganza dal contenitore al contenuto per ricordare il carattere e la finezza di Mirede, la moglie di Alberto Massucco, a cui viene dedicata questa cuvée.
Chardonnay in purezza, le uve provengono dai vigneti Grand Cru di Avize (30%) e Oger (10%) della vendemmia 2019, fermentate per circa un terzo in barrique, più quelle (30%) del primo vigneto di proprietà, oltre a un ulteriore 30% di vins de réserve del 2018. Dopo 30 mesi sui lieviti, viene dosato a 2 g/l.
Il risultato è uno champagne dalla bollicina delicata, scorre piacevole al palato con richiami floreali, un accento tropicale e si mantiene elegante e coerente. Lunga e persistente la chiusura. L’etichetta Mirede si aggiunge alle altre referenze di Alberto Massucco: AMC00, AMC02, Mon idée de Cramant e Millésime 2018 Alberto. In cantina Erick De Sousa, indubbiamente uno dei più stimati vigneron della Côte des Blancs e grande amico di Alberto, ha saputo tradurne il pensiero e i gusti. cod 93334
La figura del fondatore Giorgio Lungarotti è stata determinante per favorire la conoscenza dei vini umbri nel mondo. Alle figlie Chiara, Teresa e Maria Grazia l’importante compito di sviluppare l’azienda che adesso può contare su 250 ettari vitati per una produzione di 2.500.000 bottiglie. Il bianco di Torgiano Torre di Giano 2020, da uve Vermentino, Grechetto e Trebbiano è di un luminoso giallo paglierino. Seducente olfatto improntato a sensazioni calde estive di pesca gialla e llitchi. Prevalenti le caratteristiche del Vermentino.
Il bianco di Torgiano Vigna al Pino 2017, da uve Vermentino, Trebbiano e Grechetto, fermentato e maturato in barrique ha un manto paglierino splendente. Il naso è diretto contraddistinto da albicocca, cedro, maracuja e zagara. Prevalenti le caratte-
ristiche del Grechetto.
Il rosso di Torgiano Rubesco 2019, da uve in mas sima parte Sangiovese con un saldo di Colorino è di un intenso rosso rubino. Bouquet odoroso che spazia da ribes, melograno e rosa cani na per poi virare su note balsamiche, fave di cacao, tabacco da pipa, caffè. Un vino, se vo gliamo pioneristico, concepito 60 anni fa da Giorgio Lungarotti. Il Torgiano rosso Riserva Rubesco Vigna Monticchio 2015 è un Sangio vese in purezza. Timbro olfattivo impostato su confetture di mirtilli neri e visciole sotto spirito, seguite da suggestioni di petali di rosa e viola, mirto, sandalo e china. Gran finale con il Sa grantino di Montefalco 2017: vino biologico di un rosso rubino sfumato sul bordo con riflessi granato. Un bouquet di visciole e more, ginepro e cioccolato si arricchisce di polvere di caffè e accenni floreali, più delicati i richiami di tabac co da pipa e chiodi di garofano.
si trovano nella zona di Brenntal (Bz), sotto il centro del paese, su pendii posti tra i 220 e i 300 m.s.l.m., esposti a sud-est e molto ripidi.
Un blend di 77% Merlot, 20% Cabernet Franc e 3% Cabernet Sauvignon, prodotto dalla storica cooperativa altoatesina Kurtatsch solo nelle annate migliori dalle tre parcelle più vecchie e vocate che vengono raccolte e vinificate separamente. I vigneti
I terreni dedicati alla coltivazione di Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc sono di tipo ghiaioso, poroso, dolomitico-calcareo con argilla, mentre per la coltivazione del Merlot presentano un terreno limo-sabbioso e argilloso con sabbie ferruginose; suoli ideali per conferire struttura e finezza a queste varietà a bacca rossa. Dopo aver fermentato in tini di legno e affinato in barrique di rovere francese per altri 15 mesi, permane in botte grande di rovere per 9 mesi e in bottiglia per 4/5 anni.
Il nome Tres racchiude parecchi significati: è il numero delle uve, che danno il meglio di sé nell’unione della nuova etichetta; è il numero dei valori fondanti, rappresentati dai tre cipressi, dell’azienda. Ma è anche un omaggio ai luoghi che costituiscono l’identità di Kurtatsch, infatti richiama il “Corno di Tres”, la vetta più alta della catena montuosa sovrastante l’abitato, una cima fortemente influente sul terroir di Cortaccia (Bz). Ognuna delle 2.120 bottiglie prodotte nell’annata 2015 è dipinta a mano dall’artista altoatesina Margit Pittschieler, utilizzando come colore il terreno dei vigneti d’origine delle uve. �� cod 93326
n’ondata di novità nel mondo millenario del vino: l’ultima frontiera, nata negli ultimissimi anni e destinata a far parlare sempre più di sé, è la creazione di blend di uve selezionate insieme con Cbd (cannabidiolo). Il risultato è un prodotto a bassissima gradazione alcolica, un aroma inconfondibile e svariate proprietà benefiche.
Il cannabidiolo, fitocannabinoide con bassissimo contenuto di Thc (tetraidrocannabinolo), si è fatto conoscere negli ultimi anni come un vero antidepressivo naturale. La sua estrazione e successiva legalizzazione, proprio a causa dell’assenza di effetti psicotropi, ne ha diffuso l’uso nell’ambito della medicina naturale; d’altra parte, le sue significative proprietà
benefiche ne suggeriscono le infinite potenzialità. Nel Cbd infused wine, il suo sapore caratteristico viene miscelato in modo equilibrato con il vino, dando vita a prodotti molto gradevoli dal punto di vista organolettico.
