Adeste44 domenica 01 novembre 2015c

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IN SINERGIA C O N F O N D A Z I ON E M IGRANTES


ADESTE n°44/ ANNO 4°-01.11.2015

Halloween? No grazie! Preferisco la festa dei Santi del Cielo.

Riflessione riguardo alla festa di Halloween :

Una festa che non ci appartiene

http://mi-chael.blogspot.it/ Che volete, La cultura anticristiana ha partorito da tempo una or- ognuno ha i suoi gusti! rida festa consumistica, ripescata da antiche usanze Ma che piacere ci sia nel celtiche: la festa di Halloween, la celebrazione delle celebrare il male proprio zucche (vuote), dei fantasmi, delle streghe e dei non lo capisco. Almeno morti ‘viventi’. che esso non sia un modo Nel cristianesimo la ‘festa di Tutti i Santi’ e quella per esorcizzare la morte, ‘dei defunti’ sono praticamente attaccate. Il 1° novem- di cui soprattutto quelli che non credono in Dio hanno bre l’una e il 2 novembre l’altra. E queun grande timore, anzi un vero terrore.. sto per sottolineare un legame tra la situazione purgante delle anime del Purgatorio e quella gloriosa dei Santi del Quali sono le origine Paradiso. Perciò i defunti nel cristianesimo non storiche di Halloween? vengono visti come spettri che incutono Abbiamo ragione quando diciamo terrore ma come possibili anime sanche si tratta di una festa tutta amerite, attuali o future. cana che non ci riguarda? La storia di questa antica celebrazione affonda le In Sicilia, nella mia terra di origine, sue origini in Europa, i fondatori di proprio per sottolineare l’incapacità delquesta festa sono i Celti, con i flussi le anime defunte di fare del male, almeno di quelle non appartenenti all’inferno, si dice che migratori alla volta degli States di coloro che vengonella notte tra il 1° e il 2 novembre esse portano ai no romanticamente chiamati Padri Pellegrini la ribambini dolci e giocattoli. correnza si è semplicemente spostata presso le nuoRicordo ancora con quanto desiderio aspettavo nella ve terre occupate dagli europei, principalmente anmia infanzia 'la festa dei morti', per avere dei regali glosassoni, che hanno semplicemente trasferito al che mia mamma si premurava di farmi trovare al risveglio la mattina, dicendomi che erano stati i cari de- loro nuovo indirizzo le proprie usanze e tradizioni. Quindi sfatiamo il primo mito: Halloween è nasce funti a portarli! Per questo non avevo certo paura di nel Vecchio Continente. loro, anzi volentieri mi recavo al cimitero per donare In irlandese la forma Hallow E’en altro non è che la loro dei fiori e così salutarli e ringraziarli! Tutto ciò significava per noi bambini che non c'era un contrazione di All Hallows’ Eve, ovvero la vigilia di vero distacco tra noi viventi e quelli che ci avevano Ognissanti. Inoltre, per i Celti, l’anno nuovo iniziapreceduto. va il primo novembre, Halloween era quindi il Capodanno celtico che segnava l’arrivo dell’inverno Nella tradizione cristiana i defunti non vengono consi- nonché un vero e proprio ritiro sociale e lavorativo. derati come esseri orridi che cercano di fare del male I Celti vivevano principalmente di pastorizia, gli ai vivi, ma come spiriti buoni, che danno e cercano animali con l’arrivo della stagione fredda venivano aiuto con lo sguardo rivolto verso Dio, a cui anelano riportati a valle e condotti al caldo, gli uomini si con tutto il loro essere. chiudevano in casa costruendo utensili e attingendo Intendiamoci però, per il cristianesimo non tutti i defunti sono in Purgatorio, ce ne sono anche all’Inferno. alle provviste messe da parte durante i mesi caldi. Si E quando da lì arrivano nel mondo dei vivi, perché trattava di un importante rito di passaggio, ci evocati, la loro presenza si nota con le possessioni si consegnava alle forze della natura, ad esse ci si diaboliche, i malefici, le infestazioni: e questo lo afarrendeva sperando nella benevolenza degli dei. fermano gli esorcisti. I Celti credevano che la notte del 31 ottobre gli spiriti dei morti, che vivevano in una landa di eterna Nella cultura anticristiana i defunti vengono invece giovinezza e felicità chiamata Tir nan Oge, vagassevisti in maniera repellente e come intenzionati a fare ro indisturbate cercando un corpo del quale imposdel male ai vivi (infatti sono molto abbondanti i film sessarsi per tornare alla vita. I vivi, per salvare la Horror che hanno questa impostazione). Ma i defunti tipo morti viventi, a cui fanno riferimento i film propria anima, dovevano spaventare gli spiriti attradell’orrore e nello specifico la festa di Halloween, verso maschere grottesche e inquietanti. I fuochi probabilmente non sono altro che quelli che il cristia- venivano accesi e gli animali sacrificati in modo da nesimo considera demoni o anime dannate. placare gli spiriti; cibo, latte e beni di prima necessità venivano lasciati agli ingressi di ogni abitazione Il Cristianesimo festeggia quindi le anime dei defunti buoni, del Purgatorio o del Paradiso, la festa di Hallo- al fine di sfamare i morti, elusi i loro bisogni primari avrebbero forse risparmiato le anime dei viventi. ween esalta le anime dei malvagi, cioè quelle degli spiriti dell'Inferno. 2


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come data per commemorare i defunti.

