ADESTE NR. 25 Domenica 23 Giugno 2019

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uando è maturo un frutto?? quando è pronto per essere staccato dal ramo... di conseguenza una persona dovrebbe essere matura quando è possibile svezzarsi dalla famiglia... ma purtroppo a parer mio non si smette mai di crescere, il mondo è vario, si può imparare da tutti e maturare ogni volta... bella domanda, sperò di esserti stato d'aiuto... i capisce quindi quando una persona è matura se è equilibrata e non più impulsiva nel suo agire; se è allergica ai compromessi e ha una costante padronanza di sé e se rispetta le leggi della società in cui vive. Rifugge il lusso e la vanagloria e l’accumulo di ricchezze, o meglio, non impazzisce per procurarsele e se per successione parentale, ne viene in possesso, ne fa buon uso. Attua una scelta solidaristica, perché si rende conto che alla fine conviene; alla lunga, bontà e buone azioni han da sempre riscosso il dividendo e che paga! Non si uniforma alla massa e fa della semplicità, uno stile di vita; capisce che la più grande ricchezza è aver pochi desideri. Intuisce che quel vuoto esistenziale, innescato dalla ricerca costante di cose e oggetti, non è altro che una delusione programmata: un avvenire infelice e garantito, perché pianificato in anticipo! In pratica, si passa da una centralità dell’”IO” ad una apertura al mondo, al “NOI”. Non più quindi un IO con solo le mie esigenze ma un NOI con tutto quello che comporta e quindi

anche una assunzione di responsabilità verso gli altri. Come raggiungere questa maturità tanto auspicata, mi chiederai. La conclusione è alquanto ovvia, visto le premesse, e

dopo la testa e il corpo del ragionamento, vengo alla “coda”. La tradizione ci viene incontro, con suggerimenti che datano da millenni. Per prima cosa fermarsi, indi riflettere (famoso il “conosci te stesso”) e a seguire, “darsi delle regole di vita”, improntate a valori che valga la pena raggiungere e piano piano porli in atto, nelle nostre attività giornaliere. A seguito di tutto questo “lavorìo” interiore e attenzione all’esteriore, si acquisisce un “modus cogitandi” e un “modus vivendi”, corretto, maturo e quindi equilibrato ed in armonia con la natura. A quel punto, il risultato sarà da applauso e quel giovane si sarà guadagnato sul campo l’attestato di individuo maturo e responsabile. Un impegno quindi costante e

costruttivo nelle sue attività che fan dire a chi lo incontra: “è proprio una persona matura” er me una persona matura è una persona che riesce ad andare al di là dei suoi punti di vista e capisce le persone e le situazioni, una persona che può anche avere insicurezze, ma sa come gestirle. Una persona matura è una persona che conta su se stessa e non cerca il suo equilibrio in cose esterne. Non cambia personalità a seconda delle situazioni ed,ha le idee chiare su chi è e su cosa vuole. Inoltre la maturità non è ancorata all'età anagrafica. Dipende infatti da tantissimi fattori,soprattutto quelli ambientali,in cui viviamo: la famiglia,la scuola,gli amici,le esperienze che facciamo sono sicuramente delle cose determinanti. Ad ogni modo la persona matura è una persona consapevole che c' è sempre qualcosa da imparare.

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ssere maturi per me significa sapere affrontare da soli le situazioni che vengono a crearsi, imparando dai propri errori ed usando l'esperienza accumulata. Oggi c'è poca gente matura perchè si cerca sempre di scaricare le responsabilità su altra gente. La vita per me non è "ho un problema con una persona, vado dall'avvocato prima ancora di parlarne con lei", ma "ho un problema con qualcuno, vado li e ne parlo, aprendo una discussione".