D’altra parte anche il mondo del vino sta vivendo un’era di sperimenta-
NESTLÈ È PRESENTE SUL MERCATO CON L’ACQUISIZIONE DEL MARCHIO GARDEN OF LIFE’S, PRODUTTORE
DI PRODOTTI A BASE DI CBD
KRAFT HEINZ ENTRA INVESTENDO IN UNA STARTUP AMERICANA
PRODUTTRICE DI CANNABIS: LA FLOWHUB
BEN & JERRY’S FAMOSO BRAND, SOPRATTUTTO IN AMERICA
PER PRODUZIONE DI GELATI LANCIA SUL MERCATO
GIÀ DAL 2019 IL GELATO AL CBD
COCA COLA NEL 2022 SI AFFACCIA AL SETTORE, E VALUTA LA POSSIBILITÀ
DI PRODURRE DRINK CONTENENTI CANNABIS
CERES CON HEMPINESS, UNA BIRRA PRODOTTA CON ESTRATTI
DI SEMI ALLA CANAPA
zione: innovativi metodi di produzione affiancati al recupero di quelli più antichi, uve che vivono nuovi splendori e un approccio sempre più naturale. In quest’ottica si inserisce la gamma dei Cbd infused wines, la cui produzione, e non poteva essere altrimenti, è iniziata in una delle zone vinicole più blasonate del mondo, il Bordolese. Innovativi nello spirito ed eccellenti nella qualità, seguono i produttori californiani, la cui sperimentazione in questo ambito ha portato all’introduzione sul mercato di molteplici etichette di vino al cannabidiolo. Un’alternativa salutare, che aiuterebbe a contenere l’assunzione di alcool e dunque i suoi effetti negativi, portando svariati vantaggi, dall’azione anti-aging al miglioramento dell’umore, da una riduzione del rischio di cancro e diabete alla protezione del sistema cardiocircolatorio.�� cod 93131
I food trend parlano chiaro: siamo sempre di più alla ricerca di escamotage “healthy” che ren dano la nostra routine quotidiana un momento di be nessere e l’utilizzo di Cbd in cucina significa integrare le sue proprietà curative durante i pasti. Una recente speri mentazione ha rivelato che quando il Cbd viene assunto con un pasto ricco di grassi la sua biodisponibilità au menta di circa 4 o 5 volte. Il Cbd è liposolubile, perciò è estremamente facile da aggiungere in una gran de varietà di bevande e ricette in cui sono ri chiesti ingredienti grassi, come bur ro o olio di cocco.
1. Conoscere le normative sulla legalizzazione e sui comunicati rilasciati dall’Efsa (Autorità europea per la Sicurezza Alimentare) e Fda (Agenzia per gli alimenti e i medicinali).
2. Conoscere il target e i suoi bisogni.
3. Distinguersi dai competitors valorizzando il proprio punto di forza in modo creativo e vincente.
4. Trovare degli opinion-leader/influencer che parlino del brand in modo convincente e spontaneo.
5. Evitare affermazioni che riguardano il settore medico sanitario e benefici non supportati da studi e analisi.
6. Essere aggiornati su eventuali restrizioni pubblicitarie.
7. Comunicare anche offline, partecipando a fiere ed eventi, per superare lo scetticismo dei consumatori.
Gli Adaptogens sono erbe e funghi noti per la loro capacità di influenzare il modo in cui il corpo affronta lo stress, l'ansia e la fatica. Piante e funghi forniscono azioni adattogene, quando consumate queste piante colpiscono specifici fattori di stress nel corpo.
Come si diventa q-grader e in cosa consiste esattamente questa professione? Un qgrader è un assaggiatore di caffè molto esperto che riesce a percepirne sapori, aromi e difetti. E ancora il q grader valuta il caffè, utilizzando dei protocolli e delle procedure Sca ( Specialty Coffee Association ) per il cupping (l’arte di degustare il caffè).
Marco Bazzara, sensory project manager e academy director della Bazzara Academy e co-autore del libro “CoffeExperts”, racconta cosa significa essere q-grader nel mondo del caffè, il vantaggio che può dare e i suoi piani per il futuro.
Che cosa significa essere q grader nel mondo del caffè?
Una grande gratificazione per chi è immerso in questo mondo e lo diventa, certamente. Dal punto di vista im-
prenditoriale, inoltre, significa assicurarsi un ruolo di rilievo che dà sicurezza alla propria azienda e autorevolezza nei confronti degli stakeholders.
Perché consiglia di diventare q grader?
Per migliorare la propria percezione qualitativa, fare rete e utilizzare un linguaggio comune con gli altri operatori.
Che vantaggi concreti dà?
Facilità nel proporsi come consulente qualificato. Nel mio caso, posso citare anche un vantaggio nello svolgere il mio lavoro quotidiano: sono in grado di valutare immediatamente la qualità delle origini che vado a selezionare per il reparto acquisti e posso farlo con alle spalle una certificazione che garantisce la mia capacità di operare queste scelte con alta professionalità.
Oltre a essere un q grader, nella Bazzara Academy, che dirige, organizza anche dei corsi per diventarlo. Come è riuscito a organizzare l’unico corso in presenza per q grader in Italia in piena pandemia?
Grazie alla caparbietà di un triestino innamorato del caffè (ride, ndr). Scherzi a parte, ci è voluta una precisa programmazione attuata con la collaborazione di un trainer molto competente. È stato fondamentale anche il continuo contatto con i corsisti da parte di tutto il nostro team, che è stato in grado di gestire e risolvere ogni tipo di problematica, e in quel periodo naturalmente ce ne sono state parecchie.
Ci sono dei q grader che reputa molto bravi e/o che segue? Chi sono i suoi maestri/modelli? Chi le persone che stima nel mondo del caffè?
Ho una buona opinione di molti di loro, alcuni li reputo molto bravi e preparati, come ad esempio Simone Pecora di Olam (ex Arc, Aziende riunite caffè), con il quale, fra l’altro, ho superato il corso.