Il

In

, 2 novembre, si celebra il giorno dei morti, la festività che la Chiesa cattolica dedica alla alcune zone della commemorazione dei defunti. Il Lombardia, la notte tra l’1 e il 2 giorno non é considerato festivo, ma novembre si suole mettere in cué senza dubbio molto sentito dalla cina un vaso di acqua fresca popolazione italiana, che viaggia perché i morti possano dissespesso verso i propri luoghi di oritarsi; in Friuli si lascia un lume gine per portare fiori e lumini a acceso, un secchio d’acqua e parenti ed amici scomparsi. Non è un po’ di pane, mentre nel Veper noi un giorno di lutto, bensì neto, per scongiurare la tristezuna giornata felice: i cimiteri si za, nel giorno dei morti gli riempiono di fiori, soprattutto criamanti offrono alle promesse santemi, e le tavole e le credenze di spose un sacchetto con dentro ogni casa si riempiono di cesti di fave in pasta frolla colorata, i frutta, dolci, cioccolato e caramelcosiddetti “Ossi da Morti”. In le, un modo felice, soprattutto per i Trentino le campane suonano più piccoli, di ricordare i propri per molte ore a chiamare le cari. anime che si dice si radunino intorno alle case per spiare dalIl culto dei morti è antichisle finestre, mentre in Liguria la simo e la data del 2 di novembr e tradizione vuole che il giorno dei morti si preparino i sembrerebbe riferirsi al periodo del grande Diluvio di “bacilli” (fave secche) e i “balletti” (castagne bollite). cui parla la Genesi, quello per cui Noè costruì l’arca e In Piemonte e in Val D’Aosta le famiglie lasciano inche secondo il racconto cadde nel “diciassettesimo vece la tavola imbandita e si recano a far visita al cigiorno del secondo mese”, che corrisponderebbe al mitero, mentre nelle campagne cremonesi ci si alza nostro novembre. Secondo la tradizione, la Festa dei presto la mattina e si rassettano subito i letti affinché Morti nacque dunque in “onore” delle persone che Dio stesso aveva condannato, al fine di esorcizzare la le anime dei cari possano trovarvi riposo. Si va poi per le case a raccogliere pane e farina con cui si confeziopaura di nuovi eventi simili. Una storia ovviamente sospesa tra religione e leggenda, ma quale che sia sta- nano i tipici dolci detti “ossa dei morti”. In Umbria si ta la vera origine della festa del 2 di novembre, certe producono invece tipici dolcetti devozionali a forma sono le testimonianze storiche che attestano l’usanza di fave, detti “Stinchetti dei Morti”, che si consumano da antichissimo tempo nella ricorrenza dei defunti di commemorare i morti già in civiltà antichissime, distanti tra loro per spazio e tempo. Dall’antica Roma, quasi a voler mitigare il sentimento di tristezza e sostituire le carezze dei cari che non ci sono più. In Abruzalle civiltà celtiche, fino al Messico e alla Cina, è un proliferare di riti, dove il comune denominatore è con- zo, oltre all’usanza di lasciare il tavolo da pranzo apsolare le anime dei defunti, perché siano propizie per i parecchiato, si lasciano dei lumini accesi alla finestra, vivi. Certamente origini e riti si ricollegano all’antica tanti quante sono le anime care, e i bimbi si mandano usanza del banchetto funebre, un tempo comune a tutti a dormire con un cartoccio di fave dolci e confetti coi popoli indo-europei, ma la tradizione celtica fu quel- me simbolo di legame tra le generazioni passate e la che ebbe maggiore eco in Europa. La celebrazione quelle presenti. Più a sud, in Sicilia, il 2 novembre è una festa particolarmente gioiosa, soprattutto per i più importante del calendario celtico era infatti la bambini, cui vien fatto credere che se sono stati buoni “notte di Samhain“, notte di tutti i morti e di tutte le e hanno pregato per le anime care, i morti torneranno anime, che si festeggiava tra il 31 ottobre e il 1° noa portar loro dei doni; quando i fanciulli sono poi a vembre. dormire, i genitori preparano i tradizionali “pupi di All’epoca dei primi cristiani, queste tradizioni zuccaro” (bambole di zucchero), con castagne, cioccoerano ancora molto presenti e la Chiesa cattolica fatilatini e monetine. Al mattino i bimbi iniziano cava a sradicare i culti pagaquindi la ricerca, convinti che durante la notte i ni. Così, nel 835, Papa GreUSI E morti siano usciti dalle tombe per portare i regali. gorio II spostò la festa di Sardegna la mattina del 2 novembre i ragazzi TRADIZIONI In “Tutti i Santi” dal 13 maggio si recano invece di porta in porta per chiedere al 1° novembre, pensando, in delle offerte e ricevono in dono pane fatto in caPER LA questo modo, di dare un nuosa, fichi secchi, fave, melagrane, mandorle, uva vo significato ai culti pagani. FESTA passa e dolci, mentre la sera della vigilia anche Nel 998 Odilo, abate di Cluqui si accendono i lumini e si lasciano la tavola DEI MORTI ny, aggiungeva poi al calenapparecchiata e le credenze aperte. dario cristiano il 2 novembre 3


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Perchè il 4 novembre è un giorno importante per la storia d'Italia?