sarà mai un esame a dirti se sei maturo. Sì, lo so: sono un prof, non dovrei dirti queste cose. Ma anche se in molti ancora lo chiamano esame di maturità, credo che la maturità sia una medaglia che si conquisti soprattutto altrove. A diciannove anni non avevo idea di cosa avrei fatto in vita mia. Il giorno stesso dell’orale sono partito per Bibione a lavorare. Sono maturato più in quei due mesi, in mezzo a lavapiatti balcanici e pizzaioli con la fedina penale a macchia di leopardo, che in cinque anni di scuola. Non sarà mai un tema a dirti se sai scrivere. Al mio tema di maturità ho preso quattro e mezzo, per dire. E non sarà mai un professore che non ti conosce, a dirti se sei pronto o meno per il mondo di fuori. Nemmeno quelli che ti conoscono. Forse, non puoi nemmeno tu. Infine, non sarà mai un voto a misurare il tuo valore. Le persone più intelligenti che conosco non sono uscite col massimo dei voti. Alcune di loro, a dirla tutta, all’esame di maturità non ci sono neanche arrivate. No, non è un'apologia dell'università della strada, la scuola della vita che insegna più di qualsiasi altra scuola: senza lo studio, senza la fatica e il sudore sui libri oggi non puoi sperare di arrivare molto lontano. Ti dico queste cose per ricordare a te e anche a me stesso che un voto è solo un numero, non un'etichetta da attaccarsi addosso per la vita. Tu non sei il voto che prenderai: qualsiasi esso sarà, tu sarai molto di più. Fra vent'anni nessuno ti chiederà con che voto sei uscito alla maturità: in tanti invece ti chiederanno quanto sei disposto a sacrificarti per i tuoi obiettivi, se sarai capace di lavorare in gruppo oppure no, se saprai ascoltare gli altri, se sai quello che fai e quanto ci credi, in quello che fai. Per cui vai, dai il massimo, non sottovalutare le difficoltà, aiuta i tuoi amici, sorridi, goditi queste emozioni, le ricorderai per tutta la vita, per tutti i giorni che vivrai ti resteranno in mente la notte prima, il sonno che non arriverà, il leggero dolore alla pancia, la luce del primo sole estivo, i tuoi occhi allo specchio del bagno quando ti preparerai, le compagne sull’orlo della crisi di nervi, le battute sdrammatizzanti dei prof che in realtà saranno ancora più drammatizzanti, il momento in cui ti metteranno in mano il foglio con le tracce, il caldo e il sudore mentre scriverai, le facce buffe che farai coi tuoi amici vicini di banco, ogni piccolo dettaglio ti si imprimerà per sempre nei ricordi e sarà questo, alla fine, soprattutto questo, che resterà.

È una sfida, certo. E si diventa grandi solo dopo tante sfide di cui questa, forse, è solo la prima.


Una traccia dell’esame scritto di italiano, riguarda il Grande Campione “Giusto fra le nazioni”

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«LA CONFERMA CHE UNA PERSONA UMILE E GENEROSA COME MIO NONNO HA SCRITTO UNA PAGINA DI STORIA»

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una scuola.

Per la precisione, quando dico scuola, intendo l’edificio, ma anche il suo interno. Come se perlomeno in questa breve storia gli alunni e i loro preziosi accompagnatori nella fase più vulnerabile e al contempo ricca di possibilità – in modo assai riduttivo chiamati insegnanti - fossero corpo unico con le fondamenta, la struttura portante, le finestre e il soffitto, nonché le pareti. Già, soprattutto i muri e i mattoni che li compongono. Muri che, andrebbe a piè sospinto ricordato, non servono unicamente a dividere, ma anche a sorreggere e a proteggere i più deboli, non solo il contrario. Si da il caso che la notte precedente qualcuno lasciò testimonianza del proprio pensiero, o delirio, sulle mura accanto al cancello d’ingresso.