Che caratteristiche deve avere un aspirante q grader?
Sicuramente un’altissima capacità di concentrazione e un’ottima conoscenza della lingua inglese, tanto per dirne due.
Prerequisiti per pensare di potercela fare all’esame di q grader?
Anche se a volte credo sia meglio azzerare la propria esperienza per non incorrere in errori psicologici du rante le sessioni, a mio avviso, è con sigliabile comunque avere una buo na base tecnica per partecipa re al corso e quindi supe rare l’esame.
possibile i sensi e frequentando corsi con altri q grader o Ast (Authorized Sca Trainer).
rante l’esame?
perché si perde subito la cognizione passando da una tazza all’altra.
Lei è un degustatore certificato dall’acqua al miele, dall’olio al vino, dal cioccolato ai superalcolici: come collocherebbe la difficoltà del percorso di q grader rispetto ad altri esami qualificanti nei diversi settori enogastronomici che ha affrontato?
L’unica altra esperienza che mi sento di paragonare è quella relativa all’esame di qualificazione come esperto in analisi sensoriale del miele. In questo caso si parla di un corso seguito da un esame che dura tre giorni,
dove i nervi vengono messi a dura prova, soprattutto per chi, come il sottoscritto, non è del settore e pratico di apicoltura. La parte più difficile per me, e credo un po’ per tutti, è stata quella del riconoscimento di vari mieli in miscela: è davvero molto difficile identificare i singoli unifloreali.
E quando ha affrontato l’esame da q grader quale è stata la sua maggiore difficoltà?
Il riconoscimento e la comparazione dei diversi tipi di acidità del caffè.
Dalle prove professionali alle gare sportive (è stato ben 8 volte campione del mondo e 14 di volte campione italiano di kung fu), alla sua età ha già raggiunto traguardi piuttosto importanti ma continua a essere sempre sotto esame, come fa a reggere? Qual è il segreto per essere performante? on fermarmi mai!
Scherzo, anche se mantenere il ritmo aiuta a non perdere slancio, a tenere viva la passione e, soprattutto, a ricevere e rimanere sempre aperti continuamen-
opo aver tagliato vari traguardi così importanti, pare siano finite le qualifiche alle quali ambire! Che altro titolo conquisterà ora? Quali sono i prossimi progetti?
Certamente ampliare l’offerta della nostra Academy con corsi mirati e unici. Desidero poi dedicarmi a una mia passione in diversi campi, ovvero il blending, e iniziare a proporre miscele sempre più ricercate, che possano mantenere il loro standard qualitativo nel tempo, a rimarcare la maestria artigianale che contraddistingue noi italiani.�� cod 93345
Importante anniversario per l’ Istituto internazionale assaggiatori del caffè. Trent’anni fa, precisamente il 13 gennaio del 1993, dodici personaggi in rappresentanza del settore caffè e delle scienze sensoriali si ritrovarono, infatti, a Brescia e fondarono l’Istituto internazionale assaggiatori caffè. Intorno alla bevanda avevano lavorato per tutto il 1992, perché ai tempi la bibliografia relativa all’analisi sensoriale del caffè era praticamente inesistente. L’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè (Iiac) è dotato di un importante comitato scientifico che pianifica la ricerca per garantire l’innovazione del settore. �� cod 93249
L’Istituto Espresso Italiano ha presentato le prime miscele premium: quella Masini di Essse Caffè e Action di Caffè Milani, i primi due prodotti a essere insigniti della nuova qualifica rilasciata. Entrambe le miscele sono state sottoposte a un duplice controllo: una prova sensoriale condotta secondo il metodo dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè (Iiac) da un gruppo di assaggiatori specializzati. Poi un’analisi chimica per verificare la loro qualità in termini di molecole aromatiche. �� cod 93237
Avete mai pensato al legame tra lo stile industriale e la Pop Art? Nato a New York City negli anni ‘50, lo stile industriale nasce riutilizzando spazi vuoti come fabbriche e uffici, trasformandoli in case e luoghi da vivere.
Originario della costa orientale degli Stati Uniti, questo stile rimane a tutt’oggi una delle espressioni di design più diffuse nel mondo degli interni grazie alla sua risonanza e riconoscimento ricevuto nel corso degli anni.
Basti pensare alla famosa fabbrica di Andy Warhol diventata un’icona di stile industriale famosa in tutto il
mondo per diversi anni proprio durante l’ascesa della pop art.
A metà tra pop art e stile industriale è il nuovo locale La Grosta, situato nel cuore della Val Rendena, in Trentino, di cui ci racconta il progetto Vasko Cvetanoski, titolare e pizzaiolo. «Ho cominciato a lavorare nel settore alberghiero già dall’adolescenza. Ho lavorato come cameriere, barista, aiuto cuoco e infine come pizzaiolo, e proprio di questo mestiere mi sono appassionato. Anno dopo anno, crescevo sia come persona sia professionalmente, così come la voglia di aprire un locale tutto mio, che rispecchiasse il mio essere e la mia filosofia. Grazie all’aiuto di ControCorrente Design, ho conosciuto Atpko, un artista di Trento. Siamo riusciti a creare uno stile originale, unico e fuori dagli schemi, sicuramente diverso da tutti i locali del Trentino e del Nord Italia».