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erchè si celebra in questa data l'armistizio che nel 1918 pose fine alle ostilità tra l'Italia e l'Austria Ungheria, concluse sul campo con la vittoriosa offensiva di Vittorio Veneto. Una vittoria frutto della dedizione, del sacrificio e dell'unità del popolo italiano. Una vittoria che costò la vita a 689.000 italiani mentre 1.050.000 furono i mutilati e i feriti: cifre che devono far riflettere, numeri da ricordare. Come cominciò? Il 28 giugno 1914 uno studente serbo spara contro l'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d'Austria. L'attentato, di matrice anarchica, innesca una serie di reazioni che culminano il 28 luglio del 1914 quando l'Austria presenta la dichiarazione di guerra alla Serbia: è l'inizio di un conflitto che, per la prima volta nella storia, assume un carattere mondiale. L'Austria, la Germania e poi la Turchia scendono in campo contro la Serbia, mentre con quest'ultima si schierano la Russia, la Francia, l'Inghilterra e poi il Giappone e gli Stati Uniti. La guerra sul fronte italiano durò 41 mesi: più di tre anni di freddo e fame sotto il rombo delle artiglierie nemiche, con in prima linea ragazzi provenienti dalle più diverse aree geografiche d'Italia, uniti tutti da una bandiera: il Tricolore. Le perdite italiane e in uomini e in materiali furono gravissime. Nel pomeriggio del 3 novembre i delegati austriaci firmano la resa. L'armistizio (patto di Villa Giusti) entra in vigore il 4 novembre 1918. Termina così la guerra sul fronte italo - austriaco, pochi giorni prima della conclusione generale del conflitto, che vede il crollo della Germania e dell'Impero austro - ungarico

Un Volantino di Guerra indirizzato ai soldati romeni dell’Impero Austroungarico per incoraggiarli a disertare

Soldati! Auzim cà ofiterii vostri vé mànesc tot mai mult ca sa né urati zicendu-vé cà prizonieri fàcuti de noi sunt reù tratati si cà odatà cu sfarsitul resboiului Italia va restitui toti prizonieri si chiar disertori. Aceasta este o afirmatiune nàroada (o adevératà batjocorà) ce vé fac ofiterii vostri, pentru cà cum stiti existà legi ce ori ce popor civilizat respecteaza si aceste legi dau dreptul fie caruia sa traiascà la sfarsitul resboiului, unde va vroi. In cât priveste tratamentul reù, vati putut convinge de contrarul citind scrisorile (càrtile) prizonieri lor facuti de noi pânà acum (daca insâ guvernul vostro va permis sa cititi acele scrisori!!). Cu aceasta noi nu dorim sa ne làudàm, dar voim sa apàràm onoarea noastra, aratandu-ve cu fapte ca ofiterii vostri ve insealà istorisându-ve lucruri neadeverate pe socoteala noastra, voim deci sà vè aràtàm càt de mult Italia este stimata si cinstita de toti si ca lupteaza nu cu setea de stâpànire dar cu dorinta de a libera popoarele sale. Numai la sfarsitul resboiului veti sti adeverul de la soldati vostri azi prizonieri si care vé vor spune cât de bine au fost tinuti si atunci numai vé véti convinge cà ofiterii vostri s’au batjocorit de voi povestindu-vé minciuni.”

T : “Soldati! Sentiamo che i vostri ufficiali vi spingono sempre più ad odiarci, dicendovi che i prigionieri da noi fatti sono maltrattati e che alla fine della guerra l’Italia restituirà tutti i prigionieri e anche i disertori. Questa è un’affermazione insensata (un vera blasfemia) che vi viene fatta dai vostri ufficiali, perché, come sapete, ci sono leggi che ogni popolo civile rispetta e queste leggi permettono a ciascuno di vivere alla fine della guerra dovunque volesse. In quanto riguarda il maltrattamento vi siete potuti convincere del contrario leggendo le lettere (le carte) dei nostri prigionieri fatti finora (se il vostro Governo vi ha permesso di leggerle!!). Con questo noi non desideriamo lodarci però vogliamo difendere il nostro onore, dimostrandovi con i fatti che i vostri ufficiali vi ingannano raccontandovi cose non vere sul nostro conto; vogliamo cioè farvi sapere quanto l’Italia è stimata ed apprezzata e da tutti e che combatte non con il desiderio di possedere ma con il desiderio di liberare i suoi popoli (! N.n.). Soltanto alla fine della guerra saprete la verità dai soldati oggi prigionieri e che vi diranno come sono stati ben curati e soltanto allora vi convincerete che i vostri ufficiali vi hanno preso in giro raccontandovi bugie.”

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LA LEGIONE ROMENA Durante la Prima Guerra Mondiale

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massiccio afflusso di prigionieri dell'Imperial Regio Esercito Austro- Ungarico nel corso di tutto il primo conflitto mondiale pose il problema della individuazione di campi di prigionia che fossero sufficientemente distanti dalle zone di operazioni militari. Durante la prima parte del conflitto su precisa indicazione del ministero dell'Interno i prigionieri non furono assolutamente utilizzati per alcun tipo di lavoro manuale all'esterno dei campi per paura forse che l'immissione sul mercato del lavoro di una numerosa manodopera, generalmente a basso costo, potesse provocare qualche tensione sociale certamente non auspicabile. Inoltre, il celebre "colpo di Zurigo" aveva dimostrato la presenza in Italia di una rete ben sviluppata di spie - la maggioranza è bene notare reclutata tra insospettabili cittadini italiani - che aveva messo a dura prova la Soldati Romeni, marina e l'esercito. Tuttavia la mancanza prigionieri di di mano d'opera guerra, (dovuta ai continui combatterono con richiami delle classi di costrinse anche l’esercito italiano leva) l'Italia ad applicare nell'articolo 6 del Regolamento dell'Aja che ammetteva l'impiego di prigionieri in lavori esterni Nel 1916 la percentuale di prigionieri austro-ungarici di nazionalità romena presenti in Italia era assai rilevante e concentr ata soprattutto nei campi del Nord Italia. Secondo le stime del Ministero della Guerra erano cosi suddivisi ben 3.600 nel campo di Mantova, 2.000 a Cavarzere, 800 rispettivamente a Ostiglia e Caravalle. Le pressanti domande per l'utilizzo di prigionieri di guerra provenirono da tutta l'Italia e in particolare richieste dai proprietari terrieri dell'intera penisola - i soldati prigionieri furono utilizzati con continuità nei lavori agricoli e in misura ridotta, anche nell'industria. Un forte necessità emerse nel territorio della provincia dell'Aquila dalla cittadina di Avezzano dove si dovette fare fronte ad una serie di necessità che richiedeva un ingente quantità di mano d'opera sia per le urgenti necessità agricole dei campi posti nel Fucino sia per la ricostruzione delle strutture viarie e civili andate distrutte dal grave sisma del 13 gennaio 1915. La risposta a questi problemi fu l'istituzione nella città Marsicana di un campo di prigionia destinato ad accogliere fino a 15.000 prigionieri e i circa 1.000 tra soldati semplici, sottufficiali e ufficiali del Regio Esercito destinati alla sorveglianza dei soldati reclusi. I prigionieri presenti ad Avezzano Avezzano appartenevano a tutte le prin5