cedenza a costoro. Nessun problema, allorché questa sia la regola. In altre parole, ci siamo dovuti abituare a ben altro. Vorrà dire che entreremo subito dopo. Basta che ci facciano entrare. Sembrò finita lì. E sarebbe stata così, se non stessimo parlando di giovani creature, che sono per natura votate a sorprendere chi arranchi alle loro spalle per eccesso di pregiudizi, più che anni. Difatti, Giorgio, Marisa, Daniela, Piero, Claudio uno e Claudio due si fermarono anche loro sulla soglia. Prima gli italiani, si dissero più o meno nello stesso tempo. Ovvero, tocca a noi per primi essere gentili ed queeducati, dando la sta fu la scritta che il precedenza a chi mattino seguente i arrivi da lontano. genitori e i propri Parve la giusta configli videro urlata, e clusione a risolvere di rabbioso quanto l’impasse, ma c’eracorvino spray intesno altri compagni suta. Sarebbe stato desiderosi di diffeimpossibile non norenziarsi. E, scusatarla, in quanto di te, ma la diversità dimensioni assai nodei punti di vista e, tevoli. soprattutto, la voQualcuno degli adullontà di esprimerli ti commentò breveliberamente sono mente la cosa, alcuni tra gli aspetti innati lamentarono la solita incuria da parte del ministero più sani degli umani, e andrebbero incoraggiati. dell’istruzione, ma la maggior parte si sforzò di igno- Nella fattispecie, Sara detta Saretta, Francesco detto rare l’aggressivo messaggio. Fra, Silvano detto Silvano, nonché Gaia, Katia e FaD’altra parte, non era di certo una frase nuova ai loro bio – conosciuti anche come i ritardatari cronici - si occhi come alle rispettive orecchie. Ed è risapubloccarono esattamente come i compagni un attimo to. Qualora ci si abitui a uno slogan che precipiti in- prima di entrare. cessantemente dall’alto come se fosse roba normale, Prima gli italiani, pensarono attraversati da sincera alla stregua della pioggia o la neve, a prescindere contrizione per i continui ingressi ben oltre la camda quanto sia ignobile o virtuoso, esso diviene a tutti panella. E con partecipata convinzione si scusarono gli effetti parte integrante del linguaggio comune. pubblicamente con i compagni. Perché noi, che eraTuttavia, quel giorno, davanti a quel muro, non c’evamo qui prima di voi, dovremmo essere coloro che rano solo degli adulti. danno l’esempio su come ci si comporta. E lasciare A questo riguardo, mi sbaglierò, ma sono ancora alle maestre il compito di far le maestre. persuaso che la nostra più grande chance di uscire Ebbene, per farla breve, dopo poco tempo tutti i fuori dai periodi più bui è che al mondo ci sono più bambini della classe si erano fermati sulla porta per testimoni dei nostri errori di quanti ce ne rendiamo i più disparati motivi, quando la loro docente li ragconto. E la maggioranza di costoro ci ostiniamo in giunse. ogni epoca a sottovalutarli. La donna chiese spiegazioni e non appena si rese In particolare, i bambini della quarta D avevano tutti conto di ciò che era accaduto si rallegrò. prestato grande attenzione al monito accanto al por- Sorrise di gioia e speranza, le armi migliori contro tone e una volta raggiunta la soglia dell’aula si deci- l’ottusità gridata e addirittura legalizzata. sero ad assecondarlo. “Entrate”, disse invitando i bambini ad avanzare Per la cronaca, i primi ad arrestarsi sul ciglio della nell’aula con un gesto della mano delicato e autoreporta furono Jian, Oksana, Ahmed, Ileana e Rodrigo, vole allo stesso tempo. superficialmente definibili la porzione esotica della “Prima gli italiani?” Chiese uno di loro. classe, se non altro limitandosi a trascurabili inezie No, la risposta nello sguardo come nelle parole. come la singolarità del nome e le origini dei familiari. Prima gli italiani, pensarono all’unisono, ovvero pre-

Prima gli italiani,

Prima tutti.


“Ho fatto lezione calva” Un'insegnante spiega come il rapporto con un gruppo di adolescenti l'ha aiutata a lottare contro la malattia e il dolore

Nel discorso dell’atto accademico, due allieve hanno parlato a nome di tutti: Un cancro che non si cura (per ora)

Sei una donna unica”

Da dove trae la sua forza?