Ogni dettaglio come la carta da parati, i tavoli, le poltroncine e l’illuminazione scelta è curato in maniera impeccabile e, con l’aiuto di Lusini, questa stessa cura si rispecchia anche nella mise en place. Per le pizze e le pizze gourmet sono stati scelti i piatti pizza della collezione Masca, piatti in porcellana impreziositi da una finitura nera con effetto ceramica che si sposano alla perfezione con i bicchieri Ava dalle tonalità antracite. Completano la mise en place le posate della collezione Liverpool, un servizio di posate ispirato agli antichi servizi dei primi dell’800 ma rivisitato in chiave moderna e contemporanea con un design lineare ed elegante. Per la parte Bar & Mixology la scelta è ricaduta sui bicchieri della collezione Ines in stile vintage. In un perfetto equilibrio tra design e funzionalità, le lavorazioni pregiate ed il decoro ad
intaglio si uniscono alla resistenza e alla robustezza del vetro.
Lusini progetta e realizza prodotti ed attrezzature per il mondo dell’hotellerie e dell’ospitalità che coniugano design e mix di materiali diversi. Una filosofia che ritroviamo all’interno de La Grosta che valorizza e impreziosisce l’estetica ed il design della struttura. Negli ultimi anni Lusini oltre che al mercato nazionale, pone grande attenzione anche al naturale bacino di utenza locale che è rappresentato dall’Alto Adige, il Trentino, il Veneto e la Lombardia.
Con l’apertura del nuovo showroom di Bolzano, inaugurato agli inizi del 2022, è stato dato un’ulteriore impulso all’attività sul territorio con la possibilità per i clienti di poter toccare con mano e vedere i prodotti dal vivo, coadiuvato da un servizio di consulenza e di progettazione mirato alle esigenze specifiche dei clienti.
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Aroma+® è il progetto innovativo brevettato da Siad che permette una ottimale gestione della shelf life dei prodotti alimentari, offrendo al consumatore una migliore esperienza sensoriale grazie alla giusta combinazione tra miscele di gas ed aromi specifici. Foodline di Siad comprende gas o miscele di gas alimentari (azoto, ossigeno, anidride carbonica ed argon) utilizzate per la gasatura delle bevan-
de o, nello specifico, per il confezionamento di un determinato prodotto, esaltandone le qualità organolettiche. Il suo impiego permette di migliorare l’efficienza dei processi produttivi nel confezionamento, nella gasatura dell’acqua, nella surgelazione, nell’inertizzazione e strippaggio; oltre, a ridurre notevolmente i costi di produzione, favorendo la capacità distributiva e tutelando i livelli qualitativi e di sicurezza alimentare. Il Gruppo Siad è attivo da oltre 90 anni nei gas industriali e si distingue per
una presenza storica e consolidata proprio nei settori technical gases, engineering, healthcare, LPG e Natural Gas..
Una richiesta che è arrivata dal mercato
Aroma+® e Foodline sono il risultato di una lunga e continua ricerca effettuata con gas ed aromi studiati per ogni tipo di produzione e necessità. «La richiesta è arrivata dal mercato - fa presente Rhoman Rossi, marketing project manager di Siad -. Un esempio è rappresentato dalla percezione di note negative a livello sensoriale olfattivo che si possono avvertire all’apertura delle confezioni, dovute ai composti organici volatili che possono essere fisiologici e non indice di cattiva qualità. Per rispondere a questa necessità sollevata dalla sua clientela, Siad ha introdotto ormai dal 2015 Aroma+® Il gas, combinato ad aromi naturali, conferisce un profilo aromatico coerente ed idoneo al prodotto confezionato con l’obiettivo di eliminare gli effetti sgradevoli e di presentare il prodotto nel migliore dei modi».
La gestione della shelf life nel settore della carne e dei salumi confezionati ha visto coinvolta anche l’Università degli Studi di Milano, che ha condotto una ricerca prendendo in esame la gestione della shelf life di cacciatorini suini in atmosfera protettiva.
Partendo dall’osservazione visiva supportata da rilevazione colorimetrica, gli esami di laboratorio
hanno dimostrato come l’utilizzo dei prodotti Siad, in questo caso Aroma+® con determinati oli essenziali, permetta di allungarne la durabilità. Durante la shelf life il fenomeno più frequente è lo scadimento organolettico sensoriale negli ultimi giorni di vita del prodotto confezionato, soprattutto per i comparti che si avvantaggiano della atmosfera protettiva, che sempre più si devono avvalere quindi di tecniche innovative. Se da un lato gli alimenti risultano ancora conformi dal punto di vista sanitario, con un profilo microbiologico di sicurezza al consumo, dall’altro non sono accettabili per variazioni come odore di rancido, acido, viraggio di colore, che determinano il rigetto da parte del consumatore.
Nel settore dei salumi e della carne il fenomeno più frequente è proprio lo scadimento sensoriale negli ultimi giorni di vita del prodotto confezionato.
sfera protettiva la tendenza è quindi quella di utilizzare nuove tecnologie: i vapori degli oli essenziali, introdotti via gas alimentare con tecnologia brevettata Aroma+®, sono in grado - in relazione al loro contenuto di composti naturali attivi - di esaltare l’aspetto olfattivo del prodotto senza che ne venga alterato il sapore. Il salumificio Elle Emme con sede a Città di Castello, in provincia di Perugia, conferma che «con Aroma+® riusciamo a fornire un place gradito al consumatore - fa presente Massimo Presenti, socio dell’azienda umbra -. Puntiamo sulla ricercatezza e sull’artigianalità del nostro lavoro, di conseguenza non possiamo permetterci di fare concorrenza al prodotto industriale, ma dobbiamo offrire qualcosa in più, come un buon profumo che rende il salume più accattivante e gradevole».
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Per informazioni: www.siad.com
Siad
�� 035 328111
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Oggi nel confezionamento in atmo-
Aroma+® fornisce un vantaggio per il consumatore
Ldieta senza glutine, per i celiaci, non è una né una scelta né tantomeno un vezzo. È una assoluta necessità. Attualmente non esistono terapie a base di farmaci per la celiachia. Tuttavia ciò non implica una condanna a vita a questa forma di intolleranza alimentare. Anzi, la celiachia può essere
gestita molto bene, neutralizzandone gli effetti sulla qualità della vita. A tal proposito basta seguire un’adeguata dieta senza glutine. Attorno ai regimi alimentari gluten-free gravitano alcuni pregiudizi.