cipali nazionalità inserite nei confini della monarchia asburgica tra loro anche romeni nativi della Transilvania, del Banato e della Bucovina. Nel corso dei mesi però la componete romena nel campo di Avezzano si distinse non solo in termini quantitativi ma anche sotto il profilo dell'immagine che questi soldati avevano tra la popolazione civile. Infatti, il grande spirito di sacrificio, la maggior facilità di comunicazione rispetto a ungheresi e tedeschi unita alla dimostrazione di essere "buoni lavoratori" ingenerano una buona fama e rispetto dei romeni tra gli abitanti di Avezzano a tal punto che spontaneamente vennero creati da parte dei cittadini del centro marsicano comitati di solidarietà e assistenza riservati ai cittadini romeni e ai loro familiari rimasti in Patria. Una svolta importante per il futuro dei prigionieri romeni di Avezzano venne a seguito dallo svolgimento nella sala del Campidoglio di Roma del "Congresso delle Nazionalità Oppresse nella monarchia austro-ungarica" (27 marzo - 10 aprile 1918) nel quale i delegati romeni Draghicesco, Lupu, Deluca, Màndrescu e Mironescu riuscirono , assieme agli altri rappresentanti ottennero dal ministero della guerra italiano la possibilità di formare unità armate autonome su base nazionale, poste sotto la giurisdizione dei diversi comitati nazionali, offrendo ai soldati di queste nuove unità lo status giuridico di alleati tra questi i delegati romeni - Il professor Mândrescu e l'ex ministro romeno in Italia, il principe Dimitrie Ghica riuscirono a fondare , il 6 giugno del 1918, con l'appoggio dei militari italiani e romeni a Cittàducale il "Comitato d'Azione dei Romeni di Transilvania, Banato e Bucovina" e grazie al diretto interessamento del Ministro della guerra italiano , Vittorio Zuppelli, una "Legione Romeni d'Italia "posta sotto i comandi del generale di brigata Luciano Ferigo e avente come sede del comando il campo di Avezzano. Dalla cittadina abruzzese il meccanismo messo a punto da Ferigo era semplice da tutti i campi di prigionia i soldati romeni venivano radunati nel centro abruzzese venivano inquadrati militarmente e forniti di tutto il necessario equipaggiamento bellico, quindi iniziava un periodo di addestramento. Non mancarono neppure momenti di svago marcati da qualche gita realizzata in località del circondario o di banchetti offerti in loro onore da municipalità locali come non mancarono casi di matrimoni tra romeni e donne del posto. Il 28 giugno 1918 la prima delle tre compagni romene inquadrate nella VIII,V IV armata italiana ricevette la "bandiera di guerra" a Ponte di Brenta (Padova) . Da quel momento la Legione Romena d'Italia poteva dirsi operativa e avrebbe combattuto distiguendosi in quella che sarebbe passata alla storia come la "la terza battaglia del Grappa" del 24 ottobre del 1918 e nella offensiva di Vittorio Veneto che portò al collasso dell'esercito austro - ungarico e alla fine la fine della guerra sul fronte italiano.


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. (San subito! Celebrare la solennità di tu i san significa me ere al centro della nostra vita l'obie vo della piena realizzazione in Dio. Non c'è che una tristezza, quella di non essere san ! L'unico Santo è Dio, è lui che che vuole condividere con l'umanità la sua pienezza, la sua realizzazione. Dio comunica agli uomini la sua san tà, una perfezione che è misericordia e compassione, perdono e lungimiranza. Chi si fa discepolo, scopre nella propria vita la chiamata a partecipare all'assoluto di Dio, a realizzare il proge o di salvezza che Dio ha sugli uomini, a realizzare il grande sogno di un'umanità redenta e in armonia. Il santo è colui che asseconda fino in fondo la volontà di Dio su di lui, che non fa cose bizzarre o straordinarie, ma che vive la propria vita e le proprie difficoltà me endo Dio al centro delle proprie scelte e della le ura della realtà. Oggi, facendo memoria di tu& coloro che sono presso Dio, i san del calendario e quelli, molto più numerosi, che non hanno ricevuto la patente di san tà, vogliamo col vare in noi la grande nostalgia dell'assoluto, sapendo che gli amici di Dio che lo contemplano, intercedono per noi presso di Lui. Manchi di fede? Pietro sos ene. Sei poco convinto? Il fuoco di Paolo abita. Fai fa ca col denaro? Francesco insegna. Sei moroso nel manifestare la tua fede? I mar ri aiutano. San subito! Paolo Curtaz)