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pensato solo a quello che poteva fare. E l'ha fatto, senza pensarci troppo. Non si sente un eroe Gabriel Bocra Ionut, il camionista che venerdÏ mattina ha salvato la vita a un ragazzo di 19 anni che minacciava il suicidio su un cavalcavia della Tangenziale est esterna di Milano, all'altezza di Pozzuolo Martesana. L'autotrasportatore, di origini romene ma residente a Eboli, in provincia di Salerno, è stato rintracciato dal "Corriere della sera": "Quando vedi le cose da lontano puoi pensare che chi fa certe azioni sia un eroe, che serva coraggio. Ma quando capita a te, pensi solo a quello che puoi fare", ha detto al giornalista Cesare Giuzzi. Dopo aver salvato la vita al 19enne, convincendolo a scendere sul cassone del suo camion e abbracciandolo una volta in salvo, il 31enne camionista e la moglie (autista come lui, i due guidano in coppia un tir della ditta "Napolitrans") si sono allontanati subito, senza neanche prendersi gli elogi della polizia stradale di San Donato Milanese che hanno assistito e coordinato i concitati attimi dei soccorsi al ragazzo: "Dovevo consegnare le mozzarelle", ha spiegato poi Gabriel, che di lavoro trasporta appunto merci deperibili.


1907 la famiglia Jacuzzi lascia l’Italia e dalla piccola Valvasone (PN), si trasferisce negli Stati Uniti, in California. Dal paese d’origine i sette fratelli Jacuzzi (Franco, Valeriano, Gelindo, Candido, Giocondo, Giovanni e Rachele) portano con loro quella creatività che viene riconosciuta agli italiani nonchè un’autentica passione per la meccanica.

Ed è proprio una geniale intuizione meccanica che gli consente di perfezionare la struttura delle eliche per aeroplani e di avviare così l’attività imprenditoriale della famiglia. Nel 1910 viene fondata la prima azienda in California, mentre, nel 1920, nasce a Berkeley, California, la Jacuzzi Brothers Inc. Dalle eliche si arriva fino all’intero aeroplano: le industrie Jacuzzi rimpiccioliscono il cielo dello sconfinato paese realizzando il primo aeroplano pluriposto made in USA, impiegato poi per servizi postali. Dice Remo Jacuzzi, figlio di Valeriano, “La dite de famee e deventà leader intal setôr de aviazion. Magari cussì no, un nestri model al fo cjapât dentri intun tragjic incident, dulà che al murì gno barbe Giocondo. La societât e lassà la produzion di avions par concentrâsi intal disvilup di altris prodots”. Ripartendo dall’elica che viene applicata alle pompe idrauliche, e utilizzando l’energia eolica, Jacuzzi crea la prima pompa per l’estrazione dell’acqua dalle falde più profonde: la “Jet Pump”. Nel 1925, per risolvere i problemi di irrigazione dell’ovest degli Stati Uniti, i laboratori Jacuzzi applicano per la prima volta il “principio Venturi” alle pompe per l’estrazione dell’acqua. “Tal 1940 a Kenneth Jacuzzi i àn diagnosticade une artrite reumatoide. So pari Candido al scrutinà il vantaç dai trataments di idroterapie che so fi al fasè intal ospedâl”, così i laboratori dell’azienda adattano il meccanismo di una pompa e ideano un congegno che diviene il prototipo di un impianto per idromassaggio. La completa sicurezza e la grande praticità del sistema ne fanno un oggetto immediatamente adatto alla commercializzazione. Nel 1968 Roy Jacuzzi entra in azienda come responsabile della Famee di inventôrs F r a t e l l i J a c u z z i Nel 1979, la famiglia Jacuzzi vende le attività ed il nome ad un grande gruppo industriale. Jacuzzi, con un patrimonio legato a più di 250 brevetti, è oggi la prima, incontrastata azienda del settore, riconosciuta come depositaria dell’autentica tecnologia dell’idromassaggio. Divisione Ricerca. Da questo momento la storia dell’azienda diventa un tutt’uno con quella del rappresentante della terza generazione dei Jacuzzi. È lui infatti che intuisce il reale potenziale di mercato creato dalle nascenti esigenze edonistiche e che progetta una vasca che avesse al proprio interno la pompa e gli impianti per l’idromassaggio. L’idea vincente è quella di proporre un prodotto che sia anche bello, che non abbia impianti a vista, di buon design. Insomma una vasca che, come un oggetto d’arredamento, possa entrare in tutte le case. Roy Jacuzzi inventa la prima vasca a idromassaggio, nota come Roman Bath in omaggio ad una cultura fra le più antiche del mondo, quasi a proporre la tradizione termale fra le mura domestiche. Il successo è immediato e convince Jacuzzi a proporre sul mercato diverse soluzioni. Qualche anno dopo, l’idromassaggio diventa un vero e proprio fenomeno di costume.