Per esempio quelli che li classificano come un ripiego, o come dei surrogati della dieta “normale”. In realtà la natura offre un’ampia varietà di cibi senza glutine, che coniugano gusto e nutrimento. È sufficiente conoscerli, e sapere come combinarli
in ricette gustose e godibili anche per i non celiaci. Vi è poi un pregiudizio strano, dovuto da un particolare fraintendimento. Il pregiudizio secondo cui la dieta senza glutine farebbe dimagrire. D’altronde, se il glutine è contenuto nella pizza, nel pane e nella pasta, rinunciare al glutine significa rinunciare ai carboidrati. Ebbene, si tratta di un errore di prospettiva. Esistono, infatti, svariate tipologie di pane, pasta e pizza adatte ai celiaci, tante quante sono le farine
senza glutine: farina di riso, farina di mais, di ceci, castagne, mandorle, quinoa e sorgo. Sono solo alcuni degli alimenti gluten-free da cui è possibile trarre delle buone farine.
unque, come abbiamo visto, i celiaci non devono rinunciare ai carboidrati. Tuttavia, è anche vero che alcuni celiaci subiscono una perdita di peso. Perché accade ciò? I motivi sono essenzialmente due, ovvero la diminuzione dell’apporto calorico giorna-
quindi refrattaria - almeno inizialmente - al cambio di dieta. In genere, questo fenomeno non passa inosservato, in quanto il cattivo assorbimento dei nutrienti è solo uno dei tanti sintomi delle forme gravi di celiachia, o delle celiachie non trattate.
Vi sono, inoltre, dei casi benigni in cui la persona affetta da celiachia riesce a sostenere una dieta priva di glutine, ma nel com-
Ma da dove deriva questo processo di dimagrimento? La risposta è semplice, e va rintracciata nelle proprietà di alcuni alimenti glutenfree. Molte farine senza glutine, infatti, sono caratterizzate da un indice glicemico basso, o almeno inferiore a quello della farina utilizzata tradizionalmente dai non celiaci. Ora, più alto è l’indice glicemico, maggiore è il senso della fame.
È una questione chimica, che procede dalla reazione che l’organismo mette in atto per compensare un aumento repentino della glicemia. In buona sostanza, il passaggio tra dieta con glutine a dieta glutenfree comporta spesso un minore senso della fame, e quindi riduce in
Alcuni celiaci subiscono una perdita di peso. Ci sono casi benigni in cui vi è un minore senso della fame,
Tredici ristoranti di alto livello sono stati il palcoscenico perfetto per gli abbinamenti d’eccellenza tra Grana Padano DOP e i vini lombardi di qualità promossi da Ascovilo (Associazione dei Consorzi dei Vini Lombardi).
Questo è stato l’obiettivo del progetto “Eccellenze europee del gusto (www.borntobetogether.eu) Nati per stare insieme: Restaurant Week Ascovilo-Grana Padano”, che ha previsto un calendario di appuntamenti, dal 21 settembre 2022 al 1° febbraio 2023, per gustare un temporary menu studiato ad hoc dagli chef, il progetto in collaborazione con Italia a Tavola, supportata nell'organizzazione da PG&W.
I menu speciali hanno visto la creatività e l'estro degli chef giocare su 4 portate - antipasto, primo, secondo, dessert - realizzate con tre diverse stagionature di Grana Padano: 12, 18 e oltre 20 mesi.
In abbinamento alle portate e alle diverse stagionature di Grana Padano DOP, sono state invece servite varie tipologie di vini lombardi di qualità selezionati direttamente da Ascovilo. Nella pagine seguenti il resoconto degli ultimi tre appuntamenti in calendario�� cod 89843
Il Ristorante Lino (fresco di stella Michelin), in pieno centro storico di Pavia, è un accogliente “salotto del gusto” dallo stile déco e contemporaneo. Pregiate carte da parati in tessuto lino e velluto dalle calde tonalità del marrone si fondono con inserti in marmo rosso Levanto alle pareti, il parquet in rovere massello lavorato nero esalta invece le delicate nuance dei cinque tavoli rotondi.
Il camino al centro della sala, i dettagli in ottone, il gioco di luci creato dalle ampie vetrate e dalle lampade di vero modernariato, completano l’atmosfera. Nessun “confine” tra i fornelli e la sala, ma un ambiente “open” pensato per dialogare e interagire con gli ospiti.
La cucina è infatti un vero esempio di design all’avanguardia ed è qui, che ogni giorno gli chef Federico Sgorbini (sostituito lo scorso gennaio da Valerio Tafuri) e Andrea Ribaldone realizzano creazioni culinarie nel rispetto delle tra-
dizioni e delle materie prime dell’Oltrepò Pavese, tra accostamenti curiosi e sapori ben definiti, strizzando l’occhio alla semplicità.
In questo pregevole contesto si è svolto il decimo appuntamento di “Restaurant Week promossa da AscoviloGrana Padano DOP” (https://borntobetogether.eu/) nell’ambito del programma Finanziato dall’Unione Europea “Nati per Stare Insieme”, progetto euro-
peo che comprende la cena di 4 portate realizzate con le tre diverse stagionature di Grana Padano DOP in abbinamento ai vini lombardi di qualità (supportati nell’organizzazione delle attività da PG&W). Ma prima della cena vera e proprio una costruttiva masterclass di approfondimento dedicata ad esperti, addetti ai lavori e appassionati.