17 tipiche scuse per non andare a Messa 5) Ci andrò quando ne sentirò il bisogno, obbligato mai Chi può dire di avere fame solo di tanto in tanto, e che quindi mangerà solo quando ne avrà bisogno, quando lo riterrà conveniente? Nessuno. Il corpo ci obbliga con una forza violenta ad alimentarlo. È questione di vita o di morte. È inevitabile. Lo stesso dovrebbe succedere a chi scopre quella fame spirituale che grida dal profondo con violenza. È impossibile non sentirsi bisognosi. È impossibile non voler nutrire lo spirito. È questione di vita o di morte. “La persona umana ha una necessità che è ancora più profonda, una fame che è ancora maggiore di quella che il pane può soddisfare; è la fame del cuore umano per l’immensità di Dio. È una fame che può essere soddisfatta soltanto da Colui che disse: ‘Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda’ (Gv 6,53-55)” – San Giovanni Paolo II.

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“Maria Santissima, i Gitani ti onorano con il dolce nome di Amarí Devleskeridéj ecco ora ti stiamo davanti per affidare a te e al tuo amatissimo figlio il popolo qui presente con le sue gioie e le sue pene. Anche tu hai sperimentato il dolore della fuga in Egitto e il supplizio della croce del Figlio. Anche tu hai vissuto una vita umile e povera accogli questi figli e figlie Gitani sotto la tua materna protezione ed insegna loro ad amare Gesù come tu l’hai amato. A vivere secondo i suoi comandamenti e ad essere evangelizzatori zelanti e gioiosi. Maria prega per noi”

«

I gitani sono ben consapevoli di essere figlie e figli amati dalla Chiesa che non fa distinzione di razza, cultura o lingua»; ma al contempo «vivono in una comunità sociale in cui vorrebbero trovare accoglienza e rispetto per la loro identità e dignità, senza discriminazioni e rigetto». Lo ha sottolineato il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, nel saluto rivolto al Papa all’inizio dell’udienza. L’incontro è infatti organizzato dal dicastero vaticano insieme alla fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana. «Molti di loro — ha proseguito il porporato — vivono nelle periferie delle città, talvolta in condizioni di degrado. Numerosi anziani e giovani, padri e madri, non hanno mai ricevuto istruzione o preparazione professionale e non hanno un lavoro, ma tutti desiderano un futuro migliore». E purtroppo, ha fatto notare, «anche in mezzo a loro vi sono persone che ricorrono ad attività sommerse». Cosicché «le tristi storie di aggressività, rapine e borseggi spesso riempiono le cronache dei mezzi di comunicazione, facendo nascere sentimenti di rifiuto nella popolazione autoctona e di disagio in quella gitana integrata nella società». Di contro, ha spiegato il cardinale Vegliò, la vicinanza della Chiesa al popolo gitano «ha portato alla nascita di molte vocazioni: un vescovo e oltre 170 tra sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose». Sono seguite le testimonianze di Peter Pollák, membro del Parlamento slovacco e plenipotenziario governativo per le comunità Rom, e di Maria Firlovic, ventinovenne gitana di origine serba, che vive in Italia dall’età di sei anni. Hanno scandito l’udienza una danza eseguita dalla comunità rom di Mazara del Vallo — trenta bambini e ragazzi di religione cristiana e musulmana, coordinati dalle suore francescane missionarie di Maria — e il canto Carità divina eseguito da Maria José Santiago Medina, gitana spagnola. Infine, dopo il Padre nostro intonato in lingua romanes dal complesso di Alexian Santino Spinelli, Francesco ha rinnovato — cinquant’anni dopo Paolo VI — l’incoronazione della statua di Maria regina degli zingari. Sullo sfondo le note dell’Ave Maria cantata dal gitano francese Maurice Inderchit. Al termine il Pontefice ha pronunciato l’atto di affidamento dei gitani alla Vergine Maria Amarí Devleskeridéj. L'Osservatore Romano, 27 ottobre 2015.

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Piccole storie per riflettere Festa grande per un pacco consegnato Marina Parodi

C'

era un uomo che di mestiere faceva il corriere espresso (sapete? quello che consegna nelle case i pacchi...). Come tutte le mattine, caricò il suo camion e si preparò al lungo giro di consegne. Quel giorno aveva 100 pezzi da consegnare. Iniziò con una cassa di bottiglie di vino, che andava consegnata proprio all'ultimo piano di un lussuoso palazzo del centro. Con il fiatone suonò alla porta. Aprì un distinto signore: "Buongiorno, sì è per me, prego la metta qui, no un po' più in là, ecco perfetto, arrivederci!". Poi fu la volta di una anziana signora, a cui trepidante consegnò un pacchetto con un preziosissimo anello. La donna annoiata e indifferente commentò solo: "Ah, lo metta lì con tutti gli altri, poi lo aprirò...". A una giovane coppia doveva consegnare la lavatrice nuova. Mentre era in cucina e li aiutava a dismballare, i due iniziarono a litigare "Vedi, avevo ragione io: dovevamo prendere l'altro modello". "Invece no, abbiamo fatto bene a seguire il consiglio di mia madre". "Ma cosa dici, non vedi che sta malissimo vicino al frigo". "Piantala, si sa che tu hai un pessimo gusto!". "Perché secondo te era di buon gusto il re-