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el XVI secolo, una giovane donna di Alatri aveva il cuore spezzato. Aveva perso l’amore della sua vita ed era decisa a riaverlo indietro. Era disposta a tutto, e non riuscendo a convincere l’uomo che amava a parole cercò qualcuno che potesse fargli cambiare idea a forza. Scovò quindi una maga e la pregò di fare qualsiasi cosa potesse ridarle indietro il suo amato. La maga ebbe un’idea: avrebbe realizzato una pozione per la donna, ma aveva bisogno di un ingrediente fondamentale – un’ostia consacrata. Disperata, la giovane donna andò alla Messa successiva nella cattedrale locale e si avvicinò al sacerdote per ricevere la Comunione. Il presbitero le mise l’Eucaristia sulla lingua, ma la donna la tenne in bocca, si girò e quando fu fuori dal campo visivo del sacerdote la tirò fuori e la mise in un pezzo di stoffa. Tornò quindi a casa e tenne l’ostia nella stoffa fino alla visita successiva alla maga. Dopo tre giorni riprese il pezzo di stoffa per controllare l’ostia, ma quello che vide non era più l’ostia bianca che aveva ricevuto. La donna trovò infatti un pezzo di carne sanguinante, e capì che l’ostia si era trasformata fisicamente nel Corpo e nel Sangue di Cristo. Tornò di corsa in chiesa e si pentì del proprio peccato. Anche la maga si pentì, ed entrambe si convertirono dopo quel miracolo. Si potrebbe dire che siano state vittime della vera “pozione d’amore” della presenza di Dio nell’Eucaristia. Papa Gregorio IX indagò all’epoca sul miracolo, considerandolo un segno visibile contro le varie affermazioni secondo le quali Gesù non era presente nell’Eucaristia. Quell’episodio confermò per lui e per chi ne era stato testimone che Gesù era davvero presente nell’Eucaristia, in corpo, sangue, anima e divinità. Il miracolo coincise con eventi simili in altre parti d’Europa e aiutò a spianare la strada all’istituzione della festa del Corpus Domini, che chiedeva ai fedeli di credere con fede ardente al miracolo invisibile che si verifica ogni volta che viene offerta la Messa. L’ostia sanguinante è ancora conservata nella cattedrale di Alatri in un ostensorio, promemoria dell’amore immortale di Gesù per tutta l’umanità nel Santissimo Sacramento dell’altare.


Angelica, una studentessa friulana, ha vinto il concorso IO E I NONNI con una composizione sulla nonna morta da poco: ÂŤScrivere di te è sprofondare tra ricordi che ormai mi sembrano lontanissimi, significa tornare a inquadrare nitidamente il tuo viso, provare in tutta la loro concretezza sensazioni che credevo di aver sepolto. Ăˆ doloroso ma è bellissimo


Giacomo Leopardi: Massimo poeta dell'Ottocento e filosofo geniale, è tra i più influenti rappresentanti della letteratura mondiale.

Nato a Recanati, in provincia di Macerata, e morto a Napoli il 14 giugno del 1837, formò la sua poetica nel solco del Classicismo, approdando poi al Romanticismo (di cui risultò tra i più autorevoli esponenti) e anticipando i temi dell'Esistenzialismo, con la riflessione filosofica sull'esistenza umana e sul suo rapporto con la Natura. Affetto, nel corso di tutta l'esistenza, da seri problemi fisici (legati probabilmente al "Morbo di Pott") e neurologici, diede prova dello sconfinato estro letterario con opere immortali, quali le Operette morali, gli Idilli e lo Zibaldone di pensieri. Rappresentative della sua corposa produzione sono la lirica "A Silvia", le poesie "La quiete dopo la tempesta", "Il sabato del villaggio", e l'idillio "L'Infinito". Morì a soli 39 anni a Napoli, nella casa dell'amico Ranieri, poco prima di partire per "Villa Ferrigni" a Torre del Greco, lì dove aveva composto "La ginestra" o "Il fiore del deserto", la penultima lirica

E A Maria. E’ vero che siamo tutti malvagi, ma non ne godiamo, siamo tanti infelici. E’ vero che questa vita e questi mali son brevi e nulli, ma noi pure siam piccoli e ci riescono lunghissimi e insopportabili. Tu, che sei grande e sicura, abbi pietà di tante miserie.