Cultura, approfondimento e convivialità intorno allo chef table di Lino. A moderare Gabriele Ancona (vicedirettore di Italia a Tavola), con l’aiuto di Federico Bovarini (Ais), Beppe Casolo (Onaf), Paolo Fabiani (Tenuta Roveglia), Giovanna Prandini (presidente Ascovilo e titolare dell’Azienda Perla del Garda) e Alessandra Bergamini (Consorzio Vini Mantovani).
Il Grana Padano Dop 12 mesi ha spiccate note lattiche, sentori di burro appena sciolto, panna e ha un gusto delicato in cui ritorna tutto il sapore del latte con leggeri sentori vegetali; il 18 mesi è più saporito ma non ancora pic-
Federico Sgorbini, Mirko Chiora, Cristiano Beniamini, Thomas Figliolia, Simone Ciarcia e Angelina Es Sifercante, ha un aroma che ricorda la frutta secca, il fieno, l’ananas e si inizia a percepire un leggero umami; infine l’oltre 20 mesi ha un gusto più saporito e pieno, fragrante, note più decise di frutta secca e l’umami si fa più intenso.
Archiviata la masterclass, si inizia con la serata. E per stuzzicare l’appetito Federico Sgorbini ci regala una serie di interessanti amuse-bouche: “Tartelletta, crema di cavolfiore, Grana Padano Dop e uova di salmone”, “Bon bon di Gorgonzola e rapa rossa”, “Biscotto di Grana Padano Dop, ricotta salata, pere e zenzero candito” e “Stick di Bitto, crema di patate e verza”.
Ed ecco l’antipasto, “Cipolla di Breme, Grana Padano DOP oltre 20 mesi”, goduriosa tartelletta di pasta brick con crema di cipolla e impreziosita da gelato di senape in grani e un delicato perlage di tartufo nero. In abbinamento il “Vigne di Catullo” Lugana Doc Riserva 2018 di Tenuta Roveglia
Il primo, “Gnocco Milano e Grana Padano DOP 18 mesi”. Gnocchi di patate ripieni di ossobuco, nappati con salsa di riso allo zafferano e la gremolada, in forma di salsa al prezzemolo,
aioli e confettura salata di limone. Un piatto sorprendente nella definizione dei sapori e del ricordo appunto del classico risotto alla milanese, in abbinamento “Sole d’Inverno” Lambrusco Bianco Igt Selezione G di Cantine Giubertoni.
Il secondo è un classico della cucina internazionale, ma con un twist inaspettato: “Terrina vegetale d’autunno alla Wellington, Grana Padano DOP oltre 20 mesi”. Wellington si pensa al famoso filetto, ma qui niente carne, verdure, porri, cavolo nero e funghi. Ad accompagnarlo ritorna il “Vigne di Catullo” di Tenuta Roveglia.
Il dessert, “Pere, cioccolato bianco, mandorle e Grana Padano DOP12 mesi”. Reinterpretazione della classica torta della nonna con pere e mandorle, impreziosita da un cremoso al cioccolato bianco e la nota sapida del gelato al Grana. Ad accompagnare il Lugana Vendemmia Tardiva Dop 2018 dell’Azienda Perla del Garda �� cod 92193
Siamo a Rho, cittadina dell’hinterland milanese, dove a presidiare la buona cucina italiana troviamo la famiglia Virgilio che dal 1967 gestisce il ristorante “La Barca”. Elena e Franco Virgilio, una coppia di giovani migranti del sud Italia, decidono di avviare una trattoria che offra specialità di pesce con una cucina fedele alla tradizione pugliese, luogo di origine dei due. Oggi alla guida del ristorante troviamo la seconda generazione della
famiglia con i figli Domenico cuoco, pasticcere e sommelier (socio Euro-Toques Italia), Andrea, sommelier in sala e Giuseppe, chef executive. Il vero punto di forza oggi del ristorante è una cucina mediterranea con l’utilizzo di pesce fresco, direttamente dal mercato ittico di Milano, con arrivi da Mazara del Vallo, Olbia, Porto Santo Spirito, Manfredonia, Gallipoli e Trieste.
Nonostante si prediliga la cucina di mare non manca una discreta offerta per chi ama la carne con una proposta dei classici pugliesi, senza dimenticare
le specialità del territorio lombardo.
E proprio gli abbinamenti delle eccellenze lombarde sono stati i protagonisti della serata di “Restaurant Week promossa da Ascovilo-Grana Padano DOP” (https://borntobetogether.eu/) nell’ambito del programma Finanziato dall’Unione Europea “Nati per Stare Insieme”, progetto europeo che comprende la cena di 4 portate realizzate con le tre diverse stagionature di Grana Padano DOP in abbinamento ai vini lombardi di qualità (supportati nell’organizzazione delle attività da PG&W).
1. Antipasto 2. Primo Beppe Casolo, Domenico Virgilio, Alberto Lupini e Federico Bovarini Domenico VirgilioA precedere la cena, la masterclass formativa dedicata ad addetti ai lavori, giornalisti e gourmand.
Momento importante in cui degustare le diverse stagionature di Grana Padano DOP e giocare con gli abbinamenti dei vini di qualità proposti, moderato da Alberto Lupini, direttore di Italia a Tavola, con Federico Bovarini (Ais), Beppe Casolo (Onaf), Edoardo Peduto (Grana Padano Dop), Giovanna Prandini (presidente Ascovilo e titolare dell’Azienda Perla del Garda), Corrado Cattani (Cantina Cattani e presidente Consorzio Vini Mantovani) e Diego Locatelli (Azienda Locatelli Caffi).
Il Grana Padano DOP 12 mesi ha spiccate note lattiche, sentori di burro appena sciolto e panna, in bocca è delicato, ritorna tutto il sapore del latte con leggeri sentori vegetali; il 18 mesi è più saporito ma non piccante, ha un aroma che ricorda la frutta secca, il fieno e l’ananas; infine l’oltre 20 mesi ha un gusto più saporito e pieno, fragrante, l’umami si fa sentire ed è accompagnato da note più decise di frutta secca.