galo che tu mi hai fatto a Natale"... Il trasportatore se ne andò un po' imbarazzato. Un pacco era destinato a un parroco. Era una statua molto bella, ma molto pesante. Il trasportatore era molto in difficoltà, e nell'entrare in sacrestia si ferì una mano contro un'acquasantiera. Ma il parroco lo accolse solo con un "Oh, finalmente me l'ha portata! Per favore faccia presto, si sbrighi. Sono impegnatissimo, tra 2 min e 40 sec. devo dire messa, tra 45 min c'è la lezione di catechismo, poi c'è la riunione con il gruppo della 3 età, poi il comitato di programmazione economica, poi i giovanissimi e la catechesi per famiglie. Capisce, no?, c'è tanto da fare: faccia presto!". Con la mano ancora dolorante il trasportatore uscì e andò a bagnarla alla fontana del sagrato. Con il passare delle ore e il crescere della fatica, i pacchi pian piano diminuivano. Alla fine ne rimase solo uno. Quando arrivò all'indirizzo segnato sul pacco, aprì la porta un ragazzo: "No mi dispiace, il suo indirizzo è sbagliato, la signora Beatrice Bianchi (quello era il nome della destinataria) non abita più qui, si è trasferita almeno da un mese...". "E sa dove è andata ad abitare?". "No, io no, ma provi a chiedere al fruttivendolo all'angolo. Lui conosce tutti". Il camionista si presentò al fruttivendolo e spiegò il suo problema: "Devo consegnare un pacco alla signora Beatrice Bianchi, ma ho l'indirizzo sbagliato. Lei sa dirmi dove posso trovarla?". "Ah, sì, si è trasferita, in un altro quartiere, me lo aveva detto, però l'indirizzo proprio non me lo ricordo... Provi a chiedere a Piero, lo trova là all'osteria, lui sicuramente lo sa". Il camionista entrò nel fumoso bar e dietro un bicchiere di vino e un mazzo di carte, trovò Piero, un vecchietto con la barba bianca e due occhi azzurri come il cielo. "Ma sì la Beatrice! La conosciamo 8

tutti qui, faceva la cameriera, è un peccato che si sia trasferita... Ecco, le scrivo il nuovo indirizzo". Finalmente, dopo la lunga ricerca, il nostro amico si trovò di fronte alla porta dell'appartamento della signora Beatrice Bianchi. Il palazzo era in una delle zone più povere e degradate della città, lo squallore del luogo metteva proprio tristezza. Come aveva fatto con gli altri 99 pacchi, suonò e annunciò: "Signora, devo consegnarle un pacco". Aprì una giovane ragazza, mentre da una stanza interna si sentiva il pianto di un ragazzino. "Un pacco per me?". "Sì, signora; non è stato facile, ma sono contento di averla trovata...". "E cosa sarà mai? Non aspettavo pacchi... Oh... mi scusi, la sto lasciando sulla porta; prego, si accomodi, si sieda, posso offrirle un caffè? intanto guardiamo cosa c'è nel pacco...". Piacevolmente sorpreso, il corriere accettò volentieri l'invito. Il bambino intanto aveva smesso di piangere e si era avvicinato a osservare curioso quell'ospite sconosciuto. Dopo aver versato il caffè all'ospite, Beatrice aprì il grosso pacco. Non poté trattenere un grido di gioia, quando ne vide il contenuto. Il pacco era pieno di cibi buonissimi, tra cui una grossa torta di compleanno. Insieme ai cibi una lettera. Quando la lesse, a Beatrice vennero gli occhi lucidi. Poi spiegò: "5 anni fa litigai violentemente con mia madre, e da allora non ci siamo più frequentate. Ora mi scrive che non vuole più discutere del passato, ma si è ricordata che oggi è il compleanno di Roberto, mio figlio e ci manda un po' di dolci per festeggiare. E pensare che proprio 10 minuti fa io stavo spiegando a Roberto che non avremmo potuto fare la festa con i suoi amici perché dopo aver pagato le bollette mi sono avanzati pochissimi soldi... È lei che ha permesso tutto questo! Io... io voglio ringraziarla. Si fermi e festeggi con noi!". E così il trasportatore si trovò coinvolto in una festa piena di musica, allegria e risate, insieme con Beatrice, Roberto, i suoi amici e altre persone del vicinato. E alla fine della giornata, potete star certi, fu proprio lui il più contento per quel pacco con l'indirizzo sbagliato!


ADESTE n°44/ ANNO 4°-01.11.2015

GLI ORI DI ROMANIA Nel 1837, a Pietroasa (pr ov. Buzau, nel nor d-est della Muntenia), due contadini rinvennero fortuitamente il più celebre tesoro antico della Romania. Dal momento che fra gli oggetti si trovavano alcune fibule aquiliformi, il tesoro è noto con la locuzione popolare „Gallina con i pulcini d’oro”. Il tesoro è composto da vasi e gioielli d’oro; inizialmente contava 22 oggetti, dei quali se ne conservano oggi soltanto 12, del peso di 19 kg d’oro. Esso era appartenuto alla casa reale ostrogota o visigota e fu occultato probabilmente nella prima metà del V d.C. Il tesoro ha conosciuto una storia tumultuosa. Gli scopritori morirono in carcere, mentre l’acquirente fuggì, distruggendo o vendendo parte degli oggetti; entrò poi in possesso dello Stato romeno e costituì la principale attrazione del padiglione romeno all’Esposizione Internazionale di Parigi, nel 1867. Alcuni anni più tardi, uno studente di teologia rubò il tesoro dal Museo di Antichità di Bucarest che fu ritrovato presso la sua abitazione, nascosto dentro il pianoforte ... Nel 1884, gli oggetti scamparono miracolosamente a un incendio. Nel corso della prima guerra mondiale, il tesoro dello stato romeno fu spedito in Russia per esservi custodito, ma, dopo la rivoluzione russa del 1917, le relazioni romeno-sovietiche si fecero tese e l’Unione Sovietica lo confiscò, per poi restituirne una parte intorno al 1956. Così, anche la „Gallina dai pulcini d’oro” è tornata „a casa”.