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é a noi né a Dio è bastato darci la sua Parola. Troppa fame ha l’uomo, e Dio ha dovuto dare la sua Carne e il suo Sangue (Divo Barsotti). Neppure il suo corpo ha tenuto per sé: prendete, mangiate, neppure il suo sangue ha tenuto per sé: prendete, bevete. Neppure il suo futuro: sarò con voi tutti i giorni fino al consumarsi del tempo. La festa del Corpo e Sangue del Signore è raccontata dal vangelo attraverso il segno del pane che non finisce. I Dodici sono appena tornati dalla missione, erano partiti armati d’amore, e tornano carichi di racconti. Gesù li accoglie e li porta in disparte. Ma la gente di Betsaida li vede, accorre, li stringe in un assedio che Gesù non può e non vuole spezzare. Allora è lui a riprendere la missione dei Dodici: cominciò a parlare loro di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. C’è tutto l’uomo in queste parole, il suo nome è: creatura che ha bisogno, di pane e di assoluto, di cure e di Dio. C’è tutta la missione di Cristo, e della Chiesa: insegnare, nutrire, guarire. E c’è il nome di Dio: Colui che si prende cura.

La prima riga di questo Vangelo la sento come la prima riga della mia vita. Sono uno di quei cinquemila, in quella sera sospesa: il giorno cominciava a declinare; è il tempo di Emmaus, tempo della casa e del pane spezzato. Mandali via, tra poco è buio e qui non c’è niente… Gli apostoli hanno a cuore la situazione, si preoccupano della gente e di Gesù, ma non hanno soluzioni da offrire: che ognuno si risolva i suoi problemi da solo. Hanno un vecchio mondo in cuore, in quel loro cuore che pure è buono, ed è il mondo dell’ognuno per sé, della solitudine. Ma Gesù non li ascolta, lui non ha mai mandato via nessuno. Vuole generare, come si genera un figlio, un nuovo mondo. Vuole fare di quel luogo deserto, di ogni deserto, una casa, dove si condividono pane e sogni. Per questo risponde: date loro voi stessi da mangiare. Gli apostoli non possono, non sono in grado, hanno soltanto cinque pani e due pesciolini. Ma a Gesù non interessa la quantità, e passa subito a un’altra logica, sposta l’attenzione da che cosa mangiare a come mangiare: fateli sedere a gruppi, a tavolate, create mense comuni, comunità dove ognuno possa ascoltare la fame dell’altro e faccia circolare il pane che avrà fra le mani. Infatti non sarà lui a distribuire, ma i discepoli, anzi l’intera comunità. Il gioco divino, al quale in quella sera tutti partecipano, non è la moltiplicazione, ma la condivisione (R. Virgili). Allora il pane diventa una benedizione (alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, e lo spezzò) e non una guerra. E tutti furono saziati. C’è tanto pane nel mondo che a condividerlo davvero basterebbe per tutti.

Padre Ermes Ronchi


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Foglietto preparato da Parrocchia Cattolica Italiana Virtuale Iasi

SALUTO

e dello Spirito Santo. A. Amen. C. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi. A. E con il tuo spirito. INTRODUZIONE DEL CELEBRANTE

In quei giorni, Melchìsedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole: «Sia benedetto Abram dal Dio altissimo, creatore del cielo e della terra, e benedetto sia il Dio altissimo, che ti ha messo in mano i tuoi nemici». E Abramo diede a lui la decima di tutto. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio.

Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro. C. Dio Onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. A. Amen. Signore, pietà. Signore, pietà. Cristo, pietà. Cristo, pietà. Signore, pietà. Signore, pietà.