Archiviato il training formativo, ecco il momento centrale della cena in cui
la famiglia Viriglio può dare libero sfogo alla creatività e all’esperienza che solo una famiglia di ristoratori così affiatata sa donar ai propri ospiti.
Si comincia con il “Bocconcino di pescato d’altura impanato, fonduta di Grana Padano DOP oltre 20 mesi”, un antipasto perfetto nella sua semplicità, gustoso e ideale da abbinare al Garda Dop Cuvée Extra Brut dell’Azienda Perla del Garda
A seguire il primo, “Ravioli, gambero rosso di Mazara pancettato, patata e Grana Padano DOP 18 mesi e la sua bisque”, mare e ancora mare, saporito e intenso, addolcito dalle rotondità del formaggio, in abbinamen-
to il “Rosa Dei Colli” Rosato Garda Colli Mantovani Doc della Cantina Cattani
Il secondo, sempre pesce, il “San Pietro alla parmigiana con Grana Padano DOP oltre 20 mesi”, delicato ma gustoso, in abbinamento a “I Pilendrì” Valcalepio Rosso DocAzienda Locatelli Caffi
A chiusura la “Frolla di Grana Padano DOP 12 mesi, crema al caramello salato, mousse di pera e scaglie di fondente”. �� cod 93416
Siamo a Monza, di fronte alla Villa Reale, l’Hotel de la Ville è un 4 stelle lusso, una dimora sontuosa e al suo interno il Derby Grill, il ristorante, aperto anche agli ospiti esterni il cui punto di equilibrio è tra le radici enogastronomiche della Lombardia, il calore delle origini campane dell’Executive Chef Fabio Silva (socio Euro-Toques Italia) e l’incessante evoluzione della cucina contemporanea. Lo chef seleziona, lavora e interpreta i singoli ingredienti per renderli protagonisti delle proposte in menu. La spontaneità nell’approccio all’arte culinaria, la ricerca instancabile di nuove tecniche e prodotti, il lavoro di una squadra professionale, insieme all’imperdibile ambiente del Derby Grill e la sua Veranda, incarnano dal 1958 lo stile inconfondibile del ristorante.
I riconoscimenti che guide e ospiti riservano al Derby Grill sono legati a doppio filo all’armonia che si è venuta a creare tra il luogo, l’atmosfera e le persone che ne sono le fondamenta.
E proprio in questo magnifico contesto si è svolto l’appuntamento di “Restaurant Week promossa da Ascovilo-Grana Padano DOP” ( https://borntobetogether.eu/ ) nell’ambito del programma Finanzia-
to dall’Unione Europea “Nati per Stare Insieme”, progetto europeo che comprende la cena di 4 portate realizzate con le tre diverse stagionature di Grana Padano DOP in abbinamento ai vini lombardi di qualità (supportati nell’organizzazione delle attività da PG&W). A precedere la cena, la masterclass formativa dedicata ad addetti ai lavori, giornalisti e gourmand.
Momento fondamentale di approfondimento e studio in cui degustare le diverse stagionature di Grana Padano DOP e giocare con gli abbinamenti dei vini di qualità proposti, moderato da Alberto Lupini, direttore di Italia a Tavola, con Federico Bovarini (Ais), Gabriele Merlo (Onaf), Emmanuel Gozzi (Cantina Gozzi) e Mirco Mortini (Cantina di Viadana).
Il Grana Padano DOP 12 mesi ha al naso note lattiche, di burro e panna, ha un gusto delicato in cui torna predominante il latte, accompagnato da leggere note vegetali; il 18 mesi è leggermente più saporito ma non ancora piccante, ha un aroma che ricorda la frutta secca e il fieno; infine l’oltre 20 mesi, al naso si fa più complesso e lascia presagire un gusto saporito e pieno, fragrante con note più decise e intense di frutta secca e umami.
Fabio Silva in sala Emmanuel Gozzi, Federico Bovarini, Alberto Lupini, Gabriele Merlo e Mirco MortiniDopo un gustoso aperitivo proposto dallo staff del Derby Grill, si inizia con la cena vera e propria in cui Fabio Silva ha potuto giocare con le diverse stagionature di Grana Padano DOP all’interno della quattro portate.
L’antipasto, un bilanciatissimo “Tuorlo d’uovo di selva in olio cottura, patata all’extravergine, spuma di Grana Padano DOP 12 mesi e tartufo nero”, cremoso e saporito, in abbinamento al “Colombara” Garda Chardonnay 2021 della Cantina Gozzi
A seguire il primo, “Riso carnaroli “Riserva San Massimo”al Grana Padano DOP 18 mesi, fichi secchi caramellati, zenzero e rognone di coniglio”, delicato nella sua base con spunti notevoli di sapore con oscillazioni di dolce e richiami di terra che ben si sono sposati con il “Campomorino Dei Ba-
stià” Provincia Di Mantova Igp 2022 Azienda Agricola Cobelli
Spazio al secondo quindi, la “Guancia di vitello alla senape in grani, Grana Padano DOP oltre 20 mesi e purea di zucca Cascina Gallina”, ancora una volta sono forti i richiami alla terra e a chilometro vero che contraddistingue tutta la cucina di Silva, con un occhio molto attento alle materie prime e soprattutto ai produttori. L’abbinamento scelto: il “Nustran” Lambrusco Mantovano Doc 2022 della Cantina Sociale di Viadana
A degna chiusura di una cena eccellente il dessert, “Pera e Grana Padano DOP 18 mesi”. �� cod 93632
Castello Malvezzi è un’elegante dimora di caccia del sedicesimo secolo situata sul colle di San Giuseppe a Brescia, la posizione e il raffinato dehors garantiscono un’impagabile vista sulla città. Il tutto racchiuso in un’intrigante cornice composta dagli alberi secolari del giardino esterno. A presidiare questa meravigliosa roccaforte culinaria troviamo l’istrionico Alberto Riboldi. La sua cucina unisce esperienza ed estro grazie all’utilizzo di prodotti dall’alto profilo identitario e culturale, come il caviale di Calvisano a cui sono dedicati tre percorsi di degustazione da nove portate.