EEFGHI, V J.C.: KLM NOPNNM KMGMPLLM HFPNNG OEOOM M BIFRIFM KPFSITMUM Presso Apahida (pr ov. Cluj, nella Tr ansilvania centr ale) sono state r invenute, nel 1889 e nel 1968, per una scoperta casuale, due tombe a inumazione appartenenti, sulla base della ricchezza dei reperti, ad alcuni re germanici del V d.C., forse Gepidi. Gli oggetti d’oro della seconda tomba, (dei quali qui si presentano una fibbia di cintura e due appliques della bardatura di un cavallo) pesano circa 2,5 kg. Il defunto era un uomo particolarmente alto (190 cm !). Nella prima tomba fu sepolto il re Omharus, o Omahar (il nome è scritto su un anello). I suoi gioielli sono molto simili a quelli della tomba del re franco Childerico (morto nel 481 e sepolto a Tournai in Belgio). Questi gioielli furono creati con grande probabilità nell’Impero romano, (forse in botteghe di Costantinopoli), su ordinazione della nobiltà barbara. Sull’oro erano applicate pietre semipreziose colorate, montate a „cabochon” e, soprattutto, nella tecnica „cloisonné”. Alcune scoperte (la fibula d’oro con segno della croce nella tomba di Omharus, la fibula imperiale romana con onice di un tesoro di Simleu Silvaniei in Transilvania) erano, probabilmente, doni che gli imperatori romani facevano a questi signori barbari che avevano acquisito lo statuto di federati dell’Impero romano.

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LITURGIA EUCARISTICA LETTURE:

Ap 7,2-4.9-14 Sal 23 1Gv 3,1-3 Mt 5,1-12

C. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo A. Amen C. Il Dio della speranza, che ci riempie di ogni gioia e pace nella fede per la potenza dello Spirito Santo, sia con tutti voi. A. E con il tuo spirito. C. Per celebrare degnamente la presenza del Cristo risorto in questa Eucaristia, riconosciamo umilmente i nostri peccati e la debolezza della nostra fede. Breve pausa di riflessione C.A. CONFESSO a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro. Signore, pietà. Signore, pietà. Cristo, pietà. Cristo, pietà. Signore, pietà. Signore, pietà. C. Dio Onnipotente abbia misericordia di voi, perdoni i vostri peccati e vi conduca alla vita eterna. Amen. GLORIA A DIO NELL’ALTO CIELI e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente. Signore Figlio unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del padre, tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo: nella gloria di Dio Padre. Amen. COLLETTA C. Dio onnipotente ed eterno, che doni alla tua Chiesa la gioia di celebrare in un'unica festa i meriti e la gloria di tutti i Santi, concedi al tuo popolo, per la comune intercessione di tanti nostri

fratelli, l'abbondanza della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo, ... A. Amen LITURGIA DELLA PAROLA Prima Lettura Dal libro dell’Apocalisse Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele. Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello». E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen». Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello». Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio. SALMO RESPONSORIALE R. Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore. Del Signore è la terra e quanto contiene: il mondo, con i suoi abitanti. È lui che l’ha fondato sui mari e sui fiumi l’ha stabilito. R/. Chi potrà salire il monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non si rivolge agli idoli. R/.

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Egli otterrà benedizione dal Signore, giustizia da Dio sua salvezza. Ecco la generazione che lo cerca, che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe. R/. Seconda Lettura Dalla prima lettera di S.Giovanni Apostolo Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio Canto al Vangelo R. Alleluia, alleluia. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Alleluia. C. Il Signore sia con Voi A. E con il tuo spirito C.Dal vangelo secondo Matteo A. Gloria a te o Signore. + In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli». Parola del Signore. A. Lode a te o Cristo OMELIA (seduti) Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unige-


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nito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen. PREGHIERA DEI FEDELI C. Fratelli e sorelle, in comunione di fede e di preghiera con i Santi che ci hanno preceduto nella festa di Dio, anche noi ci rivolgiamo al Padre. Preghiamo insieme dicendo: Per l’intercessione dei Santi, ascoltaci, Signore. Per il Papa, i Vescovi, i Sacerdoti e tutti i battezzati: perché possano offrire al mondo l’esempio di uno stile di vita sul modello delle beatitudini, preghiamo. Per coloro che in questi giorni visitano i cimiteri: perché vivano questo momento non come una tradizione, ma come l’occasione per riflettere sul senso della vita e della morte, alla luce di Cristo risorto, preghiamo. Siamo pellegrini nel mondo, Signore, e spesso perdiamo la strada. Illumina la nostra via con la fede in te, perché possiamo vestire la divisa della gioia, che sgorga dalla comunione con te, preghiamo Per la nostra comunità : perché nella venerazione e nella comunione con i suoi Santi trovi uno stimolo a camminare verso la santità, preghiamo. C. Padre, che in questa celebrazione hai lavato le nostre colpe con il sangue dell’Agnello, aiutaci mantenere pura la nostra vita, per essere degni di contem-