Tu sei sacerdote per sempre, * Cristo Signore. Oracolo del Signore al mio signore: «Siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi». R/. Lo scettro del tuo potere stende il Signore da Sion: domina in mezzo ai tuoi nemici! R/. A te il principato nel giorno della tua potenza tra santi splendori; dal seno dell’aurora, come rugiada, io ti ho generato. R/. Il Signore ha giurato e non si pente: «Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchìsedek». R/.

+Nel nome del Padre e del Figlio

ATTO PENITENZIALE

GLORIA

Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del Cielo, Dio Padre Onnipotente. Signore, Figlio unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del Padre, tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l'Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo: nella gloria di Dio Padre. Amen.

COLLETTA

C. Preghiamo Signore Gesù Cristo, che nel mirabile sacramento dell'Eucaristia ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua, fa' che adoriamo con viva fede il santo mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue, per sentire sempre in noi i benefici della redenzione. Tu sei Dio, e vivi e regni con Dio Padre... A. Amen (seduti)

LITURGIA DELLA PAROLA Prima Lettura

Dal libro della Genesi.

SALMO RESPONSORIALE

Seconda Lettura

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi. Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga. Parola di Dio. A.Rendiamo grazie a Dio. SEQUENZA (in piedi) Sion, loda il Salvatore, / la tua guida, il tuo pastore / con inni e cantici. Impegna tutto il tuo fervore: / egli supera ogni lode, / non vi è canto che sia degno. Pane vivo che dà vita: / questo è tema del tuo canto, / oggetto della lode. Veramente fu donato / agli apostoli riuniti / in fraterna e sacra cena. Lode piena e risonante, / gioia nobile e serena / sgorghi oggi dallo spirito. Questa è la festa solenne / nella

quale celebriamo / la prima sacra cena. È il banchetto del nuovo Re, / nuova Pasqua, nuova legge; / e l'antico è giunto a termine. Cede al nuovo il rito antico, / la realtà disperde l'ombra: / luce, non più tenebra. Cristo lascia in sua memoria / ciò che ha fatto nella cena: / noi lo rinnoviamo. Obbedienti al suo comando, / consacriamo il pane e il vino, / ostia di salvezza. È certezza a noi cristiani: / si trasforma il pane in carne, / si fa sangue il vino. Tu non vedi, non comprendi, / ma la fede ti conferma, / oltre la natura. È un segno ciò che appare: / nasconde nel mistero / realtà sublimi. Mangi carne, bevi sangue; / ma rimane Cristo intero / in ciascuna specie. Chi ne mangia non lo spezza, / né separa, né divide: / intatto lo riceve. Siano uno, siano mille, / ugualmente lo ricevono: / mai è consumato Vanno i buoni, vanno gli empi; / ma diversa ne è la sorte: / vita o morte provoca. Vita ai buoni, morte agli empi: / nella stessa comunione / ben diverso è l'esito! Quando spezzi il sacramento, / non temere, ma ricorda: / Cristo è tanto in ogni parte, / quanto nell'intero. È diviso solo il segno / non si tocca la sostanza; / nulla è diminuito della sua persona. Ecco il pane degli angeli, / pane dei pellegrini, / vero pane dei figli: / non dev'essere gettato. Con i simboli è annunziato, / in Isacco dato a morte, / nell'agnello della Pasqua, / nella manna data ai padri. Buon pastore, vero pane, / o Gesù, pietà di noi: / nutrici e difendici, / portaci ai beni eterni / nella terra dei viventi. Tu che tutto sai e puoi, / che ci nutri sulla terra, / conduci i tuoi fratelli / alla tavola del cielo / nella gioia dei tuoi santi. (in piedi)

Canto al Vangelo

ALLELUIA Io sono il pane vivo, disceso dal cielo, dice il Signore, se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.ALLELUIA

VANGELO


C. Il Signore sia con voi A. E con il tuo spirito. C. Dal Vangelo secondo LUCA A. Gloria a te o Signore In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste. Parola del Signore A. Lode a te o Cristo OMELIA ( Seduti) CREDO in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.