Un’esperienza gourmet curata dalla visione innovativa e dalle mani esperte dello chef in cui troviamo un’interessante proposta di pesce senza togliere spazio alle ricette tradizionali, dove a prevalere sono invece i sapori di terra.
E proprio qui si è svolto il tredicesimo e ultimo appuntamento in ca-
lendario di “Restaurant Week promossa da Ascovilo-Grana Padano DOP” (https://borntobetogether.eu/) nell’ambito del programma Finanziato dall’Unione Europea “Nati per Stare Insieme”, progetto europeo che comprende la cena di 4 portate realizzate con le tre diverse stagionature di Grana Padano DOP in abbinamento ai vini lombardi di qualità (supportati nell’organizzazione delle attività da PG&W). A precedere la cena, la ma-
sterclass formativa dedicata ad addetti ai lavori, giornalisti e gourmand.
Cultura, approfondimento, studio e convivialità in cui degustare le diverse stagionature di Grana Padano DOP e giocare con gli abbinamenti dei vini di qualità proposti, moderato da Alberto Lupini, direttore di Italia a Tavola, con Federico Bovarini (Ais), Cornelio Marini (Onaf), Orlando Bonomo
Achille Bergami, Federico Bovarini, Alberto Lupini, Cornelio Marini, Alberto Riboldi e Micheal Ferri Alberto Barbato, Cristian Benvenuto e Filomena Calia(Ascovilo), Achille Bergami (Tenuta Travaglino), Micheal Ferri (Azienda Agricola Pratello) e Carlo Veronese (Consorzio Oltrepò Pavese).
Il Grana Padano DOP 12 mesi ha spiccate note lattiche, sentori di burro appena sciolto, panna e ha un gusto delicato in cui ritorna tutto il sapore del latte con leggeri sentori vegetali; il 18 mesi è più saporito ma non ancora piccante, ha un aroma che ricorda la frutta secca, il fieno, l’ananas e si inizia a percepire un leggero umami; infine l’oltre 20 mesi ha un gusto più saporito e pieno, fragrante, note più decise di frutta secca e l’umami diventa più intenso.
La cena
Archiviato il training la cena può iniziare, ma non prima di un gustoso stuzzico proposto da Alberto Riboldi, “Uovo pochè, patate e tartufo nero”. Eccoci dunque all’antipasto, “Animelle di vitello panate alla farina di Storo e salsa al Grana Padano DOP 12 mesi”, panatura e frittura perfetta e croccante in perfetto e bilanciato contrappunto con i funghi e la crema al Grana. In abbinamento il “Costa del Nero” Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese Doc 2021 dell’Azienda Conte Vistarino
A seguire un primo sorprendente, “Spaghetti al rosso peperoncino selezione Felicetti, aglio, olio, aria di prezzemolo, lievito essiccato e crema di Grana Padano DOP 18 mesi”. La tecnica si vede, ma sono gusto, cremosità e bilanciamento dei sapori che colpiscono. E anche l’abbinamento con il “Donna Caterina” Garda Doc Metodo Classico dell’Azienda Agricola Pratello è perfettamente centrato.
Il secondo è perfetto nella sua apparente semplicità, “Salmerino alpino con erbette e Grana Padano DOP oltre 20 mesi accompagnato da purea di patate”. Un gioco delicato di sapori e acidità arrotondato dalla nota grasse della purea. In abbinamento la “Cuvée 59” Oltrepò Pavese Docg Metodo Classico Brut Azienda Travaglino
Infine il dessert, “The fruit con crumble di cacao e Grana Padano DOP 12 mesi”. Esteticamente un piccolo capolavoro, ma sono il gusto e l’incredibile bilanciamento che rendono questa portata una perfetta chiusura della serata.�� cod 93840
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Febbraio 2023 · anno XXXVII · n. 305 - Italia a Tavola è una rivista di aggiornamento professionale e cultura enogastronomica per l’Horeca. Si occupa di food service, alberghi, ristoranti, pizzerie, pasticcerie, bar, turismo, travel, wellness e salute, con attenzione particolare ai professionisti, agli enti, alle aziende e alle associazioni del settore in tutta Italia.
Collaboratori di questo numero
Francesca Agostini, Valerio Beltrami, Fausto Borella, Giuseppe Casagrande, Tiziana Colombo, Giuseppe Cristini, Matteo Cutolo, Sal De Riso, Enrico Derflingher, Fabio Di Pietro, Bernardo Ferro, Francesca Gelati, Massimo Artorige Giubilesi, Francesco Guidugli, Ezio Indiani, Giorgio Lazzari, Martino Lorenzini, Angelo Musolino, Serena Pironi, Paolo Porfidio, Rocco Pozzulo, Guido Ricciarelli, Francesca Tagliabue, Eros Teboni Foto gettyimages® 2022 - Italia a Tavola
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itchef-GVCI Gruppo virtuale cuochi italiani
Conpait Confederazione Pasticceri Italiani
Euro-Toques Italia Ampi Accademia Maestri Pasticceri Italiani
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Pizzaiuoli Ristoranti Regionali Cucina DOC
Verace Pizza Napoletana Accademia del Tartufo nel Mondo Streetfood Project Il Mondo delle Intolleranze
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