plare un giorno il tuo volto. Per Cristo nostro Signore. A. Amen LITURGIA EUCARISTICA C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci disponiamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi) SULLE OFFERTE C. Ti siano graditi, Signore, i doni che ti offriamo in onore di tutti i Santi: essi che già godono della tua vita immortale, ci proteggano nel cammino verso di te. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. PREGHIERA EUCARISTICA C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. In alto i nostri cuori. A. Sono rivolti al Signore. C. Rendiamo grazie al Signore nostro Dio. A. È’ cosa buona e giusta. C. È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno. Oggi ci dai la gioia di contemplare la città del cielo, la santa Gerusalemme che è nostra madre, dove l'assemblea festosa dei nostri fratelli glorifica in eterno il tuo nome. Verso la patria comune noi, pellegrini sulla terra, affrettiamo nella speranza il nostro cammino, lieti per la sorte gloriosa di questi membri eletti della Chiesa, che ci hai dato come amici e modelli di vita. Per questo dono del tuo amore, all'immensa schiera degli angeli e dei santi, cantiamo con gioiosa esultanza la tua lode: Santo, Santo, Santo…... DOPO LA CONSACRAZIONE C. Mistero della fede A. Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta.. DOPOLAPREGHIERAEUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen A. P A D R E NO S T R O Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, ven-

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ga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen. C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli R ITO DELLA PACE C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli A. Amen C. La pace del Signore sia sempre con voi. A. E con il tuo spirito. C. Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna. A. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. A. O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato. DOPO LA COMUNIONE C O Padre, unica fonte di ogni santità, mirabile in tutti i tuoi Santi, fa' che raggiungiamo anche noi la pienezza del tuo amore, per passare da questa mensa eucaristica, che ci sostiene nel pellegrinaggio terreno, al festoso banchetto del cielo. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo. A. Amen. C. Nel nome del Signore: anda te in pace. A. Rendiamo grazie a Dio


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Alluvione di Firenze venerdì 4 novembre 1966 (49 anni fa)

F

irenze, autunno del 1966. L'ondata di maltempo che investe da giorni l'intera penisola riserva alla Toscana, e in particolare alla provincia di Firenze, i suoi effetti più disastrosi. Con l'eccezione del giorno di Ognissanti, piove ininterrottamente da fine ottobre e la sera del 3 novembre il livello dell'Arno inizia a salire pericolosamente. Durante la notte la situazione precipita e l'Arno rompe gli argini, invadendo prima le campagne attorno a Firenze e di qui arriva ai vari quartieri del centro storico. La città, colpita da un'ondata di piena (con punte di 4000-4500 metri cubi al secondo), si risveglia sotto cinque metri d'acqua e con le vie di comunicazione in tilt. Oltre alle vittime, 34 in tutto (17 nel capoluogo, altrettante in provincia), si contano ingenti danni materiali alle infrastrutture e agli edifici. Un'emergenza nell'emergenza è la messa in salvo dell'inestimabile patrimonio artistico (libri, quadri, sculture, etc.), che diventa possibile grazie alla straordinaria catena di solidarietà, formata da giovani di tutto il mondo: passano alla storia come gli Angeli del fango(espressione utilizzata in occasione di altre alluvioni, come quella di Genova del 2014) e rappresentano una delle prime forme di mobilitazione spontanea giovanile del Novecento. L'elenco delle alluvioni dell'Arno è abbastanza lungo, la prima di cui si ha notizia risale al 1333 ed è considerata la più catastrofica per Firenze: tra le numerose costruzioni distrutte, il celebre Ponte Vecchio, che venne ricostruito 12 anni più tardi.

I SANTI DELLA SETTIMANA DOM.01

Tutti i Santi

LUN. 02 Commemorazione dei Defunti

IL VERSO DELLA MUCCA “ ITALIA “

MART.03

S. Silvia

MERC.04

S. Carlo Borromeo

GIOV.05

S. Zaccaria Profeta

VEN.06

S. Leonardo Abate

SAB. 07

S. Ernesto Abate

Don Alessandro Lembo Tel 0749469169 M ail: Alelembo73@gmail.com Trasmessa in diretta su: http://www.ercis.ro/video/iasi.asp

B : Preasfantul Mantuitor

*°* C9:;: Chiesa romano-cattolica dei Piari-

(Biserica italiana), Domenica ore 11:15; Adresa: b-dul. Nicolae Balcescu, nr. 28, sector 1, Bucureşti tel./ fax: 021-314.18.57, don Roberto Polimeni, Tel:0770953530 mail: polimeni.roberto@yahoo.com; polimeni.rober to70@gmail.com; Tel 0040 756066967. Trasmessa in diretta su www.telestartv.ro Sabato, prefestiva alle ore 18,00 a: Centrul "Don Orione", Sos. Eroilor 123-124 Voluntari.

*°* I +: Cattedrale "vecchia" Iaşi - Adormirea Maicii Domnului Bd. Stefan cel Mare, 26, Iasi: I-II-III Domenica del mese ore 11,00-IV Domenica ore 10,30 Monastero S. Luigi Orione –Iasi,

sti. Strada Universitatii nr. 5, conosciuta anche come „Biserica Universitatii” din Cluj-Napoca. Don Veres Stelian, tel 0745 386527 Mail: veresstelian@yahoo.com Domenica alle ore 12,00

*°* A9@A I:9BA: Domenica ore 11:00 nella Chie-

sa di Sant'Antonio-Piata Maniu Iuliu nr. 15. Don Horvath Istvan , tel 0745 020262

*°* TBDBEFAGA: Chiesa Sfanta Fecioara Maria Regina Timisoara II (Fabric). Str Stefan Cel Mare 19. Domenica ore 18:00. Don Janos Kapor Tel 0788 811266 Mail:parohiafabric@googlemail.com

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