PREGHIERA DEI FEDELI

Il Signore si è fatto pane per noi e ci chiede di accogliere e vivere quest’atto d’amore. È un compito alto che, nella nostra libertà, siamo

chiamati a vivere ogni giorno. CONSACRAZIONE Preghiamo insieme e diciamo: Do- C. Mistero della fede naci, Signore, il tuo pane di vita. A. Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua ri1. Perché la Chiesa sappia sempre surrezione nell’attesa della tua accogliere la povertà umana e, at- venuta. traverso la tua Parola, sappia traDOPO LA PREGHIERA EUCARISTICA sformarla in abbondanza. Preghia- C. Per Cristo, con Cristo e in Crimo. sto, a te Dio, Padre onnipotente, 2. Perché guardando il nostro cor- nell’unità dello Spirito Santo, ogni po ci ricordiamo sempre che tu ne onore e gloria, per tutti i secoli dei hai avuto uno uguale. Preghiamo. secoli. A. Amen 3. Perché la nostra fede non si limi- C. Obbedienti alla parola del ti a una sterile adesione formale, Salvatore e formati al suo divino ma si incarni in ricchezza spiritua- insegnamento, osiamo dire: le. Preghiamo. PADRE NOSTRO 4. Perché la coscienza del tuo sa……. crificio si trasformi in coraggio di C. Liberaci, o Signore, da tutti i fronte ai nostri. Preghiamo. C. O Padre, tu ci hai redenti col mali, concedi la pace ai nostri corpo e il sangue del tuo unico Fi- giorni, e con l'aiuto della tua miglio. L’immensità di questo amore sericordia vivremo sempre liberi resta per noi un mistero. Aiutaci a dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si comnon ammirarlo soltanto, ma a vipia la beata speranza e venga il verlo. Te lo chiediamo per Cristo nostro salvatore Gesù Cristo. nostro Signore. A Amen A. Tuo è il regno, tua la potenLITURGIA EUCARISTICA za e la gloria nei secoli C. Pregate, fratelli e sorelle, RITO DELLA PACE perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci dispo- C. Signore Gesu’ che hai detto ai niamo a offrire il sacrificio gradito tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai a Dio Padre onnipotente. nostri peccati ma alla fede della A. Il Signore riceva dalle tue tua Chiesa, e donale unità e pace mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.Amen nostro e di tutta la sua santa C. La pace del Signore sia sempre Chiesa. (in piedi) con voi. SULLE OFFERTE E con il tuo spirito. C. Concedi benigno alla tua Chie- A. C. Come figli del Dio della pasa, o Padre, i doni dell'unità e della ce, scambiatevi un gesto di copace, misticamente significati nelle munione fraterna. offerte che ti presentiamo. Per Cri- A. Agnello di Dio, che togli i pecsto nostro Signore. . A. Amen. cati del mondo, abbi pietà di noi.(2

PREGHIERA EUCARISTICA

C. A. C. A. C.

Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito. In alto i nostri cuori. Sono rivolti al Signore. Rendiamo grazie al Signore nostro Dio .A. E’ cosa buona e giusta C. È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente e misericordioso, per Cristo Signore nostro. Sacerdote vero ed eterno, egli istituì il rito del sacrificio perenne; a te per primo si offrì vittima di salvezza, e comandò a noi di perpetuare l'offerta in sua memoria. Il suo corpo per noi immolato è nostro cibo e ci dà forza, il suo sangue per noi versato é la bevanda che ci redime da ogni colpa. Per questo mistero del tuo amore, uniti agli angeli e ai santi, cantiamo con gioia; l'inno della tua lode: Santo, (In ginocchio)

VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace.

C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. A. O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato.

DOPO LA COMUNIONE

C. Preghiamo Signore Dio nostro, la comunione al tuo sacramento e la professione della nostra fede in te, unico Dio in tre persone, ci sia pegno di salvezza dell'anima e del corpo. Per Cristo nostro Signore. A. Amen C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipotente Padre e Figlio e Spirito Santo A. Amen. C. Nel nome del Signore: andate in pace. A. Rendiamo grazie a Dio


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